Il dramma del mese
Figlie d’Egitto di Sofia Bolognini
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Quello che leggerete è uno studio sull’antica trilogia tragica di Eschilo. Strutturato in quattro capitoli, vuole esserne una sintesi, un rimescolamento, una ricostruzione per frammenti, una reinterpretazione poetica.
Rispetto alla tragedia classica, l’ordine degli eventi è stato invertito. Le Supplici sbarcano sulla spiaggia di Argo dopo aver ucciso i propri mariti, non prima. Esse dunque scappano dalla pena di morte, non dalle nozze.
Il linguaggio è un tessuto di sperimentazioni e innesti. L’impianto generale procede per scansioni ritmiche solenni rispettando la sonorità classica. Alcune citazioni particolarmente efficaci dell’opera antica sono state inserite organicamente nel testo, opportunamente segnalate da asterisco. Non mancano innesti moderni, volutamente isolati e stridenti, pensati per disarcionare di colpo l’orecchio dello spettatore.
È un’indagine sul conflitto tra Oriente e Occidente, sintetizzati nelle figure del Principe d’Egitto e del Sovrano di Argo. Figure archetipiche, protagoniste di uno scontro sleale e fratricida. Argo è industriale, democratica, senza dèi. Egitto è brutale, integralista, tirannico. Con la stessa violenza combattono per il dominio economico sul mondo: fra giacimenti di petrolio che compaiono anacronisticamente nella pièce assieme a cacciabombardieri e smartphone, confondendo epoche storiche, rimescolando gli eventi.
È uno studio sul conflitto di genere, sintetizzato in chiave filosofica. Il rifiuto delle nozze e l’uccisione dei propri mariti significano l’impossibilità del riconoscimento all’interno di una cultura maschilista e imperialista, fondata sul possesso e sull’oggettivazione del mondo (in questo caso, del corpo femminile). Il maltrattamento delle donne che nel testo subiscono le peggiori umiliazioni tanto in Egitto quanto in Grecia, è stigmatizzato in una denuncia filosofica che oltrepassa i confini di genere. Di contro al capitalismo dell’Io e alla lotta per la supremazia, si auspica il ritorno a una visione più mite del mondo, basata sul rispetto reciproco, la coappartenenza e la cura: della madre verso il figlio, della terra verso gli uomini. Ovunque esiliate e respinte, Le Supplici non sono più donne, ma ideali. Non portano frasche d’ulivo, ma una nuova visione del mondo. La Corifea diviene simbolo archetipico della Concordia tra gli uomini, fertile grembo che partorirà l’ultimo Dio. Come una sorta di Madonna pagana, attraversa le terre cercando il luogo adatto per dare alla luce suo figlio. Senza riuscirvi.
Sofia Bolognini
Dramma vincitore del Premio Cendic Segesta 2016, con la seguente motivazione della giuria presieduta da Maria Letizia Compatangelo: «un testo compatto, organicamente strutturato, appoggiato su modelli drammaturgici focalizzati sul gender, che riesce, seppur attraverso una struttura formale e ritmica per così dire classica, a reinterpretare il mito senza perdere la forza originaria dei grandi tragici e a proporre temi contemporanei quali il conflitto tra Oriente e Occidente, il corpo della donna come luogo di guerra e sopraffazione e il confronto/scontro tra due tipi contrapposti di potere.
Un’opera nella quale l’antico favolistico e l’allusiva contemporaneità mediatica si amalgamano quasi sempre con equilibrio. Un testo che ben si adatta ad essere rappresentato nel teatro greco di Segesta senza stravolgerne il forte impianto scenografico naturale, puntando sulla parola, sul lavoro degli attori e le relazioni archetipali tra i personaggi».
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Sofia Bolognini. Laureata in Filosofia presso la Sapienza Università di Roma, attualmente iscritta al corso di Laurea Magistrale in Teatro Cinema Danza e Arti Digitali, si è diplomata in Regia Teatrale presso l’Istituto Teatrale Europeo. Nata ad Ancona, vive a Roma dove lavora come attrice, regista e drammaturga. La sua formazione non accademica ha seguito negli anni un iter molto personale al fianco di alcuni maestri come, tra gli altri, Eugenio Barba, Mamadou Dioume, Hal Yamanouchi, Stefano Benni, Rodolfo di Giammarco e la compagnia teatrale Motus. Insieme al compagno Dario Costa fonda il collettivo di arti performative Bologninicosta (bologninicosta.com), i cui spettacoli ROMEOEGIULIO e LA CATTIVITÀ sono andati in scena nel 2016 su numerosi palchi italiani ed esteri, guadagnando premi e riconoscimenti. Appassionata di scrittura fin da bambina, pubblica il suo primo romanzo ALBA NUOVA (edito da L’orecchio di Van Gogh, Ancona 2009) all’età di sedici anni. Nell’ambito della drammaturgia sperimenta forme, intrecci e linguaggi. Si aggiudica la vittoria al Premio Cendic Segesta 2016, con il testo FIGLIE D’EGITTO OVVERO LE SUPPLICI; ed è tra i cinque selezionati di NdN - Network Drammaturgia Nuova 2016-17, condotto da Massimo Sgorbani, con il testo ODISSEA PUNTO ZERO.
Loro di Maurizio Patella
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Il progetto LORO prende spunto da un fatto di cronaca. Una notte del dicembre ’78, la guardia giurata Piero Zanfretta, durante un giro di ispezione in alcune ville dell’entroterra ligure, incontra coloro che, a suo dire, sono «esseri enormi, alti circa tre metri».
Nell’arco di circa due anni le sparizioni saranno undici.
Il caso Zanfretta è un caso di rapimento alieno o “abduction”.
Siamo abituati a considerare questi fenomeni, e l’ufologia in genere, come pura fantascienza. E gli “addotti” alla stregua di mitomani. Il caso Zanfretta possiede tutte le caratteristiche per entrare nella statistica. Ciò che lo differenzia sono le decine di testimonianze, i titoli in prima pagina, carabinieri, televisione, il coinvolgimento dell’intera Genova. Elementi veri, reali. Inquietanti.
Ma, al contempo, palpita la caricatura da film di serie Z. Tra inseguimenti nella notte, nuvole d’oro, colpi di pistola e urla; tra sedute ipnotiche, robot in incognito e motorette volanti, ci sono questi alieni goffi, troppo goffi: loro e un demenziale progetto di colonizzazione terrestre. Loro e i genovesi, in un incontro impossibile. Sullo sfondo, l’Italia alla fine degli anni Settanta. Ingenua, piena di speranze. Ma anche falciata dal brigatismo, dalla lotta armata, dalle bombe.
Credo che le storie sugli ufo siano le uniche – insieme a quelle di fantasmi – che oggigiorno appartengano ancora alla più pura oralità, alla tradizione, al fantastico primitivo. Al mito. Le uniche che mantengano la loro potenza evocativa, solo se raccontate. Le uniche in grado di restituirci un senso di meraviglia ancestrale che la cultura del nuovo millennio, e il disimpegno dilagante, il consumismo, tentano di spazzare via.
LORO nasce, quindi, dal paradosso: fantascienza e mito, insieme. Da un esperimento: cosa accade ad affiancare il linguaggio del “cunto” col rigore del documentario? Da una domanda oziosa, dirompente: se l’evento più sconvolgente della storia dell’umanità fosse davvero avvenuto nel “posto” più sbagliato della storia dell’umanità (cioè Genova)?
Il testo qui proposto è quello finalista al Premio Riccione 2013, insignito della menzione speciale “Franco Quadri”. Per me ha rappresentato il nucleo di un progetto di più ampio respiro in cui, confrontandomi con la messa in scena, ho tarato la parola scritta col gioco teatrale.
Maurizio Patella
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La nostra recensione di Maria Dolores Pesce
«A partire da questa materia incandescente, Maurizio Patella dà vita a un monologo appassionato e partecipe, capace di coniugare virtuosismo stilistico e ricchezza di affabulazione. Nel ripercorrere le avventure ilaro-tragiche di Zanfretta, senza trascurare un sempre utile confronto con il presente, la ribalda vitalità dell’io monologante si concretizza in un linguaggio plastico e teatralissimo che erompe in una sintassi frenetica, tramata di ripetizioni esasperate: il risultato è una macchina scenica funambolica in grado di dare una ferma e convincente unità all’abbondanza di ingredienti e spezie».
(dal Verbale della Giuria del Premio Riccione per il Teatro 2013)
Un testo teatrale da cui – col sostegno di Scarlattine Teatro e Kilowatt Festival – lo stesso aut-attore ha dato vita a una messinscena da lui recitata e che tuttora continua a girare per numerosi teatri e rassegne d’Italia. Per informazioni e per consultare materiali vari, si vedano i siti web “mauriziopatella.blogspot.it” e “lororapimentoalieno.blogspot.it”.
«Uno spettacolo che sarebbe bello anche se visto da dietro. Chapeau.» (Francesco Chiaro, da “persinsala.it”, 21/02/2016)
Maurizio Patella (Genova, 1975), nel 2001, si diploma attore presso la Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano. Tra le tante collaborazioni, ha lavorato con Sipario Toscana, Teatro Gioco Vita e Teatri di Vita, venendo più volte candidato per i Premi Ubu per il Teatro come Miglior Attore under 30. Col racconto CRANIATA TERRIBILE ha vinto il premio Subway Letteratura 2009, venendo così pubblicato e distribuito in quattro milioni di copie in tutte le metropolitane d’Italia. Nel 2010, il racconto PICCOLA DEA CON LE EFELIDI è finalista al Premio Lama e Trama. Col monologo LORO si aggiudica invece la menzione speciale “Franco Quadri” al Premio Riccione per il Teatro 2013.
Gli uccelli migratori di Francesco Lagi
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Da alcuni anni faccio parte di un gruppo di persone che fa teatro, che si chiama Teatrodilina (facebook.com/teatrodilina.teatrodilina/).
Ho scritto e fatto la regia di alcuni spettacoli, a volte adattando romanzi o testi letterari (L’asino d’oro, Qoelet, Cantico dei Cantici, Apocalisse, Anime morte, Zigulì) e a volte scrivendo testi originali (BANANE, LE VACANZE DEI SIGNORI LAGONIA).
Anche questo testo, GLI UCCELLI MIGRATORI, è nato grazie al lavoro di Teatrodilina. Gli attori con i quali l’ho portato in scena hanno contribuito con la loro voce, il loro volto e il loro essere persone, a definire le parole e i movimenti emotivi del testo. Il lavoro durante le prove lo considero parte integrante e viva del processo di scrittura. Mi pare che il testo sia una cosa mutevole, che la scrittura fatta a tavolino vada giorno dopo giorno verificata, ascoltata e addomesticata per far sì che le parole non rimangano solo parole. Anna Bellato, Francesco Colella, Leonardo Maddalena e Mario Pirrello, sono gli attori naturali di questo testo e ne hanno determinato la nascita.
Quando ho immaginato questa storia e questi personaggi ho pensato a un posto dove l’attore potesse aprire la propria immaginazione il più comodamente possibile ed essere in grado di prendere lo spettatore per mano e portarlo, alla fine del viaggio, in un posto nuovo.
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Il dramma si svolge in una casa in mezzo a una pineta. E in quella casa il tempo è sospeso in un’attesa. È la storia di una persona che sta per arrivare e delle persone che la stanno aspettando. C’è una tutina azzurra e l’invenzione di un’app. Un ricordo di bambini e Yoda che è sparito e non si trova più. L’arrivo di un padre, il linguaggio degli uccelli, una bussola rimasta in tasca. La paura di cambiare e la vita che bussa alla porta e improvvisante si rivela. I personaggi ruotano intorno a un centro, si affaticano distrattamente cercando di sintonizzarsi sulla frequenza del loro motivo di stare la mondo. Cercando di trovare una grammatica emotiva, una lingua comune che possa svelare loro un modo di stare al mondo.
Francesco Lagi
Cabaret di Caroline Baglioni
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Nel 2013, sono stata selezionata per partecipare allo stage di drammaturgia tenuto da Antonio Latella e Federico Bellini al Teatro Valle Occupato. Il tema fondamentale, su cui Latella ha voluto basare il lavoro, è stato quello della menzogna.
Partendo dalla lettura e dall’analisi del romanzo MEPHISTO di Klaus Mann del 1936, Latella ci ha chiesto per il secondo ciclo d’incontri – che si sarebbe svolto sei mesi dopo – di riscrivere l’opera dal punto di vista di due personaggi, interni alla creazione di Mann oppure di nostra invenzione. Da lì nasce il mio testo CABARET nel quale, rispetto alla narrazione di partenza, mi sono presa una serie di libertà creative e poetiche che lo hanno volutamente spinto sino ai limiti del tragicomico.
Ho immaginato dunque che la storia di Hendrik Höfgen, protagonista del romanzo (“uomo di teatro, attore, sottoposto come tanti artisti, ai ricatti del potere, senza il cui favore non potrebbe esprimersi e avere fama”) potesse essere ripercorsa e raccontata da due grandi cabarettisti dell’epoca: Karl Valentin e Elisabeth Wellano (alias Liesl Karlstadt) che ebbero realmente un’influenza significativa sulla cultura tedesca al tempo della Repubblica di Weimar, oltre a un destino drammatico.
Ho immaginato questi due artisti nel 1948, assoldati per raccontare la storia del grande attore Höfgen attraverso uno spettacolo di cabaret, e che il piccolo teatrino dove eseguivano le prove fosse paradossalmente frequentato da personaggi del calibro di Johann Strauss, Martin Heidegger, Otto Dix, Alice ed Ellen Kessler e altri ancora, vissuti in periodi differenti.
Con CABARET, m’interessava portare alla luce la paura e il dramma dell’artista che si interroga sulla questione del talento: se lo possiede o no e su cos’è disposto a fare affinché gli sia riconosciuto. Mann con il suo libro fece un’operazione simile all’epoca. Volle raccontare la reazione al regime nazista di intellettuali e artisti che erano stati attivi nella Repubblica di Weimar e che, con il trionfo del nazismo, furono costretti a scegliere tra l’esilio o la sottomissione al nuovo potere. Per fare ciò l’autore si ispirò alla vera storia di suo cognato, Gustaf Gründgens, superbo attore dell’epoca e uno dei maggiori del Novecento tedesco, che scelse la sottomissione.
Caroline Baglioni
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Caroline Baglioni nasce a Perugia nel 1985. Scopre il teatro da bambina grazie alla scuola Theamus di Lamberto Maggi, regista e musicista folignate. Dopo il Diploma in Lingue, è ammessa al Centro Universitario Teatrale di Perugia diretto da Roberto Ruggieri dove si forma con lui e con attori, registi, pedagoghi quali Mario Ferrero, Ascanio Celestini, Antonio Latella, Francis Pardeilhan, Ludwik Flaszen, Danilo Nigrelli, Nicolaj Karpov, Ferruccio Marotti, Gian Claudio Mantovani, Giovanni Pampiglione, Anna Maria Giromella, Sergio Ragni, Gré Koerse. Nel 2008 esce dal C.U.T. con un diploma da attrice/performer, dopo aver già lavorato l’anno prima in PURIFICATI: testo di Sarah Kane messo in scena da Latella per il Teatro Stabile dell’Umbria. Alla grande autrice inglese, torna nel 2010 realizzando una regia collettiva con David Berliocchi, Marta Pellegrino e Domenico Viola: ossia FEBBRE. Dopo la Laurea in Scienze dei Beni Antropologici, entra a far parte della compagnia La Società dello Spettacolo di c.l. Grugher, Michelangelo Bellani e Marianna Masciolini (www.lasocietadellospettacolo.org): gruppo di ricerca teatrale folignate, con cui lavora in diverse produzioni dal 2012 e che, al momento, la vede impegnata nel progetto IO SONO NON AMORE ispirato all’esperienza di Santa Angela da Foligno. Nel 2013 collabora col Tieffeu di Mario Mirabassi in diversi spettacoli di teatro di figura; mentre al Teatro Valle Occupato inizia un percorso da drammaturga guidato da Latella. L’anno seguente interpreta CAPPUCCETTO ROSSO di Jöel Pommerat, diretta da Sandro Mabellini e per la produzione de lacittàdelteatro di Cascina. Attualmente è invece impegnata con il Teatro Stabile dell’Umbria in due spettacoli: A SCATOLA CHIUSA di Georges Feydeau per la regia di Danilo Nigrelli e L’IMPORTANZA DI ESSERE EARNEST di Oscar Wilde per quella di Latella. Infine, con il monologo GIANNI – da lei scritto, diretto e interpretato (produzione della Società dello Spettacolo) – vince il Premio Scenario per Ustica 2015, colpendo la giuria per essere riuscita a «creare uno spazio di comprensione ed empatia che scuote lo spettatore».