IO VOLEVO FARE L'ATTRICE

Atto unico di 

ANTONIO CARUSO

 


L'ATTRICE
Io volevo fare l'attrice. “E allora?” direte voi... Sì, certo...oggi tutti vogliono fare l'attrice. Però io volevo farla da quando avevo quattro anni. E voi a controbattere... “e grazie con tutto quello che gira oggi in tv e su internet...” Tutte le bimbe appena possono muovere i primi passi sono già attrici. Sì d'accordo...sono attrici presentatrici cantanti ballerine influenzer. Io no. Io volevo fare l'attrice e basta. E senza l'influenza perché sono un poco cagionevole... Ci manca solo l'influenza. Sono nata in un paese dove ancora oggi internet sembra il nome di una squadra di calcio spaziale...figuriamoci quando io ero piccola. La televisione non la guardavo...cioè, non mi era permesso. E anche se l'avessi guardata...a quattro anni non avrei capito certo cosa fosse un'attrice. E forse non l'ho capito nemmeno oggi, ma questo è un altro discorso. A casa nessuno vedeva la televisione. Anzi per la verità la guardavano solo i grandi. La sera. Solo  telegiornale e un po' di pubblicità. Poi spegnevano. Perché altrimenti si sciupava, il televisore. Io però non vedevo nemmeno il telegiornale... Mi mettevano subito a letto appena partiva la sigla. Me la ricordo tutta (esegue). Mamma e papà dopo la pubblicità andavano anche loro a letto. E Io  sentivo sempre rumore. Ogni notte io sentivo il loro letto cigolare. E quando io chiedevo... “mamma perché fate rumore?...io non posso dormire”. Lei rispondeva... “Non siamo noi, è il letto che si muove. Ci vuole un po' d'olio”. Io però non credevo alla stroria del letto che si muoveva da solo.  E poi non era solo il letto a far rumore...c'erano anche le voci di mamma e papà che emettevano strani suoni. “Sì sì sì, no no noo... ancora ancora ancora...” Stavano giocando. Io volevo giocare pure. E invece loro non mi facevano giocare. Crescendo ho capito. Non stavano giocando. O forse sì. In ogni caso il “televisore” non ha avuto “peso” sulla mia scelta di voler fare l'attrice. E neanche i giochi di mamma e papà. Avevo quattro anni quando con la mamma eravamo andate a far la spesa al mercato rionale...E lì ho avuto una specie di folgorazione. La mamma si distrae scegliendo cipolle e peperoni...ed io mi ritrovo nel cuore del mercato...pieno di movimento, di voci...di suoni, rumori... E c'era lei. L'attrice. Cioè...io non sapevo che se fosse attrice oppure no. Fatto sta che vado a sbattere con questa signora...signorina...insomma con questa donna. Piena di colori...Che parlava una lingua che non capivo...che rideva e improvvisamente diventava seria...Che vestiva con abiti che non avevo mai visto...Ed erano “corti”...sì sì...erano degli abiti corti. Lei però non era una bambina. E poi aveva anche una borsetta color rosa e fumava. Cioè buttava fumo dalla bocca. Crescendo ho capito che fumava. Quindi io camminando ci vado a sbattere contro. E sento un profumo fortissimo e invadente che riempie le mie narici. Il profumo è il colpo di grazia. Dopo aver sbattuto contro le sue cosce, barcollo e cado a terra. Stordita dal colpo e dal profumo. Lei si ferma, guarda me stesa a terra e dice: “Ti sei fatta male? No vero? No perché non sono assicurata contro gli infortuni io”. E ride. Io non capisco niente di quello che ha detto. E rido pure io come una scema. E Lei continua a ridere. E continuo a ridere io. Poi mi sento sollevata da una mano che fa odore di cipolle...Mia madre. E mi arriva pure un ceffone che sapeva di cipolle. Poi ho sentito la sua voce...che non era proprio una vocina leggera. 
“ Che ti avevo detto: non allontanarti da dove sono io. Ma come parlo arabo, parlo?? E adesso che fai lì per terra, lo sai che le brave bambine si devono comportare bene e con educazione. Alzati subito!” Avevo capito che avevo fatto arrabbiare mamma...E volevo pure alzarmi da terra. Invece sono rimasta bloccata, un po' per la vergogna di essere finita a terra e un po' per essere stata rimproverata da mamma di fronte a tutte le signore ed i signori presenti al mercato, che mano mano che la mamma parlava, si  disponevano con le loro borse della spesa in mano, tutte attorno a me e a mamma. Mi sono sentita circondata da melanzane, peperoni, zucchine, carciofi e broccoli, da meloni e mele...da bietole e cachi. Che poi a me i cachi non piacevano. Non li avevo mai assaggiati, però un giorno mamma li aveva comprati. Ho visto il colore...la consistenza...e poi quel nome. No, non potevo mangiarli...una bambina di quattro anni pensa subito ad altro. E poi io la facevo ancora nel vasino. No no...niente cachi. Poi da grande li ho assaggiati. E hanno continuato a non piacermi. Ma di cosa stavamo parlando...? Mi sono persa tra i cachi. Ah...sì, ora ricordo. Io di fronte ai delicati rimproveri di mamma e alla folla di persone attorno a me, sono rimasta paralizzata. Anche perché i miei occhi erano, come ipnotizzati, intenti a guardare la donna variopinta che, mentre mamma parlava, era impegnata a fare boccacce e a emettere suoni strani con la bocca. E a ridere. Sì...rideva e faceva le boccacce. E io non smettevo di togliere lo sguardo da lei. E ridevo pure io. Ma questo forse l'avevo già detto, no? E mentre la signora variopinta si allontanava spostando, dei signori che si erano avvicinati troppo, incuriositi dal suo fare strano, la mamma nel massimo sforzo della sua capacità comunicativa incitava, invitava... inveiva... “forza susiti... isiti... ch'è, non lo capisci l'italiano!!!??”. Io non mi alzavo. In compenso sempre come ipnotizzata, ho fatto sentire la mia vocina. “Mammaaaaa e quella chi è??!!!” Ovviamente “quella” era la signora variopinta che se ne stava andando ridendo. La mamma con fare sbrigativo di chi non vuole dare troppe spiegazioni: 
“Ma chi?...quella?? Lasciala stare quella...ché quella è attrice!!!”. 
Alla parola attrice le persone vicino a noi cominciarono a ridere e a ripetere assieme: sì sì quella è attrice attrice. E ridevano. Io pensavo: “sono tutti di buon umore con la signora variopinta. Dev'essere bello essere attrice”. Pensai talmente forte che il pensiero prese voce, e dissi con la mia vocina avvicinandomi a mamma e tirandola per il vestito: “Anch'io voglio essere attrice...voglio essere attrice!!!. E giù un altro ceffone di mamma. “Ma cosa dici?? Non dirlo nemmeno per scherzo!!! Non te lo voglio più sentire dire”. Per un po' di tempo io non dissi più che volevo essere attrice. Più che altro per non fare arrabbiare mamma. Papà invece l'aveva presa a ridere. Mamma aveva raccontato a papà tutto a pranzo. E lui invece di seccarsi si mise a ridere. 
“Ah, l'attrice...cresci cresci che poi non vorrai fare più l'attrice”. Passò qualche mese. Io non avevo dimenticato quell'incontro. Anzi...era sempre più deciso dentro di me che da grande avrei fatto l'attrice. Un giorno ero a spasso con papà che mi comprò pure il gelato alla vaniglia. E mentre mangiavo il gelato dissi seria a papà: “papà perché non posso fare l'attrice?”. Anche lui adesso era serio. Mi guardò in silenzio per qualche minuto poi mi disse: “Vuoi sapere perché non puoi fare l'attrice? Adesso te lo faccio vedere”. E passeggiando passeggiando mi portò in una strada vuota con ai lati degli alberi spogli e attorno le case grige. “Guarda, guarda bene piccolina”. Improvvisamente da una porta di una casa grigia uscì lei, la signora variopinta. Usciva, guardava a sinistra poi a destra e rientrava...Per tre volte fece così. La terza volta però non rientrò e cominciò a parlare. Me lo ricordo come se fosse ieri. Parlava parlava parlava... 

CONCITA
Per amor di Dio, fate qualcosa...fermateliiii !  Non sanno quello che fanno ! Aiutatemi vi prego... bisogna fermarli prima che sia troppo tardi... Luis Sanchez De Ramirez Alonso Enriquez De la Pegna… sfiderà…  Pablito Felipe Joselito Estuarte Garcia Mendosa Montero:  duello all'ultimo sangue. E tutto questo accadrà per avere me: Concita Estrella Maria Olivares Manuelita Pachita Gonzales Elizondo.  Oddio, che qualcuno  mi  aiuti prima che si facciano del male. Si ammazzeranno. Duello all'ultimo sangue. Si ammazzeranno. Ma io li amo entrambi. Che la  Santissima  Vergine  dell'Addolorato Martire del Buon Consiglio della Sacra lettera di Adidas ci protegga. Eccoli, li sento! Stanno arrivando. Sento passi sulla polvere... sento l'odore  della battaglia... Eccoli, li sento. Sono  loro.  Nulla  potrà  fermarli. Vanno decisi incontro alla morte. Morte o morte...non riceverli oggi, non farti trovare, inventa una scusa. Loro  non  sanno  quello  che  fanno. Sono   come bambini sperduti  che   non  trovano più la strada. Avevano promesso che si  sarebbero battuti quando l'orologio del   campanile  della  chiesa  di  San Bartolomeo Estuan avesse suonato il  mezzogiorno... Ho  ancora  negli occhi i loro corpi, la loro voglia di vita. Sulla pelle ho ancora il sapore dei loro baci. I loro baci profumano di...aglio. Le loro labbra sapevano di tequila e tabacco. Ecco, sento la campana che suona il mezzogiorno. No, campana, non  suonare il Mezzogiorno e  tu  tempo  fermati...!  E  non  permettere   che  arrivi  quel  momento: il momento in cui si troveranno faccia a faccia… LUIS SANCHEZ RAMIREZ ALONSO ENRIQUEZ DE LA PEGNA, contro…. PABLITO FELIPE JOSELITO ESTUARTE GARCIA MENDOSA MONTERO. Voglio ricordarli  così: con i loro vestiti...sporchi, le loro barbe...ispide, il loro colorito... olivastro, i loro punti neri, i loro brufoli. Ora  arriveranno  qui: uno di fronte all'altro:a sinistra:uno. A destra : l'altro. E nel mezzo: io. No, non posso  rimanere  qui. Questi secondi  sembrano un'eternità. E' un tormento indicibile... no, non posso rimanere...Oh, Luis, oh, Pablito... potevate avermi  entrambi. Erano amici, amici per la pelle…la mia. E si dividevano  tutto come fratelli...fratelli di latte …macchiato. No Luis... no Pablito... non può finire così. Così gettate la vita al vento. Un colpo di pistola, forse due... tre colpi... un intero caricatore  e poi...il silenzio. Avevate deciso che non ci sarebbe stata gelosia tra  voi. Perché,  perché la vita è  così  crudele? Eccoli, li sento, sento i passi degli stivali sulla  dura polvere del New Mexico... sento  l'odore  della polvere  da sparo...sento il fumo delle pistole ancora  calde...sento gli  sguardi assetati  di odio... sento che  sto  per mancare... sento  che  non  resisterò alla vista del sangue... sento  la  campana  che  suona mezzogiorno... e dieci... e loro sono in  ritardo  come  al  solito... (silenzio) Sento  che qui nun se batte chiodo…E i clienti nun vengono manco se gliela regalo.  (tira fuori un panino dalla borsetta e comincia a cantare addentando il panino...) Besameeeee...  besameeee  mmmuciooooo ! Armà... ce sta er prosciutto... t'avevo detto de fajè mettere la mortadella! Besame...besame mucio... (si sente una voce) A quale besame...movete che forse ci sta un cliente! Armà ma ce l'ho il tempo de magnamme er panino? E che nne so...i me sto a fa du spaghi...aglio olio e peperoncino. E Movete che me sta a scoce la pasta. (lei riprende tristemente a cantare). 

L'ATTRICE
Quando finì di cantare tornò dentro quella casa grigia. Io non ci avevo capito molto – mica ero come le bambine di oggi che sanno tutto di tutto e ti danno lezioni di social media e sono esperte nel frattempo di make up...sanno fare un selfie perfetto, usano tik tok e ovviamente utilizzano il pc e l'iphone come se fossero  delle esperte del cloud computing. Ecco, io no. Io a quattro anni a malapena avevo una, dico una bambola, che non parlava in cinque lingue come quelle di oggi; anzi non parlava affatto, ma per me non era un problema, tanto ero io a far finta che parlasse. E non vedevo nemmeno televisione e spiccicavo poche parole... Quindi io non capii nulla di tutta la tiritera che la signora variopinta aveva spiattellato. L'avrei capita anni dopo. Però ricordo il suo volto mentre cantava e tornava dentro la casa grigia; mi puntò. Guardo me e poi mio padre. Questa volta non rideva. Era seria seria. Per la verità nemmeno io ridevo.  Mio padre invece sì... anche se non rideva forte forte, piuttosto ridacchiava. A me però diede fastidio quel modo di ridere di papà e gli tirai la giacca con le manine per farlo smettere. E lui allora: “Adesso hai capito perché non devi fare questo tipo di attrice?!” Io pensavo : “perché ci sono tanti tipi di attrice ?” Lo pensai dentro. Fuori invece dissi: “Voglio fare l'attrice! Voglio fare l'attrice ! Voglio fare l'attrice!!!”Papà mi riportò subito a casa senza dirmi una parola. Io per un po' non ci pensai più. Sapete come sono bambini e bambine a quell'età...passano da una cosa all'altra in un nanosecondo. Più avanti sarebbe venuto il tempo delle spiegazioni, dei perché questo,  perché quello... e poi quello dei “e invece no”. Per un bel po' nessuno in famiglia  prese più l'argomento attrice. Successe però un giorno, un anno dopo, di ascoltare e di vedere (di nascosto, pensavano che fossi in bagno) una conversazione tra mamma e papà...una strana conversazione:  La mamma dice : “Caro com'è il timballo di riso? E dilla qualcosa, esprimiti...non dai mai soddisfazione. Mangi a testa bassa e non dici niente”. “Non si parla quando si mangia”. Risponde papà. E la mamma incalza: “e vabbè, non voglio che tieni un sermone, mi basta un commento, una parola sola”. E lui, papà: “è salato”.  Mamma non si scompone: “Ah, vabbè, non ci pensare. Piuttosto hai saputo di quella che lavora in televisione? Sì sì quella che ha preso parte a quel film che hanno fatto al cinema – e che non abbiamo visto perché tu non mi ci hai portato? Sì sì, quella lì. Ho letto sulla rivista Epoca che quella signora ha lasciato il marito per un attore incontrato nel programma tv a cui partecipa. E sempre sulla rivista c'era scritto che i romani adesso dicono di lei che non fa più l'attrice ma la sarta. Nel senso che sarta da un letto all'altro. Mah, non c'è più mondo, non c'è più religione”. “Perché ora sei credente?” - chiede papà. Nessuna risposta. Papà  allora smette di mangiare. Allontana il piatto, posa la forchetta, guarda mamma ed esclama: “Perché ti stupisci ancora? non sai che le attrice sono tutte puttane!!!” Ebbi un sussulto: allora le attrici stanno in tv...quella  stessa tv che non mi facevano vedere i miei genitori. Non capivo bene cosa fosse la parola “puttane”, ma a quel punto si era illuminata a giorno la mia curiosità. Per come la pronunciavano mamma e papà, quella parola, doveva essere brutta. Dovevo indagare per sapene di più. Tentai di vedere le attrici in tv di nascosto, ma senza successo. Un giorno non ho resistito e ho chiesto a mamma: “Cosa sono le puttane?” Subito parte un ceffone di mamma. “Ma chi ti insegna queste parole? Non la ripetere più”. Niente, non c'era possibilità di avere spiegazioni. Dovevo aspettare. Qualche mese dopo sono di nuovo al mercato con mamma e improvvisamente rivedo lei, la donna variopinta. Solo che non è più variopinta e sta al banco del pesce. La mia curiosità era enorme: le attrici sono tutte puttane e stanno anche al banco del pesce? Era incredibile tutto questo. Ma quante cose fanno le attrici! Volevo avvicinarmi per guardarla da vicino ma mamma non mi lasciava la mano. Allora io dico a mamma: “prendiamo il pesce mamma? Dai prendiamo il pesce!” Era ovviamente una scusa. Io non mangiavo pesce. La mamma mi guarda e dice: “E tu lo mangi o lo lasci come al solito?” Ed io: “Voglio il pesce voglio il pesce!” Facevo quello che a quell'età mi riusciva meglio: l'insistente. La mamma si convinse e ci incamminammo verso le bancarelle del pesce. Solo che lei si voleva fermare in un'altra bancarella piena di pesce. Ed io ancora più decisa: “No no no...mamma andiamo là andiamo là” indacando la bancarella – per nulla carica - della signora variopinta non più variopinta. E mamma immediata: “Ma perché insisti ad andare là,  ha poca roba quella lì”. Vista la mia insistenza, alla fine mamma si arrese e andammo dalla signora. Ero al settimo cielo. La osservavo mentre incartava il pesce da dare ad un cliente che era prima di noi. Io la guardavo come per dire, “mi riconosci, mi riconosci??”. Lei, finito di incartare il pesce, consegna e prende i soldi. Li intasca e si accorge del mio sguardo. Si avvicina a me mentre mamma sta scegliendo il pesce e dice: “Perché mi guardi così bimba bella? Non hai mai visto una signora che tiene dei pesci in mano?” E nel dire questo mi accarezza la guancia con le sue mani fatte di pesce. Per me fu istintivo: “Ma lei puzzaaaaa!!!!” dissi allontanandomi da lei. Lei mi guardò prima torva poi man mano cominciò a ridere, si asciugò le mani e disse: 

LA PESCIVENDOLA SICULA
Io, puzzo? Ma se spezzo il pizzo allo struzzo, il pupazzo di pezza sprizza la pizza, impazza la tazza e mi spruzza la cozza. Allora il puzzo di pizza pazza a pezzi mi spezza l’attrezzo, ed io scateno l’olezzo nel pozzo e il rozzo Pruzzo s’incazza ed impuzza, e soltanto allora, il prezzo da trizza di Santuzza cozza con quella di Saruzzo che spezza il mezzo gozzo sozzo. S’attizza il pazzo, s’attozza l’arazzo ed il razzo di Arezzo ruzzola con stizza se con vezzo il mozzo cazza la razza che scuote la carrozza delle nozze di Galeazzo. Il palazzo senza panuzzo è come il merluzzo senza olezzo…E voi dite che io puzzo?  Mamma si era spaventata e mi aveva preso in braccio forse perché anche io mi ero spaventata. La signora ci ha guardati e poi quasi per tranquillizzarci ha continuato: Bedda matri…pallo accussi pecché io ci ho avuto un infanzia difficili! Quando chiesi a mia matri: mammà mi ha pottato la cicogna? Lei mi ha risposto: non ricoddo…di sicuro so che era un uccello. I miei genitori erano moooolto religgiosi. Da bambina mi hanno fatto fare la chicchirichetta…Il parroco del mio paese Don Riina, a messa per far commuovere i fedeli mi faceva accendere invece che l’incenso i lacrimogeni. Mio patre, Pinuzzo, era l’unico ginecologo del paese. Per lui fare il ginecologo in Sicilia è stato molto diffiiiiicili! Pensate che i mariti pretendevano che mio patre visitasse le loro mogli bendato. È stato il primo ginecologo in Sicilia a scoprire che nell’ecografia, le donne dei mafiosi in pancia non avevano un feto ma un fetuso. Mio fratello Turi invece è stato il primo a capire che in Sicilia la cosa più impottanti è la famigghia. Infatti appena finì le scuole medie, disse a mio patre: Papà voglio fare il raggioniere. Mio fratello è stato il primo ragioniere a capiri che i conti dovevano essere regolati: ed infatti inventò il regolamento di conti. Mio fratello da bambino andava matto per i sette nani, quello che gli piaceva di più non era né Pisolo né Mammolo…ma Cutolo. A mio fratello piace motto il calcio. Soprattutto il ruolo del pottiere. Perché quannu c’è un calcio di rigore…lui lu para. Quanno io e mio fratello andiamo a cena in pizzeria, lui non chiede la pizza, chiede il pizzo. E per mio nipote u nicu…chiede il pizzino. Mio fratello adesso però ha cambiato mestiere. Fa l’acchitetto. Pensate che pe costruire la casa di famigghia, dentro al terreno ci ha messo mio patre e mia matre. Dice che per la nostra famigghia, loro sono le colonne portanti. E adesso non mi fate dire altro che poi mi emulsiono. 

L'ATTRICE
Non disse altro. Ritornò alle sue occupazioni. Noi ci allontanammo senza comprare pesce e senza avere spiegazioni. Avrei voluto chiederle: “Ma cosa fa un'attrice?”. Invece adesso avevo la testa piena di parole che non capivo. Non chiesi nulla nemmeno a mia madre, perché sapevo che si sarebbe arrabbiata. Non incrontrai più la signora attrice variopintapescivendola. E per qualche mese  non pensai più a essere attrice. Altre cose occupavano la mia attenzione di bimba...come ad esempio...Il purè di patate, il sapore delle fette di limone con il sale, l'odore del pane caldo...l'acqua che diventa ghiaccio...le facce ed i piedi della gente. Sì sì...avevo fatto una scoperta sensazionale. I Piedi sono più sinceri della faccia. Non ricordo se allo stesso modo oppure il sinistro più del destro...So soltanto che da piccola mi colpì questa scoperta. La faccia cambia. E può fingere: finge di essere allegra, curiosa, sorridente...anche se in realtà non lo è. I piedi no. I piedi sono sinceri, sempre quelli. Possono puzzare oppure no, ma non si modificano. Questa scoperta l'ho fatta osservando lungamente i piedi di mamma, di papà e poi anche i miei. Mettevo davanti allo specchio la mia faccia ed i miei piedi...Poi con la faccia ridevo ed ordinavo ai miei piedi di fare lo stesso. Niente, non c'era verso di farli ridere. Si agitavano, muovevano i ditini...ma niente, nessun sorriso. E poi altre cose che mi distraevano dall'essere attrice era la formulazione dei perché. Tanti perché nuovi ogni giorno. Forse voi pensate che i miei interessi, la mie curiosità sarebbero state come quelle di ogni bambina di qualche generazione fa: i trucchi di mamma, i cartoni animati con le fatine ecc ecc. E invece no. Io sono stata la bambina dei “e invece no!!!” Mamma diceva “Mangia la frutta” e io rispondevo “e invece no”. Mamma insisteva “Non sporcarti il vestitino di terra che poi io lo devo lavare” e io pensavo subito “e allora?”. Come se l'essere mamma comportasse l'automatico compito di lavare i vestitini delle proprie bimbe nate apposta per sporcarli. Così pronta rispondevo “e invece no”. E poi venne come vi dicevo il tempo dei perché. Ogni giorno una vagonata di perché. Mamma perché mi devo alzare dal letto? Perché devo fare colazione? Perché a colazione devo prendere il latte e tu e papà  invece prendete il caffè? Perché devo mettere le scarpe? Perché la nostra tartaruga – avevamo una tartaruga, ruga, anche se io la chiamavo nonnina ruga perché aveva il collo pieno di rughe come la nonna - perché la nostra ruga mangia la sua cacca e io non devo farlo. Ovviamente erano tutti perché senza risposta. Figuriamoci se mamma rispondeva ai miei perché. Qualche volta le risposte me la dava papà “Ma che domande sceme mi fai” e qualche volta invece rispondeva la nonnina: “Sei ancora piccola per sapere certe cose”. Oppure: “queste cose le devi chiedere a mamma.” Poi quando tutte le mie risposte si avviavano a dormire sonni profondi ecco una notizia nuova.  Arriva la baby sitter. Papà era sempre fuori per lavoro...mamma aveva preso lavoro da poco, “perché i soldi in casa non bastano mai” – diceva lei. Ed io pensavo: non bastano mai per fare cosa? Un'altra delle mie mille domande senza risposta. Fatto sta che senza lui e senza lei...io da sola in casa non potevo stare. Ci voleva la babysitter. Cioè al tempo la chiamavano bambinaia ma il senso era lo stesso. Per trovare la bambinaia mia mamma fece dei veri e propri casting...Con provini, esami da passare, interrogatori tipo terzo grado.  Mamman era terribile. Io lo so perché mi nascondevo dietro le tende del salotto e senza far rumore stavo a godermi lo spettacolo. In realtà non fu uno spettacolo...tutti i provini furono molto veloci. Alle prime due domande la maggior parte delle provinate crollavano. Tutte troppo giovani, incerte, imprecise, svogliate, impreparate... ecc, ecc. Poi arrivò una donna...non riuscivo a vederla bene da dove ero nascosta...ma...ma...sembrava un viso conosciuto...sembrava...la donna variopinta pescivendola...ma non era possibile...non poteva essere...e poi  era vestita strana e diceva cose strane. Riuscì però ad interessare mia madre che chiuse bocca appena questa cominciò a parlare. La parola magica di mamma fu: Mi dica qualcosa di lei, della sua vita. Non l'avesse mai detto la strana signora aprì lo scrigno delle sue storie: 

ADELAIDE FIORENZA MARIO 
Adelaide Fiorenza Mario Minghetti: ho tre nomi perché mamma avrebbe voluto tre figli. Trent'anni. Avrei dovuto fare la missionaria, sa?  No, grazie non fumo. Non dovrebbe  neanche lei. Lo sa quanti morti ci sono ogni anno per cancro ai polmoni...? Lei dev'essere proprio una tipa disordinata? Lo vedo dalla  polvere che tiene sulla sua scrivania. Non le da fastidio la polvere perché forse lei non  è  allergica. Se fosse allergica, qui non  ci  sarebbe più polvere. Questo si chiama "ragionamento logico-deduttivo". Me l'ha insegnato la mamma. La famiglia  è importante Lo sa che i  primi tre anni di vita sono fondamentali: il  bambino memorizza quanto  gli servirà per il resto della sua vita. Se lei non  ha fatto i test non  saprà mai se è allergico oppure no, chiaro. Tutti dovremmo fare i test. Mia madre, ad esempio era allergica a mio padre. Al ph della pelle di mio padre. Sa quando uno è allergico al pelo del gatto ? Appunto. Comunque mio padre  non  poteva dormire nella stessa camera con mia madre.  Camere  separate. Non le farebbe male  tenere con se un gatto. Un animale in genere  favorisce la tenerezza che c'è in noi. Io, mio marito lo riempio di mille piccole attenzioni. Ma questi denti gialli ? Non mi dirà  che non lava i denti almeno tre  volte al giorno, mattina mezzogiorno e sera ? E'  un bel matrimonio il nostro. Lui che rientra stanco dal lavoro ed io appena rientra...via con le scarpe e giù con le babbucce...che metto preventivamente  accanto   ai   termosifoni... così si scaldano e danno ai  suoi piedi stanchi  quel confortevole tepore. Poi il giornale e la  poltrona... la  sua poltrona  preferita... che posiziono preventivamente accanto al caminetto,   acceso preventivamente,  s'intende. Così la poltrona si scalda e da al suo fondoschiena  quel  confortevole tepore. E poi il brodino caldo...  con   tutte   le  verdure scelte. Mica quello già pronto...!  Verdure  fresche,  passate.... buono buono buono. Brodo  caldo d'inverno e bibita fresca d'estate. Fresca, non  gelata. Bisogna evitare le brutte costipazioni.  Sembrano stupidaggini ma le costipazioni  sono mortali. La fettina  cotta al punto giusto, non bruciata. Il bruciato è cancerogeno. Ma questo sicuramente lei lo sapeva. Non lo sapeva. Prima colazione leggera ma con grinta... Per  mio marito preparo una dieta variabile di  settimana  in  settimana, ricca di fibre, proteine. Gliel'ho detto  che  avrei  dovuto  fare  la  missionaria? E non penso  soltanto alla sua alimentazione,  alla salute, ai vestiti... penso anche al suo  lavoro. Lui è  un gran disordinato, quasi come lei. Allora io prendo un bel respiro  profondo, di quelli diaframmatici, che così posso immagazzinare  più aria del  normale...  lo sapeva lei che respirando alzando le spalle noi prendiamo soltanto il venticinque percento  dell'aria immagazzinabile ? Io prendo un bel  respiro... sette tempi per inspirare,  tre tempi per trattenere e dieci tempi per mandare via l'aria.  E poi rassetto tutto l'archivio suo. Troppa confusione, e allora... carpetta   gialla... documenti fiscali, carpetta arancione... bollette luce gas telefono,  pagate... carpetta lilla... bollette luce gas telefono,  da pagare,  carpetta verde... tasse automobilistiche e assicurazione, carpetta rossa... documenti bancari. E' stata dura  ma alla  fine ce l'ho fatta. Quando lui è rientrato a casa.... ciabattepoltronabrodocaldo e... voilà ! E' rimasto... ecco, brava, è rimasto proprio come lei: a bocca  aperta. Non se l'aspettava. E neanch'io. Non me l'aspettavo.  Non  capisco  proprio perché si sia voluto affogare nella vasca da bagno,  con  tutti i sali agli estratti  marini.  E poi l'acqua non era neppure alla temperatura giusta. La vuole sapere tutta ? Ha lasciato  il  rubinetto dell'acqua  della vasca aperto ! E sì che io glielo avevo detto pure:  niente acqua per terra  che  potresti scivolare. Se è tutto, io  andrei. Ho da badare al suo funerale. Devo ancora scegliere la musica più adatta per la banda. La bara, né troppo sobria  né  troppo kitch, il legno della bara più adatto alle lunghe  permanenze nel terreno...il vestito da  mettergli. E poi ci sono  i  fiori. Arrivederci Signora. E non si dimentichi di far pulire per terra. Ho visto che le è caduto un bicchiere... qualcuno potrebbe farsi male con tutto quel vetro in giro. Sa cosa le  dico ? Lei  avrebbe  bisogno di una donna  come me, senza modestia: Adelaide  Fiorenza  Mario  Minghetti. Gliel'ho  detto che  ho  tre  nomi  perché  mamma  avrebbe  voluto  tre figli ?  

L'ATTRICE
Mamma avrebbe voluto bloccarla prima...molto prima, ma un po' per educazione e un po' per puro terrore di fronte a simile persona, non riuscì ad imporsi vocalmente. Dopo le ultime parole di Adelaide ci furono un paio di minuti di silenzio assoluto e assordante. Poi Mamma disse qualcosa che per me sarebbe diventato nel tempo un'espressione terribilmente familiare: “Grazie, le faremo sapere”. Adelaide non si alzò subito dalla sedia. Guardò mamma con lo sguardo di chi pensa: “ma come non sono io quella perfetta per questo lavoro?”. Mamma evitò abilmente di reggere lo sguardo di Adelaide. E solo allora, Adelaide si alzò e nell'avviarsi all'uscita  diede un'occhiata in giro per la stanza. Poi posò lo sguardo lì tra le tende come se sapesse che io ero lì acquattata. E fu in quel momento che in lei rividi la signora variopinta...Concita e la pescivendola poco variopinta...Tutte lì in quello stesso corpo segnato dal tempo e dalle circostanze. Erano tutte la stessa persona e  io non sapevo se l'avrei rivista più; ma ogni volta che pensavo a lei subito una parola si palesava ai miei occhi. “Attrice”. Ovviamente passarono gli anni e alla fine si cresce. Si abbandonano certe deliziose ingenuità e ti trovi catapultata all'improvviso nel mondo dei grandi. Non ci sono più perché a cui rispondere, ma soltanto capacità di adeguamento. Così ho cominciato a vedere televisione...tanta televisione. Rientra in quella necessità di adeguamento alla vita dei grandi. Vedevo televisione, vedevo le attrici, gli attori...ma chissà perché non volevo essere come loro. Anzi, li vedevo distanti, molto distanti. Quasi fastidiosi. Ovviamente con il tempo avevo capito cosa fossero le puttane e cosa le attrici...E intanto il tempo scorreva, scorrevano i pensieri, scorrevano le buone intenzioni, le persone incontrate, le aspirazioni, gli obiettivi. Scorrevano anche le discussioni – inutili - con i miei genitori. Insomma, scorreva la mia vita. E da che ero una bambina che voleva fare l'attrice mi ritrovai all'improvviso nella giovane donna che provava fastidio nel vedere attori e attrici in tv. Cinema e teatro li frequentavo poco e quindi non potevo fare raffronti. Ero una giovane donna  che avrebbe voluto fare tutto, l'importante era che dispiacesse ai miei genitori. Ricordo l'ultima inutile discussione – Mamma che dice: “Ormai hai un'età, ti sei decisa a fare la persona seria? Ce la vuoi dare qualche soddisfazione. Che pensi, che ti manterremo vita  naturale ferrarelle?”. Avrebbe dovuto dire vita natural durante, ma mamma era anche famosa per storpiare, personalizzare tutto il linguaggio. E questo un po' mi divertiva... e un po' no. Comunque stavo a questo gioco che per lei non era affatto un gioco. Ok mammina, ho deciso che farò da grande: farò la rappercleptomane drogata...Anzi no, ci ho ripensato...farò la fashion blogger lesbica. E lei: “ma cosa dici scema...? che ti metti a fare???  Ma perché devi fare tutte queste cose complicate. Non puoi fare un lavoro serio come tutti?” Inutile provare a chiedere cosa intendesse mamma con l'espressione “lavoro serio”. Mamma e papà erano – come tutti – vittime di una società che era nata in un mondo di levate alle cinque e di coricate dopo cena...e si ritrovarono improvvisamente in un mondo che non gli apparteneva più...dove tutti parlavano una lingua sconosciuta, un misto di inglese e informatichese computerichese...internet, wcnet, bidet...intranet... “Mamma mamma i lavori seri non esistono più. Vabbè mamma, voglio farti contenta, io adesso vado a fare l'attrice... Sei contenta?” Ovviamente sapevo che non lo era. E lei: “Lo immaginavo...vai a fare la puttana”. E io: “mamma smettila, le attrici non sono puttane”. E lei: “non dirmi di smetterla che io leggo le riviste, guardo la tv....Lo so che sono tutte puttane, stanno lì a baciare tutti con la lingua, vanno a letto con Tizzy e con Totzie”. “Sìiiii Mamma, anche con Caio se è per questo, ma quella è finzione. Fanno finta. È per finta”. E lei a rincarare: “Finto finto...e che vuol dire, sempre puttane sono. Anche io con papà spesso ho finto, fingevo quando a letto... Però lui non lo ho mai capito”. E io: “mamma non voglio sapere altro. Però te lo devo dire sai...anche tu allora sei attrice!” E qui lei s'incazzava: “Ma che dici...dici puttana a tua madre!!??” Poi, per tagliare corto la discussione: “Vai pure a fare la puttana che almeno porti soldi a casa”. “No, mamma, non farò la puttana. Però se vuoi che porti soldi, posso fare la escort”. Lei, impassibile: “Fai come vuoi, esci corta, esci longa...Però se esci portati la chiave e chiudi la porta”. E così feci, chiusi la porta ma non tornai più. Prima però volevo salutare papà, così lo andai a trovare al lavoro. Lui era uno degli ultimi artigiani della scarpa...Creava modelli originali che inviava ai grandi centri industriali. Lo trovai seduto sul banco che batteva la tomaia... Ton ton ton... “Papà ho deciso, voglio fare l'attrice. Vado via”. Dall'altro lato papà sempre a testa bassa che batteva...ton ton ton...Non una parola. “Papà, papà, hai sentito?...vado via. Può essere che vada lontano...” E lui sempre ton ton ton... “Papà, ma non dici niente...? Ho detto che sarò attrice...e potrei pure finire a Hollywood...in America, oppure a Caropepe. E dimmi qualcosa!!! Ton ton ton... Alza la testa, mi guarda, e lapidario esclama: “Fai, basta che non fai feto”. Poi riabassa la testa e ton ton ton. Andai via senza rimpianti, senza rimorsi, senza rimborsi...non avevo una lira, una. Ma non m'importava di ciò che non avevo, quanto invece di quello che avevo. Non lo so che cosa avevo , però qualcosa avevo, perché mi sentivo sazia e soddisfatta. Ero così carica che andai subito alla ricerca di un maestro di recitazione. Avevo bisogno urgentemente di qualcuno che mi indirizzasse, in fondo avevo la voglia ma non sapevo veramente nulla di tecniche di recitazione. Trovai un tizio con la faccia d'attore, con i gesti d'attore.  Appena mi vide, mi lanciò uno sguardo con il suo sguardo da attore. Disse, “Ricordati che le marchette bisogna saperle fare”. Ed io che pensavo: Ma allora è un pensiero comune quello delle attrici-puttane! E mi dissi e gli dissi... “E invece no!”. Poi andai da un guru della tecnica attoriale poi invece da un guru della tecnica manageriale...e poi da un guru del teatro povero, da un guru del teatro ricco, da quello dei teatri off, da quello dei teatri stabili e da quelli mooolto instabili. Poi, senza perdere tempo ulteriore decisi di mandare tutti a ffan guru!!! Mi sentivo disorientata. E al contempo eccitata. Avevo in un modo o nell'altro scoperto la forza del teatro e nel mio personale universo di pensieri giovanili l'attore, l'attrice erano diventati degli esseri rivoluzionari, potevano determinare cambiamenti radicali: Essere tanti pur rimanendo uno, era una scoperta straordinaria per una che era cresciuta essendo obbligata a essere quella che volevano i propri genitori.  E poi in alcuni luoghi un'attrice è rivoluzionaria già per il fatto stesso di essere donna. Quindi, sì, attori e attrici erano rivoluzionari. Passando di scuola in scuola, di teatro in teatro finivo per ritrovarmi a dover essere una copia di copia. Tante copie che si tramandavano di generazione in generazione, che sottostavano alle regole dello showbusiness.  Più mi allontanavo dai luoghi canonici della recitazione e più forte era la voglia di essere attrice. Attrice di teatro. Sentivo la distanza con il cinema e la televisione. Invece la voglia di teatro cresceva soprattutto quando pensavo alle persone particolari incontrate. Quelle persone per me erano Teatro, probabilmente per il profondo senso di verità e di colore che  da quelle persone mi giungeva. Una verità che  però si offuscava quando incrociavo dei professionisti della recitazione.  In questi ultimi era chiara la prigionia, vittime del loro ruolo; un po' come i miei genitori del resto. Ogni giorno si rincorrevano dentro la mia testa le voci dei cosiddetti maestri: “è solo un mestiere come un altro”, “le marchette bisogna saperle fare” “il treno giusto passa una volta sola” “Apparire apparire!” e altre amenità del genere. Non era chiaro perché avessero scelto la recitazione, forse per scappare dalla vita piuttosto che per ritrovarsi. Io invece  insistevo, volevo trovarmi, ritrovarmi, perdendomi, e poi ritrovarmi, ad esempio in tutte quelle persone particolari incontrate nella mia vita. Ritrovarsi...e così finisce che ti ritrovi ormai cresciuta – ma mai troppo – dentro un ufficio postale con l'impiegata antipatica che osserva la mia carta d'identità, dove alla voce professione avevo fatto scrivere con orgoglio attrice, e dice con supponenza: “ah, attrice, e quanti film avrebbe fatto?” Io  con un filo d'imbarazzo rispondo: “veramente, io sarei attrice di teatro”. E lei allora mi da il colpo di grazia. “Ah, vabbè...” Che suonava come dire: “lei non ha un lavoro vero”. Avrei voluto controbattere... avrei voluto elevare l'attrice di teatro a pilastro della cultura...Ma non ci riuscii, perché fui interrotta da una voce insistente e petulante che si muoveva tra le persone in fila allo sportello... Da non credere...era lei, la donna delle mie storie strane...la variopinta Adelaide Concita pescivendola... Cioè, sembrava lei e non sembrava lei... Però era lei: 

ROSY NEVROSI
lo  una telefonata la dovevo fare: era una questione di principio. No,  perché poi io m'impunto sulle  cose. Tu  gli appuntamenti non li rispetti...? No? Io sì. È una questione di principio. Ma  perché tu che vuoi? Io, niente, cioè sì: una telefonata. Tu  devi  telefonare? No ? Io si; è una questione di principio.No, perché, se uno deve telefonare cosa cerca ? Un telefono no ? Che funzioni, no? No perché se non funziona  non serve a niente. Se tu prendi un appuntamento con  un ragazzo e gli dici che prima gli telefoni, poi tu gli devi telefonare. No, perché  se  non gli telefoni, poi lui ha ragione, dico, è una questione di principio, dico. Ma, perché tu che vuoi? Io niente, cioè sì. Voglio  che  mi dovete ascoltare, dico, è  una  questione  di  principio, dico.  Mi chiamo Rosy Nevrosi. No perché, se una ha un appuntamento con un ragazzo e poi non gli telefona, dopo si deve sfogare con qualcuno, dico. E' una questione di principio, dico. Mi sono vestita: non lo faccio sempre ma questa volta mi sono vestita. Molto. Non molto vestita ma vestita molto Moltomoltocasual. Trasandatapelosuperfluoincoltononlavata: fa tendenza dico. Ma, perché, tu che vuoi ? Fare bella figura, dico. Molto casual molto: troppo casual. E se non v'interessa ve lo racconto lo stesso: è una questione di principio. Esco molto presto presto per non fare troppo tardi tardi. Faccio due passi a piedi perché sono  pocopoco nervosa-sa. Allora meglio fare il giro dell'isolato-to. E sono diventata moltomolto nervosa-sa. Tu  sei calma, io sono nervosa-sa. Vedo tante persone distinte cravatteorologisottocchi... incontro tante  persone strafattestracotterifatte ricotte, no, perché tu che vuoi? Una sigaretta, no grazie non  fumo, prendi  una  sigaretta ?  No,  non  mangio, hai una caramella ?  No,  ho  smesso. Cerco il  telefono-no. Trovo  il telefono-no. Sì, no, stanno telefonando col telefono. E' giusto. Se c'è un telefono c'è qualcuno  che  telefona  col  telefono. Il telefono si usa  telefonando-nandoooo. E'  una questione di principio-pioooo. Aspetto-to. Sonomoltomoltonervosa-sa. Dammi una sigarettacannettasottiletta: no, grazie non fumo. Sono moltomoltonervosa-sa. Il telefono è moltomolto occupato-to. Hai molto da fare,   no  perché io dovrei  telefonare: ho un appuntamento-mento. Occupato-to.  Aspetto-to. Sonomoltomoltonervosa-sa. Lo so che lui sarà già prontocorazzato attrezzatodecisoascellodorato. O forse si starà ancora  preparando-parando. Aspetta qualcuno e si prepara-para. Aspetta me, aspetto io: dammi 5 euro, no,grazie, non fumo. Forse è meglio che cerco altro telefono. Scendo fino in piazza. C'è  altro  telefono. Con  la scheda. E' giusto. Io ho soltanto i gettoni. E' giusto. Allora  è meglio cercare altro telefono con i gettoni-oniiii. E' una questione di principio-piooo! Trovo il telefono con i gettoni. Moltomolto nervosa-sa. Il telefono non prende i gettoni. FFFFFFFSSSS:  fuori   servizio. Moltomoltonervosasbracatasudata, do colpopugno alla cabina. Il telefono prende i gettoni e non li torna  piu. Moltomolto inzozzatanervosasudataconfusa-sa... devo cercare un altro telefono, degli altri gettoni. Ho un appuntamento, è una questione di principio-piooooo !  Mi  faccio  tutto il  viale: trovo altro telefono; non ho più gettoni. Compro scheda. Il telefono è solo gettoni. E' giusto. Cammino sotto casa di lui; sotto casa di lui ci sarà pure un telefono. Moltomoltosudatasbracatanervosascrematascellodoratalitata... trovo il telefono: Io ho la scheda, lui ha la carta di credito telefonica. La carta di  credito telefonica non è la scheda. E' giusto. Rompo telefono: è giusto. Penso: visto che sono  molto molto sudatastrematanervosascrematamaleodorata sotto casa di lui...   tanto vale che salgo. Lo so che lui starà  aspettando corazzatoprofumatoattrezzatodecisoascellodorato la mia  telefonata, però io ho un appuntamento, è una questione di principio-pioooo!  Arrivo da lui, sorpresa: niente citofono. Ma perché, tu che vuoi ?  Lui-ehi...Faccio di corsa dieci piani a piedi. No, perché, tu che vuoi ? Un ascensore. Busso alla porta. Apre lui, paro io; apre lui: bellonudocapelloquilìlàtuttograndeimmensotanto. Mi stava  aspettando, si vede. E' una questione di principio. Mi guarda, lo guardo, mi riguarda...non mi riguarda. Faccia: stupitanervosastrematasudata. Io guardo lui: nervosodubbiosoeccitatosudatotritatopensoso-so. Cioè, non so. Esce da altra  stanza altro uomo altoimmensonervosoporosomoltomolto nudorgasmatoandato. Tutti e due si prendono  per mano e mi guardano. Ma perché, tu che vuoi? Ehm, cioè, no... perché... siccome che non funziona il telefono in  piazza...cioè...potrei usare...No, perché, io ormai una telefonata la devo fare: è una questione di principio. Ma  perché, tu che vuoi ?  Un cellulare ??!  Ma come, non si vendono cellulari qui???  “No...qui non si vendono cellulari”, dissi, tanto per entrare in conversazione, mentre le altre persone la guardavano come si guarda una pazza. “Qui siamo in un uffico postale non vede? In un ufficio postale non vendono cellulari”. Lei  non aveva molta voglia di conversare...E cercò di uscire dall'ufficio.  Io però non potevo lasciarmela scappare un'altra volta....così bloccai l'uscita. Dicendo... “sei tu, sei tu, sei tu vero??? Sei Adelaide Concita e sei la pescivendola...Sei sempre stata tu!!!???”. E lei, provando ad uscire dalla sala: Non disturbarmi sto lavorando...lasciami lavorare. Ed io  insistente: “Lavorando, sì certo...e quale dei tuoi tanti lavori?”. E lei: Tanti? Ma che stai dicendo...io ho sempre fatto un solo lavoro...L'attrice! Ed io: “Anch'io! Incredibile vero?!! Mamma e papà lo dicevano che tu eri attrice. Però io mi ricordo di te negli anni...e ti ho vista fare la puttana e poi la pescivendola...e le mani tue puzzavano veramente di pesce...e poi ti ho vista fare la bambinaia. Ricordo ricordo tutto. Capisco che con il teatro non si campa ma non devi vergognarti a dire che fai altri lavori per sbarcare il lunario”. E lei decisa: “Ma io non mi vergogno affatto. Anzi...Quello che tu hai visto in tutti questi anni è un'attrice che provava i suoi personaggi teatrali! Se hai creduto veramente che io fossi puttana, pescivendola e bambinaia...vuol dire che il lavoro sul personaggio era stato fatto bene. Vuol dire che ero vera. Ho voluto apposta provare i miei personaggi dentro la realtà quotidiana come riprova di autenticità. Quindi grazie...se hai creduto...se avete creduto...Vuol dire che son stata brava”. 

L'ATTRICE
Mi sorrise e fece per andar via. La vidi allontanarsi soddisfatta... All'improvviso però malgrado fossi scossa da quanto visto, sentii il desiderio di domandarle ancora: “Anch'io voglio fare l'attrice ma ancora non ho capito bene a cosa serva fare l'attrice, l'attore...?? Sembrerebbe solo un'esaltazione di ego e di emozioni a buon mercato”. E lei sempre sorridendo mi rispose: “ Fare l'attrice, l'attore non serve a nessuno né a chi lo fa né a chi lo vede. Essere attore, attrice, essere tanti totalmente, comprendere appieno la molteplicità dell'animo umano , far conoscenza con i tanti io che ci appartengono, sentire tutto in correlazione, svilupperà la mente e allargherà  il cuore. Quindi alla tua domanda io rispondo: essere attrice, attore serve a cambiare il mondo”. E andò via sempre con quel sorriso che avevo imparato a conoscere negli anni. Ora io sentivo forte fortissimo il desiderio di essere attrice per avere la possibilità di essere tanti veri contro la capacità di fingere di essere altri. Ero scappata dalle scuole di recitazione perché non volevo imparare a fingere. Senza capire, sentivo me stessa già ricca di tanti altri me tutti diversi l'uno dall'altro…e tutti pieni di vita. Ora sapevo perché. Grazie Adelaide Fiorenza Mario, Concita, Rosy, pescivendola puttana variopinta.  Da oggi non dirò più “io voglio fare l'attrice”. Dirò: “IO VOGLIO ESSERE ATTRICE”.

FINE