Profumo di mongolfiera

di

Alberto Lombardo


Traduzione dal Francese di Fausta Squatriti



Personaggi

La Signora
Il servitore


Nota dell’autore

Questa commedia può anche essere interpretata indifferentemente da due uomini o due donne.
Il gioco, la recita, permette ai personaggi di invertire la propria identità sociale, culturale e sessuale.
Tutto è gioco; così tutto è vero.


Entra in scena una donna, d’età indefinibile, elegante. Aspetta. Improvvisamente, si sente una voce d’uomo.

LUI. Ma non ci posso credere ! Questo è fango ! Lei e i suoi zoccoli ! Che audacia ! Non s’insegna alla gente a pulirsi i piedi prima di entrare ? (entra in scena, la vede, pare sorpreso).

Questa poi…Già di ritorno ?

LEI. Sorprendente ? Sconcertante ? E’ un problema forse ?

LUI. Devo ammettere che…

LEI. Eravate ben lungi dall’immaginare…

LUI. E’ che…

LEI. Disturbo ?

LUI. Niente affatto !

LEI. Aspettavate qualcun’altro ?

LUI. Ma che idea !

LEI. Rispondete !

LUI. No !

LEI. Che impertinenza !

LUI. Non aspettavo nessuno.

LEI. E questa storia degli zoccoli ?

LUI. Zoccoli ?

LEI. Stavate parlando di zoccoli !

LUI. Zoccoli ?… Zoccoli ? Ah zoccoli ! Dicevo così per dire. Avevo pulito tutto così bene… Quando ho visto quelle tracce di fango sul pavimento…

LEI. Piove !

LUI. Mi ha fatto imbestialire.

LEI. Capisco. Avete creduto che fosse il pastore. Vi sarete detto : ecco il pastore, ancora qui a sporcare tutta la casa.

LUI. Eh si !

LEI. Il fatto è che noi non abbiamo pastori.

LUI. Magari avrò pensato ad un pastore potenziale, ce ne sono parecchi in giro, in questa zona, attualmente. Con quella gente, ci si deve aspettare di tutto.

LEI. Oppure… sapevate che ero io…

LUI. Il vostro arrivo non era previsto che per domani sera.

LEI (con tono perentonio). Voi sapevate che ero io !

LUI. Ho riconosciuto il vostro profumo nell’ingresso.

LEI (ironico). Commovente !… Non riesco proprio a togliermi dalla testa questa faccenda degli zoccoli !

LUI. Era un modo di dire, ve l’ho detto, ero molto nervoso.

LEI. E avete gridato apposto perché lo sentissi ?

LUI. Avevo pulito tutto così bene…

LEI. Questo l’ho capito.

LUI. Non vorrei insistere…

LEI. Non sarà necessario…

LUI. Mi ci è voluta tutta la mattinata !

LEI. Qualcosa mi dice che non ero io che speravate trovare. (Silenzio)

LUI. Allora ?… Siete arrivata una sera prima del previsto ? Questa è una sorpresa ! Bene. Il vostro soggiorno è andato male ?

LEI. E’ colpa di questa lettera.

LUI. Ah !?

LEI. Una lettera anonima che ho ricevuto laggiù.

LUI. Mio Dio !

LEI. Che mi rivelava il vostro stile di vita… Francamente, me ne frego totalmente di quello che facete con il vostro corpo, e potete farlo con chi vi pare… Pastori se vi piaciono - e per carità, non voglio nomi !… Ma quando vengo a sapere che questo genere di manifestazioni si svolgono in casa mia, capirete che mi sento un tantino coinvolta..
LUI. Mi domando chi abbia potuto scrivervi maldicenze simili, e mi piacerebbe averlo di fronte.

LEI. Così, lo negate ?

LUI. Seriamente, non vorrete credere a queste calunnie ?

LEI. E perché no ? Dopotutto non siete che un domestico. Perché dovrei credervi ?

LUI. Effettivamente. Tranne che sono dodici mesi che sono al vostro servizio, e non credo di avervi già dato motivo di lamentarvi.

LEI. Non me ne ricordo. Vi comportate con una tale discrezione.

LUI. E’ la mia funzione.

LEI. E non sbagliate mai ?

LUI. Mi pagano per questo.

LEI. Vi pruderà pure qualche volte ?

LUI. Mi gratto. (silenzio)

LEI. Liberatemi di questo impermeabile o finirò per soffocare. (Alphonse le toglie l'impermeabile) Comunque sia, pretendo di sapere in dettaglio come avete impiegato il tempo in questi sei giorni.

LUI. Sette Signora, sette !

LEI. Come ?

LUI. La Signora si è assentata per sette giorni.

LEI. Ah, li avete contati ?

LUI. Quando la Signora non c’è, c’è meno lavoro. Così posso pensare ad altro.

LEI. E pensavate a me ? Vi chiedevate cosa mai potessi combinare laggiù, dall’altro lato delle Alpi ?

LUI. A dire il vero, mi preoccupavo soprattutto del pasto da preparare per il vostro ritorno, non sapendo fino al l'ultimo momento se sareste tornata per colazione o per cena. So quanto la Signora sia delicata, e quanto tenga a nutrirsi di prodotti freschissimi.

LEI. E quando avete ricevuto il mio telegramma, vi siete tranquillizzato.

LUI. Alla Signora non si può nascondere nulla.

LEI. E di colpo, vista l’ora tarda del mio arrivo, questo vi dispensava dal fare la spesa, perché sapevate che la vostra padrona, dopo le otto, non avrebbe avuto bisogno che della sua piccola tazza di tiglio. Ebbene, questa notte potrete dormire in pace, non cambierò nulla alle mie abitudini, state pure tranquillo Herbert !

LUI. Alphonse ! Signora.

LEI. Alphonse, naturalmente !… Herbert era l’altro. Ma che importanza ha, è la stessa funzione !

LUI. Alphonse, Signora. E se la Signora vuole fare a meno di me, me lo dica senza esitare.

LEI. Che suscettibilità ! Non è colpa mia se non vi chiamate Herbert.

LUI. E’ colpa di mia madre. (silenzio)

LEI. Mi pareva di avervi ordinato una tisana di tiglio. E senza zucchero ! Ma questo lo dovete sapere perché sono dodici mesi che siete al mio servizio.

(Alphonse esce. La Signora cambia posto, come per sorprendere il suo domestico. Alphonse torna con la tazza di tiglio.)

LUI. Il tiglio della Signora. La Signora ha ancora bisogno di me ?

LEI. Non posso certo chiedervi di ritirarvi in questo stato, Herbert… (ride) Avete visto ? E’ più forte di me. Finirete per credere che lo faccio apposta.

LUI. Per niente !

LEI. Vedo bene che ve la siete presa, e mi dispiacerebbe molto di sapermi causa dei vostri tormenti notturni.

LUI. Rassicuratevi, quando dormo non mi faccio problemi.

LEI. Siete ben fortunato. Ditemi, Alphonse, avete già viaggiato in treno ?

LUI. Si Signora, e anche in aereo.

LEI. Vi parlo di treno. Rilassatevi, mio caro. Non vi sto facendo passare un esame. Possiamo tirare il fiato. Vi propongo una conversazione leggera.

LUI. Sarebbe più saggio se mi ritirassi.

LEI. Perché ? Di cosa avete paura ?

LUI. S’è fatto tardi, e visto che il rientro della Signora è stato anticipito, si rende necessario che io mi alzi molto più presto domani mattina… per fare le commissioni, preparare la colazione, già, la colazione… me ne faccio un obbligo di essere in forma, per assicurare alla Signora un servizio di qualità.

LEI. Me ne voglio di causarvi tutto questo trambusto.
LUI. Ma si figuri… semplice faccenda di organizzazione.

LEI. Pero' vi immaginavo più gagliardo.

LUI. Mi conservo per azioni più produttive.

LEI. Perché ? Pensate che io non abbia più l’età ?

LUI. Oh, Signora… Lungi da me questa… Me ne vorrei se …

LEI. Andiamo andiamo, è inutile che vi scusiate. Al desiderio non si comanda. Qual’è la verdura che vi disgusta di più ?

LUI. La carota cotta.

LEI. Immaginatevi di doverne mangiare ogni giorno per una settimana.

LUI. Sarebbe terribile, francamente non lo potrei sopportare.

LEI. Per esempio, io detesto la pasta al basilico. Potreste farmene l’apologia per ore, non ne assaggerei neppure una forchettata. (breve silenzio) Vedete, siamo uguali.

LUI. Incredibile !

LEI. Ma tutto ciò non ci spiega sempre perché… Potrebbe essere che qualche dettaglio della mia fisionomia vi risulti ributtante ?

LUI. Io ?… No !… Trovo la fisionomia della Signora perfettamente a posto.

LEI. Intuisco che disapproviate il mio modo di truccarmi.

LUI. Non mi permetterei.

LEI. Pensate che esageri.

LUI. Per niente, va benissimo così.

LEI. E il mio naso ? cosa vi ispira il mio naso ?

LUI. Ha carattere. E’ importante per affermarsi.

LEI. No cercate di blandirmi, so bene che si fa notare.

LUI. La Signora questa sera vede tutto a tinte fosche.

LEI. I miei denti non sono abbastanza bianchi ?

LUI. Ma scherzate, sono scintillanti.
LEI. Il mio fiato è fetido.

LUI. Ha un suo sapore.

LEI. Un sapore ?

LUI. Un odore, volevo dire.

LEI. Un odore ?

LUI. Pungente.

LEI. Come l’aglio ?

LUI. Dio Mio, no !

LEI. Non so allora, siate più esplicito.

LUI. Pungente… come può esserlo una parola, un rumore, un odore che vi ricordi l’infanzia.

LEI. Qualcosa di piacevole ?

LUI. Qualcosa di capitale.

LEI. Capitale ?

LUI. Determinante.

LEI. Interessante, potreste precisare ?

LUI. E’ imbarazzante.

LEI. Perché, è sporco ?

LUI. Per niente !

LEI. Posso sentire di tutto, sapete, sono di manica larga.

LUI. Lo so.

LEI. Ah, ve ne siete reso conto, fa piacere. Raccontatemi tutto, ve ne prego.

LUI. Dubito che possa interessarvi.

LEI. Tutto quello che emana da voi, mi interessa.

LUI. Se la Signora dice il vero, mi commuove profondamente.

LEI. Pendo dalle vostre labbra.

LUI. Era di domenica. Allora vivevo con mia madre, i mei fratelli e sorelle, in un piccolo villaggio della Loira.

LEI. Conosco benissimo quella regione. La campagna è verdissima. Non so per quel caso sono sbarcata laggiù, ma mi ricordo perfettamente di un graziosissimo alberghetto in un piccolo villaggio, dove ho passato la notte. Grapac!… Questo è il nome del villaggio.

LUI. Questo si trova nell’alta Loira.

LEI. Non sono geografa !

LUI. Ma è vicinissimo. Sono certo che voi conoscete bene anche la Loira. In ogni modo, veramente, non ha nessuna importanza. L’importante è che ne abbiate già sentito parlare, ed è a vostro onore. In pochi possono vantarsi di averci messo piede. La campagna è effettivamente verdissima.

LEI. Ma chi vi credete di essere ? Cercate di soppiantarmi, indovino il vostro gioco. Tanto per cominciare mi abbassate raso terra facendomi portare gli zoccoli, poi mi fate passare per pazza, e presto chiamerete la polizia, e voi sareste infine il padrone nella mia casa !

LUI. Vi assicuro che la Signora si sbaglia.

LEI. Avete avuto tutto l’agio per complottare, durante la mia assenza, e conosco attualmente, il vostro complice.

LUI. Ma insomma, Signora…

LEI. Volete spogliarmi dei miei beni. Tutta la mia giovinezza, tutta la mia vita, le mie speranze, i miei trionfi, persino le mie sconfitte ! Tutta l’esistenza di una donna che ha molto vissuto. Ed è con quel guardiano di capre che volete accoppiarvi.

LUI. Vi giuro che mai…

LEI. E del mio piccolo nido di voluttà, ne farete una stalla !

LUI. E’ assurdo !

LEI. Conosco benissimo la Loira !

LUI. Non ne dubito.

LEI. Oh, so bene che vi ci vogliono delle prove.

LUI. No, no…

LEI. Non mi lascereste in pace altrimenti.

LUI. Vi assicuro che vi credo.

LEI. Avete probabilmente ragione, starei meglio in manicomio.

LUI. Ditemi che sto sognando !

LEI. Ma perché ? Perché tutta questo astio, tutto questo attaccamento ? Non sono forse stata corretta con voi in tutti questi anni ?

LUI. Ma certamente !

LEI. Non vi ho forse autorizzato a guardare qualche volta la televisione in salotto ?

LUI. Ma si !

LEI. Ne conoscete parecchie che avrebbero accettato ?

LUI. Ma no !

LEI. In questo caso no capisco, andava tutto così bene.

LUI. Signora, vi scongiuro di credermi, mai ho voluto mettere in dubbio la vostra parola.

LEI. Ma insomma Alfonse, ricomponetevi, sto scherzando ! Ma state tremando… Avevo voglia di farvi un piccolo scherzo per vedere se avreste approfittato della situazione.

LUI. Ebbene, avete ottenuto ciò che volevate.

LEI. Avanti, mi racconti, Alphonse, eravamo nella Loira, era domenica…

LUI. Ne vale la pena ?

LEI. Alphonse…

LUI. Faceva freddo, era dunque inverno. Ma questo non vuole dire nulla, capita che faccia freddo anche in estate.

LEI. Non è lo stesso.

LUI. Insomma, non avevo nessuna intenzione di uscire.

LEI. Ma non ne avete potuto fare a meno.

LUI. Qualche istante dopo, mi trovo al margine del bosco, dietro il villaggio. Un grande bosco fitto, molto buio. Mi avventuro nell’oscurità del bosco. Come condotto o tirato… piuttosto tirato, perché avevo comunque paura.
Dunque, eccomi nel bosco, non vedo niente, mi dirigo a caso, sussulto ad ogni rumore… qui il cucù del cuculo, là l’ululo del gufo, laggiù il canto di morte dei lupi.
Improvvisamente, non posso proseguire. Mi fermo, casco, dormo, sogno. No ! credo di sognare. Ma tutto è vero.
E’ stato il suo profumo che mi ha colpito. Un profumo di gelsomino. Ah ! il gelsomino ! Odore squisito e avvolgente !
Subito dopo, è stata la sua voce. Una voce dolce, soave, giunta da lontano. Ha detto : ” Ma non sei maggiorenne ! Come tremi ! Non avere paura, sono io ”.
A quel punto, mi appare intera la sua figura… come una mongolfiera !
Una pelle candida !… Certe forme !… Certe cosce !… Una pancia !… Delle…
Non so perché vi racconto tutto ciò, è così personale.

LEI. Oh no, non interrompetevi, cominciavo a visualizzare.

LUI. Due grandi mammelle, fresche e molli, come quelle di Cynthia !
Era la mia mucca preferita.
Non potevo muovermi, ero come ipnotizzato.
Ha immediatamente capito che avrebbe dovuto essere lei a dirigere il tutto. Mi ha delicatamente, spogliato, completamente.
Era così immensa… Un sogno.
Stava in piedi, non riuscivo a distinguere il suo volto, era troppo scuro. Ma infine, non era il suo volto a interessarmi, devo confessarlo.
Con quelle sue braccia muscolose e tornite mi strappa da terra.
Lei è ancora in piedi, e mi trovo nelle sue braccia. La mia bocca sfiora i suoi seni… che devo fare ?
Lei, sicura, continua, mi lecca tutto il corpo. La sua bocca è una fogna ma… una fogna al profumo di gelsomino.
Sento il mio sesso crescere mostruosamente.
( La Signora caccia un profondo sospiro)
Improvvisamente, mi stende al suolo, senza preavviso. Non sento alcun male, è così bello.
Lei si sdraia sopra di me. Tutto il suo corpo sul mio. E’ lei a guidarmi…
Ho sempre vissuto in campagna, e la mamma non ci ha mai detto nulla di queste cose… Si fa presto a parlare d’istinto, non è poi così evidente.
Ma con lei, che scuola !
La sentivo sospirare di piacere. Ed io, stavo talmente bene che non sapevo più dove mi trovavo.
E’ sempre così che si vive la felicità : Non si riesce a credere di essere là dove si è. Forse non ci si è troppo abituati.
Ma dal momento in cui mi sono sentito urlare, allora sì, che ho capito dov’ero.
Urlavo di piacere, anche lei urlava, e con noi… anche i lupi.
Penso che abbiamo toccato l’assoluto.
(Silenzio.)
Ma il momento tanto temuto è arrivato. Era quasi giorno. Dovevamo separarci.
Lei mi ha fatto ben capire che quello che avevamo vissuto insieme, era amore, non bisognava sbagliarsi. E che avevo il diritto di gioirne.
“ Tutto quello che potrai vivere da ora in avanti, non potrà mai essere paragonato a questo che hai vissuto con me ”, mi ha detto.
Lei me l’ha detto, in caso avessi avuto in mente di ricominciare.
“ Ed anche tra noi, mai più potrà essere così forte, dunque non cercare di rivedermi ”.
Ed è scomparsa.

LEI. E dopo ?

LUI. Dopo ?

LEI. L’avete ritrovata?

LUI. Non ci ho neppure provato.

LEI. Vi siete dunque rassegnato ! E le avete creduto ? Ma chi era lei ? Vi avrà certamente dato l'indirizzo, avete dovuto cercare di rivederla, mi nascondete qualcosa.

LUI. Lo fate apposta ?

LEI. Non ci siamo incontrati in un bar. Vi proibisco di parlarmi in questo tono. E la vostra storia non sta in piedi. Ci sono certi dettagli che non vanno. Per esempio, mi dite di non avere visto la sua faccia perché era troppo scuro, dunque come potete affermare che la sua pelle era bianca ?

LUI. Per forza, era talmente bianca che scintillava come una luce nella notte.

LEI. Dunque, seguendo la vostra logica, lei aveva il corpo bianco e la testa… nera !?
E il gelsomino ? Il suo profumo di gelsomino ! Siete sicuro che si trattasse di gelsomino e non di caprifoglio ?

LUI. Non dimenticate che sono figlio della campagna : In fatto di piante sono imbattibile.

LEI. Ma naturalmente, di gelsomino, nella Loira, se ne trova a profusione !… Detto tra noi, questa fogna, questa mongolfiera… era un mostro ?

LUI. Ero un bambino, lei era una donna… Allora tutto mi sembrava più grande.

LEI. E oggi, tutto deve sembrarvi terrificante !?
Credete forse che io vi creda ? E questo lo chiamate amore ? Che vergogna ! E’ una sceneggiata pornografica! L’amore, l’amore, ma se fosse così, povero imbecille, tutti potrebbero vantarsi di averlo conosciuto. Avete assaggiato al meglio le gioie di un pene che per la prima volta si rendeva utile. Tutto
qui !... Ma, era inverno ? Domenica ? Ne siete proprio sicuro ?

LUI. Su questo punto, sarò irremovibile.

LEI. Rassicuratemi dunque, avete avuto altre avventure, dopo ?

LUI. A cosa servirebbe ? Dopo questo genere di esperienza, tutto appare inutile.

LEI. E’ certo questo che vi rende così amaro.

LUI. E’ quello che sembro ?

LEI. E’ buffo, non riesco a credere che voi siate rimasto fedele a quella gallina obesa durante tutti questi anni.

LUI. Questione di volontà. Diciamo che ho passato la boa.

LEI. Dite piuttosto che siete rimasto sul molo ! E’ peccato che vi sia capitato così presto, ciò non vi lascia gran che per il futuro.

LUI. Meglio presto che mai. E la vita, può essere interessante per altre faccende, quando si sa esserne padroni.

LEI. Per questo siete diventato domestico ?

LUI. Non potreste dire meglio.

LEI. Andate dunque a prendermi un’altra tazza di verbena.

LUI. Tiglio, Signora.

LEI. Si, era per vedere se eravate davvero della campagna.

(Alphonse tenta un sorriso forzato, poi esce. La Signora, rimasta sola, riflette… Il suo domestico torna con la tazza di tiglio.)

LUI. Il tiglio della Signora! Posso permettermi di domandare alla Signora di ritirarmi in camera mia ?

LEI. La Signora risponde di no. Il suo domestico trova forse da ridire ?

LUI. Si è impegnato a rispettare tutte le volontà della sua padrona, durante il servizio, dunque non ha niente da ridire.

LEI. Tanto meglio ! ( Silenzio) Rimango stupefatta del vostro comportamento.

LUI. Non capisco, Signora.

LEI. Ma cosa state cercando ? Malgrado ciò che dite, siete un essere oscuro, avete un segreto.

LUI. Non ne ho più, me lo avete appena carpito.

LEI. Allora, che cosa aspettate ?

LUI. Ma nulla !… Non faccio forse già parte della vostra vita da molto ? Esiste forse un uomo in terra che abbia avuto il privilegio di avvicinarvi tanto quanto me ?

LEI. Mi sono assentata sette giorni, e non vi siete neppure preso la briga di domandarmi com’è andato il viaggio.

LUI. Non volevo essere indiscreto.

LEI. Un domestico, quando la sua padrona ritorna dopo una lunga assenza, ha il dovere di chiederle se durante il viaggio tutto è andato bene, fa parte del protocollo.
LUI. Vogliate scusare la mia sbadataggine.

LEI. Ma potete rimediare.

LUI. Non chiedo di meglio.

LEI. Vi ascolto.

LUI. Cosa devo fare?

LEI. Sono disperata.

LUI. Cosa vi succede Signora ?

LEI. Alphonse, prima che cacci un urlo, siate gentile, domandatemi se ho fatto buon viaggio.

LUI. Avete fatto buon viaggio Signora ?

LEI. Orribile, caro mio!

LUI. Oh !

LEI. Oh !? E’ tutto quello che avete da dire ?

LUI (si abbandona). Cos’è dunque successo alla Signora ? Donde viene il velo nebuloso che si è deposto sul volto della Signora e ne ha fatto perdere ogni gaiezza ?

LEI (stesso gioco). L’inferno si è abbattuto su di me, Alphonse, e non potete neppure immaginare l’orrore che ho scampato per un pelo.

LUI. Qualcuno avrebbe osato fare del male alla Signora ?

LEI. Esattamente.

LUI. Mio Dio ! Perché ? Come ? Raccontatemi.

LEI. Erano in due.

LUI. Uomini di laggiù ?

LEI. Vagabondi della peggior razza. Mal rasati !

LUI. Oh che orrore… E dove ?

LEI. Nel mio stesso scompartimento.

LUI. Sul treno !? Avreste dovuto urlare.

LEI. Non me ne hanno lasciato il tempo.

LUI. Vi hanno imbavagliata !?

LEI. Oh !

LUI. Incatenata ?

LEI. Oh !

LUI. Legata !?

LEI. Ah !!!

LUI. Cos’è dunque successo ?

LEI. E’ troppo duro da raccontare. Non posso ripensare a quella scena senza risentire il gelo che mi paralizzà.

LUI. E’ orribile ! Come hanno potuto… Una donna come voi !

LEI. Immaginate ?

LUI. Preferisco di no.

LEI. Un supplizio.

LUI. E’ stato lungo ?

LEI. Fortunatamente è arrivato il controllore.

LUI (ispirato). E, vi ha liberata !… Con il suo blocchetto delle multe, li ha minacciati e i mostri terrorizzati… (senza parole) si sono dileguati dal finestrino.

LEI. Ma non esageriamo !

LUI. Desolato, mi sono lasciato prendere dal gioco.

LEI. Dal gioco ? Quale gioco ? Pensate voi che vi paghi per fare il buffone in casa mia ? Vi prego di credere che se tale fosse stata la mia intenzione, sareste certo l’ultima persona cui ricorrerei.

LUI. Ammetto che per natura non sono troppo gaio, ma…

LEI. Siete tiepido, freddo, glaciale !

LUI. Mi capita d’essere caloroso.

LEI. Non ho notato.
LUI. Siete dura.

LEI. E’ semplice, quando mi sorprendo a pensarvi - il che non capita spesso, ci tengo a precisarlo - è con un collare ortopedico che vi immagino.

LUI. Fa piacere !

LEI. Ammetto che all’inizio, quando vi ho visto mettere piede in casa mia, l’ho creduto, ebbene sì, mi sono sorpreso a sognare, eh sì, sì… Ma la mia speranza è stata breve, ho rapidamente dovuto constatare il mio errore… E dire che ne ho conosciuti, di quelli che pur assolvendo alle proprie funzioni con una professionalità impeccabile, potevano essere deliziosamente di compagnia.

LUI. Tanto meglio per voi.

LEI. Non sono così numerosi, ne convengo. Ma comunque… Con Harold, era diverso. Eravamo diventati complici. Mi sosteneva, mi incoraggiava, quando capiva che non osavo…

LUI. Che non osavate cosa ?

LEI. Ma non saprei… Mettere quel tal cappellino che mi pareva troppo vistoso, chiudere la porta agli importuni, mangiare cioccolato… Mi rendeva più facile la vita quotidiana. Mi era di grande conforto, indovinava le mie esitazioni, si potrebbe anche dire che le viveva, in prima persona. Un giorno l’ha ammesso, ne sono stata sconvolta.

LUI. C’è di che, effettivamente.

LEI. Trovate anche voi, non è vero ? Quando ero costretta a letto, perché all’epoca avevo terribili emicranie, non si allontanava dalla mia camera.

LUI. Sono sempre stato affascinato da quella razza di domestici che si sacrificano per i padroni.

LEI. Non ne fate parte ?

LUI. Nessuno si è mai lamentato di me.

LEI. Forse siete sempre cascati su padroni poco esigenti… E dopo c’è stato Maurice. Ma Maurice è un capitolo a parte.

LUI. E’ il capitolo Maurice.

LEI. Si !… Tacete dunque ! Neppure per un secondo potrei paragonarvi a lui. Era grande, forte, aveva… Era uomo !

LUI. Con un nome simile !

LEI. Quante volte gli ho detto, Maurice, siete talmente maschio, approfittatene !

LUI. Speriamo non troppo, una famiglia numerosa è una pesante responsabilità.

LEI. Siete un essere immondo, volgare, privo di ogni sensibilità e di poesia. Sappiate rimanere al vostro posto, Servitore ! Bisogna essere infinitamente superiore per sperare un giorno di ascendere…

LUI. Lungi da me questa ambizione, Signora.

LEI. E’ il sogno di tutti gli inferiori, Signore.

LUI. Signore ? (silenzio)

LEI (con ironia). Le devo tutte le mie scuse se ancora una volta l’ho scambiata per un altro.

LUI. E quanti sono coloro che hanno servito la Signora nella sua proprietà?

LEI. Mio Dio, da tanto tempo… non mi ricordo… Una quarantina !

LUI. Diavolo ! Dovete essere stata bravissima a spaventarli, per farli rimanere così poco tempo. Perché, se si fa il conto… se ne ottiene una media di uno ogni sei mesi… Ma allora ditemi, sono un caso eccezionale?

LEI. Ascoltatemi, siete stato talmente trasparente che non mi sono neppure accorta della vostra esistenza.

LUI. Posso malgrado ciò certificare alla Signora che sono io che le lavo la biancheria, che le pulisce la casa, che, al bisogno, tira lo sciacquone dopo il suo passaggio, spegne la televisione quando si è addormentata, aspira le briciole dei “ Petit beurre” sparpagliati un po’ dovunque sulla moquette, le lucido le scarpe, spolvero i suoi ninnoli, che non esita a correre dall’altro capo della città per procurarle il solo cioccolato che la Signora si concede di mangiare, le serve tutti i suoi pasti, partendo dalla colazione, che deposito sul suo letto insieme alla posta… o piuttosto i programmi della TV… perché, a parte le fatture, le lettere personali inviate alla Signora, si stanno facendo rare.

LEI. Che cosa vi state immaginando, piccolo impertinente, i mei amici fanno parte della loro epoca, usano il telefono.

LUI. La suoneria non squilla ogni giorno, si potrebbe dire mai.

LEI. Siamo gente educata, non siamo il genere di persone che parlano per non dirsi niente, ci si disturba solo per faccende urgenti.

LUI. Che stupido, avrei dovuto pensarci.

LEI. Dove volete arrivare, esattamente ?

LUI. Constato, nient’altro.

LEI. Non fatevi scrupolo, proseguite !

LUI. Non vorrei avere l’aria di denigrare la Signora.

LEI. Non tormentatevi, non ho mai dato molto peso alle parole dei subalterni.

LUI. Saggia attitudine.

LEI. Guardate, visto che l’argomento sembra appassionarvi, vi propongo di approfondirlo. Parlatemi di
me !

LUI. Scusate ?

LEI. Si, se vi si interrogasse a mio proposito, cosa direste ?

LUI. In presenza o in assenza della Signora ?

LEI. In assenza, evidentemente.

LUI. Certo, cambia tutto.

LEI. Non ne dubito.

LUI. Dunque, risponderei che la Signora è una persona solitaria.

LEI. Davvero?

LUI. Non riceveva mai visite.

LEI. Mai?

LUI. Mai… Signore.

LEI. Signore ?

LUI. Generalmente sono sempre uomini che si dedicano a questo genere d’interrogatorio.

LEI. Andate avanti !

LUI. Potete ripetermi la domanda ?

LEI. Parlavamo delle sue visite.

LUI. Certamente. Prego il Signore di perdonare questa piccola smagliatura, ma la perdita della Signora mi causa un grande dolore.

LEI. State esagerando.

LUI. In questa situazione sono sicuro di essere più oggettivo. Dunque, come dicevo, in dodici mesi di servizio dalla Signora, non l’ho mai vista ricevere una sola visita.

LEI. Certo, ma non siete stato ventiquattr’ore su ventiquattro con la Signora ?

LUI. Avevo il mio giorno di riposo, come ogni impiegato, ma, se posso permettermi, sono sicuro che la Signora non riceveva nessuno neppure quando io non ero in casa.

LEI. Dite piuttosto che mi spiavate !

LUI. Chi mi sta parlando ? Ammetto che mi ci sto perdendo…
In ogni modo, la reazione della Signora proverà al Signore che non mi sbaglio. Ma se la Signora desidera che l’interrogatorio cessi, sono al vostro servizio.

LEI. Cosicché siete sicuro di voi ?

LUI. Certamente Signore.

LEI. Cosa mi garantisce la vostra buona fede ?

LUI. La mia buona fede.

LEI. In questo lungo anno, la sua padrona si sarà certo allontanata ?

LUI. In effetti, il mercoledì era il suo giorno di bridge con la sua amica Clara. Un ’amica d’infanzia, da quanto dice la Signora.

LEI. E secondo voi, diceva la verità ?

LUI. Non vedo perché metterei in dubbio la parola della Signora. Se avesse avuto qualcosa da nascondermi, bastava che tacesse.

LEI. Continuate, ve ne prego.

LUI. Il sabato pomeriggio, la Signora faceva le compere nei grandi magazzini.

LEI. Con chi ?

LUI. Sulla mia parola, con nessuno.

LEI. Ne sapete di cose !

LUI. Osservo, tutto qui.

LEI. Ma, non partiva mai per periodi più lunghi ?

LUI. Quando è morta sua madre, la Signora è partita per il Var, per il funerale. Ci sono voluti due giorni. E, recentemente, la Signora si è recata a Firenze, da un ’amica, un viaggio di sette giorni.

LEI. E laggiù, cos’è successo ?

LUI. Siete voi il detective.

LEI. Troppo giusto. Ma dovete certo avere una vostra modesta opinione ?

LUI. La Signora appariva assai nervosa, al ritorno.

LEI. Ah, ah !…

LUI. Si, mi ha aggredito.

LEI. Oh, interessante.

LUI. Può darsi, in ogni modo, molto sgradevole.

LEI. Ve ne sarete fatto un’idea ?

LUI. Deve certo essere stata sfiorata da qualcosa.

LEI. Tipo ?

LUI. Conoscete l’Italia, la mentalità, gli usi, i treni… Gli italiani… Gli italiani sui treni… la Signora è profondamente francese, non abbiamo la stessa nozione del tempo. Laggiù, è talmente facile legarsi ad uno sconosciuto. Qui, prima, bisogna bersi parecchie tisane.
(silenzio)
Il Signore ha altre domande, ammetto che comincio a trovare tutto ciò molto eccitante.

LEI. Parliamo di prima, se ne avete la compiacenza.

LUI. Prima ?

LEI. Si, prima che prendeste servizio dalla Signora.

LUI. Ma Signore, mi è difficile parlare di prima, per la buona ragione che era prima, ed io non c’ero.

LEI. Oh, ma dovete certo conoscere qualcosuccia della vita della sua padrona. Per esempio, il suo matrimonio ?

LUI. La Signora non si è mai sposata.

LEI. Non corrisponde al mio rapporto.

LUI. La Signora non si è mai sposata.

LEI, Non corrisponde al mio rapporto.

LUI. La Signora non si è mai sposata.

LEI. Vi sbagliate, Alphonse !

LUI. Chi siete dunque ?
LEI. Sono io !


LUI. Io, chi sarebbe ?

LEI. L’unica io, la vostra amatissima padrona… E così, non eravate al corrente ? Mi meraviglio che un essere come voi, così perspicace, così intuitivo, non abbia sospettato nulla. O forse l’argomento vi
disgusta ?

LUI. E sarebbe successo quando ?

LEI. Alphonse diventa curioso. Non avete che da interrogare il Signore, è lui il detective, io sono morta.

LUI. Sta diventando grottesco.

LEI. Vedete un po’ voi, io conosco già la risposta.

LUI. Benissimo!… Signore, potrei sapere a quando risale il matrimonio della Signora ?

LEI. Dal momento che sembrate molto legato a lei, ve lo posso dire, pressappoco a cinque anni prima del vostro arrivo.

LUI. Non è possibile.

LEI. Sarebbe a dire ?… Rimettevi amico mio, non è poi così grave, mi avevano avvisato che non eravate sentimentale.

LUI. Perdonate questo abbandono, credevo conoscere perfettamente la Signora.

LEI. Tutti si possono sbagliare.

LUI. Tutti non sono io ! E chi era costui ? E come si sono incontrati ?

LEI. Quello che posso dire, è che si trattava di un banchiere molto importante, penso che il suo nome non vi direbbe niente… E’ morto tre anni dopo.

LUI. Lasciandole tutta la sua fortuna.

LEI. Dicono tutti che fossero estremamente presi l’uno dall’altro. Ma sono voci. Per andare a fondo della faccenda, bisognerebbe sentire la versione della Signora. Visto che non fa più parte di questo mondo, non vedo che una soluzione : la vostra intuizione.

LUI. In questo caso, è inutile.

LEI. Avete ragione, inutile. Allora, secondo voi, se devo giudicare dalla vostra reazione, la Signora sarebbe rimasta sola dal giorno della sua nascita fino alla sua ultima notte. Ma volete scherzare. Una donna di tale eleganza, talmente intelligente, oserei dire, così donna ! non può essere sfuggita all’amore.

LUI. Questo genere di cose esiste solo nella vita.

LEI. E dove siamo noi ? Mi fate paura.

LUI. Mi avete guardato bene ? E avete guardato lei ? Pensate seriamente che facciamo parte di questo mondo ? Credete forse che un essere come me esista ancora nella nostra epoca ? Pensate forse che una donna come lei meriti soltanto che la si chiami donna ?

LEI. Come ? Era un uomo ?

LUI. Ah, smettiamo questa schermaglia.

LEI. Ditemi dunque… un piccolo imprevisto e tutta la vostra filosofia non sta più in piedi. Sembravate talmente sicuro, così solido, perfettamente equilibrato. Cosa è successo Alphonse ? L’idea che due esseri si possano amare, decidere di fare un tratto di strada insieme, vi terrorizza a tal punto ? Oppure siete geloso… Siete geloso ? Voi siete geloso !
D’altronde, vi capisco. Dopo quanto avete vissuto, è normale che risentiate della frustrazione… Oh Alphonse, avreste dovuto cercare di ritrovare le sue tracce. Oggi, sareste ancora tra le sue braccia attorniato da un mucchio di mongolfierine…

LUI. Molto divertente !

LEI. Inutile che vi sfinite, ho indovinato, vedo esatamente come siete : debole e vile, come la maggior parte degli uomini. Perché, dopotutto, malgrado le vostre funzioni, vi accordo il beneficio del dubbio, lo siete anche voi. In ogni modo, sarà meglio per me considerarvi tale.

LUI. Hanno dovuto farvi enormemente soffrire, Signora.

LEI. Non vi permetto.

LUI. Appena vi sfiora, non lo permettete… Ditemi, in confidenza, non siete mai stata sposata?

LEI. Bisognerebbe penetrarmi per saperlo.

LUI. Perdonatemi, la mia attività si è interrotta nel momento in cui la donna della mia vita è scomparsa della mia notte nel bosco.

LEI. Quant’è poetico ! Al punto che mi fa venire voglia di “fare la pipì”, è così che dicono in Italia. E’ colpa del tiglio, ne ho abusato.

(Esce, poi torna subito.)

Si chiamava Arturo. Era direttore della Nazionale Banca dell’Aristocrazia, NBA, se preferite.
Un uomo piccolo, rasato, senza baffi, quasi calvo.
E’ dolce un cranio calvo !
Un tipo piuttosto taciturno, che non si nota a prima vista. Me l’ha presentato la mia amica Clara.

LUI. Quella del bridge ?

LEI. Esatto. Anche lui era appassionato di carte.

LUI. Ed è stato il colpo di fulmine !

LEI. Per niente, sapendo a cosa conduce. No, non è quello che cercavo. Avevo voglia di vivere una storia semplice. Parrebbe che non possa nascere diversamente, il vero amore.

LUI. Generalmente, sono quelli che sono morti di noia, che mettono in giro queste voci.

LEI. Un giorno, stavamo uscendo dalla mia amica Clara, Arturo mi propone di accompagnarmi.

LUI (nella parte d'Arturo). Permettete che vi riaccompagni ?

LEI. Non ho nulla in contrario, ci conosciamo già abbastanza.

LUI. Permettete… il vostro mantello…

LEI. Grazie.

LUI. Il vostro cappellino…

LEI. Non è il mio.

LUI. Tanto meglio.

LEI. Scusate ?

LUI. Siete già talmente maestosa !

LEI. Non ne sarete urtato spero ?

LUI. Se non mi camminate sopra!

LEI (ride). Ehi, ehi… attento al gradino !

LUI. E’ l’emozione.

LEI. La vostra auto è parcheggiata lontano ?

LUI. Sono a piedi.

LEI. Ah!?

LUI. Le automobili in città sono infernali, non trovate anche voi ?

LEI. Come faremo allora ?

LUI. Il metrò, o l’albergo.

LEI. Sarebbe a dire ?

LUI. Ascoltate mia cara… posso chiamarvi per nome ?

LEI. Ma certamente.

LUI. Non la farò tanto lunga. Sono arrivato ad una età in cui il celibato comincia a pesarmi, e non fa che generare contrarietà. Si perde fiducia, si ingrassa, l’acne fiorisce ancora, non se ne può più di ritrovarsi soli la sera, davanti l’eterno piatto di pasta al burro scotta.

LEI. Non andate mai al ristorante ?

LUI. Facevo per dire.

LEI. Ah !?

LUI. Inutile nascondervi che sul piano sentimentale, ne ho approfittato parecchio.

LEI. Immagino.

LUI. Tutta una serie di avventure palpitanti, sessuali, violentemente passionali, con o senza futuro… Ma non ve ne farò l’elenco.

LEI. Non mi disturba.

LUI. Adesso aspiro ad una vita più tranquilla. Avere accanto a me una persona di qualità, dolce, bella, calma, ragionevole, come voi…

LEI. Non sono sempre così…

LUI. Corrisponde perfettamente al nuovo stile di vita che desidero praticare. La mia posizione economica è importante, persino invidiabile.

LEI. Sciocchezze !

LUI. Diventa importante pararsi le spalle.

LEI. Se lo dite voi !

LUI. Anche, se vi ho parlato di albergo, si trattava ancora una volta di un modo di dire.

LEI. Ah!

LUI. E’ evidente che non ho la sfrontatezza di proporvi una seduta di gambe all’aria.

LEI. Non ne avete più l’età !

LUI. Dai e dai, si finisce per stancarsene.

LEI. Dipende.

LUI. L’albergo, nel mio linguaggio personale, significa : Volete voi legare la vostra vita alla mia finché morte non ci separi ?

LEI. Mio Dio !

LUI. Sono stato troppo diretto ?

LEI. Non veramente !… forse sì… è un’idea !

LUI. Dipende da voi solo concretizzarla.

LEI. Odio la metropolitana che mi fa soffocare, vada per l’hotel !
LUI. Davvero ?

LEI. Ma si. Ne conosco uno assai simpatico, poco lontano da qui, affitta le stanze a metà prezzo, di pomeriggio.

LUI. Mi sono forse espresso male ?

LEI. Inutile giocare ancora la commedia, so che bruciate dal desiderio di cavalcarmi. E’ il mio lato verginale che vi intimidisce. Vi siete detto : “ Non bisogna spaventarla, con lei bisogna saperci andare piano, lei non è certo il tipo da andare dritto al punto.” Ebbene, l’apparenza inganna, avventuriamoci, e la nostra unione ne uscirà stupefacente, Ottavio !

LUI. Ottavio? Mi pareva si chiamasse Arturo.

LEI (sta scomoda). Si… Arturo. (silenzio)

LUI. Valeva la pena di tentare. Vi siete calata nella parte, ciò vi ha reso concreta. Si dice che l’immaginazione supplisce, talvolta, all’esperienza, quando non si ha la fortuna di vivere un gran che. Si dice anche che a grandi dosi, finisce per soppiantare la realtà.

LEI. Si, si dice.

LUI. Me ne volete ?

LEI. Per cosa ? La mia storia non ha certo il merito di essere stravagante quanto la vostra, ma quando si scoprono gli altarini, ho almeno l’onestà di riconoscerlo.

LUI. Mi spiace, non ho mai saputo improvvisare.

LEI. E chi parla di improvvisazione, di certo vi sarete esercitato al lungo !

LUI. A che scopo ?

LEI. Cosa ne so ? Per stupire, per proteggervi !

LUI. Da chi ?

LEI. Dalle vostre ammiratrici.

LUI. Ma che dite !

LEI. Sono sicura che voi avete molto successo.

LUI. Come tutti.

LEI. Francamente, siete niente male.

LUI. Trovate ?

LEI. E’ una opinione strettamente personale, non pretendo rappresentare l’intero genere femminile…

LEI. Ma… posso affermare che avete un certo non so che.

LUI. Un certo non so che ?

LEI. Beh, ammetto che non siete poi così sensuale !

LUI. Ah !

LEI. Si, siete troppo rigido, gesticolate a scatti, tutto l’insieme manca d’armonia. In ogni caso, non s’impara, è innato.

LUI. Non vedo dunque in cosa potrei piacere.

LEI. Avete uno sguardo molto profondo! Le sopracciglia troppo cespugliose, ma si possono depilare. Siete troppo peloso, a mio gusto. Infine, se la quantità di peli che si trova sul vostro corpo è proporzionale a quelli che ricoprono la vostra faccia, temo parecchio che tutto ciò non mi piaccia.

LUI. Rassicuratevi, il mio petto è praticamente imberbe.

LEI. Toh, interessante !

LUI. Ed anche la mia schiena.

LEI. Questa poi, è una sorpresa. E il resto ?

LUI. Temo che corrisponda alle vostre paure.

LEI. E’ già meno grave, ciò che conta è che non sia tutto dello stesso colore.

LUI. Ho qualche speranza allora ?

LEI. Si… ora dipende da come agirete.

LUI. A che livello ?

LEI. Al livello più basso.

LUI. Apparentamente è molto soddisfacente.

LEI. Ve l’hanno già detto ?

LUI. Avete memoria corta.

LEI. Ah, questa storia… avete ricevuto altre critiche, suppongo ?
LUI. Mi sembra di essere stato chiarissimo.

LEI. Alphonse ! Non siete divertente. Ora che mi avete rivelato il vostro corpo, niente vi impedisce di consegnarmi il resto. Approfittate della situazione, caro mio. E’ bello quello che viviamo stasera, questo ravvicinamento di due esseri così diversi come noi, è una grande lezione di tolleranza.

LUI. Si, è simpatico.

LEI. Vi offro un attimo d’intimità, non rifiutatelo. Sono perfettamente capace di abbassarmi al vostro livello, sapete ? Ho frequentato parecchie ragazze e ragazzi proletari quando ero studentessa. Facciamo saltare le barriere, oltrepassiamo le frontiere, scopriamoci ! Rimango persuasa di potervi aiutare, capisco bene che qualcosa si è rotto dentro di voi.

LUI. Cosa ve lo fa credere ?

LEI. Siete incessantemente sulla difensiva, nascondete una ferita. Suppongo che abbiate subito un trama nell’infanzia.

LUI. Supposizione sbagliata.

LEI. Alphonse! Se non cooperate, sarò costretta ad arrabbiarmi.

LUI. Ma insomma, cosa volete sapere ?

LEI. Osate sostenere che non avete mai più consumato… dopo quella famosa notte ?

LUI. Ma non pensate che a quello ! Tutto il vostro parlare traspira di curiosità sessuale. Che interesse
avete ?

LEI. Un interesse filosofico ! E se la risposta non vi convince, credete ciò che volete, non me ne importa.

LUI. Mi convince perfettamente. E sono felice di sapere che abbiamo almeno un interesse in comune.
Capite, sono stato perfettamente capace di rifiutare quella carnalità che avvince ognuno di noi. Non voglio dire che sia stato facile, ho attraversato prove, ho dovuto lottare. Mi ci è voluta parecchia volontà, abnegazione, sacrificio, umiltà, insomma, forza !
E Dio sa di quanto ne ho avuto bisogno ! Specie nelle notti di luna piena. Fortunatamente ero molto sportivo.
Quando avrai superato questo stadio primario, mi dicevo, ti renderai conto del vantaggio che avrai preso sui tuoi contemporanei ?
Quando vedo tutte quelle donne, tutti quegli uomini pronti a perdersi, a soffrire, a umiliarsi pur di sentirsi dire qualche sfortunata parola d’amore, mi fa pena.
E per andare dove ? Per ottenere cosa ?
Dire ti amo è già sottintendere che non ti amerò più. La fine è nell’inizio dato che ogni inizio ha una fine. Non ci sono più storie, non c’è più amore, perché non c’è più nessuno capace di vivere storie d’amore.
Si preferisce amarsi tiepidamente nella fanghiglia piuttosto che essere di fronte alla propria solitudine.
Io sono diverso, non devo provare nulla, il giudizio degli altri, me ne sbatto, niente ha tanta importanza quanto la mia integrità e la buona salute della mia identità.
Tutta questa mascherata erotico-sentimentale, ci da solo l’illusione di colmare il nostro vuoto, la nostra vita.
E quando, come me, si capisce come va a finire, ci si dedica ad argomenti più fondamentali.

LEI. Facile fare certi propositi quando come voi, si è incontrato, da subito, la partner ideale.

LUI. Ho avuto questa fortuna, in effetti.

LEI. Perché dunque rinunciare ?

LUI. E’ il mio lato assolutista. E, lo ammetto, anche fatalista. Ho raggiunto l’eccellenza. Ho temuto di sfinirmi per niente, perseverando.

LEI. Il corpo ha i suoi bisogni. E’ male rifiutarglieli. Non fa bene alla salute. Voi siete ancora giovane. Ma il tempo passa. Quando vorrete ripensarci, sarà forse troppo tardi. State attento !

LUI. Tutto accade come se tutto mi fosse diventato completamente estraneo.

LEI. Anche qui, il fatto di parlarne, non vi provoca neppure una minima reazione ?

LUI. “ Chi mi tocca crolla. Nulla mi tocca. Tutto cola ” E’ il mio motto.

LEI (seccata). Vento ! Parole ! Per quelle siete bravo ! Ma la vita, piccolo mio, è ben altra cosa.

LUI. (insolente). Quale vita ? Quella degli altri ? La mia mi basta ampiamente. E pretendo di viverla come voglio.

LEI. Facendo il domestico ?

LUI. Esattamente.

LEI. Lasciatemi ridere.

LUI. Fate come foste a casa vostra, ve ne prego, ho tutto il tempo.

LEI. Alfonse, ma non direte sul serio ?

LUI. Sono un uomo felice, Signora. Penso di essere una delle rare persone nella nostra società che possa vantarsi di vivere una felicità permanente, lontano dallo sconquasso e dalle angosce quotidiane. Sapesse che gioia !… Perché, dopotutto, cos’è mai essere domestico ?…

LEI (ironica). Sento che dovrò prendere appunti.

LUI. Comincio dalle evidenze. Nutrito, alloggiato, lavato : nessuna preoccupazione materiale! Per quanto riguarda tutti i doveri di un domestico, le risparmi il fastidioso, interminabile elenco.

LEI (ironica). Ah grazie, no, pietà !

LUI (senza perdere il controllo). C’è dell’altro… Quando la padrona ha bisogno di un consiglio, è a voi che si rivolge. Per forza, ci siete solo voi ad essere presente in permanenza! E voi, che sopra ogni cosa non volete dispiacere alla vostra padrona, cercate sempre di darle un buon consiglio. Ma il bello è che, in questa storia, anche se i consigli si rivelano nefasti, la vostra padrona non potrà in alcun caso condannarvi. Per la semplice e buona ragione, che voi non siete che il suo domestico !

LEI (ironica). Appassionante !

LUI. Capite bene che se lei si arrabbiasse con voi, significherebbe che tiene in gran conto i vostri consigli, e si metterebbe in una situazione di debolezza.
Ma non è questo il più entusiasmante, oserei dire, il più… estasiante !

LEI. Eccoci dunque !

LUI. Non è affatto ciò che immaginate. Io, vi parlo di un altro piacere, quello che non si riesce a definire a parole, tanto supera ogni intendimento.

LEI. Anche l’altro, sapete !

LUI (spontaneamente). Si !…( Si riprende, a disagio). No !…(Agitatissimo). Ah !… mi avete fatto perdere il filo !

LEI. Parlavate del piacere.

LUI. Proprio così… E’ favoloso ! (In un estremo piacere) Penetrate in una intimità senza mai sentirvene implicato. Siete autorizzato a tutto, a condizione di non farvi notare. C’è un’esistenza intera che vi è concesso di contemplare, un essere su cui dovete vegliare, come su di un oggetto prezioso che rischia di rompersi, se lo trascurate per un solo istante. Tutto si affida a voi. Voi ci siete, ovunque, sempre, a tal punto che l’altro non si rende più conto della vostra presenza, e si abbandona totalmente. Voi siete il testimone privilegiato. E nulla può sfuggirvi. Potete vantarvi di conoscere l’altro, più di voi stessi. Assistete ad ogni suo umore, ad ogni singolo soprassalto del suo cuore, voi siete la cristallizzazione stessa delle emozioni. E’ a voi che tocca la cura di raccogliere il fazzoletto tutto bagnato, dopo la scena dei singhiozzi. Siete ancora voi che fate sgorgare il risolino di soddisfazione quando annunciate, contro ogni aspettativa, che c’è ancora una tavoletta di cioccolato in fondo al cassetto. E siete ancora voi a cambiare le lenzuola, marcate dall’agitazione notturna. Voi siete il prolungamento, siete la vita dopo la vita, e questo vi fa godere !

LEI. Quanti nei ho sulla natica sinistra ?

LUI. Scusate ?

LEI. Intendo dire che ho fatto entrare in casa mia il più grande guardone che la terra abbia mai procreato ! Santo Iddio ! Fino nella mia stanza, fin nel mio letto, fin sotto le mie lenzuola, mi avete seguita.

LUI. Ma state scherzando ?

LEI (immedesimata nella scena, dai suoi fantasmi ). Improvvisamente, mi sento talmente nuda. E la
notte !… quando credevo fare spontaneamente dei sogni erotici… eravate voi! Mi è proprio sembrato, una volta, di avervi scorto nella penombra…
( Lei chiama) Alfonse !… Ma non ci ho voluto credere… doveva sembrarmi pazzesco.

LUI. Delirate, Signora…

LEI. Alfonso !.. Ma siete proprio voi ?… Vi ordino di manifestarvi… ( breve esitazione) Alfonso, vi avviso, conto fino a tre, dopodichè non rispondo di nulla. Uno… due…

LUI. Ma Signora…

LEI (fa la svanita). Sapete che ora è ?

LUI. Le tre e mezza passate.

LEI. Vi rendete conto della gravità della situazione ?

LUI. Non proprio.

LEI. Qualcuno potrebbe sorprenderci.

LUI. A quest’ora è piuttosto improbabile.

LEI. Come vi spiegate questa improvvisa intrusione?

LUI (non sa cosa rispondere). Difficilmente…

LEI. Ah !… si può dire che non vi avventurate alla leggera, almeno voi. Avete avuto tutto il tempo per spiarmi, per vedere come funzionavo, per meglio impadronirvi di me, certo, per quando sarebbe arrivato il momento. E avete scelto esattamente questa sera, approfittato della mia stanchezza, e di un periodo particolare della mia vita, di debolezza, per assalirmi. Si può ben dire che siete perspicace, mio domestico : la vostra presenza qui, nel mezzo della notte, mentre dormo…

LUI. Ma la Signora non dorme.

LEI. Vi disturba ?

LUI. Ammetto che si è fatto tardi…

LEI. E avete un gran bisogno di stendervi.

LUI. Se non è chiedere troppo…?

LEI. Ma fate pure, amico mio, fate. Stasera la Signora permette.

LUI. Davvero cortese da parte vostra.

(Abbozza il movimento di andarsene, lei lo trattiene.)

LEI. Ebbene si, avete vinto, devo sacrificarmi. Fate sgorgare il vostro desiderio di me, represso troppo a lungo. Stasera mi arrendo.

LUI. Non capisco, Signora.

LEI. Invece io capisco bene la lotta che agita i vostri sensi. La sofferenza, le torture che dovete combattere. Siete là, a tre passi del mio letto, le mani umide, lo spirito agitato, il sesso pronto… Io sospiro. E voi scambiate questo sospiro per un invito - e non avete torto ! Sotto il lenzuolo, immaginate il mio corpo seminudo, fremente, malleabile, così innocente… Fa molto caldo… La mia camicia da notte è talmente corta… Andate a prendere le cose in mano ormai, e questo vi piace. Siete come non siete mai stato… Mio Dio !… Non vi riconosco.

LUI. Magari non sono io ?

LEI. Ma si, ma si che siete voi, trasfigurato, liberato, stupefacente !

LUI. Ma davvero ?

LEI (commossa). Tutto è successo talmente in fretta. Oh Alfonse ! Eccovi veramente al dunque.

LUI ( si lascia andare). Ne ha tutta l’aria.

LEI (agitata). Chi l’avrebbe detto !

LUI (cerca di calmarla). Calma ! Calma !

LEI. Non macchierete le mie lenzuola.

LUI. Sarebbe una bella disgrazia.

LEI. Voi non siete un amatore. ( breve silenzio) Ci pensavate da molto ?

LUI. Dal giorno in cui siete caduta dalle scale. Ve ne ricordate ? La caduta fu terribile. Ciò che mi ha colpito, è il gridolino che avete cacciato proprio al momento in cui avete capito che il capitombolo era inevitabile. Un piccolo grido, breve, stridente, ma pieno di estasi. Di colpo, ho visto la porta della vostra stanza aprirsi per me, ho visto il letto, le lenzuola, la coperta, e poi il vostro letto senza lenzuola, senza coperta.

LEI. Un vero cantiere !

LUI. Una notte d’amore. (pausa)

LEI. E se non fossi caduta ?

LUI. Non è forse meglio così ?

LEI. Avete ragione, cerco sempre l’ago nel pagliaio.

LUI. La Signora è perfezionista.

LEI. Alfonse è un grande seduttore.

LUI. Dico la verità.

LEI. Adulatore !

LUI. La Signora mi fa torto.

LEI. Adulatore ! Adulatore ! Adulatore !

LUI. La Signora si sbaglia.

LEI. E dopo avere violato la soglia della mia stanza, voi che fate ? Che reazione avete vedendomi riposare sul mio letto come una fanciulla desiderabile ?

LUI. Metto un piede avanti all’altro.

LEI. Avanzate.

LUI. E’ talmente buio, temo di sbattere contro un malaugurato ostacolo.

LEI. Volete che accenda il lume ?

LUI. Certo che no ! Perderebbe d’intensità.

LEI. Se è ciò che desiderate.

LUI. Vado avanti.

LEI. Il ritmo del vostro respiro si fa sempre più allettante.

LUI. Faremo come se voi dormiste.

LEI. Se vi rende la cosa più facile.

LUI. Oh si che può ! Inoltre, se poteste tenere gli occhi chiusi…

LEI. Come volete. Ormai siete a pochi passi.

LUI. A soli pochi centimetri.

LEI. Di già ? Non ho neppure avuto tempo per abituarmi all’idea.

LUI. Non ce n’è ragione, dato che dormite.

LEI. E’ vero, lo dimentico sempre. Fa così caldo.

LUI. Vedo un pazzo di spalla.

LEI. Sollevate lentamente il lenzuolo

LUI. Contemplo fremente il vostro corpo palpitante.

LEI. Mio Dio !

LUI. Mi spuntano le ali.

LEI. Cioè ?

LUI. Non tarderete a sentirle passare.

LEI: Dio mio !

LUI. Lasciatevi andare.

LEI. Galleggio. (con estrema dolcezza) Galleggi anche tu ?

LUI (estasiato). Questo profumo… così a lungo disperso… questo profumo che ancora mi inebria… Ma io non so… Dove siamo ? Se voi almeno poteste dormire… Sta ricominciando ? Chi siete ? Eppure mi avevate giurato che non avremmo mai potuto ritrovarci. Ma non sto sognando ? Non si ottiene mai in una vita sola di toccare l’apice dell’estasi due volte.

LEI (in estasi). Menzogne !

LUI. Mi gira la testa. Mi perdo.

LEI (teneramente). Vieni qui !

LUI. Non so dove mi trovo.

LEI. E’ la felicità.

LUI (emettendo un gemito d’orgasmo). Oh !

LEI ( nello stesso stato). Si !

LUI ( rientrando improvvisamente in se). No ! Mi spiace, ma dobbiamo interrompere il corso della nostra operazione.

LEI (titubante). Che… ?

LUI (agitatissimo). Vi prego di scusare la mia intrusione.

LEI ( titubante). Ma che succede ?

LUI. Impossibile ! Non sono io. Non è successo nulla.

LEI. Cosa dite ?

LUI. Si tratta di un malinteso… la stanchezza, il caldo, un attimo di smarrimento e ci saremmo trovati sulla cattiva strada.

LEI (dolcemente). E’ inutile che vi mortifichiate ancora, Alfonse, non avete nulla da rimpiangere, io vi perdono. IO SO !… Si sta alzando il giorno, mio piccolo caro, e voi potrete infine confessare i vostri peccati.

LUI. Di cosa state parlando ?

LEI (civetta). Devo forse rinfrescarvi la memoria, a voi che avete avuto l’audacia di prendermi, in totale impunità, per tutto l’anno, una o due volte la settimana, mentre dormivo ?

LUI. Ma non direte sul serio.

LEI. Ditemelo, dimmelo, voglio solo sentirtelo dire.

LUI. Sarà presto giorno, non mi reggo in piedi, finiremo domani.

LEI (con energia). Praticamente era ogni notte che mi finivi senza vergogna ! So bene quanto sia difficile per voi affrontare il vostro desiderio, ad occhi aperti. “ Se poteste tenere gli occhi chiusi ”, è talmente più facile. Diversamente non potete, non è forse vero ? Se non dormo, non potete ! Ora tutto mi è chiaro (come se parlasse a se stessa) Immagino che mi drogaste! (come una rivelazione) Nella mia tazza di tiglio, per esempio !… (come si trattasse di un’evidenza) Ma naturalmente !… E al mattino, quando mi risvegliavo, constatavo, spesso con sorpresa, che le lenzuola erano zuppe. Ero in un bagno di sudore. A volte mi ritrovavo sdraiata sulla moquette, tutta indolenzita… Avete dovuto divertirvi, lo credo bene.
E dovete anche avermi usato delle violenze ! Per sentirmi talmente a terra, non c’è dubbio. Più ci penso e più mi rivedo la scena… Vi vedevo talmente focoso, determinato, che non ero in condizione di opporvi resistenza. E l’indomani, cercavo di convincermi che fosse impossibile, che avevo delirato. E’ a quel punto che vi osservavo. E voi avevate l’aria tranquilla…
LUI. Mi fate davvero pena, Signora.

LEI (calma e dolce). Ma, ve l’assicuro, non ho mai avuto l’intenzione di arrecarvi pena.

LUI. Mi dispiace, ma non sono Harold, e neppure Maurice, e neppure uno di quelli che avete licenziato, quando non vi servivano più.

LEI. Cosa osate insinuare ?

LUI. La verità. La vostra vita intera è un “ pluf ”, Signora ! E voi, affondate con lei. Mi rifiuto di essere coinvolto in quest’affare.

LEI. Almeno io respiro, sudo, provo ! Voi siete un invertito, un frustrato, e peggio ancora. E non siete solo domestico al mio servizio, lo siete nella vostra testa.

LUI. Mi sento responsabile della mia disperazione, io ! Non la scodello sul grugno del mondo. Se tutto si fonde sopra di me, io non colo a picco.

LEI, Io non so nuotare.

LUI. Una ragione in più per rimare a riva. (Sparisce)

LEI. Ma cosa state facendo ? Non è ancora il momento per andare a letto. Non vi ho invitato a farlo.

LUI (voce fuori campo). Non intendo dormire.

LEI. Vi ordino di riapparire. (Alfonso riappare, con una valigia in mano, il cappotto, che indossa e abbottona durante lo svolgersi del dialogo. La Signora è spaventata.) Dove state andando?

LUI. Nella Loira, da mia madre.

LEI. State scherzando.

LUI. Mi manca il gelsomino.

LEI. Non c’è poi tanta fretta.

LUI. Devo farlo.

LEI ( esasperata). Ed io ? Non mi domandate il permesso ? Vi comportate come un cafone. Non potete lasciarmi senza preavviso. Non ne avete il diritto.

LUI. Non vi sarà troppo difficile sostituirmi.

LEI ( gravemente). Non ci sarà nessun’altro. (Pausa. Alfonse prende la sua valigia, lei la trattiene, disperata) Alfonse ! Riflettete, è voi stesso che fate soffrire, che impedite di esistere. Non potete certo negare ciò che è appena successo, poco fa, sotto queste stesse lenzuola !

LUI. Le lenzuola ? Ma quali lenzuola ? Io non vedo lenzuola. La Signora deve avere sognato. Vedo solo un sofà, delle poltrone, una tavola : il salotto della Signora. Sappiamo rimanere al nostro posto, l’avete detto voi stessa, e avete detto il vero. (sospensione). Addio, Signora !

LEI. Ti ordino di restare !

LUI. Vi consiglio di non insistere.

LEI (fatale, delirante, arresa). Perché mai ? Mi detestate a tal punto che sareste tentato di commettere l’irreparabile ? State cercando di mettermi in guardia ? Devo prendere precauzioni ? Capite, se voi non state al vostro posto, decentemente, io non saprò più da che parte stare. Se deviate dalla vostra strada, sono perduta.
Ho bisogno di un punto di riferimento ! Ho bisogno del mio piccolo punto di riferimento ! Finora, nessun domestico si è mai permesso con me, anche solo un quarto della vostra impertinenza.
Vedete, ne sono tutta rigirata. Smettetela di fissarmi così quando vi parlo, è indecente.
Avete la vostra ideuzza in capo. Vi aspettate qualcosa da me, è sicuro. Voi non mi avrete. In ogni caso, non così ! E dire che non chiudo mai a chiave la porta della mia camera !
Mi si accuserebbe di imprudenza, se dovesse succedermi qualcosa. Il torto sarebbe totalmente mio. Si insinuerebbe che non era la prima volta. La gente è talmente gelosa !
Sono sola e indifesa, avreste agio di abusare della situazione.
Ma ditemi, avete dovuto proiettare tutti i vostri appetiti su di me per tutti questi mesi ? Ci vuole una ferrea dose di buona volontà per frenare così a lungo i propri istinti sessuali.
Osate dire che non sentite niente, quando mi siete così vicino ? Osate dire che al mattino, quando vi svegliate, il vostro primo pensiero non è per me, e il vostro ultimo pensiero, la sera, prima di addormentarvi… se riuscite a dormire ? Ammettetelo, Ardete dalla voglia di toccarmi per vedere che effetto fa ?

LUI. Non sempre occorre toccare il fuoco per accertarsi che brucia.

(Si dirige verso l’uscita, lei lo rincorre, gli si aggrappa.)

LEI (disperata). Non lasciarmi ! Ti darò il mio nome.

LUI. Ma per favore, Signora !

LEI. Con me, tu riscoprirai la luce, raggiungerai il mondo incantato dietro la foresta, ti renderai conto che il vero amore si può fare solo ad occhi aperti.

LUI. Preferisco appartenere a me stesso. (Esce)

LEI (in un ultimo grido). Ma Alfonse, ero io nel bosco !

LUI ( voce fuori campo). La Signora è molto dimagrita.


FINE