Anche i Pink Floyd possono sbagliare

di

Alessandro Martorelli


Intro


Tump tump… tump tump… tump tump… (rumore cuore che batte e sfuma)

Una volta un tizio mi disse che i matti sono tali perché hanno visto l’altro lato della luna.
Non ho mai capito cosa volesse dire. Almeno fino a qualche tempo fa.
Oggi non piove, meno male.
Ero stanco di passare il tempo gironzolando tra la camera e la sala tv.
La chiamo camera, ma in realtà non lo è. Cella sarebbe più adatto.
Ma non è un carcere. Peggio…è una casa di cura
Vi state chiedendo perché sono qui?
Beh, un po’ di calma…
Siamo solo all’inizio di questa storia, di una storia tra le tante che può  essere una storia bella o brutta, piacevole o orribile. Dipende solo da voi, fate la vostra scelta. .
Non preoccupatevi. Non ho nessuna voglia di  dispensare messaggi umanitari o esistenziali. Non sono un santone o un illuminato.
Anzi, direi proprio il contrario.
Per quanto mi riguarda posso dirvi che a me, nonostante alla fine mi abbia rinchiuso qui, questa storia in fondo è piaciuta. E  se mi fosse data l’occasione, la ripeterei da cima a fondo .
A questo punto vi starete chiedendo perché ho deciso di raccontarla. Soprattutto a voi.
E’semplice . Non ho deciso io.
Al colloquio di oggi mi hanno detto:  “prova a raccontare anche agli altri ciò che ti è successo in modo da esternare le tue sensazioni e condividerle, affinché tu possa comprenderle appieno”.
Così mi hanno detto.
Sinceramente non ho ben capito la ragione, ma se me l’hanno detto in tre, dovranno pur avere ragione.  Come fai a dar torto a tre dottori? O meglio, a tre psichiatri?

E visto che adesso siete qui davanti a me, approfitterò della vostra cortesia per mettere in pratica ciò che mi hanno chiesto. Ovviamente non dovrete ascoltare fino in fondo se non lo vorrete. Ma sarebbe comunque buona educazione ascoltare qualcuno che si trova in un posto come questo no?

Allora ricominciamo. Dalle presentazioni.
Mi chiamo Lorenzo Donati e in pratica mi trovo in quello che una volta si chiamava manicomio.
Come tutti i pazzi, non credo di esserlo. Ma forse non lo sono davvero.
Sono qui per una specie di compromesso. Quale?
Eh! Quanta fretta. Un po’ di  suspance.
Per favore toglietevi dalla testa tutti i cliché cinematografici e  immaginatevi un normale ospedale psichiatrico, dove i matti non sono tanto matti.
Di solito nelle camere (o celle) si sta al massimo in tre. A meno che tu non abbia scatti d’ira improvvisi. In questo caso stai da solo.
Noi siamo in due.
Io e il mio amico “Syd”.
E si,è quello che è sdraiato su quella panchina.
Non è che siamo  proprio amici, in pratica siamo solo compagni di stanza. Prima di venire qui non sapevo chi fosse, né l’avevo mai visto.
.
Ci hanno messi assieme perché abbiamo circa la stessa età. Poco oltre i trenta.
Pensavano avremmo legato subito, e così è stato.
Syd è l’amico ideale.
Parla poco, si fa i fatti suoi e non russa quando dorme. Proprio quello di cui ho bisogno..
So già a cosa state pensando
No, Syd non è un parto della mia mente, un mio amico immaginario.
È un uomo in carne ed ossa che di nome fa Francesco Rinaldi, detto appunto “Syd”.
In una delle nostre rare conversazioni mi ha spiegato che lo chiamavano così i suoi amici per via della sua passione per i Pink Floyd e per le sue stranezze.
Credo che dovrò aggiungere qualche spiegazione per coloro che non sono ferrati in materia.
Syd Barrett era, pace all’anima sua, un ragazzo che insieme ad un gruppo di amici fondò il gruppo noto in tutto il mondo con il nome Pink Floyd. Spero che sappiate almeno per sentito dire di chi sto parlando perché impiegherei troppo tempo a raccontarvi la loro storia .
Ciò che dovete sapere, comunque   è che il suddetto Syd Barrett dopo il primo album cominciò a dare da matto.. Roba comune per quei tempi. Sesso, droga e rock and roll.
E ciò gli ha permesso, nonostante la sua breve permanenza nel gruppo di entrare di diritto nella Hall of Fame delle grandi icone del rock.
Fine della spiegazione.
Questo solo per dirvi che il mio amico Syd esiste veramente, e come il suo omonimo è veramente strano.
Ama stare tutto il tempo con le cuffie alle orecchie  ad ascoltare i suoi cd.
Non credo vi serva sapere di chi, no?
In una giornata è capace di ascoltare tutta la loro discografia. Ma ha un debole particolare per il loro album più famoso:  Dark Side of the Moon, “Il lato oscuro della luna”.
Un album che in fondo parla di lui. E di me. E di tutti quelli che sono rinchiusi qui dentro. E anche di tutti quelli che sono rinchiusi là fuori. E sì, cari amici, anche di voi.
Vi ho incuriosito? Allora comprate il disco oppure potete continuare ad ascoltare la mia storia. Non vi spiegherà il contenuto dell’album, ma potrete scorgerne numerose similitudini. E poi, in fondo, fate un piacere a me che mi sto impegnando.
Bene, vedo che  Syd  ha preso in mano il cd con l’inconfondibile triangolo bianco su sfondo nero sulla copertina.
Comunque adesso fate silenzio.
Buio in sala.
Inizia il cd e con lui la mia storia.
Sapete qual è il suono che si sente all’inizio?
Il  battito di un cuore.
Tump tump… tump tump… tump tump…

Speak to me intro Breathe
Speak To Me/Breathe
Parlami/Respira

Avevo il cuore a mille.
Non  riuscivo a crederci.
Finalmente ce l’avevo fatta!
O quasi fatta.
Dopo aver superato ben quattro colloqui, stavo  di fronte al Direttore Generale dell’area Centro Italia di una delle più grandi società di comunicazione del mondo: la Globe Communication.
Ero seduto davanti alla sua scrivania,  in quell’ufficio immenso e iper-accessoriato situato al quinto piano del palazzo della Globe, che il Direttore occupava interamente assieme alla ragazza della reception che fungeva anche da segretaria.
Il logo dell’azienda risplendeva nel televisore al plasma attaccato all’unica parete libera, proprio di fianco al finestrone centrale che si apriva sul mondo esterno.
Parlavo ormai da venti minuti.
Sembrava molto soddisfatto di ciò che dicevo. Avevo fatto breccia. Gli ero congeniale.
Lui, quarantenne atletico, con un abbronzatura da lampada , sedeva davanti a me, nel suo vestito blu stile “uomo importante”.
Io, poco più che trentenne tisico, pallido come un guardiano notturno di un obitorio, costretto nel mio vestito antrace indossato una sola volta al matrimonio di mio fratello, cercavo di dare una risposta convincente alla domanda cardine di ogni colloquio:
Parlami di te.
Ed io lo facevo. E in tutti quegli anni passati tra selezioni varie, ero riuscito ad accumulare un’esperienza tale che ormai il mio discorso di presentazione era pressoché perfetto. Riuscivo a dire tutto ciò che loro volevano sentire.
Non storcete la bocca. Non fate i moralisti.
Siete veramente convinti che, in questi casi, dire effettivamente ciò che si pensa sia utile alla causa?
Bene, io facevo parte di quella categoria che comprende tutti quei  ragazzi, che hanno un background scolastico senza infamia e senza lode, che dopo la laurea vengono buttati nel mondo del lavoro, abbandonati a se stessi, senza sapere dove andare o che fare. Che si rivolgono ai “Centri di Orientamento professionale” o alle famigerate “Agenzie di lavoro”, per essere poi costretti a  subire test da Settimana Enigmistica e a riempire moduli di iscrizione lunghi un chilometro, giusto per cercare di capire per quale mestiere sei più portato.
Ma torniamo alla mia storia.
Posso dire che il mio lavoro dopo l’università era fare colloqui di lavoro.
La maggior parte di questi colloqui  avevano un leit motiv ricorrente: “le facciamo sapere”.  
In breve:
Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, credevo che il mondo mi stesse aspettando. E invece mi sono subito reso conto che non era così e cominciai a credere a quelle voci che mi dicevano che la sola laurea non bastava. Occorreva che mi specializzassi.
Perciò decisi di iscrivermi ad un Master di Marketing Management.
Finito il Master, non si mosse nulla.

Poi fu la volta dello stage, un termine che ognuno pronuncia un po’ come gli pare, dal francese stag con la “g” strascicata, all’inglese steig, al misto staig, ma che ha un unico significato: lavoro massacrante per 3, 6 mesi, un anno, senza ricevere compenso o al massimo cifre assai ridicole in cambio di una remota possibilità di assunzione, che nel 99% dei casi non avviene mai.
Inviavo curricula su curricula.
E qui cominciò l’inizio della fine. Lentamente un senso di frustrazione cominciò a impossessarsi di me
 Fu il più grande errore che potessi fare. In sostanza più passava il tempo, più vendevo i miei sogni. E improvvisamente mi trovavo ad accettare lavori che non facevano altro che aumentare la mia frustrazione. Ero così in un circolo vizioso.
È da lì che qualcosa in me è cominciato a marcire e mi ha portato dove sono adesso.
Allora era solo l’inizio.    
Detto questo, adesso potete capire perché il mio cuore batteva all’impazzata durante quell’ultimo colloquio. Ero fuori di me dalla gioia. E quando il Direttore cominciò ad elencarmi le condizioni contrattuali ebbi quasi un mancamento:
Contratto a tempo indeterminato, 1350 € nette al mese, tredicesima e quattordicesima, auto, pc, telefono aziendale e buoni pasto.
Forse molti di voi penseranno che non è poi un gran contratto, ma per me era l’Eldorado.
Mi sentivo  liberato da un peso opprimente, come se dopo tanti anni di apnea fossi tornato a respirare per la prima volta.
Respiravo.

Il Direttore generale dell’area Centro Italia della Globe Communication si alzò per accompagnarmi alla porta.
Mi congedò dicendo che doveva vedere ancora un candidato che aspettava in sala, ma che gli ero piaciuto molto, e che in linea ufficiosa dovevo aspettare il lunedì successivo per la conferma, e mi salutò  dicendomi di contattarlo oppure di passare direttamente in ufficio qualora non mi avesse chiamato.
Credo di aver risposto “va bene” o “senz’ altro”, ma ero talmente nel pallone che è possibile anche che gli abbia risposto “sia lodato Gesù Cristo” baciandogli la mano.
Ero felice, anche se la storia di un altro candidato mi allarmava un poco. Lo salutai con una vigorosa stretta e mi incamminai lungo il corridoio che portava alla reception, dove avrei incontrato il mio avversario.
In quei pochi metri cercai di immaginarmi che tipo di persona potesse essere.
Pensavo: “e se è meglio di me? Se è più figo? Più carismatico? Se ha più esperienza? E poi ci ripensa e sceglie lui?.
Arrivato alla reception ero ormai convinto di trovarmi  di fronte un tipo alla Tom Cruise ne Il Socio o Jerry Maguire, con quel sorriso, quella personalità, quel carisma.
Quando me lo trovai davanti, rimasi sconcertato.
Il tizio si alzò di scatto porgendomi una mano molle e sudaticcia e dicendomi “Buongiorno sono Ro-lan-do Mac-cal-li-ni”. Come se fossi uno straniero.
Il personaggio a cui stavo stringendo la mano aveva l’aspetto tipico di chi non vorresti mai non solo dentro una tua azienda, ma neanche dentro la tua cerchia di amicizie. E nemmeno di conoscenze.
Alto, secco, allampanato,con un ghigno da ebete che si intravedeva sotto la gigantesca montatura blu elettrico degli occhiali.
Era visibilmente agitato e dimostrava quarant’anni circa. Solo gli occhi, di un grigio insolitamente vispo, ti dicevano che quel tipo aveva meno della mia età.
Stavo per scoppiargli a ridere in faccia. Non  lo feci solo per educazione.
Era evidente che mi aveva preso per il suo esaminatore.
Chiarii la situazione e ciò provocò in lui un forte stato di imbarazzo che immagino, gli aumentò l’ansia.
Mi salutò balbettando e s’incamminò.
Non ricordo bene, ma credo di avergli detto “In bocca al lupo” o qualcosa del genere.
Incrociai lo sguardo della receptionist e feci un espressione che voleva dire: “che vuoi fare, sono ragazzi”. Lei per tutta risposta sbuffò girandosi dall’altra parte.
Credo che fu in quel momento che decisi che mi era antipatica. Se solo avesse  abbozzato un sorriso, forse non le avrei fatto quello che poi ho fatto.
Senza Interruzione

On the run
In fuga

Uscii dalla sede della Globe Communication illuminato.
Ero felice. Euforico.
Certo, di fatto non avevo firmato alcun contratto...
Però il colloquio era andato ottimamente, in pratica la mia assunzione era cosa fatta, perciò decisi di festeggiare con un bel caffè al bar di fronte.
Entrai nel bar con aria spavalda e sicura, mescolandomi a tutti gli altri vestiti blu, neri, grigi che si trovavano dentro a consumare i loro aperitivi e spuntini.
Ordinai un caffè come se stessi offrendo un giro di champagne per tutto il locale.
Ero euforico, a tal punto che la mia mente  correva verso il futuro, un futuro fatto di chiacchiere al bar con gli altri  uomini in giacca che ormai frequentavo per le mie pause lavorative. Un futuro di scambi di opinioni o affari discussi in quei tavolinetti o su quello stesso bancone, un futuro di…
Voce pre-registrata barista (manichino)
Che cazzo c’avrai da ride...
Prego?-
Dico, che cazzo c’avrai da ride. E’ da quanno sei entrato che ridi.
Scusa? Ma ce l’hai con me?
Certo che ce l’ho con te! Te sto a guardà a te!
Perdonami, ma non so di cosa stai parlando, ti assicuro che non era mia intenzione…-
Ma che cazzo stai a dì? Ma chi t’ha detto niente!
No, è che pensavo di aver…
Pensavi de che?
No è che credevo che tu…-
Che te credevi?
Ma vai un po’ a fare in culo! Ma guarda questo. Voglio solo un caffè. Me lo fai? Se no arrivederci e grazie. Ma uno non può più ridere per i cazzi suoi adesso? Ma senti questo…-
(Risata del Barista)
E adesso che hai da ridere?
Niente niente, non m’aspettavo ‘na reazione del genere.
Scusa, ma mi ci hai portato tu. Io ti ho chiesto solo un caffè.
Lo so, lo so, ma t’avevo visto co’ quer sorriso da Joker rincoglionito che nun ho resistito.
Joker rincoglionito???
Vabbè, basta mò. Te stavo a pija per culo.
Perché?
Perché te stavo a pija per culo dici? Boh, così, me volevo divertì un po’.
E te la prendi con me?
Ma dai, su, nun te ‘ncazzà! T’ho visto bello allegro che entravi qua dentro. De solito ci stanno solo facce de cazzo, perciò quanno t’ho visto m’è scattata come ‘na molla, e me so detto: “glie devo spegne quer sorriso”.
Solo per questo? – dissi sconcertato
E certo. Perché, nun te bbasta? Aspetta che te faccio er caffè. Me lo puoi dì mò perché stavi a ride?.
No, niente…è che ho fatto un colloquio..
Globe Communication?
Si, ma come hai fatto a…
Perché qua ci stanno solo loro, e n’impresa de pompe funebri. E non credo che in quel caso ce stava tanto da ride.
Già –
Com’è andato? Il colloquio dico.
Beh, penso bene, mi danno la risposta lunedì, ma dovrebbe essere sicuro ormai…
Ah,si, lunedì… -
Perché dici così?
Hai firmato quarcosa?
No, certo che no.
E allora come fai a esse sicuro che lunedì te richiamano?
Mah, non so, ho fatto un’ottima impressione , e poi me l’hanno detto. Ma scusa perche mi chiedi questo?
Solo pe sapè. Me sembri un tipo sveglio, nun vorrei che te stanno a inculà pure a te.
Cioè, cosa mi vuoi dire?
Senti, io nun te dico niente perché magari me sto a sbaglia. Ma quelli… Quelli là vestiti cosi bene, quelli come loro so’ delle teste de cazzo. Bisogna stacce attenti, perché appena te giri te lo buttano ar culo, e te fanno piagne! Fidati,– nun dico cazzate. N’ho visti tanti a passà....
(Lorenzo fa per pagare)
Lassa stà –offre la casa, te lo devo. M’hai fatto divertì pè un paio de minuti. A Joker nun te dico “in bocca al lupo” perché me sa che porta sfiga. Comunque se semo capiti no? E nun te preoccupà, Nun te fa toglie er sorriso da un coglione come me che nun sa quello che dice.

Annuii ancora con la testa e lo salutai, convinto che lui sapesse bene ciò che diceva.
Rimasi per un po’ seduto sul mio motorino a pensare a quella discussione assurda.
Quel barista era riuscito nel suo intento di spegnermi il sorriso dalle labbra. Ripassai mentalmente tutti i fatti di quel pomeriggio, cercando qualcosa che magari mi era sfuggito. A cui dovevo dare più importanza.
Il mio ottimismo si era frantumato sul bancone di quel bar.
D’improvviso ebbi come la sensazione di dover fuggire via da lì, di allontanarmi da quel posto.
Accesi il motorino.
Dovevo correre. (On the Run + filmato macchine veloci)
Mentre facevo lo slalom tra le auto, ritornai sul colloquio con il Direttore Generale …Magari qualcosa  era andato male e io invece pensavo esattamente l’opposto. Ma non mi sembrava proprio…
Però…
Si, c’era ancora la questione dell’altro candidato, che stranamente non mi preoccupava tanto, forse perché l’avevo visto.
Però…
Però c’era il fatto che io non sapevo chi fosse, voglio dire, e se in realtà era un mago della comunicazione, potevo aver preso un abbaglio con Rolando Maccallini che  forse per tutti era il famoso, il geniale, l’istrionico, Dott. Maccallini, tranne che per me.
Ma più ci pensavo, più lo ritenevo altamente improbabile.
D’altra parte, il fatto che io e lui eravamo giunti insieme in dirittura d’arrivo non poteva lasciarmi tranquillo.
I casi erano due:
1) O era veramente un genio, uno di quelli su cui non scommetteresti un centesimo
2) O io ero come lui, ma non me ne ero  reso conto.
Mentre cercavo di trovare una risposta un pensiero mi balenò nella mente talmente forte da farmi inchiodare.
 “E SE QUEL TIPO È UN RACCOMANDATO?”
Poteva essere. Così si poteva spiegare  tutto. E allora non ci sarebbe stato niente da fare.
Accelerai d’impulso.
La necessità di correre si fece più forte, dovevo fuggire via. Dovevo cercare un posto in cui potevo rifugiarmi, parlare con qualcuno e tranquillizzarmi.
E solo un posto conoscevo.
Finale di on the run e Time
Time
Tempo


Non ho mai capito perché, ma quando mi trovavo lì, avevo la sensazione che il tempo si fermasse, o addirittura che tornasse indietro, ai giorni della mia adolescenza.
Nonostante i sette anni di differenza, io e Marco, mio fratello, siamo sempre stati molto legati.
Lui è stato un punto di riferimento per me
Allegro e ironico pronto a distruggere la negatività con una battuta. Sempre capace  di sdrammatizzare ogni situazione, con un sorriso sincero e sicuro, che ti tranquillizza e trasmette fiducia
Perciò anche quella volta corsi a casa sua.
Marco viveva con Sara la sua compagna e soprattuto spalla ideale.
Sara era all’ottavo mese di gravidanza. Di li  poco la nostra famiglia si sarebbe allargata con una splendida bimba..  . Lorenzo si siede sul divano
La serata  trascorse così come la volevo. Serena e rilassante.
Raccontai a Marco e Sara tutto ciò che era successo quel pomeriggio, e ascoltando le loro considerazioni mi tranquillizzai. Anzi, analizzando il tutto con più calma, mi accorsi che effettivamente c’era anche molto su cui ridere. O almeno, mio fratello ci rise su parecchio, soprattutto quando gli raccontai la parte del bar.
(voce preregistrata fratello e manichino)
Sai perché ti sei fatto tutte queste pippe mentali oggi?
Dai, spara Dottor Freud.
Perché ti sembra di non avere più tempo.
Cioè? In che senso?
Oh, è semplice, il concetto della mancanza di tempo prima poi arriva a tutti.
Ok, mi vuoi spiegare questo concetto? –
Quando dico che ti sembra di non avere più tempo, e perché cominci a sentirti stretto in questa vita. Arriva un momento in cui hai la necessità di prendere il volo e vedere cosa sei capace di fare. Vuoi iniziare ad essere protagonista della tua vita.
Non credo di seguirti, sono già protagonista della mia vita –
Ne sei sicuro? Sei davvero sicuro che tu sei il burattinaio che tiene i fili della tua vita?
Dai, non fare il melodrammatico, questa è filosofia spicciola. Non mi starai mica parlando del fatto che “è già tutto scritto” e che solo Dio sa qual è il nostro destino?
No no per carità (ride) Quello voglio dirti è che sei cresciuto. Che vuoi veramente iniziare a  tuffarti in questo gioco. Stai scommettendo su te stesso, e vuoi vedere come andrà a finire.
E che c’entra questo con il lavoro? –.
Lo hai preso come punto di riferimento. Per te adesso è essenziale trovare un lavoro che ti offra un punto di partenza.
E il fatto che non ho più tempo che c’entra? –
Semplice, che vedi tutto quello che ti sta attorno andare avanti, e tu hai paura di restare troppo indietro e di non riprenderlo più. Lorenzo stai tranquillo, succede a tutti prima o poi. Meglio adesso no?
Aveva ragione, mi sentivo proprio come diceva mio fratello , come qualcuno che non ha più tempo e vede  quello che gli resta correre troppo veloce. Non volevo rimanere bloccato, di questo ne ero sicuro.
si alza
Mi diressi verso la porta mentre Marco continuava a guardarmi incuriosito. Poi mi fece uno di quei suoi sorrisi che superano il confine spazio-temporale e ti fanno stare in pace con il mondo. Durò poco però, perché prima che uscissi mi fece una domanda che riportò un po’ di nubi nel cielo che lui stesso aveva appena rischiarato:
Come sta papà?
Breathe Reprise
Breathe (Reprise)
          Respira (Ripresa)

Beh, la decisione di andare a trovare mio fratello si era dimostrata ancora una volta esatta. Mi aveva rasserenato. Ero tornato a respirare.
In fondo il suo ragionamento sulla paura di non “avere più tempo” era quanto meno sensato.
Mi sentivo con i minuti contati.  Improvvisamente il “domani” era diventato l’“oggi”.
Comunque quell’“oggi” era un venerdì, e non avevo ancora voglia di rientrare, perciò decisi di fare un salto al pub dove ero sicuro avrei trovato i miei amici.
Infatti li trovai dove mi aspettavo che fossero. Al tavolo vicino al bagno.
Vedete, quando hai degli amici, il fatto che siano sempre dove speri che si trovino, ti da un senso di sicurezza. E’ un punto fermo su cui aggrapparti in momenti di difficoltà, oppure quando senti il bisogno di sparare quattro cazzate.
Ed era questo che io volevo.
Sparare quattro cazzate con gli amici, in modo da continuare a respirare, e sdrammatizzare così la mia situazione. Inevitabilmente però, fui costretto a raccontare l’esito del mio colloquio. Ed io iniziai così a raccontare quello che mi era accaduto in quella mattinata.
Dopo un pò mi accorsi che per chissà quale coincidenza avevo attorno a me tutti gli amici a cui sono legato da anni,tutti carichi di entusiasmo e pronti a sfidare la vita e non potei fare a meno di sorridere. Volevo bene ai miei amici.
(breathe prima parte solo musica)
Dopo circa tre ore di stronzate alternate a piccoli momenti di serietà, decisi di tornare a casa.
Uscii dal pub rinfrancato. Dopo esser stato a casa di mio fratello e con i miei amici, quello che era successo al colloquio mi sembrava solo un dettaglio senza significato. In fondo si trattava solo di un lavoro, la mia vita era ben altro, e non poteva andare a puttane solo perché un colloquio era andato male. E poi per quale motivo era andato male? Anzi, ripensando a tutto con il cuore e la mente più leggeri, mi rendevo conto di essere stato vittima solo delle mie paranoie. In quel momento sentivo che tutto sarebbe andato bene, che finalmente avrei avuto la svolta nella mia vita, che finalmente avrei potuto pensare da grande.Mi sentivo forte e fiero di me stesso.
In fin dei conti, anche se per qualche maledetto motivo  non avessi ottenuto quel lavoro, mica sarebbe arrivata la fine del mondo…
(stacco improvviso musica e luci)
Ma la fine del mondo arrivò con il notiziario regionale di mezzanotte e mezza.
Great Gig
The Great Gig In The Sky
Il Grande Concerto nel Cielo


Ma facciamo un passo indietro. Attacco organo
Ancora non vi ho detto nulla su mio padre.  Ma adesso è giunto il momento di darvi delle spiegazioni.
(Sacerful of secrets parte finale) Inizio giro con organo e basso
Era abbastanza tardi quando rientrai a casa. Appena inserita la chiave nella toppa sentii delle voci sommesse giungere dal salone.
Non era una novità, accadeva sempre più spesso da quando mia madre era morta.
Entrai in silenzio.. La stanza era illuminata dal bagliore bluastro del televisore che  rimbalzava sul viso addormentato di mio padre. Il TG trasmetteva un’ intervista su un politico di serie B, tale Tommaso Balestra che inveiva su qualche riforma per i lavoratori precari. Vedere mio padre così, seduto nella penombra, con la testa ripiegata su una spalla, dimostrava quindici anni in più dei suoi sessantadue. I capelli ormai radi, il viso inciso da rughe di sofferenza, e quelle pieghe tristi della bocca, mi proiettarono un’immagine di lui che non conoscevo e non volevo conoscere. 2° giro con chitarra
Mio padre non era così. Non lo è mai stato.
La sua vita è scivolata via lentamente assieme a quella di mia madre.
Quella di mio padre e mia madre è stata una storia da favola della Disney.
Avete presente il “vissero felici e contenti?”. Beh, loro hanno dato un significato a questa frase. Solo che nessuno gli ha raccontato come sarebbe andata a finire.
Era bello stare in famiglia. E’ stata la famiglia migliore del mondo la mia. E forse è per questo che si è sgretolata presto. Dannatamente troppo presto.
Come si dice, le cose belle…
Ma non voglio annoiarvi con delle stupide banalità da romanzetto rosa.
Inutile negare che mio padre, io e mio fratello dipendessimo da quella colonna portante che era mia madre. In una famiglia di maschi il capo era lei. 3° giro con batteria su rullante
Mio padre era un maresciallo dei carabinieri. Un uomo ascoltato e rispettato, costretto al prepensionamento per stare vicino all’unica donna che abbia mai amato, per sorreggerla e supportarla in quella guerra che lui era convinto di poter vincere. Ne era veramente convinto, e a volte credo che la sua depressione sia nata nel momento in cui ha scoperto di essere stato sconfitto. Nel momento esatto  in cui si è reso conto che stava perdendo il bene per lui più prezioso.
Ricordo tutti i discorsi che facevano la sera prendendomi in giro. Dicendo che una volta sistemato io, avremmo dovuto dimenticarli perché sarebbero spariti in non so quale isola sperduta nel Mare del Nord…
Nel Mare del Nord capite? Mica alle Baleari o Canarie o qualsiasi altro posto al caldo…Nel Mare del Nord…cazzo.
E adesso mio padre il mare lo vede solo riflesso dentro le lacrime che gli bagnano costantemente gli occhi. (sacerful sale di intensità il recitato è quasi urlato)
Ma non temete non voglio raccontarvi nulla della malattia di mia madre e della sua sofferenza, e soprattutto della sua negazione della sofferenza che c’ha condotti in uno stato altamente surreale nell’ultima fase della sua vita, quando si ostinava ancora a truccarsi, a vestirsi ed ad indossare quella ridicola parrucca solo per darci una parvenza di normalità dentro quella nostra cazzo di famiglia del mulino bianco che stava andando a puttane!!!!
Cristo! Fanculo!
Fanculo a quelle cazzo di cellule di merda!  Fanculo a quei cazzo di medici che la illudevano con inutili cure! Fanculo a quell’odore di alcol e piscio che c’è dentro gli ospedali! Fanculo a quel dio di merda che se l’è portata dietro quando ancora avevamo bisogno di lei. Che sia maledetto!!!!
(Stop Sacerful)
Cazzo basta.
Ancora fa male! Fa stramaledettamente male.
Ed io vi stavo parlando di mio padre. E della sua scelta di continuare a vivere aspettando la morte.
Ormai le sue giornate sono scandite da azioni ripetitive e scontate. L’unica cosa che lo collega alla sua vita precedente è l’appuntamento settimanale al poligono di tiro, dove si ritrova con i suoi ex colleghi a scaricare le loro pistole su sagome di cartone.
E’ inutile che vi spieghi cosa rappresentino per lui quelle sagome, no?

Ma adesso c’è Sara e tra poco la nipotina
Magari con lei tra i piedi, la sua solitudine sarà più sopportabile.
E quindi eccovi un breve quadro della nostra famiglia.
 Ma torniamo a quella sera.
Vi avevo detto che ero rientrato tardi quel venerdì notte, trovando mio padre addormentato davanti la televisione. Lo scossi leggermente.
Aprì gli occhi, mi fissò per qualche istante senza riconoscermi, poi si alzò di scattò farfugliando qualcosa sull’orario e qualcosa di pesante cadde a terra. Mi chinai e la raccolsi. Era la sua pistola
Disse che la stava pulendo, ma sapevo che mentiva
Per qualche istante lo guardai fisso negli occhi, ero arrabbiato con lui, anzi no, ero furioso. Lui non disse nulla, abbassò la testa e sparì dentro la sua camera.
Aprii il caricatore… Non riuscivo a crederci, non volevo crederci..
La pistola era carica.
Tolsi le pallottole e nascosi il tutto dentro una vecchia scatola delle NIke.
Avrei tenuto la pistola con me fino a quando  mio padre non mi avesse dato delle reali spiegazioni.
Cpme un automa Presi il telecomando per spegnere la Tv, il Tg regionale della notte era iniziato.
Non stavo seguendo, ero sovrappensiero. Ma in quell’alienamento dalla realtà mi arrivò dritto un nome, come una fucilata allo stomaco: Rolando Maccallini.
(Voce fuori campo e immagini?)
“…è stato ritrovato ieri il suo corpo senza vita nella casa dove viveva. Il ragazzo di è impiccato nel bagno e ha scritto in un biglietto d’addio le motivazioni, che sembrano legate all’ennesimo colloquio di lavoro andato male. Nessuna sa spiegare l' insano gesto, Rolando Maccallini era un ragazzo riservato con un ottimo curricul scolastico…"
Spegne tv e Buio Totale
Money
Money
Soldi


Ora, molti di voi forse si aspetteranno che io abbia passato quel sabato sera chiuso in caso in preda allo sconvolgimento per il gesto di quel ragazzo.
E probabilmente penseranno che io sia un insensibile bastardo se vi dicessi che ho passato la serata in giro con gli amici.
Mi dispiace, ma è andata proprio così.
Non che io me ne fossi fregato di quella storia, anzi, restai per buona parte della giornata completamente frastornato. Non sapevo dare un ordine a ciò che stava accadendo. Solo che dopo un po’, tra la moltitudine dei pensieri che affollavano la mia mente, ne è venuto fuori uno, alquanto egoistico.
Sapete cosa ho pensato?
Che il posto di lavoro era il mio.
So che è brutto dirlo, e so anche che molti di voi penseranno che io sia uno stronzo, un arrivista senza scrupoli, un bastardo e via di seguito.
 Va bene.
Non saprei cosa rispondervi. Vorrei dirvi che non è vero, ma in fondo lo è. Diciamo solo che ad un certo punto uno smette di farsi tanti problemi, ed invece di pensare anche agli altri, comincia a curare solo i propri interessi. Ma la realtà è che in quel momento ancora non avevo scoperto il vero motivo per cui Rolando Maccallini si era suicidato. Allora ero troppo arrabbiato per quello che mi aveva raccontato mio Fratello Marco durante il pranzo domenicale
Di solito, la domenica Marco e Sara pranzavano con noi.
Era l’unico giorno in cui mio padre sembrava riprendersi dal suo torpore quotidiano, e riusciva addirittura a scherzare. Soprattutto con Sara. In quei momenti ci sembrava di tornare al tempo in cui eravamo una famiglia normale.
Perciò, anche quella domenica eravamo tutti assieme.
Rimasto in privato con mio fratello gli raccontai di papà e della pistola.
Lui mi disse categoricamente di portarla fuori da lui, lontano da casa… mio fratello aveva ragione su tutto, ma forse in quel caso era meglio che non avessi fatto ciò che mi aveva chiesto.
Comunque, parlandogli, mi accorsi che c’era qualcosa che non andava. Lo vedevo dagli occhi che qualcosa lo turbava.
Glielo chiesi. E senza tanti giri di parole mi disse che a lavoro le cose non andavano bene, c’erano stati dei movimenti di capitale sbagliati decisi da un top manager appena assunto ed entrato nel consiglio di amministrazione, che, a detta di mio fratello, non ha il minimo di competenza in materia e nessuno sa da dove viene, ma si conosce bene il suo nome: Giancarlo Balestra, fratello del più noto Tommaso. Il politico di sere B
(Voce registrata fratello e manichino)
Proprio lui. E’ suo fratello. Ed è un completo idiota.
Spiegati meglio.
Ok. Ma non c’è niente da capire. L’Azienda per cui lavoro negli ultimi anni ha avuto una crescita esponenziale. E noi  abbiamo affrontato la crisi economica in ottima forma. E questo ha catturato l’attenzione dei potenti di turno.
E perché?
E’ facile. Per farsi risplendere sotto la nostra luce. Ovviamente non possono dire che è merito loro, ma possono farlo intendere.
E come fanno?
Piazzando uomini di loro fiducia dentro il Consiglio di Amministrazione.
E qui entra in gioco il Balestra.
Già, e piazza suo fratello che è praticamente sbucato dal nulla.  E’ solo un fantoccio. Ma con le mosse finanziare che ha messo in atto adesso ci ha messi a culo per terra. Facendo investimenti azzardati e fallimentari
Ma l’Onorevole Balestra è uno che non conta. Non lo conosce quasi nessuno. Possibile che ha tutto questo potere?
Non lo so. L’idea che ci siamo fatti, o meglio, la spiegazione più plausibile è che l’onorevole Balestra sia solo una pedina di qualche gioco più grande. Che dietro di lui ci sia qualcosa di grosso insomma.
Ma in definitiva, che cosa accadrà adesso?
Di sicuro stiamo camminando sul ghiaccio sottile. Sono previsti molti licenziamenti e casse integrazione.
E tu?
Per adesso solo voci, ma a quanto pare se mi andrà bene, avrò parecchio tempo da passare con la bimba.
E se va male?
Ci mettiamo tutti e due a cercare lavoro su internet.
Us & Them
Us & Them
Noi e Loro


Il racconto di mio fratello fu come un calcio in faccia.
Avevo lo stomaco in fiamme per la rabbia, soprattutto quando mi disse che come buonuscita il grande stratega finanziario Giancarlo Balestra aveva ottenuto 700000 euro. Lo avevano anche premiato il coglione! Non riuscivo proprio ad afferrare il senso e questo aumentava la mia rabbia. Mio fratello cercò di calmarmi facendo un discorso che si incentrava su Noi e Loro. Noi e Loro, la banalità più classica, il cliché più usato, e ancora il più vero. Pochi Noi e tanti Loro...non c'è nulla da fare
La bile mi risaliva in gola. Avevo voglia di spaccare qualcosa per sfogarmi! Di queste storie già ne avevo sentite. Ma è diverso quando ti toccano in prima persona, o toccano una persona a te vicina. . Mio fratello, una delle migliori persone del mondo, stava per essere rovinato da Tommaso Balestra, un politichetto del cazzo, che non si sa per quale motivo si era invischiato in affari non suoi, e attraverso il fratello c’aveva pure guadagnato.

Per questo non riuscii a godermi quei momenti sereni del pranzo domenicale. Mentre riflettevo sulla ciò che mi aveva detto MArco, Sara mi disse:
“Allora domani ti daranno il lavoro?”
Adesso non ditemi che sono un pazzo, o forse sì, visto da dove vi sto parlando. Comunque vi giuro che in quel momento l’ultima cosa a cui stavo pensando era la telefonata del Direttore della Globe Communication, con la quale avrei avuto l’ “investitura ufficiale”. E nel momento in cui tornai a pensarci, mi venne in mente che la mia famiglia non sapeva nulla di Rolando Maccallini e del suo suicidio, e riflettendo ancora, mi resi conto che mio padre non sapeva assolutamente nulla di niente. Non gli avevo detto nemmeno del  colloquio. Forse l’ho fatto perché ormai da tempo l’esito finale era sempre lo stesso: “le faremo sapere”
Così, dopo qualche secondo di imbarazzo iniziale, catturai la scena raccontando da capo tutti gli avvenimenti.
 Alla fine mi resi conto di avere parlato ininterrottamente per tre quarti d’ora. E per tutto quel tempo i miei familiari non avevano toccato il cibo che si era raffreddato nei loro piatti. (Inizio Is there anybody out there)
Mi guardavano come se avessi le antenne e la faccia verde. Negli occhi di mio padre però vedevo anche qualcos’altro. Vedevo la rabbia nei miei confronti. Era furioso con me. Non gli avevo detto nulla, mentre a Marco e Sara qualcosa l’avevo raccontato. Vedere quella luce nei suoi occhi però, mi suscitò un sentimento simile alla felicità. Qualcosa si era acceso in lui.
Sara mi guardava tenendosi le mani  davanti la bocca. L’espressione di mio padre era più difficile da giudicare. Aveva l’aria di potermi tirare un ceffone in piena faccia, o di cominciare a piangere senza ritegno.
Mi guardò a lungo senza parlare.
Era il primo confronto “vivo” tra me e lui da quando c’aveva lasciati mia madre.
Mi resi conto che fissandolo in quel modo, cercavo solo di sfidarlo,di vedere come e se avrebbe reagito in qualche modo. Vi giuro che mai come in quel momento ho desiderato che mio padre mi prendesse a schiaffi. O che mi ricoprisse di urla. Avrei voluto vedere la reazione di una persona ferita nell’orgoglio.
Quel bagliore di rabbia negli occhi che avevo visto poco prima, mi aveva dato qualche speranza, ma pian piano, invece di accendersi definitivamente, cominciò ad attenuarsi fino a spegnersi del tutto.
Si alzò lentamente dal tavolo e cominciò ad impilare i piatti. Poi senza fare alcun rumore sparì dalla sala.
Sentii il mio stomaco incendiarsi. Mi morsicai il labbro interno talmente forte che cominciò a sanguinare. Il sapore di sangue si mischiò all’acido che saliva dall’esofago.
Non aveva avuto nessuna reazione! Nessuna cazzo di reazione! Eppure io l’avevo vista quella luce negli occhi! L’aveva repressa come si fa con un rutto! Volevo una reazione! Possibile che in quel momento non si era reso conto che io avevo bisogno di una reazione?
Sentii qualcosa di caldo colarmi sulle guance. Piangevo.
(Fine Is there anybody out there)
Any colour you like
Any Colour You Like
Ogni colore che ti piace


Finalmente era lunedì.
E quella mattina mi svegliai sereno. Quasi felice, nonostante tutta quell’accozzaglia di emozioni che si erano alternate durante il week end.
Era lunedì, e finalmente stavo per avere un contratto di lavoro vero!
Finalmente avrei cominciato a vivere come un normale ragazzo di trent’anni dovrebbe vivere.
Anzi, vi dirò di più, io già da quella mattina vedevo la vita sotto un altro aspetto. Mentre mi lavavo e sbarbavo mi accorgevo di essere più bello e sexy di prima.
Delle ore nere che avevo passato in quegli ultimi giorni, non era rimasta che una vaga sensazione. .
Neanche l’idea del suicidio di Maccallini mi rovinò quei momenti. Anzi, credo di avergli borbottato un “eterno riposo” mentre tiravo lo sciacquone del cesso.
Non pensate male. Mica l’ho fatto apposta. E’ capitato..
“Lunedì mattina ti telefonerò per darti l’ufficialità, se non mi senti chiamami oppure passa qui”
Così mi aveva detto il Direttore.
Ed io aspettavo. Impaziente, ma aspettavo. Fino a che decisi di telefonare. Mi rispose la ragazza della reception che mi comunica che il direttore sarebbe rientrato e di richiamare tra due ora
Non ce l’avrei fatta ad aspettare. D’istinto decisi di seguire la terza parte della frase del Direttore: “oppure passa qui”.
Indossai velocemente il mio unico abito buono, e saltai in sella allo scooter, non prima però, di aver messo nel bauletto la scatola di scarpe con la pistola di mio padre.
Aveva ragione Marco, era meglio che la tenesse lui per un po’. Dopo la mia visita alla Globe Communication, sarei passato all’ufficio di mio fratello.

Quando entrai la segretaria era sempre dietro la sua scrivania intenta a fissare il monitor del pc. Mora, rotondetta,  con i capelli raccolti da una matita, aveva la classica aria da secchiona della classe. Di quelle che durante il liceo non passavano i compiti, per intenderci. Mi avvicinai e le chiesi educatamente se potevo parlare con il direttore. Palesemente scocciata lo andò a chiamare.
Certa gente l’antipatia ce l’ha disegnata in faccia dalla nascita. Nasce antipatica e diventa stronza
Il Direttore entrò nella sala d’aspetto prestante come sempre. Mi tendeva la mano già dall’ingresso, sorridente.
Attendevo con ansia il momento in cui mi avrebbe detto “Allora, benvenuto nella nostra azienda” o “Adesso fai parte della famiglia” o qualcosa del genere.
Che idiota sono stato.
Ok, ve la faccio breve…
In poche parole, il direttore cominciò a farfugliare qualcosa sul fatto che comunque ero giovane, che non mi dovevo soffermare solo su questo lavoro, che il mondo era pieno d’opportunità per ragazzi come me…
Insomma, avete capito no?
E finì il suo sproloquio con  “ ti lascio libero di valutare altre offerte”.
Beh, se in quel momento ci fosse stato un apparecchio per l’ecografia, si sarebbe visto il momento esatto in cui il mio fegato collassò su stesso.
Poi prima di liquidarmi aggiunse pure  
“ Guardi, se può consolarla, le dico che lei veramente è stato ad un soffio dall’assunzione!”
Non può consolarmi neanche per un cazzo, brutto pezzo di merda. Ero sconvolto. Quel maledetto figlio di puttana cercava di addolcirmi la pillola con dei luoghi comuni che non facevano altro che aumentare i litri di bile e succhi gastrici che sciacquavano il mio stomaco. E tutto mentre quella stronza della receptionist rideva sotto i baffi. Capite? Rideva!!!
Lo guardai sparire nel corridoio, mentre la stronza tornava a sedersi alla sua postazione. Era un chiaro messaggio che dovevo andarmene da lì.
Uscii in silenzio, sotto choc, il sogno era finito.

Come uno zombie entrai nel bar.
Il barista aveva l’espressione di chi ha già capito tutto senza chiedere.
Lo fissai cercando di sorridere. Sentivo solo un bruciore insopportabile dentro lo stomaco. Mi sentivo confuso. In quei giorni erano accadute troppe cose, e non ero preparato ad affrontarle. Ero come un pugile al limite del KO. Ogni avvenimento di quei giorni era stato un pugno ben assestato in faccia e ai fianchi. Ero ancora in piedi, ma aspettavo il colpo che mi avrebbe mandato giù definitivamente.
Guardavo il barista e pensavo a  me. Che cosa avrei fatto? Ancora una volta un conato d’ansia mi bloccò il respiro. Mi tornò la sensazione di non avere più tempo. E allora che fare? Continuare ad inviare curricula senza sosta, fare colloqui, imparare qualche attività ,tornare a lavorare in un call center, buttarmi giù da un ponte, entrare in un convento?
Ero distrutto, moralmente a terra, ma con una rabbia strisciante che cominciava a muoversi sotto la pelle. Pensavo che un uomo non può sopportare troppe cose negative in così poco tempo. Mi sentivo con il mondo sopra le spalle e l’inferno dentro le vene. Con la testa tra le mani mi ripetevo come un mantra “Che faccio adesso?”. (Voce registrata barista e manichino)
Me sa che è meglio se te bevi quarcosa de forte. Daje che ce n’hai bisogno..
Dammene un altro.-
A bbello, ma si voi morì fallo da n’artra parte. Io te volevo da quarcosa pe’ tiratte su, ma me sa che ‘sto wishky te sta a fa’ stirà ‘e gambe.
Dammene un altro t’ho detto. Te lo pago!-
Lascia perde. Nun te c’ammalà. Succede. Sembra che ormai è fatta, e alla fina te fregano co’ quell’idiota che c’hai a fianco. Ma a proposito l’hai conosciuto?
Chi?
Beh, scusa, ma si nun hanno preso a te, n’hanno preso n’artro. L’hai conosciuto ‘sto tizio? Hai visto com’è? De solito c’hanno sempre ‘na faccia da cazzo…
Rolando Maccallini! – urlai.
Me ne ero completamente scordato. In quel momento ero così preso dai miei guai che avevo messo da parte Maccallini e il suo gesto. Era lui il mio antagonista! Qualcosa in quella storia non quadrava già da prima. Adesso però era lampante. Ma non mi accontentavo di avere domande. Volevo risposte. Le volevo subito, e sapevo anche chi poteva darmele.
Uscii quasi di corsa dal bar. La vista del mondo esterno quasi mi accecò. Restai qualche secondo a fissare il paesaggio. Era tutto così limpido e vivo. I colori, i colori erano più accesi e nitidi del solito. Mi piacevano quei colori. Erano tutti i colori che amavo.
Ora sapevo cosa dovevo fare. Lo sapevo perfettamente. Ma prima dovevo prendere una certa cosa dentro la scatola delle Nike…
A Joker ma mò ‘ndò vai?
A conoscere chi mi ha rubato il posto.- Buio
Brain Damage
Danno cerebrale


Durante la prima visita con uno degli psichiatri che dovevano accertare la mia condizione psichica per il processo, mi è stato chiesto se ricordassi qualcosa di quello che avevo fatto. Di solito, infatti, chi commette azioni di quel tipo, si dice che agisca in uno stato di trance. Ricorda alcune cose, ma ne ignora la maggior parte.
Io no.
Io ricordo distintamente tutto quanto.
E non so se forse è meglio dimenticare…

Ad ogni modo, non c’avevo pensato assolutamente, e ancora adesso, mi chiedo come mai.
La questione era semplice, il Direttore della Globe Communication mi aveva detto che eravamo rimasti in due per un posto solo. Ora, visto che io ero stato scartato e visto che il povero Maccallini si era suicidato, chi aveva occupato quel posto vacante?
Si lo so, a mente lucida avrei potuto trovare varie spiegazioni logiche…Ma, primo, non avevo la mente lucida, visto come ero appannato dalla rabbia, e secondo, in cuor mio sapevo perfettamente che c’era qualcosa di viscido in tutta quella storia.
Non dovevo far altro che scoprire cosa.
Inizio Careful come sottofondo (prima basso e tastiere poi chitarra)

Quando la segretaria mi vide rientrare, si fece avanti con il più sarcastico dei sorrisi chiedendomi se poteva aiutarmi
Non dissi nulla. Cercai di sorridere, ma credo che quella che si formò sul mio viso fu un espressione veramente disturbata visto che come per incanto la sua aria sprezzante si trasformò in qualcosa simile alla preoccupazione.
Mi avvicinai a lei lentamente, e la presi per mano. Le tremava la bocca.
Mi seguì senza fare resistenza. La pressione che avvertivo dietro la schiena ora era diventata uno sfregamento sincronizzato con i miei passi.
Giunto davanti alla porta del bagno le dissi di entrare e poi la chiusi a chiave.
Le dissi di non urlare, non cercare aiuto, non piangere ad alta voce, non fare rumore…e l’avrei liberata.
Poi chiusi l’ingresso a chiave. Ormai era quasi ora di chiusura, e fino all’indomani difficilmente qualcuno si sarebbe accorto che in quell’ufficio alcune persone vi avevano passato la notte.
Ma a me non occorreva tutto quel tempo.
Mi incamminai verso l’ufficio che ormai conoscevo fin troppo bene..
Rimasi in apnea mentre appoggiavo l’orecchio per ascoltare i rumori e le voci che venivano dall’interno.
Non riuscivo a percepire molto. Si sentivano dei colpi secchi seguiti da qualcosa che doveva essere un’ovazione da stadio , delle musichette allegre e una voce che borbottava qualcosa in inglese. Quello di cui ero certo, è che tutti quei suoni provenivano dal televisore al plasma 42 pollici che aveva appeso alla parete.
Il Direttore guardava la televisione. Perciò mi aveva mentito. Non c’era nessuna riunione.
Bussai.
Il bastardo era solo, ma la cosa che mi fece stringere i denti fino a farli scricchiolare erano le immagini che si intravedevano nella sua televisione. Quella maledetta testa di cazzo non solo non era in riunione, ma non aveva voluto ricevermi perché era troppo impegnato a giocare a golf alla sua Nintendo Wii.
Oh…Dottor Donati…è lei…vede, pensavo fosse Ilaria e…credevo…-
Cosa credeva?
Ecco…credevo che…non pensavo, insomma…
Non pensava cosa?
Oh insomma, Dottor Donati, si può sapere cosa vuole?
Posso entrare? –
Senta Donati…
Lorenzo. Cerchiamo di non essere così formali no?
Ok, senti Lorenzo, mi dispiace, purtroppo non sei idoneo per questo lavoro, abbiamo preferito un altro a te. Ma come ti ho già detto hai solo trent’anni, sei ancora…
Certo, certo sono ancora giovane. D’altronde eravamo rimasti in due per il colloquio finale no?
Allora come posso aiutarti?
Ohhhh…nulla di particolare. Volevo solo sapere chi avete preso al mio posto.
E c’è bisogno di comportarsi in questa maniera? da…bulletto delle medie! Entri qui senza permesso, senza invito, a proposito cosa hai detto ad Ilaria per farti entrare in questo modo?
Niente, l’ho solo chiusa nel cesso.
L’hai chiusa dove? Brutto bastardo, vai a liberarla subito altrimenti chiamo la polizia!
Non ancora. Prima ti ho fatto una domanda a cui ancora non hai risposto. Dimmi quello che voglio sentirmi dire e me ne vado.
Esci immediatamente da qui! Vattene prima che chiamo la polizia, maledetto idiota! Non è colpa mia se sei un fallito.
Estrae pistola (colpo di cassa)
Che cosa hai intenzione di fare? Dai Lorenzo, non scherzare…
Bene, ora che ti sei tranquillizzato puoi rispondere alla mia domanda. Puoi rimetterti seduto.
Certo, certo…rispondo subito, ma tu stai tranquillo.
Sto aspettando.
Si…ecco Lorenzo, abbiamo fatto una riunione, abbiamo valutato la tua posizione…ma poi abbiamo optato per l’altro candidato. Tutto qui…nessuno ha mai voluto prenderti in giro.
Ohhh..lo so, lo so…ci mancherebbe…
Ti assicuro che è cosi.
Bene, allora posso sapere il nome del tizio che è stato scelto?
Ma scusami Lorenzo, se non sei tu, è l’altro candidato no? Eravate rimasti in due… –
Stiamo parlando di Rolando Maccallini?
Esatto, vedi, anche tu sei un buon elemento…ma Rolando è…come posso dirti…più completo! E’ più carismatico, è più intraprendente, più…
Morto.
Morto?
Già, si è ammazzato impiccandosi nel suo bagno.
Che cosa? O mio Dio! Che tragedia! E’ incredibile…un ragazzo così pieno di vita, prestante…non è possibile. Non ci credo…Beh a questo punto, ti devo dare il benvenuto nella nostra Azienda. Da numero due sei diventato il candidato numero uno.
Tu non sai neanche di chi stiamo parlando –
Ma Lorenzo, come no? Rolando Maccallini, il ragazzo che era con te l’altro gior…
TU NON SAI NEANCHE DI CHI CAZZO STIAMO PARLANDO
Lorenzo calmati! Io so di chi stiamo parlando. Stai calmo! Ora ti dico tutto. –
E mentre diceva così si alzò lentamente, dirigendosi verso di me.
In pratica quello che stava cercando di fare era la cosa più stupida da fare con una pistola puntata alla testa.Nel momento in cui lui cominciò a correre verso la porta, allungai una gamba lateralmente. Il risultato fu che si trovò a faccia a terra con me seduto sopra la sua schiena.
Maledetto idiota! Dove credi di andare eh? Dimmi quel cazzo di nome e la facciamo finita.
Urlo con strumenti che salgono di intensità
Improvvisamente quell’uomo tutto d’un pezzo, che riceveva inchini da tutti i suoi dipendenti, cominciò a piangere come un bambino. Supplicava di non ucciderlo, di non fargli male, che non era colpa sua e storie del genere.
Quella scena invece di impietosirmi aumentò la mia rabbia.. Non sopportavo quella scena. Gli urlavo di smetterla, ma lui non si fermava. Anzi aumentava il grado di disperazione aggrappandosi alla mia caviglia. Non provavo nulla se non furia cieca. Strisciava sotto di me implorando pietà, ma non mi bastava. Non stava zitto, perciò gli assestai un preciso calcio alla bocca dello stomaco e quando si piegò carponi cercando aria, gli sferrai un altro calcio. Lo colpii con il collo del piede in piena faccia. Avvertii chiaramente lo “stunk” del naso che si fratturava.
Davanti al mio ghigno soddisfatto, quasi all’istante,svenne (Careful come sottofondo)
BUIO
Si riprese quando il sole era già calato da un po’,
Siccome non volevo avere altre sorprese, l’avevo legato ad uno dei piedi della scrivania con del nastro da imballo trovato in un cassetto. Il naso si era gonfiato, mentre rivoli di sangue secco macchiavano quel suo bel volto abbronzato.
Bastardo maledetto, che m’hai combinato?
Niente di più di quello che ti farò tra poco se non rispondi alla domanda che ti avevo fatto circa un’ora fa.
Slegami, bastardo, tanto tra poco qualcuno salirà e si accorgerà di quello che stai facendo, e allora saranno cazzi tuoi.
Stai tranquillo, non salirà nessuno. Orami sono le sei, e gli uffici hanno chiuso. E gli addetti alla pulizie se ne strafregheranno se troveranno un piano chiuso a chiave. Meno lavoro per loro. Perché stavi pensando a loro vero? Allora , mi dici chi avete preso al posto mio e di Maccallini. O vuoi un altro calcio in faccia?
Vai a fare in culo! –.
Urlo con strumenti che salgono di intensità
Per tutta risposta ebbe un calcio dal basso verso l’alto che fece sbattere l’arcata dentaria inferiore con quella superiore talmente forte da spaccare due denti . Il Direttore li sputò  in un fiotto di saliva rossa. Il dolore gli fece allargare le labbra in un ghigno simile al trucco di un clown. Una marmellata di sangue gli copriva le gengive superiori. Dopo quel breve intermezzo da eroe di film, tornò ad essere quell’uomo piagnucoloso che poco prima si era attaccato alla mia gamba chiedendo pietà.
Più fai così e più mi fai incazzare! Dimmi quel nome! O te lo faccio dire tra gli spasmi di morte!
(Careful come sottofondo)

Si chiamava Silvio Caretti, quello che mi aveva fregato il posto.
Per farvela breve, il Direttore mi racconto tra i fischi che uscivano dalla sua bocca che quel tizio gli era stato segnalato da un personaggio illustre. Era il nipote, e in cambio di quella assunzione avrebbe ricevuto “dei privilegi fiscali…diciamo così” disse. E poi confessò che sapeva della morte di Rolando Maccallini, e credeva di sapere anche perché si fosse suicidato.
Rolando aveva ascoltato la conversazione al telefono tra lui e questo personaggio illustre, era accaduto poco prima che entrasse per il colloquio, non si era accorto di aver lasciato la porta aperta.
Dopo un’altra serie di calci mi disse anche il nome del personaggio illustre:
Tommaso Balestra, l’Onorevole Tommaso Balestra. In un attimo mi tornò in mente il nome del fratello di Balestra,e poi mio fratello, e la rovina della sua azienda, e poi Sara e papà...
Intanto il Direttore rideva. Quel bastardo aveva un appuntamento con l’onorevole proprio a quell’ora.

Il problema “Onorevole Tommaso Balestra” si risolse in maniera più semplice di quella che prevedevo.
La mia paura era che l’Onorevole Balestra girasse con una sua scorta.
Balestra arrivò, con mio sollievo e sorpresa, da solo. Ma d’altronde, essendo un politico di serie B non credo  avesse bisogno di una scorta che lo proteggesse.
Lo accolsi io, fingendomi il sostituto di Ilaria che si era presa un giorno di ferie.
Era un omuncolo basso e tarchiatello. Sulla quarantina, con una corona di capelli ai lati della testa e un paio di baffi da impiegato medio. Procedeva davanti a me, lungo il corridoio che arrivava alla porta del Direttore con passo veloce e baldanzoso. I suoi occhi a palla riflettevano una particolare predisposizione alla furbizia. Mi risultò  odioso a prima vista.
Lo seguivo tenendo la mano destra vicino la pistola infilata nella cinta dei pantaloni, dietro la schiena.
Arrivati davanti l’ufficio, mi misi davanti e gli aprii la porta con un largo sorriso.
Non ebbe modo di rendersi pienamente conto di cosa stesse accadendo. Guardò il direttore pietrificandosi sull’ingresso, come se un muro invisibile avesse bloccato il suo cammino. Si girò verso di me più incuriosito che spaventato.
Non disse nulla, perché il calcio della pistola gli arrivò violento sulla tempia destra.
BUIO
Fine Careful
Chi sei? Che vuoi da me? Lo sai chi sono io?
Troppe domande onorevole. E non credo mi vada molto di rispondere a tutte. Sa, sono un po’ stanco…
Senti ragazzo, io non so cosa succede qui, ma ti giuro che io non c’entro nulla. Sono qui per caso.
Più che per caso direi per fortuna. La mia fortuna. E’ la dimostrazione del classico detto “due piccioni con una fava”.
Ma che stai dicendo? Avanti ragazzo, facciamola finita, quanto vuoi per sparire? Posso esaudire qualsiasi tuo desiderio. Lo sai chi sono io? Bene. Allora sbrighiamoci, dimmi la cifra, o quello che vuoi e io me ne vado lasciandoti continuare quello che stavi facendo. Stai sicuro che non avviserò nessuno.
Guarda che lui, se è così malridotto, è per colpa tua.
Mia? Ma se neanche so chi è! Avanti ragazzo, io qui sono arrivato per caso, lasciami andare e poi potrai seviziare il tuo amico qui quanto vuoi. Io non ti ho visto e non ti conosco. Ok?
Non avevo più voglia di sangue e violenza, ma quel calcio che gli arrivò in piena faccia me lo chiamò direttamente dai piedi. Siccome avevo perso la voglia di parlare dissi al Direttore di spiegargli come stavano le cose. E il Direttore gli raccontò tutto, nei minimi dettagli, dandogli del “tu”. Alla fine del racconto l’Onorevole mi guardò e mi chiese adesso cosa volevo.
Che cosa volevo? Gran bella domanda. Peccato che non mi fossi preparato la risposta. In realtà non avevo la più pallida idea di cosa volevo. Ero entrato lì carico d’odio per una vendetta personale. Perché mi sentivo preso in giro. Ma poco dopo, quando la rabbia lasciò un po’ di posto alla ragione, mi ero accorto che dentro quello stanza non era arrivato da solo, ma avevo portato con me tutti i protagonisti di quella vicenda: Maccallini, mio fratello e Sara, mio padre, e anche il Barista. Tutti insieme a tirare calci e pugni in nome di qualcosa, che però mi sfuggiva: Giustizia? Verità?
Non credo. Non ho un animo così nobile. Sicuramente non ho fatto quello che ho fatto per un sentimento di rivalsa generale. .
Consideratemi pure un cinico, un egoista, un bastardo, ma vi assicuro che se mi sono spinto a fare un gesto del genere è solo perché hanno toccato me e le persone che mi stanno intorno. Se fossi stato assunto credete che avrei combinato tutto questo casino?
Allora?
Che cosa voglio? Niente.
Niente? Che significa niente? Vuoi farmi credere che hai fatto tutto questo casino per…niente?
Senti, brutto stronzo, qui non stai con i tuoi amici politici. Perciò ti prego di adottare un tono meno arrogante prima che inizi a fare qualche palleggio con la tua testa. Ho detto che non voglio nulla, perché l’unica cosa che al momento mi interessava me l’hai fregata tu con le tue porcherie.  Ma tanto a te cosa ti frega. Tu e quelli come te cascano sempre in piedi. Potrei ammazzarti è vero. Ma non servirebbe a nulla neanche quello. Uno che ti rimpiazza lo troverebbero subito.
Certo che sei proprio un ingenuo! Sembra quasi che tu non sappia come va il mondo. . Hai perfettamente ragione a dire che se mi ammazzi qualcuno prenderà subito il mio posto e tu, piccolo sognatore, non potrai farci nulla! Dai su…ti prometto che se mi lasci andare posso metterci una buona parola, e magari avrai un grosso sconto di pena.
Per la prima volta  pensai che uscito da lì sarei finito in carcere. Era l’ovvia conseguenza.  
Non volevo finire in galera. Dovevo trovare una soluzione. Ma non avevo idea di cosa fare.
Mentre l’Onorevole intanto continuava a parlare a vanvera, fui distratto da una risata soffocata del Direttore che fissava la finestra. Sul vetro si riflettevano lampi blu rapidi e cadenzati. Non avevo bisogno di guardare fuori per capire cosa fossero, ma lo feci lo stesso meccanicamente.
Una decina di macchine  dei carabinieri   si erano fermate sotto l’ingresso della Globe Communication, bloccando l’intera strada.
Il terrore prese il sopravvento. Avevo commesso qualche leggerezza pensando che nessuno sarebbe stato in grado di dare l’allarme. Ma era evidente che mi ero sbagliato. Non riuscivo a capire come. Fu il Direttore a svelarlo.
Alle 19 arrivava la vigilanza e ogni stanza e corridoio aveva una telecamera nascosta a circuito chiuso. Le auto dei carabinieri avevano fatto uno sbarramento in mezzo la strada chiudendo l’accesso alla Globe Communication ad ogni lato.  Alcune persone già si erano fermate incuriosite da quella scena.
Non riuscivo a crederci!  Sembrava  di essere dentro un film poliziesco americano!.
Mentre cercavo di distinguere le persone assiepate là sotto, dalla giacca dell’Onorevole ne uscì una melodia.
(melodia di Dune Buggy degli Oliver Onions)
 L’Onorevole era legato, perciò ancora una volta spinsi il tasto della comunicazione e gli portai il telefono vicino l’orecchio. Lui ascoltò qualche secondo in silenzio e poi sorridendo mi disse “vogliono te”
Voce registrata Commissario (effetto telefono)
Lorenzo, ciao, sono il Commissario Fiorenzi, che cosa sta succedendo lì dentro?
Come fai a…
A sapere il tuo nome? Abbiamo i nostri mezzi. Allora mi dici cosa succede?
Niente, ci facciamo un pokerino tra amici. Ma siamo solo in tre. Vuole aggiungersi a noi?
Molto volentieri. Però magari scendete voi e ce ne andiamo a giocare a casa mia.
Bella battuta Commissario. Si diverte a prendermi in giro?
No, ma hai cominciato tu…Dai, facciamo i seri non complicare una situazione già incasinata. Per ora te la cavi con poco, e poi, detto tra te e me…quattro cazzotti in faccia a Balestra gliel’avrei dati volentieri anch’io.
E’ tutto suo Commissario.
Già…ma purtroppo ora porto la divisa e sai com’è…
Capisco.
Lorenzo, so che sei un ragazzo in gamba, so anche che non sei uno schizzato o robe del genere. Te lo chiedo per favore, libera quei due idioti e scendi. Non farmi mandare qualcuno a prenderti. Ti prego.
Gran bella scelta…
Beh, non è che devi pensarci tanto. Senti, a me però piace vedere le persone mentre ci parlo, quindi fammi un piacere, affacciati
Non credo abbia molta voglia di prendermi una pallottola in piena fronte..
Non preoccuparti, non vali così tanto da guadagnarti una morte cinematografica. Dai, affacciati. Non vuoi vedere con chi stai parlando? Io si.
(Si sporge piano dalla finestra)
La vedo.
Senti, non vorrei farti pressione, ma credo che dovremmo concludere questa storia al più presto. La situazione ci sta un po’…sfuggendo di mano.
In che senso?
Hai una tv lì dentro?
Si.
Accendila.

 (immagini di un uomo che prende a calci un altro, sgranate, bassa qualità, con la scritta “L’Onorevole Balestra sequestrato da uno squilibrato”, poi l’immagine molto nitida di una giornalista)

 “Come dicevamo il ragazzo è entrato minacciando il Direttore della Globe Communication con un arma. Pare che il ragazzo, senza precedenti penali, sia rimasto sconvolto dopo essere stato scartato per il posto di lavoro a cui aspirava, ed abbia cercato di vendicarsi. Sicuramente una reazione esagerata quella di Lorenzo Donati, il nome del ragazzo, che ha coinvolto casualmente anche l’Onorevole Tommaso Balestra. L’onorevole, infatti, si trovava per caso negli uffici della Globe, per una visita privata e non prevista al suo amico…”
Spensi.
Era tutto falso, tutto inventato. Era una visione distorta della realtà. Chi aveva passato il nastro della vigilanza sapeva che non era andata così, quindi stavano deliberatamente modificando la storia per salvare il culo all’Onorevole Balestra.
Lo guardai con disprezzo,  e lui mi fece un espressione tipo: “Che ci vuoi fare, così va il mondo”.
Fu come se mi avesse collegato due cavi elettrici al cervello. Una scarica di adrenalina mi mandò in black out. Cominciai a colpirlo furiosamente con i calci e con i pugni. Non sentivo e vedevo nulla tranne la sua faccia e gli schizzi di sangue che partivano in ogni direzione. Il telefono si rimise a cantare, mentre in lontananza sentivo la voce del Direttore che implorava di fermarmi.
Tornai in me, solo quando un fiotto di sangue e saliva partito dalla sua bocca mi arrivò in un occhio.
Feci un paio di passi indietro per guardare la scena.
L’Onorevole era svenuto.
(squillo del telefono continuo) Voce registrata Commissario (effetto telefono)
Che cazzo ti dice il cervello? Vuoi ammazzarlo?
Commissario (sarcastico) mi state guardando in diretta? (serio)Stanno dicendo solo stronzate e tu lo sai bene!-
Lo so, ma se lo ammazzi credi che cominceranno a dipingerti come un santo?
Forse no, ma di sicuro farà più audience. Fammi parlare con quella stronza che sta facendo il servizio in tv.
Non è possibile.
E’ possibile invece. Perché sennò li ammazzo tutti e due. HAI CAPITO? LI AMMAZZO IN DIRETTA ADESSO!
Calmati Lorenzo…-.
CALMATI UN CAZZO! Non sto scherzando Commissario! Tu mi sei simpatico, ma a questo punto non me ne frega niente di farmi l’ergastolo! Non c’ho niente da perdere ormai!
Lorenzo, ascolta…
NO ASCOLTA TU! PASSAMMI QUELLA GIORNALISTA DEL CAZZO O GLI SPARO IN FRONTE!
Va bene…
Ascoltami bene, grandissima paracula (calmo) Adesso ti sto offrendo un jolly che se giocherai bene potrà farti avanzare di molti punti nella triste classifica che è la tua carriera. Ti sto offrendo l’occasione di fare, per una volta, il tuo mestiere. Ti sto offrendo la verità. Mi capisci o sono parole troppo difficili per te?
Brava. Adesso chiama la tua redazione e voglio che mandi in diretta la mia voce. Stai attenta a non farmi scherzi, perché ho la televisione qui davanti, e se mi accorgo che mi state censurando faccio un macello, e tu sarai la responsabile. Mi hai capito?
Credo che quasi svenne dall’emozione. Aveva tra le mani lo scoop della sua vita. Dovetti sincerarmi ancora una volta se avesse capito, perché l’eccitazione la mandò in palla.
Dopo poco mi ritrovai a parlare con il mezzobusto nella tv.
Raccontai tutta la vicenda dall’inizio. Raccontai del mio colloquio, della falsità del Direttore, di Maccallini, di mio fratello e delle porcherie e della bastardaggine dell’Onorevole Balestra. Dissi di far vedere tutti i nastri e far sentire l’audio, per dimostrare che quanto avevo detto era vero. Infine  dissi che non ero uno squilibrato o un pazzo furioso. Ero solo un ragazzo arrabbiato perché stanco delle bugie che gli raccontavano.
E spensi il mio telefono.
Spensi anche la tv. Le mie parole erano arrivate intere. Senza tagli. (Buio)
Eclipse
Eclissi
Voce registrata Commissario (effetto telefono)
Beh, sei contento adesso?- voce Fiorenzi
Si. Molto.
Hai fatto un bel guaio, lo sai?
In che senso?
Nel senso che la tv è subissata di chiamate che vogliono vedere il filmato originale. E la gente qui continua ad aumentare. Che dici, facciamo calare il sipario su questo show?
Non so sto cominciando a divertirmi.
Senti, adesso ti passo qualcuno che vuole parlarti. Vedi se riesce a convincerti a tornare a casa.
Ciao Lore. (voce fratello) inizio giro echoes solo con organo
Ciao Grand’uomo.
 Mi hai spaventato lo sai? –.
Ho combinato un casino vero? –
Mi sa di si… Ma cerca di non spingerti oltre.
Credo già di aver superato il limite ormai…Sara dov’è? –
E’ a casa. Voleva venire qui appena c’hanno chiamato, ma l’ho obbligata a restare a casa. Per la bambina… Non volevo che si spaventasse. Ma ormai starà incollata alla tv piangendo come un cucciolo. Sai com’è fatta…
Mi dispiace…-
Adesso calmati Lorenzo, vedrai che tutto si sistemerà. Il Commissario mi ha detto che se scendi subito e lasci andare quei due, metterà una buona parola per te.   
Come nei film eh? Dicono sempre così, poi però finiscono sempre male queste storie. – (si sporge dalla finestra) E’ venuto anche papà?
Si. Non c’è stato verso di farlo restare a casa. D’altronde, anche se è in pensione, ancora ha la testa del carabiniere.
Già…passamelo
Certo. Voleva tanto parlarti, ma gli ho detto che forse era meglio che ti sentissi prima io. Aspetta che te lo passo.
 Ciao papà…
Bambino mio…(voce del padre)
Mi dispiace (piangendo) giro di echoes con chitarra, basso e batteria in crescendo
Di cosa figlio mio? Di cosa? Sei tu che mi devi perdonare… sei tu…(piange)
Ho fatto un casino papà… ho rovinato tutto!
Stai calmo Lorenzo… Calmati. Io sono dalla tua parte. Io sto con te e ci starò sempre, qualsiasi cosa succeda.
Io non volevo… Mi dispiace… Non so cosa mi è preso, non volevo che accadesse tutto questo… non volevo…
Lo so, ma stai calmo adesso. Io avrei fatto la stessa cosa al tuo posto. (il tono diventa calmo)
No… tu non sei come me…
Hai ragione figliolo, io non sono come te …Io non avrei fatto quello cha hai fatto tu…( il tono comincia ad essere più alto e più duro)
Papà…-
Monologo in crescendo con sovrapposizioni della voce di lorenzo che cerca di fermarlo (CRESCENDO ECHOES)
Io avrei fatto di molto peggio! Io l’avrei ammazzati! E senza un attimo di esitazione…Sono dei bastardi Lorenzo, quelli come loro se ne fregano del mondo, pensano solo ai loro affari. Sono dei bastardi, ipocriti, omuncoli privi di scrupoli che provano piacere nel vederti soffrire.…gente senza valori, né morale. Gente maledetta, che non merita neanche di condividere lo stesso asfalto su cui cammini, ladri, profittatori che ti costruiscono la cassa da morto e ti ci mettono dentro ancora vivo, persone degeneri spinte solo dall’avidità!Io non avrei fatto come te figlio mio … Questa gente deve morire prima di nascere! Noi non possiamo dividere l’aria con loro! Devono morire Lorenzo! DEVONO MORIRE! AMMAZZALI LORENZO! FALLO PER NOI! VENDICACI! Inizio Gabbiani di Echoes
Non riuscivo a credere a quanto avevo visto e soprattutto sentito. Mio padre venne portato via a forza mentre tutt’ad un tratto dalla folla partì un applauso scrosciante da concerto rock, per capirci. Qualcuno gridava: “lasciatelo stare, dice bene quel vecchio”, e poi “ha fatto bene, è quello che si meritano...”..
Era tutto così assurdo e surreale. La folla aveva preso le difese di mio padre, ma soprattutto stava manifestando approvazione per il mio gesto. Mi stava…acclamando  Giro echoes su di un tono
Improvvisamente provai paura. Non sapevo cosa fare. Cercai una soluzione negli occhi del Direttore e dell’Onorevole. Avevano seguito tutto senza fiatare. I loro sguardi erano un misto di meraviglia e terrore. Che urlavano “non farlo”.
Eravamo alle battute finali. Lo spettacolo stava finendo e dovevo prendere una decisione
Ero confuso e arrabbiato, li guardavo e mille pensieri mi giravano in testa.
Non potevo lasciarli liberi…non dopo tutto quello che avevano fatto.
Ma allora?Dovevo ucciderli? Stavo veramente per ucciderli?
Stop secco e Lorenzo cade per terra. Brain damage / Eclipse
Outro

Tumptump… tumptump… tumptump…

Ed eccoci qui. (Signs Of Life Tastiere)
La storia si è conclusa così (indica il posto dove si trova)
Il battito del cuore che esce dalla cuffie di Syd, mi fanno capire che il cd dei Pink Floyd è finito.
Lo guardo mentre lo toglie dal lettore portatile e lo rimette con cura e delicatezza dentro la sua custodia.
Gli lancio un rapido sorriso.
Lui risponde annuendo.
Bene, adesso conoscete la mia storia. Anche se forse devo spiegarvi perché mi trovo in questa “casa di cura” invece che in galera.
Ebbene no, non li ho uccisi…
Una botta dietro la nuca da parte di uno dei carabinieri della squadra speciale che era entrato mentre venivo distratto dalla chiamata di mio padre mi ha fermato prima che potessi prendere una decisione.
Ad oggi non sono sicuro di cosa avrei fatto se non mi avessero fermato in tempo.
(Signs Of Life Chitarra)
So cosa state pensando, ma vi dico che no, non sono stato giudicato incapace di intendere e di volere. Al processo si è dimostrato, ed io non ho fatto nulla per impedirlo, che ero perfettamente lucido in quei momenti. Anche se accecato dalla rabbia.
Il fatto che sono qui e non in una cella è perché si è dovuto raggiungere una specie di compromesso.
Dopo il mio arresto infatti, le cose sono andate peggiorando.
Non so perché, ma molte persone  dopo tutto quel casino hanno iniziato a prendere le mie parti. Sono usciti articoli, hanno montato trasmissioni televisive
Addirittura molti tra universitari e giovani precari hanno organizzato delle manifestazioni e si sono presentati in massa alle udienze del mio processo..
Che vi devo dire? Mi hanno eletto a loro simbolo. Una specie di icona dei giovani in cerca di lavoro.
Il Paese comunque era diviso in due. Colpevolisti e innocentisti. E così, per non scontentare nessuno, sono stato portato qui. E non posso lamentarmi. Sto in una specie di “galera residence”, se mi passate il termine.

L’Onorevole Balestra è quello che ha pagato il prezzo più caro. I video delle sue “confessioni” sono girati su tv e internet incessantemente. E’ stato scoperchiato il pentolone dei suoi intrallazzi e a poco a poco da vittima si è trasformato in carnefice. I suo “amici” l’hanno presto scaricato . Un altro burattino a cui hanno tagliato i fili.
Per quanto riguarda il Direttore, so per certo che è tornato al suo lavoro dopo aver sorpreso tutti testimoniando a mio favore e contro l’Onorevole. Evidentemente la morte di Maccallini e soprattutto i miei calci in faccia devono aver smosso la sua coscienza. Ad ogni modo la sua deposizione e quella del Commissario Fiorenzi  mi hanno aiutato molto. Tutto qui. Fine della storia.
Comunque… Terminal Frost

Tutto ciò che voglio ora è, se non dimenticare perché impossibile, almeno accettare con serenità.
Passo le giornate cercando di prepararmi al mondo che troverò quando uscirò da qui.
Ho molte visite ma quelle che preferisco sono della mia famiglia.
Sarà un paradosso, ma da quel giorno qualcosa è successo. La mia famiglia sembra essere tornata sotto la luce del sole, una luce che è tornata a brillare anche negli occhi di mio padre

Alzo lo sguardo e vedo che ora Syd sta fissando un punto lontano. Lo fa spesso ma questa volta decido di chiedergli a cosa sta pensando.
Non è di molte parole quindi penso che come sempre risponderà a monosillabi.
Invece mi illustra tutto un concetto legato all’ultima canzone di Dark Side of The Moon, Eclipse.
In sostanza mi dice che in questo brano si elencano una serie di attività che ognuno di noi fa quotidianamente. “Tutto ciò che mangi, tutto ciò cha fai, tutto ciò che tocchi” e via di seguito…insomma tutte queste cose sono “in sintonia sotto il sole”…ma la frase successiva, che chiude anche l’album è” ma il sole è eclissato dalla luna”
Non capisco dove voglia arrivare, ma gli rispondo che di certo non è una visione ottimistica sulla vita in generale.
“Infatti” fa lui “ secondo me manca ancora una frase”
La risposta mi sorprende e non poco. Analizzata dal suo punto di vista, è una critica molto pesante. Un po’ come se il Papa ammettesse che una frase del Vangelo sia sbagliata.
Ma siccome questa è la più lunga conversazione che abbiamo mai avuto gli chiedo come dovrebbe finire secondo lui
Lui ci pensa un po’ su e poi dice:
“Ma poi la luna passa e il sole ricomincia a splendere”.-

La strofa che vuole aggiungere Syd fa schifo,glielo dico e lui ride di gusto.
Ma non gli dico che è anche palesemente vera.
In fondo, la luna è entrata nelle nostre vite sotto forme diverse, e ha eclissato tutto con la sua ombra. Ci ha mostrato la sua altra faccia e per un po’ siamo diventati matti.
Ma così come è entrata ne verrà fuori.
Non sappiamo quanto tempo ancora ci vorrà.. Forse mesi. O anni.
 
Ma almeno adesso sappiamo che il sole tornerà di nuovo.
In fondo, anche i Pink Floyd possono sbagliare.

Assolo Sax Terminal Frost e fine.