PARASSITI

Dramma in due atti e tre quadri di

Gianluca Arena


Mi innalzo, mi sovrasto, mi disgrego.

Personaggi:

Massimo
Vittoria
Costanza
Diego

Zona soggiorno di un appartamento: una porta d’ingresso e una porta per i corridoi interni. Arredamento vario. Un tavolo da pranzo con sedie.



ATTO 1 - Quadro 1

In scena Massimo e Diego: il primo è in piedi a versare del whisky in due bicchieri su un mobiletto; il secondo è seduto, nei pressi del tavolo, accanto ad un’altra sedia vuota. Un cofanetto dei trucchi è sul tavolino nei pressi del divano.

Massimo: Ma no! E quindi è finita così?!

Diego: Così.

Massimo: Da un giorno a un altro non vi siete più visti.

Diego: No.

Massimo: Beh, ma avresti potuto insistere un pochino, no?

Diego: No, no.

Massimo: Tsk! Sei strano.

Diego: Perché?

Massimo: E ora che fai?

Diego: Oh, e che ne so. La solitudine non mi ha mai preoccupato.

Massimo: No. Eppure solo non vuole starci nessuno. (Porgendo il bicchiere a Diego)

Diego: Beh, dipende come te la gestisci.

Massimo: Hai detto bene. Hai detto bene. (Alzando il bicchiere) Salute.

Diego: Salute. (Bevono. Butta giù il bicchiere e tossisce. Poi, con voce rauca) Ma che roba mi hai dato? Ma che è?

Massimo: Scozzese. Legno di rovere. Quarantun gradi e mezzo.

Diego: (Tossisce di nuovo. Ride) Bah! Non sono abituato…! Come tu faccia non lo so.

Massimo: Ci si abitua a tutto. (Si siede)

Diego: Già.

Massimo: Ma a letto come eravate?

Diego: Cioè?

Massimo: A letto intendo…

Diego: Perché?

Massimo: No perché, sai, per le donne è importante. Quante volte lo facevate?

Diego: Non ricordo di preciso…

Massimo: Beh, provaci.

Diego: Non ricordo.

Massimo: Ma lei era soddisfatta?

Diego: Certo che lo era. Ma che domande fai?

Massimo: Sì, ma vedi: le donne sanno anche fingere. (Ride)

Diego: Sei strano… Comunque se fingeva era davvero brava. Ma basta adesso, cambiamo argomento. Non mi va di tartassarti così.

Massimo: Ne vuoi un altro po’?

Diego: No, grazie, basta.

Massimo: Sai cosa dovresti fare? Uscire da quelle solite quattro mura. Sei sempre rinchiuso lì dentro. D’accordo studiare, ma potresti anche cominciare ad affacciarti un po’ al mondo.

Diego: Oh, Massimo, smettila un po’…

Massimo: Seriamente, dovresti farlo. Coi tuoi ragionamenti stai cominciando davvero a farmi paura. Non capisco perché ti dovresti spaccare la testa su certe cose. Proprio non ne trovo il senso…

Diego: Lo facevo per parlare…

Massimo: Sì, ma… Questi tuoi discorsi… La noia. Cioè tu stamani ti sei alzato e tra tutti i problemi che ci sono a cosa hai pensato? Alla noia?! (Ride) Dai…!

Diego: Non c’è molto da capire: semplicemente ho detto che la noia è il fondamento di tutto. Tutto nasce dalla noia. Ecco qua. Se non ci fosse la noia all’uomo non verrebbe la voglia di cambiare. L’evoluzione, il male, il bene…

Massimo: (Guardandolo cinicamente) Tutto nasce dalla noia…

Diego: Esatto.

Massimo: E senza la noia non ci sarebbe evoluzione…

Diego: “Evoluzione”, “progresso”, chiamalo un po’ come vuoi… Mi spiego meglio: quando uno vede che il “posto”, diciamo, in cui si trova non va più bene, non ha più senso, cosa fa? Cambia. E’ un istinto. La noia risveglia per necessità l’istinto creativo dell’uomo.

Massimo: (Cinico) Quindi siamo tutti artisti…!

Diego: Nella misura in cui possiamo rimediare alla noia di noi stessi. Perché si può provare noia anche per noi stessi, sai?

Massimo: (Andando a versarsi dell’altro whisky) Non ti seguo. Ho sempre provato a seguirti ma proprio non ti seguo… Io credo che al mondo o si sta bene o si sta male. E quando si sta bene… (Allarga le braccia indicando lo spazio circostante)

Diego: Quando si sta bene si sta bene. Niente da dire. Il punto è che dipende cosa si intende…

Massimo: Con cosa?

Diego: Con “si sta bene”.

Massimo: Beh, è semplice: “non stare male”.

Diego: E per non star male cosa intendi?

Massimo: Beh, casa, un letto caldo, un bel matrimonio, una buona famiglia, un lavoro dignitoso. Senti amico, dovresti lasciar perdere certe cose e pensare un po’ più a te stesso. D’accordo lo studio, d’accordo la filosofia, d’accordo tutto. Io lo rispetto ma, vedi, se sei solo… Se sei solo la verità è una amico mio: che non conti niente. A proposito di artisti: sai chi ho rivisto l’altro giorno? Il Borsoni. Te lo ricordi il Borsoni?

Diego: Alle medie. Sì.

Massimo: E’ passato martedì in studio da me. Ha preso un appuntamento da mio padre.

Diego: Non si era buttato nella musica lui?

Massimo: Ha rinunciato, ha detto: troppe spese e pochi rientri.

Diego: E cos’aveva? Carie?

Massimo: Sì. Un paio.

Diego: Mi sa che anche io me ne dovrò levare qualcuna.

Massimo: Dove? Fa vedere. (Si avvicina a Diego, che apre la bocca lasciandosela guardare) Beh, lasciando stare le infiltrazioni credo che anche tu abbia un paio di carie. Vieni da noi in settimana così guarderemo meglio.

Diego: Lo sai che non mi piace venire per non pagare.

Massimo: Ma a te non chiedo niente.

Diego: Lo so. Ma non mi piace lo stesso.

Massimo: Comunque almeno un controllo devi farlo. Non credo sia niente di grave, però non si sa mai. Se c’è una cosa che sto imparando è che i denti nascondono sempre più problemi di quel sembra.

Diego: Mammamia, come sei diventato tragico. Hai assunto un tono così serio in questo ultimi anni.

Massimo: Tu dici?

Diego: Sarà per tua moglie… Ma del resto è nella tua natura di futuro dentista.

Massimo: Che c’entra?

Diego: Beh, c’entra perché se ci sono delle persone tragiche al mondo quelli sono proprio i dentisti. I vecchi e i dentisti. Più dai retta a loro e più sembra che non vada mai bene niente.

Massimo: Mi immagino un dentista vecchio allora…

Diego: Sì. Il peggio del peggio. Le tragedie greche a confronto diventano una buffonata. (Ride)

Massimo: (Ride un po' forzato, senza aver compreso) Purtroppo il benessere non è gratis. Vorremmo tutti che lo fosse, ma non lo è. Non lo è mai stato.

Diego: Non ho mai tirato in ballo i soldi.

Massimo: Beh, si vede che non ne sei abituato.  

Diego: Ma siamo così sicuri di vivere così nel benessere?

Massimo: Cosa vorresti dire, scusa?

Diego: No, niente. Dico solo che il benessere è fatto di rimozioni, di censure, ecco…

Massimo: Ho capito. Il solito discorso che la felicità non esiste.

Diego: Non ho idea, ma non darei per scontato che felicità e benessere siano sinonimi.

Massimo: A me sembra solo che tu voglia portare sfiga. Sei sempre stato un po’ così tu.

Diego: No, non intendevo quello.

Massimo: E allora cosa? Io sono sano come un pesce…

Diego: Vedi, ma che ne sappiamo in realtà? Mi spiego: la fame la percepisci; il freddo; il pericolo… Ma con la noia è peggio.

Massimo: Di nuovo con la noia?!

Diego: Con la noia non si soffre e non ci si scomoda. Semplicemente se dura troppo non la percepisci più, diventa un basso continuo che ti infiacchisce.  

Massimo: “Noia, il nuovo film”. (Ride) Sul serio: dovresti smettere.

Diego: Dovrei smettere, sì. E’ che mi prende così. Finisce che annoio…

Massimo: Ti sei lasciato da neanche un mese. E’ comprensibile. Sei una persona infelice.

Diego: No, non sono infelice.

Massimo: No, io ti capisco: tu sei infelice. Senti, ti posso dire una cosa da amico? Poi dopo me ne dici una tu, ok? Diciamoci le cose come stanno. “Obbligo, verità, giudizio”. Vedi, io sono un tipo piuttosto… (Stringe il pugno più volte) pragmatico. Capisci? E’ questa la differenza fra me e te. Io vado al sodo, al nocciolo, e… tutti questi discorsi, questi bei paroloni… Sì, bene, ma… Comprendi che è aria fritta, no? Onestamente, Diego, non frega un cazzo a nessuno, e tu non te ne fai di niente… Non hai una moglie, non hai un lavoro fisso, vivi nella casa di tua nonna. Io te lo avevo detto che la filosofia non ti sarebbe servita a niente. Va bene lo studio, va bene tutto, è una gran cosa, io non ero portato per esempio. Però te lo avevo detto, e credimi odio dire “te lo avevo detto”. Ora che ti ho demolito, puoi dirmi qualcosa pure tu. Così siamo pari.

Diego: Io dirti qualcosa?

Massimo: Sì, sì. Qualcosa di onesto, di sincero: che scopra le carte in tavola.

Nel frattempo entra Vittoria dai corridoi interni: si dirige verso il divano e si siede all’altezza del cofanetto dei trucchi, che apre per truccarsi.

Massimo: Prego.

Diego: No, no.

Massimo: E perché mai?

Diego: Attento, Massimo, che se io parlo non ci vado leggero.

Massimo: Appunto. Su avanti…! Voglio proprio sapere su cosa avresti da colpirmi.

Diego: Sei sicuro?

Massimo: Oh, quanto la fai lunga…!

Diego: Potrebbe non essere bello.

Massimo: Su, dai! Stai prendendo tempo. Ci stai pensando, vero?

Diego: No.

Massimo: Perché non mi dici qualcosa?! Perché non me lo dici?!

Silenzio. Massimo e Vittoria sono immobili. Diego si alza lentamente ed esce.

Vittoria: Questa mobilia. Quando l’abbiamo comprata?

Massimo: Non ricordo.

Vittoria: Fa schifo.

Massimo: E’ nuova.

Vittoria: Fa schifo lo stesso. Quanto manca?

Massimo: Non lo so.

Vittoria: No, intendevo l’ora. Alle dieci quanto manca?

Massimo: (Guarda l’orologio) Venti minuti.

Vittoria: D’accordo. Versamene un altro po’.

Massimo: E’ già il terzo che bevi.

Vittoria: Me ne versi un altro po’!?

Massimo: Non mi hai nemmeno chiesto come stai.

Vittoria: Beh? Che c’è? Ti vedo bene, no?

Massimo: No, intendo tu.

Vittoria: Io sto bene.

Massimo: Il vestito…

Vittoria: (Disinteressata) Perché, come sto?

Massimo: Stai tremendamente bene.

Vittoria: Che uomo scontato. Sei sempre stato un uomo scontato. Mai una volta che tu dicessi qualcosa che non so già.

Massimo: Lo penso veramente. In realtà l’ho sempre pensato. Lo pensano tutti. (Pausa. Vittoria riprende a truccarsi. Versandosi dello whisky nel bicchiere) Cosa hai fatto oggi?

Vittoria: Estetista.

Massimo: E basta?

Vittoria: Cos’è? Un’interrogazione?

Massimo: Ho visto che hai pubblicato una foto prima.

Vittoria: Ho fatto anche shopping.

Massimo: Hai fatto shopping?!

Vittoria: Sì. Ero stressata.

Massimo: Cos’hai comprato?

Vittoria: La solita roba inutile di chi spende senza comprare niente.

Massimo: Sì, ma cosa?

Vittoria: Non ricordo.

Massimo: Non ricordi…

Vittoria: No.

Massimo: Vabbè, magari un giorno me lo dirai, e magari mi dirai quanto hai speso. Anzi, non me lo dire nemmeno, non mi interessa.

Vittoria: Tutta roba in offerta.

Massimo: E cosa cambia? Non è quello che hai comprato il punto! Tu sei andata a far shopping!

Vittoria: E quindi?

Massimo: Potevamo andare insieme.

Vittoria: Ma se eri a lavorare…!

Massimo: Potevamo andare domani!

Vittoria: Oh, tutto questo è insopportabile...!

Massimo: Cos’è insopportabile?

Vittoria: L’umidità. Questa umidità è insopportabile! Io sono fatta per i posti asciutti!

Massimo: Non è bello far vedere che vai in giro senza di me.

Vittoria: Facciamone una allora.

Massimo: Adesso?

Vittoria: Sì. Su vieni. (Massimo si avvicina sorridente a Vittoria. Si scattano una foto col cellulare) Sei contento così?

Massimo: Inviamela, così la metto io.

Vittoria: Ma certo tesoro. Tutto quello che vuoi, tesoro. (Fa per inviare la foto al cellulare di Massimo) Ecco qua.

Silenzio. Il cellulare di Massimo emette un suono. Massimo afferra il suo cellulare e controlla. Vittoria nel frattempo si alza e fa per versarsi il whisky nel bicchiere. Silenzio. Massimo continua a guardare il cellulare.

Vittoria: Beh?! Che si fa nel frattempo?

Massimo: Non hai altro da dire?

Vittoria: Niente.

Massimo: Allora non ho idea.

Vittoria: Inventa qualcosa.

Massimo: Sono un pagliaccio io? Un animatore? Cosa sono?

Vittoria: (Ridendo) Balla! Su pagliaccio, balla un po’! (Ride)

Massimo: Michele.

Vittoria: Cosa?

Massimo: Il nome del bambino. Michele, come il nonno.

Vittoria: Non hai altro a cui pensare tu?

Massimo: Ormai siamo pronti, no? Abbiamo tutto quello che ci serve.

Vittoria: (Ride) Ma non ci penso nemmeno.

Massimo: Là fuori si stanno chiedendo perché ancora non ne abbiamo fatto uno.

Vittoria: Che dicano pure quello che vogliono.

Massimo: Ecco. Lo vedi cosa c’è? Tu credi ancora di poterti permettere di non crescere mai.

Vittoria: A molti piace.

Massimo: (Colpito) Lo sai cosa farei adesso? Lo sai cosa farei? Ti prenderei, ti porterei di là, ti schiaffeggerei e poi ti tratterei per quello che sei: un vaso vuoto da riempire!

Vittoria: (Ironica) I vasi non si riempiono in due minuti e mezzo…

Il cellulare di Vittoria emette un suono. Vittoria controlla il cellulare.

Vittoria: E’ partita adesso.

Massimo: Ma è davvero giusto farla venire?

Vittoria: Che? Ti fai degli scrupoli?

Massimo: No, però…

Vittoria: Mi pareva che anche a te andasse bene. Ce ne ho speso di tempo per convincerla a venire qui. E adesso cambi idea?

Massimo: Sì, però, vedi: va bene farlo con tutte, ma lei…

Vittoria: E perché mai?

Massimo: Vittoria, è la ex del mio migliore amico!

Vittoria: E allora?

Massimo: E allora… prima dovremmo sentire lui.

Vittoria: Per quale ragione? Lui ha fatto qualcosa? Si è fatto risentire lui?

Massimo: Sì ho capito, ma…

Vittoria: E allora sai cosa ti dico? Passiamo un altro sabato così a guardare il muro!

Massimo: Non mi piace giocare così, lo sai.

Vittoria: (Chinandosi sul divano, rivolta verso Massimo) Lo so. Lo so. Certo che lo so. Ma, vedi, ho voglia di divertirmi ogni tanto.

Massimo: No, tu non ti diverti! Tu mi uccidi!

Vittoria: Io ti uccido? (Simulando la voce di una bambina) Perché? Ho fatto qualcosa di male?

Massimo: (Trattenendosi e sorridendo) Mammamia quanti schiaffi! Saresti solo da prendere a schiaffi, lo sai?
 
Vittoria: (Simulando la voce di una bambina) Schiaffi? E cosa mi vorresti schiaffeggiare? Alla bambina mancano gli schiaffi del papà, sai? Ma il papà non glie ne vuole dare…

Massimo: Il papà te ne dà quanti ne vuoi!

Vittoria: (C.S.) Perché la bambina non è cattiva. E’ solo molto, molto dispettosa. Ma il papà e la bambina si vogliono bene in fondo, non è vero?

Massimo: Oh, sì che ti vuole bene il papà!

Vittoria: (C.S.) E allora perché il papà non schiaffeggia la bambina? (Massimo si arresta un attimo) Papà…?

Massimo: (Improvvisamente) No, no, no!

Vittoria: Che hai papà? Ho forse detto troppo?

Massimo: Sta’ zitta! Basta!

Vittoria: Papà, io non ti capisco…

Massimo: Basta ho detto! (Torna al bicchiere di whisky, lo riempie e lo svuota in un sorso solo. Poi lo riempie di nuovo. Silenzio. Successivamente, notando con sorpresa il bicchiere che ha in mano, si volta con espressione impaurita) Forse sarebbe meglio lasciar perdere questa cosa. Siamo troppo eccitati.

Vittoria: Mi sa che l’unico eccitato qui sia solo tu.

Massimo: Perché? Tu no?

Vittoria: Certo, ma io so trattenermi. E non metterla come se piacesse solamente a me.

Massimo: Ho detto “siamo”! Nel “siamo” siamo inclusi tutt’e due!

Vittoria: Chiamo Costanza e le dico di venire un altro giorno?

Massimo: No, no!

Vittoria: Vedi che ti piace allora?

Massimo: Non ho mai detto che non mi piace!

Vittoria: Bene. Quindi non fare la vittima, per favore.

Massimo: Devo darmi una calmata! (Pausa) Vittoria, io e te abbiamo solo una cosa da fare…

Vittoria: Cosa?

Massimo: Un figlio.

Vittoria: Ancora con questa storia?

Massimo: Ma un figlio ci farebbe bene a tutti e due!

Vittoria: Ti prego non ti eccitare. (Lo guarda inorridita) Mio Dio!
 
Massimo: Ma perché? Perché? Cosa ci siamo sposati a che fare, allora?

Vittoria: (Ride. Successivamente il suo cellulare emette un suono) Zitto! Chiudi quella bocca! Ah, no, è un messaggio… (Controlla il cellulare)

Massimo: (Con voce bassa, rauca) No, Vittoria, stanotte ti faccio fare un figlio. (Svuota il bicchiere di whisky)

Vittoria: Ha parcheggiato dietro il cimitero. Sarà qui tra poco. (Si alza) Senti, vado a finire di prepararmi. Tu trattienila finché non arrivo io.

Massimo: Certo amore.

Vittoria: Aspetta magari che arrivi lei prima di chiamarmi “amore”.

Vittoria esce per i corridoi interni portando con sé il cofanetto dei trucchi. Entra Diego dai corridoi interni e fa per andare a sedersi presso il tavolo.

Diego: Quanto è inutile la rotatoria qui sotto.

Massimo: Eh già.

Diego: Con la gente che poi non sa neanche guidare. C’era una signora che stava per venirmi addosso. Non so perché ma comincio a pensare che le donne al volante si esaltino.

Massimo: Per una volta siamo d’accordo. Ho sempre pensato che le persone si possano valutare da come guidano. Peggio guidano, più stupidi sono. (Si siede accanto a Diego)

Diego: Senza contare che le auto stanno sempre più crescendo di dimensioni. Che senso ha vivere in città con un quattro per quattro…?

Massimo: Ehi! L’ho preso anche io un quattro per quattro!

Diego: Davvero? Non me lo avevi detto. Quindi la cambi…? Mi spiace. Ne ero affezionato.

Massimo: Beh, sai, quelle decisioni prese sul momento. E poi ormai ha qualche annetto. Grigio metallizzato. Mi arriva tra due settimane. Trentaduemila euro.

Diego: Quanto?

Massimo: Trentaduemila.

Diego: Caspita! Beh, abbiamo sempre avuto un concetto dell’investimento ben diverso io e te…

Massimo: Tu dell’investimento non hai un concetto. Semplicemente non te lo puoi permettere. Tu, il Borsoni… Il Borsoni usa ancora quella di sua madre, sai?

Diego: Che poi, scusami se te lo chiedo: ma il Borsoni cosa suonava? Non era il pianoforte? O mi sbaglio?

Massimo: Non lo ricordo…

Diego: Ma vuole ancora suonare, no?

Massimo: Farebbe meglio a smettere se non ricava niente.

Diego: La povertà non è per forza un male per chi vuol fare l’artista.

Massimo: Ma che dici?

Diego: Dico che con tanti soldi puoi fare dei bei lavori, e senza soldi puoi fare lavori geniali. Chi sta in mezzo vive nella mediocrità di chi non ha abbastanza denaro e chi non ne vuole perdere.

Massimo: Trovi giustificazione a tutto tu, anche alla povertà. Per questo ti dico che dovresti farti una vita. Una vita vera, capisci? (Diego lo guarda) Che guardi? (Pausa. Un po' teso) Senti, dimmi un po’: ci eravamo detti che ci saremmo detti qualcosa, giusto? Era una sfida: “obbligo, verità, giudizio”.

Diego: Chi te lo ha insegnato? Tua moglie?

Massimo: Mia moglie?

Diego: Che te ne frega di ”obbligo, verità, giudizio”?

Massimo: E’ da un po’ di tempo che mi interessa sapere cosa c’è nel cervello delle persone.

Diego: Perché, di me non lo hai sempre saputo?

Massimo: Sì, ma…

Diego: Cosa?

Massimo: Ora è diverso.

Diego: Tu sei diverso.

Massimo: Io?

Diego: Ti interessa sapere quel che c’è nel cervello o quel che pensano di te?

Massimo: E allora su, forza, hai l’occasione adesso di dirmi cosa pensi di me.

Diego: Stai sviando.

Massimo: Punto tuo. Ma il gioco l’ho aperto io.

Diego: Sulla testardaggine non sei cambiato… E va bene. Nessuna offesa?

Massimo: (Teso) Nessuna offesa.

Diego: Siamo sicuri?

Massimo: Sicurissimi. Stai sviando.

Diego: No, non sto sviando. E’ che devo misurare le parole.

Massimo: (Ride) Tu sei sempre stato uno stronzo. Sai perché? Perché sei molto meno ingenuo e innocente di quel che vorresti far sembrare. (Pausa) Allora?

Diego: (Pausa) Massimo, ma tu la dignità in quale scaffale l’hai riposta?

Massimo: (Colpito. Pausa. Si volta lentamente verso Diego) Scusa?

Diego: Hai capito.

Massimo: (Sbuffa ridendo) Dove vorresti arrivare? Senti… non so dove tu voglia arrivare ma…

Diego: Stai sviando…

Massimo: (Si dirige nervosamente verso il whisky e fa per riempirsi il bicchiere) Da quando? Da quando hai questo pensiero?

Diego: Ci ho messo un po’. Ma ho dovuto dirtelo.

Massimo: Tu, ho capito, vuoi attaccare il mio matrimonio!

Diego: No.

Massimo: Allora cosa?

Diego: Massimo, davvero tu la ami ancora?

Massimo: Ma che… Ma come ti permetti? Io e mia moglie stiamo benissimo! Tu non sei riuscito a stare con una donna per più di undici mesi, avresti qualcosa da dirmi, eh?!

Diego: Avevi detto “nessuna offesa”…

Massimo: Ma quale offesa! Tu qui vorresti mettermi in dubbio!

Diego: Ma quale dubbio?! Io non capisco cosa tu stia aspettando…!

Massimo: A far cosa?

Diego: A lasciarla Massimo! A lasciarla!

Silenzio.

Massimo: (Ridendo) Cioè, tu non sei normale.

Diego: Non fare il sorridente con me. Non funziona, lo sai. Io ti ho guardato in questi anni e da quando stai con lei sei cambiato. Io sapevo Massimo, e non l’ho mai voluto dire.

Massimo: Sapevi cosa? (Pausa) Chi te lo ha detto? Chi?

Diego: Non c’era bisogno di dirlo Massimo: si vedeva. E quando ci avete detto che volevate sposarvi, quella sera, forse perché aveva bevuto troppo, non lo so, lei me lo disse, così, mentre tu non c’eri. Se ne vantava praticamente. Non sapevo se crederle o no, dicevo “vabbè, sarà solo ubriaca”. Poi però ho capito, e mano a mano che ho continuato a guardarvi ho collegato tutto: tu lo sai. Tu lo sai, sai tutto, di quella storia, di lei, l’hai sempre saputo. Sai tutto, eppure continui a voler nascondere.

Massimo: (Pausa, rivolto verso il mobiletto del whisky) Vattene.

Diego: Mi avresti ascoltato una volta.

Massimo: Vattene!

Diego: (Pausa) No, non sei più tu… (Fa per uscire dalla porta d’ingresso)

Massimo: (Pausa) E ricordati, sempre, che io una vita ce l’ho. Fattene una anche tu, poi mi dirai.

Diego: Sì. Una vita. Finché non ci renderemo conto che di vita nessuno ha conosciuto se non un pezzo di latta, una scatola vuota, un libro senza pagine, e che di questo mondo abbiamo solo consumato lo scarto. Ma di vivere, no, di vivere nessuno ha saputo. Nessuno muore se si è già morti. E di questo noi ce ne renderemo conto, sì, ma solo quando sarà troppo tardi.

Massimo: Troppa filosofia ti ha dato alla testa.

Diego: (Pausa) Mi spiace. (Esce dalla porta d’ingresso)

Massimo: Stronzo.

Diego esce lentamente. Costanza entra dalla porta d’ingresso.

Costanza: Avevo sbagliato piano: credevo foste al quarto.

Massimo: Non preoccuparti. Prego, entra.

Costanza: Ciao.

Massimo: Ciao. (Si baciano sulle guance) Posso offrirti qualcosa?

Costanza: Oh, no grazie, per adesso sto bene così. Oddio, però se hai un bicchiere d’acqua…

Massimo: Ma certo. Te lo prendo subito. Siediti pure. (Esce per i corridoi interni)

Costanza: Grazie. (Si siede sul divano)

Massimo: (Da dentro) Amore, è arrivata! Dove sei?

Vittoria: (Da dentro) Un momento! Sono pronta!

Costanza: (Mentre Massimo rientra con un bicchiere d’acqua e una bottiglia) Oh, ma non metterle fretta…! Non ho problemi…

Massimo: No, ma figurati. Non è per metterle fretta. Sai, ci tiene a far bella figura. In casa o fuori vuole sempre il vestito adatto.

Costanza: Beh, dovrebbe sempre essere così.

Massimo: E poi voi due siete donne e, insomma, credo che in un modo o nell’altro andrete un po’ più in confidenza. Mi sembra giusto.

Costanza: Per quel che ne varrà…

Massimo: In che senso?

Costanza: Mi sembra chiaro, no? Non sono qua per parlar di lui: per me la cosa è già risolta. E’ un capitolo chiuso.

Massimo: (Teso e sorridente) Oh, ma certo, non preoccuparti. Siamo qui solo per scambiare qualche parola. (Sospira) Ma ne varrà comunque. (Si siede sulla poltrona) Era da molto che non ti vedevamo.

Costanza: Eh sì.

Massimo: Ti vedo un po’ fiacca.

Costanza: Dici?

Massimo: Sbaglio? E’ una mia impressione.

Costanza: Grazie per l’acqua. (Beve) Siete andati a votare?

Massimo: Si votava oggi?

Costanza: Sì.

Massimo: Oh, vabbè…

Costanza: Chiudono alle undici.

Massimo: Serve a qualcosa?

Costanza: Beh, una scelta bisogna pur farla… Magari sbagliata, magari deludente, ma almeno farla…

Massimo: E allora noi scegliamo di non scegliere. Così nessuna delusione, no? Tanto per ora mi sembra che non ci sia spazio per altro.

Costanza: Sì, le delusioni sono sempre tante. Troppe.

Massimo: Più del dovuto.

Costanza: Già… C’era una bella vista dal quarto piano.

Massimo: Vero? L’avevamo anche da qui prima, poi purtroppo hanno costruito questa palazzina di fronte e ci hanno tolto tutto.

Costanza: Comunque non si trovava posto neanche a pagare.

Massimo: Qui trovare posto è sempre difficile. Bisogna litigare per il parcheggio.

Costanza: Davvero. Che poi ho avuto problemi anche a parcheggiare al cimitero.

Massimo: Come mai?

Costanza: C’era un signore che occupava un posto macchina per un’auto che doveva ancora arrivare. Gli ho detto di spostarsi, ma non c’è stato versi. Mi sono dovuta imporre.

Massimo: Beh, anche perché se non c’erano altri posti…

Costanza: Ce n’era uno, però, vedi, è un fatto di principio. Certe mancanze della gente proprio non le sopporto… Se sono arrivata io per prima parcheggio per prima, no?

Massimo: Certo.

Costanza: Beh, lui non mollava: voleva avere ragione a tutti i costi. Ma alla fine la macchina l’ho parcheggiata, eccome se l’ho parcheggiata! (Beve di nuovo) Scusate se in questo ultimo periodo non mi sono fatta sentire.

Massimo: Non ti preoccupare: è comprensibile. Anche noi siamo rimasti sconvolti quando lo hai riferito a Vittoria… quando? Tre giorni fa?

Costanza: Sì, mercoledì.

Massimo: Beh, sì, insomma, è giusto voler stare un po’ da soli.

Costanza: No, ma che soli…! A me è andata bene così!

Massimo: Cioè?

Costanza: Non sai quanto è stato devastante quest’ultimo periodo. Mi sento come liberata da un peso.

Massimo: Comunque puoi fare affidamento su di noi. Immagino che tu l’abbia capito.

Costanza: Certo. Vittoria è stata così gentile ad avermi telefonato. Ma sia mai. Non voglio tartassarvi.

Massimo: Come vuoi, non mi piace insistere.

Costanza: Vi siete più visti?

Massimo: No. Né visti, né sentiti…

Costanza: Uh! Se sapeste quante cose da dire ci sarebbero…!

Massimo: Davvero?

Costanza: Eh, ma lasciamo stare. Non mi va di parlare di chi non è presente. (Vedendo il tavolo) Non mi ricordavo che fosse quello il tavolo.

Massimo: Lo abbiamo cambiato due settimane fa. Stiamo rinnovando la mobilia.

Costanza: Da quant’è che vi conoscete tu e Vittoria? Quant’è che vivete qui?

Massimo: Beh, tre anni insieme e due anni di matrimonio.

Costanza: Cinque anni.

Massimo: Già, cinque anni. E’ già passato così tanto. Non me ne sono neanche accorto. La casa l’abbiamo comprata prima che la sorella di Vittoria diventasse ballerina professionista.

Costanza: Vittoria ha una sorella ballerina?

Massimo: Oh, sì. Un’ottima ballerina a quanto pare.

Costanza: Anche a me sarebbe piaciuto. Purtroppo non ero portata.

Massimo: Neanche Vittoria.

Costanza: Davvero?

Massimo: Non aveva dote.

Costanza: Non sapevo.

Massimo: Sua sorella invece ha fatto parecchia strada. L’hanno appena presa alla Scala.

Costanza: No! Ma sul serio?!

Massimo: Sul serio, sul serio.

Entra Vittoria dai corridoi interni.

Vittoria: (Tendendole le braccia, con grande sorriso) Costy!

Costanza: Vittoria!

Vittoria: Costy! Come stai?

Costanza: Come stai tu, semmai. Oh, ma stai benissimo!

Vittoria: Dici?

Costanza: Stai d’incanto come sempre.

Vittoria: Mi sei mancata sai?

Costanza: Anche tu, moltissimo. Spero solo di non disturbare.

Vittoria: Oh, ma figurati! Abbiamo molte cose da raccontarci io e te. Ma forse vi ho interrotto. Di cosa stavate parlando?

Costanza: Di tua sorella che è stata presa alla Scala.

Vittoria: Ah, di… (Guardando Massimo) Di mia sorella?

Costanza: Sì! Per cosa l’hanno presa?

Massimo: Per Il lago dei cigni.

Costanza: No!

Massimo: Lo abbiamo saputo oggi. C’è scritto su tutti i giornali. No, amore? Lo hai letto, no?

Vittoria: Certo.

Costanza: Ma è meraviglioso! E’ bellissimo! E’ sempre stato uno dei miei preferiti! Quando lo danno?

Vittoria: Non ho idea.

Massimo: Sicuramente entro la fine del prossimo anno. Vedi, Costanza, devi capire che mia moglie è sempre molto pacata nei suoi modi. Odia le esagerazioni: le trova come un modo per mettersi sempre al centro dell’attenzione. Di certe cose non le va proprio di parlare, anche se sono belle cose, intendiamoci. Vero, amore?

Costanza: Beh, lo trovo giusto. E’ giusto che certe cose rimangano per sé.

Massimo: Non sopporta essere plateale, ecco. Certe cose intime devono rimanere intime. La mettono in imbarazzo. Ma lei invece ha molto pudore. E’ molto riservata.

Costanza: Mi ha detto che anche tu facevi danza. Anche io, sai?

Vittoria: (Guardando Massimo) Ah… te lo ha detto?

Costanza: Non me ne avevi mai parlato.

Vittoria: Ma perché non parliamo un po’ di te, cara? Anzi, scusa. Amore!

Massimo: Sì, tesoro?

Vittoria: Perché non ci porti un po’ di quel sauternes che abbiamo di là?

Massimo: (Allarmato) Il sauternes?!

Vittoria: Certo.

Costanza: Oh, ma non per me, eh, davvero!

Vittoria: Non preoccuparti. Siamo così contenti di stapparla.

Massimo: Sì, ma se non lo vuole…

Vittoria: Non lo vuole perché fa i complimenti. Male che vada lo beviamo noi. Sai cos’è il sauternes, no?

Costanza: No.

Vittoria: Neanche io. Non mi sono mai interessata di queste cose. Mi piace solamente perché è molto dolce. Poi mi dirai cosa ne pensi. (Ride) Amore, allora?!

Silenzio. Massimo esce per i corridoi interni.

Vittoria: Tu dirai: “ma non ingrassi”? No, cara, va tutto nelle tette. Insomma, che stavate dicendo?

Costanza: Di tua sorella.

Vittoria: Sì, va bene. E poi?

Costanza: Del tavolo, che lo avete cambiato.

Vittoria: Lo abbiamo cambiato tre settimane fa…

Costanza: Ah, allora tre. Aveva detto due.

Vittoria: Sì. Abbiamo cambiato anche le sedie e le poltrone.

Costanza: Davvero? Non ricordavo. Sarò venuta qui una volta sola.

Vittoria: Sai, noi siamo per cambiare tutto o niente. Il Marchetti ci tiene così tanto alla casa. Bisogna imparare a scrollarsi di dosso i “pesi” insomma.

Costanza: Quando si rompono, sì.

Vittoria: Ah! Perché? Bisogna per forza aspettare che un oggetto si rompa per cambiarlo?

Costanza: No?

Vittoria: Se una cosa non piace più non piace più, e quel che non piace si getta via.

Costanza: Magari aspettare una piccola incrinatura…

Vittoria: Bella mia, spesso le cose sono molto più incrinate di quel che si pensi, anche se a prima vista non sembra. E poi: c’è proprio bisogno di aspettare? Se si sa che un oggetto subirà delle incrinature è come se lo fosse già, no? Tanto vale allora lasciar subito perdere.

Costanza: Accidenti, ma così non ci si gode niente.

Vittoria: Dipende cosa si intende per “godere”.

Costanza: Cos’è, sei diventata filosofa tutt’un tratto?!

Vittoria: Sia mai…

Costanza: Comunque ognuno può vederla come vuole…

Vittoria: Credi che non abbia ragione?

Costanza: Non ho detto questo. Ho solo detto che ognuno può vederla come vuole.

Vittoria: Sicuramente.

Costanza: Non ti vedo convinta.

Vittoria: No, no, macché… E’ come dici te: ognuno fa di sé quel che vuole. Vuoi dell’altra acqua?

Costanza: Oh, no, no, grazie.

Vittoria: Posso bere dal tuo bicchiere? Ho una sete pazzesca.

Costanza: Certo, figurati.

Vittoria: (Si versa dell’acqua nel bicchiere di Costanza e beve) Ho comprato questo nuovo ombretto oggi. Cosa ne pensi? Quelli brillantati non mi convincevano.

Costanza: Ti sta benissimo. Te lo stavo giusto per dire.

Vittoria: Onestamente parlando non so se il colore è azzeccato. Mi sembra troppo scuro.

Costanza: No, anzi, ti esalta molto gli occhi. Ti si addice.

Vittoria: Beh, forse hai ragione. Ma adesso, dicci un po’ di lui.

Costanza: Di chi?

Entra Massimo dai corridoi interni.

Massimo: (Sorridente) Ho messo il sauternes nel freezer: magari per dargli un tocco di fresco; va servito a quattordici gradi, sapete? Comunque stavo controllando su internet il costo della bottiglia. (Si siede sulla poltrona)

Costanza: E quanto viene?

Massimo: Trecentodieci euro.

Costanza: Ma è una cifra enorme! Per me, davvero, non c’è bisogno.

Massimo: Se non lo hai mai assaggiato io te lo consiglio vivamente. Io e Vittoria ne andiamo matti.

Costanza: Ma mi dispiace per voi! Costa così tanto…!

Massimo: Insistiamo, davvero.

Vittoria: (Sedendosi sulle gambe di Massimo) Vedi, il mio amore tiene molto agli ospiti. Detesta quando fanno i complimenti. No, amore?

Massimo: Sì, davvero.

Costanza: Beh, se proprio la mettete così...

Massimo: Insomma, che stavate dicendo qui in mia assenza?

Vittoria: Oh, niente. Cose da donne. (Lancia uno sguardo d’intesa a Costanza)

Massimo: Immagino che quindi la mia presenza sia di troppo.

Vittoria: Oh, direi che ci sei molto vicino. (Lancia un altro sguardo d’intesa a Costanza)    

Costanza: (Ride) Che ne dite se ci facciamo una foto? (Estrae il cellulare dalla borsa)

Massimo: Perché no? Dopo tanto che non ci vedevamo. No, amore? (Cinge la vita di Vittoria, che gli sposta il braccio. Costanza alza il cellulare e scatta la foto inquadrando anche sé stessa)

Vittoria: (Avvicinandosi a Costanza) Fa vedere, fa vedere! (Guarda nel cellulare di Costanza)

Costanza: Massimo è venuto troppo illuminato. Sembra un fantasma.

Vittoria: Sì, lui non è fotogenico.

Massimo: Non è che non sono fotogenico. E’ solo un problema di illuminazione…

Vittoria: Mammamia…

Costanza: Tu invece, come sempre, vieni benissimo in foto.

Vittoria: Sul serio? Io non mi piaccio mai.

Costanza: Tutt’altro: vieni sempre una meraviglia.

Massimo: Già. Vittoria, in foto, non viene mai male.

Costanza: A proposito di foto: ho visto quella che avete pubblicato poco fa.

Vittoria: Quale?

Massimo: Sì. Quella che abbiamo fatto poco fa, amore. Non la ricordi?

Vittoria: Oh, quella, sì…!

Massimo: Siamo molto contenti. Sai, oggi non ci eravamo visti e… Ci stiamo preparando per un nuovo arrivo.

Costanza: (A Vittoria) Sei incinta?!

Vittoria: No.

Massimo: Però abbiamo in mente di farne uno. (Vittoria lo guarda) Se sarà maschio lo chiameremo Michele.

Costanza: Ma è meraviglioso! Finalmente! Insomma, mi chiedevo come mai ancora non ne avevate fatto uno.

Vittoria: Sul serio?!

Costanza: Ne parlavo sempre con Diego. Anche lui se lo chiedeva, anche se aveva delle teorie vere e proprie su di voi.

Vittoria: Ah, davvero?! E cioè?

Costanza: No, più che teorie erano pensieri, ecco. Sempre molto vaghi. Non capivi mai cosa gli passava per la testa.

Massimo: D’accordo. E cosa diceva, scusa?

Costanza: Oh, diceva un po’ di cose.

Massimo: Sì, ma cosa? Cosa diceva? Cosa andava a dire in giro?

Costanza: No, lui in giro non parlava con nessuno. L’unica con cui si confidava ero io.

Vittoria: Ovviamente.

Massimo: Beh, ma qualcosa potresti accennarlo.

Costanza: No, no, non mi va.

Massimo: Non capisco il perché.

Vittoria: Ha ragione lei. Non dovremmo preoccuparcene noi. (Le accarezza le punte dei capelli) I suoi affari sono suoi affari.

Costanza: Sì, infatti. Lasciamo da parte le curiosità. Ecco, vedete? Ho tirato fuori io il discorso vero? E’ più forte di me. Anche perché non c’è, e certe cose non è giusto dirle.

Vittoria: Certo, sono d’accordo. Amore, a proposito: non farlo ghiacciare troppo. Costy al telefono mi aveva detto di avere una certa sensibilità ai denti.

Massimo: Sul serio?

Costanza: Sì. Non mi è ancora passata.

Massimo: Davvero? Fai vedere. (Si avvicina a Costanza e le controlla la bocca) Non mi sembra tu abbia niente di grave. (Le preme la mascella con due dita) Senti male?

Costanza: No.

Massimo: (Cambiando punto della mascella) Qui?

Costanza: No.

Massimo: Credo che sia solo una cosa passeggera. Però ti consiglio di venire comunque. Ti diamo una controllata.

Vittoria: Gli dà una controllata.

Massimo: (Pausa) Grazie per la rettifica, amore. (Sospira) Vado a togliere il seuternes dal freezer…

Massimo esce per i corridoi interni guardando Vittoria.

Costanza: Vedo che sta procedendo con odontoiatria.

Vittoria: Sì. Sta cercando di ereditare lo studio di suo padre.

Costanza: Beh, è una bella fortuna.

Vittoria: Si guadagna molto, sì.

Costanza: No, intendevo il fatto di ereditare l’attività del padre.

Vittoria: Sì, è una bella cosa anche quella. Ma nonostante questo, credimi, la prima cosa che devi fare è far capire subito a questi uomini chi è che comanda: da soli non saprebbero trovarsi neanche un paio di scarpe. (Fa l’occhiolino a Costanza. Ridono) Oh, quanto mi sei mancata! (L’abbraccia) Te lo posso dire onestamente? Da quando ti sei lasciata ti vedo più… tonica. Sì, sei più in forma.

Costanza: Massimo aveva detto che sembravo infiacchita.

Vittoria: No, tutt’altro cara mia, tutt’altro. Non dare retta a lui. Di tutte le ragazze che Diego poteva avere tu eri la migliore, la migliore che potesse incontrare. Io l’ho sempre pensato.

Costanza: Che vuoi, le storie finiscono così: pensi che tutto vada bene e invece…

Vittoria: Mi sembra che tu l’abbia superata.

Costanza: Oh, sì, sì. L’ho superata. L’ho superata fin da subito. Senti, ti posso chiedere, poi cambiamo subito argomento, cosa intendi con “ognuno fa di sé quel che vuole”?

Vittoria: Quando l’ho detto? Oh! Mammamia! Certo che ogni parola che si dice…! Lo vedi come sei? Ti fai troppe paranoie! Dovresti imparare a lasciar perdere, a non pensarci, a lasciarti scivolare addosso le cose. Fregartene, capisci? Ma tu non riesci a fregartene!

Costanza: Ho sempre pensato che il menefreghismo sia il principio dell’ignoranza.

Vittoria: E così abbiamo un’altra filosofa, eh?! Si dice “filosofa”, vero?

Costanza: Sì, si dice. Ma non dire così, per favore! Non lo sopporto!

Vittoria: Poi non dire che non ero capace di parlare d’altro.

Costanza: Quando mai l’ho detto?

Vittoria: (Passandole la mano sui capelli) Non l’hai detto, ma è quello che hai in testa che mi interessa…

Costanza: Beh, comunque se dici “di sé” io intendo che si parli di persone e non di oggetti…!

Vittoria: C’è poi così tanta differenza?

Costanza: Hai ragione tu: spesso non è così. Anzi, diciamo pure “non è così”, senza “spesso”…!

Vittoria: Su, su.

Costanza: Hai ragione, scusami, dovrei calmarmi…

Vittoria: E’ andata come è andata. So che cosa provi, ma non gli portare rancore.

Costanza: Cambiamo argomento, cambiamo argomento.

Vittoria: Va bene.

Costanza: Come vi siete conosciuti tu e Massimo?

Vittoria: Oh! (Ride)

Costanza: Perché ridi?

Vittoria: Non lo raccontiamo mai a nessuno ma con te farò un’eccezione. Senti io ti dico questa cosa, e tu poi me ne dici un’altra a tua scelta. D’accordo? Rimanga fra noi.

Costanza: D’accordo.

Vittoria: Lui investì il mio cane.

Costanza: Eh!? No!

Vittoria: Sì. Ero a portarlo fuori una sera d’estate. Argo si chiamava… No, scusa, era Clio. Argo lo avevamo prima. Insomma, era senza guinzaglio, un doberman, non c’era mai nessuno a quell’ora. Ad un certo punto, forse perché vide qualcosa, attraversò la strada di corsa. Ironia della sorte, passa un’auto che lo investe. E guarda un po’ chi era…? Il Marchetti.

Costanza: No!

Vittoria: Sì. Poi successe che… non lo so… Successe che ci siamo sdraiati sul letto. E lì cominciò tutto.

Costanza: E Clio?

Vittoria: Abbiamo finto che l’investitore se ne fosse scappato. Nei dintorni era tutto deserto e i miei erano con mia sorella per le audizioni… (Pausa. Costanza la guarda con aria terrorizzata) Ehi, stavo scherzando, stavo scherzando.

Costanza: (Piangendo) Non dirmi più queste cose. Mi ci hai fatto rimanere male. Povero Clio!
 
Vittoria: Su, su. Stavo scherzando. Non fare così. E va bene, ho esagerato. Era tutto finto.

Costanza: Anche io avevo un cane una volta. Un beagle. Ci penso sempre. Poverino. Ci sono cresciuta insieme fino a vent’anni!

Vittoria: Su, su. Ma era tutto uno scherzo. Vieni qui, vieni qui. (L’abbraccia) Su, su, stavo cercando di farti divertire un po’. Di sdrammatizzare.

Costanza: Sdrammatizzare?

Vittoria: Fammi un sorriso. (Costanza forza un sorriso) Ecco, brava.

Costanza: Mi hai spaventato.

Vittoria: E’ che sei ancora in una situazione delicata. Capisco che sia difficile. Ci sono passata anch’io. Credimi, ti capisco più di chiunque altro. Avrei dovuto fare più attenzione.

Costanza: Di cosa parli?

Vittoria: Senti, Costy, te lo dico sinceramente: io lo avevo capito fin da subito che tu e Diego vi eravate lasciati. Non ho voluto dir nulla per non sembrare quella che vuole ficcare il naso, ma… Qui puoi sentirti tranquilla. Davvero.

Costanza: (Trattenendo il pianto) E’ che finora non ne ho parlato con nessuno e pensavo che fosse ancora troppo presto. Non vorrei diventare l’amica noiosa, ecco.

Vittoria: Ma non sei noiosa… (L’abbraccia)

Costanza: (Riprendendosi) Ok, ok, adesso mi passa.

Vittoria: Ma figurati. Dovresti aprirti un po’…

Costanza: Hai ragione.

Vittoria: Su, su. Non ti voglio veder piangere. Ti si rovina tutto il trucco.

Costanza: (Ride) Ma va’, che non me lo sono neanche messo bene…!

Vittoria: Ma che dici?! Stai benissimo.

Costanza: No, non sto benissimo.

Vittoria: Come non stai benissimo?

Costanza: Io ti guardo Vittoria, e più ti guardo e più penso: “ecco questa è una donna felice. Una che non ha paura di dire le cose come stanno”.

Vittoria: Costy, avevi solo bisogno di una persona che ti facesse sentire più sicura. Cosa che, ammettiamolo, non era Diego… Amore?

Costanza: No! Non farlo venire ora.

Vittoria: Massì, massì, che vuoi che importi. Amore! Su, dai!

Entra Massimo dai corridoi interni con un secchiello porta-bottiglia contenente la bottiglia di sauternes.

Massimo: (Con grande sorriso) Calma! Calma! Ho aspettato un pochino. Non potevo servirlo caldo del resto, no? (Vedendo Costanza) Non preoccupatevi, non c’è il ghiaccio, è solo per decorazione. Cos’è successo?

Costanza: Oh, niente, niente.

Vittoria: Su, Costy, dai...

Costanza: No, no. Non preoccupatevi, non è niente. Non mi va di…

Vittoria: Oh, poverina! (Abbracciandola, scambia uno sguardo con Massimo) Dai, divertiamoci un po’. Ti serve del divertimento, dello svago. Ti va?

Massimo: Su, Costanza, facciamoci due risate, dai! Mi è tornato in mente quando a cena fuori… ti ricordi, amore? Che Diego tenne il muso tutta la sera perché non aveva abbastanza soldi per pagare la cena a Costanza? (Ridono) Sempre ad averci i soldi contati, squattrinato com’era.

Costanza: Sì. Mai una lira di troppo. E poi: sempre in casa, sempre in casa… Non gli andava mai di uscire.

Massimo: Beh, avere la ragazza senza avere soldi è come possedere un’automobile senza benzina. Credo che Diego facesse buca da tutte le parti. Insomma, era poco virile, no?

Costanza: … Sì.

Massimo: Visto, amore? E’ poco virile!

Vittoria: Facciamo un gioco!

Massimo: Se a voi va bene io ci sto. Cosa ne pensi Costanza?

Costanza: (Ride) Voi siete così carini a tirarmi su il morale. E io che pensavo così male di voi.

Massimo: (Incrocia lo sguardo con Vittoria) Oh! Sul serio?

Costanza: Sì... Beh, ormai che ci siamo lo dico: non vi ho mai visti bene finora, ecco. C’era qualcosa in voi che… non lo so… Non ve la sarete mica presi, vero?

Vittoria: No. Perché? Ormai siamo in confidenza, no? Perché non ci prendiamo un pochino di sauternes? Amore, i bicchieri.

Massimo: Giusto, sì. (Fa per andare a prendere dei bicchieri)

Vittoria: Continua, Costy: dicevi?

Costanza: (Sospira) Purtroppo Diego aveva ragione.

Vittoria: Aveva ragione… in cosa?

Costanza: Che non è una questione di aver torto o ragione.

Massimo: E cioè?

Vittoria: Lasciala parlare.

Costanza: Mi ha sempre detto che ho sempre diviso il mondo in torti e ragioni, e che questo era un modo facile e veloce per sopravvivere ed orientarmi, perché diceva che non ho autostima e che necessito di un sistema schematico per sapere e credere in quel che faccio. Un sistema che però, a detta sua, ha tanti limiti… (Vedendo Massimo che ha già riempito i bicchieri) Basta, basta! Quanto…! (Massimo le passa un bicchiere di sauternes) Grazie. (Sospira e beve) Il sapore è dolciastro.

Massimo: E’ buono, no?

Costanza: Sì, molto.

Vittoria: Ah! E’ sempre stato un pazzo quello…! Tutti quei discorsi… (Massimo le passa il bicchiere di sauternes e beve)

Costanza: Oh, sì! Un matto da legare! Sapete, Diego sosteneva che non tutte le persone sanno quel che fanno, e quand’è così è perché si cerca di richiamare l’attenzione verso sé stessi.

Vittoria: (Ride insieme a Massimo) Ma che vuol dire?

Costanza: Forse intendeva che spesso le persone sono lontane da sé? Non lo so. (Beve) Comunque, volete sapere una cosa? Qualunque cosa fosse, aveva ragione. Certe cose vanno al di là di averci torto o ragione.

Vittoria: Contenta tu.

Costanza: Scusate, scusate. (Beve) A che gioco abbiamo detto di giocare?

Massimo: Non l’abbiamo detto…

Vittoria: “Obbligo, verità, giudizio”? (Scambia uno sguardo d’intesa con Massimo)

Costanza: “Obbligo, verità, giudizio”. Va bene.

Massimo: Perfetto!

Costanza: Chi comincia? (Beve) Ma di che roba è fatto?

Vittoria: Non lo so.

Massimo: Muffe.

Costanza: Muffe?

Vittoria: Non ti piace?

Costanza: No, è buono. Io amo il dolce.

Vittoria: Io trovo che non sappia di niente. (A Massimo) Quanto hai detto che costa questa bottiglia?

Massimo: Trecento…

Vittoria: Trecento euro di piscio! (Ride insieme a Costanza. Massimo si zittisce) Non te la prendere, amore, non è colpa tua. Sono solo le scelte che fai.

Costanza: (Ridendo) Oh, no, macché! Lui non sceglie mica. Per lo meno non ha delusioni. (Ride insieme a Vittoria) Scusate. Il fatto è che non sembra alcolico.

Vittoria: Bevine pure quanto vuoi.

Massimo: Io direi anche basta!

Costanza: (A Vittoria) Non se la sarà mica presa?

Vittoria: Oh, lascialo perdere. Anzi, piuttosto: amore, perché non vai a prendere i pasticcini che sono rimasti di là? Voglio deliziare la mia amica.

Massimo: Amore, scusami, ma i pasticcini iniziati non li prendo. Non è bello.

Vittoria: Ma sennò con cosa si accompagna il sauternes?

Costanza: Oh, ma io basta, eh?! Io basta.

Vittoria: Buono, no?

Costanza: Sì, ma basta.

Vittoria: Su, porta i pasticcini. (Getta uno sguardo d’intesa verso Costanza) Del resto sei il terzo incomodo, no? (Versa dell’altro sauternes nei bicchieri)

Massimo: No, amore, lasciamo stare.

Costanza: Comunque una cosa, se mi è concesso, la dico: Diego non aveva molti soldi, ma era tutt’altro che poco virile.

Massimo: In che senso?

Costanza: Nel senso che non era poco virile.

Vittoria: Intendi dire a letto?

Costanza: A letto, a letto!

Massimo: (Ridendo) Ma dai! Ma davvero?! Si vede che non ne hai conosciuti altri.

Costanza: Scusa se ti correggo ma Diego era il terzo. Solo che lui, davanti ai miei ex, era inesauribile. Inesauribile! Non saprei definirlo. Una macchina. Un mostro. Faceva impazzire. Ti faceva come tornare la voglia di vivere. Non saprei spiegarlo. Altro che roba da venti minuti.

Massimo: (Pausa) Vado a prendere i pasticcini.

Massimo esce per i corridoi interni.

Costanza: Scusate. Sto degenerando.

Vittoria: Non preoccuparti. Il Marchetti è un tipo molto elastico.

Costanza: Già. Sopporta proprio tutto.

Vittoria: Beh, non che sia sempre tutto rose e fiori.

Costanza: Pff! Ma smettila!

Vittoria: No, dico sul serio. (Beve) E così Diego era il terzo, eh?!

Costanza: Già. Anche se con gli altri due erano relazioni più… “adolescenziali”, ecco. Non nel senso di età. Nel senso proprio di approccio.

Vittoria: Sì, sì, capisco. Anche col mio ex era così.

Costanza: Hai un ex pure tu?!

Vittoria: Sì, perché?

Costanza: No, è che pensavo che fossi sempre stata con Massimo.

Vittoria: No, no. Anzi, io e il Marchetti eravamo ancora fidanzati quando cominciammo a frequentarci. Uscivamo di nascosto.

Costanza: Davvero?

Vittoria: (Versa del sauternes nei bicchieri) Sì. Poi dopo un paio di mesi abbiamo deciso di metterci insieme. Lui era un tipo completamente diverso dal Marchetti. Geloso da morire. Non mi lasciava mai in pace. Una sera, poi, successe che venne a prendere alcune cose che aveva lasciato da me e…

Costanza: E…?

Vittoria: (Ridendo) Ops! Ho detto troppo?

Costanza: E quella sera cosa successe?

Vittoria: Sei curiosa pure tu, eh?!

Costanza: Dai! Ormai siamo in serata!

Vittoria: (Beve) Beh, successe… così. (Ride)

Massimo rientra con un vassoio di pasticcini e si ferma a metà strada.

Costanza: No!

Vittoria: Sì. Poi non ci siamo più visti. Vuoi sapere cosa mi piaceva di lui? A te cosa piaceva di più di Diego?

Costanza: Oh, tante cose. (Beve)

Vittoria: A me di lui piacevano le mani. Erano ovunque. Ero inondata dalle sue mani. Era tutto in movimento. Sembrava di farlo con tre uomini. Ho sempre sognato di farlo con tre uomini. Tu no?

Costanza: Oh, sì. Anch’io, anch’io!

Vittoria: E accettavo tutto. Quello che mi faceva lui mi piaceva sempre. Sai quando ti rilassi e ti lasci fare? Ecco, lui riusciva a farmi rilassare così.

Costanza: Oh, sì, anche per me, anche per me era così. (Vede Massimo che si avvicina) Oh! (Beve)

Vittoria: (Vedendo Massimo) Oh, sei tu.

Massimo: (Posando i pasticcini e dirigendosi verso il whisky) Sì, sono sempre io. Chi speravi che fosse?

Vittoria: (Rivolta verso Costanza) L’uomo nero. (Ride insieme a Costanza) Magari lo fosse, l’uomo nero…

Massimo: (Tornando a versarsi il whisky) Lo sapevo che sarebbe andata a finire così! Io ci ho provato! Io ci ho provato ma tu mi fai esplodere!

Vittoria: Magari tu esplodessi!

Costanza: Esplodere! Già! Non si è più fatto vedere…! Non si è più fatto sentire…! Oh, ma tornerà. Sarà lui stesso a tornare! Sarà lui a venirmi a fare la preghiera! Tutti gli uomini lo fanno, no?

Vittoria: Tutti.

Costanza: E lo farà anche lui! Oh, se lo farà! Quel bastardo verrà ad implorarmi sotto il terrazzo! (Beve)

Massimo: Non c’era bisogno di umiliarmi così! (Si siede su una sedia, col bicchiere di whisky in mano)

Vittoria: Shhh!

Costanza: (Inconsapevole e quasi ubriaca) Però, ecco una cosa la devo dire: a questo “obbligo, verità, giudizio” stiamo giocando solamente io e Vitto? No, perché mi sembra che Massi… ti posso chiamare “Massi”?... non partecipi! Che poi, scusate ma che gioco è? Cioè, è un gioco da stronzi per sapere i fatti degli altri passando per innocenti! (Vittoria le passa un bicchiere di sauternes appena versato) No, io basta.

Vittoria: Non lo vuoi?

Costanza: No. Mi gira tutto… Io questo lo lascio. (Posa il bicchiere)

Vittoria: Ti arrendi? Finisco io. (Beve il sauternes rimasto nel bicchiere di Costanza)

Costanza: Come fai non lo so.

Vittoria: Te l’ho detto. Va tutto su tette e culo. A te no, cara, a te va sul buzzo. Ecco, domani ti sveglierai e sembrerai incinta di quattro mesi.

Costanza: (Piangendo) Sì, è vero. E’ che non ho un buon metabolismo. Non ce l’ho mai avuto. Ne ho sempre sofferto.

Vittoria: Oh, metabolismo, metabolismo, metabolismo…! Non buttiamola sempre sul metabolismo!

Costanza: E su cosa allora?

Vittoria: Non lo so. Ma non sul metabolismo.

Costanza: In realtà è che sono brutta. Guardami, guardami: ti sembrano dei bei fianchi?

Vittoria: Non sono poi così male.

Costanza: Diventerò come mia madre: un’anfora. Anche lei ha il metabolismo lento.

Vittoria: Maledetto metabolismo. Sempre quello il problema.

Costanza: Certi vizi non me li sono mai potuti permettere.

Vittoria: (Versandosi il sauternes nel bicchiere) Io non bevo per vizio. E’ che ho sempre bisogno di avere qualcosa in mano. Mi sento sempre, come dire, imbarazzata quando non ho niente. Tu no?

Costanza: Sì, forse anche io!

Massimo: Basta, Vittoria…!

Vittoria: Insomma, a chi tocca? A te, no, Costy?

Massimo: Basta, Vittoria…! Basta!

Vittoria: (A Massimo) Non ti interessa più saperlo?

Massimo: (A Vittoria) Cosa? Sapere cosa?

Costanza: (Riprendendosi) Tocca a me? Va bene. Cosa volete che faccia?

Vittoria: Verità!

Costanza: Verità.

Vittoria: Cosa diceva Diego di noi?

Massimo: Non mi interessa più saperlo.

Costanza: Oh, ma questo non posso dirlo!

Vittoria: Su, dai!

Massimo: No.

Costanza: Ma sì, ve lo dico. Tanto ormai… Ben gli sta.

Massimo: Finiamola qui, ti prego.

Costanza: Mi ha detto di stare attenti a voi. Anche a te Massimo, che eri il suo migliore amico. Ci credi?

Massimo: Sul serio?

Costanza: Sì, questo mi disse. Di stare attenti a voi. Di stare attenti a voi perché lui sapeva tutto, diceva. Ma non ha mai rivelato niente a nessuno. Sì, sapeva di voi. Perché una volta, un pomeriggio, loro due si trovarono.

Massimo: Loro due chi?

Costanza: Diego e Vitto, no?

Massimo: (Pausa) Ah. Quindi quel bastardo si è visto con mia moglie senza dirmi niente? E tu pure…? Perché?

Vittoria: Non c’è stato niente.

Costanza: Su questo confermo.

Massimo: Perché allora?

Costanza: Diceva che eravate in una fase strana del vostro rapporto. Questo diceva.

Massimo: Davvero hai fatto questo? Quindi, fammi capire, ti sei trovata con Diego a mia totale insaputa? E’ così?

Vittoria: Sì, è così.

Massimo: E quando? Avresti dovuto dirmelo!

Costanza: E’ quello che gli dissi anche io!

Vittoria: Diego sa mantenere le promesse e l’acqua in bocca!

Costanza: Uguale a me. (Si riaccascia sul divano)

Massimo: E io me lo son dovuto sentir dire in questa maniera?!

Vittoria: Prima o poi l’avresti saputo. Ma ormai non cambia niente.

Massimo: Cosa ti disse?

Vittoria: Non cambia niente.

Massimo: Cosa ti disse?

Vittoria: Non cambia niente!

Massimo: Va bene. Basta. (Si avvicina a Costanza) Costanza, vattene! (Costanza rimane immobile) Costanza!
 
Costanza: (Riprendendosi) Vado, vado! Mica c’è bisogno di dirlo così! (Fa per rialzarsi ma ricade subito) Scusate! Ora vado, ora vado! E’ che non ce la faccio! Io… Io sono così sola! (Piange)

Vittoria: Prenditi un pasticcino!

Costanza: No! No! Non lo voglio! Mi gira la testa! (Crolla sul divano, con la testa inclinata indietro)

Vittoria: Allora lo prendo io.

Massimo: Finisce che ti verranno le carie.

Vittoria: Che palle tu e i discorsi di tuo padre! Quanto mi sei insopportabile! Potessi, tu, ci convivresti con tuo padre. Tu e lui siete la stessa cosa: il figlio soldatino del papà. (A Costanza) Non è neanche riuscito a finire il primo anno di università questo perdente, sai? Lui dice di frequentare odontoiatria, ma in realtà segue solo un misero corso per corrispondenza. Ma chissà! Da qualche parte arriverà, no? Almeno si spera.

Massimo: Mio padre mi lascerà l’attività appena potrà, ed io avrò uno studio tutto mio!

Vittoria: (Simulando la voce di una bambina) Bellino il figlio di papà. Piccino. (Mangia un pasticcino)

Massimo: Ma sì, ma sì. Prendilo. Affoga!

Costanza: (Si solleva) Che poi, voi non lo sapete, ma ha anche delle infiltrazioni in bocca. (Rigetta indietro la testa)

Massimo: Sì, e due carie.

Vittoria: E l’unica cosa che mi sa chiedere qual è? Fare un bambino! (Ride) Oddio! I bambini si riassumono in una cosa sola: il vomito. Vomitano ovunque, basta, solo quello. Che schifo. E ancor più schifoso sapere che il loro vomito viene dalle viscere create col tuo sangue.

Massimo: Dobbiamo amarci e onorarci nella buona e nella cattiva sorte: è il sacro vincolo del matrimonio. Tu me lo darai, farai il tuo ruolo, e la nostra vita tornerà felice come una volta.

Vittoria: (A Costanza) Sì, d’accordo. Con l’eiaculazione precoce che ha…!

Massimo: Io non soffro di eiaculazione precoce! Io sono sano come un pesce!

Vittoria: Se riesce a durare tre minuti a letto si sente un leone. Esce dalla stanza e fa anche i versi. Poi si addormenta.

Massimo: Hai voglia di giocare? Va bene. Detti le regole e poi non ti piace rispettarle, non ti è mai piaciuto rispettare le regole. Ma ora gioco anche io come giochi te. Il punto sai qual è? Il punto sai qual è? Che io non alzo mai la cresta. Ma devi stare attenta a provocarmi. Altrimenti se non ti vado più bene puoi pure andartene, sai? Ah, ma via tu non ci vai più.

Vittoria: Cristo Santo, quanto sei patetico! Mi fai così tanto schifo che davvero mi chiedo come abbia fatto a non averti ancora lasciato.

Massimo: (Smorfia) Mi sembra semplice, no? Tu da sola non dureresti neanche trenta secondi. Avresti sempre bisogno di qualcuno che ti colmi “il cuore”… o la bocca.

Vittoria: Immagino che sia stato tu a farlo…

Massimo: No, sarà stato qualcun altro sicuramente. Un manichino? Chi? Un attaccapanni? (Ride)

Vittoria: Bastardo!

Massimo: Ah! Non è colpa mia se sei fuori dal giro. Sei fuori dal giro bella mia, hai fatto troppo la furbetta. E ora paghi. Sai benissimo come tutti ti guardano. Non dureresti un giorno da sola. Sei ancora salva solamente perché stai con me. (Smorfia) La ballerina voleva fare! (Ride)

Vittoria: Zitto!

Massimo: Tua sorella non ti vede nemmeno!

Vittoria: Zitto!

Massimo: E con quelle gambe! Pesa il doppio di sua sorella e voleva fare il balletto classico lei! (A Costanza) Glie lo ha dovuto dire la mamma di smetterla perché lei si sentiva anche brava.

Vittoria: Zitto! (Crolla a sedere con la testa fra le mani)

Massimo: La cresta! La cresta dovete abbassare! Tutti!

Silenzio.

Vittoria: (Quasi tra sé) Perché non te ne vai?

Massimo: (Pausa) Andarmene? Le persone là fuori godrebbero, Vittoria, godrebbero se io e te ci si lasciasse. Tutti, tutti lo vorrebbero, sai? Ma io questa soddisfazione alla gente, mi dispiace, ma io non glie la darò. E poi, onestamente, tu mi ci vedi, così, a diventare il cliente preferito degli “happy hour”, con la barba incolta, vestito casual, ad abbordare una, magari di dieci, quindici anni più giovane, nella speranza di ricominciare tutto da capo? No, io non mi ci vedo per niente. No davvero... Ma io, almeno, lo ammetto.

Vittoria: Sei talmente schifoso che quelli come te non andrebbero lasciati, no… Sarebbe troppo facile. Quelli come te andrebbero uccisi. Mi fai come salire la voglia…

Massimo: Direi di lasciar perdere questo discorso. Tanto da qui non se ne andrà nessuno, e di questo ne siamo certi tutt’e due.

Silenzio.

Vittoria: (Guardando Costanza) Sta dormendo.

Massimo: (Pausa) Cosa ne stiamo ricavando?

Vittoria: (Pausa) E se fosse? E se fosse arrivato veramente il caso di farne uno?

Massimo: Tu non mi ascolti, tu non vuoi darmi retta.

Vittoria: Io non mi diverto più.

Massimo: Quanto dovrà durare ancora?

Vittoria: Io non ho più niente.

Massimo: No.

Vittoria: Niente. Mi hanno tolto anche questo.

Massimo: Già.

Vittoria: Fare un bambino…

Massimo: Sì, Vittoria, è l’unica soluzione. E’ l’unica soluzione.

Vittoria: Non ce la faccio a resistere ancora.

Massimo: Non dovrai più farlo.

Vittoria: Cos’è che mi rende l’aria così priva di densità? Cos’è questo peso che incrina la mia colonna vertebrale? C’è tanto… vuoto.

Massimo: Non lo sarà più.

Vittoria: No. Io… io non lo voglio più. Non lo voglio più.

Massimo: E adesso dimmi, te ne prego, che cosa ti ha detto. Di lasciarmi?

Costanza: (Si riprende, ride, poi) Voi state scherzando! Voi state scherzando! Ma sì, voi scherzate! Lasciatemi andare! Voglio andare via! Dov’è la mia borsa? (Si alza a tentoni)

Vittoria: Mandala via.

Massimo: E’ ubriaca. Non è bene che guidi.

Vittoria: Chi se ne frega. Mandala via ho detto. Com’era alta la sua cresta quando stava con ”l’intellettuale”! A chi vuoi che faccia pena? A nessuno…!

Costanza: Ma dov’è la mia borsa? Ah, eccola!

Vittoria: … a nessuno.

Costanza: (Afferra la borsa) Io qua dentro non ci metterò mai più piede!

Vittoria si alza e afferra Costanza per un braccio. Si guardano un momento. Successivamente Costanza viene spinta fuori.

Vittoria: (Si volta e si avvicina lentamente al sauternes. Successivamente afferra il bicchiere) Questo sauternes… Oh! Questo sauternes… (Beve. Le cola addosso del sauternes. Massimo le si avvicina e le asciuga le labbra) Di continuare mi ha detto. Di continuare.

Massimo: Davvero? Ti ha detto questo?

Vittoria: Mi ha detto che potevamo soltanto continuare. Lo disse con un tono molto serio.

Massimo: Io e te dobbiamo soltanto continuare.

Vittoria: Già.

Massimo: Hai visto?

Vittoria: Ho visto.

Massimo: Hai visto come stanno le cose? Hai visto?

Vittoria: Ho visto.

Massimo: Tutti si lasciano men che noi.

Vittoria: Ho visto.

Massimo: (Indicando verso la porta d’ingresso) Guarda come ci si riduce.

Vittoria: No. Io non voglio. Non voglio.

Massimo: No. Noi siamo i veri amanti. Chi si ama non si lascia.

Vittoria: Sì, è così, è così.

Massimo: E ci lasceremo noi?

Vittoria: No, non voglio. Non voglio.

Massimo: Dunque abbiamo vinto noi.

Vittoria: Sì, abbiamo vinto. Abbiamo vinto noi.

Massimo: E adesso prega per me.

Vittoria: Paparino…

Massimo: Prega per me.

Vittoria: Paparino…

Massimo: Abbiamo vinto noi.

Vittoria: Oh, Paparino, ti prego: portami di là. Prendimi. Uccidimi, papà! Uccidimi!

ATTO 2 - Quadro 2

In scena: Vittoria e Costanza sedute davanti al tavolo. Hanno finito di bere un thè. Si stanno scattando una foto col cellulare di Vittoria. Nei pressi della porta d’ingresso: una busta di un negozio di vestiti ancora non aperta. La mobilia è diversa. Un carrello per gli alcolici si situa adesso nei pressi del divano.

Costanza: (Scattano la foto, poi) Sì, devo essere onesta: questa mobilia nuova mi piace di più.

Vittoria: L’ha scelta Massimo.

Costanza: Beh, direi che ha scelto bene.

Vittoria: Sì, sì. Ci manca soltanto di rifare la camera da letto.

Costanza: Insomma, parlami un po’ di questo tizio che hai detto di volermi presentare. E’ tutto il pomeriggio che stai con la bocca chiusa. Cos’hai detto che suonava…?

Vittoria: (Premendo sul cellulare) E’ un pianista. Stefano si chiama. Borsoni Stefano. Faceva le medie con mio marito, poi si è trasferito per il conservatorio. Che io sappia è molto richiesto. Anche perché insomma…

Costanza: Cosa?

Vittoria: Non credo tu voglia prenderti il primo che capita, no? Hai bisogno di qualcuno che sappia farti fare la giusta figura.

Costanza: Certo. Sempre che ci riesca…

Vittoria: Oh, sempre a pensare male! Tu e il tuo pessimismo. Perché mai non dovresti riuscirci?

Costanza: La fai facile tu. Non è mica semplice.

Vittoria: Senti, credimi, davvero, quello che dovresti fare è… (Indicando il cellulare) Nella foto ho messo anche il tuo nome.

Costanza: Ah, grazie. (Si alza per prendere il cellulare nella borsa)

Vittoria: Insomma, quello che dovresti fare è esaltare quello che hai. Va bene, siamo d’accordo, tu dirai “non è così tanto”, e hai ragione. Ma almeno provarci, che so… il culo.

Costanza: Non ho un bel culo. E’ quasi piatto.

Vittoria: Senti, se questa è la mentalità non ti aiuto più!

Costanza: Non è una mentalità. E’ un dato di fatto. Guarda. Ti sembra bello?

Vittoria: Ma non è vero! Se ti metti delle mutande strette sotto vedrai che si gonfierà. Perché deborda, capisci? E gonfia. Il trucco è sempre questo: mutande e reggiseno sempre di una taglia meno. Le soluzioni ci sono sempre, anche quando sembra tutto perduto. Basta non farle vedere.

Costanza: Sì, però, quando poi ti vedono senza? (Risedendosi)

Vittoria: E tu credi che un uomo abbia la lucidità in certi momenti per farci caso? Vedi come sei? Li sopravvaluti troppo. Gli uomini a letto sono molto più timidi di noi: è scritto anche su Internet.

Costanza: Beh, se dai retta a tutto quel che vedi e senti su Internet…!

Vittoria: Senti, tu devi pensare una cosa: se lo vuoi lo ottieni.

Costanza: Se lo voglio lo ottengo.

Vittoria: Senza scrupoli.

Costanza: Senza scrupoli.

Vittoria: Quindi stasera indosserai mutande strette. E tacchi alti. Il tuo culo dovrà esplodere.

Costanza: (Ride) Oddio! Sembra di doverci esibire come delle puttane.

Vittoria: Oh, ci si abitua! Ci si abitua a tutto! Mi è sempre piaciuto pensare che posso sempre ottenere ciò che voglio.

Costanza: Per una come te è facile…

Vittoria: Oh, non credo che sia impossibile. Goditela finché sei in tempo. Che ore abbiamo fatto?

Costanza: (Guarda l’orologio) Le sette e un quarto. Fra poco vado a casa a prepararmi.

Vittoria: Massimo invece doveva già essere qui.

Costanza: Avrà trovato fila.

Vittoria: Sì, ma che non sia ancora arrivato… Mi dà sui nervi.

Costanza: Su, su. L’avrà trattenuto qualche cliente…

Vittoria: Non so più come organizzarmi: quando esce prima, quando esce dopo… E mai che ti rispondesse al cellulare. Sempre spento lo deve tenere.

Costanza: Su, non ti innervosire. Dovete essere contenti che poi l’attività andrà in mano a lui.

Vittoria: Certo. Almeno quello…

Costanza: Io trovo che Massimo sia un ottimo marito e che voi due stiate proprio bene insieme.

Vittoria: Beh, non ci si lamenta…

Costanza: Quando vedo quei post d’amore che pubblicate penso che siate davvero carini.

Vittoria: Già.

Costanza: (Pausa) “Goditela finché sei in tempo”.

Vittoria: Eh?!

Costanza: Hai detto “goditela finché sei in tempo”.

Vittoria: Ah, era una battuta. Eh, sì, perché poi… (Si tocca la pancia)

Costanza: Mi spaventi.

Vittoria: Ma no! Ma no! Ma che dici? E’ che, insomma, quando arriva il momento di certe cose devi cominciare a farne a meno.

Costanza: Massimo lo vedo così contento.

Vittoria: Oh, sì. Non siamo mai stati così felici.

Costanza: Ci credo. Quando me lo hai detto sono scoppiata di gioia anche io. Hai detto che nascerà tra maggio e giugno, vero?

Vittoria: Se tutto va bene.

Costanza: Mio Dio, Vittoria! Ma che hai?

Vittoria: Niente, niente. Spero che vada tutto per il meglio.

Costanza: Senti tu devi stare serena, capisci? (Le prende la mano) Andrà tutto bene. E’ normale che tu sia preoccupata. Ma devi stare tranquilla.

Vittoria: Oh, ma lo sono. Non preoccuparti.

Costanza: Sei sicura?

Vittoria: Sicurissima.

Costanza: Comunque sappi che qualunque cosa puoi sempre contare su di me.

Entra Massimo dalla porta d’ingresso: indossa una nuova giacca.

Massimo: Due estrazioni del dente del giudizio. Una dietro l’altra. Beh, direi che per oggi possa anche bastare. Oh, Costanza, non sapevo che tu fossi qui. Allora, pronte per stasera? Amore?

Vittoria: (Come riprendendosi improvvisamente) Prontissima. Mai state più pronte. Costy sta fremendo.

Costanza: Ma cosa dici…?

Massimo: Immagino che non abbiate incontrato traffico. Una fila pazzesca, una fila pazzesca all’uscita della tangenziale. (Si avvicina a Vittoria e la abbraccia da dietro) Come stanno le mie due creature?

Vittoria: Oh, su.

Massimo: Perché ora siete due, no?

Vittoria: Oh, come sei…

Massimo: Posso offrirti qualcosa Costanza?

Costanza: Oh, no, grazie. Eravamo infreddolite e ci siamo bevute un thè.

Massimo: D’accordo. Amore, mica mi hai comprato…?

Vittoria: Sì, tesoro, è sul letto.

Massimo: Perfetto. Voi che vi siete prese?

Vittoria: Oh, non c’era niente di interessante. Solo un abito per Costanza.

Costanza: Lo indosserò stasera. Vittoria ha insistito che io lo comprassi. Diceva che mi sta molto bene.

Vittoria: Non ti sta bene. Ti sta divinamente.

Massimo: Oh, bene, bene.

Vittoria: Ti sei assicurato che ci sia?

Massimo: Ha detto che sarà lì per le otto. Ovviamente non sa niente.

Costanza: Ah, non gli avete detto…?

Vittoria: Certo che no. Anche se costruito, vorremmo che fosse un incontro sincero.

Massimo: Altrimenti sarebbe un po’ falsato, non ti pare?

Vittoria: Ti porteremo da lui e ti presenteremo noi. Poi, te l’ho già detto, devi puntare sul fotografo. In tutti gli aperi-rosa c’è un fotografo di serata. Quando lo vedi, ti fai trovare vicino a lui, lui vi farà la foto e il gioco è fatto. Semplice. Ci cascano tutti. (Ascoltando, Massimo fa per farsi un drink al carrello alcolici)

Costanza: Beh, speriamo che funzioni anche per me allora.

Vittoria: Se ti presenti così non funziona. Devi sorridere, trasmettere serenità. Se non sei attraente non ci pensano nemmeno ad avvicinarsi. (Costanza accenna un sorriso) Lo vedi che ci capiamo? Altrimenti basta fingere di aver bevuto un po’ troppo. Così è ancora più facile. Giusto, amore?

Massimo: (Sedendosi sul divano, bevendo il suo drink) Certo. Oppure l’alternativa è di bere sul serio, così ti sciogli un po’. (Ride)

Costanza: (Ridendo) Ah, voi con questa moda del bere mi porterete alla malora.

Vittoria: (Ridendo) Ma dai! E’ che vai di fuori con niente…!

Costanza: E’ vero, è vero, lo ammetto.

Massimo: Beh, se non era abituata è comprensibile. Magari gli ci vorrà ancora un pochino…

Costanza: Sì, infatti. E’ che mi ci avete abituata voi, io prima neanche ci pensavo.

Vittoria: “Abituata”? E che vuoi che sia qualche goccio ogni tanto?

Costanza: (Ride) Che poi, non so se lo fa anche a voi, ma sapete cos’ho scoperto? Ci ho fatto caso l’ultima volta: mi scordo tutto. Non ricordo niente. Mi sveglio nel letto e non riesco a ricordare.

Vittoria: Poi ti ci abitui e passa.

Costanza: Oh, no, no. Stasera non voglio toccare bicchiere.

Vittoria: Vedremo stasera.

Costanza: (Tra il sorriso e l’ironia) Che fai? Mi sfidi?

Vittoria: (Tra il sorriso e l’ironia) Tu mi sfidi?

Costanza: (C.S.) Attenta, perché lo sai che quando mi si sfida io poi la prendo sul serio.

Vittoria: (C.S.) Non chiedo di meglio.

Costanza: (C.S.) Sicura?

Vittoria: (C.S.) Certo.

Costanza: (C.S.) Come vuoi. Con me non è così facile.

Vittoria: (C.S.) Oh, lo so, lo so. Ormai ti conosco.

Vittoria e Costanza si guardano, poi improvvisano insieme, per divertimento, una canzone a loro nota.

Massimo: (Interrompendole e posando il drink sul carrello alcolici) Vedo che potete continuare anche senza di me. Sentite, io nel frattempo mi vado a cambiare, ok? Non vorrei fare tardi. Amore.

Vittoria: Sì, tesoro?

Massimo: Dammi un bacio, amore.

Vittoria: Tesoro, su, non adesso… Uff! Sempre a chiedere. (Scambia uno sguardo d’intesa con Costanza)

Vittoria e Massimo si baciano, successivamente Massimo esce per i corridoi interni.

Costanza: Lo abbiamo ignorato?

Vittoria: No, no.

Costanza: Fa ancora jogging tutte le mattine?

Vittoria: Tutte le mattine alle sei. Ora sono due mesi.

Costanza: Si vede che l’ha presa sul serio.

Vittoria: Ha paura di prendere qualche chilo perché dice che a lavoro sta troppo seduto. E lui proprio non ne vuol sentir parlare. Gli è presa questa fissa. Dice che correre la mattina così presto sia un toccasana. Solo che tutte le volte mi sveglia. Io sarei per dormire fino a mezzogiorno.

Costanza: Certo che per essersi alzato così presto ed aver lavorato tutto il giorno non lo vedo per niente stanco. Si vede che è proprio contento. Insomma: il lavoro; il bambino…

Vittoria: Beh, è contento un po’ per tante cose, sì. La promozione ad assistente alla poltrona lo mette molto più a suo agio. L’hai vista la giaccia che indossava adesso? Prima ancora di essere promosso ne ha comprate tre.

Costanza: Addirittura?

Vittoria: Dice che rende più professionali, lascia un impatto maggiore sulle persone.

Costanza: E’ probabile che sia vero. A me, per esempio, sono sempre piaciute le giacche.

Vittoria: (Ridendo) E’ fatto così. Come per la prima automobile: se la fece comprare prima ancora di avere la patente. Col corso per corrispondenza proprio non ce la faceva più. Adesso c’è suo padre a insegnargli direttamente sul luogo.

Costanza: Oh, sì, suo padre è veramente bravo. In due sedute mi ha sistemato tutto quanto.

Vittoria: E’ figlio di dentista pure lui. Tutti dentisti in casa sua.

Costanza: Senti, ma… posso chiedertelo? Tutti questi discorsi di “promozioni”… Ma si può veramente fare una cosa del genere?

Vittoria: Sinceramente non lo so. Credo di sì. (Pausa. Costanza la guarda) Beh, diciamo che teoricamente… Però se non succede niente sai come si ragiona: “occhio non vede, cuore non duole”.

Costanza: Ah, allora…

Vittoria: Fa come se non te lo avessi detto.

Costanza: Figurati. Si vede che anche Massimo è uno che in un modo o nell’altro riesce sempre a ottenere ciò che vuole. Direi che su questo vi siete trovati.

Vittoria: Chiudiamo questa parentesi. Ti va?

Costanza: Come desideri.

Vittoria: Vuoi qualcos’altro?

Costanza: No, grazie. Comunque stavo pensando: Toro o Gemelli.

Vittoria: Cosa?

Costanza: Il vostro bambino. I segni zodiacali: Toro o Gemelli, no?

Vittoria: Ah, sì, io non ci ho mai fatto caso a queste cose.

Costanza: Neanche io, figurati. Era per dire. So che sono due bei segni. Avete deciso come chiamarlo?

Vittoria: Non ho idea. Onestamente siamo un po’ indecisi…

Costanza: Certo, certo. Tanto manca ancora molto. Avete tempo.

Vittoria: Già…

Costanza: Tu cosa preferiresti che fosse? Maschio o femmina?

Vittoria: Mah, non so... Non mi fa differenza.

Costanza: Beh, qualche differenza c’è.

Massimo: (Da fuori) Tesoro, le scarpe nere dove sono?

Vittoria: Dietro la porta della camera, no? Come sempre.

Massimo: (Da fuori) Non ci sono.

Vittoria: Vedrai che le hai lasciate… Ah, no, le ho messe io in terrazza.

Massimo: (Da fuori) Trovate!

Vittoria: Uff! Mai che trovassero qualcosa alla prima questi uomini. Gli devi sempre dire dove andare…

Costanza: E’ un classico. E’ sempre così. A proposito: tua sorella?

Vittoria: Mia sorella? Come vuoi che stia? Piange, piange tanto.

Costanza: Non sai quanto mi dispiace. Capisco il sacrificio.

Vittoria: Eh, sì, il sacrificio è stato tanto: lezioni; viaggi; seminari; i miei che dovevano accompagnarla ovunque…

Costanza: Ah, davvero?

Vittoria: Beh, sai, quando sei minorenne sì. Le audizioni, poi, mica le facevano dietro casa…

Costanza: E’ stata una grande fatica per tutti.

Vittoria: Per tutti, davvero. Ho provato a dirle di tirarsi su, di non abbattersi così. Ma del resto cosa si pretende? Una caviglia slogata non si risolve in poco tempo.

Costanza: Proprio in una occasione come questa. Il lago dei cigni mica lo fanno fare alla prima che capita. Significa che era davvero brava.

Vittoria: (Pausa, grave) Sì. (Riprendendo il sorriso) Purtroppo sono cose che succedono, e non c’è un perché. C’est la vie.

Costanza: Già, è proprio vero. Speriamo per lei. Purtroppo… (Guarda il cellulare) Oh, qui si rischia di far tardi davvero. Sarà bene che vada a prepararmi anche io. (Alzandosi velocemente) Vi aspetto davanti al portone, ok?

Vittoria: D’accordo, a più tardi. Te lo ricordi dov’è il tasto per il cancello, vero?

Costanza: Certo. A dopo.

Vittoria: A dopo. Aspetta, dove vai? (Indica la busta nei pressi della porta d’ingresso)

Costanza: Quasi me la scordavo. (Ridono) A dopo.

Costanza esce per la porta d’ingresso dopo aver afferrato la busta.

Massimo: (Rientra indossando una nuova camicia non totalmente abbottonata e una cravatta in mano) Il lago dei cigni. Che poi chi è l’autore?

Vittoria: Non lo so. Non ricordo.

Massimo: Comunque ho deciso: se è un maschio lo chiameremo Michele, come il nonno. Se sarà femmina invece io direi… Monica . Tu cosa ne pensi?

Vittoria: Mi piacciono tutt’e due.

Massimo: Secondo me sarà maschio. Tu cosa dici?

Vittoria: Non lo so. Dovrei dedurlo da qualcosa?

Massimo: Me lo sento. (Sistemandosi la camicia) Lo sai? Ci ho pensato, ci ho pensato molto in questi mesi, e sono giunto a una conclusione: che Diego in realtà era piuttosto attratto da te.

Vittoria: Tu dici?

Massimo: Sì, dico. Ecco perché aveva quel tono serio quando ti ci sei vista un anno fa. Beh, non sarebbe una novità. Sarebbe un po’ come tutti insomma. Tutti gli uomini sono attratti da te.

Vittoria: Parli come se la cosa mi riguardasse ancora.

Massimo: Oh, sì, certo. Ma non lo dicevo per te.

Vittoria: In che senso?

Massimo: Posso dire di averla risolta dal momento in cui la cosa non mi fa così tanto dispiacere. Anzi, a dir la verità non me lo ha mai fatto. E credo che anche a te in fondo non dispiacesse. (Finendo di sistemarsi) Come sto?

Vittoria: Direi che ti sta bene.

Massimo: Dici? Non è larga sui fianchi?

Vittoria: No, no. Ti sta bene.

Massimo: Ottimo. La cravatta la metto o no?

Vittoria: La cravatta mi piace sempre.

Massimo: Va bene. Me la metto. Ma solo per te, eh?! (Afferra la cravatta e fa per mettersela) Che hai?

Vittoria: Niente.

Massimo: Non mi dirai che sei dispiaciuta per tua sorella.

Vittoria: Per un attimo ho pensato che Costanza sia davvero una brava ragazza.

Massimo: (Continuando a cercare di annodare, con difficoltà, la cravatta) Ah! Beh, è una bella cosa.

Vittoria: Così sola, eppure…

Massimo: Sarà che sei incinta.

Vittoria: Cosa?

Massimo: Ho detto: sarà che sei incinta. Tutti questi apprezzamenti su di lei non li avevi mai fatti. Cioè… in realtà non li hai mai fatti su nessuno.

Vittoria: (Pausa) Che ti ha detto il Borsoni?

Massimo: Il Borsoni? Verrà, verrà.

Vittoria: E poi?

Massimo: E’ contento. Non usciva con una ragazza da almeno due anni. Non credevo che sarebbe stato così semplice combinare questo incontro. Disgraziati nella vita, disgraziati in amore. No, la solitudine non piace a nessuno, è proprio vero. (Vedendo che la cravatta non si annoda correttamente) Ah, questa cravatta non mi viene. (Scioglie la cravatta, poi) Tu sei pronta?

Vittoria: Mmm?

Massimo: Non ti cambi?

Vittoria: Mi devo solo mettere un pochino di cipria e sono pronta.

Massimo: Ah! Va bene.

Vittoria esce per i corridoi interni portando via l’apparecchiatura per il thè. Massimo fa per rimettersi la cravatta. Poco dopo Vittoria rientra col cofanetto dei trucchi e fa per sedersi sul divano.

Massimo: Ti senti bene?

Vittoria: Sì.

Massimo: Sembri annoiata.

Vittoria: No.

Massimo: E allora cosa?

Vittoria: E’ che non ci trovo più gusto in questa faccenda.

Massimo: E perché no? In fondo stiamo facendo del bene.

Vittoria: Sì, ma non mi interessa. Io non volevo venire stasera.

Massimo: Sei sempre venuta tutte le volte.

Vittoria: Mi guarderanno tutti.

Massimo: Oh, su, che fai? Le bizze? Ti guarderanno, sì, ti guarderanno per quello che sei: una donna, una mamma, una moglie. Niente di più. Guarda come sei bella.

Vittoria: (Fermandosi, poi tra sé, aprendo il cofanetto e vedendosi allo specchietto. Massimo la guarda) Il mio volto è pieno di crepe.

Massimo: Ma che dici? Su, fatti fare una foto.

Vittoria: No…

Massimo: Ma sì, dai. Sorridi? (Vittoria sorride. Scatta una foto col cellulare) Ecco qua. (Scrivendo al cellulare) “Tutto procede secondo i piani”. Carino, no? Cosa ne pensi? “Tutto procede secondo i piani”. E’ carino.

Vittoria: Molto.

Massimo: Che si fa? Andiamo?

Vittoria: Sì, andiamo. Ma non facciamo tardi.

Massimo: No, che tardi. E poi domani ho da tornare in studio.

Vittoria: Sì. (Massimo fa per riprovare a mettersi la cravatta) Aspetta. La cravatta… toglila.

Massimo: Ah, la tolgo?

Vittoria: Sì.

Massimo: (Togliendo la cravatta dal colletto della camicia) Pensavo che ti piacesse.

Vittoria: Con questa camicia non si addice. Ecco, così fa più giovane.

Massimo: D’accordo. (La bacia) Su, amore. E’ tutto a posto. Ci andiamo soltanto un po’ a divertire. (Vittoria si siede sul divano e fa per truccarsi) Chiamo l’ascensore.

Vittoria: Vai pure. (Massimo esce. Fa per mettersi la cipria) Certo che è tutto a posto. (Continua a mettersi la cipria) Certo. (C.S.) E’ tutto a posto. (Ripone la cipria nel cofanetto) E’ tutto a posto. (Chiude il cofanetto)

Quadro 3
Mattina presto, senza sole. Qualche tuono in lontananza. Sul tavolo e per terra sono sparsi alcuni giocattoli del neonato: pupazzi, formine, e altro. Un carillon-giocattolo suona sul tavolo. Su una mensola: il cofanetto dei trucchi di Vittoria. Sta cominciando a piovere. Poco dopo l’inizio della pioggia, le urla del neonato smettono. Vittoria entra dai corridoi interni in vestaglia: si ferma, si tocca la fronte; afferra il carillon-giocattolo, lo guarda, lo spenge; crolla, sfinita, su una sedia. Silenzio. Poco dopo entra Massimo dalla porta d’ingresso, vestito con tuta e scarpe da jogging.

Massimo: (Entrando e togliendosi l’impermeabile) Uff! Oh! Sei già sveglia? Sta iniziando a piovere. (Guardando fuori dalla finestra) Beh, l’avevano detto. Pioverà fino a tutto venerdì, poi nel fine settimana dicono che riprenderà. Almeno si spera… Oggi però sono leggermente più fiacco. Anche perché la temperatura è veramente aumentata. Uff! Che ore abbiamo fatto? (Guarda il cellulare) Ottimo. L’incrocio qui all’angolo è occupato dai lavori in corso: hanno chiuso la strada. E’ meglio se facciamo il giro largo in questi giorni. (La guarda) Come mai sei già alzata?

Vittoria: Ho perso il sonno e mi fa male la testa.

Massimo: Sì? Sarà per via del tempo… (Indica verso la camera del bambino) Era per mangiare?

Vittoria: No. Erano coliche d’aria.

Massimo: Coliche d’aria… (La pioggia aumenta) Si sta scatenando una bella bufera là fuori. Vuoi qualcosa per colazione?

Vittoria: No, adesso non mi va niente.

Massimo: Che cos’hai?

Vittoria: Ho un po’ di nausea.

Massimo: Ti passerà. Stai ferma. Dev’essere un calo di pressione. Ti faccio un po’ d’acqua e zucchero, ok?

Vittoria: No, no. Non voglio niente.

Massimo: Ma ti farà bene.

Vittoria: Non mi va. Mi è passato.

Il bambino ricomincia a urlare.

Massimo: Sta di nuovo piangendo. Non è che ha fame?

Vittoria: Ha appena finito di mangiare. Glie l’ho dato mentre eri a correre.

Massimo: Se lo avessi saputo l’avrei fatto io. Mi sembrava che ormai avesse preso sonno... Lo vado a prendere io. Resta qui.

Massimo esce per i corridoi interni. Vittoria rimane ancora immobile. Poco dopo Massimo rientra col bambino in braccio. Vittoria li guarda.

Massimo: Eccolo qui. Eccolo qui. Su, su, su. Ecco, vedi? Si calma subito. (Un leggero tuono) Eh, sì. Oggi è brutta brutta. Pazienza. (Avvicinando lo sguardo al bambino) Ah! Amore, guarda! Guarda!

Vittoria: Cosa?

Massimo: C’è un dentino. Il primo dentino! Lo avevi visto?

Vittoria: No.

Massimo: Ecco perché piange tanto. (Estraendo il cellulare si rivolge dolcemente al bambino) Ora il papà ti fa una foto, ok? (Esegue un autoscatto col cellulare) Ecco qua. Guarda come siamo belli. “Tutto procede secondo i piani”. (Preme sullo schermo del cellulare, poi) Ecco… Fatto. (Guarda il bambino) Dorme. Lo riporto di là.

Vittoria: Tra poco piangerà di nuovo se non lo tieni.

Massimo: Ma se dorme come un ghiro!

Massimo esce per i corridoi interni. Vittoria si alza e fa per riunire, sfinita, tutti i giocattoli in terra e sul tavolo. Successivamente Massimo rientra.

Massimo: Oggi avrò da passare in banca alle due e mezzo. Non so se tornerò per pranzo. (Pausa) Comunque amore, scusami se te lo dico, ma oggi esci un po’. Uscite un po’ te e lui. Sono settimane che non esci.

Vittoria: Oggi piove.

Massimo: Ho capito ma comunque esci, non stare a chiuderti in casa. Non fa bene. Comunque prima di uscire ve ne ho scattate una mentre dormivate tutt’e due, sai?

Vittoria: Che mi fai le foto a tradimento?

Massimo: Oh, ma eravate bellissimi. La gente vi adora. Tu non ne vuoi più fare ma io te le faccio lo stesso. Anzi… (Estraendo di nuovo il cellulare) Ferma così.

Vittoria: Senti…

Massimo: Su, dai, è solo una foto.

Vittoria: Non mi va, Massimo! Non è il caso!

Massimo: Aspetta, aspetta.

Vittoria: Ho detto che non mi va! Finiscila!

Massimo: (Pausa, severo) Sarà bene che tu ti riposi oggi. Sei un po’ nervosa.

Vittoria: Senti, Massimo… per una volta parliamoci seriamente…

Massimo: (Con leggero sorriso) Va bene parliamoci seriamente.

Vittoria: Senti, vado dritta al punto: io voglio una pausa. (Silenzio) Hai capito benissimo: voglio una pausa.

Massimo: (Pausa) Vuoi una pausa.

Vittoria: Sì. Ho da riflettere.

Massimo: (Trattenendosi) Hai da riflettere. E su cosa?

Vittoria: Ma fai finta o fai sul serio? Se è bene andare avanti o no. Mi sembra ovvio.

Massimo: No, è che non riesco…

Vittoria: Beh, comincia a crederci allora.

Massimo: (Pausa) Vuoi una pausa.

Vittoria: Sì.

Massimo: E per sapere: cosa avresti intenzione di fare?

Vittoria: Mi trasferirò da Costanza per qualche settimana.

Massimo: Da Costanza?

Vittoria: Sì, da Costanza. Ha detto che è disposta a ospitarmi. (Si guarda attorno, immersa nei pensieri)

Massimo: E che c’entra? Che c’entra che tu debba trasferirti da Costanza?! (Vittoria non risponde. Le afferra il braccio) Ehi!

Vittoria: Beh, c’entra, e lasciami stare!

Massimo: Io ti sto parlando!

Vittoria: (Liberandosi) Ho detto lasciami stare! Non mi toccare, capito?

Massimo: Quindi lo sa già? Glie lo hai già detto? Senza dirmi nulla? Non mi hai detto nulla!

Vittoria: E’ stata lei ad avermelo suggerito.

Massimo: E’ stata lei? Ma come?

Vittoria: In questi mesi non abbiamo fatto altro che parlare io e lei.

Massimo: Proprio tu che la denigravi adesso le chiedi ospitalità?!

Vittoria: Anche tu la denigravi. Tutti noi ci siamo divertiti a umiliarla. Ma era un gioco. Era un gioco per tutti e due. Un gioco che è durato anche troppo. Noi credevamo, credevamo di poter andare avanti così, di poter continuare a far finta di niente, di poter continuare in modo “normale”. Credevamo troppo.

Massimo: E tutto quello che abbiamo costruito, tutto quello che abbiamo fatto…!

Vittoria: Non abbiamo costruito nulla, Massimo! Non c’è mai stato niente, e lo sai pure tu che non c’è mai stato niente!

Massimo: Svegli il bambino e i vicini! Ci stanno sentendo tutti!

Vittoria: Non mi importa! Non mi importa!

Massimo: (Pausa) E cosa te ne vuoi fare di lui, eh?! Di lui cosa ne facciamo?

Vittoria: Lo terrò con me se vuoi. Mi basta trasferirmi per un po’.

Massimo: Prima hai detto qualche settimana.

Vittoria: E ora ho detto “un po’”.

Massimo: Tu non sei normale. Tu sei fuori di testa.

Vittoria: No, Massimo, io sono normalissima.

Massimo: E io? E io qui che faccio? Mi lasci così nel niente? Come la dovrei prendere? Cosa andrò a raccontare in giro, ai miei…? Cosa andrò a dire?

Vittoria: E che vuoi che mi interessi di quel che tu fai qui! Fai quello che ti pare, basta che mi lasci in pace!

Massimo: C’è un bambino di mezzo! Come faccio a lasciarti in pace?

Vittoria: Non fare il patriarca con me!

Massimo: Quello è mio figlio!

Vittoria: Infatti! E’ tuo figlio! E’ tuo figlio! Tienilo allora, perché io non lo voglio! Avrei preferito che non fosse mai nato!

Massimo: (Pausa) Ti rendi conto di cosa hai detto?

Vittoria: Ne sono pienamente consapevole. Per questo ti dico che è bene che io rifletta.

Massimo: Tu hai bevuto.

Vittoria: No, Massimo, non ho bevuto.

Massimo: E io come faccio adesso? Arrivati a questo punto cosa ti aspetti che faccia io?

Vittoria: Hai tutto il tempo per pensare e rifarti una vita.

Massimo: Ah! Quindi mi vuoi proprio lasciare! Te ne vuoi proprio andare!

Vittoria: Non lo so. Ci devo pensare.

Massimo: E tu credi che sia davvero possibile? Lo credi? Lo credi davvero?

Vittoria: Io non ho mai creduto in niente.

Massimo: (Si siede con la testa fra le mani) No! No! No! Non capisco! Non capisco! Non capisco!

Vittoria: Neanche io capisco, ma è così!

Massimo: Quindi è così! Tu te ne vai da un giorno a un altro, così, dopo avermi masticato per bene adesso mi sputi. No, questo non è vero. Io so che non è vero.

Vittoria: E’ così, Massimo! Il vuoto completo! Io, tu, tutto qua dentro odora di merda. Persino tuo figlio, sì, anche lui, anche lui è una merda! “Una soluzione alle carie della tua vita”. Come quello spray che vendi nel tuo studio: “una soluzione alle carie della tua vita e tornerà il sorriso”. Non è così? Perché volti la testa? Guardami!

Massimo: Verrai abbandonata da tutti! Sarai sola come un cane, lo sai? I tuoi non lo tollereranno. I miei nemmeno. Nessuno ti tollererà.

Vittoria: Sì, è vero. Sono sola. Ma almeno lontana da te!

Massimo: E cosa vorresti fare? Provare a farti un’altra vita? Aprire le gambe al primo passante? Oh, sei sempre stata molto brava in quello! Magari ti rivedi pure col tuo ex!

Vittoria: Chissà, chissà. Magari ti manderò una foto mentre saremo a letto!

Massimo: Tu sei una puttana!

Le urla del bambino ricominciano.

Vittoria: Sì, sì! Meglio puttana! Meglio puttana!

Massimo: Tu… (Ride) Tu… Ma guarda come riesci… Riesci, nonostante tutto, a sembrare quella innocente, quella buona. Odoravi ancora di lui quando ti venni a trovare quella volta. Sì, tu odoravi ancora di lui. Che nausea. Eri anche rivolta al vetro della finestra. Vi vidi bene. Poteva vedervi chiunque. Ma chissà? Magari era proprio quello che volevi. Avevi ancora i segni delle sue mani quando mi apristi la porta.

Vittoria: Stronzo infame! Mi hai rovinato la vita! Neanche lì sei riuscito a essere uomo! Hai finto come meglio non potevi fare, e sei arrivato a credere di poter passare sopra perché tutto rimanesse così com’era.

Massimo: Tu mi rinfacci…! Tu stai continuando a voler passare per vittima! Anche a te ha fatto comodo che io fingessi. Perché tu sapevi. Tutt’e due sapevamo!

Vittoria: Sì esatto, tutt’e due! Tutt’e due sapevamo! (Pausa) Ma sono io che ho sbagliato, lo ammetto. Sono io che ho sbagliato. (Vede il cofanetto dei trucchi e lo afferra)

Massimo: Cosa fai? Fingi pure di pentirti adesso?

Vittoria: Sto dicendo che io e Diego non ci siamo visti due anni fa.

Massimo: (Sorpreso) Ah, no?

Vittoria: No. Ci siamo visti prima, molto prima. Due mesi prima di sposarci.

Massimo: (Colpito) Come…? Cosa stai dicendo?

Vittoria: Oh, quanto avrei voluto che quel giorno non arrivasse mai. E più volevo dire “no”, e meno forze avevo per ammetterlo. La scelta ricadeva solo su di me. Figuriamoci se tu avresti potuto cambiare idea. Ed è stato grazie a lui, a Diego. E’ stato grazie a lui se ti sei potuto sposare con me.

Massimo: E’ un’altra delle tue bugie!

Vittoria: (Trattenendosi) Oh, mi scoppia la testa!

Massimo: Non è vero! Non è vero!

Vittoria: Me ne vado oggi stesso!

Massimo: Non ne avresti il coraggio!

Vittoria: Sì? Tu pensi? Vediamo se non avrò il coraggio! Vediamo se non avrò il coraggio!

Tuono. Le urla del bambino aumentano di volume.

Vittoria: Michele, basta! Basta!

Massimo: Non permetterti di parlare così al bambino! (L’afferra e la strattona)

Vittoria: (Le cade di mano il cofanetto dei trucchi, che si spargono in terra) Lasciami! (Massimo la spinge sul divano, nei pressi del carrello degli alcolici)

Massimo: Lui non aveva ragione!

Vittoria afferra la bottiglia di whisky e fa per colpire Massimo: quest’ultimo riesce a schivare ma, cadendo indietro, trattiene la veste di Vittoria, che finisce a terra anch’essa.

Massimo: (A terra, dolorante) Cosa c’è? Mi vuoi uccidere, brutta puttana? Cosa vorresti fare, eh?

Vittoria: (A terra, cercando lentamente di rialzarsi) Tu non oserai mai più toccarmi.

Massimo: Tu non te ne andrai.

Vittoria: (Ride, poi simulando la voce di una bambina) “Sapete”, dirò, “beveva molto. Non potevamo andare avanti così. La sera tornava ed era sempre ubriaco fradicio e quando non usciva c’era il whisky in salotto”. Basterà poco per convincere il giudice. Quanto sarò contenta quando il giorno del divorzio avrò la tua provvigione.

Massimo: (Ride, cercando lentamente di rialzarsi) Stupida. Lo vedi come sei stupida? No, cara. Non ti verrà dato un bel niente una volta che avranno provato che sei stata tu a volertene andare.

Vittoria: E’ vero. E’ vero. Allora potrei dire semplicemente: “sapete? Non è neanche registrato all’albo. Gli bastava spifferare in giro che guadagnava settemila euro al mese. Andate a controllare, così vedrete coi vostri occhi. Ops! Ho detto troppo?”.

Urlando, Massimo si precipita su Vittoria e con un ultimo sforzo le scaglia un forte ceffone, gettandola nuovamente al suolo. Massimo è affaticato e a malapena si regge in piedi. Silenzio totale.

Massimo: (Sfinito) Tu oggi a pranzo non mi aspettare che ho da andare in banca alle due. Io adesso andrò al lavoro, saluterò i clienti e darò loro la mano, come ho sempre fatto. Infine tornerò stasera. (Pausa) Il bambino piange di là, vallo a prendere. (Vittoria si alza ed esce per i corridoi interni. Le urla del bambino smettono e Vittoria rientra con Michele in braccio) Te lo ricordi che sabato siamo a cena dai miei, giusto? Sì, te lo ricordi, te lo ricordi… (Si sdraia sul divano) Non rimanere in piedi. Vieni qui, qui accanto a me. (Vittoria gli si siede accanto) Quella foto… l’ho già pubblicata, sai? Chissà quante cose belle avranno già detto su di te, su di noi… Sono molte le persone che ci apprezzano. “Tutto procede secondo i piani”. Questa è cosa bellissima e invidiabile.

Vittoria: Non piangere Michele. Non piangere, su. E’ tutto a posto, Michele. E’ tutto a posto. E’ tutto a posto.

Sipario