L’ULTIMO PAZIENTE

Atto unico di

Salvino Lorefice


Un doveroso ringraziamento va a Carlo Nobile e a Mirella Mazza per l’incoraggiamento datomi ad andare avanti nella composizione di quest’opera.
Ancora un grazie a Carlo Nobile, che ne ha suggerito il titolo.


Personaggi:
    Anna Giulia – psicologa;
    Ignoto – paziente anonimo;
    Nora – figlia di Anna Giulia;
    Ex Marito - di Anna Giulia;

SCENA
Studio medico con scrivania, computer portatile, registratore, sedie, un tapis roulant; c’è anche una sedia sdraio. Alle pareti vi sono quadri astratti, titoli di studio, un grande ritratto di Sigmund Freud.


SCENA PRIMA

All’accendersi delle luci la psicologa sta parlando al telefonino, nel contempo cammina sul “tapis roulant” oppure fa ginnastica al suono di una musica adatta.

Anna Giulia: Certo, darò una festa. Sarà l’occasione che non ho mai avuto… del cibo, un buon vino, un po’ di musica… Sì, inviterò gli amici, le amiche, qualche collega, i paren… , il mio ex?.. no! ma che dici!!! ma chi? ...quell’altro?, no! quell’altro ha approfittato della mia… debolezza. Lo sai, no? Non ero ancora laureata, ero una studentessa in psicologia…non mi erano chiari alcuni meccanismi mentali degli uomini (ride) e… dopo tre mesi mi ha lasciata… bidonata… Col senno di poi posso dire che è stata una fortuna e ho potuto conquistare la tanto sognata laurea… Sì, in Psicologia, naturalmente... Ma no, ti ho detto che non inviterò mio marito… anzi, “ex” marito; mi ha lasciato per inseguire la sua carriera, a Los Angeles. … Los Angeles in America, ovvio, quante Los Angeles conosci?... Ma certo, meglio così. 
(Suonano alla porta)
Anna Giulia: …Aspetta… aspetta, suonano alla porta, vado ad aprire… (Spegne il tapis roulant) … no, non aspettavo nessuno; vedo chi è. 
(Si sposta verso la quinta dove c’è l’ingresso e sparisce per pochi secondi.)
Anna Giulia: (rientra in scena mentre continua a parlare al telefono.) No, niente, non era nessuno: uno scocciatore che voleva vendermi delle audio cassette… non musicali… “new age”, qualcosa del genere, “come rilassarsi”… “come ritrovare la serenità…” (ride scherzando) A me? (ride)…... Semmai tu ne hai bisogno!!!! Comunque, con lo scocciatore ho tagliato corto, … gli ho chiuso, cor-te-se-men-te, la porta in faccia… però a ripensarci… era un bell’uomo, sai? Non tanto giovane… (ride) … dai non fare la scema…
(Suonano di nuovo alla porta.)
Anna Giulia: …Ancora! che scocciatura… Beh, ti lascio. Dev’essere Francesca, la mia segretaria. Mi aiuta ad organizzare il ricevimento.
(Suonano ancora, stavolta con foga.)
Anna Giulia: Un momento, arrivo. Che foga, Dio mio! (Esce di scena e va ad aprire.)

Buio.

 

SCENA SECONDA

Al riaccendersi delle luci, Anna Giulia e il visitatore ignoto sono ritti al centro del palco; si guardano. Lui ha uno zaino a tracolla che contiene le audio cassette.
Anna Giulia: Chi sei?
Ignoto: Sono quello che sono e non sai quanto hai rischiato, non ricevendomi, poco fa. E pensare che mi hai tanto cercato.
Anna Giulia: Che vuol dire?
Ignoto: Che sono qui per aiutarti.
Anna Giulia: Aiutare me? Di solito sono io che aiuto gli altri.
Ignoto: Non adesso, non nei prossimi giorni… mesi, anni.
Anna Giulia: Chi ti dice che ho bisogno d’aiuto?
Ignoto: Lo so. Lo so e basta.
Anna Giulia: L’unico aiuto che mi serve oggi è per organizzare la mia festa. Voglio che tu te ne vada e…
Ignoto: La tua festa, appunto. Dopo solo venti anni di lavoro… decidi di fare un passo che avresti dovuto fare vent’anni fa.
Anna Giulia: (imbarazzata) Basta. Questa è bella. Mi chiedo come mai ti ho permesso di entrare, di riceverti qui, in casa mia… 
Ignoto: Casa tua? Non è il tuo studio di psicologa, questo?
Anna Giulia: Non fa differenza.
Ignoto: Non è qui che ricevi i tuoi pazienti?
Anna Giulia: Tu non sei un mio paziente.
Ignoto: Forse.
Anna Giulia: Senza forse. Non lo sei e basta.
Ignoto: Se ti dico che lo sarò, che vorrei esserlo, va meglio?
Anna Giulia: Ho chiuso con la professione.
Ignoto: Chiuderai domani, un giorno in più o in meno…
Anna Giulia: No e no. A proposito: cominciamo col darci del “lei”.
Ignoto: (ironico) Giusto, giusto. Via questo “tu”, è da cafoni. Tra psicologa e paziente dev’esserci una certa distanza. Niente confidenza. (Recitando.) “Troppa confidenza fa perdere la riverenza”, dice un proverbio.
Anna Giulia: Insomma: Vuole che le compri quelle audiocassette? (Indica lo zaino) Me ne dia… dieci.
Ignoto: (ironico) Quelle “new age” o quelle sinfoniche?
Anna Giulia: (ancora più ironica) Non ne ha di Al Bano o dei Pooh?
(A questa battuta Ignoto ride divertito.)
Anna Giulia: Audiocassette! Tsè! Oggi ci sono i CD, le chiavette… e lei? Audiocassette!
Ignoto: Sono un tipo all’antica, sa? Molto all’antica. E… non ci crederà, ma ho tutti i generi di incisioni. Persino i primi 78 giri di celluloide. Li conservo tutti.
Anna Giulia: Ah, ho capito: lei è un collezionista, o un autore incapace.
Ignoto: Ha centrato in pieno, sono un collezionista, che tutto conserva e tutto potrebbe distruggere, ma invento, (con enfasi) “creo” … Sì, sono anche un Autore.
Anna Giulia: (insistendo) Autore Incompreso.
Ignoto: Diciamo che qualcuno non mi comprende e qualcuno mi combatte… Concorrenti! (Pausa) Ma torniamo alle audiocassette. C’è la “Tua” voce in queste cassette, quella di alcuni fa. Ricordi? 
(Lentamente, Ignoto estrae dallo zaino alcune audiocassette, e poi altre e le deposita sulla scrivania.)
Anna Giulia: (Guarda senza toccarle le cassette e cambia espressione, si mostra sconvolta, non parla, si agita, poi balbetta.) Co… come le ha… le ha avute? Chi gliele ha date? Credevo di averle perdute, buttate via…
Ignoto: Non si buttano i ricordi.
Anna Giulia: (urlando.) Come le ha avute?
Ignoto: (con calma.) Comincia con le domande, a quel che vedo. Quindi mi accetta, come ultimo paziente.
BUIO.

 

SCENA TERZA

(Al riaccendersi delle luci, Anna Giulia si dirige verso la scrivania, siede sulla poltroncina e apre e chiude un cassetto cercando qualcosa.)

Anna Giulia: Ho bisogno di un goccetto.

(Apre il secondo cassetto e tira fuori un bicchiere e una bottiglia mezza vuota che sembra contenere del cognac.)
Ignoto: Credevo che avessi smesso di… (indica la bottiglia.)
Anna Giulia: (Versa nel bicchiere, ma beve dalla bottiglia.) Ne vuoi un po’? (Porge il bicchiere ad Ignoto che scuote la testa.) Hai ragione, avevo smesso; ma ho cambiato idea. C’è un proverbio che dice “solo gli idioti non cambiano idea”.
Ignoto: Ho capito, e tu non sei idiota!
Anna Giulia: (Arrabbiata) E anche se lo fossi? Ho comunque il diritto di cambiare idea.
Ignoto: Anche sulla storia di tua figlia?
Anna Giulia: Ma che ne sai, tu? Come ti permetti di… 

(Anna Giulia beve nervosamente, agitata. All’improvviso cambia tono, espressione ed umore, le luci si abbassano, e un occhio di bue la illumina.)

Anna Giulia: Era una bimba bellissima, coi capelli rossi. (Pausa.) L’ho vista solo una volta, per pochi istanti, di sfuggita, mentre la portavano via… (Guarda Ignoto, di traverso, forse aspetta un giudizio, un rimprovero, che non arriva.) Ho persino udito i suoi primi vagiti, sai? (Pausa.)
(La scena si illumina.)
Anna Giulia: (rivolta ad Ignoto e posando disgustata bottiglia e bicchiere.) Ho cambiato idea tante di quelle volte…
Ignoto: Perché hai registrato quelle cassette?
Anna Giulia: Sono una psicologa, no? Quindi perché l’ho fatto? Per autoanalisi… per comprendermi… per capire… per dare un senso al mio gesto di allora…
Ignoto: Del quale ti sei pentita.
Anna Giulia: Lei è matto.
Ignoto: (sorride scherzando) Da legare?
Anna Giulia: (Sorride scimmiottando Ignoto, insistendo.) Sì, sei matto da legare!
Ignoto: (Scherzando.) Sai qual è il colmo per un matto da legare? 
(Silenzio da parte di Anna Giulia, che aspetta la risposta.)
Ignoto: … Dargli corda. (Ride da solo.) …Da legare, quindi… “dargli corda”.
Anna Giulia: (Riprende a parlare calma) Anzi no, non è matto. (Poi, con ironia) Vuoi sapere se sono pentita? Ah, Ah! Pentita, io? (Cambia repentinamente umore e urla istericamente.) Sono mortificata. Altro che pentita. Il senso di colpa mi divora… Mi ha… Mi ha… 
(Ignoto la guarda impassibile. Anna Giulia si avvicina alle audiocassette sparse sulla scrivania, non sa che fare, le esamina, le fa scorrere tra le dita come fossero un pugno di sabbia.)

Anna Giulia: (Scorrendo le cassette, le impila una sull’altra.) E’ così che scorre il tempo.
Ignoto: Vuoi ascoltarle? (Silenzio.) … Ascoltarne una qualsiasi. (Silenzio.) … Forse la prima? (Si avvicina alle audiocassette, cerca un po’ e ne solleva una.) Ecco la prima. Questa è stata la prima. (Mostra la cassetta, la porge alla donna.)
(Anna Giulia prende in mano la cassetta. La guarda nostalgica.)
Anna Giulia: Tutto è cominciato da questa. Ricordo quando l’incisi. Non avevo ancora nessun paziente. (Sorride amaramente.) Veramente, in vent’anni ne ho avuti pochi.
Ignoto: Pochissimi …
Anna Giulia: (Adirata) Ma qual è il tuo gioco, eh? “Fammi del male così ci divertiamo”? A che gioco giochiamo, eh? Chi credi di essere? Cosa vuoi? Perché sei qui?
Ignoto: Te l’ho già detto: sono qui per aiutarti.
Anna Giulia: Ed io ti ho già detto che non ho bisogno d’aiuto.
Ignoto: (come se parlasse a se stesso) Dicono tutte così.
Anna Giulia: Ma chi sei tu, per parlarmi così? Sei un collega? Uno psi-co-te-ra-peu-ta? Un prete? Un marziano?
Ignoto: Potrei dire di sì, che sono tutte queste cose nello stesso tempo… Sai quanti si rivolgono a me? Vengono nel mio “studio”, alla chetichella, Mi parlano con la mente, con il pensiero, con il cuore; poi credono di udire la mia voce, le mie parole e vanno via contenti. In tanti credono di seguire i miei insegnamenti.
Anna Giulia: … I tuoi “consigli”? 
Ignoto: No. Io non do mai consigli. Uno psicologo non dà mai consigli, lo sai, sarebbero inefficaci. Io conduco i miei “pazienti” sulla retta via.
(Ignoto guarda Anna Giulia con sorriso benevolo. Lei se ne accorge.)

Anna Giulia: (Risoluta) Senta, non voglio “una” cassetta, gliele compro tutte.
Ignoto: (Sorpreso) Tutte?
Anna Giulia: Tutte.
Ignoto: (Sardonico) Guardi che non troverà nessuna cassetta né dei POOH, né di Gianni Morandi… né…
Anna Giulia: (idem) Ma davvero? Sono io la cantante, qui. Per anni ho parlato a queste cassette, registrando giorno dopo giorno.
Ignoto: In realtà non parlavi alle cassette.
Anna Giulia: (lo guarda burbera, come se stesse per scoppiare, ma poi si ricompone e gli parla come se si confessasse.) No, non parlavo alle audiocassette. Il registratore era “lei”. Era a “lei” che parlavo. Registravo quello che avevo fatto, quello che avrei voluto dirle per vent’anni… Cassetta dopo cassetta… 

BUIO.

 

SCENA QUARTA

(Al riaccendersi delle luci Anna Giulia è su un lato del boccascena, Ignoto sul lato opposto. Anna Giulia Parla in terza persona e poi in prima persona come in una sorta di doppia personalità.)
Anna Giulia: Che dirti? Che la mia è stata una scelta? No, non è stata una “mia” scelta. E lo dico a chiare lettere, adesso per la prima volta, qui a te… uno sconosciuto, prima che a me stessa. Anzi no, per primo l’ho detto in questa mia cassetta (mostra la cassetta). Comincia così. 
(Cambio luci.)
Anna Giulia: (Parla in terza persona) C’era una volta Anna Giulia che a vent’anni, ancora studentessa universitaria, rimase incinta. Perciò dovette sposarsi (Pausa. Passa a parlare in prima persona, guardando Ignoto.) Dovetti sposarmi – a malincuore - perché convinta dal mio fidanzato e dai parenti tutti, miei e suoi; papà, mamma e suoceri compresi. (Torna a rivolgersi al pubblico e a parlare in terza persona.) Dopo il matrimonio, celebrato in fretta in una specie di sacrestia di una sinagoga, la giovane voleva abortire – pardon – voleva “interrompere la gravidanza”, si direbbe oggi. Vi furono “vivaci” discussioni, liti… tirarono in ballo Gesù, Dio… “Colui che tutto sa…”  E così la giovane accettò un compromesso. Avrebbe continuato la gravidanza ma, dopo il parto, non avrebbe riconosciuto il bambino. (Guarda Ignoto, quasi a cercare un po’ di comprensione). Non potevo più tirarmi indietro sai? L’orgoglio, la presunzione e cose del genere, ero giovane. Avrei potuto continuare l’università e riacquistare la mia libertà con il divorzio. “Fallo nascere e dallo a noi – mi dissero – Ci penseremo noi, lo cresceremo noi…” E così feci.
Ignoto: Capisco.
Anna Giulia: (adirata.) No! Non capisci, non puoi capire. Certe cose bisogna viverle per capirle.
Ignoto: (Calmo) Capirle e superarle.
Anna Giulia: Ci ho provato. Ci sto provando. (Pausa.) Queste cassette ne sono la prova. (Pausa, poi risoluta) Insomma, me le vendi o no? Quanto Vuoi? ... Dimmi una cifra, non mercanteggio… (si avvicina decisa alla scrivania e apre la borsetta.)
Ignoto: Recuperando queste cassette, vuoi recuperare il tuo passato.
Anna Giulia: No. La mia vita, semmai.
Ignoto: Appunto.

 

SCENA QUINTA

(Silenzio. I due si spostano sul palco. Lei va a sedere su una sedia, lui dietro la scrivania, in una specie di inversione di ruoli.)
Ignoto: Che mi dici del ricevimento?
Anna Giulia: Che t’importa? Tanto, non sei invitato.
Ignoto: Sì, ma “chi” è invitato?
Anna Giulia: (Infastidita.) Oh, ma lasciami in pace. Vai via. Via tu e le tue dannate audiocassette.
Ignoto: (Sembra arrendersi.) Va bene, va bene. Me ne vado. Credevo volessi rialzarti… sì, rialzarti dalla tua… situazione… (Fa per uscire ma si gira verso la donna.) Comunque, se hai bisogno di qualcosa, se ti viene in mente qualcosa… se vuoi raccontarmi qualcosa… Chiamami. (Senza dire altro le gira le spalle e fa qualche passo verso l’uscita, poi riprende la parola.)
Ignoto: A proposito: Le cassette… Te le regalo (fa ancora due passi.)
Anna Giulia: (sorpresa per quel “regalo” si gira verso Ignoto) Aspetta… (Ignoto si ferma di colpo, le spalle rivolte alla donna.) Come faccio a trovarti? Non ho il tuo numero.
Ignoto: Te l’ho detto, sono un uomo all’antica, molto all’antica. Non ho telefono, ma tutti mi trovano.  Chi mi cerca, prima o poi mi trova… (Pausa) Beh, allora vado.
Anna Giulia: No.
Ignoto: No, Cosa?
Anna Giulia: Non andartene.
Ignoto: (Sorride) Vedo che facciamo progressi. Posso rimettermi a sedere?
Anna Giulia: (Ironica) Sei a casa tua, ormai. (Si alza e va a stendersi sulla sdraio.)
Ignoto: (avvicina la sedia alle spalle di Anna Giulia e si siede.) Parlami di lui.
Anna Giulia: Di lui, chi?
Ignoto: (convincente) “Lui”, il tuo ex marito, il padre di tua figlia.
Anna Giulia: E chi se lo ricorda, “quello”?
Ignoto: Da brava, fai un piccolo sforzo… piccolissimo.
Anna Giulia: (Cedendo.) Era uno che aveva grandi idee, allora. Faceva progetti, voleva sfondare, diventare famoso…
Ignoto: Faceva il cantante? L’attore? … L’artista, forse?
Anna Giulia: Magari! (Si alza e parla mentre passeggia.) Sarebbe già tornato. Faceva l’autore: creava idee e le vendeva; anche se aveva poco più di vent’anni, le sue idee valevano. A quel tempo era stato da poco inventato Facebook, anche se in Italia non era ancora diffuso. Le multinazionali delle comunicazioni americani cercavano talenti e li pagavano profumatamente. Lui ci provò e lo accettarono e lo chiamarono in California. Però, doveva vivere nella Silicon Valley. “é un’occasione che non avrò più”, mi disse. Voleva che andassi con lui, che lasciassi i miei studi, parenti, amici… la mia vita. “Faremo nascere il bambino in America”, mi ripeteva. E cosa avrei fatto, io, in America? La casalinga; (con rancore) forse gli avrei “sfornato” un paio di gemellini, altri due marmocchi…
Ignoto: Lo amavi?
Anna Giulia: E come avrei potuto amare un egoista? All’inizio, forse sì, quando l’ho conosciuto, ma poi… (Si ferma.)
Ignoto: Continua, stai andando bene…
Anna Giulia: Il culmine venne quando mi diede l’ultimatum: “Teniamo il bambino – mi disse – se non lo vuoi lo prendo io”. Ne fui disgustata. Come avrei potuto amarlo ancora? Ero debole, indifesa e accettai, purché tutto finisse, che mi lasciasse in pace. E tienitelo, il tuo marmocchio, e non farti più vedere. Divorziammo. (Ride malinconicamente.) Mi prese alla lettera.
Ignoto: Come faceva a lavorare e ad accudire al bambino?
Anna Giulia: “Oh, nella Valley sono organizzati, non è come in Italia”. Si considerava già americano. (Imita la voce dell’ex marito.) “Lì vi sono baby sitter specializzate, a tempo pieno, asili nido… tutto pagato dalle aziende informatiche, così i genitori non hanno preoccupazioni e possono dedicarsi anima e corpo al lavoro, e partorire programmi informatici e nuove applicazioni in tutta tranquillità”.  (tra sé) Maledetti telefonini…
Ignoto: E non rivedesti mai più…
Anna Giulia: (adirata)… Né lui, né la bambina. Mai più, nemmeno in fotografia. Era una bimba… Avevo messo al mondo una bimba. “È una femminuccia”, mi dissero due o tre anni dopo. Non seppero tenere a freno la lingua e riaprirono le mie ferite. Avevo rimosso tutto, dimenticato tutto e loro… (Scimmiotta) “Era una bellissima bimba, sai? Peccato che se la sia portata in America”. Ipocriti!
Ignoto: Erano parole dure, dette inconsapevolmente...
Anna Giulia: (Interrompendo.) Fu allora che decisi di parlare con lei, con la mia bimba (alza una o due audiocassette). Anche se non sapevo cosa dirle, come chiamarla… Non conoscevo nemmeno il suo nome… mi celarono anche quello.

BUIO.


SCENA SESTA

Ignoto: Tutto questo ha cambiato la tua visione della vita?
Anna Giulia: A sedici-diciotto anni ero diversa, non avevo una “visione della vita”.
Ignoto: Dai continua.
Anna Giulia: Non c’è niente d’interessante da raccontare… (Sorride con nostalgia.) Mi piacevano David Bowie… Bob Dylan… E per un po’ ho vestito color arancione buddista; praticavo Yoga, Zen… (Sorride ancora.) Portavo riccioli rossi spioventi su un faccino sempre pallido – mia madre preoccupata, mio padre a tranquillizzarla… ­Leggevo libri magici, esoterici e ascoltavo con le cuffie “musica new age”.
Ignoto: Tra quelle cassette ce n’è qualcuna.
Anna Giulia: Le uniche che si sono salvate: un giorno mia madre le ha buttate via (ride). “È musica del demonio”, mi diceva.
Ignoto: (ride anche lui) Il demonio! Quello è sempre in agguato, ovunque in agguato, ne so qualcosa… (Anna Giulia guarda Ignoto con curiosità; lui smette subito di ridere e cerca di giustificarsi.)  … Beh, sì… volevo dire… (Tace.)
Anna Giulia: “Ne so qualcosa”? Toh! Non sarai mica… (pausa) un esorcista?
Ignoto: No, non sono un esorcista.
Anna Giulia: Ma guarda un po’, non so chi mi sta davanti ed io gli racconto la mia gioventù.
Ignoto: Tranquilla, so già tutto di te. (Indica le cassette) Per questo sono qui, per aiutarti a riprendere la tua vita. A ricominciare a…
Anna Giulia: …Ricominciare? Ricominciare la mia vita! Ce n’è forse un’altra, come dicono?
Ignoto: È per “quella vita” che dai un ricevimento, vero? È una festa di commiato, di addio.
Anna Giulia: (Si sente colta in fallo e si schernisce) Ma che dici… Quale addio…
Ignoto: (Incalzando) È per questo che hai buttato via le audiocassette, sapevi che, tanto, da lì a poco avresti buttato la tua vita.
(Anna Giulia scoppia a piangere.)
BUIO.

 

SCENA SETTIMA
(Al riaccendersi delle luci Ignoto è seduto dietro la scrivania, Anna Giulia sulla sdraio.)

Anna Giulia: La mia famiglia e quelle dei miei genitori erano molto tradizionaliste. La mie nonne si chiamavano una Giulia, l’altra Anna; indovina i miei genitori come mi hanno chiamata?
Ignoto: Anna Giulia… Posso chiamarti così?
Anna Giulia: Nessun paziente mi ha mai chiamata così, non ci deve essere intimità tra psicologo e paziente… ma visto che sei il mio ultimo paziente… 
Ignoto: L’ultimo paziente?
Anna Giulia: L’ultimo! Quindi, chiamami come vuoi, tanto, ormai… (Pausa.) E io, come devo chiamarti?
Ignoto: (Riflettendo) Chiamami pure “Ultimo Paziente”. (Pausa.)
Anna Giulia: Ultimo di nome, paziente di cognome. Uh! non è malaccio, date le circostanze.
Ignoto: Ti vedo delusa, Anna Giulia; in cosa credi?
Anna Giulia: Credo nel lavoro che faccio… che facevo.
Ignoto: Lo ritieni un bel lavoro?
(Anna Giulia non risponde. Ignoto apre il cassetto e prende la bottiglia di cognac e la mostra alla donna.)
Ignoto: Vuoi un po’ di whisky?
Anna Giulia: Non è whisky, è cognac.
Ignoto: Non me ne intendo.
Anna Giulia: (come in trance) Non bevo mai… Mai, quando lavoro.
Ignoto: (persuasivo, invitante.) Stai bene, ora… sei calma…lascia che la tua mente si abbandoni… (Pausa.) Stai lavorando adesso?
Anna Giulia: (Parla come in un dormiveglia) Certo… Non l’hai ancora capito?
Ignoto: (idem) Cosa? … Cosa dovrei capire?
Anna Giulia: (come se si svegliasse all’improvviso e ride, si alza, continua a ridere.) Che ti sto prendendo in giro. Volevi ipnotizzarmi, eh? Sono io che dirigo la giostra, non tu.
Ignoto: Volevo solo provarci, vedere come ti saresti comportata…
Anna Giulia: Adesso lo sai.
Ignoto: Dimmi una cosa: come ti è venuto in mente di registrare quelle… (Indica.)
Anna Giulia: Non sei uno psicologo ma continui a fare domande, vuoi provarci…
Ignoto: No, la mia è solo curiosità, sin da quando ho trovato quella scatola con tutte quelle cassette ai piedi di un bidone della indifferenziata. Mi sono domandato – dopo averle ascoltate, s’intende – perché mai questa donna le avrà registrate e poi gettate?
Anna giulia: Anche se non sei uno psicologo… (sospettosa) non lo sei, vero? (Attende una risposta che non arriva.) Beh, tutti sanno che abbiamo un doppio, dentro, no?
Ignoto: E allora?
Anna Giulia: Ecco, ho sempre detto ai miei pazienti che dovevano buttare fuori il loro doppione. Loro raccontavano a me ed io – giacché non avevo uno psicologo – ho preso a raccontare all’aria, al vento… ad un microfono.
Ignoto: E come si fa? Mica si vede, si sente e si butta fuori, il proprio doppio.
Anna Giulia: Suvvia, come tutti anche tu avrai qualcosa che non sei più disposto a tenerti in corpo, no?
Ignoto: Sì. E tu l’hai trovato, il tuo doppio da tirare fuori?
Anna Giulia: Sì, il mio personaggio di una volta.
Ignoto: Ho capito.
Anna Giulia: (infastidita.) Ma cosa hai capito? Cosa?
Ignoto: Perché una donna come te, sana, intelligente, si è impedita di andare in America, dopo il divorzio, e che soprattutto si è rifiutata di conoscere il figlio…
Anna Giulia: … Figlia… (si mostra confusa, indecisa, agitata.)
Ignoto: Figlia, va bene, non è questo l’essenziale. È normale che tu ti senta perseguitata dal tuo senso di colpa. È classico.
Anna Giulia: Io non mi sento colpevole. È tutta colpa del mio ex e dei suoi parenti. I miei erano persone povere, gente modesta, come i miei nonni (Pausa)… Non escludo che loro abbiano ricevuto una ricomp… Oh, lasciami perdere.
Ignoto: Vedi? Incolpi gli altri. È una colpa che ti rifiuti di ammettere razionalmente. Ma ci pensa il tuo subconscio a rinfacciartela.
Anna Giulia: Vuoi dire che il mio subconscio vuol vedere mia figlia?
Ignoto: No. “Tu” la vuoi vedere. Il tuo subconscio, semplicemente, te lo ricorda.
Anna Giulia: (indispettita) Ho studiato tutto ciò, ma uno sconosciuto paziente che me lo viene a dire, a spiegare, non mi è mai capitato.
Ignoto: Pensa quello che vuoi, di me, ma è proprio per questo che hai registrato i tuoi pensieri. Aspettavi un paziente che te lo spiegasse, e la paziente sei diventata tu. Non era all’aria o al vento, che parlavi. Parlavi…
Anna Giulia: A… A lei?
Ignoto: Era a tua figlia, che parlavi. L’hai detto tu stessa, poco fa. Probabilmente, per una colpa che hai commesso nel momento in cui doveva nascere, tua figlia, per te, non è mai nata.
Anna Giulia: E invece mia figlia è nata ed è stato il mio ex che mi ha praticamente impedito di vederla.
(Ignoto non controbatte, osserva la donna, la guarda muto. Anna Giulia, a sua volta, ricambia lo sguardo, muta, si sente a disagio e sbotta.)
Anna Giulia: Ebbene sì. In quel registratore c’ho buttato dentro tutta la mia rabbia, i sentimenti, tutto. In quella cassette vi sono le mie grida e i miei pianti. Speravo che fosse un metodo efficace per liberarmi dei miei fantasmi.
Ignoto: E lo è. L’Uomo si inventa e si scopre parlando.
Anna Giulia: Anche se parlando vengono fuori i dolori?
Ignoto: Dovresti saperlo.
Anna Giulia (Scelta registica: voce registrata?): Bimba mia, sono tua madre. Anche se non ti conosco, e non mi conosci, sono tua madre. Meglio: avrei dovuto essere tua madre. (Cambia tono.spegne il registratore) No, no… non va, è tutto da cancellare… Riproviamo… Bimba mia, sono venuta a Los Angeles per conoscerti… “vorrei” conoscerti… che ne dici? Avrei tante cose da raccontarti… (Si ode lo stacco del registratore.)
Ignoto: Stavi andando bene.
Anna Giulia: (In crescendo.) Che cosa avrei dovuto raccontarle, che sua madre aveva deciso di non farla nascere? E che dopo averla messa al mondo ha deciso di non riconoscerla? E che si è ricordata di lei dopo vent’anni? Vent’anni! (Pausa, si calma, si perde nei suoi pensieri.) Chissà com’è bella! Sarà alta. Forse è bionda… Mia nonna, era bionda. Oh, intelligente lo è di sicuro. E già! avrà preso da me. (Pausa.)
Ignoto: E poi? Poi cosa le hai detto?
Anna Giulia: (presa alla sprovvista, ha un sussulto.) Eh? ... come? ...  Cosa le ho detto? Sì, si… le ho detto che lei… Lei, invece, avrebbe avuto molte cose da raccontarmi. (Pausa.) Vai all’università? … (come se ascoltasse la risposta) Giornalismo? Sono contenta… (Si rivolge ad Ignoto.) È una giornalista… Una giovane giornalista di successo…
Ignoto: (Compassionevole.) Perché non parti per la California?
Anna Giulia: (Entusiasta.) Idea: dopo il ricevimento andrò “veramente” in America, Los Angeles. È lì vicino che si trova la Silicon Valley, vero? Vado a prenotare. (Fa per uscire.)
Ignoto: (Sorride per l’ingenuità geografica di Anna Giulia.) Non andare.
(Anna Giulia si ferma e lo guarda con aria interrogativa.)
Ignoto: È meglio che prenoti per San Francisco. Silicon Valley è lì vicino.
Anna Giulia: (Rientra. Sbarazzina.) Sì, sì, San Francisco. Mi farò dare l’indirizzo e andrò in America. Ah! I grandi spazi americani… (Risoluta.) Vado a trovare mia figlia! 
Ignoto: …E il tuo ex.
Anna Giulia: (Risentita) Quello stronzo?

BUIO.

 

SCENA OTTAVA

Ignoto: E perché lo credi stronzo?
Anna Giulia: Mi ha tolto mia figlia.
Ignoto: “Tu” l’hai abbandonata. Anzi, non la volevi ancor prima che nascesse. Tuo marito l’ha semplicemente salvata. Possiamo dire che è lui ad averla messa al mondo. Non tu.
Anna Giulia: Me l’ha portata via, lontano. È questa la verità.
Ignoto: C’era di mezzo il padre, l’amore per la figlia, la rabbia, la delusione per il divorzio che forse non si aspettava. Sei stata tu l’egoista, non lui.
Anna Giulia: (scoppia a piangere.) Dopo un paio di anni dalla sua partenza sono riuscita a trovare il suo numero, però quello di casa. Ho preso a telefonargli, ma non c’era mai… si faceva negare…  Rispondeva sempre la voce di una donna, forse la sua nuova… (Pausa. Si quieta.) Poi mi sono stancata e non l’ho ho più cercato.
Ignoto: Vuoi sapere una cosa?
Anna Giulia: (Ironica.) No! Ma sono sicura che sto per saperlo.
Ignoto: Anch’io ho abbandonato mio figlio.
Anna Giulia: Quand’era piccolo?
Ignoto: No, aveva trentatré anni. 
Anna Giulia: Non hai provato sensi di colpa, dolore?
Ignoto: Non lo so. Speravo che me lo dicessi tu. 
Anna Giulia: Io? Perché dovrei?
Ignoto: Sei tu la psicologa, no? “Padre, perché mi abbandoni?” – m’invocò. “Perché non mi salvi?”
Anna Giulia: E lo salvasti?
Ignoto: No. Tutto era scritto, tutto doveva compiersi.
Anna Giulia: (con tono tendenzioso, canzonatorio) E questo figlio che dici di aver abbandonato… era per caso sulla croce?

Ignoto: (sorpreso.) Come l’hai capito?
(A queste parole Anna Giulia scoppia a ridere.)
Anna Giulia: (Smette improvvisamente di ridere e parla seriamente) Tu non hai bisogno di uno psicologo; hai bisogno di uno psichiatra. Conosco una casa di cura che…
Ignoto: (sorride.) Sai qual è il colmo per uno psichiatra? Dare corda a un matto da legare.
Anna Giulia: (fa la smorfia di ridere, ironica.) Ah! – ah! – ah! (Pausa.) Che bella battuta di spirito.
Ignoto: Che altro hai saputo riguardo il tuo ex?
Anna Giulia: … Lo stronzo. Beh, ho saputo che viveva con una donna e che alla bambina ci pensava la nuova nonna. La “nonnastra”. La mia bambina era vissuta per vent’anni con la matrigna e la “nonnastra”. Ho telefonato, certo, ma lo stronzo non è mai venuto al telefono. Ho chiesto alla matrigna di spedirmi almeno una foto, ma mi disse che le era stato proibito. Lo stronzo mi aveva cancellato dalla faccia della terra. Non esistevo. 
Ignoto: E hai rinunciato?
Anna Giulia: E che potevo fare? Alcuni mesi fa… Dopo moltissimi anni… Mi prese la fantasia di telefonare ancora una volta. Il numero di telefono era ancora lo stesso, rispose la nonna e … non ci crederai… abbiamo fatto una lunga chiacchierata. Quella signora conosceva la mia storia e quella della bambina…
Ignoto: Ehi! L’hai chiamata “nonna” e “signora”, non più “nonnastra”.
Anna Giulia: Non più, da quando mi ha detto il nome della mia bimba. Per me è stato come se l’avessi messa la mondo di nuovo.
Ignoto: … E si chiama…?
 Anna Giulia: (Amorevole) Si chiama Nora. (Pausa. Cambia espressione, sorride sprezzante.) Nora, come la madre dello stronzo.
Ignoto: È un bel nome, cos’è che non va?
Anna Giulia: Non puoi capire. Quella signora americana invece sì. Mi ha detto che capiva il mio tormento. E non solo per il nome, ma per tutto quello che avevo vissuto.
Ignoto: Visto? Parlando si scoprono verità e…
Anna Giulia: Quella signora fa la psicanalista. Una professione nella quale in America sono secoli avanti. Quella volta abbiamo parlato per quattro ore di fila. Poi lo stesso, nei giorni a seguire: a volte telefonava lei, altre volte io. È emerso che andare in America era per me impossibile e allora si è proposta di venire lei qui, in Italia. Verrà con la bambina… bambina! Beh, è una signorina ormai. Saranno qui tra qualche giorno. È per loro, il ricevimento, non per il mio pensionamento.

BUIO.

 

SCENA NONA

Anna Giulia: (triste.) Ho sbagliato.
Ignoto: Avevi il diritto di sbagliare, come tutti.
Anna Giulia: Ho sbagliato tutto.
Ignoto: Anch’io ho sbagliato… e continuo a sbagliare. Ma è giunta l’ora di correggere quegli errori. Per te e per me.
Anna Giulia: Tu non hai sbagliato. Non so se scherzavi, ma hai detto la verità su tuo figlio; hai detto che tutto era scritto, perché tutto si compisse… Il tuo non è stato un errore: è stata determinazione, volontà, fermezza…
Ignoto: Anch’io, a volte, per quella vicenda, cado in depressione.
Anna Giulia: (Cambia repentinamente umore, diventa allegra.) Beh, adesso arriva Nora e ricomincerò tutto. Bisogna recuperare il tempo perduto, per Dio! Lascio il lavoro per dedicarmi a lei, solo a lei.
Ignoto: Non vorrai farla vivere nella bambagia; come si dice oggi? Nella Comfort zone?
Anna Giulia: (idem) No, no. Lei vivrà con me nel senso che sono sicura che non tornerà in America. Lavorerà qui in Italia. Le brave giornaliste sono molto ricercate in questo Bel Paese. Non tarderà a trovare lavoro. Farà strada, farà centro. Vivrà con me.

(Cambio di luci. Ignoto è in penombra, si intravede a sinistra della scena; l’altro lato è illuminato. Sono presenti Anna Giulia e una giovane e bella ragazza, sua figlia Nora. Stanno discorrendo, come fossero amiche di vecchia data.)

Anna Giulia: Grazie per essere venuta, Nora. Avremo tanto tempo, adesso, per parlare di noi, per conoscerci… Per recuperare il tempo perduto e… per chiederti di perdonarmi. Quando aprii il mio studio di giovane psicologa, i miei suoceri… i tuoi nonni – Famiglia ricca – organizzarono un ricevimento a base di sushi, ceci e sottaceti. Qualcosa di originale, dissero. In realtà volevano addolcirmi la pillola e mi procurarono molti “clienti-pazienti” per cercare di farmi dimenticare la tua esistenza.
Nora: (Parla con semplicità, con curiosità, senza rancore.) Come vi siete conosciuti con papà?
Anna Giulia: Ah, lo stronzo? (Ride ancora e ride anche Nora.) Lo chiamo così perché… perché… beh, “stronzo” nel senso buono del termine.
Nora: (Ironica) Ma si capiiisce: “nel senso buono”. (Ridono.)
Anna Giulia: L’ho conosciuto all’università. Tipico. Io ero al primo anno, lo stron… lui al terzo. Eravamo in biblioteca e mi domandò quale Facoltà frequentassi. Io gli risposi e… Non l’avessi mai fatto! Ci sentimmo subito attratti l’uno dall’altra. Lui…
Nora: (interrompendo.) … lo stronzo? … (ride)
Anna Giulia: (Compiacente.) … Sì, quello lì. Era iscritto ad Economia Informatica. Dopo un’ora di conversazione fitta-fitta mi invitò a mangiare una pizza… (Sorride nostalgica) …Accettai. (Cercando di giustificarsi.) Del resto, non lo nego, tuo padre era un bellissimo ragazzo, capelli neri e crespi, riccioluti, occhi scuri, pelle scura… no, non era un negro, era solo abbronzato.
Nora: E vi metteste insieme.
Anna Giulia: (Annuendo.) Diventammo inseparabili. Per un anno.
Nora: (Sfottendo la madre.) Economia… Informatica? Cos’era, un nuova Facoltà?
Anna Giulia: Oh, qualcosa del genere, insomma. C’entravano entrambe. Tuo padre superava gli esami con voti da trenta e lode. Ma non terminò gli studi.
Nora: lo so. Non si laureò. Mi ha raccontato che aveva inventiva e ottime idee. Scrisse ad un’azienda americana proponendo alcuni suoi progetti…
Anna Giulia: … E li accettarono. Fu per questo che partì. Partì, ma dovette tornare. Nei giorni in cui lui era in America scoprii di essere incinta. A quei tempi le email non erano diffuse come oggi, e WhatsApp non esisteva. Quando gli scrissi con un telegramma, prese il primo aereo. All’aeroporto ci salutammo senza parlare. Ma poi furono liti e discussioni. I miei suoceri… I tuoi nonni… erano contrari alla nostra relazione sin dall’inizio. Tuo nonno paterno era un finanziere, presidente di una banca. Tuo nonno materno, invece, era un operaio quasi sempre in cassa integrazione. Nessuno voleva il bambino, tranne noi due: io e lo stronzo. Quei ricconi dissero che avevo “incastrato” tuo padre, per spillargli dei soldi. I miei dicevano che non potevano crescere un bimbo. Ma alla fine ci sposammo. Rito civile, ovvio. Lui ebreo, io cattolica…
Nora: Non crederei mai, mamma, che tu lo volessi “incastrare” – che vocabolo!
Anna Giulia: Per avvalorare la mia innocenza, dissi che avrei abortito – non lo avrei mai fatto, naturalmente. Tuo padre si oppose (pausa)… per fortuna. Ma ti portò con sé, lontano da me, dove non ti potessi trovare.
Nora: Papà mi ha sempre detto che vi amavate.
Anna Giulia: È vero. Ma rimane sempre uno stronzo.
Nora: (Ride.) Mi ha confidato che l’America era per lui la Terra Promessa. 
Anna Giulia: (Timorosa.) E… Lo è anche per te?
Nora: In California scrivevo per una rivista letteraria. Papà mi ha detto che posso continuare a scrivere anche dall’Italia. Però… 
Anna Giulia: (apprensiva,) Però?...
Nora: Papà mi ha sempre incoraggiato a venire in Italia, e mi ha lasciato libera di scegliere se restare con te, se volevo.
Anna Giulia: (Ironica e contenta.) Ullalà, lo stronzo! E tu cosa scegli?
Nora: La California è uno stato inquinato, lo smog è insopportabile, ci vive gente strana. E nessun politico fa nulla per l’ambiente. Non andrò più in California.

BUIO.

 

SCENA DECIMA

(Al riaccendersi delle luci, Ignoto si fa avanti, Anna Giulia è felice. Nora è presente, ma è in penombra.)

Anna Giulia: È arrivata. Mia figlia è qui. L’ho incontrata. Per poco, si capisce, adesso è stanca, il fuso orario…
Ignoto: Dev’essere un tipo vivace…
Anna Giulia: Oh dio! Un vero accendi fuoco.
Ignoto: (cerca di scherzare.) Allora ha preso da suo padre.
Anna Giulia: (risentita.) Da chiiii? … 
Nora: (intervenendo dalla penombra.) Ma io non sono come lui, mamma.
Anna Giulia: (Rivolto ad Ignoto.) Visto?
Nora: (Idem.) Ormai esistono le videochiamate, le call- on-line… scriverò sugli artisti italiani. In America li vogliono conoscere. Ho tante cose da dire… sono un vulcano di idee.
Anna Giulia: Ma si capisce, tesoro! Ci penserò io a farti avere un colloquio con qualche scrittore, pittore… Ne ho avuti tanti come pazienti, sai? Ma ne occupo io.
Ignoto: (Scettico, ironico) Ah, benissimo! Di questo passo, col tuo aiuto, avrà ben presto materiale per un libro.
Anna Giulia: Certo. Io non abbandonerò mia figlia, come dici di aver fatto tu.
Ignoto: Ti ho detto che ho dovuto farlo.
Anna Giulia: Cosa? Lasciarlo là, sulla croce? Sarei morta io, pur di non vederlo soffrire in quel modo.

(Anna Giulia tace di colpo. Si rende conto di aver preso sul serio la “farneticazioni” di Ignoto.)

Anna Giulia: Ma che dico? (Urla.) Che cosa mi fai dire? Tu sei un paziente tra i più folli che abbia mai avuto. Che cosa mi fai credere? Che hai fatto bene a lasciare che tuo figlio morisse…
Ignoto: Lo sai, chi sono. L’hai capito, no?
Anna Giulia: Che sei veramente il Padre di… (Pausa.)  ... E perché sei venuto da me, eh? Per portarmi quelle vecchie audiocassette. E non dirmi che è per quelle audiocassette rotte che hai trovato…

(Lentamente Nora è illuminata. Anna Giulia si calma, la guarda e le sorride. )

Nora: (Spaventata, voce flebile.) Mamma…
Anna Giulia: Nora, tesoro, scusami.
Nora: Sei arrabbiata con me?
Anna Giulia: (Amorevole.) No, no. Perché dovrei esserlo? (Cambia tono.) Semmai avrei dovuto prendere a schiaffi tuo padre…
Nora: Ma papà mi vuol bene.
Anna Giulia: (Idem.) Anch’io, anche io te ne voglio. (Poi si rivolge ad Ignoto, per giustificarsi.) Mi frenai e non glieli diedi, quegli schiaffi… e forse fu uno sbaglio.
Ignoto: Era tuo marito…
Anna Giulia: Sì, ma ho fatto male a sposarlo. Non ci eravamo capiti, eravamo giovani, eravamo diversi… Io avevo il mio mondo, lui il suo.
Anna Giulia: (Si rivolge a Nora, le si avvicina.) Ma c’eri tu, alla fine, anche se dovevi ancora nascere. Il mio istinto di maternità fu più forte e portai a termine la gravidanza. Dopo il parto mi laureai, anche se con fatica, e il pensiero era sempre rivolto alla mia creatura che non vedevo. Mi laureai e aprii il mio studio di psicologa. Anzi, i miei suoceri me lo “regalarono”: un salottino d’aspetto, un ufficio…  E qualche soldo… Accettai.
Ignoto: Perché accettasti? 
Anna Giulia: (adirata.) Per dimenticare e per diventare ricca e per… (si gira verso Nora.) …Per venire a prenderti… Sì, perché dopo alcuni anni facesti capolino nella mia mente e mi “ricordai” di avere una figlia… mi ricordai di te, piccola mia.

BUIO.

 

SCENA UNDICESIMA
 
(Sono presenti, in evidenza, Anna Giulia e Nora. Ignoto è in penombra da lla parte opposta della scena.)

Anna Giulia: Gli esercizi, uno… due… le respirazioni… poi il parto. Ti ho semplicemente intravisto. Ma è bastato quell’istante per pensare “com’è bella!”.
Nora: Un giorno, leggendo un libro di papà, ho trovato tra le pagine una tua foto che ti ritraeva in abito prémaman. Sul retro c’era scritto a penna “A.G. al settimo mese”. Eri carina.
Anna Giulia: Deve avermi ritratta a mia insaputa. Io non volevo foto con me incinta. Ma con tuo padre era come parlare a un mulo. 
Nora: Un mulo?
Anna Giulia: Ho detto mulo? Volevo dire muro… Sì, insomma era come parlare alla… alla Sfinge. (Pausa, si gira a guardare verso Ignoto.) Ad un mulo, va’.
Ignoto: (sottovoce.) Dille la verità, coraggio.
Anna Giulia: (annuisce) Nora, però mentirei se ti dicessi che tuo padre non mi ha mai scritto. Mi scrisse quando è morto tuo nonno, che era in America per un intervento; mi scrisse poi per la tua prima comunione, però senza foto.
(Guarda ancora verso Ignoto, per avere la sua approvazione e anticipare una sua osservazione, che non arriva.)

Anna Giulia: Anche se lui era Ebreo mi aveva promesso di darle anche un’educazione cattolica. (Torna a parlare a Nora.) Non mi ha inviato nessuna tua foto, recente o non recente. Volevo vederti, solo “vederti”, capisci? Ma anche questa negazione, questa cattiveria, era per lui la giusta punizione per non averlo voluto seguire in America. (Guarda verso Ignoto.) Era una punizione divina?
Ignoto: (Citando dei versi biblici) “… La donna seguirà il marito… e le darà dei figli…”
Anna Giulia: In vent’anni, con lo stronzo ci siamo scambiate due sole lettere.

BUIO.

 

 SCENA DODICESIMA

(Cambio di luci su Anna Giulia e Ignoto. Nora è seduta in penombra.)

Anna Giulia: Ho fatto un sogno, stanotte. In realtà lo faccio spesso. Si tratta della mia vecchia zia Antonia. Mi appare in sogno e mi dice: “Devi pagare il fio, cara nipote. Non hai voluto seguire il marito, come dice la Bibbia, e sei stata punita.” Per vent’anni ho avuto quest’incubo.
Ignoto: Tuo marito… il tuo “ex” marito è ebreo. Gli ebrei sanno perdonare. E visto il sogno ricorrente di tua zia, la tua razionalità si è rigenerata, però deformata. Sei stata sofferente di crisi depressive, ma oggi stai per arrivare al traguardo. Sei soggetta a falsa coscienza, certo, ma volta al pentimento, alla guarigione.
Anna Giulia: Forse hai ragione. Sai cosa mi disse in sogno la zia? Che se fossi stata irreprensibile, avrei visto mia figlia.
Ignoto: E tu le hai creduto, vero?
Anna Giulia: Sì, aveva ragione e le ho creduto. (Si corregge.) O meglio: non le ho mai creduto, ma aveva ragione.

(Anna Giulia si gira verso Nora che viene illuminata e si alza nel momento in cui Anna Giulia pronuncia il suo nome.)

Anna Giulia: (grida.) Nora, per vent’anni non sono stata niente… niente…
BUIO.

 

SCENA TREDICESIMA

Ignoto: Credevi di non farcela, vero? Era difficile. Era comodo non provare.
Anna Giulia: Ho provato tutti i giorni, lo sai. Ho persino avuto sette - otto “storie”. Si dice così, oggi, per dire “amanti”. Resistere, non resistere all’astinenza… È una gara.
Ignoto: Sciocchezze.
Anna Giulia: No.
Ignoto: E la vita?
Anna Giulia: la maggior parte delle vite sono consumate a fare corse, bucati, crescite dei figli, ferie al costo più conveniente. Io ho sempre disprezzato queste vite.
Ignoto: Perché?
Anna Giulia: (presuntuosa.) Perché credevo di essere una cercatrice di spiriti o, come te… tuo figlio… o chi altri… Pescatrice di uomini… di anime. “Un’archeologa” di Anime, di coscienze.
Ignoto: E hai trovato la tua? La vita è rannicchiata dentro il Mistero e l’Uomo si scontra in ogni momento con il Mistero.
Anna Giulia: (demoralizzata.) Sì, io disprezzavo quelle vite. (Cambia tono, è contenta.) Ma ora che ho visto Nora non mi sento di disprezzare più niente.
Ignoto: Disprezzavi anche il tuo ex?
Anna Giulia: Perché avrei dovuto? Lui si sentiva un predestinato ma io, semplicemente, non lo consideravo un predestinato; (breve pausa) semmai uno stronzo.
Ignoto: E tu pensavi di dover fare strada come cercatrice di anime da guarire; invece, era la tua, di anima, che dovevi guarire. (Indica le cassette e si avvicina a toccarle.) Eri giovane, perché “dopo” non ti sei risposata? 
Anna Giulia: E perché mai? Ho avuto degli amanti (Confidenziale, si giustifica.) La sessualità repressa non dura molto, deve rinnovarsi.
Ignoto: Gli amanti. Come li conoscevi?
Anna Giulia: La metà di essi erano miei pazienti.
Ignoto: Sei una donna pratica.
Anna Giulia: La praticità è un elemento importante nella “contabilità” di una donna.
Ignoto: Sono d’accordo con te.
Anna Giulia: Ma sino a poco tempo fa non la pensavo così.

BUIO.

 

SCENA QUATTORDICESIMA
Ignoto: E come la pensavi?
Anna Giulia: (soppesa le cassette, le mostra ad Ignoto.) Raccontare, raccontare di sé ad alta voce, per scoprire chi siamo. Ho rimescolato nel profondo della mia coscienza per cercare di scoprire ciò che vi era nascosto; e ho vinto forme e pregiudizi – (si avvicina ad Ignoto e sussurra ancora il tono confidenziale.) Un paio dei miei amanti erano amici del mio ex marito.
Ignoto: Se hai avuto il coraggio di incidere tutto ciò, devi proprio crederci.
Anna Giulia: Sai perché ho inciso? Perché era l’unico modo che Avevo per conoscere mia figlia. Ho visto Nora alcuni giorni fa e, prima di allora, pensavo di consegnarle le audiocassette.
Ignoto: (indica le cassette) Tutte quelle?
Anna Giulia: Sì, tutte. Le ho incise negli ultimi… cinque, forse sei anni. Due volte la settimana, per un’ora, come se i nastri fossero il mio psicologo.
Ignoto: Quelle cassette al posto della… (si blocca.)
Anna Giulia: (conclude la frase) Sì, al posto della madre, dillo pure. Nora avrebbe capito.
Ignoto: Sono registrazioni belle, vere, sincere.
Anna Giulia: Le hai già ascoltate. Non so con quale diritto.
Ignoto: Non ho bisogno di autorizzazioni.
Anna Giulia: Dopo aver parlato con Nora, ho capito che non le sarebbero servite.
Ignoto: Perché?
Anna Giulia: Ma perché avremmo avuto modo di parlarne di persona, No? Raccontarci a vicenda.
Ignoto: La verità è che le avevi incise per te, non per lei.
Anna Giulia: Oggi è facile dirlo.
Ignoto: Hai detto che fa la giornalista.
Anna Giulia: Ma è ancora acerba; ha capacità, entusiasmo, questo sì, ma deve ancora prendere il volo. E per questo l’aiuterò io. Suo padre le ha sicuramente fatto frequentare un sacco di amici che un domani le potrebbero tornare utili.
Ignoto: Ogni genitore si preoccupa per il futuro dei propri figli, no?
Anna Giulia: Giusto. Ma io volevo vedere Nora, tenerla con me.
Ignoto: Hai fatto bene ad incidere le cassette. Quei nastri non sono stati inutili. Ti sono serviti perché ci sei tu, lì dentro, la tua anima. Non sei contenta?
Anna Giulia: Ci vedi tutto questo?
Ignoto: Certo. “Una donna” cerca per vent’anni la figlia che ha rinnegato alla nascita e la cerca sotto un impulso potente, misterioso, soprannaturale…
Anna Giulia: (scherza, sorride.) Faresti prima a dire “divino” …
Ignoto: Perché no? Questa donna sogna, rinuncia, trasgredisce, ama, soffre… A un certo punto, questa donna trova qualcosa che la libera da tutto, che scava nel profondo, come solo una psicanalista sa fare.
Anna Giulia: Ma era solo una specie di confessione!
Ignoto: Sì, ma di più. Eccola qui, quella donna. (Indica Anna Giulia.)
Anna Giulia: (Declina il complimento.) Nooo. Sei troppo entusiasta, troppo trionfalista.
Ignoto: Nient’affatto, credimi.
Anna Giulia: Ho l’impressione che tu voglia manipolare i miei sentimenti. Dentro quei nastri ci sono la mia vita e il mio passato e… (si ferma.)
Ignoto: E…? (Anna Giulia non risponde.) Te lo dico io: … e i tuoi desideri. In quei nastri tu hai visto tua figlia come piace a te.
BUIO.

 

SCENA QUINDICESIMA
(Ignoto è in penombra; Anna Giulia è al centro della scena. Entra Nora.)
Nora: Mamma.
Anna Giulia: Nora! Ti aspettavo per domani mattina.
Nora: Non ho saputo aspettare. C’è questa bella città da vedere.
Anna Giulia: Potevi chiamarmi, sarei venuta a prenderti.
Nora: Ci saranno altre occasioni. Sai? Tu saresti piaciuta a Jeff.
Anna Giulia: Jeff? E chi è?
Nora: È… era. Il mio ragazzo. Vive a Hollywood, ma è una storia finita. È un appassionato dello spazio, degli extra terrestri…
Anna Giulia: Nora, ti ho vista e sono rinata. Naturalmente, appena tuo padre ripartirà, lascerai l’albergo e verrai a stare da me. A casa mia c’è tanto posto. Ci arrangiamo, vedrai. (Entusiasta.) Ci divertiremo, prendiamo la macchina e giriamo come e dove ci pare, a pelle di leopardo. Andremo anche al mare.
Nora: (entusiasta anche lei.) Magnifico.

(Squilla il telefonino di Anna Giulia. Le luci si abbassano. Nora esce lentamente. Ignoto viene fuori dalla penombra e guadagna il centro scena.)
Anna Giulia: Pronto?!... (Risponde al telefono girando le spalle al pubblico e non si accorge dei movimenti di Ignoto e di Nora.) … Sì, li faccia salire. (Anna Giulia si gira verso il pubblico.) … Era la portiner… (Si accorge che Nora non c’è, cerca.)


BUIO.

 

SCENA SEDICESIMA

La scena precedente e quelle dov’era presente Nora e dove interloquiva con Ignoto, sono state per Anna Giulia degli avvenimenti immaginari, ovvero la raffigurazione fisica del riascolto delle audiocassette. La sua realtà inizia dalla presente scena.

(Sono presenti Ignoto e Anna Giulia. Al Lato opposto della scena è presente l’ex marito di lei.)

Anna Giulia: (sorpresa) Tu?
Ex marito: (con semplicità) Sì sono tornato.
Anna Giulia: Potevi telefonarmi, prima, almeno. Mi sarei resa più presentabile. Entra, siediti.
Ex marito: Ho accompagnato Nora. È qui. (Indica col pollice dietro le quinte.)
Anna Giulia: (è incredula, si rende conto della realtà.) Ma che dici? Nora è qui?
Ex marito: È di là
Anna Giulia: (Imbarazzata) Ti presento… beh, il mio… Ultimo Paziente (Indica alla sua destra. Ignoto resta immobile, impassibile.)
Ex marito: Ma… (cerca in giro, con lo sguardo.) … Anna Giulia… non c’è nessuno, oltre noi due.
Anna Giulia: Non è possibile, che dici? ... Eccolo… eccolo, è qui, lo sto toccando (esegue.)
Ex marito: Non c’è nessuno, ti dico…
Anna Giulia: (Si gira e capisce che, pur essendo fisicamente in scena, Ignoto non c’è.) Dove sei? ... dove ti sei nascosto?
Ex marito: (con compassione) Nora! 

(Lentamente l’ex marito esce; Ignoto volta le spalle ad Anna Giulia.)

Anna Giulia: (Confusa, si rivolge ad Ignoto.) È questo il vero Mistero, quindi: non esisti?

Anna Giulia: No, no, no! (Guarda le audiocassette.) Voi, siete state voi. Voi mi avete ingannate.
5
(Dal lato della scena rientra l’ex marito.)

Ex marito: È qui, Nora è qui. (Girandosi verso la quinta laterale e porgendo la mano.) Vieni Nora, vieni a salutare la mamma.

(Tenuta per mano, entra in scena Nora. È la stessa ragazza delle scene precedenti, quelle immaginate da Anna Giulia. Però, adesso, Nora è una minorata psichica.)

Ex marito: Eccola, tua figlia.

Nora: (sorridendo) Ci-ci-ao, maa-mma. È ta-taaaanto  tem-tem-tempo che vo-vo-volevo co-co-co-noooo-scerti.

(Alla fine della battuta si ode un forte colpo di gong.)


Ex marito: Per vent’anni le ho insegnato queste parole. Conosce solo queste. 

(Secondo colpo di gong.)

(Anna Giulia si avvicina alla figlia, la guarda, le accarezza il viso; guarda il marito, quindi si gira a guardare Ignoto. Poi abbassa lo sguardo; si avvicina alla scrivania, prende il cestino della carta straccia e vi trascina, facendovele cadere dentro, le audiocassette.)


BUIO


(Facoltà registica: Si sente suonare insistentemente il campanello d’ingresso. Anna Giulia guarda verso l’ingresso, ma rimane immobile.)

BUIO