STORIE DI PERSONE PIU’ O MENO VISIBILI
Commedia in cinque parti di
Marco Badi
PERSONAGGI:
prof. Wolf padrone di casa
Rat amico del prof. Wolf
Diggie inquilina tuttofare del prof. Wolf
Sirena ospite inattesa gradita
Hector ospite inatteso sgradito
Mr Creak losco figuro
Un presentatore
AMBIENTAZIONE:
L’azione si svolge in un rifugio antiaereo sotterraneo scavato nel giardino
incolto di una grande villa abbandonata e nei suoi immediati dintorni, in un
imprecisato tempo di guerra. E’ prevista, in scena, la figura di un violinista
che accompagni e sottolinei i momenti più importanti della commedia. La canzone
finale, possibilmente, dovrà essere eseguita con musica dal vivo.
Preludio dove il professor Wolf, Rat e Diggie si presentano…
Atto I° dove un po’ di rosa volge presto al bianco…
Interludio dove la storia inizia a tingersi di giallo…
Atto II° dove il giallo si tinge di nero e poi di rosa…
Epilogo dove si dà compimento ad una storia d’amore molto spirituale…
BREVE DICHIARAZIONE D’INTENTI:
Storia d’epica sotterranea in cui la nostra vita si mostra nei suoi lati più
nascosti.
Una metafora morale in forma di favola, ma soprattutto delle storie da ascoltare
e da raccontare. L’ironia di ciò che non si vede e la serietà di ciò che si
potrebbe vedere.
Luci, musiche e l’allestimento scenico in generale devono restare alla fantasia,
all’intuizione, all’immaginazione di tutti coloro che vorranno portarla sulla
scena. Questa vuole essere un’opera aperta.
PRELUDIO
Il prof. Wolf, seduto su una sgangherata sedia a sdraio, sta leggendo un libro
di poesie; vicino a lui si trova Rat disteso a terra a godersi il sole. Accanto
ad essi si vede l’ingresso del rifugio antiaereo sotterraneo con la porta
aperta. Alle loro spalle si staglia una grande villa abbandonata; il rifugio si
trova nel giardino ormai incolto di questa villa. E’ il tardo pomeriggio di una
sera d’estate.
Presentatore- (Wolf e Rat sono già in scena e si muovono in silenzio; quando lo
spettacolo sta per iniziare l’azione si blocca ed entra il presentatore in
atteggiamento quasi da cerimoniere) Signore e signori, buonasera e benvenuti.
Vedo con piacere che avete accettato il nostro invito…grazie per averci onorato
della vostra presenza…(fa un leggero inchino; pausa, poi osservando il pubblico)
oh, ma non temete…non ci perderemo in altri convenevoli…la nostra storia, anzi
le nostre storie, stanno per iniziare…(breve pausa) bene, allora non mi resta
altro che augurarvi una piacevole serata…noi ci vediamo più tardi (fa per
andarsene poi si ferma) ah, dimenticavo…ancora una cosa, perdonatemi…un ultimo
avvertimento…(breve pausa) vi consiglio di fare ben attenzione a tutto quello
che state per vedere e sentire perché, dovete credermi, si tratta della pura e
semplice verità…tutto quello che accadrà stasera è già accaduto…da qualche
parte…in qualche tempo…in qualche mente…(esce, l’azione riprende)
Wolf- (silenzio, qualche sospiro poi leggendo) …e nelle loro mani un accordo di
ombre/pronte a dileguarsi come misteriosi guerrieri della notte/una manciata di
torba senza corpo/uno stillo di aguzzi steli nel grembo scomposto dalla
morte…(Si ferma per gustare le parole. Inizia a fare cenni d’assenso con la
testa)… (sospira) i poeti…(l’azione si blocca)
P.- (familiare ma con atteggiamento distinto) Quello che vedete così preso dalla
lettura di alcune poesie, è il professor Wolf. Ai suoi piedi si trova invece
Rat, l’amico fidato. Dietro di loro una villa diroccata e sotto il rifugio
sotterraneo che li ospita. (pausa, si volta per controllare) Bene…possiamo
riprendere. E’il tardo pomeriggio di una sera d’estate…
W.- (rianimandosi, continua a leggere)…ho visto i tuoi occhi appoggiati alla
volta del cielo/cesellati da mano divina in un diadema di capelli/gettarmi uno
sguardo e colpirmi inerme/per te nudo d’armi/privo persino dell’elmo del mio
orgoglio/e vincermi come il gelo le tue labbra…
Rat- Mah…
W.- Come?
R.- No, dicevo; mah!
W.- Ah.
R.- Sì…ecco…dicevo questo…
W.- Mm.
(R. guarda dubbioso il prof. W. Cerca di ottenere maggiore attenzione)
R.- Non ehm capisco ehm bene…
W.- (distrattamente) Cosa esattamente?
R.- Direi un po’ tutto, in realtà, ecco, sì… un po’ tutto.
W.- Un po’ tutto cosa, esattamente?
R.-(indugiando) La poesia…in particolare…
W.- (sognante) Ah, la poesia…la poesia…la poesia…
R.- (titubante) Eh, appunto, la poesia.
W.- Mmm…vedi…la poesia…
R.- Sì?
W.- La…poesia…è…come dire…
R.- E’?
W.- E’……difficile.
R.- Mm (deluso).
W.- Per te, che cosa è la poesia, Rat?
R.- Non so…l’arte delle parole difficili?
W.- A volte…però…(pausa) ecco, senti questa poesia di Walt Whitman: “Terra mia
immagine,/Sebbene tu sembri così impassibile, sferica e ampia,/Ora sospetto che
questo non sia tutto;/Ora sospetto che in te si annidi qualcosa di violento,
capace di esplodere,/Perché un atleta si è innamorato di me e io di lui,/E verso
lui io avverto qualcosa di violento e terribile, capace di esplodere,/Che non
oso manifestare a parole, neppure in questi miei canti.”… bè, che ti sembra? Ti
sembra che ci siano delle parole molto difficili?
R.- No…ma la maggior parte delle poesie non è così.
W.- Sì, forse hai ragione ma, comunque, questo dimostra che la difficoltà delle
parole non è un requisito né sufficiente né necessario per fare poesia, non
credi?
R.- Bè, forse…effettivamente…
W.- No, io credo…credo…che per essere poeti bisogna avere un demone dentro di
sé…
R.- (spaventato) Un demone!
W.- Un demone socratico, voglio dire…
R.- Un demone socratico! Meno male che non so scrivere un verso…
W.- Qualcosa che ti spinge, che ti costringe quasi a comporre…una forza
meravigliosa che ti guida attraverso i meandri della mente e delle realtà
visibili e invisibili fino toccare il corpo stesso dell’intuizione e così
poterlo rapire…è un demone buono, credo…
R.- Io preferisco non avere niente dentro di me…
W.- I poeti riescono a descrivere cose che gli altri neppure sanno di possedere
o di cui neppure sospettano l’esistenza…riescono a cogliere il cuore delle cose
che
tutti conoscono, a donare una nuova vita ad un paesaggio, a mostrare l’anima
delle cose e delle persone, a raccogliere l’afflato divino che, invisibile, ci
circonda…non ti sembra meraviglioso?
R.- Sì, però non mi va lo stesso di avere una presenza estranea da qualche parte
dentro di me, senza il mio permesso.
W.- (ridendo) Chissà, forse hai ragione tu. (Pausa. W. osserva R. pensieroso)
Eppure magari, anche tu potresti essere capace di comporre degli ottimi versi,
se solo ci provassi…
R.- No, grazie, non mi va di ospitare nessun demone…
W.- Bè come vuoi…comunque se ti venisse la voglia io sono a tua disposizione…
R.- Grazie mille.
(W. si rimette a leggere, R. canticchia, ad un certo punto si blocca
improvvisamente)
Oddio, il demone! (dibattendosi) Sta entrando, sta entrando…aiuto…il
demone…no…no…aiuto…(pausa) è entrato, è dentro di me…lo sento che si
muove…oddio…che schifo…aiuto…entra…entra…il demone..(urlo soffocato)
W.- Che stai dicendo, che ti succede?
R.- (sconvolto) Ho contratto il demone…forse lo stare vicino a te…tutte le
storie che mi hai raccontato in questi anni…tutti le poesie che mi hai
letto…qualcuna doveva essere infetta…un infido virus demoniaco!
W.- Ma che diavolo stai vaneggiando…
R.- Sì è così, ti dico…è così…mi sono venuti in mente dei versi…
W.- Dei versi?
R.- Già. (triste) Ora sono un poeta anche io.
W.- Un poeta?
R.- E’ così. Versifico.
W.- (guarda R. perplesso) Sentiamo.
R.- (si schiarisce la gola) La donzelletta che vien dalla campagna del pelide
Achille, l’ira immobile dato il mortal sospiro stette Silvia; rimembri ancor
tempo di tua vita piovigginosa sotto il maestrale? Urla e biancheggia il mare e
il naufragar m’è dolce; in questo inverno si sta come le foglie sugli
alberi(rimane a guardare W. con aria buffamente consapevole)…
W.- (disgustato) Mmmm. Interessante…
R.- E’ il demone…
W.- Già, il demone…bene, bene continua così…già…mm…
R.- Non posso farne a meno, ormai…
W.- Ti capisco, il demone…
R.- (serio) Il demone.
W.- Già…
R.- E’ terribile…
W.- Veramente…
R.- Mi sento anche più peso…
W.- Addirittura…
R.- E non solo…lo sento parlare…si lamenta…
W.- Si lamenta?
R.- Sì, è come un sordo brontolio…alla bocca dello stomaco…
W.- Avrà fame…
R.- Dici?
W.- Probabilmente è così…
R.- Dio mio, devo anche nutrirlo?
W.- Credo proprio di sì.
(pausa)
R.- Che mangerà?
W.- (breve pausa) Libri?
R.- Libri?! Non ho nessuna intenzione di mangiare un libro…
W.- Magari basterà leggerlo…
R.- Mm, forse hai ragione…
W.- Io farei così…
R.- Hai qualcosa da darmi?
W.- Mm, vediamo…comincerei con questo (prende un libro da una pila che si trova
a terra vicino alla sedia)…
R.- Cos’è?
W.- I Demoni, di Dostojewskj…
R.- Ah, in tema…
W.- Esatto.
R.- Bè, proverò.
W.- Bene. (si rimette a leggere)
(R. armeggia con il libro, sfogliandolo e rivoltandolo in tutti i sensi,
evidentemente nervoso)
R.- Oddio, ci siamo di nuovo…
W.- Cosa?
R.- Sto per versificare.
W.- O no!
R.- Sì, non resisto…eccoli…eccoli…
W.- No. Ti prego.
(R. ha un sussulto, una sorta di conato di vomito, poi inizia a declamare)
R.- Le tue labbra…
W.- Le mie?
R.- Hanno il sapore…del sapone…
W.- Una figura retorica…
R.- La tua pelle…
W.- Anche la pelle adesso…
R.- Non è certo quella di un pollo…
W.- Mirabile!
R.- E i tuoi occhi hanno la forma di mille pidocchi…
W.- Oddio! Basta ti prego…
R.- E…
W.- E?
R.- Si è bloccato.
W.- (rivolgendo lo sguardo al cielo) Grazie.
R.- Deve essere affamato…
W.- Già, lo credo anche io. Dobbiamo nutrirlo. Sebbene, ripensandoci, un po’ di
dieta non dovrebbe fargli male…qualche mese a libri Blue Moon…
R.- O Signore, perché proprio a me?
W.- Già, perché a me?
R.- Come?
W.- Volevo dire: perché a te…
R.- Ah. Tu non sai che peso sia per me…
W.- Posso intuirlo…
R.- Ma per fortuna ci sei tu…
W.- Già, per fortuna…
R.- Non so come farei senza di te…senza la tua guida…
W.- Chi lo sa…ma non pensiamoci più adesso…non pensiamoci più…o mi viene da
piangere…e io odio vedere i professori che piangono…
R.- E’ meglio, hai ragione. Devo rassegnarmi.
W.- Già, dobbiamo rassegnarci…
R.- Non c’è alternativa…
W.- Purtroppo…
R.- Bè, è la vita, no?
W.- E’ la vita.
R.- Ormai sono un genio, mio malgrado…
W.- Eh sì…un genio…
R.- Forse potresti raccogliere i miei versi…
W.- Bè sì, ci penserò…è…un’idea…(fra sé) terribile…
R.- Come?
W.- Dicevo: è terribile…che tu debba sopportare una tale situazione…
R.- Sarò forte…
W.- Spero di esserlo anche io…
R.- Devi esserlo…per me…senza di te non potrei farcela…
W.- Ci proverò…
R.- Sei un amico. Per di più, ormai, siamo colleghi, intellettuali…
W.- Già…bene, adesso però rilassiamoci un po’, eh? Che ne dici?
R.- Cercherò…
W.- Bravo…cerchiamo…
R.- Certo.
(W. si ridistende cercando di rilassarsi. Inizia nuovamente a leggere il libro
di poesie. Poi lo mette giù, pensieroso e un po’ teso)
R.- Stavo pensando che…
Diggie- (Sbucando dall’ingresso del rifugio sotterraneo e interrompendolo) Che
state facendo? Prendete il sole? (l’azione si blocca)
P.- Quella che è appena entrata si chiama Diggie ed è l’inquilina tuttofare del
professor Wolf; sembra così pacifica, non è vero?…bè, per il momento
s’intende…ma non anticipiamo…ve ne accorgerete presto…(pausa) e ora torniamo a
noi…che il gioco riprenda!…
R.- (rianimandosi) Lascia perdere. Non potresti capire…
D.- Hey, sottospecie di umanoide, cos’ è che non potrei capire?
W.- Voleva soltanto dire…
D.- (interrompendolo) So benissimo quello che voleva dire…(con disprezzo) voi
uomini credete che le donne siano troppo stupide per poter comprendere i vostri
profondissimi discorsi…ma in realtà non fate altro che parlare dei soliti
argomenti…soprattutto di uno…le donne…di cui, per altro, non capite
assolutamente niente…
R.- Ti stai proprio sbagliando…stavamo parlando di poesia…
D.- Addirittura! E cosa sapresti tu di poesia?
R.- Adesso tutto, purtroppo…ho il demone in me…
D.- Il demone? Che stai cianciando?
R.- E’ così. Te lo avevo detto che non avresti potuto capire.
D.- Probabilmente sarebbe molto meglio che tu cambiassi spacciatore…la roba
troppo pura non la reggi…
R.- Sto benissimo…se non mi credi chiedi al professore…
(D. si volta verso il professore cercando una spiegazione. W. vorrebbe fare
segno che R. ha dei problemi ma R. lo sta guardando. Momento di imbarazzo. Il
prof. cerca un modo per uscirne)
W.- Bè, ecco…il fatto è…sì, parlavamo della poesia e…lui…
D.- Cosa?
W.- Sì, bè Rat…ha iniziato…improvvisamente e del tutto inaspettatamente a…
D.- A?
W.- Comporre…versi…
D.- A comporre…lui…a comporre versi? Oddio, me li immagino…i versi (inizia a
ridere).
R.- Mi stai prendendo in giro?
D.- No, no scusa…è che…(continua a ridere)…vorrei sentirne qualcuno…avanti ti
prego…
R.- Ora non posso…
D.- E come mai?
R.- Il demone si sta riposando…
D.- E dagli. Ma che diavolo sarebbe esattamente?
R.- Il demone, no? Quello sorcico…sorcatico…scolastico…scorbutico…
W.- Socratico.
R.- Eh, quello.
D.- Il demone socratico? E dove lo avresti trovato?
R.- E’ lui che ha trovato me…
D.- E ora sta riposando?
R.- Esatto.
D.- E sarebbe lui a suggerirti le poesie?
R.- Proprio così.
D.- Bè, quando si sveglia dimmelo che non vedo l’ora di sentire questi mirabili
versi…
R.- Sentirai…
D.- Non vedo l’ora…
W.- (triste) Anche io…
R.- Non ci vorrà molto…
D.- Evviva.
W.- Già, evviva…
D.- Per il momento, comunque, io me ne torno al mio lavoro…scusatemi (fa per
rientrare)
R.- (un po’ sprezzante) Lavoro…
D.- Esattamente. Qualcosa in contrario?
R.- Lo chiama lavoro…
D.- E’ come se lo fosse. Richiede grande impegno, un impegno costante…
R.- Imitare i versi degli animali?
D.- Certo. E’ come imparare una lingua.
R.- E quale lingua staresti imparando in questo momento?
D.- (a bassa voce) Il babbuinese…
R.- Come?
D.- (forte) Il babbuinese.
R.- Uau, eccezionale, utilissimo; chissà con quanti babbuini ti capiterà di
parlare nella tua vita…
D.- Non capisci niente. E’ un fatto di cultura.
W.- (timidamente) E’ molto ricca la cultura babbuina?
D.- (guardandolo storto) Molto.
R.- A me piace soprattutto la mitologia babbuina. Magnifica. Babbuino Ulisse di
ritorno dalla guerra di Troia Arboricola verso Itaca la Ramosa. E quante
avventure: gli immensi Ciclopi Pelosi, Circe la Macaca, Eolo il Babbuino
Petomane, l’isola dei Bananofagi…quante storie appassionanti…
D.- (cercando di aggredire R.) Vieni qua che ti racconto un’altra avventura;
l’assassinio dello scimmione sottosviluppato…
R.- (scappando) Professore aiuto…si è immedesimata troppo nella cultura
babbuina…aiuto…professore…
W.- Calmatevi per favore…non fate i babb…ehm i bambini…Rat, tu smettila di
prenderla in giro…ognuno ha il diritto di scegliersi l’occupazione che
desidera…e tu Diggie lascialo perdere…avanti smettetela…Diggie, per favore, è
quasi ora di cena, potresti iniziare a preparare qualcosa da mangiare…
R.- Basta che non ci cucini delle liane o delle foglie di palma…
D.- (cercando nuovamente di aggredirlo) Vieni qua che oggi mangiamo un prelibato
arrosto di asino gigante…
W.- (urlando) Allora! Ho detto di finirla! Avanti, Diggie vai a cucinare e tu
Rat stai un po’ zitto…era meglio quando parlava il demone…
(Diggie si allontana, rientrando nel rifugio. Rat si risistema a terra vicino
alla sdraio del professore)
R.- Professore…
W.- Sì?
R.- Tu pensi che…
W.- Che?
R.- Pensi che un giorno potrò tornare normale?
W.- Non ti piace essere un genio?
R.- Bè sì, però…
W.- Però?
R.- Non sono veramente io, capisci?
W.- Mm.
R.- Almeno vorrei conoscerlo questo demone…vorrei saper com’è…magari mi sta pure
antipatico…
W.- Sì, ti capisco ma…adesso che puoi fare?
R.- Non so…forse tu potresti aiutarmi…
W.- E in che modo?
R.- Potresti osservarmi…
W.- E allora?
R.- Lui, il demone, sono sicuro che esce quando non me ne accorgo…tu potresti
vederlo…
W.- E dovrei stare ad osservarti continuamente?
R.- No, non sempre…in realtà basterebbe che tu mi osservassi soprattutto quando…
W.- Quando?
R.- Quando…dormo…
W.- Quando dormi?!
R.- Sono sicuro che è proprio allora che lui esce e si fa vedere.
W.- E io dovrei passare le notti ad osservarti?
R.- Bè, magari non tutte…una sì e una no…
(W. osserva R. sconvolto. Improvvisamente si sente un grido stridulo provenire
da dentro il rifugio, come il verso di un animale…)
W.- Ma che succede…che cos’è…
R.- Sembra…sembra…
W.– Un animale, direi…
R.- Esotico…
W.- Già, forse…in effetti…sì, sembra proprio…
R.- Bè, non c’è dubbio…non può essere che…
W. e R.- Un babbuino…un babbuino sotterraneo…(Si ode nuovamente il verso più
volte. Buio)
ATTO I
SCENA I
Entra in scena Sirena; ha con sé una valigia evidentemente consumata dall’uso.
E’ una bella ragazza trasandata ed appare provata dalla vita sebbene mantenga un
animo vivace e consapevole. Si aggira un po’ disorientata attorno al rifugio la
cui porta è socchiusa. E’ l’imbrunire.
SIRENA-(fra sé) Deve essere qui…per forza…(leggendo un volantino) corrisponde…è
scritto qua…(l’azione si blocca)
P.- Ecco finalmente la signorina Sirena, un raggio di sole, una scarica di
adrenalina in questo posto buio ed assopito; una donna (e che donna!) dove ben
poche se ne erano viste prima. (breve pausa, guardandosi attorno) Meglio andare,
adesso…sta iniziando ad imbrunire…
S.- (rianimandosi) …che strano nome…agriturismo “L’albero delle scimmie”…(breve
pausa) qui però c’è solo questa strana porta, sembra…sembra un passaggio
sotterraneo…forse dovrei bussare…(Resta un attimo indecisa poi si decide a
farlo. Bussa.)…c’è nessuno?…Hey, là sotto, c’è qualcuno?…(pausa) Sembra di
no…(continua a guardarsi attorno disorientata)…devo essermi
sbagliata…(Improvvisamente, mentre Sirena sta quasi per allontanarsi, si sente
la porta scricchiolare e lentamente la si vede aprirsi. Una testa, quella di
Diggie, spunta incerta dall’apertura del rifugio, ha un’espressione fortemente
interrogativa e guardinga)…
D.- Sì?
S.- (Sirena è di spalle, ad un tratto si accorge di Diggie, si volta
velocemente, sorpresa) Ah…credevo…non ci fosse nessuno…invece…
D.- Sì?
S.- …c’è qualcuno, vedo.
D.- Sì?
S.- (imbarazzata) Sì…ecco…volevo sapere…se mi trovo nel posto giusto…
D.- Quale posto giusto?
S.- Quello dove dovrei essere…
D.- Ovvero?
S.- Questo…forse…
D.- Forse…se però fosse così gentile da darmi qualche informazione in più al
riguardo magari riusciremmo anche a venirne a capo…
S.- Sì, ecco…io stavo cercando…(sbucano dalla porta anche W. e R.)
W. e R.- Sì?
S.- Oh, salve.
W e R.- (evidentemente colpiti dall’avvenenza di Sirena) Salve! Cercava
qualcosa?
D.- (infastidita) Mi stava appunto dicendo, prima che arrivaste voi…
W.- (fissando intensamente S.) Vai pure Diggie, vai pure, ci pensiamo noi…
R.- Già, vai vai…ci pensiamo noi…
D.- (scandalizzata) Ma…
W.- Sì, sì non ti preoccupare…
R.- Non ti preoccupare…(D. rimane, imbronciata)
W.- Dicevamo signorina?
R.- Dicevamo?
S.- Non vorrei disturbarvi…
W.- Nessun disturbo…
R.- Nessuno…
S.- Stavo cercando…(consulta il volantino) l’agriturismo “L’albero delle
scimmie”…
R.- Delle scimmie?
W.- L’albero…mmm…
S.- Bè, probabilmente mi sono sbagliata…
W.- No, no…in realtà…ecco, si tratta…di un albero sotterraneo…
S.- Sotterraneo?
W.- Già…una novità assoluta…mai vista…
S.- Davvero? Ma non mi sembra molto…
W.- Non si faccia ingannare dalle apparenze…in realtà è molto ehm confortevole…
R.- Confortevolissimo…
S.- Ma perché “delle scimmie”?
R.- Più che scimmie, direi… babbuini, per l’esattezza…
S.- Babbuini?
W.- Già. Vedrà che capirà molto presto (getta un’occhiata a Diggie)…comunque
venga…starà come una regina…glielo assicuro…
D.- Sì, la regina delle scimmie…
(W. getta un’occhiataccia a D.)
R.- Vedrà si sentirà proprio a suo agio…si mangia…ci si riposa…si ascoltano gli
animali…(enfatico) i poeti…
S.- Gli animali?
R.- Già, ma soprattutto…(compiaciuto ed enfatico) i poeti…
S.- I poeti?
R.- Ma che fa, ripete tutto quello che diciamo?
W.- Su, Rat non infastidire la signorina…sarà stanca…venga si accomodi…le
troveremo subito un letto…ehm voglio dire una sistemazione comoda…
D.- Un bel ramo…
W.- Non se ne pentirà, vedrà…prego…le faccio strada…
(S. rimane per un momento indecisa sul da farsi, si guarda attorno. Poi, vedendo
che il buio si avvicina e che la zona non offre nient’altro, si decide ad
entrare. Gli altri la seguono. Buio)
SCENA II
La scena mostra l’interno del rifugio; si tratta di un unico grande stanzone
diviso da alcune tende sporche e rattoppate che delimitano i vari ambienti: il
“salotto”, le “camere” di Diggie, Rat e del prof. Wolf, la “stanza degli
ospiti”. Rat, Sirena ed il professore sono seduti ad un piccolo tavolo al centro
del “salotto”, Diggie se ne sta un po’ in disparte, su una sedia dall’apparenza
molto insicura, ad osservare la scena. Una fioca luce posta sul centro del
tavolo illumina la scena, non ci sono finestre.
P.- (mentre la scena è bloccata) Eccoci dunque giunti dentro il rifugio
sotterraneo…bè, è vero…non è un granchè, lo ammetto…però in qualche modo,
credetemi, è un posto davvero confortevole…confortevole come può esserlo la casa
in cui abbiamo deciso di vivere…(pausa) ora devo lasciarvi, scusatemi, la notte
è ormai vicina…
W.- (animandosi) Allora, le piace, signorina?
S.- (imbarazzata) Bè…è particolare…
W.- Che le avevo detto? Una novità assoluta…
S.- Lo credo…
W.- Già…è suggestivo, no?
S.- Molto…suggestivo…
W.- E’ la nostra casa sull’albero…il nostro albero delle scimmie…
S.- Carino…
R.- (intenso) Qui si fa della cultura…
S.- Ah…bene…
R.- (intimo) Poesia…
W.- (a disagio) Già, già…ma ora non dobbiamo tediare la signorina che, fra
l’altro, non ci ha ancora detto il suo nome…
S.- Ha ragione…mi chiamo Sirena…
W.- Sirena!
R.- Come quelle di Ulisse…
W.- (preoccupato) Già…
R.- (Breve pausa. Rat inizia a fare strani versi) Ci siamo…
W.- O no!
R.- Sì è lui…
W.- No, ti prego…
S.- Che succede?
R.- Il demone!
S.- Il demone?
W.- No…
D.- Finalmente!
(Rat sussulta improvvisamente come tarantolato poi si accascia sul tavolo
apparentemente privo di vita. Quindi altrettanto improvvisamente si rialza
iniziando a declamare)
R.- Canta, bella sirena, il mio martirio per te…
W.- Migliora…
R.- …perché è la tua voce a rapire il mio cuore…
W.- Forse il digiuno…
R.- …sono le tue squame di pesciolina…
W.- Ahi…riconosco lo stile…
R.- …le tue branchie da soglioletta…
W.- E’ lui, non c’è dubbio…
R.- …che guizzano in questo mio mare voglioso…
D.- E’ ancora peggio di quello che pensassi…
R.- …o sirenetta sirenetta mia tu sei certo la frittura più gustosa che ci sia…
W.- No, no…è terribile…terribile…
(Rat si accascia nuovamente sul tavolo, inerte, poi lentamente si riprende)
D.- (ridendo sguaiatamente) Fantastico…incredibile…è la cosa più ridicola che mi
sia mai capitato di sentire…
S.- (stordita) Che è successo?
W.- E’ il demone…
S.- C’è anche un demone?
W.- Pare…
S.- Oddio…
D.- Grande Rat…hai beccato di sicuro il più demente tra i demoni dementi…
R.- (riprendendosi) Cosa è successo?
(Tutti tacciono e osservano R. intensamente)
O no, ancora lui…è successo di nuovo…oh che triste sorte la mia…
W.- La sua…
D.- E’ stato uno degli avvenimenti più divertenti a cui abbia mai assistito…
S.- Se ne è andato…
W.- Chi?
S.- Il demone…
W.- Credo di sì…(pausa)
S.- Forse è meglio che vada a dormire…
W.- Già…forse è meglio che ci andiamo tutti…è stata una giornata difficile…
R.- Hai ragione, sono distrutto…è dura la vita del genio medium…
D.- Io, se non vi dispiace, resto ancora un po’…questi ultimi eventi mi hanno
messo di buon umore…
W.- Come vuoi Diggie…buonanotte…
R.- Buonanotte…
S.- Buonanotte…(si avvia verso l’uscita)…
W.- Signorina…signorina, non da quella parte…ha sbagliato direzione…la sua
camera è di là…
S.- Ah…grazie…scusatemi, sono un po’ confusa…buonanotte…
W.- Buonanotte…
(Si ritirano. Resta soltanto Diggie.)
D.- Oh, finalmente sola…vediamo un po’…riprendiamo i nostri esercizi…dove ero
rimasta?…Ah, ecco…sì, l’elefante…
(Un fortissimo barrito scuote la tranquilla notte del rifugio agriturismo
“L’albero delle scimmie”. Buio.)
SCENA III
Rat ed il prof. Wolf sono seduti a tavola, nel rifugio, a fare colazione.
Discorrono sommessamente. Poco lontano Diggie sta facendo la maglia simulando
disinteresse sebbene l’orecchio sia invece teso ad ascoltare i discorsi dei due
uomini.
P.- (mentre l’azione è bloccata) Al mattino spesso le cose ci appaiono diverse,
non è vero?…persino migliori, a volte…e magari ci viene voglia di parlare…di
raccontare…(breve pausa) bè, se siete stufi delle solite storie, datemi retta,
seguitate ad ascoltare…la prossima è una storia che ha davvero dell’incredibile…
W.- (animandosi) Per favore, Rat, cerca di non importunare la signorina con i
tuoi soliti discorsi. Ci siamo capiti? Va bene? Ehi, mi stai ascoltando?
R.- (distratto) Certo…
W.- Rat…hai sentito quello che ho detto?
R.- Mm.
W.- Che ho detto?
R.- Della signorina Sirena…
W.- Cosa?
R.- Parlavi di lei…
W.- Riguardo a cosa?
R.- Di lei…
W.- (lo guarda come un professore l’alunno disattento) Non hai ascoltato una
parola di quello che stavo dicendo.
R.- Parlavi di lei…
W.- Già. (pausa) Non è che ti sarai messo in testa delle strane idee?
R.- Che idee?
W.- Mmm…non so…strane idee…riguardo alla signorina…
R.- Che vuoi dire?
W.- Mi capisci benissimo…
R.- Non so di cosa tu stia parlando.
W.- Guardami un po’ negli occhi…
(Rat lentamente alza gli occhi per poi riabbassarli immediatamente)
E’ come pensavo…si vede dagli occhi…sembrano quelli di un totano
narcotizzato…per non parlare poi della assoluta atonia muscolare del volto che
fa scomparire da esso qualsiasi tipo di espressione che denoti un minimo di
intelligenza. Cosa per altro già difficile da trovarvi in condizioni normali.
(pausa) Tu sei innamorato. E’ chiarissimo. Cotto come una zucca marcita dal
sole. Hai la testa molle. Sei spacciato, mio caro, spacciato…(pausa) mi dispiace
per te, amico mio, ma non hai la minima speranza…e poi si vede chiaramente…lei è
innamorata di me…
R.- Di chi?
W.- Di me…e di chi se no?
R.- Di te?
W.- Di me.
(Pausa. Si guardano in maniera fortemente interrogativa.)
R.- Ah ah ah ah…di te…oddio…di te…ah ah ah…muoio dal ridere…innamorata…lei…di
te…uh uh uh…(ritornando serio) basta ti prego…sto scoppiando…
W.- Ascoltami pappafico da strapazzo…si vede che di donne non sai proprio
niente…
R.- E tu invece…tu…tu sai tutto…non è così?
W.- (imbarazzato) So quello che c’è da sapere…
R.- Ah sì? E sarebbe?
W.- Non devo certo renderne conto a te…
R.- (sarcastico) La prego maestro…mi insegni…
W.- (pungente) Sarebbe inutile…
R.- (come sopra) Umilmente le chiedo di espormi pazientemente il suo immenso
sapere a tale proposito…
W.- (come sopra) Da quando in qua i salami come te vanno in giro a chiedere
consigli? Tu non sai neppure cosa sia una donna…
R.- Oh oh…ha parlato il grande playboy…
D.- (interrompendolo) Starei ad ascoltarvi per ore…peccato però che questa
ridicola discussione sia del tutto inutile, visto che lei non sceglierà ne l’uno
nell’altro…quale donna in fondo lo farebbe?…certamente nessuna donna con un
minimo di gusto estetico ed una goccia di intelligenza…
R.- Oh, ecco a voi miss (calcando la parola) agriturismo…la nostra
impareggiabile nobildonna…specchio di ogni virtù…intelligenza…bellezza…grazie,
grazie per averci aperto gli occhi, madame.
D.- Vedi Rat, tu hai tante possibilità di conquistare quella ragazza quante un
topo ne ha di volare.
W.- Bè mi sembra che tu stia esagerando Diggie…
D.- E anche lei professore non creda di avere molte più possibilità…la ciccia
comincia ad essere un po’ frolla…
W.- Diggie! Come ti permetti? Guarda che…
D.- Cosa? Mi vuole dare lo sfratto? Con che motivazione…morosità? Ma su, andiamo
andiamo, siate ragionevoli…come potete pensare che quella ragazza possa trovare
qualcosa in due tipi come voi, avanti…
W.- (imbronciato) Lo vedremo…
R.- Già, lo vedremo…
D.- (ironicamente) Sicuramente.
(entra Sirena appena svegliatasi)
S.- Buongiorno.
D.- (con un pizzico di astiosità) Buongiorno.
W.- (imbarazzato) Buongiorno.
R.- (sognante) Buongiorno.
S.- Sono in ritardo per la colazione?
W.- No, no…la prego si accomodi, si accomodi…
R.- Si segga…lei non è mai in ritardo…
D.- (facendogli il verso) Lei non è mai in ritardo…disgustoso…
W.- Ecco…abbiamo del latte, delle uova…della marmellata…oh, il caffè…prego, si
serva pure…
R.- Si serva…
S.- Prenderò un po’ di caffellatte…avete del pane?
W.- Certo…eccolo…se ha bisogno di altro…
S.- La ringrazio…ne mangerò qualche fetta con un po’di marmellata…
R.- Che bella idea!…
(Diggie lo guarda sconvolta e disgustata)
W.- Dormito bene?
S.- Abbastanza, grazie.
W.- Qualcosa l’ha infastidita?
S.- Oh no, no niente.
W.- (insinuante, guardando Rat) Qualcuno…
S.- No. Davvero. Nessuno. Grazie.
W.- Bè…magari…pensavo…sa come succede…
S.- Come succede cosa?
W.- No, alle volte…non so…capitano cose fastidiose…
S.- Tipo?
W.- Bè…non saprei…così…fastidiose…eh eh eh…così…
S.- Non capisco…
D.- Meglio così…
W.- Oh ma non importa…dicevo per dire…
S.- Ah…
(breve pausa)
R.- Dormito bene, signorina?
(tutti lo guardano sconvolti)
W.- Ehm…Rat, gliel’ho appena chiesto…(tra i denti) fa attenzione…
D.- Di un rincoglionito da non credere…
S.- Non si preoccupi non importa…(a Rat) ho dormito bene, grazie.
R.- (sognante) Ahh…
(pausa imbarazzata)
W.- Allora signorina, che pensa di fare oggi?
S.- Non saprei…che c’è da fare?
(gli altri tre si guardano imbarazzati)
W.- Ecco…sì…heeee ma ci sono un sacco di cose da fare, vero Rat?
R.- Sì?
W.- Ah ah ah che burlone…diglielo tu Diggie…
D.- Io?…Non so se vuole posso insegnarle i versi di qualche animale…
W.- (la guarda per un momento, sconvolto) Visto? Che le dicevo…
S.- Bè, non saprei…qualche altra cosa?
W.- Come no…dunque…ecco…(fa gesti agli altri due) potrebbe…potrebbe…
R.- Potrebbe raccontarci una storia…
W.- (sconvolto) Una storia?…(riprendendosi) Ah già, sì…una storia…ecco una
storia…sì, vede è…è l’usanza…i nuovi ospiti devono sempre raccontare una
storia…per creare più familiarità, capisce…
S.- Che tipo di storia?
W.- Oh bè, una qualsiasi…una che le piace…
S.- Non ho nessuna storia…che mi piaccia…(pausa) bè, magari potrei raccontarvi
la storia della mia vita…se può interessarvi…è l’unica che possa dire di
conoscere veramente…forse…
R.- Sarebbe meraviglioso…
D.- (sarcastica) Evviva!
W.- Sarebbe un onore…
S.- Allora se proprio ci tenete…
R.- Sì, sì…la prego…
W.- L’ascolteremo con grande attenzione…
D.- Devo anche prendere appunti?
(Rat e il prof. Wolf la guardano storto)
Sto scherzando…scherzo…non si può più neppure scherzare?
W.- Prego signorina…cominci pure…
S.- Non so bene da dove cominciare…(Pausa. Poi quasi di slancio ma con pudore)
Sono un’attrice…forse ormai solo un’ex attrice…(pausa) fu mia madre a volermi
insegnare la difficile arte del recitare quando ancora ero una bambina…era
sempre stato il suo sogno…poter salire sul palcoscenico…(pausa) ci riuscì solo
una volta…la prima e l’ultima…(sognante) ricordo che quel giorno lei era così
felice…stava andando benissimo…alla gente piaceva, stava dominando la
scena(breve pausa) ma proprio al momento del suo monologo, cadde…e si fece
male…molto male…ma il vero dramma fu che nella caduta si era inspiegabilmente
provocata una lacerazione alle corde vocali…aveva sempre avuto una bellissima
voce…era forse l’unica cosa di cui andasse veramente fiera…ma, da quel giorno,
anche quell’unica cosa se ne andò e non tornò mai più…così dovette interrompere
la sua brevissima carriera…ma la passione per le scene la divorava…(con
sofferenza) e fu per questo che riversò il suo desiderio su di me,
costringendomi quasi a diventare un’attrice…inculcandomi il suo terribile amore
per il teatro fin dalla mia infanzia…
R.- Che storia triste!
W.- Triste eppure così piena di poesia…
R.- Poesia?
W.- Già…(guardandolo improvvisamente preoccupato) hey!…No…no…non fare scherzi
eh?
R.- Poesia?…
W.- Ricaccialo immediatamente indietro…è un ordine!…
R.- Poesia…(Pausa. Fa per aprire la bocca. Il prof. Wolf gli tappa la bocca con
una mano. Rat si dibatte cercando di liberarsi ma il professore lo tiene
stretto)
W.- Ts ts ts…no…questa volta no…il demone dovrà aspettare…prego signorina
continui pure…vedrà che non la disturberà più…prego…
S.- Si, grazie…stavo dicendo?
W.- Sua madre voleva che lei fosse un’attrice, mi pare…
S.- Ah, ecco sì…dunque fu così che intrapresi una strada già segnata…recitare
divenne la mia vita…e devo dirvi che non mi dispiaceva affatto…anzi forse potrei
anche dire che amavo il mio lavoro…ed ero anche brava…davvero brava…e non
giudicatemi una presuntuosa perché erano gli altri a riconoscerlo e anche voi ve
ne accorgerete durante il racconto…(pausa di riflessione) un giorno stavo
interpretando il ruolo di Giulietta quando, una volta usciti dalla scena,
l’attore che interpretava il ruolo di Romeo non riuscì più a tornare
normale…voglio dire a ritornare dentro i suoi panni di uomo e non di
attore…insomma rimase impigliato nel suo personaggio e non riusciva più ad
uscirne…era convinto di essere veramente Romeo…e quindi come tale era follemente
innamorato di me e non capiva perché io lo respingessi quando, poco prima, ci
eravamo giurati amore eterno…era così felice di vedere che io ero ancora
viva!…Bè, non ci fu verso…non ci fu modo di farlo tornare in sé…mi
perseguitava…mi seguiva continuamente…mi corteggiava incessantemente…era
diventata un’ossessione…non ne potevo proprio più e fu per questo che decisi di
andarmene…lasciai la compagnia e presi la mia strada…non avevo certo paura…avevo
talento, ero ammirata, desiderata…qualcosa avrei certamente trovato…ed infatti
dopo breve tempo mi capitò un occasione che decisi di cogliere al volo…fu così
che un bel giorno mi imbarcai su una grande nave da crociera, un transatlantico
insomma…(pausa) ogni sera c’era uno spettacolo…io ero contenta, facevo il lavoro
che mi piaceva, mi divertivo, ero sempre in compagnia…insomma facevo proprio una
bella vita…ma come si sa tutte le cose, specialmente quelle belle, hanno una
fine…e fu così che ad un certo momento (pausa di attesa)…
R.- Ad un certo momento?
W.- Che successe?
D.- (trattenendo la curiosità) Ehm sì…e poi?
S.- Bè, accadde tutto una sera, mentre stavamo navigando lungo le coste
dell’Africa…avevamo messo in scena il Macbeth…io ero Lady Macbeth…(lunga pausa)
W.- Non piacque?
R.- Già, non piacque?…Che successe?
D.- Cadde? Svenne? Si dimenticò la parte? Vomitò? Le venne il singhiozzo?
Insomma che diavolo successe?
S.- No…accadde che…vedete…il pubblico…
R.- Sì?
D.- Eh…
S.- Il pubblico credette…si immaginò…pensò…
D.- (stufa) Che cosa per tutti i babbuini…che cosa…parla!…Diavolo, parla! Parla,
ti prego!
S.- Bè insomma…credette che io fossi veramente Lady Macbeth…insomma era successo
ancora…di nuovo c’era qualcuno che pensava che io fossi ciò che stavo recitando…
R.- E’ terribile…
W.- Già…singolare quantomeno…
D.- Mah! Questa ci sta prendendo per scimmie ammaestrate…pensa che uno debba
credere a tutto quello che dice solo perché riesce a farlo con una bella vocina
e qualche moina…bah!
S.- (risentita) E’ tutto vero!
D.- Sì, sì…
W.- (gettando un occhiataccia a Diggie) Noi le crediamo signorina Sirena…
R.- (languido) Certamente che le crediamo…come potrebbe mentire…
D.- (facendogli il verso) Certamente….
W.- Continui pure…l’ascolteremo con grande piacere…
S.- Sì, grazie…vi stavo dicendo che il pubblico era convinto che io fossi
davvero Lady Macbeth e per questo avevano preso ad odiarmi…erano infuriati per
tanta crudeltà e per tale spietata risoluzione, per di più da parte di una
donna…cercarono di aggredirmi, volevano buttarmi a mare…solo l’intervento deciso
del comandante che non voleva che fosse la gente a farsi giustizia da sola ma
che intendeva farmi passare attraverso un regolare processo, impedì che mi
linciassero…comunque, alla fine, a causa dell’eccessiva pressione delle persone
inferocite, fu costretto a mettermi su una scialuppa ed a lasciarmi al mio
destino…
R.- Povero, piccolo fiore indifeso! Oh, che cosa terribile da sentire…un essere
così dolce!
S.- Dopo circa un giorno che la barca stava andandosene alla deriva e quando io
ormai pensavo che fosse giunta la mia fine, tra le onde del mare fece capolino
il mio salvatore… un delfino…egli mi guidò, trascinando per molte e molte miglia
una cima che, casualmente, si trovava sulla piccola imbarcazione e che io avevo
legato alla prua, finchè non giungemmo, all’alba di un giorno qualsiasi, in
vista di una terra a me sconosciuta…e qui finalmene sbarcai (pausa)…una volta
giunta a terra fui accolta, del tutto inaspettatamente, da grandi onori…mi
portarono persino in trionfo, pensate…solo dopo un po’ di tempo capii il perché
di tale accoglienza…(lunga pausa)
D.- Bè?
W.- Ehm, che era successo?
D.- Allora?
R.- Parlaci, dolce sirena…
S.- Ecco, vedete, c’era una leggenda in quella parte di mondo, anzi direi una
profezia…
R.- Una profezia?!
S.- Già. Essi custodivano un sacro ritratto che raffigurava una giovane donna
che, si diceva, un giorno sarebbe giunta dal mare, da sola, e avrebbe salvato
quell’infelice popolo…
W.- Salvato? In che modo?
S.- Quello era un popolo con una caratteristica molto particolare…era formato
esclusivamente da uomini…l’ultima donna era ormai scomparsa da molti molti
anni…si stavano estinguendo, capite?…La donna della profezia, ovvero io, avrebbe
dato loro una discendenza, e dunque un futuro, unendosi via via con ciascuno di
essi, partendo dai ranghi più elevati fino ad arrivare ai più bassi…
D.- Caspita! Un impresa da ridere…vista anche l’atavica fame di quei
disgraziati…
W.- Veramente incredibile.
R.- Che terribili prove!
S.- Già. Fu davvero un momento difficile. Un altro.
R.- E come ne uscì?
S.- All’inizio feci credere loro che per un po’ di tempo non avrei potuto avere
rapporti…sparsi la voce che proprio in quel periodo avevo il ciclo (W. e R. si
guardano perplessi, quindi Rat inizia a mimare il movimento dei pedali di una
bicicletta)…le mestruazioni insomma, capito?…
W. e R.- Ah!!
S.- Era da così tanto tempo che non vedevano una donna che avevano delle idee
molto confuse al riguardo…Questo andò avanti per tre mesi…
D.- Alla faccia del ciclo…mestruazioni da brontosauro…
S.- In questo tempo riuscii ad entrare in confidenza con un alto funzionario
reale…(pausa) egli aveva una particolarità…era…sì, insomma…era…era
omosessuale…mi vedeva come una concorrente…come un altro gallo nel pollaio…
D.- Più che altro una gallina…
S.- …e quindi era molto contento di potersi liberare di me…così mi aiutò a
fuggire, nascosta in una bara che avrebbe dovuto contenere un uomo morto poco
tempo prima ma che, invece, portò me verso la libertà…(pausa)
W.- E poi che accadde?
S.- Bè, non molto…
D.- Meno male! Era l’ora! Al confronto la vita di Ulisse era di un noia mortale…
S.- Anche se, in verità, prima di giungere qui da voi feci uno strano incontro…
R.- Quale incontro?
S.- Stavo camminando lungo la strada che porta verso questi luoghi, immersa nei
miei pensieri, quando, ad un tratto, mi ritrovai davanti un uomo con il volto
coperto da un cappuccio che mi sbarrava il passo…senza dirmi niente mi porse
questo volantino (Mostra il volantico dell’agriturismo. Pausa)…io lo presi ed
ebbi appena il tempo di dargli una veloce occhiata che, rialzati gli occhi, mi
accorsi che quella misteriosa figura si era volatilizzata, improvvisamente e
misteriosamente così come era apparsa…(pausa) il resto lo sapete…
R.- Uauuu! Che storia! Fantastica!
W.- Veramente incredibile…
D.- Sì, direi proprio…decisamente incredibile…nel senso che non è proprio
possibile crederci…
W.- Diggie!
D.- E’ così. Voi vi fate abbindolare da suoi modi da bambolina, dai suoi
occhioni dolci…bah, uomini!
R.- Ce ne racconti un’altra…la prego…
S.- Bè mi sa che non è proprio possibile…finora ho avuto una sola vita…
W.- Già. Ha proprio ragione. La ringraziamo, è stata una bellissima storia.
R.- (sognante) Meravigliosa!
D.- Bleah!
S.- Bè, grazie a voi. Mi ha fatto bene raccontarla a qualcuno. (pausa) Adesso
penso che andrò a fare un giro qua intorno. Ho proprio voglia di sgranchirmi un
po’ le gambe (si alza)
W.- Oh, ma certo. Vedrà che ci sono dei posti bellissimi. Faccia una buona
passeggiata. Noi la aspettiamo qui. ( S. si allontana)
R.- L’aspetteremo. Non faccia troppo tardi!
D.- Fai con comodo! Sarà proprio una dolce attesa. Addioooo! (buio)
SIPARIO
INTERLUDIO
W. e R. si aggirano per il palcoscenico furtivamente e all’insaputa l’uno
dell’altro in una sorta di buffa pantomima. Entrambi cercano di raggiungere la
camera di S..
Dopo una serie di scambi fortuiti e di incontri mancati i due si ritrovano
faccia a faccia in prossimità della camera della stessa. Imbarazzati cercano di
darsi un contegno.
Alla fine, allontanatisi entrambi, si siedono al tavolo. Da questo momento,
durante tutto lo svolgimento della scena, di tanto in tanto si udranno
misteriosi rumori e, possibilmente, si vedranno accadere alcuni strani piccoli
eventi alle spalle dei due che, comunque, rimarranno sempre inconsapevoli di
tutto ciò, rivelando di provare soltanto una “strana sensazione”.
W.- Bene bene…
R.- Benissimo…
W.- Già già già…
R.- Mm.
W.- Sì…
R.- Eccoci qua…
W.- Eh, proprio così…
(silenzio)
R.- Come?
W.- Scusa?
R.- Hai detto qualcosa?
W.- Io?
R.- Mi pareva…
W.- No.
R.- Ah.
W.- Già…
R.- Mi pareva…
W.- Capita…
R.- Eh sì…
W.- Alle volte…(si guardano di sottecchi)
(pausa)
R.- Senti…
W.- Sì?
R.- Ma…tu…
W.- Cosa?
R.- Tu…hai mai avuto…(di slancio) hai mai avuto una storia d’amore? (l’azione si
blocca)
P.- Ah, l’amore!…quante parole sull’amore…quante storie…chi è romantico, come
me, lo sa quanto può essere bello e struggente sentir raccontare una storia
d’amore…(compiaciuto) già…(pausa, poi d’un fiato) tutto ciò fatte le dovute
eccezioni, naturalmente…
W.- (rianimandosi) Oh bella! Certo che sì…
R.- E com’ è stata?
W.- Come tutte le storie d’amore.
R.- Cioè?
W.- Tu l’hai mai avuta?
R.- Io?
W.- Sì tu…
R.- Io…bè forse…credo di sì…
W.- Come sarebbe…l’hai avuta o no?
R.- Stavamo parlando di te…
W.- Bè, ti ho fatto una domanda…
R.- Parlavamo di te…
W.- Non c’è niente di male…a me puoi dirlo…
R.- Perché?
W.- Come perché?
R.- Sì, perché dovrei dirlo a te?
W.- Ma come…ma se ci conosciamo da una vita…
R.- Non mi sembra molto…
W.- Non ti sembra molto?
R.- No.
W.- (breve pausa) Ah.
(pausa)
R.- Allora?
W.- Allora cosa?
R.- Com’è stata?
W.- Cosa?
R.- La storia d’amore…
W.- Quale storia d’amore?
R.- La tua…
W.- Chi ti ha detto che io abbia mai avuto una storia d’amore…
R.- Tu me lo hai detto…poco fa…
W.- Ti sbagli…
R.- Come sarebbe?
W.- Così come ti ho detto…
(pausa)
R.- Ah, ho capito…fai le bizze…non me la vuoi raccontare per ripicca…
W.- Ma figurati! Io, le bizze! Figurati…
R.- E’ così.
W.- Sei ridicolo…
R.- (cantilenando come un bambino) Fai le bizze, fai le
bizze…piccoso…piccoso…bizzoso…ma guardalo, il grande professore…uh uh uh…
W.- Smettila!
R.- Il professorone…(ridacchiando)
W.- Ti ho detto di farla finita.
R.- Agli ordini! (facendo il segno del saluto militare)
W.- Certo, fa’ pure lo spiritoso…divertiti pure…(insinuante) se non hai di
meglio da fare…è così che si divertono i bambini…
R.- Se qui c’è un bambino quello sei sicuramente tu, caro il mio professore…
W.- Se ti fa piacere pensarlo…(Pausa. Allusivo) certo un uomo che non ha mai
avuto una storia d’amore…
R.- Ce l’ho avuta, ce l’ho avuta…pensa per te…
W.- Ah sì? E sentiamo allora.
R.- Prima tu. Te l’ho chiesta per primo io.
(Pausa. Rumori)
W.- Hai sentito niente?
R.- Cosa?
W.- Mah, non so. Ho avuto una strana sensazione…non so…
R.- In effetti…anche a me, ora che mi ci fai pensare, è sembrato di sentire
qualcosa di strano…nell’aria…
W.- Boh. Sarà il topo di Diggie…
R.- E’ probabile…Ehi! Non è che stai cercando di sviarmi?
W.- Ma che dici. Non crederai veramente che io sia preoccupato per così poco?
R.- A conoscerti…
W.- E va bene…ti racconterò…contento?
R.- Bene…
W.- Io non ho problemi a parlare di queste cose…
R.- Ah, se è per questo neppure io…però devi cominciare tu, è una questione di
principio, sono stato io a chiedertelo per primo…
W.- Bè, adesso fai silenzio e ascolta…è una storia triste…come quasi tutte le
storie d’amore, del resto…
R.- Sono tutt’orecchi…
W.- Allora ascolta…a quel tempo facevo il precettore…
R.- Il precettore?
W.- Esattamente. Presso ricche famiglie che desideravano che i propri figli non
si mescolassero con quelli di tutti gli altri, soprattutto con quelli del
popolo…
R.- Maledetti snob…
W.- Avevo ancora poca esperienza…quello era il mio secondo incarico…arrivai a
casa di questa famiglia, Crank si chiamava, il primo giorno di primavera…gli
alberi avevano appena iniziato a germogliare…ricordo che rimasi immediatamente
colpito dalla grandezza di quella casa…credo fosse la più grande che avessi mai
visto…era enorme e tutto intorno aveva un meraviglioso parco che ti faceva
venire voglia di perderti dentro…che tempi!…(pausa)
R.- Allora?
W.- Calma. Calma. Tutto a suo tempo. Dunque…vediamo…dove ero rimasto?
R.- Il parco…
W.- Giusto, il parco…meraviglioso…ma la vera meraviglia si nascondeva per me,
ancora ignaro di tutto ciò, all'interno di quella dimora sontuosa…
R.- Una donna?!
W.- Non avere fretta…te l’ho già detto tutto a suo tempo…andiamo avanti…fui
subito accolto dal maggiordomo che mi scortò nelle mie stanze dove rimasi per
tutto il pomeriggio, a riposarmi dal viaggio…fu soltanto la sera che potei
finalmente incontrare la mia discepola…una splendida ragazza di nome
Fiamma…diciotto anni…aveva dei lunghissimi capelli biondi e dei meravigliosi
occhi verdi che splendevano come due gemme preziose…un vero gioiello…passammo
dei giorni bellissimi insieme…lei era un’ottima studentessa ed il mio lavoro fu
molto facilitato dalla sua disponibilità all’apprendimento e da un’indole
davvero invidiabile che faceva di lei un essere assolutamente speciale…(Pausa.
Sognante)
(Rumori)
R.- Cos’è stato?
W.- Cosa?
R.- Quel rumore…
W.- Non ho sentito niente.
R.- Boh. Strano.
W.- Allora vuoi sentirla la storia o no?
R.- Certo.
W.- Bene, fa silenzio…allora, dicevamo…sì, ecco…insomma dopo tutto questo tempo
trascorso insieme accadde l’inevitabile…un giorno, passeggiando nel parco mentre
stavamo leggendo, lo ricordo ancora, Le fleurs du mal lei mi prese la mano e
tremando disse…(pausa)…
R.- Sì?
W.- Disse “Ti ho amato fin dal primo giorno in cui ti ho visto”…
R.- Ooooh!
W.- Già…
R.- E vi siete baciati?
W.- No.
R.- No?
W.- No.
R.- Come sarebbe?
W.- Non ci siamo baciati.
R.- Non vi siete baciati?
W.- No, te l’ho detto.
R.- Roba da pazzi. Una fanciulla pari forse solo ad Elena di Troia ti dice che
ti ama e tu non la baci?
W.- No. Non l’ho fatto. Non potevo farlo.
R.- Come sarebbe non potevi farlo?
W.- Non potevo perché…
R.- Perché?
W.- Perché non era il mio tipo…
R.- Non era il tuo tipo? Oddio! (strabuzzando gli occhi) Vade retro satana!…Non
è che per caso…voglio dire…non me lo hai mai detto…che tu sia…possibile che in
tutti questi anni non me ne sia accorto?…Sarai mica…d’altre sponde?
W.- Ma che dici! Ti assicuro che sono della tua stessa sponda. Non c’è niente
che non vada in me…E’ solo che amavo un’altra donna…
R.- Un’altra? Caspita doveva essere incredibilmente fantastica quest’altra…
W.- Bè, non so…però le cose stavano così…
R.- E chi era quest’altra?
W.- Sua…nonna.
R.- Chi?
W.- La nonna di Fiamma.
R.- Chi?
W.- La nonna.
R.- La…chi?
W.- Uffa. Hai capito benissimo. I soliti pregiudizi.
R.- Oddio! Non sapevo di coabitare con un pazzo scatenato!
W.- Non esagerare. L’amore è così.
R.- E poi?
W.- E poi…poi niente…
R.- Che vuol dire niente?
W.- Non successe niente…
R.- Volevo dire con la nonnina…
W.- Eh, appunto…non successe niente…
R.- Ah, meno male…te ne sei accorto in tempo e ti sei tirato indietro…
W.- Bè, non esattamente…
R.- Cioè?
W.- Sì…bè, fu…fu lei a rifiutarmi…
R.- Ti ha ri-fiu-ta-to?
W.- Esattamente…scappò con il giardiniere, un analfabeta il cui principale
interesse era quello di ingurgitare un numero infinito di cipolline bianche
crude…
R.- Dio! Che alito! Ti ha lasciato per…ti ha rifiutato…oddio!…La nonnina non ti
ha neppure voluto…è mostruoso…non so se riuscirò a riprendermi…oddio!
W.- Bè ormai è passata mi sono ripreso…anche se a volte ci penso ancora…la
ferita si riapre…
R.- Che perversione! (pausa)
W.- Comunque adesso tocca a te raccontare…
R.- Oddio! Non so se ce la faccio…devo riprendermi…
W.- Ehi, non trovare scuse adesso! Tocca a te. Avanti!
R.- Un attimo. Lasciami un attimo ti prego. E’ stata una storia terribile…oddio!
W.- Su, su poche ciance. Racconta.
R.- Una decrepita anzianissima signora che probabilmente non vedeva un uomo da
intere ere geologiche ha rifiutato la tua corte e per di più se ne è fuggita con
uno scimmione divoratore di cipolline bianche crude…oddio!
W.- Basta! Ti ho detto di smetterla. Non mi va di riaprire certe ferite…
R.- (osservandolo attonito) Devi essere posseduto…il demone!…è il
demone…dev’essere un demone orrendo, bruttissimo, ributtante…oh, come ti
compatisco povero amico mio, che sorte terribile!
W.- La storia maledizione! Vuoi raccontarmi questa tua meravigliosa storia
d’amore?
R.- Come vuoi…ancora non riesco a crederci! Oddio!
W.- Allora!
R.- Sì, sì, un attimo…oddio!…allora vediamo da dove posso cominciare…mmm…oddio!
W.- Prova dall’inizio…
R.- (riprendendosi) Sì è la cosa migliore…oddio!…dunque…(pausa) allora…bè
insomma…il fatto è che mi sentivo solo in quel periodo e così andavo spesso ai
giardini pubblici…mi piacevano perché c’era un sacco di gente…gente
allegra…almeno così sembrava…padri e madri con i loro figli che giocavano felici
in quelle tiepide giornate d’inizio autunno…stavo per ore ad
osservarli…immaginavo di avere anche io una famiglia come la loro…(Rumori. Si
blocca.)…
W.- Bè?
R.- Hai sentito anche tu?
W.- Certo sembrava…non saprei…sembrava…
R.- Anche secondo me.
W.- Anche secondo te?
R.- Già.
W.- Ma se non ho ancora detto niente.
R.- No?
W.- Niente.
R.- Sicuro?
W.- Sicurissimo.
R.- Ah. Mi pareva.
W.- (guardandolo storto) Forse è meglio continuare con la storia.
R.- Continuiamo…però mi pareva proprio d’aver chiaramente sentito che tu…
W.- (con forza) Continuiamo.
R.- Bene, come vuoi, però…(W. fa dei cenni d’impazienza) okay, okay…allora ero
rimasto ai giardini…rimanevo lì a sognare…in un certo senso vivevo le vite degli
altri…la mia non era abbastanza interessante e così prendevo in prestito quelle
degli altri…
W.- Stringi. Veniamo al sodo.
R.- Uh come sei materiale…cercavo di creare un po’ d’atmosfera…e va bene se
proprio lo vuoi sapere fu proprio qui, ai giardini, che incontrai il mio grande
amore…l’amore della mia vita…
W.- Ovvero?
R.- Rachele.
W.- Nome interessante. Una donna sicuramente matura, consapevole di sé, esperta…
R.- Bè…
W.- Ventotto, trenta?
R.- Bè…in fondo che importa l’età…
W.- Hai ragione ma così, per curiosità…per rendere più interessante il
racconto…allora? Diciotto, venti?
R.- (imbarazzato) No…non proprio…
W.- E quanti allora? Non mi dire che non era neppure maggiorenne?
R.- Infatti.
W.- Perbacco! E’ un rischio, lo sai, oggigiorno…e quindi, esattamente quanti
anni aveva?
R.- (farfuglia qualcosa di incomprensibile)
W.- Cosa, non capisco, parla più forte…
R.- (a voce molto bassa) Dieci.
W.- Scusa?
R.- Dieci.
(lunga pausa in cui con la mimica si sostituiscono le parole di sbalordimento di
W.)
W.- Dieci?
R.- Oh, i soliti pregiudizi, lo sapevo…
W.- I soliti pregiudizi? Probabilmente il demone lo avevi contratto da molto più
tempo di quanto non credessimo…sicuramente sarà stata l’anima di un
pedofilo…d’un maniaco…
R.- Non dovevo raccontartela…
W.- No, no hai fatto benissimo…è consolante…
R.- Insensibile…
W.- Bè, e poi com’è finita?
R.- E’ finita.
W.- Come?
R.- La corteggiai a lungo…senza risultato…
W.- Lo immagino…una donna difficile da conquistare, con la sua esperienza in
fatto di uomini…
R.- Non ci fu verso non mi volle…alla fine si fidanzò con un suo amichetto di
scuola più giovane di lei…
W.- Il fascino della gioventù…
R.- Da allora decisi di abbandonare tutto e di ritirarmi dal mondo…il resto lo
sai…giunsi qui e trovai te…anche tu, a quanto pare, nascosto in questo strano
luogo per dimenticare…
W.- Già. Questo posto me lo aveva lasciato il mio povero babbo…decisi di
ritirarmi in questo rifugio sotterraneo per scampare a tutte le malizie del
mondo…e, come dici tu, per dimenticare…
R.- Quanto tempo passato insieme, eh professore?
W.- Un’infinità. Ci siamo anche divertiti, non è vero?
R.- Sempre.
W.- Già. Che bisogno abbiamo delle donne noi due?
R.- Nessuno. Proprio nessuno.
W.- Sono solo un peso le donne.
R.- Parole sante.
W.- Solo un peso.
R.- Esattamente. Proprio così.
(Pausa. All’improvviso si sentono dei forti rumori provenire dalla camera di
Sirena. Poi silenzio. Infine la porta della sua stanza si apre di schianto e
Sirena esce urlando)
W.- Sirena!
R.- Amore mio!
W.- Mia vita!
R.- Tesoro!
W.- Splendore dei miei occhi!
R. e W.- Che succede?!
S.- Aiuto! E’ terribile! Aiutatemi!
R.- Che ha si sente male?
W.- Un incubo, forse?
S.- Altro che incubo! Il letto ha cominciato a ballare all’impazzata, le ante
dell’armadio si sono spalancate improvvisamente, le luci andavano e venivano…
R.- Accidenti! Ha il sonno agitato!
S.- Ma quello che è peggio è che ho sentito qualcuno nel mio letto…accanto a
me…mi toccava…mamma mia che schifo!
W.- La…toccava? (guarda R. sospettoso, R. fa segno di essere sempre stato con
lui)
S.- E’ stato orribile!
W.- Lo immagino.
S.- Non riesco proprio a capire cosa possa essere stato.
W.- Ha del soprannaturale.
R.- Mistero.
S.- Soprannaturale o no, comunque mi ha toccata.
W.- Andremo a fondo in questa faccenda. Se qualcuno si diverte a fare degli
scherzi dovrà vedersela con me…glielo giuro…
R.- (duro) Già, dovrà vedersela con noi…
(Si sente un rumore. Tutti si spaventano esageratamente)
S.- Cos’è stato?
R.- (terrorizzato) Niente…non c’è da preoccuparsi…
W.- Davvero…non c’è proprio…(Buio improvviso. Si sentono degli ululati e degli
strani versi. Buio)
ATTO II
All’interno del rifugio l’atmosfera è di relativa tranquillità. Rat, il prof.
Wolf e Sirena sono intorno al tavolo, giocando a carte; Diggie, come al solito,
è un po’ in disparte stranamente indaffarata. Anche atmosfericamente la serata è
molto serena; si odono suoni che rivelano una pace quasi bucolica. La porta del
rifugio è aperta. La scena inizia nel silenzio della quiete serale.
P.- (l’azione è bloccata) Guardate, ascoltate…che pace! Bucolica direi. Tutto è
sereno. (breve pausa) Eppure è proprio nelle serate più tranquille che accadono
gli avvenimenti più impensabili…quelli che vi cambiano…che vi sconvolgono la
vita…gli avvenimenti che vi segnano…per sempre!…
W.- (animandosi) E’ un po’ di tempo che il demone non si fa più vivo, eh Rat?
R.- Già.
W.- Forse è stato lui, ieri notte, a fare tutta quella confusione…
S.- Allora, per favore, lasciamolo stare. Mi ha terrorizzata…e, comunque, non
potrei sopportare un’altra delle sue poesie…
R.- (colpito, dispiaciuto) Non le sono piaciute le mie ehm le sue poesie?
S.- No, no non volevo dire questo…è che…che…che…
R.- Sì?
S.- (guarda disperatamente il prof. Wolf) Voglio dire che…per carità non è
che…insomma…
W.- Diciamo che è un evento un tantino impressionante, capisci…
S.- Sì, ecco…proprio così, proprio così.
R.- Ah. Mi dispiace che si sia impressionata signorina Sirena. Ma le giuro che
non è colpa mia, non riesco proprio a controllarlo.
S.- Capisco, capisco benissimo. Però cerchiamo di non stuzzicarlo visto che per
il momento non si sta facendo più (cercando la parola) sentire, eh?…
R.- Come vuole, signorina.
W.- Già, forse è meglio…(breve pausa) che stai facendo Diggie?
D.- Io? Oh, niente.
W.- Come sarebbe? Ma se è da un ora che te ne stai lì piegata a trafficare.
D.- E’ solo Mickey. Non vuole mangiare. Non c’è verso.
S.- (titubante) Chi non vuole mangiare?
R.- Il topo. Il suo topo.
S.- Cosa?
W.- Sì, è così. Diggie ama tenere degli animaletti. Oh ma non si preoccupi è del
tutto innocuo.
S.- Oddio! Un topo. C’è altro che devo sapere? Vi prego ditemelo, non
sopporterei altre sorprese. Vi prego.
W.- Bè direi proprio di no…
R.- Che sorprese vuole che ci possano essere. In fondo siamo gente normalissima…
(imbarazzo)
D.- (armeggiando con il topo) Dannato topastro…vuoi mangiare o no? Andiamo non
fare agitare la mammina…su ingolla il formaggino che ti ho preparato, avanti,
dai…(le sfugge di mano il topo che va a schizzare in direzione dei tre)
Porcaccia…dove diavolo vai…torna immediatamente qua! E’ un ordine!
S.- Ahhhh! Che schifo! Dio che schifo! Un topo.
D.- E’ così, allora, anche tu preferisci lei a me, eh? Topo ingrato con tutti i
latticini che ti sei ingurgitato…e chi c’era a tenerti la zampina quando eri
malato, eh? Lei? Io! Sempre io! Fedifrago! Topaccio cattivo!
S.- Mi sento male. Mi sto sentendo male…Dov’è finito il topo? (sviene)
W.- Accidenti Diggie! Quante volte ti ho detto di non portare in giro quel
maledetto sorcio quando ci sono ospiti in casa?!
D.- Insensibile schizzinosa.
R.- (cercando in giro) Vediamo se ti trovo. E’ meglio che ti nascondi per
bene…se riesco a metterti le mani addosso te le faccio pagare tutte, a
cominciare dalla volta in cui hai divorato i miei mutandoni di lana…
D.- Guai a te, indemoniato!
R.- Zitta domatrice di roditori, torna ai tuoi maledetti versacci. Ora che cosa
stai imparando? Il fine linguaggio dei ruzzolamerda?
D.- Tu prova solo a toccarlo e ti esorcizzo all’istante e per sempre.
W.- Volete starvene zitti?! Non vedete che la signorina si è sentita male. Su,
cerchiamo di fare qualcosa per farla rinvenire…
D.- (con intenzione) Uno schiaffo ben assestato probabilmente…
R.- (ingenuo) Un catino d’acqua gelida…
D.- Forse tirandole violentemente i capelli…
R.- La respirazione bocca a bocca!
W.- Ecco! Forse questa…
D.- (insinuante) E chi si sacrifica?
R.- Io!…Cioè voglio dire se proprio devo…
W.- Non potrei mai permetterlo…lo farò io…la mia posizione me lo impone…
D.- Che gesto nobile!
W.- (compiaciuto) Bè, ora non è necessario che…
S.- (rinvenendo) Che è successo?
W.- (un po’deluso) Oh, si è ripresa? Bene, bene…non deve preoccuparsi è soltanto
svenuta.
S.- Svenuta? E perché?
R.- Per via del topo, no?
S.- Di cosa?
R.- Del topo.
S.- Oddio! (risviene)
W.- Complimenti Rat.
R.- Bè, io…non credevo…
D.- A proposito, chissà dov’è finito. Mickey? Mickey?!
W.- Signorina? Signorina, su si riprenda. Signorina Sirena?
R.- Avanti dolce creatura, riabbiti. Empiti nuovamente della tua preziosa
coscienza.
W.- Mmmm…mi sa tanto di demone…
R.- Mostraci una volta ancora le tue gemme luminose, favella a questi nostri
poveri timpani (Viene improvvisamente colpito da un pugno del prof. Wolf. Cade a
terra svenuto anche lui.)
W.- Perdonami Rat ma non era per te. Era per il demone.
D.- Grazie professore. Grazie di cuore. Il rattone che infastidiva i poveri e
indifesi topolini è stato accoppato, finalmente!
W.- Attenta Diggie, non si può mai sapere a chi può capitare la prossima volta…
D.- Ehm dobbiamo aiutare la signorina…
(insieme sollevano Sirena che intanto si sta nuovamente riprendendo)
S.- C’è ancora il topo?
W.- No, non si preoccupi. Nessuno dei due.
S.- E’ arrivato per caso il demone?
W.- Sì ma se ne è andato subito…
D.- Già, sparito improvvisamente…
S.- Altre strane presenze? Gnomi, Troll, Puffi? Roba del genere?
W.- Per il momento niente…
S.- Bene, meno male. Non lo avrei sopportato.
W.- Guardi che splendida serata. Pensi a questo. Soltanto a questo. (si ode un
tuono, poi rumore di pioggia battente; la porta sbatte) Ehm, le verso qualcosa
da bere?
D.- E’ meglio.
S.- Ne ho bisogno.
R.- (riprendendosi) Anche a me, grazie. Che è successo?
W.- (guardando Rat storto) Niente, il demone…immagino che vorrai bere anche tu
Diggie, vero?…
D.- Eh, magari!
W.- Non avevo dubbi. (Versa da bere in quattro bicchieri. Improvvisamente si
sente bussare. Tre battiti lenti e carichi di solennità)
Adesso chi sarà?
R.- Mah!
S.- Boh!
D.- Mah!
(Tutti guardano il prof. Wolf con aria di non sapere)
W.- Va bene ho capito. Vado io a vedere. Mi raccomando non muovetevi, lo sforzo
potrebbe uccidervi. (Si affaccia alla porta) Sì? (si odono delle parole
sussurrate) Come ha detto che si chiama, scusi? (altre parole incomprensibili)
Ah, ho capito. Bè si accomodi, entri pure. Se possiamo esserle di aiuto…(entra
un uomo vestito di nero con il capo coperto da un cappuccio; ha un passo lento e
quasi ieratico, le mani incrociate sul petto, è molto basso e porta un vestito
lungo, una sorta di tonaca, parla come se le parole formassero un’onda dai toni
bassi a quelli alti. L’azione si blocca)
P.- Il nome del curioso e misterioso tipo che state vedendo è mr. Creack. Egli
ha una funzione molto particolare nella nostra storia, come presto capirete. La
vicenda, infatti, sta ormai per subire una svolta determinante…
W.- (rianimandosi) Ehm, vi presento Mr Creack…Mr Creack la signorina Sirena, il
signor Rat, la signorina Diggie e io sono il prof. Wolf per servirla…venga
venga, si accomodi…faccia come se fosse a casa sua…(Mr Creack si siede) Allora,
mi stava dicendo?
Creack- Ho un importante messaggio da riferirvi.
R.- Un messaggio?
S.- (fra sé) Ci mancava solo questo strano ometto adesso. E un messaggio.
D.- (fra sé) Le cose cominciano a farsi sempre più interessanti…ho l’impressione
che presto ci sarà da scompisciarsi dalle risate…guarda questo, sembra uscito da
un fumetto…
W.- E quale sarebbe questo importante messaggio che deve darci?
C.- Ogni cosa a suo tempo. Prima immagino che vorrete sapere chi sono io.
W.- Bè, effettivamente la curiosità c’era venuta…
R.- Eh sì.
S.- Io non sono mai stata molto curiosa…
D.- Io moltissimo. Avanti ci dica…(fra sé) si preannuncia proprio una bella
seratina…
C.- Avverto una certa diffidenza in voi, ma non importa. Devo compiere la mia
missione.
R.- Una missione, addirittura!
S.- Oddio!
D.- (fra sé) Lo gnomo è in missione…da schiantarsi dalle risate…
W.- Avanti, parli tranquillamente. La ascoltiamo.
C.- Permettete che mi riprenda un attimo, vi prego. Il viaggio è stato lungo…se
potessi avere anche un sorso d’acqua ve ne sarei grato. (gli porgono dell’acqua)
Che Dio ve ne renda merito, ne avevo proprio bisogno. Bene, vi racconterò in
breve la mia storia. (breve pausa) Non molti anni fa io ero ancora un semplice
contadino. Stavo da solo, in una piccola casa che mi ero costruita con le mie
mani. Non mi mancava niente. Niente di ciò che desideravo. Vangavo la terra, la
seminavo, la coltivavo per ricavarvi tutto ciò che mi era necessario per vivere.
Ero un uomo felice, direi. Sereno, senza dubbio. In armonia con il creato. Il
mio sogno era continuare a vivere nel modo in cui stavo vivendo. Ma i sogni sono
fatti per essere infranti, si sa. E così, un giorno, come in ogni racconto che
si rispetti accadde qualcosa che avrebbe cambiato la mia vita per sempre,
trasformandomi in quello che sono adesso. In Mr Creack. Fin dalla nascita
infatti il mio nome era sempre stato un altro. Agenore mi avevano chiamato i
miei poveri genitori. Fu soltanto in seguito a quello stupefacente episodio che
assunsi l’identità che ormai mi porto addosso indelebilmente, come un marchio.
D.- E quale sarebbe questo stupefacente episodio?
C.- Non ve l’ho detto?
W.- No, per la verità.
R.- Assolutamente no.
D.- No. Nessun episodio.
C.- Bene. Ve lo dirò.
D.- Molto gentile.
C.- Accadde questo…
W.- Ebbene?
S.- Mi sa che è meglio che me ne vada. Oggi ne ho sentite abbastanza. (fa per
uscire) Con permesso…(Diggie la trattiene)
D.- (minacciosa) Non vorrai andartene sul più bello? Su, resta con noi dolce
Sirena. Sarà certo un’esperienza indimenticabile…e poi non si sa mai cosa ci può
essere là fuori…strane bestie, demoni, enormi topi…
S.- (intimorita) Bè, se insisti…magari resto…in fondo è importante fare delle
esperienze…
C.- Stavo lavorando nei campi, come ogni giorno, quando ad un tratto mi sembrò
di essere diventato pesantissimo, che il mio corpo avesse acquistato una massa
incredibilmente grande, che mi schiacciava a terra; pochi istanti dopo invece
iniziai a sentirmi leggerissimo, molto più leggero di una piuma, di un’ala di
farfalla, leggero come un alito di vento, sentivo che mi stavo alzando da
terra…su…sempre più su…in alto…finché, tutto ad un tratto, non precipitai a
terra…ero tornato di nuovo normale…quasi normale…
R.- Uno strano tipo di demone ti possedeva, mio caro amico?
C.- No, non si trattava di un demone, si trattava di Dio.
W.- Dio, addirittura…
C.- Già Dio. Mi parlò.
R.- Dio ti ha parlato?
C.- Proprio così. Quello che era accaduto era servito a darmi un segno della Sua
presenza.
D.- Un modo un po’ curioso, mi sembra. Trasformarti dapprima in un piombino da
pesca e quindi farti svolazzare qua e là per poi, infine, farti sfracellare al
suolo…
R.- E che ti ha detto?
C.- Mi ha dato una missione, ve l’ho detto.
W., R., D.,- Una missione?!
S.- (titubante) Una missione?
C.- Esattamente. Una missione. E’ quello che vi ho detto subito appena entrato,
mi sembra, no? Siete un po’ impressionabili, eh?…
S.- Quale missione?
C.- Liberare i fantasmi.
S.- Liberare i fantasmi? Oddio! Lo sapevo. Dovevo andarmene…calma, devo stare
calma…è solo un sogno…un incubo…ora mi sveglio…
R.- Solo i fantasmi? Non è, per caso, che ti occupi anche di demoni?
C.- Fantasmi. Esclusivamente.
W.- Ma esattamente cosa significa liberare i fantasmi?
C.- Liberarli. Fare in modo che siano loro tolte le catene che li costringono a
rimanere in un determinato luogo.
W.- E come?
C.- Eliminando l’impedimento che li costringe a restarvi. Inoltre…
W.- Sì?
R.- Sì?
D.- Sì?
S.- Che c’è adesso?
C.- Per mezzo della mia presenza…i fantasmi divengono visibili…
R.- Visibili? Vuol dire che…
W.- Che noi potremmo…
D.- Vederlo?
C.- Esattamente.
W.- E com’è possibile?
C.- In effetti, questo lo ignoro. Anzi in realtà non capisco molto anche del
resto. Vedete, io fui trasformato in Mr Creack improvvisamente, in un istante mi
ritrovai vestito in questo modo, con questo fisico, questa strana voce che non
riesco ancora a controllare, dicendo cose stranissime e spesso incomprensibili.
In realtà vi dirò che neppure io capisco bene quello che sto dicendo; sotto
questi abiti e questa carne c’è ancora il vecchio contadino Agenore che non
sapeva mettere insieme più di tre parole o fare calcoli del tipo uno per uno
anche se devo ammettere che ho sempre avuto un cuore grande così…io dico quello
che dico perché sento di doverlo fare ma è come se qualcun altro parlasse al
posto mio…in ogni modo fidatevi, è così, attraverso di me il fantasma può
mostrarsi…
R.- Strabiliante!
W.- Devo ammetterlo…
D.- Sarei proprio curiosa di vederlo questo fantasma…
S.- (intimorita) Non vedo il motivo di tutta questa curiosità…
C.- Se volete…in realtà sono venuto proprio a chiedervi questo…se volete
vederlo…lui avrebbe qualcosa da raccontare…e qualcosa da chiedere…
S.- Un’altra richiesta…oddio!
W.- Bè, se anche gli altri sono d’accordo…
R.- Per me non c’è problema, sono abituato alle presenze soprannaturali…
D.- Eccitante!
S.- (supplichevole) Non si potrebbe rimandare?
C.- Bene. Allora eccolo…Signore, mostratevi! …(Si ode un rombo e subito dopo
appare Hector. Ha un aspetto pallido e dimesso, un aria triste ma buona. E’
vestito in una antica foggia. Poi con enfasi) Vi presento Hector de L’Aguaferma,
principe di questi luoghi…signore di queste terre…ingiustamente condannato ad
abitare questa fatiscente dimora per sempre!
W.- Bè fatiscente…non direi, forse un po’ da rimettere…
Hector- Per siempre un cabron…tu estas siempre esajerado…
S.- (riprendendo forza) Che bel fantasmino…
H.- Ma quale escena…non te pare che estas jà a suffiçienza de escena? Guarda
como estoy reduçito…
P.- Come vi avevo preannunciato, eccoci al momento culminante della nostra
vicenda. (pausa) Esatto. Lo strano essere appena comparso è proprio quello che
state pensando; un fantasma. Il suo nome è Hector…(breve pausa) adesso non ci
resta che scoprire che cos’è venuto a fare…azione!
R.- Cara presenza quasi invisibile, ascoltami, Rat è il mio nome e posseduto
sono da una invisibile più di te presenza; la conosci tu forse?
D.- Come accidenti parla ora questo deficiente…
H.- Che dice esto povero villano?
W.- Piacere signor fantasma, il mio nome è Wolf, prof. Wolf…per servirla…
H.- Donde soy capitado?
S.- Permettete? Mi chiamo Sirena, attrice…
H.- Anco un’attricia, sangre de Dios! Donde me hai portado, servo maldido…te sei
confuso como siempre…
C.- No, no sono sicuro che questo è il posto giusto…sono loro, datemi retta…il
messaggio, padrone…
H.- Cosa?
C.- Il messaggio…ho detto loro che avete un messaggio da dare…un favore da
chiedere…
H.- Ah jà. El messagio…dunque cominçerò con el raccontarve la mi trista estoria…
D.- (annoiata) Un’altra…
R.- (entusiasta) Un’altra!
S.- (urlando entusiasta) Che bella storia!
(tutti la guardano attoniti)
D.- Veramente non ha ancora detto niente…
S.- No?
D.- No.
S.- Sicuri?
D.- Già.
S.- Mi pareva proprio che avesse…
H.- Puedo parlar? No vorei far tropo tarde…hay deli impegni da respetare…la
noche devo trabajar…espaventar la jente…far el fantasma, ensoma…
S.- Era lui, allora, ieri notte…
W.- Prego…vada pure avanti…
R.- Avanti caro ectoplasma Hector…senza timore alcuno…rivelaci la tua essenza
invisibile, mostraci il tuo cuore fatto d’aria e di non so cos’altro…
H.- (a W.) Es tu amigo?…
W.- (con un moto di vergogna) Già…
H.- Me despiaçe…soy muy addolorado por tigo…corragio…
D.- Suppongo che di prenderlo con te non se ne parli, eh?
S.- (nei confronti di H.) Che animo gentile!
C.- E’ tardi padrone…
H.- Hai rajone…ebene ascoltateme, ve narrerò esta estoria de dolore y
tradimiento, de peligro y corazon, de majia y muerte, de noche y dia…
C.- Padrone!
H.- Scusateme me soy lasciado trasportar…vamos al dunque…todo ebe inizio un
lontanissimo jorno d’estate…anche a el tiempo io estaba jà un prinçipe ma el mio
regno no era fatto de tierra…era fato de agua…ero el più bel ranochio de todo lo
stagno y los mi possedimientos se estendevan da sponda a sponda…insoma, anche
quel jorno, como siempre, me ne estavo plaçidamiente seduto sopra una ninfea a
goderme el caldo sole del matino quando la mi quiete fu turbata dall’arivo, todo
inaspetado, de alguno…alguno de cui, fino a el momiento, nepure avevo sospetado
l’esistenzia…
S.- (pendendo dalle sue labbra) Chi?
H.- Una fata!
Tutti- Oooooooh!
H.- Già, aparve sulla riva dello stagno y guardandome dise < Povero ranochio,
ignaro della vida y dell’amor, voglio eser buena con tigo, voglio farte dono
dell’umana esenza. Così, finalmiente, potrai vivere anche tu i dulçi sentimienti
degli inamorradi. Ma sta bien atento ad una cosa; se alguno te bacerà alora,
immediatamiente, tornerai a eser un semplice ranochio> Y deto questo me tocò la
fronte con la bajeta majica. Mentre lo faceva io avrei voludo gridare <Ferma,
ferma, por caritad, io estoy feliz così…no hay alguna intenzion de ser un hombre
ni tantomeno de inamorrarme de alguno> Ma no potei far nada. In un baleno fui
trasformado in un meraviglioso y sfigatissimo prinçipe con tanto de corona y
mantellina azurra…
S.- Mio principe azzurro!
C.- (questo e i successivi interventi saranno accompagnati da gesti plateali)
Sic transit gloria mundi!
R.- Alleluia!
H.- E così andai incuentro al mi destino…inamorrarme de una donna…
S.- Meno male!
W.- Come lo capisco!
H.- Incontrai una jovane y splendida fançiulla, nel fiore de los años, jentile
de aspeto y de maniere, da los ojos color del mar y dalla lunga chioma dorada…
me inamorrai…perdutamiente…era todo perfecto…todo…trane una cosa…(pausa)…
R.- Bè?
S.- Che successe bel principe?
W.- Che cosa c’era che non andava?
D.- Allora? (pausa)
H.- No podevamo baçiarçe…
C.- Penitentiagite!
H.- All’inizio aveo çercado de farme baciare da chiunque me capitava a tiro, por
poder tornar ranochio, ma poi, dopo ello che era sucçesso fui irrimediabilmiente
prijoniero de quel folle sentimiento…in el momiento no avevo ninguna intenzione
de tornare rana y rinunciare a ella…por esto no podevamo baçiarçe…sarrebe estata
la fine del nuestro amor…
S.- Oh che terribile sorte!
R.- Già. Mio povero amico…
H.- La situazion era divenuda insoportable…el dolore era mas grande…era como
impedire ad un ucçelo de volare…ben presto sarrebe muerto de tristeza…ed era
ello che estava accadendo a nosotros…fu por esto che prendemo una terrible
resoluzione…
W.- Ovvero?
H.- (con forza) Muerte!
S.- A chi?
R.- Io non c’entro…
D.- Io non c’ero…
W.- Ultimo!
C.- Memento mori!
H.- A nosotros! A noi!…Deçidemmo de ucçiderce entrambi e così por fine a esta
misera suerte…
S.- Un suicidio! Oh mio dolce cuore ferito…
R.- Ah, che terribile risoluzione…
H.- Scegliemo una noche scurissima y gelida…l’orologio del campanile estava
ancora batendo la medianoche quando nosotros, all’ensaputa de todos, uscimo
dalle nuestre case por andare incuentro al destino che ci eravamo escelti…con
paso rappido ce dirigemo, doppo aver caminado a lungo in mezo al bosco, sul
çiglio de un altisimo preçipizio…in fuendo se vedeva el mar…era agitato ella
noche, come el nuestro corazon in tumulto…avevamo el respiro in gola…le nuestre
mani estavan strete, insieme, in un abraccio etierno…io gridai <Te amerò por
siempre!> y, preso lo slancio, saltai nel vuoto, ela gridò <Io no!> y lasciando
la mi presa se tirò indietro façendome preçipitare da solo…fu esta la mi
fine…tradito da colei che sola fra tute avevo amado e por la qual avevo
renunçiado a eser ciò che desideravo…un ranochio…(pausa, poi D.)
D.- Ah ah ah ah! Lo sapevo, lo sapevo che ci sarebbe stato da morire dalle
risate…per tutti i babbuini! Che scena, me la immagino…
S.- Stupida! Sei solo una stupida insensibile! E’ una storia bellissima e
toccante signor fantasma, davvero…io la capisco…
D.- Sentila…
R.- Una storia meravigliosa…
W.- Mi ha commosso…
C.- Ahi, ahi percuotetevi il petto o voi che avete udito…questa è la storia del
principe ranocchio…di Hector de L’Aguaferma, infelice amante…ahi sorte crudel
qual mai fu la sua…ahi ahi percuotetevi il petto voi tutti che…
H.- Por favor! Basta!…Siempre esajerado!
C.- Scusatemi…mi sono un po’ lasciato andare…
W.- Ed è per questo, dunque, che è costretto a vagare in questi luoghi?
H.- Por esto…e vi resterò por siempre…a meno che…
S.- Sì?
D.- Allora?
R.- Parla liberamente mio fiero e sfortunato amico!
C.- Udite! Ascoltate, prestate orecchio voi tutti! Fate attenzione…
H.- Creack! Dios che cruz!
D.- Insomma, a meno che cosa? Parla bel fantasmino, orsù…
S.- Sì, ti prego, diccelo…
H.- La unica possibilitad por mi è che alguno me ami, che una dona se inamorri
de me ed aconsenta a eser mia…
D.- E’ una parola…c’è qualche piccolo impedimento, se non te ne sei
accorto…sarebbe già difficile abbracciarti, figuriamoci il resto…
W.- Già, in effeti no estas siemplice…
H.- Crejete che non lo sapia?
C.- Ahi ahi percuotetevi il petto voi tutti, piangete, piangete tutti la sua
triste sorte…
H.- Abiamo capido! Vuoi esmetterla? Me angosci.
R.- Povero spiritello…
H.- Ecolo, de nuovo el villano de prima…ve priego fatelo tacere…
W.- Rat, per favore…
R.- Non posso farne a meno…comprendo la tua sorte, mio infelice amico…la tua
condanna è simile alla mia…cantare l’amore senza poterlo vivere…
C.- Ahi ahi voi tutti percuotetevi il petto, gemete e piangete, piangete e
gemete tutti…
H.- O no, ancora! Esmetila o te trasformo in una caroda, in una barbabiedola…
C.- Da zucchero?
H.- O dios! O dios! O dios!
S.- Ehm ehm…forse…
W.- Che c’è signorina Sirena?
S.- Bè, avrei un’idea…
H.- Un’idea, dulçe señorita?
S.- (ridacchiando lusingata) Già, un’ ideuccia…mi è venuta così…(schernendosi)
non so…
H.- Abli pure madama…
D.- Sì, madama dorè…
R.- Parla, fiore rugiadoso…
H.- Rugiadoso?
R.- Termine poetico.
H.- (rivolto a W. e stringendogli le mani) Me despiaçe, davero…(tornando a
voltarsi verso gli altri) dunque çe dica pure la su idea…sono pronto a far
qualsi cosa…anche hettarme nel fuego…
D.- Chissà che fumo…
W.- Diggie, per favore!
S.- Bè, forse non ce n’è bisogno…basterebbe…insomma basterebbe trovare una donna
disposta a sposarvi…
D.- Ullallà che mente! Che soluzione! Davvero strabiliante!
H.- Bè in effeti, mi señora, esto non fa altro che ripropore el problema, me
pare…
W.- In effetti…
R.- Effettivamente…
C.- Nihil novi sub solem…
S.- E se però una donna disposta a farlo ci fosse davvero?
H.- Chi?
W.- Chi?
R.- Chi?
D.- Chi?
C.- Chi? (pausa)
S.- Io!
W.- Lei?
R.- Lei?
C.- Lei?
D.- Tu?
H.- Voi?
S.- Già…ecco io…io sarei anche disposta…sempre che per voi vada bene,
s’intende…sarei disposta a sposarvi…
H.- Mi angel!
C.- O divina creatura…rallegratevi, rallegratevi tutti voi che avete
udito…gioite, ballate e cantate…saltate di gioia…gioite voi tutti…
W., H., R., D., S.,- Creack!
C.- Ehm…
S.- Allora, qual’è la vostra decisione? Accettate?
H.- Se acçeto? Ma no quiero de mejio…non solo in esto modo oterrò la libertad ma
potrò aver molto de più, mas più de quanto avesi mai sperado…avrò el vostro
amor.
D.- Scusatemi se interrompo il vostro idillio ma mi pare che ci sia comunque
qualche piccolo problema da risolvere…
W.- Ovvero?
D.- Problema numero uno: sarà ostico consumare il matrimonio visto che il nostro
amico è fatto d’aria…
H.- No, no mas…mirate!…El suo amor me ha reso el cuerpo…adesso anche io son de
carne como vosotros…
D.- Va bene Pinocchio, c’è un altro problema però: come farete a baciarvi?
W.- Che vuoi dire?
D.- Non vi ricordate? Se si baceranno, in un battibaleno il nostro ex-fantasmino
tornerà un bel ranocchietto ed allora non so se la nostra dolce sirena vorrà
ancora amarlo…
S.- Lo amerò comunque.
H.- No, mi amor, in esto ha rajon…sarrebe impossible…
C.- Ahi sorte crudele…ahi voi tutti battetevi il petto…di nuovo il fato
contrario si è abbattuto sul povero principe…ahi ahi…
H.- O mama! Quasi quasi pur de non vederte più rinunçio a trovar una soluzion…
W.- Il problema è serio.
R.- Veramente.
(pausa, silenzio carico d’aspettativa)
C.- (portandosi le mani alla gola) Hey che succede, che mi
succede…aiuto…ahhhhggg…
R.- Un altro demone!
W.- Mr Creack!
H.- Che acade?
C.- (soffocato) Ho…un messaggio…per voi…
Tutti- Un messaggio?
C.- (fuori dal personaggio) Sì, non fate finta di stupirvi…è il deus ex
machina…quando non si sa come farla finire si utilizza questo espediente…viene
direttamente dagli antichi greci…era il dio stesso a risolvere la situazione…
Tutti- Aahh!
C.- Insomma…(di nuovo soffocato) ho un messaggio per voi…
Tutti- Quale?
C.- L’incantesimo è stato rotto…ancora una volta l’amore ha trionfato…potete
baciarvi…
Tutti- Evviva! (si baciano)
C.- (al pubblico, fuori dal personaggio) Dunque tutto è bene ciò che finisce
bene…il problema però è: come facciamo a sapere quando è veramente finita?
…(l’azione si blocca)
P.- E dunque eccoci giunti alla fine delle nostra storia…delle nostre storie…ma
a pensarci bene; esiste veramente la fine di una storia?…io non credo…(pausa)
voglio farvi un ultimo invito…vorrei chiedervi di restare ancora un altro
po’…solo un altro po’…c’è un ultima sorpresa che desidero mostrarvi…non ci vorrà
molto, ve lo prometto…il tempo di una canzone…prego, seguitemi…(esce mentre la
luce sfuma. Buio)
EPILOGO
Sulla scena si trovano Diggie, in proscenio e dietro di lei, da un lato Il prof.
Wolf e Rat, dall'altro Sirena ed Hector, vestiti da sposi e mr. Creack poco
distante. Le due coppie sul fondo della scena saranno udibili solo in certi
momenti, sovrapponendosi alla voce di Diggie.
D.- (quasi fuori dal personaggio) Bene. E così tutti hanno raccontato la loro
storia…manca solo la mia…e voi ora, senza dubbio, vi aspetterete che venga a
raccontarvela…che sia giunto il mio momento…ma non si può mai sapere quando
viene il nostro momento…(pausa) no, non lo farò, mettetevi l’animo in pace…forse
perché non ho storie da raccontare o forse perché non è ancora giunto il mio
momento…o magari perché la mia storia è già stata raccontata…non lo so, ma in
ogni caso non lo farò…
W.- Sirena?! Ti dico che è sempre stata come una figlia per me…
R.- Sì, di qualcun altro…
D.- Comunque non ha importanza…quello che conta è che qualcuno abbia ancora
qualcosa da dire…e che ancora abbia il coraggio di farlo…il coraggio di portare
alla luce ciò che non si vede…di scavare la terra dura per estrarre tutto quello
che di prezioso vi è stato nascosto…questo è ciò che conta…(pausa)…
H.- Mi dulcissima esposa!
S.- Anima mia!
C.- Per aspera ad astra!
D.- Sapete che vi dico? Qual è la cosa davvero fondamentale? Non avere paura.
Paura di ciò che non capiamo, che non vediamo, di quello che non sentiamo, delle
differenze…
R.- Il demone! Eccolo, sta tornando!
W.- Questa volta gli sparo!
D.- Bè, comunque sia, ormai siamo alla fine…una fine…l’inizio di
qualcos’altro…forse ora tocca voi…a noi non resta che ascoltare…
S.- Il mio cuore ti appartiene ormai…
H.- Besame, mujer de mi vida!
C.- Ad libitum!
D.- …mentre un’altra festa ha inizio…(pausa) intanto per questa stasera, vi
prego, vogliate essere tutti nostri ospiti!
Tutti-(cantando e riunendosi in proscenio) Siamo quelli che non si vedono
Quelli che nessuno riconosce
Siamo i dispersi, gli scomparsi
Il mondo scorre sopra tutti noi
Il sole gira lontano da noi
La luna sempre ci volta le spalle
RIT. Passiamo il tempo raccontando storie
E le storie raccontano di noi
Passiamo il tempo sognando una vita
Ma la vita mai sogna di noi
Qui resteremo, per sempre nascosti
Perché il mondo più non si muove
Per noi, ormai invisibili
RIT.
Siamo quelli che nessuno vede
Amiamo solo ciò che non si vede
Siamo come le ombre la notte
RIT. (ad libitum)
SIPARIO