(in un Reparto di psichiatria)
Commedia brillante in due Atti di
Ambiente: Ospedale psichiatrico, Reparto C
Personaggi:
Professore Dicui Primario
Bi-dottore Perchia Paziente
Elena Chissafari Infermiera
In scena, sulla sinistra c’è, schematicamente, lo studio del Primario, a destra, come un’anticamera, c’è una porta dalla quale entrano in scena Elena seguito dal Perchia. Elena indossa il camice bianco, mentre Pecchia indossa il pigiama da paziente, ma coperto da una vistosa vestaglia di seta,
Il Primario è assorto nella lettura di alcune cartelle cliniche.
Elena–(donna trentenne vigorosa, al Perchia) Venga, venga con me, mi segua.
Perchia – (settantenne ben messo) Dove? Mi porta in un posto appartato per...
Elena – Ma la smetta. Andiamo dal Primario, il professore Dicui.
Perchia - No Del quale?
Elena - Ma cosa dice? Non si permetta! Il professore Dicui è un luminare...
Perchia- E io sono un illuminato. e allora?
Elena - E allora mi segua e basta. E si ricordi che lei è un paziente.
Perchia- Me lo ricordo: Sarò paziente (la guarda maliziosamente).
Elena- Non ricominciamo con questo gioco di parole allusive. Poi, la prego, io qui ci lavoro, per favore...
Perchia- Con le parole io ci gioco. Con lei no, lo sa perchè?
Elena- Perchè, di grazia.
Perchia- (disorientato) E chi sarebbe questo Di Grazia? Un altro vostro paziente pazientemente pazienzioso? Ho forse un concorrente?
Elena- Cavolo (tre se) - per non dire: Cazzo! Basta così, sennò la riporto in Reparto.
Perchia- Mih, ma con lei non si può scherzare...
Elena- Scherzare, scherzare...lo so. lei scherza, ma a me lei mi disorienta. Io non ci so fare con il gioco delle parole, come fa lei. Eccoci. (davanti alla presunta porta, fermandosi e parlando al paziente seriamente) Allora, per piacere, calma e bussiamo, va bene? E... mi raccomando!
Perchia- Stia tranquilla, sono tranquillo... io più di lei... ed è tutto dire.
Elena- Bene, grazie, ma io, per il suo bene, con il professore le raccomanderei la massima prudenza- sa è esigente col personale e coi pazienti.
Perchia- Stia serena...sono calmissimo e non sono affatto esigente. (poi guardandola meglio da vicino) Ma perchè mi vuol parlare?
Elena – Questo glielo dirà il professore. Calma, sempre calma, eh?
Perchia- Sa che la vedo nervosetta.
Elena- Sssiii, solo ora. ( poi seriamente) Ma cosa crede? Pensa che è semplice avere a che fare con lei... mi ... mi insomma, mi innervosisce, ecco!
Perchia- (ironico) Si faccia controllare dal suo Dicui.
Elena – E invece deve essere lei a farsi ricontrollare il suo cervello.
Perchia- Ma come si permette!!
Elena – Ecche è? Ecco i permalosi. Ecco, i tipi come lei, che se gli si consiglia di recarsi dall’Ortopedico perchè hanno da farsi aggiustare un braccio slogato, non si offendono, anzi ringraziano; così col dentista, l’oculista ecc. ecc.; ma se hanno un problema alla testa al...cervello, e gli si consiglia di farsi visitare da uno Psichiatra, si inalberano. Precisamente come or ora ha fatto lei. Accidenti!
Perchia – Ok. Colpito e affondato. (poi conciliante e pomposamente ) E va bene Signorina Elena Chissaffari, fidata infermiera da sballo, diplomata alla Bocconi in Garbo e Comprensione (facendo il gesto di scappellarsi, poi di getto, facendo il birichino). ma con due sfere davanti e un bauletto dietro, più una boccuccia a culo di gallina...
Elena- (pungente) La prego non sia volgare! Fine! (piccola pausa, poi sorridendo professionalmente) Ok, abbiamo giochicchiato un po’, ma adesso basta, eh? (poi, prima di bussare alla porta del primario, gli fa cenno del silenzio col dito)
Perchia – (sommessamente, inchinandosi galantemente) Mi scuso in modo ufficiale e ufficioso, nonchè col capo cosparso di cenere, (poi serio) mio angelo custode.
Elena – Così va bene. (si compone poi bussa alla porta)
Dicui- Avanti.
Elena - Professore, permesso, le ho condotto il paziente, il signor Perchia.
Perchia - (a Elena che rimane sorpresa, in modo ostentato, confidenziale, quindi sorridente ammiccante) Per lei... per lei potrei essere anche bi- dottore, e se vuole- se vuole - anche bi-dottore... mancato.
Elena – (sconsolata allargando le braccia) Quello che dice lei. (poi rivolta al professore) Professore, che faccio? Aspetto fuori?
Dicui – (cinquantenne elegante, sotto il camice bianchissimo) Certamente, grazie Elena. (poi a Perchia) Venga avanti...dottore...s’accomodi. (accenna alla sedia di fronte allo scrittoio)
Perchia – Grazie, (sedendosi comodamente) ma anche Maestro... anzi solo Maestro, se non le dispiace.
Da questo momento in poi l’attore resterà seduto, ma alcune volte si alzerà- a soggetto, fino a sedersi su una poltrona, posta accanto allo scrittoio, accavallando le gambe. Egli, durante le lunghe tirate, si muoverà, sempre a soggetto, avendo cura di poggiare le mani sullo scrittoio, nelle battute quando egli vuole affermare categoricamente l’argomento da esporre. Dicui farà la controscena.
Dicui - Maestro? Non più dottore? (Perchia annuisce) Bene, e mi dica Maestro di che?
Perchia – Come Maestro di che? (scandalizzato, poi ampolloso) Come di che...ma, ma sappia Eccellentissimo professore che io, per la semplice condizione di scrittore anziano, sono omaggiato col titolo di Maestro; poi sono Maestro perchè scrivo per il Teatro, e Maestro perchè sono Regista, e ancora Maestro perchè sono pittore e, infine in piccolo un Maestrino poeta. E’ contento?
Dicui - Io? (allargando le braccia in forma di resa) Ma per carità...
Perchia - ...di cosa?
Dicui - ...come cosa, ma di...di qualsiasi cosa. (poi assume l’aria professionale) Allora come si sente oggi?
Perchia – Dopotutto bene, in perfetta condizione e forma...
Dicui- ... e si vede. E quindi il mal di testa terribile di ieri sera le è passato.
Perchia - Passato prossimo e remoto. Passiamo al futuro.
Dicui- Spiritoso. E mi dica, dopo la cura sente ancora le voci?
Perchia – (incredulo, quasi scandalizzato) Di quali voci parla?
Dicui- Ma di quelli che lei afferma di sentire.
Perchia- Ah, quelle voci, anzi quella voce che sarebbe la mie stessa voce. Vede io parlo con me stesso e mi rispondo.
Dicui- Quindi?
Perchia- Quindi dialogo con me stesso. Ovvio.
Dicui – Capisco: Ego, Super Ego e Es.
Perchia – Io con quello non ci parlo.
Dicui. Con Es?
Perchia – No, con quel rompiballe di Super ego. Io dialogo con Es è più genuino. Insomma, per me è un ottimo interlocutore.
Dicui - Beh, affari suoi. Però, sappia che continuando così, coi ”consigli” di Es, per lei, il futuro sarà sempre un poco di più problematico.
Perchia – Poco o più?
Dicui- Secondo le possibili circostanze. Allora, dica?
Perchia – Dica, dica, dica... orbene io dico, asserisco e affermo che dalla letteratura tragediografa greca in poi, è normale parlare con se stesso, o come dice lei, Superego o Es, specialmente per un artista.
Dicui - Lo so, lo so, i tragediografi – eccome – ma ora non stiamo scoprendo l’America. (quasi seccato, ma, poi più serioso) Quindi su questo tasto non si suona, semmai ci si potrebbe giocare sopra.
Perchia – Suonare? giocare? oh bella. (tra se) Questo mi mancava...comporre, suonare, cantare...( come ispirato) solfeggiare.
Dicui- Maestro, vogliamo parlare seriamente o dobbiamo ancora cazzeggiare?
Perchia - Lo preferirei, ma lei non è d’accordo.
Dicui – Certamente! Alla buonora.(pausa) Quindi lei afferma che parlando con se stesso non sproloquia. Esatto?
Perchia- (pensieroso) Esatto, esatto...c’è solo un esatto esatto. Allora in che senso l’esatto lo dice esatto? In che senso? Dica, dica...
Dicui- In che senso? ( tra se) Accidenti a lui (poi al Perchia), ovvio, nel senso di sapere circa le sue condizioni passate, presenti e forse anche future (ironicamente) O c’è sopra, come dire? un problemino cognitivo...
Perchia – (pensieroso ) Cognitivo, cognitivo...sopra...sopra...oddio, sopra che cosa? di che genere? (pensieroso) di che genere.
Dicui – (quasi sbuffando) Del genere che il suo cervello deve essere messo un po’ a ...riposo, indi smontato, revisionato e ricompattato.
Perchia- (soprassalendo) A riposo? Smontato? Revisionato? Ricompattato? Ma, è incredibile! Ma quando mai! Non si permetta di spegnere il mio cervello, la diffido! Ufficialmente per giusta causa (dopo, con calma) Eppoi chi lo dice? E perchè?
Dicui - Perchè lo dico io, che sono medico e Primario di questo Reparto psichiatrico. Il perchè è presto detto: Vuole sapere il motivo?
Perchia – (pensieroso) Perbacco, ritorniamo alla musica.
Dicui – (che ha sentito solo musica Ebbene, musica, ovvero il leit- motiv è semplice: Lei è ancora malato.
Perchia- Malato di che?
Dicui – (con un gesto di uno che è seccato) Malato di...cognizione remota, presente e futura, come a lei piace affermare.( di getto) In una parola, lei delira, sproloquia!
Perchia- Deliro? Sproloquio? Oh questa è bella. E mi dica, come deliro? Faccio profezie, straparlo, oppure dico parole o gesti assurdi, che confluiscono in un pericolo sociale? E come sproloquio?
Dicui- (conciliante) Sono interdipendenti, diciamo qualcosa di simile. Vede caro amico...
Perchia – Caro amico? di chi?
Dicui- Di nulla. Di nessuno. E’ un modo di dire del nostro lessico, per cercare di stemperare la tensione e parlare amichevolmente.
Perchia-Ah, si? E come-
Dicui- Così, colloquiando bonariamente si tolgono le barriere gerarchiche e...
Perchia- ...e “A Noi!” (alza il braccio nel gesto del saluto fascista)
Dicui- Ma su, Maestro, sia serio, perbacco. Insomma sono soltanto modi di dire. Quindi volevo significare che lei, insomma, non che lei sia un violento, no mai! Però...
Perchia –Però? (ammiccante) Benissimo! E allora? Significativamente, cioè, sarebbe a dire, per cui ...insomma, come dire? sono innocuo, vero?
Dicui –(il Professore è imbarazzato nel sostenere il dialogo surreale un po’ pazzoide col Pecchia, sposta alcuni oggetti dallo scrittoio, e intanto cerca di riportarlo verso l’ufficialità) E allora, insomma si, però, non si sa mai, in certe circostanze... ovviamente ci sarebbero delle responsabilità oggettive, quindi, insomma, (poi per togliersi dall’imbarazzo afferma). Oh basta! basta e comunque sempre basta, lei deve continuare a curarsi.
Perchia - Io? E di che?
Dicui- Dei problemi della sua mente...contorta.
Perchia- La mia mente... contorta? Ah si?
Dicui- Certamente. Affermo e dico: Lei sproloquia, straparla, delira, dice parole assurde e inconcludenti, eccetera, eccetera.
Perchia- (pensieroso, poi deciso) Pure eccetera eccetera e cosa significa? Non si parlava di... Oddio ...di solo sproloquio? No! Giammai! (chinandosi verso lo scrittoio) Vede Fiorito Professorone, come le dissi, io dialogo con me stesso perchè... perchè...(disorientato, come se avesse perduto il filo) perchè... perchè, ah ecco, insomma lo fanno tutti i drammaturghi, che agiscono così, per assegnare le battute ai personaggi che creano componendo un’opera teatrale. E’ il nostro lavoro.
Dicui – E cosa c’entra ciò? Le battute sono battute, il lavoro è il lavoro...senta ora lei è qui per curarsi e non per scrivere una commedia...
Perchia- ...Dramma, direi...
Dicui- ...Dramma, come vuole, ma lei è qui perchè ha alcuni problemi, direi, della psiche, quindi il suo vaneggiare è la pura dimostrazione che lei è anche un visionario in pectore, per cui il suo cervello, alcune volte, le va in Tilt, e quindi dev’essere sottoposto alle cure necessarie.
Perchia - Assurdo! Vaneggiare! (gesticola come dire: sciocchezze, stupidaggini etc)
Dicui- ...Sproloquiare...
Perchia - ...Visionario! Vaneggiare! Sproloquiare...(attimo di riflessione) Quindi lei afferma che per il semplice fatto che io fantastico sarei un visionario che sproloquia? e dimostrerei che la mia mente è contorta? (battendosi la mano sulla coscia) Oh, questa è bella, è una tesi molto “carina”. (fa una sardonica risatina, poi serio) Ma lei ha mai letto Luigi Pirandello?
Dicui- (tra se) Adesso pure Pirandello - ci mancava. (poi a Perchia) Va bene, va bene, egli tratta e parla di pazzia...va bene...ed è proprio questa la mia materia.
Perchia - (interrompendolo) No, no! Calma, calma Egregio professore, io voglio solo farle ricordare cosa disse una volta don Luigino...
Dicui- ... e chi sarebbe questo don Luigino?
Perchia- Ma il nostro Pirandello, nonchè premio Nobel ecc. ecc., ecco gli autori anziani, confidenzialmente, ma con rispetto, gli si rivolgono così.
Dicui- Si rivolgono...Vi rivolgete? come...se fosse vivo?
Perchia –Non proprio, ma anche come se non lo fosse, insomma egli è sempre presente. Un grande, sa? Ed è il mio Maestro Putativo! (pavoneggiandosi)
Dicui- (tra se) Eppoi dicono che non sono matti. (poi al Perchia) Comunque basta, non continui, tutti conosciamo il grande drammaturgo, non aggiunga altro.
Perchia- Certamente. ma non tutti ricordano quello che una volta disse di se.
Dicui- (Pazientemente) Eccone un’altra. Avanti, lo dica, eppoi parleremo di lei.
Perchia- Di lei di me? Che onore! Ottimo. Certo, certo (pausa come se volesse trovare le giuste parole, che non trova, va in confusione) Dunque, deve sapere, allora...mah...( come se avesse perso il filo del discorso) ah, ecco: Allora Lui disse: A me i personaggi mi giungono nello studio sul far della sera. Essi si materializzano, entrano e parlano con me, e io li ascolto. Sento i loro bisogni, le loro pene, i loro vizi, le aspirazioni, i progetti, le opinioni, e li trascrivo in opere teatrali, da mettere in scena.
Dicui - E cosa mi vorrebbe dire con ciò?
Perchia- Che un Artista, prima di scrivere ha già pensato cosa scrivere; eppoi, nel tratteggiare il personaggio, egli lo ha già precedentemente discusso ed abbozzato e spesso, addirittura, elaborando i dialoghi parlando tra se stesso medesimo. (poi con un sospiro), E questo faccio io, immeritatamente.
Dicui- (dopo aver ascoltato con pazienza ostentata) Ora basta per favore, maestro, torniamo a lei.
Perchia- Presente! (scatta sull’attenti)
Dicui- Bene, così va bene. Allora, al netto delle sue necessità artistiche. Cosa mi dice delle sue visioni? dei suoi umori? delle sue esaltazioni? Esse si sono attutite con le nostre terapie?
Perchia- Un momento, un momento. (riflette) Quindi lei afferma che la mia afflizione a cosa sia dovuta, per caso, alla mia mente malata?
Dicui- (decisamente) Niente per caso! E’! Comunque... la sua afflizione...(indeciso, poi di getto) ohè e va bene, eccola servita: Disturbi dell’umore ovvero Ciclotimia, fobia, disturbo ossessivo compulsivo, disforia, eccetera eccetera.
Perchia – Oh Dio! Ancora gli eccetera... ma, con questo allora lei afferma che io sono... sono (si perde confondendosi) ecco ci sono: sono ben fornito. (poi solennemente) Bene, e in parole povere sono?
Dicui – Già, in parole povere... a parte i cinque “ sono” narcisistiche da lei testé pronunciate, ecco, in parole povere, le riassumo il concetto: lei è un soggetto compulsivo bipolare, schizoide e visionario inconsapevole.
Perchia- (fihuuu, fischio) Che pomposità, me ne compiaccio, sa? E la ringrazio (inchinandosi) .
Dicui- (scombussolato) Ma...ma di cosa?
Perchia – Come di cosa? (poi invocando il cielo) Oddio, che notizia! (prima ironico, poi con tono sicuro) Ma, per Bacco, quindi per lei io sarei un visionario... come dire un visionario fantasioso? Si?
Dicui - (annoiato) Non proprio...pressappoco.
Perchia - ... ( pensieroso) Visionario... fantasioso... pressappoco (poi deciso) e quindi, ne deduco, che per lei la Fantasia è una patologia... (ironico quasi tra se) perbacco,(si guarda attorno) questa si che è bella: non sapevo che la Fantasia fosse una malattia...
Dicui – (che ha sentito) ... per me e per la scienza: essa può essere, come nel caso specifico, una patologia logico-cognitiva compulsiva, che sfocia nel fantasticare tra il possibile e l’impossibile, tra il reale e l’irreale, e ora basta. Parliamo seriamente.
Perchia- Della fantasia? Parlarne non è serietà? ma per Giove Pluvio protettore degli scienziati incazzati...
Dicui – (perdendo la pazienza, battendo la mano sul piano) Ora basta, accidenti già mi sta facendo confondere con le sue elucubrazioni pirandelliane, e ora mi mette in campo anche Giove, Giove...
Perchia -...Pluvio.
Dicui - Mavvia! (contrariato, fa un gesto quasi di stizza).
Perchia – (inchinandosi sullo scrittoio, visibilmente preoccupato) Si calmi, si calmi professore, il malato sono io, lo sa? Vuole un bicchiere d’acqua? Chiamo la Chissaffari?
Dicui- (tentando di ricomporsi) Non faccia lo spiritoso. Sono calmo, sono calmissimo. Orbene la sua, come lei la chiama... ecco: fantasia, è un derivato del bipolarismo aggiunto a...
Perchia- ... (interrompendolo, esaltato ) Tutto qui? Solo questo? E basta? (riflettendo) Accidenti! Ne informerò il Padre Eterno.
Dicui - Non sia blasfemo, la prego.
Perchia - Ma certo che non lo sono. Lassù, diciamo così, me l’hanno donata, e lei la contesta? Come si permette? Ma lo sa che è lei ora che sta bestemmiando? ( gesto come dire: e va’ bene) Allora glielo spiego subito, ecco: Lei ha mai saputo, per caso, che esistono uomini con talenti diversi? (il professore annuisce) Certamente! Ecco a me è capitato di avere il Talento della Fantasia. Ma lei ne ha idea, o almeno: lo sa per caso cosa veramente cosa significa ciò? (il professore fa un gesto di noia) E allora sono costretto a spiegarglielo: Significa che io sono parente stretto dei sogni, delle visioni, delle rappresentazioni logiche e illogiche, che sono oggetto di emozioni, languori, esaltazione, dell’animo umano, il quale si bea, si gode il Sublime che sgorga dall’Arte. Arte che è generata dalla Fantasia la quale mostra ciò che non esisteva, ma che dopo esiste, sbalordendo l’Uomo, che vede l’inesistente, generato dalle frasi di un Narratore, delle battute di un Drammaturgo, dal genio di un Regista, dal pennello di un Pittore, dal verso del Poeta, della melodia del Musicista.
Delcui – (ponendosi la testa fra le mani) Orribile! Invenzioni puerili. Mavvia, sia serio.
Perchia –(sobbalzando) Mi taccia di superficialità? (Delcui, mima che: è così) Oddio, cosa odono le mie vecchie orecchie e vedono i miei occhi stracchi. Orbene, io sono serissimo e documentatissimo. Sentiamo: Lei, Professore ha studiato Medicina per diventare Psichiatria, nevvero? (il professore, annuisce per compiacerlo) Alla buonora. Io invece ho studiato Lettere per coltivarmi ed essere all’altezza della Comprensione - e attuarla, non devo far altro. Nulla di più. Per sua informazione, mi ascolti bene ( gesto maestoso) Ecco la magia: Quando arriva l’ispirazione, e ci avvolge e travolge la Fantasia- come ondate di calore, di colore, di musica, di visioni - essa si lascia leggere, capire, interpretare, io l’accolgo e la coccolo, poi la annuso, la interiorizzo per saperla usare- che brutto termine, vero? meglio incanalare, avvincere, in me. ( con tono suadente) Vede, professore miscredente, posseduto da quella “mavaria”, l’Autore si trasferisce in un Mondo magico, in una dimensione quasi onirica, in taluni casi allucinante, e la sua Arte prende il volo, s’innalza al di sopra dell’Uomo, in alto, in un Mondo misterioso che solo Lui conosce e, da lì guarda le stelle, le esplora, le saggia e attinge genialità, e con la Fantasia, la sparge a manciate sulla Terra, sotto forma d’Opere Poetiche, che toccano i sentimenti più profondi del cuore umano. E lo arricchiscono, ma facendolo prima patire in situazione drammatiche, grottesche, per poi portarlo verso l’Umorismo, l’ironia e poi la Poesia, e infine, ecco emergere la Disillusione dell’Amore, e il cerchio man mano si chiude: Quindi la stanchezza e la morte. (simula la stanchezza e la morte, poi fa una lunga pausa di raccoglimento mentre, di sottecchi, osserva il primario che prende appunti).
Dicui –(chino sulle carte) Benissimo, bella esposizione da trenta e lode. Ma ora...(intanto ne sceglie una e concentrandosi scrive, sempre osservato attentamente dal Perchia) vediamo un po’...
Lentamente le luci calano, musica adatta e fine 1° atto.
Secondo Atto
Riprendono le luci, musica appropriata. La scena è uguale a quella del primo atto,
In scena ci sono il Professore Dicui e il Perchia.
Dicui.- (legge quasi tra se quello che ha scritto, lo mette in una cartellina, quindi si rivolge al Perchia, che l’osservava ansioso) Allora, per me la sua convocazione è finita. Può andare.
Pecchia – Andare dove?
Dicui – In corsia, dove vorrebbe andare?
Pecchia – Quindi lei, (rafforzativo) lei, ha già tratto le conclusioni? E mi dica, cosa ha concluso conclusionando a modo suo? Che sono pazzo? Lo sapevo già – trovandomi, incolpevole, qui, al suo dotto e inquisitorio cospetto- Ma, non crede che forse sarebbe meglio se si provasse a capirmi?
Dicui- Oh, ma guarda, adesso mi contesta le mie capacità professionali? Dica, dica, cosa mi consiglia di scrivere su questi moduli, che è guarito? Giammai! che è sereno? manco per idea! che è innocuo? Beh, questo si, ecco, l’ho scritto qui, (ironicamente) ecco si compiaccia di leggerla... (ma non gliela consegna, anzi la ritira lentamente).
Perchia- (interrompendolo) ... No! No! e che mi crede così stupido d’abboccare alle sue provocazioni? Lei faccia le sue considerazioni, mi mandi al Reparto, mi metta in sorveglianza speciale, mi condanni a pane e acqua, ma non mi piegherà, perchè io RAGIONO, ragiono a modo mio, ma ragiono. E se lei mi permetteva- nel primo atto – di concludere il mio ragionamento, se ne sarebbe accorto.
Dicui – Ma non aveva terminato?
Perchia - Niente affatto!
Dicui – (accondiscendente, ma anche contrariato) E sia, se la sua conclusione è breve, faccia, faccia pure, l’ascolto.
Perchia – Alla buon’ora. (calmandosi, poi con aria professorale ) Carissimo il mio Professore, le spiego: La Fantasia è contigua all’Immaginazione che è la madre dell’Alternativa, che , alcune volte, sfocia nella Pazzia, ma spessissimo nell’Intelligenza pura... oppure... nel nulla: Ecco (cerca di trovare le parole adatte, poi apre le braccia e con il tremolio delle mani evoca l’arrivo della visione) la visone, la magica, mitica e stupenda visione. Essa viene emanata da un’immagine della Fantasia. E’ la Fantasia è il Dono dell’Eterno, o di chi per Lui, come effetto, e quindi viene elargita copiosamente a chi ne ha le capacità ricettive. Ecco, ad esempio, se lei non avesse quel telefonino non potrebbe ascoltare la parole di sua moglie che le chiede se si ricorda del vostro anniversario – naturalmente è un esempio, magari banale, per dire che ci vuole il mezzo, nel caso il telefono, per ascoltare la voce -Voce che irrompe dagli abissi ancestrali, che il cervello dell’Artista decodifica. Ecco cos’è il mio Talento, è il ricettore del nascosto che si palesa - che poi può essere presentato sotto forme diverse, a seconda le facoltà di chi è predisposto. Mi spiego?
Dicui- Si spiega, si spiega, ma lei sta filosofando, e malamente. Parla a casaccio, dice e nega. Ma (agitando il foglio) questo è proprio il sintomo della sua patologia - ormai certa.
Perchia – (ironico) Davvero?
Dicui- Non ci sono dubbi.
Perchia- (dopo una piccola pausa) Senta, signor sintomo patologico, le faccio una domanda semplice semplice: Sulle ordinate dell’Eternità e sulla ascisse dell’Infinito, mi saprebbe indicare il suo punto?
Dicui - Ma che assurdità. (gesto come per dire: ci siamo, e basta!)
Perchia – (esultando) Ecco l’ha detto assurdità- per lei. Ma per l’Artista, quel punto, è un gesto, un segno, un verso, un tratto, una nota e si pone quel punto che è stato desiderato...con la Fantasia. Ed ecco allora, che Essa, trasferisce l’Autore in un Mondo Magico, in una Dimensione quasi onirica, in taluni casi allucinante, (il professore annuisce) e con la sua Arte prende il volo, s’innalza al di sopra (gesto appropriato) dell’Uomo, in alto, in un Mondo misterioso che solo Lui conosce e, da lì guarda le stelle, le esplora, le saggia e attinge genialità, la prende e la sparge a manciate sulla Terra, sotto forma d’Opere poetiche, che toccano i sentimenti più profondi del cuore umano...
Dicui – ...Questo l’ha già esposto...
Perchia - ... Repetita iuvant! Dicevo: Eeeee... ah ecco, ci sono...forse, comunque: lo arricchiscono..., ma chi? Ah, l’Uomo, e già ...facendolo prima patire in situazione drammatiche, grottesche, per poi portarlo, come le già dissi, verso l’Umorismo, l’Ironia, fino alla Poesia Pura, ed ecco che poi, ( si intristisce) ecco che, a volte, si tramuta nella Disillusione dell’Amore. Punto! che può essere la fine di tutto! di tutto... di tutto. (poi come scuotendosi per riprendere) Che casino!
Dicui – Confermo! la confusione è palese...
Perchia- Che fa? ci riprova?
Dicui - Ok, si è sfogato? ora basta. I fatti concreti sono che la sua salute psichica è a pezzi. Bisognerà ricomporla, e ci vuole tempo, e, soprattutto ci vuole la sua partecipazione alle terapie.
Pecchia – Tutto qui? Specchiato Professore, (pazientemente, poi solennemente) mi ascolti bene...
Dicui –...eccomi, sono tutto orecchie...
Pecchia - ... (occhiataccia di Pecchia) e le ripeto per il suo arrugginito comprendonio che la Fantasia è contigua all’Immaginazione che è la madre dell’Alternativa...
Dicui – ... che, alcune volte, sfocia nell’Intelligenza.. o nella pazzia...
Pecchia – (tra se) Ma guarda un po’, ha capito...
Dicui - ... Appunto! La pazzia! Ed ecco, che ci siamo! Lei, con questa filosofia spicciola, conferma la mia diagnosi (sventola il foglio) .
Perchia - Bonu, va’. (con stizza) Accidenti e non sventoli quel stramaledetto foglio!
Dicui- (accorgendosi che lo stava eccitando) Non ci faccia caso, è una mia cattiva abitudine (smettendo subito di sventolare)
Perchia- (ironico) Grazie mille.. Ed eccoci arrivati al punto focale!
Dicui –(disorientato) Come Punto focale? A cosa si riferisce?
Perchia- A questo: (assumendo lui l’aria professorale) Chiarissimo Professorone- mi permetta di usare quel termine, senza voler essere ironico, satirico, sardonico o offensivo, per carità. Ella deve capire che la contiguità è quella che ho proprio ora dimostrato: Ma chi è capace di concupirla? Lei, io, l’uomo della strada? Nossignore! E’ il Filosofo! che si esprime maneggiando l’oggetto, l’idea, l’intuizione, cercando di capirle nelle loro proprie spigolature e traendone conseguenze, possibili sentenze, carpire opinioni, dettami, composizioni, strutture, regole, leggi e proprietà di quelle elucubrazioni filosofiche, che con un afflato dell’Agapè, gli porge proprio la Fantasia- attraverso anche alla Parola dell’Arte, ( confondendosi)... quindi... quindi... ah, ecco: senza questi passaggi astratti chiamandoli fantastici- per comodità- il Pensiero del Filosofo, non sarebbe pervenuto a noi, attraverso la millenaria storia, e, conseguentemente, noi non l’avremmo mai conosciuto. Concludendo: quindi, è grazie ad essi, che Socrate e i suoi geniali compagni, antichi e moderni, con le loro dotte elucubrazioni, sono arrivate fino a noi, poveri sonnacchiosi mortali. Ecco: In atto si potrebbe pure affermare che la Fantasia è madre della Filosofia...
Dicui- ... anche di questa? Ma quante figlie ha la sua Fantasia? (canterellando) contigua all’immaginazione, madre dell’alternativa e, infine nonna di sua nipote la Pazzia – aggiungo io (dubbioso) o l’ha detto lei? non ha importanza- con la quale lei - seppur, diciamo così, involontariamente- sta confermando la mia diagnosi. (dispiacendosi poi scuotendo la testa) Peccato che ella non mi compiace con qualche progresso cognitivo- generativo, di tipo maniacale di cui è affetto. Un vero peccato... dopo mesi di cure...
Perchia- Evvai! (poi sempre con la stessa aria di cui sopra) Esimio Professorone, Lei sta usando, in questo preciso momento, proprio la Fantasia per descrivere il mio approccio fantasioso alla Filosofia. Me ne compiaccio. Davvero! Finalmente siamo d’accordo! (poi sbrigativamente) E adesso la saluto perchè mi urge il bisogno di mettere per iscritto questo dialogo, da usare in qualche commedia di costume.(poi, detto confidenzialmente ) Sa? Mi si è accesa una scintilla... (preoccupato) la prego, non me la soffochi, non me la spenga, (congiungendo le mani) con questa sua ossessione compulsiva circa la mia coercizione o fissazione (lo sguardo implorante) .
Dicui- (allarga le braccia sconsolato, poi come per guadagnare tempo, sposta alcuni oggetti, tra i quali una cornicetta portafotografie). Vedremo, vedremo. Bene, intanto, per me oggi, questo basta così, il colloquio è finito, può andare.
Perchia – Grazie professorone. (equivocando, con le braccia larghe, come per ricambiare l’abbraccio, e si avvicina allo scrittoio del professore. Poi si ferma ad osservare meglio una fotografia incorniciata, spostata precedentemente dal professore, la gira verso di se, la osserva, quindi dice) Ah, eccola dov’è finita. (indicandola a invisibili osservatori)
Dicui- (guardando interrogativamente Perchia) Finita? Finita cosa?
Perchia- La foto.
Dicui- Quale foto?
Perchia- Quella. (indica la foto sullo scrittoio)
Dicui- Ma questa è la foto di mia moglie.
Perchia- (minaccioso) Errore! Questa E’ mia moglie!
Dicui – (imbarazzato, preso alla sprovvista) Forse, probabilmente, credo che ella si stia confondendo...
Perchia – Niente affatto, ecchè, ora non riconoscerei mia moglie. Evvia professore...
Dicui – (allarmato) Ma sta parlando seriamente?
Perchia- E che le sembra che stia scherzando. Questa è mia moglie! ed esigo una spiegazione. Voglio, ho detto voglio! Anzi: Esigo e voglio sapere come mai questa foto che la ritrae, si trovi sul suo scrittoio.
Dicui- (alzandosi e assumendo l’aria professionale) Suvvia Maestro... (poi come se avesse avuto un’illuminazione, per blandirlo) Ma lo sa che gli antichi dicevano che ci sono sette persone uguali al mondo. Potrebbero...(viene interrotto categoricamente)
Perchia -...Non signore! Niente storie! Questa è proprio mia moglie... vede quel neo sul collo?
Dicui – (prende la foto in mano e sforzandosi a guardarla) Io non vedo alcun neo.
Perchia- Per forza, in questa foto lei ha il collo coperto. (quindi si gira come dire ai presunti presenti: ovvio.)
Dicui – (sforzandosi ad osserva la foto e battendo, poi, la mano sul lo scrittoio) Oh, Adesso basta! (irato con se stesso, poi calmandosi e come per non contrariarlo, parlando con sforzata calma ) Ci sono: Potrebbero essere sorelle, mia moglie e la sua, no?
Perchia- E vuole che io non sappia se ho una cognata? Qui lei, esimio professore mi deve una spiegazione logica: Le ridico: Cosa ci fa questo foto sul suo scrittoio. Punto! (s’aggiusta, teatralmente, la giacca)
Dicui- (togliendo la foto e mettendola nel cassetto) Ecco non c’è più. E’ contento?
Perchia- Ma lei mi vuole minchionare? Lei non solo mi ha cornuficato, ma mi sta pure prendendomi per uno scemo? (pomposamente) Quindi, a questo punto, io devo, dico: devo! (breve pausa, poi con un sogghigno) devo per forza difendere il mio onore. Come? ma semplice:(allargando le braccia) Uccidendola!
Dicui- (premendo un pulsante posto sotto il piano dello scrittoio) Si calmi Maestro, sono disposto a darle le dovute soddisfazione. Ma con calma, sa?
Perchia- (con tono pomposo, poi prendendo un tagliacarte dallo scrittoio e giocarellandoci ) Queste offese si lavano col sangue, mi segue? (le parole sono dette con il cipiglio dell’inquisitore) Quindi...
Dicui- Ma, per carità, la smetta, non sia drammatico, la prego posi quell’oggetto da tragedia. (poi persuasivo) Insomma ci dev’essere un equivoco.
Perchia – Ma allora lei è recidivo. Questa è la durlindana della giustizia dei mariti cornuficati. E, grazie a lei, io lo sono! (poi con un ghigno) Quindi io passo e chiudo. (resta perplesso, poi si riprende) No, volevo dire: Passo ai fatti! Per forza! (quindi impugna meglio il tagliacarte e fa le mosse come per colpire il professore al collo). In guardia fellone. (s’avanza e, poi, scatta in avanti) Eccoti servito, canaglia! ( il professore, istintivamente si scansa e Perchia perde l’equilibrio e fa volare il alto il tagliacarte, eppoi cerca di abbrancarsi allo scrittoio) Ahi! miserabile ti imboschi, non ti batti lealmente a singolar tenzone?
Intanto entra Elena che blocca il Perchia, il quale nel frattempo si era già calmato e chinato per raccogliere il tagliacarte).
Elena- Ehi, ehi, ehi e cosa mi combina dottore!(massaggiandolo al collo ) Suvvia Maestro...bi-dottore. Stia calmo, (lo prende per le mani anche per toglierle il tagliacarte) il singolar tenzone lo farà un’altra volta, intanto per ora venga con me. Suvvia, tranquillo...buonino (lo blandisce, accarezzandolo).
Pecchia – (vedendo l’operazione di Elena) No, quello lo porto via con me ( Glielo toglie dalle mani).
Elena- Dia a me la sua durlindana (dolcemente glielo ritoglie) la porto ad affilare.
Pecchia- Ehi, che storia è questa Chissaffari? E mi crede pazzo pure lei? Questo è un miserabile tagliacarte.
Elena- (sospirando, poggiandolo sullo scrittoio) E mi pareva...
Perchia- ( guardandola solennemente) Scudiero sotto vestigia femminei, amico mio...
Elena –( tra se) E’ tornato il paladino Orlando, pazienza.
Perchia- (poi cambiando tono, confidenzialmente) E di lui che ne facciamo? (indica il professore che si finge morto).
Elena- ( assecondandolo) E che ce ne frega a noi? Ci penseranno i colleghi becchini. Noi intanto ce la squagliamo alla chetichella. (simula il gesto, facendogli segna di non parlare)
Perchia- (da esaltato da un’ultima occhiata al professore) Te le sei meritato carogna! Sfidare un Paladino, sssì. ( poi tornato Paziente, a Elena, sottovoce, con aria di complicità) Si è cagato addosso, vero?
Elena – (sottovoce) Suvvia... burlone porti rispetto. (poi perentoria, per farsi sentire dal Professore) Andiamo!
Perchia –(scattando sull’attenti da esaltato Paladino) Comandi! Sono pronto, ormai ho lavato l’offesa! Perbacco! (poi, contando con le dita, quindi da paziente ) Ahu, gli ho detto: fellone, miserabile, e canaglia, e senza colpo ferire! Mih che soddisfazione! (gonfiandosi il petto) Andiamo mio fedele scudiero sotto mentite spoglie di Elena, mia infermiera preferita. (e si avvia a uscire dando un ultimo sguardo sdegnoso al professore, ma poi - per vedere la reazione del medesimo circa la conclusione della visita- indugia sull’uscio. Ma quando il professore farà la telefonata, egli incuriosito, si porrà in’ascolto.
Elena – Professore ...tutto...( fa il segno di OK, al professore).
Dicui- ( il professor, tergendosi il sudore dalla fronte e dal collo, annuendo) Tutto a posto, per fortuna...ma minchia chi scantu! Senti portalo in corsia e dagli una doppia dose di valium. (Perchia fa cenno con la mano per dire sta fresco eaccorcia, accorcia).
Elena- Sarà fatto. (esce, ma è fermata sull’uscio da Perchia che le impone il silenzio)
Dicui- ( molto innervosito scartabella tra le carte, aggiusta gli oggetti sulla scrittoio, poi rimane fermo. silenzioso, riflessivo, poi come se avesse trovato una risposta ai suo indugi ,prende il telefono e nervosamente compone un numero) Pronto? Amalia? (alla risposta assume l’aria docile, sottomessa) Senti una cosa Amaliuccia, mogliettina mia...(allontanando il telefono dall’orecchio) Calma, calma... cosa voglio? Nulla nulla,... ti controllo? Ma no! quando mai!... si... si...è... è solo per sentirti...ah, hai da fare? Vuol dire che ti rubo solo un minutino... si, ecco: Amalia, sei sicura di non avere una sorella gemella? ( la donna evidentemente risponde tra la sbalordita e l’ironica ) Si lo so, lo so... stavo scherzando... certo, certo, come dici tu, a volte dico scemenze... ah, le dico spesso? Cattivona (cenno con la mano). E scusami ancora, ah, intanto che ci siamo, (pausa d’imbarazzo) ecco ti vorrei fare una domandina semplice semplice...eh, lo so che non sei una mia paziente, ma abbi pazienza lo stesso. Ecco... brava... grazie, grazie ancora (indeciso, poi di getto) ti devo chiedere una cosina da nulla: (tergendosi il sudore dalla fronte) ecco, così, per pura curiosità, non è che per caso hai un piccolo neo sul collo?
La donna presumibilmente gli chiude la comunicazione. Il professore guarda il telefono, lo soppesa, poi, come se esso scottasse, lo chiude velocemente e ritira la mano.
Intanto Perchia ha seguito dall’uscio la tirata del professore, facendogli la controscena. Elena resterà muta, prima sbalordita, poi divertita.
Dicui – ( col volto incredulo, rivolto al pubblico) Minchia che figura!
Perchia, alla fine dell’ultima battuta del professore, terminerà la controscena, farà un passo avanti e, con un gesto della mano destra, col pollice e indice unito, come per dire al pubblico: Ecco fatto, avete visto?
Musica e sipario