quello che accade

(tełta...)

di

Alessandro Trigona Occhipinti

 

 

 

personaggi

Tełta

Pietro

Šemsa

Bruno

la "mamma"

 

SCENA 1

 

Notte. Casa colonica alla periferia di una cittadina pugliese. L'ambiente č trascurato, squallido. Al centro, un tavolo con qualche sedia. A sinistra, una brandina e una porta. Sullo sfondo, una seconda porta che dą in un’altra stanza. A destra, la porta d'ingresso, accanto un frigorifero con sopra un televisore acceso. Sparse per l'ambiente si vedono, si devono vedere, delle armi: pistole, fucili, kalashnikov, altro. Seduto al tavolo, Pietro1 continua a cambiare canale al televisore. Appare nervoso, teso, visibilmente contrariato.

 

radiogiornale Importante operazione di polizia oggi nel Salento. Le forze dell'ordine hanno sgominato un’importante banda di trafficanti legati alla Sacra Corona Unita…

pietro: (spegnendo il televisore) Merda.

 

Pietro comincia a passeggiare nervosamente. Da destra entra Bruno2.

 

pietro: Allora?

bruno: Allora che?

pietro: Il carico?

bruno: Ancora niente.

pietro: Cazzo! Č gią l'alba!

bruno: Avranno avuto qualche problema.

pietro: Cioč?

bruno: Il mare grosso.

pietro: La finanza?

bruno: Puņ darsi. Hai visto come negli ultimi tempi si č intensificata la ‘caccia’?

pietro: Se quelli mettono le mani sul carico sono… siamo fottuti!

bruno: Non ti preoccupare vedrai che…

 

Si sente provenire dall'altra stanza un lamento che si fa sempre pił forte.

 

bruno: Che č stato?

pietro: Niente! Niente.

bruno: Saranno loro?

pietro: Loro il cazzo. Č quella buttana, quella che era rimasta incinta. C'č la ‘mamma’. La sta facendo abortire.

bruno: E proprio qui? Proprio stanotte?

pietro: Non potevo certo portarla in ospedale.

bruno: Cazzo, Pietro! Non mi dire che… Ma non potevi aspettare? Farla abortire da un’altra parte, in un altro momento?

pietro: Non poteva pił aspettare, quella rischiava di creparci.

bruno: Č quella che hai preso a calci? (Pietro tace) L'hai ridotta cosģ male?

pietro: Quando mi ha detto che non voleva abortire non c'ho visto pił. Mi sono fatto prendere la mano. E allora, lo sai come sono fatto: mi sale il sangue al cervello e perdo il controllo.

bruno: La volevi fare abortire a calci.

pietro: Se lo sarebbe pure meritato.

 

Suona il cellulare di Bruno.

 

bruno: (al cellulare) Sģ? (pausa) Al solito incrocio. (finisce la conversazione)

pietro: Cosa?

bruno: Era Zef. Č qui, al solito incrocio.

pietro: Bene. Allora andiamo.

bruno: Aspetta, Pietro. Tu hai qualche problema di lą: la buttana, la ‘mamma’.

pietro: Ma sai che me ne fotte di loro.

bruno: E se succede qualcosa? C’č bisogno di qualcosa?

pietro: Č una stronza, solo una povera stronza.

bruno: Vado io all’incontro. Tu cerca di sistemare tutto il resto.

pietro: Che scherzo č questo?

bruno: Senti, Pietro, di lą c’č una che rischia di creparci…

pietro: ‘Fanculo se crepa!

bruno: Il cadavere di una donna puņ sempre essere un problema: la polizia indaga, scassa la minchia.

pietro: D’accordo, Bruno. Vai. Io… io aspetto qui.

bruno: Bene.

pietro: Niente scherzi perņ.

bruno: Figurati.

 

Bruno esce. Pietro nervosamente passeggia e fuma. Dall'altra stanza entra una donna anziana, grassa e malvestita.

 

mamma: Io ho finito.

pietro: Era ora.

mamma: Tutto fatto. Nessun problema. Solo cerca di starci attento la prossima volta. Un altro po' l'ammazzavi, l'ammazzavi sul serio.

pietro: É solo una buttana.

mamma: Per questo vale di pił: un sacco di soldi.

pietro: L'importante č che possa riprendere a lavorare, al pił presto.

mamma: Non ci contare. Non per il momento almeno. Ha perso molto sangue. Č debole. Ha bisogno di riposo, di molto riposo. Ma ce la farą. Queste albanesi c’hanno la pelle dura, non le ammazza niente.

pietro: Quello che dico anch'io.

mamma: Stacci attento lo stesso, Pietro. La prossima volta potrebbe anche lasciarci la pelle, sul serio.

pietro: Quanto ti devo?

mamma: Facciamo duecentocinquanta euro.

pietro: Cazzo. Avevi detto…

mamma: Bello mio, č stato un lavoro bestia: quella stava pił di qua che di lą. É un miracolo se si č salvata. C'ho pure da portare via sta roba (indica la borsa). Dove me lo vado a seppellire io a quest'ora di notte? Mi toccherą farmi accompagnare da qualcuno nei campi, e…

pietro: Va bene, va bene. Facciamo duecentoventi e non se ne parla pił. (paga la donna che, continuando a borbottare, va via) Sta stronza.

 

Pietro ricomincia a camminare nervosamente e a fumare. Ogni tanto si sentono provenire dall’altra stanza dei lamenti. Pietro guarda fuori dalla finestra, poi va nell’altra stanza. Rientra Bruno con Šemsa 4. Rientra anche Pietro.

 

pietro: Allora? Com'č tutto ‘sto ritardo?

bruno: La finanza. A momenti li prendevano. Hanno fatto appena in tempo a scappare.

pietro: Lo dicevo io.

bruno: Fortuna che Zef č in gamba e che quelli sono tutti coglioni, altrimenti entravano in porto scortati da Marina.

pietro: E la merce? (indicando Šemsa) Tutta qui?

bruno: Č un regalo di Zef. Anche questo lo č. (gli lancia un Kalashnikov) Il resto lo stanno portando alla masserizia e lą aspetta padrone.

pietro: E le altre buttane? Come sono?

bruno: Credo che ci possiamo fare parecchia grana.

 

Pietro, con il mitra in mano, comincia a scrutare Semsa.

 

pietro: Bisognerą ‘immatricolarle’.

bruno: (ride) Non credo. Questa č gią la seconda, o terza volta che viene in Italia. E non certo per fare la crocerossina.

pietro: Conosce il mercato.

bruno: Meglio di tua madre.

pietro: Bene cosģ. Almeno non ci sarą bisogno di perdere tempo e ‘addestrarle’.

bruno: Imparano presto.

pietro: Si vede che ci sono portate. (pausa) Maksut5?

bruno: Lui č rimasto all’imbarcazione: controlla che tutto sia a posto. Solo che c’č un problema: Zef vuole qualcosa di pił.

pietro: Stai scherzando?

bruno: Dice che ha corso un grosso rischio. La finanza lo stava per prendere e…

pietro: Rischi d'impresa.

bruno: Di pił. Stasera ha perso un uomo in mare. Per scappare alla finanza.

pietro: Anche noi corriamo dei rischi. E non ci lamentiamo certo per questo.

bruno: Č andato a fondo. Annegato.

pietro: Se spera di fotterci, si sbaglia di grosso. Fare il marinaio e portare qui la merce č il suo mestiere, quello che deve fare. Č pagato per questo. Non puņ rompere il cazzo se il mare č mosso o se ha trovato ‘traffico’ passando per il ‘centro’.

bruno: Non compromettiamo i rapporti. Sai cosa vuol dire perdere un uomo?

pietro: Bruno da che parte stai tu?

bruno: Dalla nostra ma…

pietro: Quella buttana l’ho dovuta convincere a calci ad abortire. La stronza ci stava pure rimanendo. Sono rischi, rischi d'impresa. Quindi non puņ rompere i coglioni con questa storia. Si prenda i suoi fottuti soldi, quanto stabilito e si vada a fare fottere se vuole continuare a lavorare con noi.

bruno: Va bene, Pietro, ma…

pietro: Non ti ci mettere anche tu, Bruno. Non č aria stasera.

bruno: Non č mai aria, vero?

pietro: Che intendi?

bruno: Un giorno č perché una stronza c’č rimasta incinta, un altro perché il carico arriva in ritardo, un altro ancora perché cazzo ne so…

pietro: E allora?

 

I due si scrutano negli occhi. Bruno, abbassa il capo, prende la sacca e fa per uscire.

 

bruno: Fanculo.

pietro: Sarą un vero piacere, amico, un vero grande piacere.

bruno: E quella? (indica Šemsa) Gliela riporto indietro?

pietro: Quella rimane qui. C’ho voglia di sfogare, stasera. Sfogare. (ride)

bruno: Proprio come pensavo.

pietro: E ora andiamo.

bruno: Dove?

pietro: Da Zef. Gli parlo io a quello stronzo, gli spiego io come stanno le cose.

bruno: E quella?

pietro: Sentģ tu, mi capisci, mi capisci tu? (la ragazza annuisce) Fatti una doccia, una sigaretta, un wiskey, quello che cazzo ti pare, ma non fare danno, alcun danno se no… (la ragazza fa ‘no’ con la testa) Io esco un attimo con Bruno e… torno, torno presto.

bruno: Sarą il caso?

pietro: Mettiti pure comoda che poi… poi ci conosciamo meglio. Io e te.

bruno: Pietro?

pietro: Fidati.

bruno: Č una nuova. Non sai chi č, se…

pietro: Č tutto sotto controllo, Bruno. Tutto completamente sotto controllo. Credimi.

bruno: Sarą…

pietro: Non ‘sarą’, lo č. Te lo dico io, ‘io’.

 

Bruno e Pietro escono. Rimane solo Šemsa che si guarda intorno incuriosita. Forse accende anche il televisore. Come un fantasma, dalla porta in fondo, appare Tełta6 avvolta da lenzuola sporche anche di sangue.

 

tełta: Uje… (‘acqua’ in albanese)

 

Indica il frigo. Šemsa non capisce, guarda verso il frigo. Tełta glielo indica di nuovo.

 

tełta: Uje… Aqua. Io vuole aqua.

 

Šemsa si precipita al frigo, prende una bottiglia e porge un bicchiere a Tełta che beve.

 

tełta: Ancora… (Šemsa le riempie ancora il bicchiere)

šemsa: Stai con male, tu?

tełta: (guardandola interdetta) Cosa pensa tu?

šemsa: Io dice sģ.

tełta: (facendo per andarsene) Ecco, brava, tu dice sģ.

šemsa: Poso fare qualcosa per te?

tełta: Foterti. (esce)

 

Šemsa rimane perplessa a guardare in direzione della porta. Entra Pietro.

 

pietro: Che figlio di puttana! E quello era tutto il carico di cui parlava. Prima dice di avere un arsenale e poi, invece, scopri che si tratta solo di qualche kalashnikov, qualche pistola e un po’ di bombe. Che figlio di puttana quel… (si trova davanti Šemsa) Tu tutto bene? Niente problemi, vero? (Šemsa fa ‘no’ col capo) A posto, sģ? Bene. Io vado di lą, un attimo di lą. Vedo come sta quella e poi torno. Tu, intanto…

 

Pietro va nell’altra stanza. Dopo un po’ rientra.

 

šemsa: Come… come sta quela?

pietro: Chi?

šemsa: Dona che č di lą, dona con male.

pietro: Tełta? Lasciala perdere quella: č una stronza, una povera stronza. Fa solo scena. Per non andare a lavorare.

šemsa: Io visto lei. Lei molto male.

pietro: Sta bene, sta gią molto bene. Ci stava solo provando e cosģ le ho dovuto dare una lezione, una bella lezione ma ora sta bene. Non ti preoccupare, le passerą. Presto potrą ricominciare a lavorare. Come prima, meglio di prima. (ride)

šemsa: Io visto lei, io avuto… io ho paura.

pietro: Non ti ci mettere pure tu, adesso. Tu - vedi - sei carina, molto carina. Puoi fare un sacco di soldi qui. Basta che fai la brava e ti tieni fuori dai guai. Vedrai che ti conviene. E ora vieni qui che cosģ ci conosciamo, ci conosciamo meglio… Sarai stanca, dopo questa traversata. Ma vedrai che facciamo presto. Hai avuto paura prima? In barca?

šemsa: Quando visto Marina italiana, sģ.

pietro: Quelli sono tutte delle teste di cazzo. Hai visto Zef? Zef č bravo. Lui li fotte, li fotte tutti. Ci faccio un sacco di affari con lui. É bravo, molto bravo. E č anche simpatico se a volte non si mettesse a fare lo stronzo sarebbe proprio una brava persona. Tu ora non ci pensare. Anzi. Non ci pensiamo. Dobbiamo conoscerci, conoscerci meglio. Noi due. (l’abbraccia)

 

I due cominciano ad amoreggiare quando, dall’altra stanza, entra Tełta che si trascina sulla scena e va verso il frigorifero dal quale prende una bottiglia d'acqua. Šemsa, avvertendo la presenza di Tełta, si irrigidisce.

 

šemsa: No. No. No. Io, io… esere, esere qualcosa, qualcuno!

 

Šemsa, spaventata, guarda Tełta con una bottiglia in mano.

 

pietro: Che cazz'č 'sta storia?

šemsa: Lei….

pietro: (vedendo Tełta) Ancora tu?

tełta: Io… io ha sete.

pietro: Te la faccio passare io la sete. A calci, maledetta troia.

tełta: Io… solo sete. Tu continua pure a fotere. Io va via. Tu ignora me. Io solo bisogno di aqua. E basta.

pietro: Ignorare te? Ma io ti seppellisco, ti seppellisco viva.

tełta: No. Tu non fa. Tu lascia stare me. Tu foti, foti pure. Io vado… vado di lą. (esce)

pietro: Ma guarda te questa… E tu? Che fai cosģ imbambolata? Hai visto: č andata via. Non c'č pił. Su ricominciamo. Che c'ho ancora voglia.

šemsa: (rimanendo con gli occhi fissi sulla porta) Io, quela… quela ha male. Io non vuole…

pietro: Ma lasciala perdere quella.

šemsa: …fare stesa sua fine.

pietro: Andiamo di lą e vedi di darti da fare, se no ti faccio fare una fine peggiore di quella. (escono a sinistra) Ecco brava. Cosģ.

 

 

SCENA 2

 

Giorno. Šemsa č sola. Si sta vestendo. Dall’altra stanza entra Tełta che, a fatica, si trascina per la stanza cercando qualcosa da mangiare.

 

šemsa: Tu sei alzata.

tełta: Io ha fame.

šemsa: Siede. Ci pensa io a fare qualcosa da mangiare.

tełta: (sedendosi) Fa quelo che tu puņ, č gią bene cosģ.

šemsa: Se io puņ, io cerca di fare. (apparecchiandole la tavola) Come tu sente?

tełta: Importa te?

šemsa: Qualche modo, sģ.

tełta: Bene. Quasi bene. Non tropo male.

 

Tełta mangia mentre Šemsa le siede di fronte e la guarda.

 

šemsa: Tu sei di Albania, vero?

tełta: Te importa qualcosa questo?

šemsa: Io chiede te solo per conoscere.

tełta: Mio nome Tełta. Tu solo questo sapere. Il resto no, questo solo basta.

 

Pausa.

 

šemsa: Tu non vuole parlare?

tełta: No. Io il resto non dice. Ma se tu vuole, tu puņ anche parlare. Io forse ascolta… forse.

šemsa: Come tu vuole.

tełta: Cosģ.

šemsa: (dopo avere a lungo scrutato Tełta) Io mi chiama Šemsa, viene da Bosnia, di vicino Sarajevo. Io ha venti e uno anni e non ha pił genitori.

tełta: Cose tue.

šemsa: Io ha solo un fratelo in Germania, lui lavora lģ. Anche lui, in strada, anche lui su marciapiedi, come noi. Solo che lui dice che lą, in Germania, č meglio. Meno violenza, gente meno cattiva. Tutto.

tełta: Tu alora doveva andare con lui, lą.

šemsa: Io pensava, invece, che qui, in Italia, le cose pił facile, pił diverse, gente pił buona. Invece…

tełta: No.

 

Le due donne si guardano ancora.

 

tełta: Io ha diecinove ani. Viene da Scutari. Lģ c’č ancora mia madre con altri kater (conta ‘4’ con le dita) figli. Mio padre venuto via quando io bambina. Cosģ lei, mia mamma, non interesa di me, non puņ, lei tropi problemi: tuti quei figli.

šemsa: Tu venuta qui con Zef?

tełta: Conosciuto lui a Valona. Zef deto me di avere amico in Italia, lui deto cose, parlato di lavoro, di buono lavoro, di soldo.

šemsa: E tu creduto lui?

tełta: No. Io sa, io capisce che quelo non puņ esere cosa vera. Ma io non ha scelta. Cosģ io fa che lui scopa me e poi mi porta in Italia, da Pietro e Pietro mette me su strada.

šemsa: Č come mia vita.

tełta: Č come tute nostre vite, quelo che acade. (pausa) E questo č tuto quelo che tu deve sapere, che io dice a te.

šemsa: Solo questo?

tełta: Č tropo?

šemsa: No. Non č tropo.

tełta: Fatelo bastare. Sģ?

 

Le due donne si guardano a sfida. Šemsa abbassa il capo e si allontana sotto gli occhi severi di Tełta. Lunga pausa. Entra Pietro che parla al cellulare.

 

pietro: Sģ. Sģ. Sģ. Te l'ho detto. Un nuovo carico. Nuova merce. Roba buona. Di prima qualitą. (pausa) Vergini? Sģ. Anche vergini. Almeno qualcuna lo sarą pure. Forse d'orecchie! (ride) Ma č roba buona, ‘carne fresca’, come si dice. (pausa) Quelle dell'ultima volta? Ma quelle hanno fregato anche a me, lo sai, no? (pausa) Cazzo, Philippe7, quante te ne ho fornite fino adesso? E non ti ho mai fregato (pausa) Poi ho un affare grosso tra le mani, un affare che, se tu ci stai, ci sarebbe da fare un bel po' di grana. (pausa) No, non parlo di ‘figa’, parlo di… (con le dita fa il segno di pistola) Hai capito, no? (pausa) Ho un carico giusto per te. Ed č solo l'inizio. (pausa) Lo sapevo che ti interessava. Allora facciamo cosģ: oggi stesso ti mando queste cinque (guardando Tełta), queste sei ‘fighe’ e poi, la settimana prossima, vengo su io e ci mettiamo d'accordo sul resto. (pausa) Quanto mi dai? (pausa) Cazzo, ma stai scherzando? Solo tremila Euro per ‘topa’? (pausa) Senti, questa sera la Finanza c'č andata pesante: gli ha sforacchiato lo scafo. Gliene hanno accoppato pure uno, un turco o gił di lģ. L’ho dovuto ripagare, dargli qualcosa, per la vedova, i figli… (pausa) Ho capito che gli albanesi li rigetteresti tutti in mare, che di puttane non ne puoi pił ma… (pausa) Per cosģ poco non vale neanche la pena rischiare. (pausa) Senti, facciamo cosģ: tu mi dai quattromila per "figa" e poi, per il resto, ci mettiamo d'accordo. (pausa) Va bene cosģ. (finisce la conversazione)

tełta: Io non va a Torino.

pietro: Nessuno ha chiesto il tuo parere.

tełta: Io non puņ andare adeso, io ancora tropo male qui… Mia pancia, io dolore proprio qui.

pietro: Quello che tu vuoi non mi interessa. E a Torino che ti mando. Ed č a Torino che tu vai. Sono io, solo io che decido, quindi…

tełta: Io ancora male dentro, tropo male e poi io non sa se pił io vole fare questo.

pietro: ‘Tu non vole’? Cosa ‘tu non vole’?

tełta: Io non vole pił batere strada. Non vuole pił farlo. Per te. Per nesuno.

pietro: Ma non farmi ridere.

tełta: Io non ride.

pietro: No. ‘Tu non ride’. Sono io a farlo. A ridere di te e di tutte voi, zoccole da quattro soldi.

tełta: Io no zocola da quatro soldo…

pietro: Quello che tu devi capire, che ‘voi’ dovete capire č che la fortuna ‘voi’ ce l'avete qui, tra le gambe. (le allunga una mano tra le cosce)

tełta: Tu bastardo.

pietro: Sģ. Io bastardo, io grande bastardo. E tu buttana. E tu lavorare per me. E se la cosa non ti sta bene, puoi sempre tornartene al tuo cazzo di paese ad allevare bastardi e a fare i pompini ai militari in libera uscita per qualche centinaio di lek.

tełta: Tu sei solo… solo grande… shkerdhat. (‘stronzo’ in albanese).

pietro: Bambina, tu mi appartieni, sei mia e basta. E sono io, solo io a decidere di quello che fai, dici e pensi. A decidere della tua vita.

tełta: Tu non puņ parlare cosģ di mia vita.

pietro: Io parlo cosģ di tutto quello che mi pare e tu… cerca di capire cosa ti conviene fare. Domani partirai per Torino. Philippe č una persona seria, lui saprą ‘valorizzarti’. (ride)

šemsa: Forse lei ha veramente tropo male per andare ora.

pietro: (a Šemsa) Tu non immischiarti. Non immischiarti mai. Se non vuoi fare una brutta fine. Tełta, sono io che decido cosa fare e cosa non fare, ricordatelo. E se ti dico che tu domani parti, tu ‘domani’ parti.

tełta: (uscendo dalla porta sul fondo) Fotiti, shkerdhat. (‘stronzo’ in albanese)

pietro: (seguendola) Cosa? Cosa? Shkerdhat, shkerdhat a me? Adesso… adesso tela faccio vedere io…

šemsa: Pietro, tu non…

pietro: (a Šemsa) Se tu ti muovi, fai qualcosa, dici qualcosa, anche solo respiri, sei morta. (esce)

 

Šemsa rimane immobile a guardare la porta che si chiude.

 

 

scena 3

 

Giorno. Šemsa sta mangiando. Entra Pietro e comincia a mangiare anche lui. Lungo silenzio.

 

pietro: Allora? Come sta…? (con un cenno del capo indica la stanza accanto)

šemsa: Lei dorme.

pietro: Sģ. Ho capito. Lei dorme, dorme sempre. Ma come sta?

šemsa: Prima parlato con lei. Lei male, molto male. Tu esagerato.

pietro: Io esagerato? Ma ti pare che io mi faccia mettere i piedi in testa da una come lei, da una buttana da niente?

šemsa: Prima venuta dona, dona grasa…

pietro: La ‘mamma’? Bene! Che ha detto?

šemsa: Stesa cosa: lei preocupata. Deto che se cosģ, meglio darle colpo di pistola e fare prima.

pietro: Sģ. Forse č vero, forse avrei dovuto farla fuori subito, sul serio. Quella buttana se lo sarebbe pure meritato.

šemsa: Tu cativo con lei.

pietro: Faccio solo i miei interessi.

šemsa: Tu pichiato lei dopo aborto. Tu rischiato sua vita.

pietro: Fosse morta! Almeno non stavamo ancora qui a perdere tempo.

šemsa: Tu deve controlare meglio te steso. Sei nel tuo interese farlo.

pietro: Stai cercando di insegnarmi qualcosa?

šemsa: Tu perso soldi con lei, tanti soldi: lei aveva da andare a Torino. Loro pagherebe bene te per lei. Ma tu pichiato. E lei non potuto andare.

pietro: Questo sģ, questo č vero.

šemsa: Io vuole aiutare te. Ma tu deve esere meno… (fa una smorfia)… meno cativo, meno bote. Tuo interese.

pietro: Forse hai ragione. Devo dire che… devo essere… Sei una ragazza intelligente tu, una ragazza in gamba.

šemsa: Io cerca di capire quelo che intorno. E cerca di fare in modo che tuto andare bene. Per me. E per amici. E tu? Tu esere amico?

pietro: (tirandola a sé) Sģ. Certo. Io essere amico. Eccome.

 

 

scena 4

 

Sera. Pietro č perso nelle immagini della televisione. Fuma. Beve. Entra Bruno.

 

bruno: Sei qui?

pietro: No. Sono a Montecarlo.

bruno: Mi ha chiamato Philippe.

pietro: Quel frocio.

bruno Mi ha detto che aspettava sei ‘fighe’ e che invece gliene sono arrivate solo quattro.

pietro: Due si sono perse per strada.

bruno: Lui ne aspettava sei, perņ. I conti non tornano.

pietro: Digli di non scassare la minchia. La prossima settimana vado su io e sistemo tutto. Anche la partita delle armi. Intanto digli di pagarcene quattro e basta.

bruno: Non č cosģ semplice: aveva fatto una promessa a degli ‘amici’, gli aveva garantito sei ‘tope’ e invece… Quelli se la sono presa con lui. Ha dovuto rimetterci del suo. Č incazzato, molto incazzato. Dice che gli affari non si fanno cosģ.

pietro: Philippe č sempre stato un rottoinculo, solo un rottoinculo. Ora vado su io e sistemo tutto. Gliele porto su io altre ‘tope’, cosģ la facciamo finita con questa storia.

bruno: D'accordo. Ma quelle due?

pietro: Quali due?

bruno: Quelle che mancano all'appello?

pietro: Si sono perse per strada.

bruno: Scappate?

pietro: Sono ancora qui.

bruno: Perché questo?

pietro: L'albanese un altro po' ci rimaneva secca.

bruno: Quella che hai picchiato?

pietro: Mi ha fatto incazzare, mi ha fatto incazzare di nuovo e allora ho dovuto…

bruno: L'hai di nuovo picchiata?

pietro: Le ho solo ricordato chi ero.

bruno: Dopo quello che le avevi fatto?

pietro: Č stato solo un ripasso.

bruno: E l'altra?

pietro: La bosniaca? Quella mi dą una mano con l'altra. La cura, cerca di rimetterla in sesto, cosģ la prossima settimana la portiamo su da Philippe e vaffanculo.

bruno: Vaffanculo, il cazzo.

pietro: Che vuoi dire?

bruno: Che qui non sei solo tu il padrone, non sei solo tu a giocare, ci sono anch'io. Una fetta della torta č anche mia e tu non puoi trattare la roba, la nostra roba come se fosse solo tua.

pietro: Io cerco di tutelare gli interessi, i ‘nostri’ interessi.

bruno: E come? Massacrando di botte le ragazze? Rovinando i rapporti con Philippe? Con gli amici? Per un cazzo d'aborto?

pietro: Ehi, ma quella non voleva obbedire, quella aveva in mente di scappare. Rischiavamo di perdere la reputazione.

bruno: Pietro, non fare lo stronzo. C'č modo e modo di trattare gli affari. Non c'č bisogno di farsi prendere la mano da… Dobbiamo essere prudenti, coltivare le amicizie, portare avanti gli affari. Con cura.

pietro: L'ho sempre detto, Bruno, tu sei un ‘cacapalle’, un ‘cacapalle’ e basta.

bruno: Vaffanculo, Pietro. Vaffanculo proprio. (fa per andarsene)

pietro: Se senti Philippe digli di andarselo a prendere nel culo da un'altra parte.

bruno: Se continua di questo passo saremo noi a dovercelo andare a prendere nel culo. Bisogna stare attenti, Pietro, quella č gente che non scherza.

pietro: Anche noi perņ…

bruno: Noi non siamo niente a confronto: solo dei pezzenti che trafficano in buttane con l'Albania. Quelli, invece, sono nel giro grosso, quello che conta, da anni.

pietro: Perņ un bel po' di affari glieli abbiamo fatti fare, un po' di soldi glieli abbiamo fatti guadagnare.

bruno: Proprio per questo dobbiamo stare attenti e non compromettere i rapporti.

pietro: Nessuno vuole compromettere niente.

bruno: Pietro, bisogna stare attenti: le donne… quelle prima ti scopano e dopo… dopo ti fottono. (esce)

pietro: (riflettendo a lungo) Sono io… io che prima le scopo e poi… (lunga pausa) poi le fotto.

 

 

scena 5

 

Sera. Šemsa e Pietro. L'uomo porta delle sacche.

 

šemsa: Anche io deve venire?

pietro: (sorridendo) No, Šemsa. Tu non devi partire. Tu rimani qui.

šemsa: E lei? (indica l'altra stanza)

pietro: Anche lei non parte. Č meglio di no. Non vedi com'č ridotta? Questa notte c'č stato un nuovo arrivo. Zef mi ha portato altra ‘carne’, ‘carne fresca’. Anche qualche bel ragazzino. A Philippe piacciono i ragazzini. Glieli portiamo su, facciamo pace e ci mettiamo d'accordo su quel grosso affare che… (tace)

šemsa: Groso afare?

pietro: E no, piccola, questi sono cazzi miei. Non vorrai mica metterci il naso?

šemsa: No. No. Tu scusare me. Io non vuole, non vuole proprio sapere nulla.

pietro: Ecco. Cosģ mi piaci: muta e con due ‘zizze’ cosģ. (le afferra il seno)

 

Entra Tełta. Č vestita da puttana. Nonostante il pesante trucco appare ancora molto provata da quanto le č successo.

 

pietro: E tu?

tełta: Io cosa?

pietro: Cosa fai tu?

tełta: Io va a lavorare.

pietro: A lavorare? Ma se stavi… Šemsa mi ha detto che tu non eri, non ti sei ancora ripresa.

šemsa: Ma tu sta ancora male. Tu non puņ andare.

tełta: Io? Miracolo. Io sta bene ora. Io pronta ad andare. Anche a Torino. Se tu vuole.

pietro: A Torino? No. Tu a Torino non ci vai, non ci vai pił.

tełta: Se tu vuole, io puņ sempre andare. Anche ora andare. Se tu vuole.

pietro: Con Philippe abbiamo cose grosse da discutere. E non ho nessuna intenzione di compromettere niente con una come te che combina casino.

tełta: Io non fa casino. Non pił. Tu credi me. Io non pił casino.

pietro: Č meglio che tu rimani qui. Devi ancora rimetterti. C’hai ancora i segni in faccia. Rimarrai qui con Šemsa. Lei si piglierą cura di te. Poi ci penserņ io a te.

tełta: Tu vuole pichiare me ancora?

pietro: No. Picchiare no. Se farai la brava non ce ne sarą bisogno. Ma devo pensare, devo riflettere su cosa fare di te. Ci sono cose grosse in ballo. Tu pensa solo a non combinare altri casini e vedrai che andremo d'accordo.

tełta: Bene. (fa per uscire)

pietro: E adesso dove vai?

tełta: A lavoro.

pietro: Ma non stavi male?

tełta: Io gią deto: io sta meglio. Io puņ andare. Io vuole andare. Io cosģ prende soldi, tanti soldi.

pietro: Non č che hai intenzione di… (tace)

tełta: Se io fa altro casino, tu poi puoi sempre pichiare me. Poi. (esce)

pietro: Gią. ‘Tu poi puoi sempre pichiare me. Poi’. (compiaciuto) E proprio vero: io le donne prima le scopo e poi le fotto. (riflette a lungo) Devo dire che comincia a piacermi la tua amica.

šemsa: Lei non č mia amica.

pietro: Ha del temperamento.

šemsa: E io? Cosa ha io?

pietro: Tu? Tu hai due ‘zizze’ cosģ. (la bacia afferrandola per il seno poi esce portandosela dietro)

 

 

Scena 6

 

Sera. Dall’altra stanza entra Šemsa. Da destra entra Pietro.

 

pietro: ‘Mbč? Che cazzo aspetti tu? Sbrigati! Non vedi che si fa tardi. I clienti non aspettano certo i tuoi comodi.

šemsa: Scusa, Pietro, ma io fa, io cerca fare sempre veloce. Non voleva io perde tempo.

pietro: Ecco brava, non perdere tempo che se le cose vanno come dico ce ne andiamo da qui, da questa cittą del cazzo.

šemsa: Tu vuole andare a Torino?

pietro: No. A Torino non ci si va. Lą c'č Philippe. E quello col cazzo che accetterebbe la nostra concorrenza.

šemsa: Alora Germania.

pietro: La Germania č una merda, piccola, una vera merda. Piena di froci e di rottoinculo. Certo che voi albanesi…

šemsa: Io no albanese.

pietro: …siete proprio fissate con la Germania.

šemsa: Io no fisata con Germania. Io dice Germania cosģ solo per dire.

pietro: Ecco, appunto non dire, tu non devi mai dire niente. Capito? (lunga pausa) Com'č stata la nostra amica questi giorni?

šemsa: Tełta buona.

pietro: Ha fatto storie?

šemsa: No. Lei buona, sempre buona.

pietro: Non ha rotto la minchia con le sue stronzate?

šemsa: No, lei buona. Io deto buona, lei buona.

pietro: Non č che la mena ancora con la storia dell'aborto?

šemsa: Io gią deto te: lei tranquila, tranquilisima. Lei ogni sera va a lavoro. Anche adeso lei a lavoro, gią a lavoro. Su strada. Lei questi giorni fato lavoro, ogni sera, ogni note. Lei niente male, niente pił male. Lei guadagnato, guadagnato bene. Chiedi pure a Bruno.

pietro: Sģ. Bruno mi ha detto, mi ha raccontato.

šemsa: Tu puņ stare tranquilo: Tełta buona, molto buona.

pietro: Sģ. Certo. Tełta buona, molto buona. Č proprio quello che… (riflettendoci a lungo) Senti, fai una cosa, andando gił, quando la vedi, dille di passare da me. Ho bisogno, voglio parlarle. Al pił presto.

šemsa: Domani?

pietro: No. Anche subito.

šemsa: Ma lei ora lavoro. Magari dopo.

pietro: La voglio subito. Anche adesso. Lasci perdere il lavoro. Per una sera, per una notte puņ farne a meno. Ho bisogno di parlarle. Subito.

šemsa: Tu capo: tu dice, io fa.

pietro: Ecco, appunto! ‘Io capo: io dice, tu fa.’ (Šemsa esce. Compiaciuto di sé) Č proprio vero: io le donne prima le scopo e poi, poi le fotto. (passeggia, accende la televisione, fuma, č visibilmente eccitato) Quella buttana pensava, mi voleva fottere. Ma gliela faccio vedere io a quella. Le faccio vedere chi č Pietro Cini8.

 

Stacco

Notte. Pietro č davanti la Tv. Entra Tełta.

 

tełta: Tu chiesto me?

pietro: Sģ, Tełta, io chiesto te.

tełta: Tu vuole me parlare?

pietro: Sģ, voglio parlarti.

tełta: Tu ancora arabiato con me?

pietro: No, non pił.

tełta: E cosa vuole tu?

pietro: Voglio sapere come stai?

tełta: Tu chiamato me solo per questo?

pietro: Non solo per questo. Ma lo voglio sapere.

tełta: Tu me vede: io sta bene, molto bene. Io ripresa. Solo ancora qualche segno ma io bene.

pietro: Sono contento, molto contento, perché io adesso voglio fotterti. Adesso. (la stringe a sé)

tełta: Tu fato venire me solo per questo?

pietro: Č un onore per te questo.

tełta: Ma io deve andare. Lavoro mi aspeta. Soldi mi aspeta.

pietro: Per fare la buttana c'č sempre tempo.

tełta: Io perde clienti cosģ. Tu dice sempre che clienti non aspeta me.

pietro: Sono io che non voglio aspettare, adesso. Sono io che ti voglio, che ti voglio adesso. I clienti, quelli possono aspettare, altrimenti… che si arrangino anche da soli. (ride)

 

stacco

Sera. Pietro parla al cellulare.

 

pietro: Cazzo dici? Ma sei scemo? (pausa) Ma non dire cazzate. Ma che vuoi che me ne fotta a me del mare, delle condizioni del mare. (pausa) Questa č una stronzata. Dico che č una stronzata. (pausa) Senti Zef, vedi… (dall'altra stanza entra Tełta pronta per andare a lavorare. Pietro la ferma con un cenno della mano) …vedi di farmi avere la roba qui, al pił presto. (pausa) Sģ, le armi. Voglio le armi. Qui. Subito. In Italia. (pausa) Ma che cazzo vuoi che me ne fotta se la polizia ci ascolta? Faranno finta di niente. Come al solito. Che cazzo li pago a fare se no? (pausa) No. No, non mi interessa che… (pausa) Vedi di portare la roba al pił presto e vaffanculo. (chiude la conversazione e si rivolge a Tełta) Dove cazzo credi di andare tu?

tełta: Io va gił, a lavoro. Šemsa me aspeta per andare…

pietro: Bambina, tu prendi ordini da me e tu fai quello che ti dico ‘io’.

tełta: Bruno deto me di andare. Lui molto arabiato perché io tre sere che non va a lavoro, che io non guadagna soldi. Lui minacia di pichiare se io anche stasera non lavora.

pietro: Con Bruno ci parlo io. Ci penso io a quella testa di cazzo. Ma tu andrai, tu tornerai sulla strada solo quando te lo dirņ io.

tełta: Sģ. Certo. Ma io deve guadagnare, io ha bisogno di soldi per…

pietro: Sģ. Lo so: la tua famiglia, muore di fame in Albania.

tełta: No, non questo. Io non ha famiglia, non pił. Io solo bisogno di soldi per me, per potere vivere, comprare libertą e andare via da Italia.

pietro: Magari in Germania?

tełta: Magari Germania.

pietro: Bambina, tu appartieni a me e solo a me ed č a me che devi rivolgerti per poter andare via. A te non basteranno diecimila Euro, né ventimila, o centomila. Sono io, solo io a decidere di te e di quando potrai andartene, quando sarai libera di andartene da qui. Soldi o non soldi.

tełta: Tu dice questo perché…

pietro: Io dice questo perché sono io il capo qui, io. E tu prendi ordini da me e solo da me. Sono io che ti dico quello che tu devi fare o non fare. Se tu devi andare o non andare. Io che decido. Se poi ti servono dei soldi per inviarli in Albania o per comprarti quello che cazzo ti pare, non c'č problema: eccoli. Tieni. Te li do io. Cinquanta, cento, duecento Euro (gli getta in faccia dei soldi) Quanti ne vuoi. L'importante č che tu non rompi pił il cazzo, che tu faccia ‘sempre’ e solo quello che voglio io. (comincia a spogliarsi) Mi sono spiegato? (Tełta lo guarda perplessa) Mbé? Che cazzo c'hai da guardare cosģ?

tełta: Io…?

pietro: Non dire stronzate e vieni di lą che voglio fotterti.

 

 

SCENA 6

 

Giorno. Tełta guarda la Tv. Bussano. Tełta va ad aprire. Entra Šemsa.

 

tełta: Šemsa? Che tu fa qui?

šemsa: Io qui solo per dire che Pietro mi ha deto di pasare da te e dire che lui ha cosa importante da fare e che tu deve solo aspettare lui qui, lui poi torna.

tełta: Questo? Solo questo?

šemsa: Sģ, solo questo.

 

Lunga e imbarazzata pausa.

 

tełta: Tu bisogna qualcos’altro? Risposta?

šemsa: No. Di risposta no.

tełta: E alora?

šemsa: Io voleva vedere come tu sta ora? Se tu ancora problema?

tełta: Tu vede me. Io viva, io respira, quindi…

šemsa: Io ora vede. Ma io preocupata, io conosce Pietro, visto cosa lui fato te. Io curato te quando…

tełta: Tuto ora bene. Šemsa. Tuto. Grazie.

šemsa: Pietro dice che…

tełta: Pietro dice cose sue, io quele mie, tu comunque fa ora i fatti tuoi. Non pensa me.

šemsa: Tełta, io non vuole problema con te. Era solo sapere.

tełta: Šemsa, tu sempre vuole sapere. Tu fa domande, sempre domande e…

šemsa: Io…?

tełta: Tu cosa? Amica, curiosa, domande, spia?

šemsa: No. Che dice? Io no spia, io no questo. Forse anche amica.

tełta: Tu basta solo sapere che ora č adesso e che domani il sole sorge ancora. Solo questo tu deve sapere. Il resto non importa.

šemsa: Certo, io capisce ma…

tełta: Cosa vuole ancora tu da me, cosa?

šemsa: Č quelo che io mi chiede a me, cosa? Perché io ancora perde tempo a fare parola con te?

 

Le due ragazze si scrutano negli occhi.

 

tełta: Tu vuole ancora…?

šemsa: No. Io non vuole, non vuole proprio pił.

 

Šemsa abbozza un mezzo sorriso, esce.

 

 

scena 7

 

Giorno. Tełta č sola. Bussano. Tełta va ad aprire. Entra Bruno.

 

bruno: Sono io. (pausa) Sei sola?

tełta: Pietro č venuto gił. A cercarti. Aveva bisogno di dire te cose.

bruno: Ha parlato con Zef?

tełta: Io crede di no.

bruno: Le cose si complicano. Č sempre pił difficile fare arrivare la ‘roba’. La polizia…

tełta: Pietro molto arabiato per questo.

bruno: Pietro farebbe bene a calmarsi. Una volta per tutte.

tełta: Lui dice che tuto questo colpa di dio, che č dio che ce l’ha con lui.

bruno: Altro che dio. Lo so io qual č il problema di Pietro, altro che dio.

tełta: Lui dice…

bruno: E dice stronzate. Dice cose che… poi si lascia prendere la mano… si lascia influenzare… perde la testa… e fa minchiate. Ma del resto, a te, che te ne fotte di questo? Tu devi solo aprire le gambe e…

tełta: E voi contare soldi… (Bruno la guarda) Io gią, conosce la storia. Tu vuole qualcosa da bere?

bruno: Dammi un… (per servirgli da bere Tełta passa davanti a Bruno che comincia a scrutarle le gambe, i fianchi e via salendo) Devo dire che… (Tełta gli porge un bicchiere. Bruno beve scrutando sempre Tełta) Devo dire che… all’inizio non capivo. Mi dicevo: che ci troverą?

tełta: Come?

bruno: Poi, ora, guardandoti meglio, capisco, mi sembra che…

tełta: Io non capisce.

bruno: Certo sei carina, bella. Ma non capivo cosa ci trova di tanto… in te. Ora, ora mi sembra quasi di… (tace stroppicciandosi le labbra con le dita)

tełta: Cosa tu cerca di dire?

bruno: (afferrandola) Sei bella, Tełta. Bella. Come…

tełta: Se Pietro sa questo…

bruno: Tu sei una buttana. Ti posso anche pagare. Se vuoi. Anche se poi sarebbe, ‘č’ un onore per te scopare con me.

tełta: Pietro non vuole che io ora… con altri.

bruno: Ma noi due, insieme, l’abbiamo gią fatto. Altre volte. Ricordi?

tełta: Sģ. Ma io, alora, non ero… ora Pietro questo non vuole, altri no.

bruno: Pietro, Pietro. Noi siamo soci. Con Pietro. Dividiamo tutto. Profitti e perdite. E donne.

tełta: Se tu vuole… io fa. Ma a modo mio fa.

pietro: A modo tuo.

 

Tełta siede sul tavolo. L’uomo l’abbraccia e comincia a sbottonarsi i pantaloni.

 

bruno: Ecco. Ecco, cosģ, tu mi piaci… mi piaci.

 

Tełta afferra un grosso coltello da cucina e lo punta contro il sedere dell’uomo.

 

bruno: Cazzo, fai?

tełta: (sempre puntando il coltello contro Bruno) Tu fa, solo fa. Foti me. Io bado solo a quelo che tu fa.

bruno: Il coltello…?

tełta: Lui, coltelo, come Pietro: ‘č’ Pietro. Se lui viene a sapere, ti scanna.

bruno: Cazzo, Tełta, molla, molla quel coltello.

tełta: Tu fa, tu non preocupa di lui. Io non ferisce te, non fa male solo che…

bruno: Ma io cosģ… cosģ non ci riesce.

 

Bruno si discosta da lei, reggendosi i pantaloni con le mani.

 

tełta: Io vede. Tu non riesce.

bruno: Sei una troia, solo una troia.

tełta: Voi uomini, tuti cosģ. Se voi non rege coltelo, il cazo non tira, non tira pił. E alora… tu vuole me? Veramente?

bruno: Sģ, cazzo, Tełta, io vuole te.

 

Tełta si appoggia alla parete tirando a sé l’uomo e gli mette il coltello in mano e si fa puntare la lama alla gola.

 

tełta: E cosģ? Cosģ va bene? Tira, ti tira cosģ?

bruno: Accidenti, Tełta, tu… tu… cosģ sģ, cosģ sģ, che funziona.

tełta: Vede? Tu cosģ riesce, tu cosģ uomo, vero uomo, con coltelo che minacia me povera dona indifesa e…

bruno: Io ti scopo, buttana. Ti scopo e…

 

Bruno comincia a darsi da fare quando improvvisamente entra Pietro. Bruno si ‘stacca’ da Tełta. Pietro č rimasto immobile, apparentemente calmo, con il fare di chi cova qualcosa.

 

pietro: Disturbo qualcosa?

bruno: Pietro, io… non stavo mica…

tełta: Lui voleva solo fotere me e…

pietro: Ho visto.

tełta: …con coltelo.

bruno: (gettando a terra il coltello) No. Che dici? Io… io stavo solo… e lei che mi ha messo coltello…

tełta: Lui anche minacia me.

pietro: Cercando di scopare la mia donna.

bruno: Tua donna?

pietro: Quella che adesso, per adesso, mi scopo.

bruno: Credimi, Pietro, io… io non sapevo… non potevo sapere…

tełta: Lui dice cose poco vere. Lui voleva me e cosģ…

pietro: Lo so, Tełta. Lo so.

bruno: Cazzo, dice ‘sta buttana? Cazzo dice?

pietro: (prendendo per il collo Bruno) La veritą, stronzo. Solo la veritą.

bruno: Pietro…

pietro: Provaci ancora, solo, provaci ancora e io ti scanno, ti scanno sul serio.

bruno: Pietro, scusami, io… non volevo… veramente…

pietro: Levaci gli occhi, ti dico. Levaci gli occhi altrimenti io…

 

I due si scrutano. Poi Pietro spinge via Bruno.

 

pietro: (a Tełta) Ti ha fatto male?

tełta: Non quanto male tu fai a me.

bruno: Non č vero, solo non č vero.

pietro: Taci, stronzo. Tu taci. (a Tełta) Allora?

tełta: Non gli tirava neanche.

pietro: (ridendo cattivo) Hai sentito, Bruno? Sei frocio. Sei anche frocio.

bruno: (a Tełta) Io a te…

pietro: Tu a lei, cosa?

bruno: Niente, niente. Proprio niente.

pietro: Bene. Cosģ, va bene. (a Tełta) Donna, vai di lą e rammendami tutte le calze che trovi.

tełta: Io non sa cucire.

pietro: Me ne fotto. Impari! Vai di lą, solo di lą e non fiatare, non fiatare neanche. (Tełta esce)

bruno: Scusami, Pietro.

pietro: Difficile farlo.

bruno: Io non volevo veramente… credimi.

pietro: Stronzate, solo stronzate.

bruno: Appunto, stronzate.

pietro: C’č altro, adesso in ballo.

bruno: Č quello che dico anch’io.

pietro: Novitą.

bruno: Bene.

pietro: Ho sentito Zef.

bruno: Che ti ha detto?

pietro: Hanno dei problemi a raccogliere tutta la ‘roba’. Problemi ad organizzare la ‘gita’. Problemi… Io veramente non so, non capisco che cazzo stiano facendo lą.

bruno: Dicono che la Marina pattuglia tutto l'Adriatico alla ricerca di…

pietro: Sģ, ma non č possibile che quegli stronzi non riescono a organizzare il trasporto.

bruno: Hai visto il tempo, il mare č mosso. Probabilmente non vogliono rischiare.

pietro: Č una settimana che piove, ma - cazzo - non č possibile che per quattro nuvole non riescono a portarci qui la ‘roba’.

bruno: Pietro, cerca di stare calmo. Č una situazione del cazzo - lo so - ma devi aver pazienza. Appena il tempo lo consentirą vedrai che Zef si farą vivo con tutta quanta la merce.

pietro: Bruno, - senti - parlaci tu con Philippe. Cerca di spiegargli che…

bruno: Non devi stare a preoccuparti.

pietro: Io non mi preoccupo. Mi agito e basta.

bruno: Philippe č uno che sa come vanno queste cose. Sa che certi affari richiedono tempo, hanno bisogno d’attenzione, di una particolare attenzione. La fretta costa cara. E noi non possiamo rischiare.

pietro: Sģ, certo. Questo č vero.

bruno: Č allora? Lascia fare a me. Ci parlo io con lui.

pietro: Bravo.

bruno: Gli spiego io come stanno le cose, i problemi che ci sono.

pietro: Cosģ. Cosģ mi piaci. Davvero.

bruno: Adesso comunque vado. Le ragazze mi aspettano. Devo andare. Č meglio non lasciarle troppo sole quelle, c'č sempre qualcuna che combina qualche casino.

pietro: Come vanno le cose?

bruno: Quelle si danno da fare, lavorano, guadagnano. Sono proprio delle buttane nate. A parte qualcuna che… (indica l'altra stanza) Quella se ne sta approfittando, di te, della situazione. Č una stronza quella. Stacci attento. Una che se ne approfitta.

pietro: Aaaah, a lei lasciala stare. Ci penso io. Lei ha altro per la testa, adesso. Deve pensare a me, solo a me. E basta. Capito?

bruno: Non č che poi si impigrisce?

pietro: Appena vedo che si sta lasciando andare, le do qualche ‘ripassata’, non so se mi spiego?

bruno: Stacci attento perņ con i ‘ripassi’. L'ultima volta ci stava lasciando la pelle.

pietro: Non ti preoccupare. La tratto bene. Non la picchio pił, non pił di tanto, almeno. Solo un po' e basta. Giusto per ricordarle chi sono.

bruno: Quella vale un sacco di soldi.

pietro: Proprio per questo me la voglio godere. Ma non ti preoccupare quando mi sarņ stufato di lei te la mando gił. Magari cadavere.

 

Bruno esce.

 

pietro: (con un mezzo sorriso cattivo) Bastardo. (pensieroso e dopo lunga pausa) Io quello, quello, prima o poi, prima o poi… lo so io, lo so… Bastardo.

 

Pietro accende la televisione e si lascia sulla brandina a guardarlo.

 

giornalista tv: Importante operazione di polizia oggi nel Salento. Le forze dell'ordine hanno sgominato un’importante banda di trafficanti legati alla Sacra Corona Unita...

pietro: (cambiando canale visibilmente preoccupato) Merda.

 

Entra Tełta.

 

tełta: Tua faccia… cosa non va?

 

Pietro la osserva, muto. Poi volge lo sguardo verso la tv.

 

pietro: Il carico. Bruno. La merda intorno.

tełta: Alora?

pietro: ‘Alora’ niente. Aspetto solo che quei ‘minchioni’ dei tuoi compari albanesi raccattino la roba e ce la facciano avere.

tełta: Questo te preocupa?

pietro: Č l'occasione della mia vita. La possibilitą di entrare nel giro grosso, quello che conta. Finalmente posso dimostrare a quelli dell’ ‘organizzazione' quello che so fare.

tełta: E questo č bene, no?

pietro: Minchia, se č bene! Quando tutto questo sarą finito, concluso e Philippe si sarą portato via la ‘roba’, tutta la ‘roba’, potrņ finalmente vedere di mandare affanculo questa vita del cazzo e andarmene da questo paese di merda.

tełta: Ma tua vita non del cazo.

pietro: Non vedi che schifo č qui: questa topaia, questa merda e quell'imbecille di Bruno. Un culo cosģ per stare dietro a quattro buttane del cazzo.

tełta: Noi non quatro butane del cazo…

pietro: Č da quando ero bambino che cerco…

tełta: …noi non siamo solo questo…

pietro: …che ho a che fare con voi…

tełta: …non solo questo…

pietro: …anche mia madre lo era…

tełta: …noi, qualcosa di pił…

pietro: …una buttana - cazzo – solo una buttana…

tełta: …di pił di quelo che tu dice…

pietro: …anche mia madre, lo era…

tełta: …io non sa, io non capisce pił…

pietro: …e c'č morta. La stronza…

tełta: …quelo che acade…

pietro: …pigliandolo in culo, c'č morta…

tełta: …io non capisce pił…

pietro: …con il vetriolo sulla faccia…

tełta: …non puņ capire…

pietro: …e un coltello in pancia…

tełta: …pił niente…

pietro: …ma a te che te ne fotte poi…

tełta: …c’č qualcosa di pił…

pietro: …di me, di mia madre?

tełta: …‘deve’ eserci qualcosa di pił…

pietro: …tu devi solo aprire le cosce…

tełta: …in questa vita…

pietro: …e io contare i soldi.

tełta: …veramente qualcosa di pił…

pietro: …vita di merda.

tełta: …di questo…

pietro: …solo di merda!

tełta: …nella vita.

pietro: …cazzo.

 

Tełta fa per andarsene nell'altra stanza.

 

pietro: Non andare via.

tełta: Cosa?

pietro: Sģ, dico: non andare via.

tełta: Perché tu vuole…?

pietro: Voglio solo che tu rimani qui, con me, a parlare.

tełta: (sorpresa) A parlare? Di cosa tu vuoi parlare?

pietro: Di niente.

tełta: (sorpresa) Di niente?

pietro: Solo di niente.

 

Pietro, con improvvisa dolcezza, trattiene Tełta e i due rimangono teneramente abbracciati sulla branda a guardare la televisione.

 

tełta: Certe volte, cosģ, pensi, credi di scoprire… che c'č dio9. E invece…

giornalista tv: Importante operazione di polizia oggi nel Salento. Le forze dell'ordine hanno sgominato un’importante banda di trafficanti legati alla Sacra Corona Unita…

 

 

scena 8

 

Giorno. Tełta esce dalla stanza con la ‘mamma’.

 

tełta: Alora, ‘mamma’, come io sta?

mamma: Tu stai bene, Tełta. Non pensavo mica che ce la facevi a recuperare in cosģ poco tempo.

tełta: Tu dice questo perché questo vero?

mamma: Certo che questo č vero. Che credi? Che dica minchiate?

tełta: Io non sa cosa puņ pasare per tua testa.

mamma: Ragazzina, questo č lavoro, per me. Io vivo di questo, ci faccio i soldi e ci metto da parte la ‘pensione’. Mica dico minchiate. Se c'č qualcosa che non va, io lo dico, lo dico subito. Ti metto in ‘lista’ e… - fiiiiiu (fischio) - via, fuori dalle palle.

tełta: Io alora veramente bene?

mamma: Tu tieni la pelle dura, tieni.

tełta: Questo anche per quelo che riguarda…?

mamma: Questo č il fatto.

tełta: (preoccupata) Che dice tu?

mamma: Tełta, tu hai rischiato grosso. Un'altra, al posto tuo, ci restava secca. Tu, invece, hai salvato la vita e questo - credimi - ti deve bastare.

tełta: (preoccupata) Come bastare?

mamma: Con tutto quello che hai avuto – tutto quel sangue - non potevi certo pretendere che non c’erano conseguenze. Era inevitabile che tu rimanessi - come si dice - sterile.

tełta: (sorpresa) Tu vuole dire che io…?

mamma: Sto dicendo che tu, Teąta, tu non puoi pił avere figli. Mai pił.

tełta: (sgomenta) Ma tu sicura di questo?

mamma: Ragazzina, io ho una vita d'esperienza. Ho cominciato a battere che avevo appena dieci anni. Adesso ne ho sessanta e non ho ancora del tutto smesso. (ride)

tełta: (c.s.) Io non puņ pił… avere figlio?

mamma: Cinquant’anni di esperienza. Posso insegnare all'Universitą, a quei froci di dottorini. Credimi, Tełta, so riconoscere un ventre sano da uno morto.

tełta: (c.s.) Morto?

mamma: In fondo č pure meglio, molto meglio, per una come te, per una che fa la vita, č molto meglio, credi a me. Lo fossi stata anch'io, ai miei tempi, a quest'ora in giro ci sarebbero tre figli di buttana di meno sulla terra.

 

Tełta č vinta dallo sconforto. La ‘mamma’ fa per andarsene.

 

tełta: ‘Mamma’?

mamma: Che tieni?

tełta: Se tu vede Šemsa…

mamma: Sģ?

tełta: Niente. Dice niente.

mamma: Come ti pare. (esce)

 

 

scena 9

 

Notte. Tełta guarda la televisione spenta. É sola. Scoppia a piangere.

stacco

Giorno. Tełta č sempre pił sconvolta, persa nel suo vuoto.

 

tełta: Unė nuk mundem, nuk mundem te kuptoj Ēfarė, ēfarė ndodh. Ketu, pėrreth. Nuk mund mė tė shikoj, dėgjoj, jetoj. Trupi im brenda ėshtė bosh, si dicka qe digjet, tym dhe pastaj? Pastj ngelet… asgjėja! (pausa) Kėtė i bėra vetes. Kėtė mė bėnė mua ‘Ata’. Mė boshatisėn. Mė grabitėn si nje leckė. Mė trajtuan si njė leckė. Mė pėrdorėn per lojrat e tyre. Mė morrėn kokėn dhe ma zbrazėn, mė morrėn trupin, mė morrėn jetėn. Dhe unė…? S’mė ka ngelur mė asgje. Brenda! (pausa) Jo. Unė nuk mundem, nuk mundem mė ta pėrballoj tėrė kėtė. Pėrse ma shkatėrroi jetėn? Pėrse ja shkaterrova jetėn vetes: i lejova tė mė pėrdornin si plaēke, pa respekt, per mua, per jetėn qe rriteshe brenda meje, per jetėn time! (pausa) Une nuk mund tė kuptoj… atė qė ndodh, veten. Nuk mundem mė. (in albanese: Io non posso capire cosa, quello che accade. Qui, intorno. Dentro di me. Io non posso pił sentire, capire questo. Mio corpo dentro, vuoto come niente, come cosa che brucia, fumo, e poi? Nulla. Io ho fatto di me questo. ‘Lui’ ha fatto di me questo: ha preso la mia vita, il mio corpo, la mia testa e mi ha svuotata, svuotata di tutto. E io? Senza pił niente. Dentro. No. Io non posso pił capire: perché lui mi ha fatto questo? Perché ‘io’ ho fatto a me questo: ho permesso a lui di usarmi senza pił rispetto, per me, per la vita dentro di me, per la ‘mia’ vita. Io non posso pił capire me stessa, quello che accade. Non pił.)

 

Tełta, come vinta, prende in mano un'arma, si infila la canna in bocca ma non riesce a sparare, non ne ha il coraggio. Il viso č contratto, l’espressione dura. Chiude gli occhi. Serra i pugni. Ha un singhiozzo. Uno solo: un moto di pianto, subito abortito.

 

 

scena 10

 

Notte. Tełta č seduta in modo rigido sulla brandina. Pietro č al tavolo, gioca con le carte, fa un solitario. Squilla il cellulare. Risponde.

 

pietro: Oh, Zef, che cazzo di fine avete fatto (pausa) Cosa? Come? Le previsioni del tempo? (pausa) Domani? Domani notte? Finalmente. Non ce la facevo pił ad aspettare. (pausa) No. Certo. Domani, domani notte. Al solito. (pausa) D'accordo. Sģ. Sģ. I soldi. Quelli promessi. Va bene. (pausa) No. Non stavo dormendo. Qui da noi č notte. (pausa) Anche da voi? Sģ. Certo. Ho detto una stronzata. Lo so. (pausa) No. Non dormivo. Stavo solo chiavando. (pausa) Sģ. Con due zoccole, due di quelle che mi hai portato tu. (pausa) Sģ. Io non dormo, non dormo mai. Scopo, scopo e basta. 'Fanculo e a domani.

tełta: Domani, arriva altra ‘merce’? Io deve andare via?

pietro: No. Non ti preoccupare, piccola, tu rimarrai con me, solo con me e basta. Niente ‘carne fresca’, domani. Finalmente arriva il carico, quello grosso. Con tutta la voglia di armi che c'č in giro, era ora che il carico arrivasse. A quanto pare c'č tanta gente in giro che ha voglia di menare le mani.

tełta: Tu ora contento?

pietro: Questa č la grande occasione. Ho veramente l'occasione di dimostrare a tutti chi sono, quello che valgo.

tełta: Cosģ tu diventa rico. Potente.

pietro: Potente… sģ. Comincio ad entrare nel giro, nel grande giro, quello che conta.

tełta: Alora tu puņ poi lasciare andare via Tełta.

pietro: Lasciare andare via Tełta? Non ci penso proprio, non ci penso nemmeno. Tu mi appartieni, appartieni solo a me e ti voglio qui, con me. E basta. E ora fammi chiamare Philippe. Gli dico del carico. Di venire gił e portare i soldi.

 

 

scena 11

 

Giorno. Tełta č impassibile davanti la Tv. Bussano. Tełta va ad aprire. Č Šemsa.

 

tełta: Tu…?

šemsa: La ‘mama’ mi ha deto.

tełta: Quela stronza.

šemsa: Io alora pensato, deto me… venire a vedere se tu ha bisogno qualcosa.

tełta: Šemsa, io crede che tu…

šemsa: Io deve fare solo cose mie, fati miei, questo? Tu sta per dire me questo?

tełta: Io vuole solo… (tace)

šemsa: Cosa?

tełta: Io disperata. Mia vita come finita.

šemsa: Io pensa che tu deve…

tełta: Šemsa. č facile per te parlare, dire, chiedere me cose? Ma tu cosa ne sa di quelo che io ho dentro, di come io mi sente?

šemsa: Sģ, sģ, certo, io… io capisce, capisce.

tełta: No, tu non capisce, tu non puņ veramente capire me. Šemsa sa sempre tuto, vero? Šemsa parla, dice, fa. Ma cosa sa? Cosa dice? Di cosa parla lei?

šemsa: Tełta…

tełta: Tu basta che dice, tu basta che parla. Ma cosa tu sa veramente di quelo che io vive?

šemsa: Niente.

tełta: Apunto, niente.

šemsa: (fredda) Č vero, tutto quelo che tu dice č vero. Šemsa deve tacere, Šemsa deve imparare tacere. E basta.

 

Šemsa fa per andare via.

 

tełta: Tu… tu va via?

šemsa: Io non sa, io non dice. Io non parla. Io va.

 

Le due donne si guardano ancora.

 

tełta: No, Šemsa. Ora no. Ora, solo un poco, tu rimane, tu rimane e tu… tu parla, parla me di te, di qualcosa che… parla.

šemsa: Sei tu che deve parlare, tu deve dire, ora. Non io, non pił io.

tełta: Parlare?

šemsa: Se tu vuole parlare.

tełta: Io sģ, forse io ora bisogna. Tu ha ragione, io tropo dura con te. Sempre.

šemsa: Tu deto me niente.

tełta: No. Io dico te cose cative, cose che…

šemsa: Tu ha paura, solo paura.

tełta: Forse sģ. Forse quelo, solo quelo.

šemsa: Č quelo.

tełta: Io… io sono sola, adeso.

šemsa: No. Tu sola… sempre.

tełta: Io non sa, io cerca di capire, fare, ma io non sa… non sa neanche con chi… fidare.

šemsa: Prova di me. Solo provare. (scambia di sguardi. Tełta abbassa lo sguardo) Pietro sa di te?

tełta: Lui sa e lui ride. Dice me che questo č un bene. Che non c'č pił rischio che nasce altro figlio di butana come lui. Lui dice questo e ride. Ride di me.

šemsa: Che bastardo.

tełta: Dice che questa č buona cosa: risparmio di preservativi.

šemsa: Ma tu, come tu sente ora? Tu ancora male?

tełta: Io non tropo dolore. Solo qui, Ogni tanto. Quando io, quando io scopa. Solo che io, io…

šemsa: Tełta, tu vuole che io porta te in ospedale?

tełta: In ospetale? No. Io non puņ questo. Non č posibile questo. Poi loro portano me in Albania di nuovo. E io non vuole questo.

šemsa: Andare via. Tełta, tu deve lasciare Pietro, lasciare qui e andare via.

tełtra: E dove in Albania? In Germania?

šemsa: Quelo puņ esere un posto.

tełta: Germania.

šemsa: Importante che tu scapa che tu va via da qui prima che tardi.

tełta: Sģ. Io sa, io pensa questo.

šemsa: Una di noi due deve vivere, Tełta, deve continuare a vivere.

tełta: Ma servono soldi, tanti soldi per andare.

šemsa: Tuto il mondo ha marciapiedi. Tutto. Quelo che tu deve pensare ora e andare via, soltanto via.

 

Entra Pietro. Č calmo, apparentemente calmo. Le due ragazze sono gelate dalla sua apparizione.

 

pietro: Qualcosa da dire, piccola albanese del cazzo?

 

Pietro estrae un coltello.

 

šemsa: No, Pietro, tu… no, non ucide me. Te prego.

 

Šemsa corre nell’altra stanza. Pietro fa per seguirla. Tełta vede e fa per afferrare una pistola.

 

pietro: Tocca quella pistola, tocca solo quella pistola e sei morta, siete morte.

tełta: (rimane come paralizzata con la mano sospesa sopra la pistola) Io…

pietro: Solo sfiorarla, soltanto sfiorarla e ti giuro che ti ammazzo, ti ammazzo con le mie mani, tu e quella buttana della tua amica.

tełta: Io… io non puņ…

 

Tełta si tira indietro, sconfitta.

Pietro la spinge via ed entra nella stanza dove si č rifugiata Šemsa.

 

pietro: E ora noi due facciamo i conti.

tełta: (accucciandosi a ridosso della parete) Perché…?

 

Lunga pausa. Pietro rientra sistemandosi i pantaloni. Ha in mano un coltello sporco di sangue.

 

tełta: Tu… ucciso lei?

pietro: Gli ho solo fatto passare la voglia di ridere.

tełta: Cosa tu fato?

pietro: Le ho solo ‘allargato’ il sorriso. (ridendo con il coltello fa capire di averla sfregiata)

tełta: Pietro, tu un bastardo, un grande bastardo.

pietro: E me ne vanto, me ne vanto pure. (breve pausa) Ora io vado gił, vado a vedere come procede l'arrivo del carico. Quando torno, se trovo ancora qui quella buttana, giuro che la scanno, con le mie mani la scanno. Capito? (esce)

 

Tełta rimane immobile a fissare la porta. Poi lentamente si alza e a fatica si avvicina alla porta dell’altra stanza e la varca.

 

 

scena 12

 

Alba. Entra Pietro con una borsa in mano.

 

pietro: (euforico) Ehi? Tełta? Tełta, dove cazzo stai? (dall'altra stanza entra Tełta. Ha una pistola in mano. Pietro non se ne accorge) Guarda, Tełta, guarda qui. Quanti soldi. (le spalanca davanti la borsa) Ne avevi mai visti tanti?

tełta: Šemsa ha tuta guancia tagliata.

pietro: (non dandole retta) Philippe č gił al porto. Ha visto la roba. Č soddisfatto, molto soddisfatto.

tełta: Tu ferito Šemsa.

pietro: (c.s.) Accompagno Philippe all'autostrada. Abbiamo ancora alcune ‘cosette’ – Bruno - da sistemare e dopo… festeggeremo.

tełta: Abiamo ricucito lei. Con ‘mama’ fato questo. Tuta la note, fato questo.

pietro: (c.s.) Questa č la volta buona che cambio vita. Altro che traffico di ‘carne fresca’.

tełta: ‘Mama’ stesa dice che tu esagerato. Di nuovo.

pietro: (c.s.) Lasceremo questa cittą di merda. Finalmente.

tełta: Tu non puņ fare questo. Non pił. (puntandogli contro una pistola)

pietro: (sbigottito) Ehi, bambina? Che cazzo č? Che cazzo č quella?

tełta: (c.s.) Pistola.

pietro: (c.s.) Lo vedo che č una pistola, ma che cos'č ‘sta storia?

tełta: Tu ferito Šemsa. Tu sfregiato lei, per sempre.

pietro: Ma quella č una povera stronza. Solo una povera stronza. Non vorrai dirmi che fai questo per lei?

tełta: Per lei e per quelo che tu fato me, al mio ventre.

pietro: Ancora la storia dell'aborto?

tełta: Tu fato me, uciso mio ventre.

pietro: Il fatto che non puoi pił avere figli? Meglio cosģ. No? Sarebbe comunque stato un figlio di buttana?

tełta: Comunque mio.

pietro: E per questo volevi fottere me?

tełta: Solo un figlio.

pietro: Invece sono io che ho fottuto te.

tełta: Quel giorno io…

pietro: Avevi una paura che… te la facevi addosso. Proprio come adesso.

tełta: Io aveva paura, terore.

pietro: T'ho chiesto se eri incinta.

tełta: Il mio ventre dice sģ, diceva sģ.

pietro: Non mi hai risposto. Non mi hai neanche risposto.

tełta: Non poteva io farlo. Non riusciva.

pietro: Allora non c’ho visto pił. Non ho capito pił niente. Ho capito solo che mi volevi fottere, che mi stavi fottendo.

tełta. Tu dato me bote, presa a calci.

pietro: Te l’avrei voluto togliere io da dentro, con le mie mani. Strappartelo, scavarti dentro come…

tełta: Tu non č uomo, tu bestia.

pietro: Quando sono tornato in me… tu eri a terra. Sputavi sangue. Pisciavi sangue.

tełta: La mia pancia esplosa.

pietro: Allora ho chiamato la ‘mamma’, dovevo farlo. Per salvarti, salvarti la vita. In fin dei conti sono soldi, vali dei soldi per me.

tełta: Tu fa schifo. Tu ridota me vuota, senza pił niente dentro.

pietro: Tełta, tu mi appartieni e sei viva solo perché io lo voglio… viva. E tu sei mia, solo mia. E adesso basta con questa storia, basta. Mi ha stancato.

tełta : No.

pietro: Dammi quella pistola.

tełta: Io… io non puņ pił soportare questo, non pił.

pietro: Non ti servirą a niente.

tełta: No.

pietro: Bambina, io ti prendo e ti fotto quando voglio. E tu? Tu non farai niente, niente, perché tu non hai il coraggio di usarla, né la forza.

tełta: (indugiando) Un bastardo…

pietro: E adesso fai la brava. Lascia stare quella pistola e vedrai che saprņ perdonarti. Non ti farņ neanche troppo male. Solo un poco, giusto poco. E poi dimenticheremo tutto: Šemsa, l’aborto, Bruno… tutto. Faremo finta che non č successo niente, niente.

 

Tełta, vinta, stringe a sé la pistola.

Sicuro di sé Pietro le volta le spalle.

 

pietro: (tra sé e trionfante) Č proprio vero: io le donne prima le scopo e poi? Poi le fotto!

tełta: 'Fanculo!

 

A quelle parole, Tełta punta la pistola su Pietro e spara. Penombra. Silhouette di Tełta ferma, immobile con la pistola in mano. Sigla di un radiogiornale.

 

radiogiornale Importante operazione di polizia oggi nel Salento. Le forze dell'ordine hanno sgominato un’importante banda di trafficanti legati alla Sacra Corona Unita. A mettere sulla pista giusta, una telefonata anonima di una donna con chiaro accento straniero che ha avvertito l’autoritą dello sbarco in corso. Prontamente le forze dell’ordine sono intervenute arrestando, tra gli altri Bruno Romeri10 e un noto malavitoso torinese conosciuto come ‘Philippe’. Sempre da collegarsi con l'operazione sembra essere il ritrovamento del cadavere di Pietro Cini, personaggio legato al racket della prostituzione albanese, avvenuto questo pomeriggio alla periferia di…

 

 

 

 

tela

 

 

 

1 ‘Pietro’ - personaggio di ‘Vizio di Famiglia’ di Edoardo Erba (1993)

2 ‘Bruno’ - personaggio di ‘Cerimonie per un addio’ di Giuseppe Manfridi (1989)

3 ‘Marinaj Zef’ - secondo una testimonianza raccolta da ‘L'Espresso’ del 19 Novembre 1998 (pagina 101), č il vero nome di uno dei trafficanti di ‘carne umana’ lungo il canale di Otranto.

4 ‘Šemsa’ - personaggio del racconto ‘Le Fascineģ (1948) di Ivo Indric.

5 ‘Maksut’ - personaggio di ‘La cittą di pietra’ (1995) di Ismail Kadaré (vivente).

6 ‘Tełta’ - personaggio epico albanese.

7 ‘Philippe’ - personaggio di ‘Dissidente, ovviamente’ (1978) di Michel Vinaver.

8 ‘Cini’ - personaggio di ‘Cosģ č (se vi pare)’ (1917 ) di Luigi Pirandello.

9 ‘Certe volte, cosģ, scopri che c'č dio’ – ‘Un tram che si chiama desiderio’ (1947) Tennessee Williams.

10 ‘Romeri’ - personaggio de ‘L'innesto’ (1919) di Luigi Pirandello.