ONESTO IO, ONESTI TUTTI!
Atto unico di
ANTONIO SAPIENZA
Liberamente tratto dalla commedia in tre atti di Luigi Pirandello " Il piacere
dell'onesta'", con tre soli personaggi
Personaggi:
Angelo Baldovino;
Fabio Colli;
Agata
Buio in sala, sipario che lentamente si apre. In scena si trova Fabio Colli. E'
nervoso e passeggia a lunghi passi. Musica adatta. Una voce fuori campo
annunziera' l'entrata di Angelo Baldovino, modestamente vestito.
Voce- C'e' il signor Baldovino...-
Fab.- (ansioso va incontro a Baldovino che entra da sinistra) Prego, s'accomodi.
(gli da la mano e lo fa accomodare nel divano)-
Bal.- Le chiedo prima di tutto una grazia.-
Fab.- Dica, dica...-
Bal.- Signor marchese, che mi si parli aperto.-
Bal.- Ah, si...si Anzi non chiedo di meglio.-
Bal.- Grazie. Lei forse pero' non intende questa espressione "aperto", come la
intendo io.-
Fab.- Ma... non so.. aperto...con tutta franchezza...(Baldovino fa cenno di non
col dito)... E come allora?-
Bal.- Non basta. Ecco, veda, inevitabilmente, noi ci Costruiamo - cioe' io mi
presento in una forma adatta alla relazione che debbo contrarre con lei- e lo
stesso fa lei di se, che mi riceve.
Ma, in fondo, dentro queste costruzioni nostre, messe cosi' di fronte, restano
poi ben nascosti i pensieri nostri piu' segreti, i nostri piu' intimi
sentimenti, tutto cio' che siamo per noi stessi, fuori dalle relazioni che
vogliamo stabilire. Mi sono spiegato?-
Fab.- Si, si, benissimo. Mio cugino mo ha detto che lei e' molto intelligente.-
Bal.- Ecco, lei forse crede, adesso, che io abbia voluto darle un saggio della
mia intelligenza.-
Fab.- No, no... dicevo, perche'... approvo, approvo cio' che lei ha saputo dire
cosi' bene...-
Bal.- Comincio io allora, se permette, a parlare aperto:
Provo da un pezzo, signor marchese- dentro- un disgusto indicibile delle abiette
costruzioni di me, che debbo mandare avanti nelle relazioni che mi vedo
costretto a contrarre coi miei... diciamo simili, se lei non s'offende.-
Fab.- No, prego...dica, dica pure...-
Bal.- Io mi vedo, mi vedo di continuo, signor marchese; e dico: Ma quanto e'
vile, ma com'e' indegno questo che tu ora stai facendo!-
Fab.- (imbarazzato) Oh Dio... ma no... perche'?-
Bal.- Perche' mi, scusi. Lei, tutt'al piu', potrebbe domandarmi perche' allora
lo faccio? Ma perche'... molto per colpa mia, molto anche per colpa d'altri, e
ora per necessita' di cose, non posso fare altrimenti.
Volerci in un modo o in un altro, e' presto fatto: tutto sta, poi, se possiamo
essere quali ci vogliamo.-
Fab.- Ah certo... certo...- Vogliamo dunque venire a noi?-
Bal.- Ci siamo. (BP) Le ho detto questo per farle intendere che, avendo il
sentimento di quel che faccio, ho anche una certa dignita' che mi preme di
salvare. Non c'e' altro mezzo di salvarla, che parlando apertamente. Fingere,
sarebbe orribile, oltre che laido, volgarissimo. La verita'!-
Fab.- Ecco, si... chiaramente... Vedremo d'intenderci...-
Bal.- E, allora, se permette, domandero'.-
Fab.- Come dice?-
Bal.- Le faro' qualche domanda, se permette.-
Fab.- Ah, si, domandi pure.-
Bal.- Ecco.(BP) Lei, signor marchese, e' l'amante della signorina...-
Fab.- (troncando) Ma no! scusi.. cosi'...-
Bal.- Vede? Lei recalcitra fin dalla prima domanda!-
Fab.- Ma certo! Perche'...-
Bal.- (subito, severo) Non e' vero? dice che non e' vero? E allora...(si alza)
mi scusi, signor marchere. Le ho detto che ho la mia dignita'. Non potrei
prestarmi a una trista e umile commedia.-
Fab.- Ma come! io credo che, anzi, cosi' come vuol fare lei...-
Bal.- S'inganna! La mia dignita' - quella che puo' essere- posso salvarla
solamente a patto che lei parli con me come con la sua stessa coscienza. O
cosi', o non ne facciamo niente. - Non mi presto a finzioni indecorose- la
verita'. Mi vuol rispondere?-
Fab.- Ebbene... si...-
Bal.- Ora, mi scusi, ma debbo toccare un altro tasto delicato.-
Fab.- Mia moglie?-
Bal.- Ne e' separato? Per torti ricevuti? E ha trovato qua una consolazione. Ma
la vita - trista usuraia - sa fa pagare quell'uno di bene che concede, con cento
di noie e di dispiaceri.-
Fab.- Purtroppo!-
Bal.- Eh, l'avrei a sapere! Bisogna che ella sconti la sua consolazione! Ha
davanti l'ombra minacciosa d'un protesto senza dilazione. Vengo io a mettere una
firma d'avallo, e ad assumersi di pagare la sua cambiale. Non puo' credere
quanto piacere mi faccia questa vendetta che posso prendermi contro la societa'
che nega ogni credito alla mia firma. Imporre questa mia firma; dire: - Ecco
qua: uno ha preso alla vita quel che non doveva e ora pago io per lui, perche'
se io non pagassi, qua un'onesta' fallirebbe, qua l'onore d'una famiglia farebbe
bancarotta; signor marchese, e' per me una bella soddisfazione: una rivincita!
(BP)...Essere disonesto. Che vuol che mi costi l'onesta'?- Lei m'invita... si
dico, doppiamente a nozze. Sposero' per finta una donna; ma sul serio sposo
l'onesta'.-
Fab.- Ecco, si - e basta! Mi basta questo!-
Bal.- Permette? La mia onesta', signor marchese, dev'essere o non dev'essere?-
Fab.- Ma si che dev'essere! E' l'unica condizione che le pongo!-
Bal.- Benissimo. Nei miei sentimenti, nella mia volonta', in tutti i miei atti.-
c'e'. - Me la sento- la voglio. La dimostrero'- ebbene?-
Fab.- Che ebbene? Le ho detto che mi basta questo!-
Bal.- Ma le conseguenze, scusi! - Guardi: l'onesta', cosi' come lei la vuole da
me - che cos'e'? - Ci pensi un po'- niente. Un'astrazione. Una pura forma.
Diciamo: l'assoluto. Ora scusi, se io devo essere cosi' onesto, bisognera' pure
che io la viva- per cosi' dire - quest'astrazione; che dia corpo a questa pura
forma; che io senta quest'onesta' astratta e assoluta,. E quali saranno allora
le conseguenze? Ma prima di tutte, questa, guardi: che io dovro' essere un
tiranno.-
Fab.- Un tiranno?-
Bal.- Per forza!- senza volerlo! Per cio' che riguarda la pura forma,
intendiamoci! (il resto non m'appartiene). Ma per la pura forma, onesto come lei
mi vuole e come io mi voglio, di necessita' dovro' essere un tiranno,
gliel'avverto. Vorro' rispettare fino allo scrupolo tutte le apparenze, il che
di necessita' importera' gravissimi sacrifici a lei e alla signorina;
un'angustiosissima limitazione di liberta', il rispetto a tutte le forme
astratte della vita sociale. E... parliamoci chiaro, signor marchese, anche per
farle vedere che sono animato del piu' fermo proposito - sa che verra' fuori,
subito, da tutto questo?
che trattando con me, - non si faccia illusioni – onesto com'io saro' - la
cattiva azione la commetteranno loro, non io! - io, in tutta questa combinazione
non bella, non vedo che una cosa sola: la possibilita' che loro mi fanno - e che
io accetto - d'essere onesto. (BP) Ho parlato tanto – ho parlato tanto perche'
vorrei che lei si facesse capace di tutto, bene.-
Fab.- Io?-
Bal.- Lei, lei. Per me, gia' ci sono. E' facilissimo – che debbo fare io?-
Nulla.- Rappresento la forma. L'azione – e non bella - la commette lei: l'ha
gia' commessa, e io gliela riparo; seguitera' a commetterla, e io la
nascondero'. Ma per nasconderla bene, nel suo stesso interesse e nell'interesse
soprattutto della signorina, bisogna che lei mi rispetti; e non le sara' facile,
nella parte che si vuol riserbare!- Rispetti, dico, non propriamente me, ma la
forma - la forma che io rappresento: l'onesto marito d'una signora perbene. Non
la vuol rispettare?-
Fab.- Ma si, certo!-
Bal.- Lei e' un gentiluomo. Necessita' di cose la costringono a non agire
onestamente. Ma lei non puo' fare a meno dell'onesta'! Tanto vero che, non
potendo trovarla in cio' che fa, la vuole in me. Devo rappresentarla io, la sua
onosta': -esser cioe', l'onesto marito d'una donna, che non puo' essere sua
moglie; l'onesto padre d'un nascituro, che non puo’ essere suo figlio! E' vero
questo?-
Fab.- Si, si e' vero.-
Bal.- Ma se la donna e' sua, e non mia; se il figliolo e' suo, e non mio, non
capisce che non bastera' che sia onesto soltanto io? Dovra' essere onesto anche
lei, signor marchese, davanti a me. Per forza! Onesto io, onesti tutti- per
forza!-
Fab.- Certo che... comprendera' che... se io...-
Bal.- Ma si, creda, sara' bene che lei ci rifletta ancora un poco, su quanto ho
detto, e lo riferisca- se crede- anche alla signorina.
Io mi ritiro. Mi comunichera', o mi fara' comunicare all'albergo le sue
decisioni. Signor Marchese...(s'inchina)
Buio. Musica adatta. Pochi secondi e riprende la scena con Baldovino che e' in
veste da camera e si guarda allo specchio ( forse potrebbe sbarbarsi, intanto)
Bal.- Ti trovo benone sai? buona cera. Eh, caro consigliere delegato... Ah,
perche' non hai saputo? Sono consigliere delegato della societa' anonima che il
signor marchese ha fondato per mettermi le mani in pasta... E, si, sono di un
rigore spaventoso... per questo fa ottimi affari. (BP) Sfido, non rubo!
Avere tra le mani centinaia di migliaia di lire e poterle considerere come carta
straccia: non sentirne piu' il bisogno, minimamente. E' un gran piacere - divino
- ... non ho piu' corpo se non per l'apparenza. Sto tuffato in mezzo alle cifre,
alle speculazioni; ma sono per gli altri; non c'e' - e voglio che non ci sia -
un centesimo di mio! Sto qua, in questa bella casa, e quasi non vedo e non sento
e non tocco nulla. Mi meraviglio io stesso talvolta d'udire il suono della mia
voce - come in questo momento - il rumore dei
miei passi; d'avvertire che ho bisogno anch'io di un bicchier d'acqua o di
riposarmi.-
Vivo deliziosamente (scandendolo), nell'assoluto di una pura forma astratta!
Sto sospeso nell'aria, mi sono adagiato su una nuvola: e' il piacere dei Santi
negli affreschi delle chiese!
Delle chiese... E il battesimo del bambino si fara' in chiesa! Com'avevo
suggerito! Senz'alcun privilegio che offenderebbe l'atto stesso che si fa
compiere al bambino... altro che battesimo in casa!
E, con sorpresa, la signora ha deciso di farlo in chiesa! Ah, lo so! Finira'! E
forse presto! Hanno pensato: "La maritiamo pro forma; dopo qualche tempo, con un
pretesto qualsiasi, ci sbarazziamo di lui." Ma la logica e' una cosa, l'animo
un'altra. Ora potrei prestarmi, per far cosa grata a lui e alla signora
Maddalena, la cara suocera pro-forma, a offrire un pretesto perche' si
sbarazzino di me. Ma non lo sperino, perche' io...- si, potrei farlo -ma non lo
faro' - per loro - non lo faro' perche' loro non possano assolutamente
desiderare che io lo faccia! Perdio, sei terribile! Neghi loro anche la
possibilita' del
desiderio che tu commetta una cattiva azione? Ebbene, si!-
Buio. Musica. Quando riprende la luce, in scena vi sono Fabio e Agata, stanno
abbracciati. Subito entra Baldovino, veste con sobria eleganza.
Bal.- (sorpreso) Oh, chiedo scusa...(poi con finta severita') Dio mio, signori:
Sono entrato io, e non e' niente; ma pensate, poteva entrare il cameriere.
Chiudete almeno le porte, mi raccomando.-
Aga.- ( con sdegno) Non c'era affatto bisogno di chiudere le porte!-
Bal.- Non dico per me, signora. Lo dico al signor marchese, per lei!-
Aga.- L'ho detto io stessa al signor marchese, che ora – del resto- (guardandolo
fieramente) avra' da intendersi con lei!-
Bal.- Con me? - volentieri.- E su che?-
Aga.- (sprezzante) Domandatelo voi stesso!-
Bal.- A me? (a Fabio) Che cosa?-
Aga.- (a Fabio) Parlate!-
Fab.- No, non adesso...-
Aga.- Voglio che glielo diciate adesso davanti a me!-
Fab.- Ma bisognerebbe aspettare...-
Bal.- (sarcastico) Il signor marchese ha forse bisogno di testimoni?-
Fab.- Non ho bisogno di nessuno! Voi avete intascato trecentomila lire!-
Bal.- (calmissimo, sorridente) No, piu', signor marchese! Eh, sono piu'! sono
duecentosessantatremila... aspetti! (tira fuori dal portafoglio alcuni
rendiconti)...cinquecentosessantatremilasettecentoventotto e sessanta centesimi!
Piu' di mezzo milioncino, signor marchese. Lei fa di me una stima troppo
mediocre!-
Fab.- Siano quel che siano! Non me ne importa! Potete tenervele e andare!-
Bal.- Troppo furia... troppo furia. Lei ha ragione d'averne, a quanto sembra; ma
appunto per questo badi che il caso e' molto piu' grave di quanto lei
s'immagina.-
Fab.- Ma via! Smettete adesso codeste arie!-
Bal.- Che arie, no...(ad Agata) Prego la signora d'avvicinarsi e di stare a
sentire. (poi quando Agata freddamente si avvicina) Se volete prendervi il
piacere di darmi del ladro, potremo intenderci anche su questo: anzi, e' bene
che c'intendiamo subito. Ma vi prego di considerare intanto, che non e' giusto,
prima di tutto, per me. Ecco qua: da questi prospetti (mostrera' a ventaglio i
cartoncini) lei vede, signor marchese- risultano intestare come risparmi e
imprevisti guadagni della vostra Societa' le cinquecento e piu' mila lire. Ma
non fa niente: si può rimediare, signora! Avrei potuto mettermele in tasca con
due dita, secondo loro,(indichera' Fabio, ma alludera' anche agli altri soci) se
fossi cascato nella trappola che m'han fatto tendere da un certo omino storto
cacciatomi tra i piedi, quel signor Marchetto Fongi che e' venuto anche
stamattina... Oh ( a Fabio) non nego che non fosse tesa con una certa abilita',
la trappola! ( ad Agata) Lei non s'intende di queste cose, signora: ma mi
avevano combinato un certo giro di partita, per cui doveva risultare a me solo
un'eccedenza di guadagno che avrei potuto intascarmi senz'altro, sicurissimo che
nessuno se ne sarebbe accorto. Se non che, loro che mi avevano appunto combinato
questo giro, se io ci fossi cascato e avessi intascato il denaro, m'avrebbero
colto subito con le mani nel sacco. ( a Fabio) Non e' cosi'?-
Aga.- (con sdegno a Fabio) Avete fatto questo?-
Bal.- Oh no, signora! Non ce d'aversene a male! E se lei puo' rivolgergli con
tanta fierezza codesta domanda, guardi che non lui, ma io debbo sentirmi mancare
- perche' vuol dire che veramente la condizione di quest'uomo s'e' fatta
intollerabile. E se si e' fatta intollerabile la sua, diventa, per conseguenza,
intollerabile la mia!-
Aga.- Perche', la vostra?-
Bal.- (abbassando gli occhi turbato) Ma perche'... se io divento uomo davanti a
lei... io... io non potrei piu'...Ah, signora...(riprendendosi) No... via, via..
Qua bisogna venir subito a una risoluzione! (amaramente) Ho potuto pensare che
mi sarei presa oggi la soddisfazione di trattare come ragazzini questi signori
consiglieri, questo Fongi, e anche voi, marchese, che v'eravate fatta
l'illusione di prendere al laccio, cosi', uno come me! Ma ora penso che se avete
potuto ricorrere a codesto mezzo, di denunziarmi come ladro, per vincere il
ritegno di lei ( indica Agata) senza neppure considerare che questa vergogna di
cacciarmi di qua, di fronte a degli estranei, si sarebbe rovesciata sul bambino
appena nato...- eh, penso che dev'essere ben altro il piacere, per me,
dell'onesta'! (porge i cartoncino a Fabio) Ecco qua a lei, signor marchese!-
Fab.- Che volete che me ne faccia?-
Bal.- Li laceri: sono l'unica prova per me! - Il denaro e' in cassa, fino
all'ultimo centesimo. guardandolo fisso) Ma bisogna che lo rubi lei!-
Fab.- Io?-
Bal.- Lei, lei, lei.-
Fab.- Siete pazzo?-
Bal.- Vuol fare le cose a mezzo? Le ho pur dimostrato che, volendomi onesto,
doveva per forza risultare questo: che la cattiva azione l'avrebbe commessa lei!
Rubi questo denaro: passero' io per ladro - e me ne andro', perche', veramente,
qui non posso piu' stare.-
Fab.- Ma sono pazzie?-
Bal.- No, che pazzie! Io ragiono per lei e per tutti. Non dico mica che lei
debba mandarmi in galera. Non potrebbe. Lei rubera' il denaro solamente per me.-
Fab.- (fremendo) Ma che dice?-
Bal.- Non s'offenda: e' una parola, signor marchese! Lei fara' una magnifica
figura. Togliera' per un momento il denaro dalla cassa, per far vedere che l'ho
rubato io. Poi subito lo rimettera', per i suoi soci che naturalmente non
abbiano a soffrire danno della fiducia che mi hanno accordato per un riguardo a
lei. E' chiaro. il ladro restero' io. Poi andro' via!-
Aga.- (insorgendo) No! no! questo no! (poi correggndosi lievemente) E il
bambino?-
Bal.- Ma e' una necessita' signora...-
Aga.- Ah, no! Io non posso, io non voglio ammetterla! Voi non partirete!-
Fab.- Certo voi non lo farete!-
Bal.- Lo faro', lo faro', signor marchese.-
Fab.- Ma perche'? se io stesso vi prego di rimanere?-
Bal.- (fosco, con gravita') E come vorrebbe lei, signor marchese, che io
rimanessi qua, ora?-
Fab.- Vi dico che sono pentito… pentito sinceramente...-
Bal.- Di che?-
Fab.- Di cio' che ho fatto!-
Bal.- Ma non di cio' che ha fatto dev'essere pentito lei, caro signore, perche'
e' naturalissimo - ma di cio' che non ha fatto!-
Fab.- E che avrei dovuto fare?-
Bal.- Che? Ma dovevate venire da me subito, dopo qualche mese, a dirmi che, se
stavo ai patti io, e volevate starci anche voi- com'era naturale- c'era qualcuno
qua, sopra di voi e di me, a cui - com'io stesso vi avevo predetto – la
dignita', la nobilta' d'animo, avrebbero impedito di starci; e subito io,
allora, vi avrei dimostrato l'assurdita' della vostra pretesa, che cioe'
entrasse qua, a far questa parte, un uomo onesto! Un mediocre onesto volevate
voi qua, e' vero? Come se fosse possibile che un mediocre accettasse una simile
posizione, senz'essere un farabutto! Ho potuto soltanto accettarla io che- come
vedete - posso anche non farmi scrupolo di passar per ladro!-
Fab.- Signore, sono qua a pregarvi...-
Bal.- Per il bambino? il buon nome del bambino? Ma e' un'illusione! (BP)
Purtroppo... il mio passato... si poteva questa vita d'ora.. cosi' specchiata...
non far pensare piu', forse, a tante altre cose tristi dell'altra mia vita...Lei
ha da pensare a ben altro che al bambino. (bp) Non volete tener conto di me? Vi
pare ch'io possa esser qua sempre un lume soltanto, per voi, e basta? Ho anch'io
infine la mia povera carne che grida! Ho sangue anch'io, nero sangue, amaro di
tutto il veleno dei miei ricordi... e ho paura che mi s'accenda! Quando mi avete
buttato in faccia il presunto furto, io sono caduto, piu' cieco di voi, pui'
cieco di tutti, in un'altra e ben piu' grave insidia che da dieci mesi, stando
qua, accanto a lei, (guarda Agata) quasi senza ardire di guardarla, occultamente
m'ha teso questa mia carne. Signor marchese, io dovevo tacere, capite? ingozzare
davanti a lei la vostra ingiuria, passar per ladro, si, davanti a lei: poi
prendervi a quattrocchi e dirvi e dimostrarvi che non era vero e costringervi
segretamente a seguitar fra noi due d'intesa la parte sino alla fine. Ma non ho
saputo tacere. La mia carne ha gridato! E voi, lei, avete ancora il coraggio di
trattenermi? Io dico che per castigare a dovere questa mia vecchia carne, sono
ora forse costretto a rubare davvero!-
Aga.- Lasciatemi parlare con lui, da sola. ( a Fabio)-
Bal.- No... no signora... guardi... io...-
Aga.- Ho da parlarvi.-
Bal.- E'... e' inutile, signora, Ho detto loro... tutto cio' che avevo da
dire...-
Aga.- E sentirete ora cio' che ho da dirvi io.-
Bal.- No, no… per carita'... E' inutile, le assicuro...-
Aga.- Lo voglio! Vi prego di lasciarci soli. (Fabio s'inchina ed esce) Non vengo
a dirvi di non andarvene. Vengo a dirvi che verro' con voi. (Baldovino e'
sbalordito) Sono vostra moglie. Volete andarvene? E' giusto. Vi approvo, e vi
seguo.-
Bal.- Dove? - Ma via che dite? Abbiate pieta' di voi e di...me. e non mi fate
parlare... intendetelo da voi stessa, perche' io... perche' io... davanti a voi
non so... non so piu' parlare...-
Aga.- Non c'e' piu' bisogno di parole. Mi basto' fin dal primo giorno cio' che
diceste. (BP) Dovevo entrar subito a porgervi la mano.-
Bal.- Ah, se l'aveste fatto, signora! Vi giuro che sperai... sperai per un
momento che lo faceste... dico, che foste entrata... Sarebbe tutti finito sin
d'allora!-
Aga.- Vi sareste tirato indietro?-
Bal.- No, vergognato, signora... davanti a voi, come mi vergogno adesso.-
Aga.- E di che? D'aver parlato onestamente?-
Bal.- Facile, signora! Facilissima l'onesta', finche' si trattava di salvare
un'apparenza, capite? Se voi foste entrata a dire che l'inganno per voi non era
piu' possibile, io non avrei potuto restare qua neanche un minuto. Come non
posso restare adesso, a rappresentare questa parte.-
Aga.- L'abbiamo voluta noi, questa parte!-
Bal.- E io l'ho accettata!-
Aga.- Ma dichiarando avanti a quali sarebbero state le conseguenze per non farle
accettare a lui! ebbene, io le ho accettate!-
Bal.- E non dovevate! non dovevate, signora! Perche' – il vostro errore e' stato
questo - non ho parlato io - mai - qua: ha parlato una maschera grottesca! Il
pericolo vero era per voi, signora: che le accettaste voi sino alla fine! e le
avete accettate, difatti, avete potuto accettarle, voi, perche' disgraziatamente
in voi, per forza, con la maternita', l'amante doveva morire. Ecco, voi non
siete altro che madre. Ma io, io non sono il padre del vostro bambino, signora!
Capite bene cio' che vuol dire questo?-
Aga.- Ah, e' per il bambino? che non e' vostro?-
Bal.- No! no! che dite! intendetemi bene!- Per il solo fatto che voi vorreste
venire con me, lo fate vostro il bambino, vostro soltanto - e dunque piu' sacro
per me che se fosse mio veramente - pegno del vostro sacrificio e della vostra
stima!-
Aga.- E allora?-
Bal.- Ma l'ho detto per richiamarvi alla mia realta', signora, poiche' voi non
vedete che il vostro bambino! Voi parlate ancora a una maschera di padre!-
Aga.- No, no... io parlo a voi, uomo!-
Bal.- E che sapete voi di me? chi sono io?-
Aga.- Ma ecco chi siete. Questo. (Baldovino abbassera' il capo) Potete alzare
gli occhi, se io posso guardarvi; perche' davanti a voi, qua tutti allora
dobbiamo abbassare i nostri, solo per questo, che delle vostre colpe voi avete
vergogna.-
Bal.- Non avrei mai supposto che la sorte mi potesse riserbare d'udir parlare
cosi'... (scuotendosi) No... no... signora… via! Credete, ne sono indegno!
Sapete che ho qua - qua - cinquecento e piu' mila lire?-
Aga.- Voi le restituirete, e ce n'andremo.-
Bal.- Che! Fossi matto! Non le restituisco, signora! Non le restituisco!
(scandendo)-
Aga.- Vuol dire che io e il bambino vi seguiremo anche per questa via...-
Bal.- Mi seguireste... anche ladro?-
Aga.- ( accostandosi alle quinte di destra, da dove e' uscito Fabio) Mamma! Puoi
dire a quel signore che non ha nulla da fare qua.-
Bal.- No, aspetta... il denaro! ( prende dalla tasca il portafoglio voluminoso,
contenente anche i cartoncini e lo scaraventera' tra le quinte.) Agata lo
guardera' ammirata e sorridente, Baldovino stara' qualche secondo a vedere
l'effetto che fa il lancio del portafoglio tra le quinte, poi si avvicinera' a
Agata, e dolcemente, prendendole la mano, la condurra' attraverso il palco e
usciranno da sinistra. Musica. Sipario.
Fine