Raccomandata a Dio
Atto unico di
Antonio Sapienza
Personaggi:
Anziano poi Cartabianca Calogero
Impiegata delle poste e Maria
Uomo, poi architetto e l’Arcangelo Gabriele
Sindaco e Gesù
Sulla scena ci sarà una separazione dello spazio tramite l’uso delle luci, Quando la scena si svolgerà a sinistra (sportello ufficio postale) verrà illuminata in bianco quella parte di palco, quando si sposterà a destra (ufficio del Sindaco) verrà illuminata l’altra metà del parco, sempre in bianco. Mentre quando la scena sarà quella dei santi, verrà illuminata al centro, in fondo, dalla luce gialla.
All’inizio dello spettacolo, con una adeguata musica, in scena c’è l’impiegata delle poste che è alle prese con il suo lavoro. Dopo un minuto, entra in scena l’uomo anziano, è Calogero Cartabianca egli si reca allo sportello e chiede di fare una raccomandata.
Cartabianca- Vorrei fare una raccomandata (mostra un plico)-
Impiegata- (prendendo il plico e leggendo l’indirizzo) Signore, manca il nome del destinatario… e anche l’indirizzo.-
Cartabianca- La raccomandata è indirizzata a Dio. L’indirizzo non lo so.-
Impiegata- Il nome del destinatario non basta. Ci vuole l’indirizzo.
Cartabianca- Non lo conosco. Ma dicono che Dio è in terra in cielo e in ogni posto, quindi…-
Impiegata- Il signor A dio?-
Cartabianca -…no Dio e basta.-
Impiegata-Ah, credevo A dio come …non so…il cognome Di dio, per esempio.-
Cartabianca- No, Dio, come creatore, fattore primo, motore dell’universo, ecc, ecc,-
Impiegata- Ho capito, Dio Dio… bene signore, (pesando la busta) Sarebbero… otto euro e cinquanta, ma le Poste italiane, per la consegna, non hanno un ufficio postale lassù. Ma se vuole un consiglio, risparmi la spesa, metta questa busta sul balcone e aspetti che il destinatario la venga a ritirare.-
Cartabianca- Non ho un balcone, ma una finestra.-
Impiegata- Meglio! La metta sul davanzale e …auguri-
Un uomo che aspettava il proprio turno, si intromette.
Uomo- (all’anziano) Guardi se vuole, con soli cinque euro provvederò personalmente a fargliela recapitare (indicando la busta).
Impiegata- Senta lei la smetta, e cerchi di non approfittarsi della… bontà di questo signore. (all’anziano, restituendo il plico) Allora siamo intesi?-
Cartabianca- (perplesso) Veramente …io… volevo anche la ricevuta di ritorno…-
Impiegata – (conciliante) Signore, la ricevuta di ritorno gliela farò avere io, stia tranquillo, gliela darò di presenza…quando arriva, torni fra due settimane.-
Cartabianca- (tentennante) Ma come farà…certo, ci sarà un mezzo… -
Impiegata- Ma certamente! Ecco sarà come una ventata…si, una ventata che la porterà direttamente al destinatario.-
Cartabianca- Come è possibile? una ventata? Ma è sicura…-
Impiegata- Eccome! Lei ha mai visto un angelo?-
Cartabianca- No… mai, ma perché me lo chiede?-
Impiegata- Perché un angelo- invisibile- verrebbe come un colpo di vento. Mi spiego?-
Cartabianca- (titubante) Già, può essere…va bene, d’accordo, per la ricevuta torno tra quindici giorni. Va bene?-
Impiegata-Va benissimo. Mi raccomando la busta la metta bene in vista.-
Cartabianca- Certo, farò così. (esce borbottando)-
Uomo, poi Architetto- Lo prende per il culo? Non si vergogna?-
Impiegata- No, ma che dice? Caro signore, io l’assecondo. Lei, invece voleva approfittarsi della sua ingenuità.-
Architetto- Macchè, io ho chiesto cinque euro per la consegna, per renderla più credibile. Comunque, poveretto… chissà cosa aveva scritto in quella lettera.-
Impiegata- Mi sarebbe piaciuto saperlo. Ma se la accettavo e poi l’aprivo, avrei commesso una scorrettezza nei confronti dell’anziano, e un illecito amministrativo e anche penale. Senza considerare che avrei dovuto accettare gli otto euro e cinquanta. No, meglio così.-
Architetto- No, non è meglio così. Qui siamo nel bel mezzo di un grosso problema esistenziale e sociale.(resta pensieroso)-
Impiegata- Sa che non ci avevo pensato? Io questa storiella l’ho presa alla leggera... –
Architetto- S’era visto. Ma qualcosa si deve pur fare.-
Impiegata – Cosa, secondo lei?-
Architetto- (riflettendo) Io avrei un’ideuzza: Seguo l’anziano, vedo dove abita e ritiro io la missiva.-
Impiegata – Non mi sembra una cattiva idea, ma è scorrettezza lo stesso. E in nome della nostra curiosità.-
Architetto- E perché? Non pensa che leggendo i motivi che, l’hanno indotta a scrivere a Dio, non possiamo aiutare quel poveretto?-
Impiegata- (annuendo) Certo, sarebbe anche giusto. Ci potremmo provare…Allora, senta, vada immediatamente, mi lasci la sua busta da spedire e, presto, rincorra l’anziano.-
Architetto- (lasciando la busta) Posta prioritaria. (esce precipitosamente) -
Impiegata- Tre euro, prego… (resta con la mano protesa) Mizzica che velocità.-
Breve breck con l’impiegata che riprende il suo lavoro, musica adatta. Dopo un minuto due, rientra trafelato per la corsa, l’uomo con in mano il plico.
Architetto- Ecco la raccomandata. (la mostra all’impiegata).-
Impiegata- (prendendola con molta cura, fiutandola e guardandola controluce) E ora che si fa?-
Architetto – Si apre, ovvio.-
Impiegata- (liberandosene come se scottasse) Io non l’apro.-
Architetto- Perché è una dipendente delle poste?-
Impiegata- Anche.-
Architetto- L’apro io. Mi dia il tagliacarte.-
Impiegata- (porgendolo) Non sarebbe meglio aprirla fuori dall’ufficio?-
Architetto- Brava, così il reato lo commetto solo io.-
Impiegata- Il reato sarebbe se l’aprissi io, ma lei…-
Architetto- (risoluto) Va bene, l’apro io, ma in sua presenza. (prende il tagliacarte e diligentemente apre la busta, tira fuori un foglio, lo stira, si sistema gli occhiali sul naso e lentamente legge ) Vediamo un po’… dunque… “Al Signore Iddio, ovunque si trovi. Il sottoscritto Cantabella Calogero, nato qui e residente qui, il 2 gennaio 1936, chiede alla signoria vostra illustrissima, di volerlo ricongiungere, al più presto, con mia propria moglie Caterina, e coi miei migliori amici, compagni di tressette e di briscola in quattro. Perché vostra signoria, come sicuramente saprà, si è preso mia moglie tre anni fa, poi il mio amico Giuseppe due anni fa, Giovanni l’anno scorso e Nino due mesi fa (quest’ultimi, mi dicono tutti col covid della malora). Ora sono solo- quella infezione mi ha risparmiato per darmi sofferenze e rimpianti- quindi, come dicevo, solo! ora, campo e non campo, ho perso il gusto alla vita, cosa ci sto a fare in questo mondo? Niente! È la fine! Oppure, diciamo, campare per continuare a prendere, dallo Stato, la misera pensione di vecchiaia? Mi creda, i miei soldi li regalo volentieri a chi è più povero e … meno pazzo di me: perchè io non li voglio più. Non mi servono più, perché ho deciso di smettere di mangiare. Non mangerò più, ecco! E’ peccato dire questo? E’ peccato pensare di voler morire? Dice che dovrei campare per i miei figli? E perché? Pensa vossia che a quelli gliene importa tanto di me? Nossignore! Pensano soltanto alla loro vita, alla propria famiglia. Io mi sono persuaso, in questi anni di vedovanza, che sono solo un “fastidio” per essi! O mi sbaglio? Vedete quaggiù si dice che i figli hanno le loro vite, i loro problemi, il lavoro, a loro volta i figli… e va bene, va bene… qualche volta si lavano la coscienza con una visitina, spesso breve ,ma…ma – ahò - diciamola tutta questa sacrosanta verità, diciamola una volta per tutte e scusate se oso: se ne fottono! Ecco Eccellenza, Io avevo la mia vecchietta, mio conforto e mio nume tutelante- si, tutelante perché vivere solo, alla mia età, porta con se anche dei piccoli, ma enormi problemi di qualità della vita. (faccio un esempio terra terra- sempre senza offesa per vostra signoria- quindi sempre per esempio: allora io, avendo problemi di prostata, se non corro subito al gabinetto per liberarmi, c’è la possibilità che me la faccio addosso… la pipì- con conseguenza di carattere pratico anche perché una volta indossavo mutande vere, cioè a pantaloncini con lo spacco centrale, ed era facile fare il bisogno. Adesso non più perchè questo tipo di mutande non ne vendono più: ci sono gli slip, stramaledetti, che per estrarre l’oggetto, insomma quello per l’occorrenza, come dire la fontanella, ci vuole un secolo, e intanto mi bagno di pipì mutande e qualche volta anche i complicati pantaloni moderni… e che la buonanima, pazientemente, me li lavava e io non puzzavo!) Ora, come dicevo, vossignoria se l’è presa; poi avevo i miei amici…e se ne sono andati, tutti morti…e io sono rimasto solo con la mia malinconia e la mia amarezza. Allora, ho deciso, voglio togliere l’incomodo a tutti, a tutto e al mondo intero, e si, sissignore, me ne voglio andare- e al più presto- Eccellenza, al più presto, al più presto, col suo prezioso aiuto- per non dover lasciarmi morire di fame. Chiedo troppo? Forse, ma lo desidero tanto. Ora, per finire, e non importunarvi più, mi tolgo dai piedi, ma confidando nella sicura benevolenza e comprensione, e ringraziando vostra eccellenza anticipatamente, mi firmo Cantabella Calogero (per gli amici Lillo).
Ad ogni buon conto, allego alla presente: la pagella rilasciata dalla scuola media Garibaldi; il foglio del congedo illimitato, col grado di caporale rilasciato dal comando della caserma Sammaruga; il certificato di battesimo e di vaccinazione e, ad ogni caso, anche la tessera sanitaria. P.s. Sono incensurato.”
Fine. Scrive anche bene, considerando la scarsa istruzione. Allora che gliene pare?-
Impiegata- Che è un uomo disperato e deciso. Quello, prima che muoia per fame, vuoi vedere che s’ammazza?-
Architetto- Di fame non credo proprio.-
Impiegata-Ma ni sembra che l’abbia menzionato questa possibilità.-
Architetto- Si, l’ha scritto, dice che non vuol più mangiare, però potrebbe fare qualche gesto inconsulto- come si dice oggigiorno per dire che, per raggiungere il suo obiettivo, quello s’ammazza! Ed è giusto lasciarlo solo e disperato? Possiamo restare a guardare un uomo che la vuol far finita con la vita? –
Impiegata- Certo che no. Ma noi, oltre a dargli l’illusione del recapito della raccomandata, cosa possiamo fare?-
Architetto- Una cosa è certa: non possiamo farcene carico…almeno io.-
Impiegata- E nemmeno io.-
Architetto-Ce ne laviamo le mani?-
Impiegata- No, macchè! Senta mi lasci riflettere: Visto che egli accampa soprattutto la mancanza della moglie e della compagnia degli amici, se potessimo trovargli al posto degli amici … certo almeno un’altra “cumarca”, magari, chessoio, in una pensione per anziani… un ospizio…-
Architetto- Ma è lui stesso a dire che ha una misera pensioncina, e in una struttura simile costa e non ci potrebbe andare. Dice in un ospizio? Non mi pare il caso, quello mi sembra ancora intellettualmente integro… a parte la raccomandata a Dio, s’intende.-
Impiegata- Sono d’accordo…. (pausa pensosa)-
Architetto-A che cosa pensa?-
Impiegata- Senta, stavo pensando che in paese c’è una struttura gestita dal Comune: E’ un Casa Albergo per anziani autosufficienti…potremmo parlare al Sindaco del caso di questo poveretto.-
Architetto- Eccellente idea. Ma non penso che sia un poveretto, è un disperato! Certo, lì troverebbe persone come lui e potrebbe rifare il quartetto della briscola in quattro, e… avere chi gli lava la biancheria. Già. Già una buonissima idea. Vada per la casa albero, proviamoci. Ma lei lo conosce bene il Sindaco?-
Impiegata- Bene bene no. Ma è un buon uomo e io ci proverei a parlargliene con fiducia, chissà se ci sono dei posti disponibili.-
Architetto- Speriamo di si. Benissimo, che aspettiamo, si va’?-
Impiegata- Si va’, ma dopo, quando chiudiamo.-
Architetto- A che ora?-
Impiegata- Alle quindici.-
Architetto – Bene, ci vediamo alle quindici…la raccomandata la tiene lei?-
Impiegata- No, meglio che la tenga lei. Io, nel frattempo, cerco di prendere appuntamento col Sindaco.-
Architetto. D’accordo. (esce, calano le luci).-
Riprende la scena al centro, luce gialla. In scena ci sono Gesù, Maria, e l’Arcangelo Gabriele, interpretati rispettivamente dal Sindaco, dall’impiegata e dall’uomo.
Gabriele – Eccellenza mentre ero in missione laggiù, su una finestra di una modesta abitazione, ho notato una lettera indirizzata alla vostra beatitudine, scritta da un vecchio postulante, quindi, immediatamente, ne ho fatto una copia (mostra la lettera) ed eccola qua. (la porge a Gesù).
Gesù- (prendendola e leggendola) La solita supplica, con argomenti un po’ insoliti, per la verità. Ma come si possono accontentare tutti questi postulanti che mi chiedono di lasciare il mondo. Sono troppi! (scuote il foglio come se avvertisse un impaccio, intanto passeggia riflettendo)... Troppi, sono veramente troppi.-
Gabriele- Eccellenza, in verità, dalle mie missioni sulla Terra… insomma laggiù, in questo periodo, c’è qualcosa di anormale… sembra un’epidemia come quelle del tempo passati; ma le vittime sono prevalentemente dei vecchi. Mai avuta, in quest’epoca, una situazione del genere sulla terra.-
Gesù- Certo, i vecchi insieme ai bambini, sono i più vulnerabili. E forse questi postulanti hanno un poco di ragione a richiedere di… di… insomma di morire, ma quando è troppo, è troppo! Ma ci pensi? Se facciamo tutte queste eccezione, comprendendo l’incontinenza, mettiamo in subbuglio, in soqquadro, sotto sopra, tutti i miei insegnamenti? E che ci andai a fare sulla Terra?-
Maria- …a salvare gli uomini…-
Gesù- (guardando meravigliato verso Maria) Va bene ci andai per quello. Ma parlavo dello spirito, non della materia. Insomma, se lo devono o no guadagnare il Paradiso? Ora se acconsentissimo tutti i desiderosi di togliersi la vita, supplicandoci e intenerendoci, ebbene andrebbe tutto a rotoli. E chi glielo dice, poi, a mio Padre…-
Maria- Tuo Padre capirebbe…-
Gesù- … Certamente: Uno, due casi, magare tre, ma non a centinaia, come in questo periodo.-
Gabriele – (timidamente) Eccellenza, i vecchi, come sappiamo, sono i più fragile, ma per questa epidemia, però, come dicono i governanti laggiù, sono i più esposti… insomma sono quelli che patiscono maggiormente di questa tragica situazione. E non c’è, per loro, solamente la morte, ma il malessere di morire da soli, in un letto d’ospedale, dove non possono essere visitati e confortati dai parenti, oppure restano in vita da soli, e con i disagi di dover affrontare i giorni terribili di questo male che si è abbattuto sugli uomini improvvisamente, dal nulla.
Gesù- Dal nulla? Gabriele, cerca di ricordare quello che hai visto nei tuoi viaggi di ricognizione che hai fatto gli ultimi tempi.-
Gabriele- Si certo, guerra, persecuzioni di popoli, eccidi, massacri, tremende tragedie in nome di qualcosa, di qualcuno… anche in nome vostro, Eccellenza…-
Gesù- Va bene, va bene, ma distinguiamo tra me e mio Padre, però. (pausa) Ebbene, trovatemi un escamotage e accontentiamo questo vecchio postulante.-
Maria- E se, invece, trovassimo un escamotage per fargli cambiare idea… magari venendo incontro alle sua necessità… chessò io, ecco, la solitudine, la voglia di vivere, il conforto di qualcuno.-
Gesù- Uhm, buona soluzione… e se lo mandassimo da un sacerdote?-
Gabriele- (con riverenza) Eccellenza, con tutto il rispetto, mi sembra una pessima idea.-
Gesù – Che hai contro i sacerdoti?-
Gabriele- Nulla, nulla eccellenza, solo che da qualche tempo a questa parte- chessò da quindici secoli, suppergiù- essi non godono più di una buona fama.-
Gesù- (risentito) Spiegati meglio.-
Gabriele- (cercando di rimediare) Naturalmente non tutti, eccellenza, non tutti… ma, come si dice, una mela marcia infetta tutto il paniere...-
Gesù- … e…-
Gabriele- (confuso e intimorito)… e nulla eccellenza nulla…comunque penso sempre che non sia una buona idea, così, a naso, nulla più. Pardon (s’allontana di qualche passo)-
Maria- Gesù, non sarebbe il caso di coinvolgere gli uomini?-
Gesù- Quali uomini? Chi, precisamente?-
Maria- Beh, Gabriele potrebbe scendere ancora giù, indagare, ricercare, osservare e riferire su qualcuno di quelli di laggiù che potrebbero aiutarci a risolvere il problema. In somma quel vecchio deve avere una risposta, lo dobbiamo alla giustizia, alla carità e alla fede. (avvicinandosi a Gesù con aria materna, ma nello stesso tempo implorante) Dai, fai uno sforzo, accetta d’inviare Gabriele laggiù (guardando Gabriele) il quale lo farebbe volentieri. Vero Gabrielino?-
Gabriele- Per obbedienza lo farei, senz’altro.-
Gesù- (che aveva guardato divertito la complicità dei due) E sia. Gabriele, nessuna forzatura, intesi?-
Gabriele- Intesi eccellenza.-
Gesù- E la missione dev’essere espletata nel più breve tempo possibile. Vai-
Gabriele- Volo!- (esce di scena saltellando).-
Maria- (soddisfatta) Hai fatto la cosa giusta, figliolo.-
Musica adatta, Maria prende il lavoro a maglia, Gesù guarda al telescopio e prende appunti. Dopo uno due minuti, rientra Gabriele.
Gabriele- (baldanzoso e soddisfatto, a Gesù, facendo segno di complicità a Maria) Individuati tre persone che possono eseguire i desideri di vostra Eccellenza.-
Gesù – (sempre osservando al telescopio) Ah si? Bene, riferisci (s’avvicina a Gabriele, il quale intimidito s’allontana indietreggiando di qualche passo)-
Gabriele- Ho individuato due uomini e una donna che potrebbero fare al coso nostro.-
Gesù- Sei sicuro? (Gabriele fa cenno di si) Si? E tu come lo sai?-
Gabriele- Eccellenza due essi si sono già interessati alla vicenda del vecchio postulante e vorrebbero aiutarlo, coinvolgendo una terza persona che, si suppone, che sia compassionevole.-
Gesù- Davvero? E come di grazia.-
Gabriele- Ecco, ho sentito che confabulavano tra loro per trovargli un luogo adatto affinchè il postulante possa rifarsi delle amicizie, possa essere accudito, possa sentirsi accolto…-
Gesù- Bravo. E quindi?-
Maria- Quindi dovresti entrare in scena tu, con tutta la tua autorità e con tutta la sapienza che certamente non ti manca.-
Gesù- Ho capito. Come al solito tu, con la tua pietà, imbrogli la matassa e io la devo sbrogliare. Va bene. Gabriele, sentimi bene (s’accosta all’orecchio e parla a bassa. Il pubblico non sente nulla). Hai capito bene?-
Gabriele – (esultante) Ho capito. Ho capito. Eccellenza siete un genio. Vado subito e metto in atto i vostri ordini.-
Gesù- (con aria di sufficienza) Ma che ordini, solo condiscendenza, pietà, carità…-
Maria- … e amore.-
Gesù- (finto rassegnato) E così sia.-
Illuminazione a destra, stanza del Sindaco, sono presenti l’impiegata e l’uomo.
Sindaco- (pensieroso, passeggiando nella stanza, con la raccomandata in mano) …Certo, l’ho letta attentamente, è un caso particolare, non c’è dubbio…però io sono con le mani legate…-
Architetto- Signor Sindaco, il gestore della casa ci ha confidato che il posto ci sarebbe, ce l’ha detto in confidenza, perché anche lui s’è persuaso che l’anziano ne avrebbe tutto il diritto di occuparlo, quindi…-
Sindaco- Quindi nulla! Il gestore è solo il gestore. Io ne ho la responsabilità politica e amministrativa. (breve pausa, rabbonendosi) Non è così semplice come credete. Io non sono libero di assegnarlo secondo il mio giudizio- che sarebbe un si, in base all’effettiva necessità del caso (scuote ancora la lettera). Ma come amministratore, quel posto disponibile, lo devo mettere in una specie di gara tra i richiedenti, che sono cinque, tanto per capirci. E se non faccio tutto in regola, ci può scappare una denuncia e un Pm mi potrebbe far fare la fine di Mimmo Lucano. Ragioniamo, perbacco!-
Impiegata- Sindaco, ci sono casi e casi, questo è particolarmente grave: qui si rischia un suicidio!-
Sindaco-E io rischio la galera!-
Architetto- E, se quello fa il gesto mortale, noi saremmo complici morali.-
Sindaco- (rileggendo la lettera) Eh, che paroloni. Sentite procediamo così: facciamogli avere un bel certificato medico…-
Architetto- …non si tratta di malattia fisica, ma di disagio morale e di sopravvivenza. Berbacco! Si trovi una soluzione e via!-
Sindaco- Lei che professione fa?-
Architetto-Cosa c’entra? Comunque faccio l’architetto.-
Sindaco- E lei, signor Architetto, firmerebbe un progetto che fa acqua da tutte le parti?-
Architetto- Qua non si tratta di cose, di oggetti, ma di persone vive che soffrono…-
Sindaco- Architetto, retorica.-
Architetto- Mi scusi. Ma bisogna trovare una soluzione.-
Impiegata- E se lo si potesse assumere, chessoio, ecco, magari come custode?-
Sindaco-Andremo dalla padella alla brace. Sentite signori, datemi un giorno di tempo, fatemi riflettere, esaminare le carte, documentarmi e domani ci rivediamo qui, alla stessa ora.-
Impiegata- Va bene, grazie Sindaco.-
Architetto- Benissimo… e mi scusi per prima…-
Sindaco- Ma di figuri. A domani.-
Buio
Illuminazione sempre a destra, è il giorno dopo, ufficio del Sindaco. Ci sono il sindaco stesso, l’uomo e l’impiegata.
Sindaco- … Ah, eccovi di nuovo qui, Allora, come vi ho preannunciato, ho esaminato la pratica in tutti i suoi aspetti, ma è irrisolvibile burocraticamente…-
Architetto- (deluso)… ma… e allora?-
Sindaco- E mio caro amico, la notte porta consiglio, sicchè scartabellando fra le scartoffie, abbiamo trovato una sentenza della Cassazione che si può benissimo applicare al caso nostro.-
Impiegata- Meno male! Che sollievo.-
Architetto- (facendo un gesto di euforia) Finalmente, e vai.-
Sindaco- ( con un sospiro di sollievo) Già, così pare. Allora, cari signori, come procediamo?-
Impiegata- Chiamiamolo e gli comunichiamo l’assegnazione.-
Architetto- Non sono d’accordo: Egli ha scritto a Dio, e sarà Dio a dovergli rispondere dargli la notizia .-
Sindaco- Mi sembra giusto. Allora, chi di voi farà Dio?-
Impiegata- Non io, sono una dipendente delle poste e non posso espormi.-
Architetto -(piano, tra se) Tanto per cambiare. Va bene, lo faccio io. Sono un libero cittadino e anche…un angelo di Dio, che ha recapitato la raccomandata. Propongo di scrivergli una lettera di risposta e io gliela farò trovare sul davanzale della finestra.-
Sindaco- Ottimo. Scriviamole allora. Ci pensa lei architetto?-
Architetto- Ci pensiamo assieme, ora. Mi dia carta e penna.-
Sindaco- (passandogli un foglio e una penna) Eccoli, sieda qui, al mio posto.-
Architetto- Io scrivo, d’accordo ma per conto anche vostro. –
Sindaco- Va bene, va bene, proceda, proceda.-
Architetto- Così si ragiona. (inizia a scrivere, mentre gli altri sbirciano il foglio, gli altri faranno conroscenat) .
Sindaco- (vedendolo che scrive tanto) Non si dilunghi, sia breve.-
Architetto- Signor Sindaco è Dio che sta scrivendo, non un uomo. (pochi secondi e posa la penna) Comunque ecco fatto.-
Impiegata- Legga, legga.-
Architetto- Certamente: (legge ad alta voce) Carissimo signor Cantabianca, sono il primo segretario del Padre Eterno, le scrivo per comunicarle quanto segue: Dio ha ricevuto la sua raccomandata, che ha letto attentamente. Purtroppo non può accogliere la sua richiesta perché non è arrivato per lei il suo momento giusto; ma, mi permetto di segnalarle che per volontà divina, il devoto Sindaco della sua cittadina, opportunamente ispirato, oggi stesso le ha riservato una camera presso la casa-albergo del suo Comune. Infatti lì ella potrà trovare chi si prenderà cura di lei, e anche dei nuovi amici e molta cordialità. Ella vivrà lì finchè vorrà, usufruendo di tutti i vantaggi di un albergo e quello di una sua intimità propria… compreso il bagno- nonchè un’assistenza completa anche medico-sociale. Domineddio la ringrazia d’averle scritto e la benedice particolarmente. Firmato Gabriel Arcangeli.
Fine. Che ve ne pare?-
Sindaco- Ottima. Bravo Gabriele.-
Impiegata- Ma lei fa l’architetto o il commediografo? E’ magnifica.-
Architetto- Grazie. Allora, la spediamo?-
Sindaco- Spediamola.-
Impiegata- Certamente… (rivolto all’uomo) e ci pensa lei a fargliela recapitare?-
Architetto- Lo faccio volentieri.-
Sindaco. Benissimo, all’opera.-
Buio in scena
La scena riprende. Si è nell’ufficio postale. Entra Cantabianca, è euforico tiene in mano la presunta risposta di Dio.
Cantabianca- Permesso? Posso?-
Impiegata- (sorpresa) Signor Cantabianca, che piacere vederla qui. Mi dica, dica pure, non si inibisca.-
Cantabianca- (tra se) Chi fa sfotte? (poi all’impiegata) Signora impiegata, dietro suo suggerimento ho messo la raccomandata sul davanzale della mia finestra, e dopo pochi minuti – incredibile - Dio l’ha ritirata! Anzi, per la precisione, la presa un segretario di Dio. E oggi – mamma mia bella! ho avuto la risposta: Guardi cosa mi scrive, a me scrive Dio! (mostra la missiva). Legga legga! (pieno d’euforia, quasi balla, intanto che l’impiegata legge) E’ incredibile, ma è successo! Questo è un miracolo, e lo devo al suo intuito- la bacerei! Grazie assai. Vede? Ho già preparato la valigia e, come mi ha suggerito il primo segretario, andrò immediatamente alla Casa Albergo, che lassù hanno scelto per me -che bellezza (si frega le mani) - dove mi aspetta il direttore, tanta gente, e una bella cameretta linda e pulita. (s’appresta ad uscire)-
Impiegata- Sono contento per lei…aspetti un attimo, non vada via subito, c’è un mio amico che la vorrebbe conoscere (prende il telefonino) Pronto? Architetto, senta c’è qui il signor Cantabianca…ah, sta venendo… certo lo faccio aspettare. (poi a Cantabianca) sa è un mio amico… ed è interessato alla sua vicenda. Eppoi dovrebbe ricordarselo: era colui che voleva incaricarsi di far giungere la sua raccomandata a destinazione…insomma quello che voleva cinque euro. Ricorda? Si? Allora non le dispiace aspettare, vero?-
Cantabianca- Guardi che non sono un tipo da circo… mi ricordo del tizio. Lei lo ha bloccato. Certo, certo, Va bene, comunque aspetterò solo pochi minuti, per farle piacere.(intanto sventola la lettera)-
Impiegata- (per dare ulteriore tempo all’architetto d’arrivare) Uhm che fretta. Certo la capisco e la ringrazio per essere venuto a darmi la notizia. E mi dica, potrei, insomma vorrei dare un’occhiata a quella lettera, naturalmente se posso…-
Cantabianca- Beh, visto che le devo essere grato, gliela mostro (gli porge il foglio), ma attenta a non sciuparla.-
Impiegata- (prendendo cautamente il foglio e leggendo tra se) Mizzica! E’ formidabile, il primo segretario che le scrive a nome di Dio. E’ pazzesco, inverosimile… -
Cantabianca-…è possibilissimo fino a prova contraria. E sono contento come una Pasqua... e chi me lo doveva dire di entrare in confidenza con Dio- anche tramite il primo segretario- ma sempre quell’ambiente è, no? –
Impiegata- Certamente! E’ un vero piacere vederla così felice. Ma, mi dica, lei a tresette come lo gioca, col morto?-
Cantabianca- E che c’entra il tresette col morto? Io gioco a terziglio, ossia a chiama tre, oppure anche alla calabrisella.-
Impiegata- (per prendere tempo) E a tresette in quattro come và?-
Cantabianca- A meraviglia! Io ero compagno di Nino, che era un fenomeno. Si figuri che ricordava tutte le carte che uscivano del mazzo - a memoria! Che forza ragazzi! Li stracciavano a Giovanni e Giuseppe, i quali erano dei fenomeni, ma contro di noi…-
Impiegata- Fantastico. (guardando l’orologio) E mi dica, se non sono troppo indiscreta: Come è morta sua moglie?-
Cartabianca- Come è morta… come è morta… è morta ballando…insomma quasi…-
Impiegata- Ballando? Fantastico. E come fu possibile, sempre se non sono indiscreta.-
Cartabianca- Ma quale indiscreta. Lei è solamente curiosa, come tutte le donne. Però la voglio accontentare: Era la notte del trentuno dicembre di quattro anni fa. Avevano fatto il cenone, anzi il cenino, perché eravamo noi due più mio compare Giovanni e mangiammo una scacciata e un piattino di lenticchie. A mezzanotte in televisione suonarono il valzer della Traviata, sa quella che fa : “libiamo, libiamo tralallallà…” e la buonanima si animò, si alzò da tavola, mi prese per mano e volle ballare il famoso valzer che spesso, nel passato, avevamo ballato insieme. Fu una cosa meravigliosa, ci sembrava di essere tornati ventenni quando lo ballammo la prima volta in un veglione di capodanno. ( pausa lunga, al vecchio gli si umidiscono le occhi al ricordo) Ma, ma, purtroppo, non tenemmo conto che lei era cardiopatica, e dopo tra minuti di piroette, mi si accasciò fra le mie braccia. Sul momento pensai che volesse fare il “caschè” per gioco, ma poi mi accorsi che tra questa mie braccia (mostra le braccia tremanti e ripete quasi incredulo) tra le mie braccia…c’era una tenera vecchietta senza vita... (si commuove)
Impiegata- ( prendendogli le mani tra le sue) Che bella storia signor Cartabianca. Questa si che è stata una bella morte.-
Cartabianca- Già, una bella morte (sussurrando) Come vorrei che fosse la mia.-
Impiegata- ( guardando di nuovo l’orologio e per prendere ancora tempo) E mi dica, signor Cartabianca, se non la disturba: Lei ha forse qualche esperienza sulle case di o riposo… o ospizi?-
Cartabianca- Direttamente no. Ma di uno ne so tanto. (pausa lunga, come se non volesse continuare a parlare, poi riprende ) Guardi ho un mio vecchio amico, ricoverato in un ospizio cittadino che ovviamente non nomino, e quando vado a trovarlo, in quel ricovero per disperti, mi sembra di entrare in un incubo di sofferenze, paure, urla, maltrattamenti morali, e qualche volta anche materiali, poi sferzante ironia, cattiveria, insensibilità e mancanza assoluta di rispetto – totale. Entrando sei come immerso in una bolgia infernale. ( pausa lunga, tentennante, poi riprende) Senta questa: L’ultima volta in cui andai a confortare il mio amico, lo trovai immerso nella cacca. Mi disse che era in quelle condizioni da più di un’ora e nessuno veniva a pulirlo. Allora chiesi ad un inserviente di intervenire, ma questi mi prese a male parole, come: non romper i c…..ni e che mi facessi i c… miei… eppoi in un’esplosione d’ira sputacchiandomi in faccia, mi disse che lui era solo, con un ausiliario e doveva gestire venti vecchi caconi. Nel frattempo una ricoverata, educatamente, gli chiese di scopargli il pavimento vicino al suo letto, cosparso di briciole, e quello, volgendo al volgare tale richiesta, le rispose: Io a te non ti scopo vecchiaccia, mandami tua nipote, e allora possiamo provarci. E giù risate col suo assistente, più maligno di lui. Li rimproverai e il tizio, prendendomi dalle spalle, mi buttò fuori. Vuole che le parli ancora di quell’ospizio?-
Impiegata- (vedendo arrivare l’architetto) Grazie no, signor Cartabianca, è già stato molto eloquente e preciso. E, se le può far piacere, sul disgusto ti quei comportamenti, concordo con lei…-
Entra l’uomo, cioè l’architetto
Architetto- Buon giorno signori.-
Impiegata- Oh, eccolo. Signor Cantabianca, le presento il mio amico di cui le ho accennato e che voleva conoscerla, è un architetto.-
Architetto- ( tendendogli la mano) Felicissimo signor Cantabianca. E sono contentissimo anche per come è finita sua avventura.-
Cantabianca - ( prima sospettoso all’impiegata sottovoce) Ma che ci faccio con un architetto? E un architetto magari matto? Ma come ha saputo della mia faccenda?-
Impiegata- (sottovoce) Si ricorda dei cinque euro? In seguito mi ha chiesto informazioni, era interessato al suo caso. E’ un amico, si fidi. ( Cartabianca capisce, e annuisce, poi rivolgendosi all’uomo, con eccessiva accondiscendenza)
Cartabianca - Piacere tutto mio. (poi sbrigativamente) E adesso che le presentazioni sono state fatte, il cerimoniale si è concluso, prendo la mia valigia e vado a sistemarmi. Grazie a tutti e buona giornata. (sta per uscire, esita, poi sosta sull’uscio guardandosi attorno, come se cercasse qualcosa o qualcuno ) –
Impiegata- Buona fortuna!-
Architetto- Arrivederla…(poi all’impiegata, sottovoce) Mizzica sbrigativo l’amico.-
Impiegata- (idem) Certo, ha premura di prendere possesso della sua camera. Forse è ancora incredulo... insicuro.-
Architetto- (idem) E chi non lo sarebbe. Ma, mi dica, lei crede che fosse davvero convinto d’aver ricevuto una lettera dell’Aldilà?-
Impiegata-(idem) No... Come non era nemmeno convinto quando ha fatto la raccomandata. Secondo me tutto sarà avvenuto per una moto di ribellione interiore, mettendo tutto nero su bianco; ma poi, forse perché disperato, ci avrà anche potuto credere…e, comunque, a me pare che i risultati siano veramente ottimi, non crede? -
Architetto- (sbirciando l’uscita) Concordo. Certo, la forza dell’auto persuasione… o della disperazione.-
Impiegata- (pensosa) Già, l’una e l’altra…-
Architetto- (tra se) …oppure demenza senile. (poi all’impiegata scuotendo il capo) Forse… forse… -
Impiegata- Sa, mi ha parlato degli orrori visti in un ospizio, dov’è ricoverato un suo amico, e ne era letteralmente inorridito. Ecco anche la causa della preferenza dalla morte a quell’esistenza da oggetto, tra virgolette, immondo. –
Architetto- Capisco, capisco. (poi animandosi) …Ecco è uscito. –
Impiegata- S’è deciso, finalmente?-
Architetto- Credo di si.-
S’ode uno stridore di freni, quindi un botto. L’uomo esce correndo per vedere cosa è successo. Intanto anche l’impiegata sta per uscire, impiegando molto tempo, per chiudere l’ufficio maldestramente. Nel mentre rientra l’uomo con una faccia sconfortata.
Arcnitetto- (sconvolto) E’…è finito sotto un camion. E’ morto! Cartabianca è morto! Porcaccia miseria è morto!-
Impiegata- S’è suicidato?-
Architetto –No, sembra che sia stata una fatalità…ha attraversato la strada senza guardarsi attorno. -
Impiegata - Gesù…che sia stato veramente Dio… ad averlo accontentato?-
Architetto- Sarà…però…però… accidenti, io ci avevo quasi…quasi creduto al miracolo...-
Buio, poi, quando le luci riprendono sulla scena c’è Calogero Cartabianca che in piedi spiega a Gesù, Maria e Gabriele, seduti attorno ad un tavolino, le regole del tresette. Sullo sfondo c’è un cartello che dice: “Circolo ricreativo Settimo Cielo”
Calogero Cartabianca- Allora, il tresette in quattro si gioca a coppie. Le carte, dieci, si distribuiscono a tutti e quattro i giocatori. Allora quando un giocatore raccoglie le dieci carte sue, deve subito metterli incolonnati a palo…-
Gabriele- Ma Calogero, cos’è il palo?-
Calogero- Non certo quello della luce. Il palo è il segno che hanno le carte. Guardate, (sfoglia le dieci carte di Gabriele) ci sono quattro segni: bastoni, coppe, denari e spada. Ebbene, nel tresette, la carta più importante e l’asso – questo- che vale da solo un punto, poi ci sono il tre, che vince sul due, sull’uno e sulle figure e che insieme a due di queste carte fa un punto …-
Gesù- Un momento, non hai detto che l’asso vale un punto, e allora come mai il tre vince tutti?-
Calogero- E’ la regola Eccellenza, è la regola del gioco.-
Gesù- (scuotendo la testa) Sarà…-
Gabriele- No, scusa Calogero, ma non ha senso…-
Maria - E lasciatelo finire di spiegare tutte le regole.-
Gesù- Giusto.-
Calogero- Grazie eccellenza. Allora inizia il gioco colui che è di mano…-
Gabriele- E di chi è questa mano?-
Calogero-(leggermente spazientito, poi calmandosi) Eh, eh, eh…E’ un modo di dire tecnico-scientifico delle regole del gioco del tresette in quattro. Che poi in quello a tre, cioè quello che si chiama “chiamatre” oppure “terziglio”, oppure “tresette col morto, o “calabrisella”, a seconda certuni, e non so il perché, ma so che si gioca con due compagni contro uno solo, il quale va a giocare da solo contro i due chiamando una carte che a lui può servire…poi c’è la regola del “Batto tre e fuori mi chiamo “ che vuol dire…-
Gesù- Come, come? Ancora regole?-
Calogero- Abbia pazienza, Eccellenza, il gioco e gioco. E senza le regole…poi anche qui ci sono le regole…-
Gesù- Lillo, sei impertinente-
Calogero- Mi ha chiamato Lillo? Come mia chiamava mia moglie… e come lo sa? (occhiataccia di Gesù, Lillo se ne accorge e cerca di rimediare) Dicevo per dire, scusi Eccellenza-
Maria- Va bene, va bene. Gesù che facciamo continuiamo?-
Gesù- Va bene, continuiamo. Avanti Lillo, finisci di spiegarci questo gioco.-
Calogero- Dicevo che batto tre significa fine del gioco, si contano i punti e se il giocatore che ci è andato da solo ha fatto sei punti, cince la partita.-
Maria- Bella questa. Sarebbe come arrendersi…-
Calogero- No Eccellenza sono le regole del gioco.-
Maria - (pensierosa) Ma, eppoi, il solista che cosa ne farà della carta chiamata e ottenuta e allora?-
Gabriele-Giocherà con una carta in più, e poi la butta?-
Calogero- No, non, adesso vi spiego: Dovete sapere…-
Gesù. ( un po’ insofferente, guarda ripetutamente l’orologio) Un’altra volta, Lillo, un’altra volta. –(si alza ed esce)-
Maria- Va bene, Calogero, il resto ce lo spiegherai domani... sai gli impegni….- (si alza ed esce)
Gabriele- (indeciso) Mi spiace per quella domanda. Sai, è un gioco un po’ complicato…può essere dopo… magari con calma… oh, scusami, mi cercano dalla Terra, devo andare, a dopo. (esce)
Calogero- Eccellenze aspettate… Eccellenze…E andate, andate… (poi, rassegnato) certo se ci fossero i miei amici…
Voci dalle quinte- Lillo, Lillo, siamo noi! Siamo qui? Arriviamo, mescola le carte che ti daremo noi una lezioncina che te la ricorderai per sempre.-
Calogero- Giovanni? Oddio! Nino, Pippo, brutti stronzi, dove eravate? (Va verso le quinte e guarda) Ah ci siete tutti? E siete anche pronti per una mazzata? (pausa) Caterina, Caterina mia, ci sei anche tu! (guardandosi attorno) Con tutto rispetto, ( rivolgendosi al pubblico) ora sì che sono veramente in Paradiso! (esce )–
Buio in scena pian piano