OMBRE

di

Paola Ponti



Personaggi
MARTA
LEONARDO
GABRIELE
ALICE



ATTO PRIMO

PRIMA SCENA


Salotto-Cucina

Marta sta preparando la tavola. La cena è sul fuoco. Marta è una donna a metà dei suoi cinquant’anni, elegante, ancora molto piacente. Nevrotica. 

E’ vestita di nero. Una sciarpa di seta al collo. I capelli tirati e raccolti in uno chignon.

Marta cucina e prepara la tavola nello stesso momento, scandendo con precisione i tempi. Si muove veloce, le cadono le cose. Si lamenta, le ricadono. Ride e si lamenta.

Suona il telefono. Marta risponde.

MARTA: Pronto. Ciao amore. (pausa) Bene, ho fatto il riso giallo. Contento? (con un sacchetto di funghi secchi in mano). Li stavo buttando adesso, i funghi. (non li butta) Si digeriscono poco però danno profumo. Allora, che faccio? (pausa) Eh, non lo so neanch’io. Però per quello che abbiamo da fare stasera… coperte, divano, ho preso due film… E poi ho comprato anche la camomilla stamattina. Allora, che dici, li metto? (pausa) No, decidi tu. (pausa) “C’era una volta in America” e “Harry Potter”. (pausa) Ma sì che li vediamo…abbiamo tre giorni di tempo. (pausa) Ne prendo due, perché così abbiamo più scelta, ecco perché. (pausa) Io li vedo sempre, invece. Allora, li metto i funghi? (pausa) Ho capito, decido io. (butta i funghi nel risotto) Tanto non ti accorgi neanche della differenza. (pausa) Cosa? Come in ritardo? (pausa) Ma non è possibile, tutte le volte che cucino! (pausa) Eh, lo facciamo saltare. Faccio saltare te, un giorno o l’altro. Dalla finestra. (pausa) E perché ritardi, scusa? (pausa) Mm. (pausa) Eh. (pausa) Ah. (pausa) Beh, no. In questo caso… (pausa) No no, se è così… il risotto può aspettare. 

Suonano alla porta.

MARTA: Senti allora… calcolo un’oretta. (pausa) “Anche un po’di più”. Va bene. Ti lascio che suonano alla porta. (pausa) Che ne so chi è. Lascia che vada ad aprire. (pausa) Sì sì. Bacio

Marta appende il telefono frettolosa. Poi va di corsa ad aprire.

MARTA: (aprendo la porta) Eccomi!
UOMO: Buonasera, mi scusi se la disturbo.
MARTA: Ah. No, mi scusi lei. Ero al telefono. Buonasera.
UOMO: Mi dispiace piombarle in casa a quest’ora. Stava già cenando?
MARTA: Non ancora ma… Mi dica.
UOMO: Sì. Un amico mi ha appena detto che questa casa è in vendita. Passavo di qui e non ho resistito a venire subito a chiedere conferma.
MARTA: Ah, mi dispiace l’abbiano fatta correre ma…(sorride) per quanto ne so io, credo che i suoi informatori si siano sbagliati.
UOMO: No, che peccato. Una casa così bella.
MARTA: La ringrazio.
UOMO: Sarebbe stata perfetta. Il paradiso che stiamo cercando, io e mia moglie.
MARTA: Sì, si sta bene qui. Purtroppo per lei piace molto anche a noi. Mi dispiace tanto. Mi scusi, ho la cena sul fuoco. Arrived-
UOMO: (la interrompe) Non è che per caso, suo marito…
MARTA: Sì?
UOMO: Forse l’ha messa lui in vendita e…
MARTA: Oddio, ho l’aria di una che ha un marito che mette in vendita la casa senza dirglielo?
UOMO: Lei prima ha detto “per quanto ne so io”…
MARTA: (perplessa) Eh…scherzavo? 
UOMO: Ah, scherzava.
MARTA: Sì, scherz.. Però provi a chiedere qui in giro, magari è un’altra la casa in vendita.
UOMO: Io volevo questa.
MARTA: Allora… sono desolata.
UOMO: Senta, lo so che… è tardi… e non si fa… ma non è che le potrei chiedere di vederla?
MARTA: Veramente io…

L’uomo entra in casa. Marta resta imbarazzata e anche un po’ spaventata.

UOMO: E’ proprio bella come me la immaginavo. Degna della sua padrona di casa…
MARTA: (sempre imbarazzate) Eh… grazie… Senta, non vorrei essere sgarbata, ma sto aspettando mio marito… è qui vicino, mi ha appena chiamato dalla macchina…sta arrivando…
UOMO: Ah che bello. Benissimo. Se non le dispiace, lo aspetto. Magari lui sa di qualche casa…
MARTA: E’ che abbiamo poco tempo per cenare… e poi… dobbiamo uscire di corsa.

L’uomo curiosa in giro.

MARTA: Magari domani. Che ne dice? Se passa domani in tarda mattinata, io intanto chiedo a Leonardo se ha sentito di case in vendita…
UOMO: Lei è una donna molto gentile.
MARTA: Si figuri. Per così poco.

Marta accenna un invito a guadagnare l’uscita.

UOMO: Non sembra una di quelle donne che dicono una cosa e ne pensano un’altra…
MARTA: Grazie. Allora la aspettiamo domani!
UOMO: (non accenna ad andarsene) Eppure anche lei… prima…
MARTA: Sono stata sgarbata? Mi dispiace. E’ che sono un po’ in ritardo. Sono sicura che domani mi farò perdonare. Appena mi sveglio, mi metto subito a fare una ricerca di amici nella zona…Eh? Facciamo così?
UOMO: Bisogna stare attenti, sa, alle cose che si dicono.
MARTA: Prego?
UOMO: Facile dire la prima cosa che viene in mente e poi …
MARTA: Mi scusi, ma non so di cosa stia parlando. 
UOMO: Lei prima ha detto… Le dispiace se mi siedo un attimo?
MARTA: (Cominciando a impaurirsi seriamente) Guardi… l’ultima cosa che voglio è sembrarle maleducata ma… davvero sono molto in ritardo. Leonardo sta per suonare e abbiamo dieci minuti per un boccone e… poi degli amici saranno già qui per portarci a teatro e…
UOMO: (sedendosi) Grazie, molto gentile. Lei prima ha detto, parlando della casa… “Per quanto ne so io”, non è in vendita.
MARTA: Gliel’ho detto, scherzavo, mi dispiace se le sono sembrata seria. Mi succede spesso. Dico delle battute da seria e si può fraintendere.. Sono desolata.
UOMO: Già. E’ così, vero? “Oh scusa, scherzavo”. 

Pausa. Marta è sempre più spaventata.

UOMO: “Ti amo, sei tutta la mia vita”, “Oh, scusami tanto, scherzavo”.
MARTA: Le devo chiedere di andarsene.
UOMO: Come vuole, resterò a farle compagnia, fino a quando suo marito non sarà qui. 

L’uomo si dirige verso il banco-cucina.

UOMO: Che profumo. Risotto, vero? Lo adoro. Lo sanno fare così male da questa parti… Lei deve essere milanese? 
MARTA: (non risponde)
UOMO: Oppure una grande cuoca. Di sicuro un’ottima bugiarda.
MARTA: Cosa?
UOMO: “Desolata”. L’ha detto due volte. Un attimo fa e prima, parlando della casa. E’ davvero tanto desolata che questa casa sia sua e non mia?
MARTA: Mi dispiace signor- Ah, non mi ha detto il suo nome. 
UOMO: Già che sbadato. Allora, è davvero tanto desolata?
MARTA: Farebbe meglio ad andarsene, davvero. Prima che…
UOMO: Prima che?

Silenzio. Grande tensione.

MARTA: (cercando di spezzare la tensione) Ho capito. Sono certa che è tutto un brutto fraintendimento... è che lei mi…
UOMO: Io, “la…” ?
MARTA: Sia gentile. Non mi metta in imbarazzo…
UOMO: La sto mettendo in imbarazzo.
MARTA: Sì, mi scusi. Oh, che sciocca. Devo anche controllare il ragazzo delle piante. Mi sta risistemando il terrazzo. (si mette a chiamare) Marco! (pausa. Chiama più forte) Marco!
UOMO: Lasci stare, signora.
MARTA: Che cosa?
UOMO: Avrebbe già urlato, se ci fosse stato davvero qualcuno in casa. E poi che giardiniere è? Un amante? Mi sembra una persona per bene, lei. E le persone per bene non ne hanno di amanti, dico bene?

Marta si avvicina al telefono.

MARTA: Mi dispiace. Ma lei mi sta obbligando. Sentiamo la Polizia che cosa ne pensa. (alza la cornetta) 
UOMO: (le toglie di mano il telefono) Sono così noiosi, i pareri ufficiali. Che può dire la Polizia di tanto interessante. Questo si fa, questo non si fa. Sono sicura lei potrebbe essere molto più originale nel campo del tradimento…
MARTA: Senta, ha già commesso un’infrazione di domicilio…
UOMO: Ma come… una signora così gentile… che mi ha fatto entrare…
MARTA: Io non l’ho fatta entrare.
UOMO: Mi ha fatto vedere la casa…
MARTA: Mi dia il telefono.
UOMO: Altrimenti? (pausa) Perché “già”?
MARTA: Cosa?
UOMO: Perché ha detto “lei ha già commesso un’infrazione di domicilio”.
MARTA: Perché è quello che ha fatto.
UOMO: No, voglio dire, “già” è un avverbio di tempo, e in questo caso presume che altre infrazioni verranno commesse.
MARTA: Sono lieta per lei che conosca la grammatica, peccato non ne sia interessata e quindi, se non le dispiace…

Marta fa per tornare alla porta, l’uomo la afferra per un braccio con forza.

UOMO: A che cosa è interessata, allora, Madame? A quale infrazione?
MARTA: Mi lasci andare, la prego. 
UOMO: Mi piace sentirtelo dire… Mi piace perché so che vuoi dire esattamente il contrario. Quante cose si dicono, per dirne in verità delle altre?
MARTA: Che cosa vuole? Soldi? Gioielli? Le darò tutto quello che vuole…
UOMO: Non sprechiamo tanto tempo. Perché non mi offri direttamente l’altra cosa, quella che hai davvero in mente?
MARTA: La prego…
UOMO: Ti. Ti prego. Non mi piace sentirmi distante. (abbassa il tono. Diventa seduttivo)… “Ti…prego…” 
MARTA: Mi lasci…
UOMO: Lasciami!
MARTA: Devo avere delle sterline in casa…Molte.
UOMO: Oh, sterline… Non sia volgare, Milady. Non bastano i soldi a fare una signora… Io non mi sono mai fatto pagare da nessuno, hai capito?

L’uomo la lascia andare di colpo. Si guardano. Poi la abbraccia.

UOMO: Mi dispiace… non volevo essere brusco…
MARTA: (impaurita) La prego… E poi mio marito sta tornando… Sarà già qui ormai.
UOMO: …“Già qui ormai”… Non ha senso. O è qui o non è qui. A meno che suo marito non sia dotato di qualità eccezionali… E’ così? Secondo lei suo marito è un uomo di… eccezionali qualità? (Marta lo guarda sempre più spaventata) … Come immaginavo.

La porta alla sedia. Si toglie le stringhe delle scarpe. E le annoda.

MARTA: Cosa vuoi fare?
UOMO: (annodandole un polso alla sedia) Tanto per essere sicuro che mi ami e mi resti vicino.
MARTA: Ti resto vicino, te lo giuro, non occorre che mi leghi.
UOMO: Quante cose si dicono…
MARTA: No, aspetta, mi fa impressione.
UOMO: (la guarda) Una sola. Ti lego una mano sola… Tanto per potermi muovere senza stare in ansia. Non ti farò male.

L’uomo apre un armadietto a colpo sicuro. Prende un bicchiere. Si versa del vino. Apre un altro armadietto a colpo sicuro, prende una ciotola. Un terzo armadietto, sempre a colpo sicuro. Prende delle patatine e le mette nella ciotola.

MARTA: Come lo sai?
UOMO: Senti dolore da qualche parte?
MARTA: Come lo sai dove stanno le cose? Hai aperto tutti gli armadi a colpo sicuro.

Pausa. L’uomo resta immobile per un attimo.

MARTA: Sei già stato in questa casa? Tu sei già stato qui? Come hai fatto a non sbagliare un colpo? Bicchiere, patate, ciotola. Chi sei, tu?
UOMO: (non risponde)
MARTA: Mi vuoi rispondere!
UOMO: Non posso.
MARTA: Perché?
UOMO: Perché non ho una risposta precisa.
MARTA: Che cosa vuol dire?
UOMO: Che non so esattamente chi sono in questo momento. 

Si avvicina alla donna con il bicchiere in mano.

UOMO: Vediamo… Chi potrei essere oggi? (le porge il bicchiere alla bocca, lei la sposta) …Mi fai contento, se bevi, un goccio, sai? Mi piace sentire il sapore del vino in bocca…
MARTA: La smetta.
UOMO: Vuoi che continui? Lo farò. (le porge di nuovo il vino, le inumidisce le labbra che la donna tiene strette) E’ un Morellino… Il tuo preferito.
MARTA: Che cosa? 
UOMO: Non è così?
MARTA: Chi te l’ha detto?
UOMO: Nessuno. Come sei sospettosa…
MARTA: Come lo sai che è il mio preferito? 
UOMO: Intuito maschile?
MARTA: Non esiste l’intuito maschile. Ne siete completamente privi.
UOMO: Mi piace quando diventi aggressiva. 
MARTA: Dimmi chi sei? Che cosa sei venuto a fare in questa casa? Se vuoi qualcosa, perché non lo dici e la facciamo finita?
UOMO: (le accarezza la guancia con il dorso della mano) Perché certe cose è brutto dirle… E poi… davvero non lo sai?
MARTA: Ecco! Hai sentito? Era la macchina di mio marito. Sta già parcheggiando in cort-
UOMO: (interrompendola) “Già già già”. (si avvicina, come per baciarla) Mi piacciono le donne impazienti. 
MARTA: Non lo fare, ti prego.
UOMO: Che suono meraviglioso… “Non lo fare, ti prego”… detto da una donna prima di fare l’amore con lei… (le prende la testa tra le mani e la bacia, piccoli baci) Lo sai perché è così bello, vero? Perché significa in realtà… “fammi l’amore più che puoi”.
MARTA: Basta, ti scongiuro.
UOMO: Sì, Basta, basta. Dillo ancora.
MARTA: Ho detto basta.
UOMO: Davvero non riesci più a trattenerti?
MARTA: Slegami.
UOMO: Proprio adesso?
MARTA: Slegami.
UOMO: Sei così bella. (le tocca il seno… poi le cosce, e l’interno della cosce) E io ti amo e ho bisogno di te… (la bacia sul collo) Il tuo odore… E’ l’odore più bello del mondo.
MARTA: Slegami, ti prego.
UOMO: Ancora un attimo.
MARTA: No.
UOMO: Un attimo soltanto… (le slaccia la camicetta) E potrai fare di me ciò che vuoi. 
MARTA: (urla) Ti ho detto di slegarmi!
UOMO: Voglio fare l’amore con te come fossi la musica di Mozart. (la tocca piano, si ritrae, la bacia, si ritrae, la tocca di nuovo) Un poco e poi una pausa. Ancora un poco e un’altra pausa.
MARTA: (con la voce rotta da un pianto imminente) Basta. Lasciami libera. Non ce la faccio più…
UOMO: Soltanto un poco più forte…Poi una lunga pausa, piena, forte. Mentre si sente l’onda che sta per sconvolgere la spiaggia e portarsi via tutto quello che incontra…
MARTA: (fa per parlare)
UOMO: Shhh… Soltanto un poco… per lasciare i due corpi nudi… uno dentro l’altro e allora io mi faccio onda e tu sabbia…
MARTA: (Implora) Ti scongiuro, slegami.
UOMO: (slegandola lentamente) E alla fine soltanto… soltanto dopo tanta attesa… soltanto dopo tanto silenzio ricco e profondo, soltanto allora, la fine potrà essere così…

L’uomo l’ha slegata. Marta, finalmente libera, si toglie la camicia e bacia l’uomo appassionatamente. Si sdraiano sul divano. Le luci si abbassano e fanno l’amore.

Ritorna la luce. L’uomo si alza dal divano, si mette la camicia, e si avvcina al tavolo. Si versa da bere. Marta resta sul divano.

UOMO: (cambiando completamente tono) Mi dispiace, non posso fermarmi per cena.
MARTA: (mettendosi seduta) Leonardo, non mi dire che provi anche stasera!
LEONARDO: Mi dispiace amore, ma abbiamo dovuto cambiare sassofonista. E’ arrivato solo oggi.
MARTA: No, avevi promesso!
LEONARDO: (finendo di vestirsi) “Quante cose si dicono…”
MARTA: Io ogni tanto vorrei anche un marito, non solo un ladro violentatore.
LEONARDO: Ti ho mai rubato qualcosa?
MARTA: A che ora torni?
LEONARDO: (la bacia) Spero… non troppo tardi per...

Fa per avviarsi. Poi si ferma.

LEONARDO: Marta. Tu lo racconti?
MARTA: Che cosa?
LEONARDO: Dei nostri scherzi…
MARTA: No! (pausa) Perché, tu sì? (Leonardo la guarda) Leonardo, tu racconti in giro i dettagli della nostra vita sessuale?
LEONARDO: Ma no, che dici, i dettagli. 
MARTA: Che cosa hai detto e a chi?
LEONARDO: Ma niente.
MARTA: A chi?
LEONARDO: A nessuno in particolare.
MARTA: A tanti?!!
LEONARDO: Ma così… quando si parla… tra uomini… quando si comincia a teorizzare.
MARTA: Filosofi!
LEONARDO: Beh, è il mio argomento forte.
MARTA: Me lo posso immaginare!
LEONARDO: Dico che la nostra è l’unica via per evitare gli amanti.
MARTA: Ciao.
LEONARDO: Perché, non ho ragione?
MARTA: Ciao! E se fai tardi, cambio la serratura. Che cosa potrà avere di tanto interessante un sassofonista, solo Dio lo sa. (pausa) E’ donna?
LEONARDO: Maschio. (pausa) Senti, perché non mi vieni a prendere?
MARTA: Che cosa?
LEONARDO: Sì, non faremo tardi. Mi vieni a prendere e mangiamo dopo insieme da qualche parte. Tanto il riso è buono anche domani.

Marta si alza dal divano. L’uomo le si avvicina per salutarla. La bacia.

LEONARDO: Ti aspetto, allora.
MARTA: Per la verità sono io che aspetto a te.
LEONARDO: Va beh, basta che ci incontriamo. A dopo.

Leonardo fa per andare.

MARTA: Leonardo, tu lo sai perché mi ami ancora?
LEONARDO: Perché nessuno mette in bocca la sigaretta come lo fai tu. E tu, perché mi ami ancora? (le mette una mano sulla bocca) Lascia stare. Non importa. 

Leonardo esce dalla porta da sinistra.

Buio.



SECONDA SCENA


Una sala-prove. 

Leonardo sta meticolosamente preparando il suo clarinetto. Accanto a lui, Gabriele, più giovane, più sexy e più trasandato. Sono finite le prove, gli altri orchestrali se ne sono già andati.

Gabriele sposta con un piede il suo sax appoggiato sopra una borsa e lo fa scivolare a terra. Prende una sigaretta dalla tasca della borsa. Ogni tanto guarda Leonardo.

Lungo silenzio.

LEONARDO: (senza alzare la testa dal clarinetto) E di chi è la colpa?
GABRIELE: (pausa) Prego?
LEONARDO: Se non ci si fida.
GABRIELE: …?
LEONARDO: Hai detto “La proposta è interessante, non so però, se mi fido di quest’agente”.
GABRIELE: (sorride) Mi ascoltavi, allora.
LEONARDO: Certo. Perché?
GABRIELE: Perché te l’ho detto venti minuti fa.
LEONARDO: E allora?
GABRIELE: E allora, non avevo capito che stavi in una pausa riflessiva.
LEONARDO: Non mi sorprende.
GABRIELE: Che cosa?
LEONARDO: Che tu non capisca le pause riflessive. Te le consiglio, invece, sai?
GABRIELE: Migliorano la qualità della vita?
LEONARDO: La tua non lo so. Non so se accade qualcosa nella tua testa durante le pause. Ma quella di chi ti ascolta, di sicuro.
GABRIELE: Bene. Dicevi?
LEONARDO: Se non ti fidi, di chi è la colpa? Sua, che non la merita… o tua, che non sai concederla?
GABRIELE: Non ci vediamo da quattro anni, credo tu abbia dimenticato che io non leggo nemmeno la musica.
LEONARDO: E come potrei dimenticarlo? Ti detesto per questo.
GABRIELE: Vedi.
LEONARDO: Detesto vedere chi ha un talento tale da pensare di non avere più nulla da imparare.
GABRIELE: (pausa) Non capisco se è un complimento.
LEONARDO: Non lo è. 
GABRIELE: (ride) Povero Leonardo, mi sbatteresti fuori da questo concerto, se potessi, vero?
LEONARDO: Chi ti dice che non posso?
GABRIELE: Non puoi. Altrimenti lo avresti già fatto. “Sua”, di chi, poi?
LEONARDO: “Di chi” che cosa? 
GABRIELE: La colpa, sua che non la merita.
LEONARDO: Della tua agente. Perché dovrei sbatterti fuori dal concerto?
GABRIELE: Ho incontrato Marta oggi. 
LEONARDO: Me l’ha detto. Lei non suona con noi, però. (Gabriele lo guarda) Che c’entra Marta? 
GABRIELE: Niente. L’ho incontrata. Mi ha detto che una volta cantava.
LEONARDO: Perché, non lo sapevi?
GABRIELE: L’ho vista una sola volta e quattro anni anni fa. 
LEONARDO: Il mondo della musica è piccolo. Di solito tutti sanno tutto di tutti.
GABRIELE: Io non so quasi niente.
LEONARDO: Questo l’avevo intuito, ma non occorre essere così sgradevoli con se stessi. Eppure mi pareva ti avesse fatto simpatia, Marta. 
GABRIELE: Certo, che mi ha fatto simpatia. Molto più di te, anche.
LEONARDO: Gabriele, ti posso chiedere una cosa?
GABRIELE: Ho un’alternativa?
LEONARDO: Ci hai mai pensato perché a un certo punto non cadi più dal letto?

Gabriele lo guarda.

GABRIELE: Come no. Ho scritto anche dei saggi a proposito.
LEONARDO: Sono stato a trovare un amico prima di venire qui. E c’era Giulia, la sua bambina di tre anni, che mi è corsa incontro – cosa, tra l’altro non usuale. Però oggi ne ha avuto bisogno, di corrermi incontro dico, perché aveva abbandonato il lettino con le sponde, e ne era così fiera da doverlo comunicare a tutti. “Ho imparato a non cadere più dal letto, zio Leo”.

Gabriele lo guarda sempre più perplesso.

LEONARDO: Che cosa vuol dire imparare a non cadere dal letto?
GABRIELE: Credo che accetterò questo lavoro solo per poter passare i pomeriggi con te. 

Si guardano.

GABRIELE: Sai che cosa mi piace di te?
LEONARDO: …Forse sì.
GABRIELE: Che sei diretto.
LEONARDO: Pensa. Pensavo altro.
GABRIELE: Sì. Se devi dire una cosa, tu la dici e basta, senza tanti giri di parole.
LEONARDO: Secondo te, devo dirti qualcosa? 
GABRIELE: Peccato, saresti stato un grande politico. Perché hai fatto il musicista? 
LEONARDO: Perché non mi piaceva granché come suonavo. Tu?
GABRIELE: Perché mandavo tutti in estasi quando suonavo. (gli dà una pacca sulla spalla) Faremo un grande concerto, insieme!
LEONARDO: (senza scomporsi) Ahia.

Silenzio.

LEONARDO: E ti posso chiedere un’altra cosa?
GABRIELE: No.
LEONARDO: Hai mai pensato a…
GABRIELE: Sicuramente no, non insistere. Mi è proprio difficile l’azione in sé.
LEONARDO: ( Pausa. Poi Leonardo prende in mano il clarinetto) Qual è la prima cosa che fa un bambino quando viene al mondo?

Pausa. Si guardano.

GABRIELE: Ma… vinco qualcosa alla fine?
LEONARDO: Non lo so. (pausa) Allora? (Gabriele lo guarda) I bambini. Cos’è la prima cosa che fanno, appena nascono?

Pausa. Poi Leonardo si mette a suonare.

Buio.





TERZA SCENA


La stessa sala-prove.

Gabriele è solo. Si sentono le voci di Marta e di un uomo fuori scena.

MARTA: (off) Bene, grazie. E’ una bella giornata oggi. E tu, come va?
UOMO: (off) Procedo.
MARTA: (off) Che c’è, non stai bene?
UOMO: (off) Perché? Procedo. Si procede in avanti. Non all’indietro.
MARTA: (off) Bello incontrare gente entusiasta, ti apre l’anima. Avete già finito le prove?
UOMO: (off) Sì, da un po’.
MARTA: (off) Leonardo?
UOMO: (off) …E’ andato via, credo. 
MARTA: (off) Come, andato via? 
UOMO: (off) L’ho visto uscire una decina di minuti fa.
MARTA: (off) Se mi ha detto di passarlo a prendere!
UOMO: (off) Non so, era in sala con Ortis poi se ne è andato. 

Pausa.

MARTA: (off) Chi? 
UOMO: (off) Sì, Gabriele Ortis. Lui. Fantastico, vero?
MARTA: (off) Che cosa? 
UOMO: (off) Suona con noi, lo sai?
MARTA: (off) Cosa?!
UOMO: (off) Sì! Un bel colpo, una volta ogni tanto, non fa male. 
MARTA: (off) Eh..
UOMO: (off) E’ un fenomeno, quell’uomo. Che c’è, non ti piace?
MARTA: (off) No. Sì. E’… Attento tu, però. Hai lasciato trasparire una nota di entusiasmo. Allora… vado a salutarlo. Almeno non sono venuta per niente.

Marta entra.

MARTA: (verso la quinta) Ciao. Procedi da Maria?
UOMO: (off) Questo lo vedo più complicato. Ha traslocato due settimane fa.
MARTA: (verso la quinta) Ha traslocato? E dove?
UOMO: (off) Da tale Luca. Bello, ricco… Molto entusiasta, probabilmente…
MARTA: (verso la quinta) Oh, mi dispiace, io non…
UOMO: (off) Oh no, non ti devi disturbare. Almeno non per me. Mi sembra ancora un sogno. 
MARTA: (verso la quinta) Che cosa?
UOMO: (off) Questa magia caduta dal cielo. 
MARTA: (verso la quinta) Quale magia?
UOMO: (off) Io sto con un’altra da tre anni! Non ho nemmeno dovuto dirlglielo a Maria e mi sono ritrovato magicamente libero. ‘Notte, Marta.
MARTA: (verso la quinta, con la mano) ‘Notte, Franco.

Si sentono dei passi e poi una porta che sbatte. Marta resta immobile a guardare la quinta, poi si gira verso Gabriele.

MARTA: Dimmi che non è quello che penso.
GABRIELE: Credo di sì. Stava con una nuova e non aveva il coraggio di lasciare la vecchia.
MARTA: Sto parlando di te.
GABRIELE: Io non ho vecchie da scarica-
MARTA: (lo interrompe) Che cosa ci fai qui?
GABRIELE: Mi hanno offerto di suonare in questa orchestra per il concerto di Capodanno. Non è meraviglioso?
MARTA: Non dirmi che hai accettato.
GABRIELE: Certo che ho accettato: è “meraviglioso”. 
MARTA: Oggi mi ha detto che eri qui per trovare tua zia!
GABRIELE: Infatti sono andato a trovarla. E’ sempre piuttosto in gamba.
MARTA: Dio! Lo sai che cosa significa, questo?
GABRIELE: Che il fumo e l’alcool in fondo non fanno così male?
MARTA: Come hai potuto accettare di lavorare con Leonardo!
GABRIELE: Ah, Marta, volevo dirti… Credo che tuo marito sappia già tutto.
MARTA: Tutto cosa?
GABRIELE: (la guarda) …Che guardo “il Padrino” tre volte a settimana? 
MARTA: Senti, non ho voglia di scherzare. 
GABRIELE: Guarda che è vero.
MARTA: Non mi interessa quante volte guardi il Padrino a settimana! Se hai una vita vuota, te la meriti! 
GABRIELE: Dicevo, che è vero, che sa tutto.

Pausa.

MARTA: Che cosa?
GABRIELE: Sa tutto.
MARTA: Perché, che ti ha detto? 
GABRIELE: Sento che se ti sforzi ci arrivi.
MARTA: Leonardo non sa niente, perché non c’è niente da sapere, perché tra noi non è successo niente.
GABRIELE: Non credo che tu debba convincere me, Marta.
MARTA: Che ti ha detto?
GABRIELE: Partendo naturalmente da una dinastia saracena e passando tra vasi Ming e ceramiche celtiche, mi ha messo sotto torchio per una buona mezzora.
MARTA: Ti ha messo sotto torchio? In che senso? Mi vuoi dire che cosa ti ha detto?!
GABRIELE: Secondo te, quello che dice Leo, è riassumibile?
MARTA: Me lo vuoi dire sì o no!
GABRIELE: Mi ha provocato, Marta, che mi ha detto? Era evidente. Mi ha chiesto “perché i bambini piangono quando cadono dal letto”. Per provocarmi, era chiaro.
MARTA: “Perché i bambini piangono quando cadono dal letto”?
GABRIELE: Qualcosa del genere e la risposta giusta ti assicuro non era: “Perché si fanno male.”
MARTA: Se è un nuovo gioco erotico, lo trovo poco eccitante. 
GABRIELE: Dici che c’entra col fatto che i bambini sono erotici?
MARTA: Dimmi perché hai accettato questo lavoro.
GABRIELE: Perché è il concerto più prestigioso di questo paese, perché adoro Rossini, perché sarà diretto dalla più grande bacchetta del mondo e perché mi sommergono di soldi. Ti può bastare? 
MARTA: Sappi che non ci incontreremo mai, nemmeno una volta, fin quando questa storia non sarà finita.
GABRIELE: Lo trovo difficile. Sono a cena a casa tua, stasera.

Marta resta senza parole.

GABRIELE: Mi ha invitato “Lionard”.

Pausa.

MARTA: Che cosa?
GABRIELE: Mm mm.
MARTA: Leonardo non ti sopporta, perché ti avrebbe invitato?
GABRIELE: Mi dai un dolore così.
MARTA: Perché ti ha invitato!
GABRIELE: Ma che ne so, seii tu che l’hai sposato. Forse hai sposato un masochista.
MARTA: (si passa le mani sulla faccia) Ossignore, ditemi che è uno scherzo.
GABRIELE: E’ uno scherzo.
MARTA: (pausa) Veramente?
GABRIELE: No. Ma se ti fa piacere sentirlo…
MARTA: Gabriele, tanto per capirci, tu credi davvero di poter affrontare questa situazione senza batter ciglio?

Gabriele si avvicina a Marta.

GABRIELE: (cambiando tono) Sto cercando di alleggerire, Marta. In fondo forse è anche meglio così. 
MARTA: Certo. Come non pensarci prima?
GABRIELE: Se tuo marito ha dei sospetti, noi stasera avremo l’occasione di…
MARTA: Confermarglieli.
GABRIELE: (pausa) E sarebbe così grave?

Si guardano.

GABRIELE: Scherzavo. Saremo bravissimi, e gli daremo tutte le certezze di cui ha bisogno per assicurarsi che sua moglie e questo nuovo saxofonista si sono visti una sola volta, quattro anni fa, a una festa in un locale affollatissimo. Allora, ti senti più tranquilla?
MARTA: Trova una scusa e non venire. Dì quello che ti pare, non mi interessa, che sia credibile oppure no, basta che questa sera tu non metta piede in casa nostra.

Si guardano.

GABRIELE: (pausa) Io ti amo, Marta. Non farei mai qualche cosa che ti potesse fare del male.
MARTA: Tranne accettare un lavoro che ti porta gomito a gomito con mio marito per i prossimi due mesi.
GABRIELE: Io suono il sax nella vita. Un conto è fare un patto e non venire in questa città solo per trovare te, un conto è non accettare un lavoro perché ci sei tu.
MARTA: Non è possibile. Leonardo non sa niente, Leonardo non ha fatto il tuo nome una volta che non fosse una, in tutti questi anni. Ma tu sei sicuro?
GABRIELE: Certo che non sono sicuro. Mi ha fatto uno strano discorso sulla fiducia, che riguardava l’agente che mi ha portato qui, ma io ho avuto come la sensazione che stesse parlando di te.
MARTA: Tutto qui?
GABRIELE: No, poi tante piccole cose.
MARTA: Quali piccole cose?
GABRIELE: Non so, stava parlando… Mi ha detto che sapeva che ci eravamo incontrati oggi, e poi subito dopo ha aggiunto: “Marta non suona con noi, però”.
MARTA: “Marta non suona con noi”? Ma non ha senso.
GABRIELE: Appunto. E’ proprio quello che ti sto dicendo. Diceva delle cose senza senso e, mentre le diceva, a me suonavano strane.
MARTA: E tu cosa gli ha risposto?
GABRIELE: Niente.
MARTA: Come niente? 
GABRIELE: Eh, non m’è venuto niente.
MARTA: E lui?
GABRIELE: E lui: “Perché, non lo sapevi?”
MARTA: E tu?
GABRIELE: E io… Ma non lo so, cosa gli ho risposto!
MARTA: Come non lo sai? 
GABRIELE: Non me lo ricordo.
MARTA: E pensaci.
GABRIELE: (pausa) Non me lo ricordo.
MARTA: Sei pazzo?
GABRIELE: Adesso non è che mi posso ricordare parola per parola tutto quello che mi ha detto Leo. Anche perché la metà delle parole che dice di solito non le capisco.
MARTA: Non le capisci! Mica parla aramaico antico!

Entra Leonardo.

LEONARDO: Potrei uccidere oppure uccidermi per la gelosia.
GABRIELE: …Oh, ‘Leo’.
MARTA: (sorpesa) Leonardo.
GABRIELE: Chi vuoi uccidere, che mi è sfuggito?
LEONARDO: Stai tranquillo. Non credo che sia tu l’esperto di aramaico antico di cui stavate parlando.

Silenzio. Poi Gabriele tenta di uscire dai vari imbarazzi. Va verso Marta e le cinge le spalle. Lei resta pietrificata da questa azione. Sorride un po’ ebete.

GABRIELE: Leonardo. Sono felice che tu sia tornato. Devo dirti una cosa importante, prima che tu confermi ancora l’invito a cena di questa sera. Da vero gentiluomo, ti avviso che farò una corte sfrenata a questa donna meravigliosa. Dopo anni di inutili fatiche e grandi ricerche, (la stringe forte mentre lei lo guarda completamente allibita) ho finalmente trovato la donna della mia vita. 
MARTA: (tentando di sorridere) Eh… 
LEONARDO: Un colpo di fulmine.
GABRIELE: Esatto.
LEONARDO: E come mai non l’hai capito quattro anni fa?
MARTA: (sempre tentando di sorridere) Già…
GABRIELE: E chi te lo dice che non l’avevo capito?
MARTA: Beh, possiamo andare, allora, no? 
LEONARDO: E siete amanti da tutto questo tempo? 

Si guardano tutti.

LEONARDO: No… troppo.
MARTA: (a Leonardo) Tu sei pronto? Possiamo andare, allora.
LEONARDO: ( a Gabriele) Ahi ahi, caro Gabriele, ti vedo in difficoltà.
GABRIELE: Ah sì?
LEONARDO: Vuole andarsene… Se non si lascia il marito sull’onda della passione iniziale, poi diventa molto faticoso… Ci si incista, in certi rapporti…
MARTA: (pausa) Ecco. Andiamo allora, magari, eh…?
LEONARDO: Per la verità volevo chiedere a Gabriele un’ultima prova.

Gabriele e Marta si guardano.

LEONARDO: In fondo me lo devi?
GABRIELE: Te lo devo?
LEONARDO: Ma sì, si deve sempre qualcosa a qualcuno.
MARTA: Le dieci a mezza! Vola il tempo quando ci si diverte…
LEONARDO: (pausa) Sono io che ho fatto il tuo nome per la sostituzione del sassofonista.
GABRIELE e MARTA: Tu?
LEONARDO: (prima li guarda) Devo ammettere che c’è una buona sintonia. Sì. Io. (a Gabriele) Allora, sei pronto?
GABRIELE: Per cosa?
LEONARDO: Per suonare. Che altro pensavi?
GABRIELE: Vuoi suonare adesso?
LEONARDO: Se però non te la senti....
GABRIELE: (prendendo subito il sax in mano) Il mio strumento è già saldo tra le mie mani. Il tuo?
LEONARDO: Non per tutto… la fretta è buona consigliera.

Leonardo tira fuori il clarinetto dalla custodia. E lo prepara con meticolosità.

MARTA: Benissimo, io vi lascio allora. Arrived-
LEONARDO: Eh no, scusa.
MARTA: Comincio ad andare avanti a preparare la cena…
LEONARDO: Se te ne vai, questa prova non ha senso.

Imbarazzo generale.

LEONARDO: Chi ci dice come siamo andati? Non crederai che possa fidarmi di un uomo che tenta di soffiarmi mia moglie sotto il naso.
GABRIELE: L’hai capito che non scherzo.
LEONARDO: Ho un intelletto brillante. Non a tutti capita.

Leonardo scoppia a ridere. Gabriele lo segue. Marta, perplessa, resta immobile a guardare i due uomini.

MARTA: (visibilmente contrariata) No, prego, fate pure.
LEONARDO: (trascinandosi la risata) Che cosa, cara?
MARTA: Niente, continuate pure…Se vi divertite tanto…

Leonardo e Gabriele continuano a ridere.

GABRIELE: (Lo guarda. Poi porta il sax alla bocca) Pronto?
LEONARDO: Pronto.

Marta si siede da parte imbronciata. Gabriele e Leonardo cominciano a suonare. La loro sfida. Leonardo suona con precisione e rigore assoluto, Gabriele sembra una specie di mare in tempesta.

Alla fine, buio.





QUARTA SCENA

Salotto-cucina di Marta e Leonardo.

Leonardo e Gabriele stanno cucinando insieme. Marta prepara il tavolo. La scena si apre con Leonardo e Gabriele che ridono forte e Marta, perplessa, che li guarda.

LEONARDO: E lui che ha detto?
GABRIELE: Niente. Mi ha licenziato. (Leonardo ride) Non c’è niente da ridere, sai, vecchio trombone! 
LEONARDO: Che cosa? “Trombone” a me non l’ha mai detto nessuno!
GABRIELE: (prende dei pezzetti di verdura che sta affettando e glieli tira addosso) Beccati questi, allora!

Leonardo riempie un bicchiere d’acqua e la versa addosso a Gabriele.

MARTA: Leonardo!

Gabriele fa per agguantare Leonardo che scappa. Si rincorrono intorno al tavolo, scavalcando Marta e ridendo come due ragazzini.

LEONARDO: Come mai sei così bagnato? Non sarà per la prova di prima?
GABRIELE: Se ho fatto di te un povero maestro delle medie!
LEONARDO: Siamo solo all’inizio, caro, rimpiangerai presto di non aver studiato le note!

Ricominciano a rincorrersi.

GABRIELE: Lascia solo che ti prenda e…
LEONARDO: Intanto devi riuscire a farlo.

Correndo, inciampano entrambi contro Marta, che cade a terra nell’impatto. I due uomini si siedono sfiniti sul divano. Marta resta a terra.

LEONARDO: Mi stai rovinando il divano con tutta quella umidità.
GABRIELE: E’ l’unica umidità che vedi da molto tempo, vero?

Ridono.

MARTA: (ancora a terra) No, scusate, se mi sono infilata sotto i vostri piedi!
LEONARDO: (a Gabriele) Il colmo per un direttore d’orchestra? (pausa) Saperlo fare!

Ridono forte.

MARTA: Leonardo!
LEONARDO: (alzandosi e andando da lei) Amore! (la aiuta a rialzarsi) Scusa… ma hai invitato in questa casa un teppista!
MARTA: Ah, io l’ho invitato.
LEONARDO: (a Gabriele) Ti ho invitato io?
GABRIELE: (dicendo sì con la testa) Mm mm.
LEONARDO: Non mi riconosco più. 

Suona il campanello del forno.

LEONARDO: (andando ad aprire il forno) Salvati dal campanello del forno!
MARTA: Non è nel forno. E’ riso saltato. In padella. 
LEONARDO: Fame?
MARTA: Nessuna. Ma almeno smetterete di giocare a guardie e ladri per casa.
GABRIELE: Ti facevo più amante dei giochi.
MARTA: (in malo modo) E ti sbagliavi!
LEONARDO: Marta amante… devi avere una strana impressione di lei.
GABRIELE: Si vede che ho passato troppo poco tempo con lei.
LEONARDO: Ora potrai recuperare.
MARTA: Sedetevi a tavola. (a Gabriele) Vino?
GABRIELE: Aglianico?

Pausa. Marta dà un’occhiataccia a Gabriele.

LEONARDO: (senza guardarli) Il preferito di Marta. (a Gabriele) Credo che comincerò a preoccuparmi davvero. 
MARTA: Basta con questa storia!
LEONARDO: Insieme al Morellino, va bene.
MARTA: Leonardo, smettila, mi sembri tornato alle medie!
GABRIELE: (a Leonardo) Vedi, lo dice anche lei…

I due uomini ridono.

MARTA: (immusonita) Immagino non sentirete la mia mancanza se vado un attimo in bagno.

Esce.

GABRIELE: Forse abbiamo esagerato.
LEONARDO: Ma no, non la vedevo così bella da mesi.
GABRIELE: Bella?
LEONARDO: Sì. Ha passato un brutto periodo, io sono stato in tournée parecchi mesi, è stata molto sola. A Marta fa bene stare tra la gente. 
GABRIELE: Non ti segue mai in tournée?
LEONARDO: Una volta. Adesso poco. Con la scuola…
GABRIELE: La scuola?
LEONARDO: Sì, insegna, Marta.
GABRIELE: Ah. Che cosa?
LEONARDO: Fa l’assistente d’appoggio ai ragazzini che hanno problemi.
GABRIELE: Per questo è resistita con te tutti questi anni.

Ridono. Rientra Marta. I due uomini si ricompongono.

LEONARDO: Amore, mettiti a tavola, servo io.

Marta si siede. Leonardo serve il riso e poi si siede.

LEONARDO: Sempre meglio uno in più, vero?
MARTA: (imbarazzata) … Cosa?
LEONARDO: Meglio due che uno. 

Pausa. Marta e Gabriele si guardano imbarazzati.

LEONARDO: (guarda gli altri due) Che ho detto?
GABRIELE: Meglio averne due che uno.
LEONARDO: E… questo vi destabilizza?
GABRIELE: …?
MARTA: Senti, Leonardo, se devi dire qualcosa, dilla!

Pausa.

LEONARDO: Marta, c’è qualcosa che non va?
MARTA: Non so, dimmelo tu. Meglio averne due, di che?
LEONARDO: Di tipi di carne. 
MARTA: Magari invitiamo anche un paio di cinesi e due indiani tanto per diversificare. 

Leonardo alza il coperchio di una pentola sul fuoco.

GABRIELE: (capisce all’improvviso) Il bollito! Marta, il bollito. Due pezzi di bollito. Manzo e vitello. (a Leonardo) Giusto?
LEONARDO: Sì. E’ viene ancora meglio se ci metti pure il cavallo. Che succede, Marta, sei stanca?
MARTA: Che mi succede? Secondo te che mi succede?
LEONARDO: Non lo so. 
GABRIELE: Magari io esco un attimo…
MARTA: Ah, non lo sai?
LEONARDO: Nn…no.
MARTA: Bravo. Bravo, complimenti.
LEONARDO: Tesoro, ma sei seria?
GABRIELE: Una sigaretta. Fumo una sigaretta fuori.
MARTA: E perché? Se ti ha invitato Leonardo, avrà avuto le sue ragioni. (a Leonardo) Non è così?
LEONARDO: Marta, lo dico io a te ora. Se devi dire una cosa, dilla, perché io non ti seguo. 
MARTA: Perché l’hai invitato qui stasera? Perché hai fatto quella pagliacciata di una prova supplementare prima? Perché gli hai tirato addosso l’acqua? Eh? 

Leonardo la guarda perplesso.

MARTA: Vogliamo mettere fine a questo asilo infantile, e dircelo una volta per tutte?
GABRIELE: Marta, credo che tu stia anticipan-
MARTA: (lo interrompe) Cosa? Tu credi che io cosa? Avanti! Intanto tu ci puoi anche dire perché hai accettato questo lavoro! Oppure perché hai accettato questo invito a cena! Dicci, pendiamo dalle tue labbra.
LEONARDO: (a Gabriele) Forse hai ragione, è meglio che ci lasci soli. Marta è molto stanca. E’ già mezzanotte passata… E’ stato un periodo difficile. (accarezzando i capelli a Marta) Scusa, amore. Non dovevo invitarlo a cena senza parlarne prima con te.
MARTA: Ah sì? E… perché?
LEONARDO: Perché le sorprese ti affaticano ultimamente...
MARTA: (levandogli la mano di rabbia. Si alza) Sì, è il mio amante.
GABRIELE: (tentando di fermarla) No-!
MARTA: Che c’è? Volevi dirglielo tu? 
LEONARDO: Vorrei restare solo con Marta, se non ti dispiace.
MARTA: Ah no, caro, è un tuo ospite, ricordi? Lui adesso si siede e ascolta.
LEONARDO: Marta-
MARTA: E anche tu! Ti siedi e ascolti. Ne ho abbastanza di tutti e due. Finalmente.
LEONARDO: Marta-
MARTA: Siediti. (pausa) Hai finito di muovere i fili con quel ghigno da sadico! 
LEONARDO: Ma quali fili? 
MARTA: Te lo giuro, fosse l’ultima cosa che faccio!

Leonardo si siede.

MARTA: (a Leonardo) Scopiamo da quattro anni. 

Silenzio.

MARTA: E’ questo che volevi sentirti dire, no? Adesso l’hai sentito. Sì, è vero. Scopiamo da quattro anni. Ci vediamo ogni due, tre mesi e scopiamo come ricci.
GABRIELE: Marta-
MARTA: Che c’è? Non è forse per questo che sei qui? Per fargielo sapere?

Silenzio.

MARTA: Che trio. Il concerto di Capodanno quest’anno farà scintille!

Beve il vino.

MARTA: (sarcastica) Ma come, non ridete più? Adesso che comincio a divertirmi io, vi rattristate voi? Allora, cosa ci vogliamo raccontare adesso? (pausa) Niente? Va bene, comincio io. (a Leonardo) Allora, Maestro, lei cosa suggerisce? Comincio dalle notti di luna piena sulla spiaggia di Marrakech o dal meraviglioso pompino che è seguito da lì a poco? 
LEONARDO: Marta, ti prego-
MARTA: Abbiamo cominciato con un pompino, sì. Che ci vuoi fare? Succede. (beve) Non è così male come inizio. Anzi è piuttosto frequente.
LEONARDO: Adesso Marta, basta.
GABRIELE: Si, Marta e poi non dovresti continuare a bere…
MARTA: Perché se bevo, cosa succede? Gli racconto che scopiamo? (a Leonardo) Allora. Gabriele è venuto con me a Marrakech quattro anni fa. Una settimana dopo che me lo presentasti. Avevi ragione, sì! Dopo vent’anni, la prima vacanza che si vuole fare da soli nasconde qualcosa. (beve) Le cose si capiscono subito… peccato poi si passi il resto del tempo a nascondersele…

Silenzio.

MARTA: (con la bottiglia in mano) Qualcun altro ne vuole? (pausa) Sicuri? Vi perdete qualche cosa. (ride) Morellino di Scansano!
GABRIELE: (si alza, prende la giacca) Io me ne vado.
LEONARDO: (duro) Non credo.

Gabriele si ferma.

MARTA: (a Leonardo) Così mi piaci. Duro.
GABRIELE: (a Leonardo) Tu seriamente mi stai dicendo di restare qui?
LEONARDO: Tu resti qui. Lei resta qui. Io resto qui. E nessuno di noi tre si muoverà da questa casa fino a quando non saremo venuti a capo di questa faccenda. E quando avremo preso una decisione, che sia quella definitiva. Perché io posso assicurarvi che non farò mai parte di quei bei terzetti che, presa una decisione, poi passano anni a ripensarci sopra. Soprattutto per parlare di una cosa così poco interessante quale un tradimento. Ci sono delle domande? (nessuno fiata) Benissimo.

Si abbassano le luci. 

Quando si rialzano, Leonardo e Gabriele si trovano ai due lati del palcoscenico, visibilmente provati. Sono passate un paio d’ore. 

Entra Marta con un vassoio e dei caffè.

LEONARDO: Eccoci. E allora?
MARTA: (pausa) Cosa?
LEONARDO: Il tempo scaduto. Hai deciso?
MARTA: No.
LEONARDO: Il caffè è pronto.
MARTA: E io non ho deciso.
LEONARDO: (guarda l’orologio) Sono passate più di due ore. Avevi detto… dopo il caffè. Devo intendere che continui a non essere propositiva?
MARTA: (a Gabriele) Zucchero?

Pausa.

MARTA: Zucchero?
GABRIELE: Ah, io.
LEONARDO: E chi? Secondo te Marta non lo sa come lo prendo io, il caffè?
GABRIELE: Due, grazie.
LEONARDO: Che noia questi “grazie”, “prego”. Vi sembra la situazione per essere formali? Dico a te, troppo riflettere ti ha addormentato?
GABRIELE: Non so! Cosa vuoi che ti dica? Mi viene spontaneo. Mi servono il caffè, dico “grazie”. Sarò uno gentile, che cosa vuoi da me?
LEONARDO: Io da te non voglio proprio niente, mi pare piuttosto viceversa.
MARTA: (urla) Ancora?!

Pausa. Si guardano.

MARTA: Vogliamo trattarmi ancora a lungo come la proprietà di qualcuno?
LEONARDO e GABRIELE: (come bambini) Scusa. 
LEONARDO: Allora. Me o lui? 

Marta non risponde.

LEONARDO: (sbuffa) Siete più noiosi di mia zia Ausonia.
GABRIELE: No! Anche tu hai una zia che si chiama Ausonia?

Gabriele e Marta lo guardano.

GABRIELE: (immusonito) … Beh, non è un nome comune… Era tanto per sdrammatizzare…
LEONARDO: (a Marta) Allora, è lui la tua vita ora?
MARTA: Senti Leonardo, se avessi pensato anche per un solo istante che lui fosse la mia vita, in quattro anni, secondo te, non avrei avuto tutto il tempo di mettermi con lui? (a Gabriele) Scusa, eh.
GABRIELE: …Figurati.
LEONARDO: E allora? 
MARTA: E allora. E allora non lo so. Allora… forse era un diversivo, mi faceva allegria, tappava dei buchi.
LEONARDO: Risparmiami i dettagli.
MARTA: Niente battute volgari!!
LEONARDO: M’è scappata. Allora?
MARTA: Allora è così. E’… è un uomo allegro. Non intellettualmente impegnativo.
GABRIELE: No, scusate…
LEONARDO: Perché non ti sei portata a letto Schifani, allora.
GABRIELE: Mi pare che si stia esagerando, adesso…
MARTA: Mi sono portata a letto uno che se mi spoglio non mi parla del movimento delle maree…
GABRIELE: Marta!
MARTA: Che cosa vuoi?
LEONARDO: Non ti ho mai parlato del movimento delle maree…
GABRIELE: (a Marta) Stai dicendo che sono stupido?
MARTA: No! Si può essere intelligenti anche se si è ignoranti!
GABRIELE: (a Leonardo) Ha detto che sono ignorante.
LEONARDO: E’ lei quella che ti conosce.
GABRIELE: Benissimo, allora se la simpatica coppia ha finito, il cretino si ritirerebbe nella sua dimora.
LEONARDO: Oddio, fa l’offeso.
MARTA: Oh, anche tu Gabriele. Non era un’offesa.
GABRIELE: No, un complimento.
MARTA: E poi abbiamo detto “sinceri sinceri”.
GABRIELE: Non c’è bisogno di esagerare, però. 
MARTA: Dì tu, adesso. 
GABRIELE: E cosa?
MARTA: Come cosa? Di cosa stiamo parlando da tre ore?
LEONARDO: (a Marta) Vedi? Leggere può essere utile delle volte.
GABRIELE: E cosa c’entra leggere adesso?
LEONARDO: (a Marta) Vi siete visti poco in questi quattro anni, allora…
GABRIELE: Senti tu, brutto-
MARTA: Fermi fermi fermi! Cerchiamo di non ripeterci. Gli insulti li abbiamo già elencati tutti.
LEONARDO: Marta, tu devi decidere.
MARTA: Io non posso decidere. Sono anni che ci provo. Quando sto con te, mi dico: “Basta, con Gabriele deve finire”. E nel momento esatto in cui lo dico, mi viene una profonda malinconia e lo devo vedere al più presto. E viceversa quando sto con Gabriele. Ti assicuro, meglio che non me lo chieda.

I tre si guardano.

LEONARDO: Allora. Come previsto, toccherà a me prendere in mano la situazione.
MARTA: “Come previsto”, quando?
LEONARDO: Da sempre.
MARTA: Ma se non hai deciso una cosa che fosse una in questa casa. Neanche questa casa, per la verità. Ho scelto io anche questa.
LEONARDO: Io mi fido di te. (pausa) Pensa un po’…!
MARTA: Tu te ne freghi. E’ diverso! Ho cambiato la tappezzeria ai divani due volte. E da verde a rosso, e da rosso a carta da zucchero. Anche un daltonico se ne sarebbe accorto! 
LEONARDO: Infatti me ne sono accorto.
MARTA: Sei mesi dopo! E quando mi sono fatta bionda?
LEONARDO: A me tu piaci in qualunque maniera.
MARTA: Ma cosa c’entra!
LEONARDO: Va bene. Vuoi che prenda una decisione? 

Apre un cassetto. Prende un foglio e delle biro.

GABRIELE: Perché invece delle biro non tiri fuori il clarinetto?
LEONARDO: Mi stai dicendo che mia moglie scopa in giro perché non so suonare?
MARTA: Leonardo!
LEONARDO: Mi provoca.
MARTA: Vai avanti con la tua proposta. Cosa vuoi scriverci lì sopra?
LEONARDO: Sei punti.
MARTA: Sei punti di cosa?
LEONARDO: Sei punti innegabili del perché io debbe uscire di scena definitivamente.

Pausa. Si guardano.

GABRIELE: (sottovoce) E il pubblico si alzò finalmente in una “Ola” infinita… ahhhh!
MARTA: Zitto. (a Leonardo) Che cosa stai dicendo?
LEONARDO: Quello che ho detto. Ti pare strano, vero? Ti pare strano che uno pensi quello che dice. 
MARTA: Leonardo, io non credo proprio che tu possa uscire di scena definitivamente.
LEONARDO: Ah no? E perché?
MARTA: Perché io ti amo.
LEONARDO: Pensa se non mi amavi! (pausa) E da cosa lo dedurresti di amarmi?
MARTA: Lo deduco perché lo provo, se permetti.
LEONARDO: Posso dubitarne?
MARTA: Tu senti quello che provo?
LEONARDO: E potresti anche giurare di non rivedere mai più il simpatico sassofonista dal neurone gallegiante?

Pausa.

MARTA: Sì.

Pausa.

GABRIELE: Cosa?
MARTA: Lo giuro, Gabriele. Lo giuro. E’ finita.
GABRIELE: (a Leonardo) Cosa vorrebbe dire, è finita?
LEONARDO: Credo significhi che hai perso.
GABRIELE: Senti un po tu-
LEONARDO: Calmati. Non c’è bisogno che ti infiammi tanto. Anche se non nego il profondo piacere che otterrei nel vederti defenestrato da questa casa… (a Marta) Io non potrei più crederti, Marta.
MARTA: Sono cose che si dicono sul momento, poi…
LEONARDO: Appunto. Sono cose che si dicono sul momento, che poi si finge di dimenticare, e si passa il resto della vita a pagarne le conseguenze. Marta, ti rendi conto che tu mi hai detto di avere un amante davanti al tuo amante, senza che nessuno dei due ti abbia minimamente chiesto qualche cosa?

Pausa.

MARTA: E che cosa vuol dire?
LEONARDO: Non lo so. Ma qualcosa, ne sono certo, vuole dire.
GABRIELE: Ha ragione.
LEONARDO: Sento di non avere bisogno del tuo sostegno.
GABRIELE: Se non posso nemmeno dirti quando sono d’accordo…
MARTA: Vuoi star zitto?!
GABRIELE: Oh basta, io me ne vado.
LEONARDO: Che noia, che noia, l’hai detto quarantasette volte da quando sei qui. A cinquanta ti sbattiamo fuori noi!
MARTA: Sentite. Siamo stanchi. Abbiamo urlato, ci siamo insultati, ci siamo abbracciati, ci siamo insultati di nuovo. Perché non ce ne andiamo tutti e tre a letto-

Si blocca. Leonardo e Gabriele la guardano perplessi.

GABRIELE: Mi pare un tantino eccessivo…
MARTA: A riposare. A letto, a riposare. Ognuno a casa sua.
LEONARDO: E questa casa di chi è? 

Pausa. Poi prende la giacca, va verso la porta. Gabriele si sdraia sul divano.

LEONARDO: (a Gabriele) Gli uomini si dividono in chi le cose le fa e chi le dice.
MARTA: Dove vai?
LEONARDO: Me ne vado.
MARTA: Non essere sciocco. Ti raggiungerò ovunque. 
LEONARDO: No. Non dove sto andando.
MARTA: Leonardo, non fare lo stupido.
LEONARDO: No! Non confonderci. Almeno questo, me lo devi.

Apre la porta.

LEONARDO: Solo ventiquattro ore per preparare tutto. Credo che potrete concedermele. Mi piace fare le cose per bene. Non voglio rischiare di dimenticarmi qualcosa... Non si può tornare indietro delle volte…
GABRIELE: (a Marta) Si vuole ammazzare?
LEONARDO: ( a Marta) All’abecedario deve esserci arrivato.
MARTA: (prendendo Leonardo e trascinandolo indietro) Leonardo, ti prego, è tardi e sono stanca.

Leonardo si siede.

LEONARDO: Io sono un musicista, Marta. E sono uno di quelli che non ha potuto mai fare affidamento su… talenti innati. Ho dovuto sempre leggere tanto e studiare e studiare. Non sono mai stato bravo ad affrontare le novità. E lo stesso vale per il mio senso sulla vita. Non sono bravo. E adesso sono anche vecchio e non ho più voglia di affrontare niente. 
MARTA: Si risolverà tutto. Non puoi pretendere che si risolva questa notte.
LEONARDO: Lo sappiamo come vanno queste cose. Perché noi dovremmo essere diversi? Io e te stiamo insieme da venticinque anni. Tu eri una ragazzina. Io ti sono anche grato di aver diviso tante cose con me… 
MARTA: Io ti amo.
LEONARDO: Questa è una cosa che si dice… Io non me la sento né di vivere con il senso di colpa di averti privato di qualcosa, né con la paura che tu scapperai una mattina invece di comprare il pane, né con la frustrazione di avere sempre davanti agli occhi le immagini di te e lui che… Certe cose si rompono, Marta. E non si aggiustano più. Si rompono e basta.
MARTA: Io ti amo. Ti avrei lasciato, non credi? E invece sono qui. Sono sempre stata qui.
LEONARDO: Le scelte davanti a noi non sono mai così tante. E io non ne vedo nessuna che… Mi dispiace, Marta. Mi dispiace anche lasciarti con l’impressione di avere delle colpe in tutto questo. In verità, dopo tanti anni, nessuno fa più niente da solo. 
MARTA: Leonardo, le tragedie sono un’altra cosa.
LEONARDO: Sì. Però poi devi vivere.

Leonardo si alza. E si dirige verso la porta. Marta lo segue.

GABRIELE: Marta, dove vai?
MARTA: Addio Gabriele. Scusa. 
GABRIELE: Scusa cosa?

Leonardo e Marta fanno per oltrepassare la porta.

GABRIELE: (urla) Dove credete di andare!!

Si fermano.

GABRIELE: Credete davvero di lasciarmi qua come un cretino ad aspettare questa follia che vi siete inventati? Tornate subito qui.
LEONARDO: Temo sia ancora prematuro dare ordini qui dentro.
GABRIELE: Voi adesso, ritornate immediatamente qui, litighiamo ancora un po’ e tra cinque minuti io mi alzo e vi dico: “Mi avete stufato. Io me ne vado”. La prendo io la porta, e ci vediamo domani puntuali alle prove, maestro. E sa cosa le dico? Non mi piaceva neanche tanto scopare con sua moglie. 
MARTA: Mi dispiace, Gabriele. Lo so, deve essere difficile per te…
GABRIELE: Domani sera alle otto. 
MARTA: Cosa?
GABRIELE: Domani sera alle otto. E non si discute. Perché? Perché mi va così. E’ chiaro?
MARTA: Ti scende un po’ di saliva dalla bocca.
GABRIELE: (urla) La smetti di prendermi in giro?
MARTA: Guarda che è vero.
GABRIELE: Smettila!!
MARTA: Ti avvisavo solo che la saliva appesa al labbro ti rende meno credibile.
LEONARDO: Poco credibile, ci riesce anche senza saliva. Però hai ragione, distrae. Io, per esempio, ho guardato solo la saliva. Cos’hai detto?
GABRIELE: Credi di essere tanto meglio di me, vero? Credi di avere solo tu il coraggio di ucciderti? Vedremo chi di noi sarà l’uomo che parla e chi l’uomo che fa.
MARTA: Penso che dovremmo smettere di usare la parola ‘uomo’.
GABRIELE: Tu Leonardo, domani sera alle otto, sarai qui seduto su questo divano a sentirti un emerito cretino. Fosse anche l’ultima cosa che faccio!
LEONARDO: (a Marta) E’ proprio un idiota. 
MARTA: A me piace, pensa. E’ strano, lo so. Però lo guardo e sono in fibrillazione. Lo aspetto, lo sogno, lo penso… Poi, è vero, mi tocca e mi piace già di meno. Ma quando lo penso…
GABRIELE: Cosa?
MARTA: Non ti devi offendere, ma è così.
GABRIELE: Che cosa?!
MARTA: Sì, però adesso non è che ogni cosa che si dice, l’altro deve urlare per forza “Cosa?”. E allora, non si parla più. Poi dicono che non si è sinceri. Per forza. Uno dice una parola… “cosa?!”… E poi quando ti sogno mi piaci tantissimo!
GABRIELE: … Sapete che cosa vi dico?

Gabriele prende la giacca e tira fuori il telefono cellulare. Si sdraia e si mette a fare i videogiochi del telefono.

MARTA: Non lo farai veramente?
LEONARDO: Io voglio continuare la vita che ho sempre fatto. 
MARTA:…La vita?
LEONARDO: La morte è un prolungamento della vita. Se no, cosa viviamo a fare, se poi, comunque, dobbiamo morire?
MARTA: Io ti amo da decenni, conterà qualcosa questo?
LEONARDO: Non capisci che io sto solo proteggendo quello che abbiamo avuto? Se siamo stati insieme tutti questi anni è solo perché le scelte che abbiamo preso ce lo hanno permesso. 
MARTA: Cosa vuoi dire?
LEONARDO: Tu ti sei mai annoiata con me?
MARTA: Mai.
LEONARDO: E siamo sicuri che vogliamo buttare via una cosa così preziosa? Vogliamo davvero diventare una di quelle vecchie e tristi coppie che non hanno più niente da dirsi, che tengono la TV accesa tutto il giorno senza mai guardarla, solo perché fa compagnia? Vogliamo diventare due che stanno insieme solo perché-
MARTA: -lo vogliono.
LEONARDO: Se la volontà bastasse nella vita, noi vivremmo una vita giusta. Ma non è così.
MARTA: Che cosa è successo, in definitiva, di così terribile? 
LEONARDO: Il tradimento uccide la fiducia, Marta. Vogliamo passare i prossimi anni a controllarci a vicenda come agenti del Kgb? Il tradimento-
MARTA:( lo interrompe) Oh questa parola, “tradimento”! Non la reggo più! A proposito di giustizia! Come si può usare la stessa parola per due che vanno a letto insieme e per qualcuno che tradisce i suoi compagni e li condanna a morte?
LEONARDO: Come vuoi che dica?
MARTA: Non lo so.
LEONARDO: Diversivo?
MARTA: Forse!
GABRIELE: (sempre sdraiato, senza alzare gli occhi dal telefonino) Grazie.
LEONARDO: Io ti conosco, Marta. Non ci credo che non lo hai amato.
GABRIELE: (sottovoce) Guarda se mi deve difendere lui…
MARTA: (a Leonardo) Diciamo che sia vero. Ma che cosa ha portato a te, questo mio amore per Gabriele, di così terribile? Che sono uscita, presa al volo per i capelli, dal baratro di una depressione definitiva? Che, quando tornavo a casa dai miei incontri con Gabriele, ero più allegra? 

Gabriele lascia per un attimo il suo telefono e sorride soddisfatto.

LEONARDO: Non è questo.
MARTA: Allora forse che io e te abbiamo solo scopato meglio da quando c’è Gabriele! 
Gabriele si rabbuia e torna al suo telefonino. 

MARTA: Io e te possiamo essere ancora felici. 
LEONARDO: Tu pensi che io e te potremo ricominciare a fare l’amore come diec’anni fa?
MARTA: Le cose crescono, si modificano, prendono altre forme. A me non interessa ricominciare a fare l’amore come dieci anni fa.
LEONARDO: No?

Silenzio.

LEONARDO: Tu a lui non dai del “lei”, vero?
MARTA: Cosa?
LEONARDO: Non lo chiami Maitre, non lo chiami Chef, non hai bisogno di parlare francese con lui, vero?
MARTA: (non risponde)
GABRIELE: (li guarda per un attimo) Francese?
LEONARDO: Non rispondi? 
GABRIELE: Chi è Chef?
LEONARDO: Non hai bisogno di farlo entrare come un ladro che finge di cercare casa, non è così?
MARTA: Chi l’ha detto che è meglio se ci chiamiamo per nome?
LEONARDO: Tu pensi che ci riusciremmo senza fingere di essere qualcun altro?

Pausa.

LEONARDO: Davvero non capisci?
MARTA: Davvero vuoi giudicare anche le fantasie?
LEONARDO: Non io. Il Leonardo che urla dentro di me. Quello che credevo morto e che invece si è risvegliato da qualche angolo e che adesso urla dentro di me. E si è messo a scegliere di nuovo e io non lo voglio perdere solo perché sono più vecchio. 
MARTA: Ma che dici?
LEONARDO: Che non voglio vivere la vita di qualcun altro. (pausa) Io voglio vivere la mia vita, Marta. Corta, lunga, bella, brutta, ma la mia.
GABRIELE: (senza togliere lo sguardo dal telefonino) ‘Vivere la vita ammazzandosi’. Se leggere i libri porta a questo, ringrazio Iddio di avermi dato una calotta cranica repellente!
LEONARDO: Non possiamo più stare insieme, Marta.
GABRIELE: (senza togliere lo sguardo dal telefonino) E… lasciarsi?

Leonardo e Marta lo guardano.

GABRIELE: Scherzavo.
MARTA: (a Leonardo) Io ti amo.
LEONARDO: Ti rendi conto che, quando non sai cosa dire, dici “ti amo”?
MARTA: Tu non ti puoi ammazzare.
LEONARDO: Se la gente avesse davvero rispetto della vita senza santificarla, se avesse semplice rispetto per qualcosa di buono e serio e importante, senza perdere tempo a osannarla, renderla un’icona, un tabù, un qualcosa di finto, surreale, metaforico, forse si smetterebbe di sterminarla in continuazione tanto semplicemente. 

Pausa.

MARTA: Stiamo parlando di me e di te e che domani non ci saremo più. 
LEONARDO: Io sono felice di quello che ho avuto. Molto. E non voglio rovinarlo.
MARTA: Non puoi pensare che stiamo solo passando un brutto periodo?
LEONARDO: Non si può vivere senza i brividi del sesso. Si diventa cattivi.
MARTA: Gabriele non c’è più.
GABRIELE: Grazie di nuovo.
LEONARDO: (a Marta) Diciamo allora che non voglio aspettare il prossimo.
MARTA: Insomma, Leonardo, non ci si può ammazzare per una scopata!
LEONARDO: No?
MARTA: No. Non in questo modo lucido… gelido…
LEONARDO: Io non ti chiedo niente.
MARTA: Ah, non mi chiedi niente?
LEONARDO: Marta, la sai qual è la verità?
GABRIELE: (sempre senza alzare gli occhi dal telefonino) Perché tu la sai?

Leonardo si ferma per un attimo e toglie la sua attenzione da Marta. Guarda Gabriele.

GABRIELE: Chiedevo. (e ritorna al suo telefonino)
LEONARDO: Marta, per me sarebbe soltanto un gran sollievo saperti in giro per il mondo con Gabriele. 
MARTA: Non ti credo.
LEONARDO: E’ sempre così. Quando sei sincero, non ti credono.
MARTA: Io non resisterei tre giorni chiusa in casa con lui! L’hai visto?!

Gabriele si “risveglia” dalla sua trance nel gioco del telefonino. Si alza. Va a prendere il foglio e la biro che aveva preso prima Leonardo.

Leonardo e Marta restano fermi a guardarlo.

GABRIELE: Punto primo: Io Gabriele mi ammazzo…mmh entro domani sera alle otto… perché se hai talento nella vita, c’è sempre qualcuno pronto a renderti la vita un inferno. (passa il foglio a Leonardo)
MARTA: Cosa?
GABRIELE: Ha ragione, Leonardo. Ci sono delle cose che si rompono e non si aggiustano più. Se si desse valore alla vita, non si sterminerebbero civiltà intere. Le persone si dividono in chi le cose le fa e chi le dice. E hai ragione anche tu. Non si può resistere con uno che gioca col telefonino tutto il giorno. Bisogna scegliere, nella vita. Ognuno di noi è le scelte che ha fatto.
MARTA: (pausa) E quindi?
GABRIELE: E quindi io ho deciso. Mi ammazzo entro domani. Perché mi sono rotto.

Marta e Leonardo lo guardano perplessi.

GABRIELE: Perché faccio una vita che fa schifo. Perché giro il mondo come un cretino solo per non dirmi che non ho nessuno da cui tornare. E guardo ‘Il padrino’ tre volte a settimana, solo perché lì delle famiglie ce le hanno. Perché ho paura del buio, delle donne aggressive e di chiedere i prezzi delle cose nei negozi. Perché dico in giro che non leggo la musica, non perché sono più geniale di Mozart ma perché sono miope. Perché ti amo da morire e fingo sempre che non sia vero. Perché tuo marito ti ama e io non potrei mai dimenticarmelo. E quindi tu non smettersti mai di essere interessante. Perché ho freddo. Perché ho sempre freddo e mi fa schifo il freddo. E la prima cosa che fa un bambino, quando viene al mondo, è piangere! Piange a squarciagola, piange disperato! Piange-

Gabriele si blocca e scoppia a piangere.

MARTA: Gabriele, io... mi dispiace.
LEONARDO: (a Gabriele, visibilmente sorpreso) Davvero sei miope?
GABRIELE: Scrivi. Avanti, scrivi.
LEONARDO: (a Marta) Hai capito? Lui si vanta di suonare senza saper leggere la musica-
GABRIELE: (a Leonardo) Sto aspettando. Scrivi o no?
LEONARDO: Che cosa devo scrivere?
GABRIELE: Non avevi delle ragioni inevitabili per ammazzarsi? Addirittura sei, hai detto. 
MARTA: Faccio un tè.
GABRIELE: (a Leonardo) Facile parlare, vero?

Pausa. Gabriele e Leonardo si guardano.

LEONARDO: (poi scrive) Io Leonardo mi ammazzo –
MARTA: Non vorrai dargli retta...
GABRIELE: Entro domani sera alle otto.
LEONARDO: Entro domani sera alle otto – perché… per qualche oscura legge antropologica o celestiale… chi ha talento sulla terra… crede di essere sempre e comunque al di sopra di ogni legge antropologica o celestiale. Scopare le mogli degli altri, incluso.
GABRIELE: Benissimo. E siamo già a due punti, calcolando che il mio è stato il primo.
MARTA: Che cosa?!
LEONARDO: Sì, Marta. Io non ne posso più.
MARTA: Io non ne posso più! Non tu, non voi. Io, non ne posso più. Da quando siamo qui, da quando abbiamo deciso di risolvere insieme questa faccenda, mai una cosa mi è stata più chiara di ora. Che per voi, per voi genere ‘maschile’, tutta la vita gira intorno allo stesso centro. Vincere l’altro. Non avete portato un argomento che non fosse in relazione uno dell’altro! Io sono stufa, e mortificata, e disperata, perché siete tutti così tristemente e inesorabilmente uguali. 
LEONARDO: Ma che dici, Marta, io-
MARTA: (interrompendolo) Dammi quel foglio.
LEONARDO: No.
MARTA: Dammi quel foglio. Ti ho detto (gli strappa il foglio e la penna dalle mani) di darmi quel foglio! Bene, signori. Bene. Non concepite una mente che sia al di fuori della vostra. Bene. Vi seguo io. Io Marta mi ammazzo - entro domani sera alle otto! - perché qualunque uomo entri nella tua vita, da vicino o da lontano, comincia con non avere occhi che per te e finisce con l’averli solo per sé.
GABRIELE: (le prende il foglio e la biro) Hai ragione! Punto aggiuntivo. Tutto per te. ….quarto, mi pare, uno, due, tre.. sì. Punto quarto: Io Gabriele mi ammazzo perché le donne sopra i diciott’anni diventano tutte mogli ego-centriche ego-iste e codarde. Anche quelle che ancora non hai sposato.
MARTA: (gli prende il foglio e la biro) Mi scuserai, se replico subito. Vuol dire ‘rispondo’, nel caso fosse un vocabolo troppo difficile. Punto quinto: Io Marta mi ammazzo perché lasciare un marito sarebbe una grande cazzata, perché subito dopo ne trovi purtroppo un altro.
LEONARDO: (le prende il foglio e la biro) Perdonerete se concludo. Punto sesto: Io Leonardo mi ammazzo perché mia moglie è una stronza.

Leonardo appoggia il foglio sul tavolo. I tre si posizionano ognuno il più lontano possibile dagli altri. Braccia conserte, muso imbronciato. Poi Leonardo si alza.

MARTA: Dove vai?
LEONARDO: A fare una doccia.
MARTA e GABRIELE: ?
LEONARDO: Voglio che il mio corpo sia in ordine. Anzi prima vado a fare una passeggiata. Mi riordino prima le idee e poi il corpo.

Leonardo esce.
Silenzio.
Poi Gabriele e Marta si siedono lontani uno dall’altro.

MARTA: Ma davvero non leggi la musica perché sei miope?
GABRIELE: Sì. Mi vergogno a mettere gli occhiali. 
MARTA: E perché dici che non la sai leggere?
GABRIELE: Non ho mai detto “so”. Forse ho detto “non leggo la musica”. (Marta non capisce) Qualcuno una volta, prima di un concerto, mi ha avvicinato il leggio e io gli ho risposto: “Non importa, grazie, tanto non leggo.” 
MARTA: Ho capito, ma cosa ti viene in mente di far credere che non la conosci?
GABRIELE: Cosa viene in mente alla gente di credere che un concertista non la conosca!

Silenzio.

MARTA: Stava scherzando, Leonardo, vero?
GABRIELE: Su cosa?
MARTA: Sul fatto di ammazzarsi e quelle scemenze che abbiamo detto. (pausa) Non mi dire che tu facevi sul serio.
GABRIELE: Tu mi annienti, Marta. E’ tutto un gioco per te?

Silenzio.
Poi Marta si sdraia sul divano. Chiude gli occhi. Gabriele prende di nuovo il suo telefonino e ricomincia a giocare.
Si abbassano le luci. Dopo qualche secondo si alzano di nuovo.

MARTA: (sottovoce) Li hai mai guardati, quanto sono seri, i bambini, mentre giocano? 
GABRIELE: Cosa?
MARTA: Niente. Scusa. Sognavo.

Marta si rimette a dormire. Gabriele a giocare con il telefonino.
Si abbassano di nuovo le luci.

Dopo qualche secondo squilla il telefono. Marta si sveglia di sobbalzo, si alza a fatica e va a rispondere. Gabriele sta ancora giocando.

MARTA: Pronto? (pausa) Ciao Maria. (pausa) Che cosa? Calmati, non ho capito, è successo cosa? Senti, non puoi urlare a quest’ora della notte! (guarda l’orologio) Sono le quattro e- (si blocca) Che cosa hai detto? 

Lunga pausa.

MARTA: (si fa improvvisamente seria) Maria, io… (pausa) Sì. (pausa) Sì. Vengo. (pausa) Stai tranquilla, vengo subito.

Maria appende il telefono. Resta immobile. 

GABRIELE: (Ironico) Che c’è? Si è ammazzato Leonardo?

Marta resta immobile. Gabriele capisce che è successo qualcosa di serio. Appoggia il telefono. Guarda Marta. 

GABRIELE: (piano) Marta. 

Marta resta immobile. Gabriele va verso di lei.

GABRIELE: Marta. Chi era?
MARTA: …La sorella di Leonardo…
GABRIELE: E che ti ha detto? (pausa) Amore… mi fai paura.

Marta scoppia a piangere.

FINE PRIMO ATTO



SECONDO ATTO

PRIMA SCENA



Salotto-cucina di Leonardo e Marta.
(Ci sono dei cambiamenti nell’arredamento. Sono passati alcuni anni.)

Entra Gabriele. Elegante. Si avvicina allo stereo e accende una base musicale. Prende il sax e si mette a suonare. Suona un pezzo dolcissimo.

Finito di suonare, si avvicina al divano, tira delicatamente una coperta che stava distesa sul divano e scopriamo che sotto c’è Marta, addormentata. E’ vestita di nero, elegante, con la sciarpa di seta al collo, come l’avevamo vista nella prima scena della commedia, con Leonardo.

GABRIELE: (a bassa voce) Che cosa c’è di tanto bello che sogni mentre dormi?

Si abbassa e la bacia. Marta si sveglia, con un sobbalzo.

MARTA: Co-! Ah, sei tu.
GABRIELE: Tanto delusa?
MARTA: Se non mi guardi, non esisto.
GABRIELE: Cosa?
MARTA: Niente. Sognavo.
GABRIELE: E che cosa sognavi?
MARTA: Questo. “Se non mi guardi, non esisto”.
GABRIELE: E chi c’era?
MARTA: Dove?
GABRIELE: Nel sogno.
MARTA: Nessuno. Era solo una frase.
GABRIELE: Sogni le frasi?
MARTA: Da un po’. Stanotte: “Come schiuma appesa all’onda”. 
GABRIELE: Come schiuma appesa all’onda. Bella. Hai il sonno poetico.
MARTA: Sì. E’ bella da dire. “Come schiuma appesa all’onda.” E mi piace la sospensione che contiene. (alza una mano) Schiuma… appesa all’onda. Tutto che sta lì in sospeso, appeso all’onda.
GABRIELE: Prima o poi toccherà scendere anche a lei.
MARTA: Chissà.
GABRIELE: Perché non le scrivi?
MARTA: Perché me le ricordo.
GABRIELE: No, dicevo, perché non le raccogli. Ne hai altre?
MARTA: “Se non vivo, non muoio”.

Pausa. Marta si mette seduta.

MARTA: Non ti piace?
GABRIELE: …Sì. Non so. Che cosa vuol dire?
MARTA: Non lo so neanch’io. Secondo me però c’entra con l’onda, però. Suonavi vero?
GABRIELE: Sì.
MARTA: Mi è entrata nel sogno la tua musica, faceva da sotto fondo a questo cartello: “Se non mi guardi, non esisto.” 
GABRIELE: Forse perché ti stavo guardando.
MARTA: Forse perché mi guardi solo quando dormo. 

Pausa.

GABRIELE: Hai fame?
MARTA: Sì. 
GABRIELE: Ti cucino qualcosa?
MARTA: E’ già tutto pronto.

Marta si alza e bacia l’uomo.

MARTA: “Monsieur Ortis… 
GABRIELE: Cosa?
MARTA: …est-ce que vous pouvez m’embrasser?”
GABRIELE: Andiamo di là.
MARTA: Almeno “oui” potresti concedermelo.
GABRIELE: Dai, Marta, andiamo di là.
MARTA: “Oh non non non, pas la première soir-“ (continua con accento francese) Mi “dispiasce” forse avete frainteso… 
GABRIELE: Basta con questo francese.
MARTA: Ho ancora un forte accento, lo so… 
GABRIELE: Non ne abbiamo bisogno, Marta.
MARTA: Oh. Forse lei allora invece ha besoin di una ragazza italiana…

Gabriele si allontana e si siede. Poco dopo anche Marta si siede.

MARTA: Oh, ma sono già quasi le otto.
GABRIELE: E allora?
MARTA: E’ tardi. 
GABRIELE: E’ tardi, per cosa? (vede un libro sotto al cuscino) Che fai, metti i libri sotto al cuscino?
MARTA: Sì, come facevo per il latino a scuola. Speravo che la sapienza passasse dal libro a me mentre dormivo. 
GABRIELE: L’ho studiato anch’io il latino. E mi era totalmente incomprensibile. Non il latino in sé, ma l’alternanza dei voti che prendevo. Passavo dal quattro all’otto come se niente fosse. Tutto dipendeva dalle prime righe. Sai quelle parole che vogliono dire due cose diverse, e devi scegliere quella giusta dal contesto. Se il mio stato d’animo, o la fortuna se vuoi, o una sbirciatina a Luisa, se qualcuno di questi fattori insomma, mi portava ad azzeccare i primi vocaboli, allora tutto magicamente si srotolava sul mio foglio senza nemmeno aprire più il dizionario. Se invece, ad una parola che poteva significare primavera e armi da combattimento, sceglievo per ambientazione la seconda, quando in realtà era la prima quella giusta, allora l’ora seguente si svolgeva in uno sforzo inventivo entusiasmante e insieme sfinente, nel trasformare l’intera versione ad interessarsi di guerra, quando in realtà avrebbe tanto voluto parlare del profumo dei girasoli. 

Pausa.

Non so perché non mi lasciavo mai accattivare dal dubbio. Attaccavo e poi semplicemente correvo come un treno. O quattro o otto. A volte anche nove. Altre volte due. Dipendeva dal senso di umorismo nel quale versava la professoressa in quel momento. Insomma. Tutta una questione di fortuna.

Pausa.

GABRIELE: Credo di avere lo stesso pensiero sull’infanzia. Tutta una questione di fortuna. Dipende dalle prime due o tre righe.
MARTA: Gabriele… Mi dispiace… Io ti voglio bene, ma…
GABRIELE: (vede che nel libro di Marta, è infilato un foglio. Lo tira fuori) E questo? (Marta non risponde) L’hai conservato.
MARTA: No.
GABRIELE: Si è conservato da solo?
MARTA: Me lo sono dimenticata in un cassetto! E’ un reato?
GABRIELE: E perché? Perché te lo sei ‘dimenticato’ in un cassetto?
MARTA: Per ricordarmi.
GABRIELE: Non abbiamo potuto dimenticarci per un secondo.
MARTA: Come ci siamo arrivati là? Un giorno prima, io avevo un marito meraviglioso e un amante comprensivo. Il giorno dopo non avevo più niente.
GABRIELE: Grazie. 
MARTA: Perché hai accettato quel lavoro? 
GABRIELE: Ancora! 
MARTA: Se tu solo non avessi accettato quel lavoro… 
GABRIELE: Se lui solo non mi avesse invitato a cena.
MARTA: E tu hai accettato.
GABRIELE: E tu gliel’hai detto! (pausa) Questo te lo ricordi, vero? Te lo ricordi che sei stata tu a dirglielo, sì?
MARTA: Perché, secondo te, non lo sapeva già?
GABRIELE: Immagino che non lo sapremo mai. 

Pausa.

GABRIELE: Senti Marta, io sono stanco di discutere sempre così tanto. 
MARTA: Io ti amo.
GABRIELE: Ti sei resa conto che quando non sai cosa rispondere dici che mi ami?
MARTA: E tu invece che non lo dici mai?
GABRIELE: (si infastidisce) 
MARTA: (comincia di nuovo con l’accento francese) Voi suonate come un “ange”- 
GABRIELE: (la interrompe) Dimmi una cosa, Marta. Se non fossi capace di suonare, non mi ameresti?
MARTA: Bien sur. Certo.
GABRIELE: Certo cosa?
MARTA: Certo che non vi amerei. Moi j’aime la musique che c’è dentro di voi. Io voglio che questa sera lei entri dentro di me e semini la sua musique nel mio corpo. Bien dedans. Ieri sera…
GABRIELE: Quattro anni! Non ieri sera! Marta, sono passati quattro anni da quella sera!
MARTA: Comment? 

Gabriele si alza e la prende per le braccia.

GABRIELE: La vuoi smettere! La devi smettere, hai capito? Io non ne posso più di sentirti-

Marta gli dà una sberla.

MARTA: Scusa. (pausa) Scusa Leonardo, io- 

Silenzio. Si guardano.

MARTA: … E’ solo perché stavamo parlando di lui.
GABRIELE: Parliamo sempre di lui.
MARTA: Se stiamo ancora insieme io e te, se siamo mai stati insieme io e te, è solo grazie a lui.
GABRIELE: Era solo un vecchio egosita.

Marta cambia completamente. Si avvicina a Gabriele e lo bacia.

MARTA: Je vous aime.
GABRIELE: Piantala di parlare francese. 
MARTA: Mi viene così, non ci penso. Perché ti dà tanto fastidio?
GABRIELE: Perché non avevi bisogno di farlo, prima.
MARTA: Prima di cosa?
GABRIELE: Prima che ci mettessimo ufficialmente insieme, prima che venissi ad abitare qui, prima che Leonardo si buttasse dal quarto piano!
MARTA: Ti ha battuto sul tempo, vero? E’ questo che ti rode. 

Pausa.

GABRIELE: (pausa) Senti, perché non proviamo ad andare avanti… una volta per tutte… perché non proviamo- 
MARTA: (lo interrompe) - a dormire insieme, per esempio.
GABRIELE: Ancora con questa storia!
MARTA: Ancora con questa storia, sì. Perché passi le notti sul divano con i giochi del tuo telefonino!
GABRIELE: Lo facevo anche prima.
MARTA: Prima di cosa? Prima di cosa! Sei tu che non riesci a finire un concetto senza dire ‘prima’ o ‘dopo’ quella maledettta sera. 
GABRIELE: Perché sono passati quattro anni ed è tutto come allora. 
MARTA: Magari ci fosse ancora Leonardo.
GABRIELE: Cosa vuoi dire?
MARTA: Che allora scopavamo!
GABRIELE: Senti, Marta, andiamo avanti. Te ne prego, andiamo avanti. Proviamo a inventarci una vita, aiutami. Io e te, una vita nostra, una vita che ci piace, una vita che ci diverte. Io e te stiamo bene insieme, io e te-
MARTA: Io non voglio andare avanti! Io voglio tornare indietro, Gabriele, lo capisci, questo?!

Pausa.

MARTA: Io voglio avere ancora tutte le strade davanti a me e doverne scegliere una, voglio avere la pelle liscia, sognare quattro figli, diventare una cantante famosa… 
GABRIELE: Tesoro…
MARTA: Avere ancora la possibilità di fare tutte le cose che non ho fatto.
GABRIELE: Tu hai ancora tanto da fare.
MARTA: Ah sì? E che cosa, per esempio? Imparare il ragù alla napoletana? Oppure a suonare il flauto traverso alle feste della birra? Oppure cambiare la tappezzeria al divano di casa, eh, che botta di vita! Io ho cinquantatre anni, lo capisci? Cinquantatre.
GABRIELE: E che cos’hanno che non va cinquantatre anni?
MARTA: Niente. Se prima hai fatto delle cose. Non hanno niente che non va cinquantatre anni, se hai fatto dei figli, se sei diventata un mestiere, se hai girato il mondo, e ora finalmente ti puoi fermare e goderti i frutti di quello per cui hai faticato tanto. Ecco, allora sì che cinquantatre anni sono una bellezza. Ma se le cose non le hai fatte, Gabriele, se hai inseguito cazzate per anni, se hai nascosto la testa in qualunque angolo tu abbia potuto infilarla, allora cinquantatre anni sono solo un sacco di anni!! 
GABRIELE: E allora, che cosa aspetti?
MARTA: Niente! E’ questo. Non mi posso più aspettare niente.

Pausa.

GABRIELE: Come l’hai conosciuto, Leonardo?

Silenzio. Poi decide di rispondere.

MARTA: E va bene. Vuoi parlare di lui? Parliamo di lui. Cosa vuoi sapere, come l’ho conosciuto? Era venuto ad abitare al piano di sotto, ecco come l’ho conosciuto. Come in una commedia americana. In quel periodo io vivevo con mia sorella. (pausa) Abbiamo passato dei pomeriggi meravigliosi. E esattamente come in quelle commedie, cucinare, guardare la tele e soffrire erano le gioie del mondo.
GABRIELE: Soffrivate?
MARTA: A vent’anni si soffre sempre. E’ lì bello. Dopo ti lamenti soltanto. Passavamo tutti i pomeriggi insieme perché mia sorella era innamorata di lui. 
GABRIELE: Tua sorella?
MARTA: Sì.
GABRIELE: E lui invece amava te.
MARTA: No no. Anche lui era pazzo di lei.
GABRIELE: (pausa) E perché non si sono sposati loro due?
MARTA: Perché io non gliene ho dato il tempo. Semplice. 
GABRIELE: Leonardo era innamorato di tua sorella?
MARTA: Certo. Era sempre malata, la stronza.
GABRIELE: Malata?
MARTA: Massì, scemenze. Niente di serio, naturalmente, altrimenti si sarebbe fatta curare.
GABRIELE: E che cosa aveva? 
MARTA: Paura.
GABRIELE: Paura?
MARTA: Aveva paura di tutto, era pallida, pesava 48 chili. Tutte quelle cose da stronza, per cui gli uomini corrono come matti.
GABRIELE: Io non ci credo che Leonardo era innamorato di lei.
MARTA: Sai come si chiama mia sorella? 
GABRIELE: Come?
MARTA: Alice.
GABRIELE: (sorride) Però. Che fantasia. E a te, cosa piaceva di lui?
MARTA: Cosa?
GABRIELE: Che cosa ti piaceva di Leonardo?

Pausa.

GABRIELE: L’hai sposato. Qualcosa ti sarà piaciuto di lui.

Pausa.

GABRIELE: Allora?
MARTA: Eh, non lo so. Me lo sono chiesta per venticinque anni. E non mi sono mai data una risposta. 
GABRIELE: Tu sei matta.
MARTA: A me piacevano gli uomini belli. A tante, sai? Mi piacevano gli uomini con i muscoli e quella sensualità che non ti lascia scelta. Quella che non fai in tempo a chiederti se il sesso ti piace e ti ritrovi già ribaltata nel letto. 
GABRIELE: E quando l’hai capito, scusa?
MARTA: Un paio d’anni dopo il matrimonio. Eravamo già una vecchia coppia che sorride, si cerca i brufoli sulla schiena, si prepara cenette a lume di candela, non litiga e non scopa. 
GABRIELE: E poi?
MARTA: Poi è arrivato lo sconosciuto che suona alla porta, per vedere se la casa è in vendita. O il vicino di casa che finalmente si dichiara o … o il marito di mia sorella che si innamora di me. Questa era la coppia che rendeva più di tutte, in effetti. (pausa) Ma che ci fai qui con me, Gabriele? Tu te ne devi andare. Devi trovare una ragazza giovane…
GABRIELE: Ho solo cinque anni meno di te.
MARTA: Solo? Se è l’uomo il più giovane, cinque anni sono un abisso.

Suona il campanello.

MARTA: (guarda l’orologio) Puntuali! Deve avere altre doti, culo di gomma.
GABRIELE: Cosa? Chi è?
MARTA: Leonardo e Alice.
GABRIELE: Cosa?
MARTA: Sì li ho invitati a cena. Non si poteva andare avanti così.
GABRIELE: Così come? Tu li hai invitati- Ma cosa li hai invitati a fare? 
MARTA: Non è Alice mia sorella, hai capito? E’ Alice-
GABRIELE: (lo interrompe) Ho capito quale Alice. E c’era tanto bisogno di conoscerla?
MARTA: Magari è simpatica. E poi dà una sferzata giovanile al gruppo.
GABRIELE: Quale gruppo? Io me ne vado. Tu sei matta.
MARTA: Come vuoi.

Suonano di nuovo alla porta.

MARTA: Apri tu, mentre esci? 

Pausa.

MARTA: Vogliamo servire gli antipasti in veranda?

Gabriele sii incammina verso la porta.

MARTA: No, vado io.

Gabriele si ferma.

MARTA: No, tu, tu. (pausa) Io?
GABRIELE: (a voce alta, verso la porta) E’ aperto!

Entrano Leonardo e Alice. Leonardo cammina con un bastone e zoppica vistosamente. Ha anche qualche capello bianco in più, ma nel complesso ha un aspetto giovanile e allegro. Alice è una ragazza su i trent’anni, di una bellezza davvero rara. Alta, bionda, elegante.

LEONARDO: …Buonasera.
MARTA: Buonasera! Ben arrivati. Ciao Leonardo. (tende la mano a Alice) Sono Marta.
ALICE: Alice.

Gabriele resta un attimo immobile davanti a Alice.

MARTA: (a Gabriele) Non dovevi andare?
LEONARDO: Andare?
MARTA: Sì, Gabriele purtroppo aveva un appuntamento importante stasera. Non lo sapevo e-
GABRIELE: Tra un’ora.
MARTA: Cosa?
GABRIELE: E’ tra un’ora l’appuntamento. (tende la mano ad Alice) Io sono Leonar- Gabriele. Sono Gabriele. Lui è Leonardo, sì.
ALICE: Sì, lo conosco.
GABRIELE: …Certo. Sì…
MARTA: Hai finito?
GABRIELE: Sì. Volete darmi i cappotti? 

Alice e Leonardo si tolgono e cappotti.

GABRIELE: (a Leonardo, indicando il bastone) Vuoi…
LEONARDO: Lo tengo. Preferisco. Non si sa mai come si esce da certe cene.
MARTA: Adesso, perché è successo una volta...

Gabriele appende i cappotti.

GABRIELE: (a Leonardo) Allora, come stai?
MARTA: Bene. Come vuoi che stia? Ha una ragazzina bella come il sole! Infatti è pure diventato puntuale. (a Alice) Brava. Non è da tutti far arrivare Leonardo puntuale.
ALICE: Ah sì? E’ uno che arriva in ritardo di solito?
MARTA: Non mi dire che con te è diverso!
ALICE: Non lo so. Io difficilmente me ne accorgo, sono sempre più in ritardo di chiunque.
MARTA: (a Gabriele) Vedi? Una passa la vita a spiegare che essere in ritardo significa fregarsene di quello che ha dovuto fare l’altro per essere puntuale, e invece… C’è sempre una via più semplice.
GABRIELE: Ci accomodiamo, magari.
MARTA: (ad Alice) Certo. Come foste a casa vostra. Anche tu, Leonardo. Per te dovrebbe anche essere più semplice.
GABRIELE: Marta…
MARTA: Bisogna pur cominciare la conversazione a un primo appuntamento. Di solito, dato che abitiamo sperduti nella campagna, comincio con “E’ stato difficile trovare la strada?”, ma dati gli ospiti mi pareva un tantino inopportuno.
ALICE: Però delle volte è un errore dare tutto per scontato. 
MARTA: (a Leonardo) Stai proprio una meraviglia, non sembri proprio uno che ha passato i sessanta. (a Alice) Dicevi, scusa?
ALICE: Che Leonardo è un uomo di poca memoria…
MARTA: La botta in testa, forse, perché prima-
GABRIELE: (a Leonardo, interrompendo Marta) Bevi qualcosa?
LEONARDO: Non ho battuto la testa. 
MARTA: (a Alice) Allora devi avere proprio delle doti nascoste.
GABRIELE: Marta!
MARTA: E’ il mio nome, sì. Mi chiamo Marta.
ALICE: Di quali doti parli?
MARTA: Nel distrarlo. Una volta si ricordava tutto.
ALICE: Grazie a Dio si cambia.
MARTA: No, dopo una certa età non si cambia più, si finge solo. Per quanto dura…

Pausa.

GABRIELE: (a Leonardo) Bevi qualcosa?
LEONARDO: Direi di sì. (pausa) Ho saputo che La Scala ti sta facendo la corte.
GABRIELE: Sì, ma lo sai come vanno queste cose. Fin quando non firmi…
MARTA: (ad Alice) E tu invece sei una traduttrice?
ALICE: Sì. Libri per ragazzi.
MARTA: E’ così. Quando non hai figli tuoi, li cerchi sempre altrove.
ALICE: Sì? Non lo so. Io ho una bambina di sette anni.

Silenzio.

GABRIELE: Davvero? Sembri tu una bambina.
ALICE: Lo prendo come un complimento. Anche se a settembre ne faccio trentre.
GABRIELE: Quanti?
ALICE: Trentatre.
GABRIELE: (stralunato) Pensavo molti di meno.

Gabriele resta con lo sguardo fisso su Alice.

MARTA: Non essere sciocco. Più di così, Leonardo la andava a prendere ai cancelli della scuola. Gabriele.

Gabriele non risponde.

MARTA: Gabriele! Un minimo di dignità!
GABRIELE: (a Alice) No, è che mi sembra di averti già visto da qualche parte… 
MARTA: Sì, buonanotte.
ALICE: Non credo. Almeno non ricordo.
MARTA: E vive con voi, naturalmente, la bambina.
LEONARDO: Naturalmente.
MARTA: La prossima volta ci invitate voi. Non posso perdermi Leonardo papà.
LEONARDO: Ce l’ha già un papà Rebecca.
MARTA: Rebecca. Certo, non avete potuto chiamarla Alice. Si chiamava già la mamma!
LEONARDO: Ma che cosa dici? 
MARTA: Ah no, è vero, il nome gliel’avrà dato il padre vero.
GABRIELE: Marta, ti senti bene?
MARTA: Benissimo. (ad Alice) Bel nome Rebecca. Siete ebrei?
GABRIELE: Vado a prendere il vino.
LEONARDO: Grazie.

Gabriele va a prendere il vino e i bicchieri. Gli altri si siedono sui divani.

LEONARDO: Io ho una gran fame, tra l’altro. Voi?
GABRIELE: Anch’io, sì! Facciamo presto, non ti preoccupare.
MARTA: (ad Alice) Una cosa mi sono sempre chiesta. Com’è guardarsi allo specchio e vedersi così bella? Dico, deve essere molto rassicurante da un lato.
ALICE: E dall’altro?
MARTA: Beh, immagino che quando hai una cosa molto bella, poi hai una grande paura di perderla.
ALICE: Tu ne hai molta?

Silenzio. Marta guarda Alice stupita per il complimento.
Suona il campanello del forno.

GABRIELE: (alzandosi in piedi) Eccoci qua! 
MARTA: Quanta fretta. Sarà bollente. Pasta al forno. Aspettiamo un attimo.

Gabriele si risiede.

LEONARDO: Gabriele, tu lo conosci Stanovic?
GABRIELE: Non di persona, ma l’ho sentito suonare più volte. E’ un talento formidabile. (a Alice) Ma dove ti ho visto?
MARTA: Oh che noia. Non vi siete mai visti. E anche se fosse stato, non sei rimasto impresso. (a Alice) E tu che ne pensi di Stanovic?
ALICE: Io ascolto solo Springsteen e Lou Reed.
MARTA: (a Leonardo) E di cosa parlate, scusa?
ALICE: Perché?
MARTA: (a Leonardo) Hai altri argomenti? E come hai fatto a tenerli nascosti per venticinque anni?! Non è da tutti. Complimenti, Leo.
ALICE: “Leo”. Anche Rebecca lo chiama così. E poi ruggisce.
MARTA: Come il mio Marco. 
ALICE: Marco?
MARTA: Il bambino che assisto a scuola.
GABRIELE: Qualcuno vuole dell’altro vino?
LEONARDO: No, grazie.
GABRIELE: Signore?
ALICE: Assisti i bambini a scuola? Che bel lavoro.
MARTA: Ah sì? Se è tanto bello, perché non lo fa nessuno? Senti, e da che lingua traduci?
ALICE: Dal tedesco e dal russo.
GABRIELE: (a Marta) Vino?
MARTA: (ad Alice) Accidenti. Vedi che pregiudizi. (a Leonardo) Pensa che quando l’ho vista in fotografia – (a Alice) te l’ha detto Leonardo, vero, che abbiamo passato un pomeriggio insieme?
ALICE: Certo.
MARTA: Ecco, lui mi ha fatto vedere una tua foto – tra l’altro non sai quanto ho dovuto penare-
LEONARDO: Ma che dici?
MARTA: Ma certo. Non fare il furbo, adesso. Non volevi assolutamente, ti ho costretto. Non capisco perché poi, è tanto bella.
GABRIELE: (a Alice) Vino?
MARTA: (ad Alice) Infatti appena ti ho visto, pensavo facessi l’attrice.
GABRIELE: (appoggiando la bottiglia) Niente vino.
ALICE: (a Marta) Grazie. Io invece pensavo che tu facessi la casalinga.
GABRIELE: (a Leonardo) E se ci fumassimo una sigaretta sul terrazzo?
MARTA: Per carità, non c’è niente di male a fare l’attore.
LEONARDO: Purtroppo ho smesso.
ALICE: Anche a fare la casalinga, non c’è niente di male. 

Pausa. Le due donne si guardano. I due uomini prima guardano le donne poi si guardano tra loro.

LEONARDO: (a Gabriele) Una sigaretta non farà niente.

I due uomini fanno per alzarsi.

ALICE: (si alza prima di Leonardo) No, vengo io. Molto volentieri. Io non ho smesso.
GABRIELE: Benissimo.
MARTA: “Benissimo”, perché invece non resti a fare due chiacchiere con Leo, io intanto faccio vedere il giardino ad Alice. (ad Alice) Sarai curiosa immagino.
ALICE: Sì. (pausa) mi interessa sempre vedere da cosa si scappa.

Marta ed Alice si allontanano.

Buio.

SECONDA SCENA


Per un attimo in silenzio.

GABRIELE: Non so perché, ma delle volte ho come la sensazione di non essere fondamentale.
LEONARDO: (pausa) Sì. Anch’io.

Pausa.

GABRIELE: Allora, come va?
LEONARDO: Come vuoi che vada. L’hai vista, no? 
GABRIELE: Sì. Sei un uomo fortunato. Certo, una donna così bella… può portare degli imprevisti.
LEONARDO: Oh sì. E’ una vita piena, di imprevisti.
GABRIELE: Immagino. Oltre a essere molto bella è anche molto giovane….
LEONARDO: Non così tanto. Ha trentatre anni e una figlia. 
GABRIELE: Già. C’è anche una bambina. E dimmi, tu ti senti più padre o più nonno?

Pausa.

LEONARDO: Ma dimmi un po’ di te, Gabriele. Come stai?
GABRIELE: Oh, benissimo. L’hai vista Marta? Sta che è una meraviglia.
LEONARDO: Sì e mi fa molto piacere. Un po’ stanca forse, ma gli anni passano per tutti.
GABRIELE: No, è che si era addormentata. Ti aspettava e si è addormentata.
LEONARDO: Per quello allora, quelle brutte occhiaie… Allora. Alla fine hai avuto quello che volevi.
GABRIELE: Sì.
LEONARDO: E Marta è una donna forte… a volte anche un po’ troppo ma… 
GABRIELE: Ho sempre preferito le donne con carattere alle bambole imbalsamate.
LEONARDO: Non so, io non ne ho mai frequentate. Comunque, siete felici, insomma…
GABRIELE: Siamo felici, sì. 
LEONARDO: Il bello della vita è che si vogliono cose così diverse…
GABRIELE: E’ vero. Chi cerca qualcosa per sempre, chi per l’attimo che passa.
LEONARDO: Meglio così. Altrimenti litigheremmo tutti per la stessa cosa. Chi l’avrebbe mai detto? Tu ora vivi a casa mia con mia moglie. 
GABRIELE: E tu vivi in una casa nuova. Con una ragazzina. Chi l’avrebbe mai detto?
LEONARDO: E siamo felici.
GABRIELE: E siamo felici.
LEONARDO: (alzando il bicchiere) Ci beviamo sopra?
GABRIELE: (alzando il bicchiere) Beviamoci sopra.
LEONARDO: “Che le cose eterne possano non annoiarci”.
GABRIELE: “Che le cose dell’attimo possano non essere tanto brevi”. 

Brindano.

LEONARDO: Spero che la mia presenza non sia troppo ingombrante.
GABRIELE: Oh, non lo è. Mi fa piacere avere conosciuto Alice.
LEONARDO: No, dicevo, dopo tanti anni di matrimonio, magari una resta… con le malinconie, quelle cose lì. Non perché manchi davvero l’altro, per carità, non voglio dire questo, è solo per abitudine… per affetto. Tante cose passate insieme… venticinque anni sono una vita.
GABRIELE: Pensi ancora tanto a Marta?
LEONARDO: Oh no. Gli uomini lo sai, sono molto meno romantici, quando trovano qualcuno che li distrae con maestria.
GABRIELE: Ah, dicevi di noi? Non ti preoccupare. Non parliamo mai di te.
LEONARDO: Bene. Mi fa piacere sentirtelo dire. Un altro brindisi?
GABRIELE: “Al potere della celebrità”.
LEONARDO: E perché?
GABRIELE: Perché fa miracoli. Unisce coppie impossibili. 
LEONARDO: Tu non eri ancora tanto famoso quattro anni fa.
GABRIELE: Tu sì, però. Senti, ma perché hai smesso di portare Marta in torurnée?
LEONARDO: Perché tanto se ne andava sempre prima degli applausi.

(continua)



TERZA SCENA

Sul terrazzo. Le due donne.

ALICE: E’ davvero bella questa casa.
MARTA: La immaginavi molto diversa?
ALICE: Non ci ho mai pensato, sai?
MARTA: Ah. Anch’io alla vostra, adesso che mi ci fai pensare.
ALICE: Significa che stiamo bene dove stiamo.
MARTA: Ah sì. Non farei cambio neanche morta. Ma neanche tu, immagino…
ALICE: Perché dovrei?
MARTA: Infatti. E’ quello che ho detto. Hai un uomo interessante… e io lo so bene, naturalmente.
ALICE: Molto meglio di me, credo. Un uomo a cui piace, viaggiare, fare una vita allegra, vedere posti nuovi, gente nuova, ridere… 
MARTA: E per questo credo che tu sia la persona giusta. Senti ma, dimmi una cosa, sono curiosa. Quando si ammala è sempre così noioso?
ALICE: No.
MARTA: E quando prova, arriva ancora a degli orari infernali, si dimentica compleanni, Natale, tutto?
ALICE: Insopportabile.
MARTA: Già.
ALICE: Ma era davvero così Leonardo? 
MARTA: (pausa) Dici con me? Figurati! L’avrei lasciato una settimana dopo. 
ALICE: Siete una bella coppia tu e Gabriele.
MARTA: Oh, grazie. 
ALICE: Credo che lui ti ami molto.
MARTA: Lo pensi davvero?
ALICE: Lo dico davvero. Pensare… chissà che cosa si pensa davvero.
MARTA: Non sai quello che pensi?
ALICE: Tu sì?

Pausa.

ALICE: Mi piace molto Gabriele.
MARTA: Lo immagino.
ALICE: Però credo sia uno di quelli che giocano da soli. E così?
MARTA: Non so cosa vuoi dire.
ALICE: Che a te piace giocare… scherzare… Ma no, forse è solo che non è il mio tipo.
MARTA: Troppo giovane? (pausa) ‘Scherzavo’.
ALICE: Certo, è bello, affascinante… immagino che molte donne gli faranno la corte… E’ così, vero?
MARTA: Sì, è così. Ed è ancora più bello sentirsi scelte, quando è così. Sarà capitato anche a te in passato.
ALICE: Non tanto.

(continua)



CONTINUAZIONE SECONDA SCENA

Gabriele e Leonardo aprono la scena già molto concitati.

GABRIELE: E tu ti sei mai chiesto quanto rancore si può portare nel vivere accanto a qualcuno che viene continuamente osannato?!
LEONARDO: Non ho capito, mi stai dicendo che si amano solo i falliti?!
GABRIELE: Ti sto dicendo che puoi amare un altro solo se così ami anche te stesso.
LEONARDO: Credo che qualcuno l’abbia detto prima di te, se non ricordo male. Ed è finito a braccia larghe e capo chino…
GABRIELE: Perché ci tenevi così tanto a portarla in giro con te?
LEONARDO: Per… “dividere alcune gioie”?
GABRIELE: Che uomo generoso. Immagino che Marta non fosse in grado di portarne anche lei delle sue. 
LEONARDO: Tu sei così sicuro che gliel’ho chiesto io di smettere di cantare?
GABRIELE: No. Io sono sicuro che non gliel’hai chiesto. Tu sei al di sopra di tutti noi. Non hai bisogno di chiedere le cose tu. 
LEONARDO: E nelle vostre notti di luna piena, platoniche a quanto ho capito, non si è citata l’ipotesi che Marta non potesse sopportare di non essere la più brava, di non essere la migliore, e abbia usato me come scusa per smettere di cantare? 
GABRIELE: Non ci crederai, ma ci sono delle persone che possono sopportare di non essere i primi.
LEONARDO: Davvero, lo credi?
GABRIELE: Tu dovresti saperlo. 

Pausa.

LEONARDO: Sai qual è il tuo problema, Gabriele? A te piacciono gli uomini, non le donne.
GABRIELE: Ma dai? Grazie, non ci avevo mai pensato. 
LEONARDO: Oh, non è una questione di omosessualità.
GABRIELE: Ti prego, non essere formale. 
LEONARDO: Credo dipenda di più dall’aver avuto un padre stronzo. La tua turgidità è conseguenza di quanto sia importante il maschio della donna che ti vuoi portare a letto… come vincere a tennis con uno molto bravo… E in effetti mi rode un po’ l’idea di essere stato causa di tante soddisfazioni. 
GABRIELE: Sai che cosa diceva una grande attrice, quando le chiedevano se aveva paura di invecchiare? 
LEONARDO: No. Ma sento che tu stai per dirmelo.
GABRIELE: Si indicava il viso, e poi sorridendo all’intervistatore gli replicava: “Ma lei ha idea di tutto quello che ho dovuto fare in vita mia per ottenere queste rughe?”

Pausa.

LEONARDO: Stai già pensando a un lifting?

(continua)



CONTINUAZIONE TERZA SCENA

Alice e Marta sono rosse in viso, di una aggressività furente, che tentano però di trattenere a fatica per non finire in una rissa furibonda. 

MARTA: Mozart aveva una donna giovane perché era giovane anche lui, Alice!
ALICE: Certo, non volevo mica dire altro! E’ che i veri genii hanno detto tutto subito, ecco, all’inizio, e non hanno avuto bisogno di diventare vecchi. Molti non lo sono diventati proprio. Per questo io ho fretta. Perché secondo me dopo i trentacinque anni, hai fallito. Per carità, puoi sempre vivere dignitosamente… Ma se non hai tirato fuori qualcosa di davvero importante prima, allora- Oh mio Dio, scusami. Scusami, scusami, sono una stupida.
MARTA: Non c’è bisogno che ti umili tanto.
ALICE: Sono una maleducata, scusami. Non ti avrò offeso?
MARTA: Mi offende di più una critica intelligente e strutturata, credimi.
ALICE: Ti ho offeso.
MARTA: Per carità, non lo dire nemmeno. 
ALICE: Sì, ti ho offeso. Lo vedo, sei arrabbiata.
MARTA: Ti ho detto che non è così. Forse solo un poco poco di noia. Ma non è colpa tua. Magari rientro, adesso. Tu intanto goditi un po’ il terrazzo che amava tanto Leonardo e di cui diceva sempre: “Non esisterà mai un posto migliore di questo”. Ti aspetto dentro.
ALICE: Davvero lo diceva?
MARTA: Io mento molto poco.
ALICE: E tu non credi che fosse vero?


QUARTA SCENA

Nel salotto Gabriele e Leonardo ridono forte. 

GABRIELE: E lo sai qual è il colmo per un direttore d’orchestra?
LEONARDO: Saperlo fare!
GABRIELE: Ma no, la sapevi?
LEONARDO: Sì!

Ridono di nuovo. Entra Marta. Li guarda con accesa critica.

MARTA: Gli uomini sono stupidi. Bisogna che mi rassegni.
LEONARDO: Marta.
MARTA: Sì, sono io. 
GABRIELE: Alice?
MARTA: Chiede se qualcuno ha una sigaretta.
GABRIELE: Oh, certo. 

Gabriele esce.

MARTA: Magari tra un po’ mangiamo anche… visto che siete venuti per la cena…

Va al tavolo. Si serve del vino.

MARTA: (a Leonardo) Vuoi un altro bicchiere di vino?
LEONARDO: Ti siedi un attimo qui?
MARTA: Anche no? (pausa) Vuoi del vino?
LEONARDO: Sono quattro anni che non accetti di parlarmi.
MARTA: Mi sfugge il sottotesto. E’ un sì o un no?
LEONARDO: Quattro anni, Marta.
MARTA: Non hai perso il vizio, vedo.
LEONARDO: Di cosa?
MARTA: Bugiardo e vittimista.
LEONARDO: Se classifichi “parlare” il nostro incontro dell’anno scorso-
MARTA: (lo interrompe) Che cosa vuoi?
LEONARDO: Siediti, ti prego. Non possiamo mettere da parte per un attimo i rancori e parlarci come due persone civili?
MARTA: No.
LEONARDO: Pensaci solo un attimo.
MARTA: Mmm... No. (pausa) Io non dirò una parola, Leonardo. Non più.
LEONARDO: Allora parlo io. Ti chiedo solo di ascoltarmi.
MARTA: L’ho fatto per qualche decennio. Mi pare abbastanza.
LEONARDO: Marta.
MARTA: Marta! Sì, è il mio nome. Avete bisogno di dirlo tutti in continuazione per ricordarvelo vero?
LEONARDO: Che cosa?
MARTA: Certo, a me non li chiedono gli autografi per strada!
LEONARDO: Ce l’hai ancora così tanto con me?
MARTA: Tu non hai detto niente!
LEONARDO: Cosa?
MARTA: Avevi un’altra! E non hai detto niente! Hai fatto la sceneggiata che hai fatto! Hai lasciato che ci sentissimo immondi per anni e tu avevi un’altra!! 
LEONARDO: Non replichiamo l’utlimo incontro.
MARTA: (Urla) Replichiamo, invece! Tu mi hai fatto perdere il sonno e anche la stima di me per tre anni! Tu ci hai trascinato in una notte da incubo, finita con qualcosa che poteva diventare una tragedia e tu avevi un’altra! Tu- 
LEONARDO: Senti, Marta, io mi sono quasi ammazzato-
MARTA: Ecco appunto. Hai lasciato a metà anche quello. 
LEONARDO: Adesso che abbiamo appurato che sono uno stronzo, possiamo parlarci per un secondo?

Pausa.

MARTA: No.
LEONARDO: Perché?
MARTA: Perché è una più giovane!! (continua)
QUINTA SCENA

Alice e Gabriele fumano sul terrazzo.

ALICE: E’ strano vero? Trovarci qui a cena tutti e quattro. Io non ci volevo venire.
GABRIELE: Perché? 
ALICE: Perché ho paura.
GABRIELE: Di Marta?
ALICE: Sì. 
GABRIELE: Mi sembrava riuscissi a tenerle testa benissimo.
ALICE: Non hai capito, non è quello. Ho paura di diventare sua amica.
GABRIELE: (pausa) Cosa?
ALICE: Sì. Marta è una di quelle donne forti, e intelligenti, e talentuose, che hanno tutto a portata di mano ma non riescono a prendere niente. E mi fanno una gran tenerezza. E insieme una grande rabbia. E non posso fare a meno di diventare loro amica.
GABRIELE: Sei molto bella.
ALICE: Non credo sia consequenziale, ma grazie lo stesso. Sei felice?
GABRIELE: Io mi sento sempre troppo in colpa per essere felice. 
ALICE: Per via di Leonardo?
GABRIELE: No, per tutto. Mi sento in colpa quando suono, quando faccio l’amore, mi sentivo in colpa anche quando da ragazzo andavo alle feste. 

Pausa.

GABRIELE: Qualche volta vorrei essere solo per dovere niente a nessuno. E poi mi accorgo che è inutile, perché non puoi stare anche senza te stesso.
ALICE: Tu la ami Marta?
GABRIELE: Certo. E’ la mia vita.
ALICE: E’ la tua vita o la ami?

(continua)

CONTINUAZIONE QUARTA SCENA


LEONARDO: Non ti ha mai sfiorato il fatto che, se tra noi è finita, è perché né io né te abbiamo mai avuto nessuno con cui parlare?

Marta beve vino e non lo guarda.

LEONARDO: Hai sentito quello che ho detto?
MARTA: Ho sentito. Peccato non significhi nulla.
LEONARDO: Di cosa abbiamo parlato, Marta, in venticinque anni? Di cosa? Dell’Aglianico? Del Morellino? Di Filistrato? Di cosa? Alla fine ci siamo messi pure a parlare francese piuttosto che parlarci.
MARTA: Su questo hai ragione. Dovevamo affrontare il tema Pedofilia.
LEONARDO: Anche Gabriele è più giovane.
MARTA: Non di trent’anni! 
LEONARDO: Anch’io ho avuto bisogno di te, sai? 

Pausa.

MARTA: Tu sei l’uomo più irriconoscente che abbia mia conosciuto!
LEONARDO: Sì! Hai ragione. Della casa pulita, delle camicie stirate, del vino rosso a pranzo e a cena… non me ne è mai fregato niente! Noi non abbiamo mai litigato, Marta! Ecco che cosa mi interessava! Ti pare normale? Non ci siamo mai lamentati, non abbiamo mai detto “No”. Sempre Sì Sì Sì! E cosa ci ha portato tutto questo ‘sì’ alla fine? Tu hai smesso di cantare. Io non te l’ho chiesto, tu non me l’hai chiesto. Io non ho accettato di suonare per la New York Orchestra. Tu non me lo hai chiesto, io non te l’ho chiesto. E allora, perché?
MARTA: Perché tu, mio caro, non avresti mai accettato di passare la vita con una che stava in giro per il mondo quanto te.
LEONARDO: E come ne sei tanto sicura?
MARTA: Perché ti conosco. 
LEONARDO: Beata te. Io invece non lo so. Io non ho fatto in tempo a saperlo, perché nessuno me l’ha mai chiesto. Nessuno mi ha mai fatto domande, io per primo. Io non lo so se mi sarebbe piaciuto New York. So solo che non abbiamo accettato senza neanche dircelo. E’ arrivata una sera la proposta, e abbiamo parlato dell’ultimo premio del Chianti a Saint-Tropez. 
MARTA: Un piacere! Un solo piacere ho avuto io, il vino. 
LEONARDO: Grazie.
MARTA: Prego. E tu adesso sei qua a ricriminare che a me piacesse il vino!

Silenzio.

LEONARDO: Te la ricordi la vacanza in Tibet?
MARTA: (non risponde)
LEONARDO: Il trekking, dieci anni fa. Eh, te lo ricordi?
MARTA: Chi se lo dimentica. 
LEONARDO: Io non faccio altro che pensarci nell’ultimo periodo. Non posso smettere di pensare che qualche anno dopo, una sera a cena da amici, te ne sei venuta fuori ringraziando il cielo di essere sopravvisuta a una fatica mortale, al freddo, e ai cavalli. Perché i cavalli, tu, li odi.
MARTA: E allora?
LEONARDO: Anch’io li odio i cavalli.
MARTA: (pausa) Cosa?
LEONARDO: Li odio. Anzi, ne ho il terrore. Volevo andare in vacanza a Forte dei Marmi, con gli ombrelloni e l’aranciata, e ho fatto quella fatica mortale solo per te.
MARTA: Per me?
LEONARDO: Sì, perché ero convinto che tu li adorassi.
MARTA: E da cosa ti sarebbe venuta questa illuminante convinzione?
LEONARDO: Appunto. Questo ti volevo dire. Non lo so. Non ne ho la più pallida idea. Forse perché mi hai raccontato che tuo padre da giovane aveva un cavallo, forse l’avrò sognato, non ho idea. Fatto sta, che ne ero convinto. 
MARTA: Non ho parole.
LEONARDO: E non ne hai avute neanche allora. 
MARTA: E chiedermelo? Marta, amore, ma a te interessa qualcosa di una cazzo di vacanza in Tibet?
LEONARDO: Quando ti ho proposto il viaggio, non hai battuto ciglio. Anzi no, hai detto: “Bello!”
MARTA: Per forza, eri tanto entusiasta.
LEONARDO: Ti ho trascinato per vent’anni a Forte dei Marmi e tu non ti sei chiesta da dove venisse tanta voglia di avventura.
MARTA: Ma che ne so. Sei tu che hai portato a casa due biglietti per il Tibet! E adesso incolpi me di-
LEONARDO: (la interrompe) Io non incolpo nessuno. Ti sto solo dicendo che ci siamo fatti migliaiai di chilometri e siamo invecchiati di diec’anni, senza contare di aver rischiato la vita su un paio di dirupi, per andare in un posto in culo al mondo dove nessuno dei due aveva nessuna voglia di andarci.

Silenzio.

MARTA: Ma sei serio?
LEONARDO: Serissimo. E a questo punto ti sarà semplice capire che la vacanza l’anno dopo -
MARTA: No! No, non mi dire che anche l’Amazzonia l’hai organizzata per fare piacere a me? 
LEONARDO: (annuisce) 
MARTA: No, è troppo! Mi sono fatta dieci giorni di febbre a quaranta e dodici d’ospedale al ritorno, terrorizzata di aver preso la malaria, solo perché tu volevi farmi felice?!
LEONARDO: Tuo fratello mi aveva detto che forse era depressa per la vita di routine. 
MARTA: E allora?
LEONARDO: E poi ha detto che da bambina eri una pazza scatenata che amava buttarsi nel pericolo, che sembravi essere felice solo quando l’adrenalina dell’avventura ti saliva in corpo.
MARTA: L’adrenali-! Mio fratello, Leonardo, mio fratello è cresciuto con l’ansia da prestazione e un profondo senso di inferiorità perché una volta a sette anni, io l’ho battuto a braccio di ferro.
LEONARDO: Ah.
MARTA: Ah? Ah?!! E’ questo tutto quello che hai da dire? Tu! … tu dieci anni fa hai tentato di ammazzarmi in Tibet! E non essendoci riuscito ci hai provato anche l’anno dopo in Amazzonia! E lì, ti sei già avvicinato di più – e tutto questo solo perché mio fratello non può sopportare l’idea che la sua sorellina di due anni più piccola l’ha battuto a braccio di ferro cinquant’anni fa?! E adesso tutto quello che hai da dire è: “Ah”?!
LEONARDO: … Mi verrebbe anche “scusa”, ma sento che non è abbastanza.
MARTA: Mi stai dicendo che è finita tra noi perché tu volevi farmi felice? 

Pausa.

MARTA: Rispondi!
LEONARDO: Cosa rispondo? Tu non hai mai detto niente! 
MARTA: Cosa?!
LEONARDO: Si può sapere perché non ti è mai venuta la bella idea di alzarti e dire: (urla) MI FA SCHIFO L’AMAZZONIA! MI HA GIA’ FATTO SCHIFO IL TIBET, NEANCHE MORTA ADESSO VENGO IN AMAZZONIA!

(continua)


CONTINUAZIONE QUINTA SCENA

Alice e Gabriele di nuovo sul balcone, hanno sentito le urla da dentro.

ALICE: Quanto altro tempo gli servirà?
GABRIELE: Per fare che?
ALICE: Perché siamo qui fuori, secondo te?
GABRIELE: Perché…(offrendole il pacchetto) Un’altra sigaretta?
ALICE: (prendendo una sigaretta) Pensare che volevo smettere.
GABRIELE: E come mai ti sei divisa?
ALICE: Mio marito è scappato con sua madre.
GABRIELE: (ride) Uno dei pochi.
ALICE: Dei pochi, cosa?
GABRIELE: Che scappano con una più vecchia.
ALICE: No. Era davvero sua madre.
GABRIELE: ?
ALICE: (sorride) Una figura paterna poco presente e un Edipo poco risolto, immagino.
GABRIELE: ?
ALICE: Sua madre, a sessantasei anni, ha deciso di lasciare il bar che aveva a Roma, a Trastevere, e ha aperto un ristorante a Palm Beach, in Florida. (pausa) E lui ha deciso di andare con lei.
GABRIELE: Stai scherzando?
ALICE: Naturalmente ha chiesto a me e a Rebecca se, per caso, ci andasse di seguirlo.
GABRIELE: E allora?
ALICE: Non ci andava.
GABRIELE: E sono ancora lì?
ALICE: Sì. Tutti e tre. Dopo qualche mese sua madre ha sposato un portoricano di ventisette anni.
GABRIELE: Mi chiedo se dopo i trent’anni c’è qualcuno che si mette ancora con qualcuno della sua età.
ALICE: (ci pensa) Credo di no. Rischierebbero amarsi davvero.

Ridono.

ALICE: Dicono tanto degli adolescenti… eppure sono gli unici ormai che fanno le cose seriamente.
GABRIELE: Almeno ci credono.
ALICE: Tu non ci credi più?
GABRIELE: A sprazzi. Tu?
ALICE: Io ho una bambina di sette anni che mi ricorda tutti i giorni che la vita è una cosa meravigliosa. Che andare un weekend nel Parco Nazionale d’Abruzzo o mangiare un gelato al lampone passeggiando sul fiume, e magari incrociare per un istante lo sguardo di un ragazzino, è qualcosa di davvero irrinuciabile.
GABRIELE: Già. E quando non sei con lei?
ALICE: A sprazzi. 
GABRIELE: Come stasera.
ALICE: Come stasera.
(continua)

CONTINUAZIONE QUARTA SCENA

Leonardo e Marta sono come li avevamo lasciati.

LEONARDO: Ti faccio un altro esempio.
MARTA: Ti prego no! Preferisco non sapere. 
LEONARDO: Io ti amo, Marta. Ti ho sempre amato
MARTA: Fermo! Fermati subito. (pausa) Prima che inviti ancora da qualche parte, adesso?
Ridono. 
(continua)

CONTINUAZIONE QUINTA SCENA

Gabriele e Alice bevono vino.

GABRIELE: …E così, siamo stati tutta la sera su un terrazzino a bere vino, intanto che la festa scoppietava dentro al ristorante e non ci siamo più fermati. (pausa) Un po’ come me e te questa sera.
ALICE: Un colpo di fulmine.
GABRIELE: Più o meno.
ALICE: E’ stupido questo modo di dire. I fulmini durano un attimo.
GABRIELE: Tu come hai conosciuto Leonardo?
ALICE: Incontrare Leonardo è stata una specie di miracolo. Io e mio marito ci eravamo lasciati da un anno e Rebecca si era appena ammalata. O meglio, avevamo appena scoperto del suo problema.
GABRIELE: Quale problema?
ALICE: Una malformazione al cuore, congenita, ma nessuno se ne era mai accorto. Occorreva operarla subito. Io e mio marito non avevamo un soldo. Lui aveva appena investito i pochi risparmi nel ristorante in Florida e io… io non ne ho mai avuti di soldi. La sera che conobbi Leonardo, andammo a cena da questa amica che ci aveva presentati e io stetti a parlare con lui fino alle tre del mattino come se lo conoscessi da sempre. Poi lui mi riaccompagnò a casa e mi baciò le mani sul portone. (sorride) 
GABRIELE: (le prende le mani e gliele bacia) Così?
ALICE: (imbarazzata) Così. 
GABRIELE: E poi?
ALICE: (arrosisce, toglie le mani) Solo mia madre prima di allora mi aveva baciato così.

Pausa.

ALICE: E due giorni dopo mi arrivò una lettera. L’amica che ci aveva presentato gli aveva raccontato la mia storia. Io aprii la lettera e ci trovai un assegno con la somma per l’operazione e un biglietto: “Ti prego, aiutami a dare un senso alla mia vita, in modo che possa dirmi, al fondo, di non avere vissuto per niente.”

Pausa. Si versa dell’altro vino.

ALICE: Incassai l’assegno, e Rebecca fu operata dopo quindici giorni. Appena uscì dalla sala operatoria, la baciai come quando uscì dalla mia pancia e poi corsi a telefonare a Leonardo. Mi rispose una donna. 
GABRIELE: E allora?
ALICE: E allora, lui era già il mio angelo. Aspettai un mese, ripetendomi ogni giorno di non chiamarlo, di lasciare che questa magia calasse sopra me e Rebecca senza chiedere più null’altro. (pausa) Ma fallii. Una sera lo chiamai. E da allora non smisi più di farlo.
GABRIELE: Almeno tu non lo sapevi che era sposato.
ALICE: Diciamo che ho evitato di chiedermelo.
GABRIELE: A me Marta, l’ha presentata Leonardo.
ALICE: Lo so. (pausa) Ma dopo.
GABRIELE: Cosa?
ALICE: Io esistevo già. 
GABRIELE: Davvero?
ALICE: Leonardo se l’è chiesto per molto tempo, perché aveva insistito tanto a farvi incontrare…
GABRIELE: (sorride) Grazie.
ALICE: A volte sono le piccole cose che cambiano l’intera visuale. 
GABRIELE: Cosa vuoi dire?
ALICE: Che si dice sempre che sono i fatti che contano…
GABRIELE: E invece?
ALICE: Non lo so ma… mi pare che facciamo sempre un po’ tutto da soli. Ci incolpiamo, ci assolviamo, troviamo scuse, troviamo verità…tutto nella nostra testa.
GABRIELE: Leonardo dice che è stato più eccitante per me togliere Marta a un altro uomo più che averla.
ALICE: Leonardo è un uomo. Ha bisogno di dimostrare che il mondo non lo portano avanti le donne.
GABRIELE: Perché, è così?
ALICE: Certo che no. Ma così pensano gli uomini. E qualche volta si vendicano.
GABRIELE: Io non so più se la amo. 

Silenzio.

GABRIELE: Non so nemmeno se l’ho mai amata. Mi faceva ridere, Marta. Mi ha sempre fatto ridere, e mi faceva stare bene. Mi faceva sentire che non ero solo, che qualcuno da qualche parte pensava a me prima di addormentarsi e se mi facevo male, si preoccupava, e se non pagavo le bollete, mi sgridava.
ALICE: E adesso?
GABRIELE: E adesso… è Marta.
ALICE: Non si preoccupa più?
GABRIELE: Sì. Però è diverso. C’è una violinista che lavora con noi… Alice lo guarda) No, non è mai successo niente. Ma io penso a lei ogni momento della giornata. (Alice lo guarda) Va bene, una volta sola. Due. E fare l’amore con lei è un’altra cosa.
ALICE: E com’è?
GABRIELE: Com’era con Marta all’inizio.
ALICE: Gli inizi non contano. Vuoi metterti con lei?
GABRIELE: Figurati. Ha ventisette anni e voglia di farsi una famiglia. (pausa) Non sai quanto pagherei per non vivere più questi momenti.
ALICE: Quelli in cui ti devi chiedere se vuoi una famiglia?
GABRIELE: No, quelli in cui comincia a piacerti qualcun altro. 
ALICE: Perché?
GABRIELE: Perché…. Perché… io mi sento come… non lo so, è terribile. E’ come quando uscivoi di casa per andare alle feste.

Pausa.

ALICE: Le storie finiscono.
GABRIELE: La mia storia con Marta non finirà mai.
ALICE: Allora finirà quella con la violinista?
GABRIELE: Perché si deve amare una persona sola?
ALICE: Non si deve.

Pausa.

GABRIELE: Come sei bella. Sei così bella. Io…

Si avvicina come per baciarla. Si sentono delle grandi risate dall’interno.

ALICE: (ritraendosi delicatamente) Credo che ci siamo. Possiamo entrare ora.
GABRIELE: Credo di sì. 

Alice dà un bacio sulla guancia a Gabriele ed esce.
SESTA SCENA

Marta e Leonardo stanno ridendo forte, mentre Marta tira fuori di nuovo la pasta dal forno.

MARTA: Sai che ti dico, la botta in testa ti ha fatto diventare simpatico!
LEONARDO: Che dici? Sono sempre stato simpatico. 
MARTA: Allora l’hai nascosto benissimo. 

Ridono. Poi si guardano per un attimo fissi negli occhi.

LEONARDO: (avvicinandosi a Marta. La vorrebbe baciare) Marta, io…
MARTA: (lo vorrebbe baciare) Tu…

Entra Alice. Marta si tira indietro imbarazzata.

MARTA: (a Alice) Ah, eccoti. Allora. Mangiamo qualcosa? Gabriele?
GABRIELE: (entrando) Pronto.
MARTA: E anche la pasta. Non troppo calda questa volta.

Si siedono. Marta serve la pasta.

MARTA: Buon appetito. Sapete che vi dico? Sono felice che siate venuti. 
LEONARDO: Anche noi.
ALICE: (sorride, a Gabriele) Noi chi?
MARTA: Abbiamo finalmente chiarito delle cose…
ALICE: Sono contenta.
GABRIELE: Sappiamo che Leonardo sta bene.
MARTA: Sì. 
ALICE: Sì.
LEONARDO: L’importante è dirle, le cose.
MARTA: Sì.
GABRIELE: E non tenersi tutto dentro.
ALICE: Sì. Il primo passo è capirle…

Cominciano a mangiare. Si guardano sorridendo. 

ALICE: Che buona questa pasta.
LEONARDO: Davvero, una meraviglia.
MARTA: Grazie.

Si guardano e sorridono.

MARTA: (a Gabriele) Ti piace?
GABRIELE: Molto.
MARTA: Bene.
GABRIELE: Bene.

Marta e Gabriele si guardano, si danno un bacio e sorridono. 

LEONARDO: (a Alice) Davvero buona.
ALICE: Davvero.

Leonardo e Alice si guardano, si danno un bacio e sorridono.

E poi nessuno parla più.

Da piccoli sorrisi a piccoli imbarazzi e nessuno riesce più a dire nulla. Mangiano e bevono. Marta serve il secondo. 

LEONARDO: (assaggiano il secondo) Eh…

Tutti lo guardano, sperando che rompa questo silenzio. Ma Leonardo sorride e ricomincia a mangiare. Il tutto dovrebbe riuscire a durare cinque minuti, se si riesce a sostenere il silenzio con piccoli gesti e piccoli sguardi.

Finiscono di mangiare. 

Si guardano. Nessuno riesce a dire nulla. Sono schiavi di questo silenzio. Dovrebbe essere cresciuta a questo punto una tensione tale, che la prima parola risuona come lo scoppio di una bomba.

LEONARDO: Io…

Tutti lo guardano. Silenzio.

LEONARDO: Non mi sono buttato dal quarto piano. 

Silenzio.

LEONARDO: (pausa) Sono caduto da una scala per cambiare una lampadina.

Gelo. 

Passa un minuto di silenzio.

MARTA: Qualcuno vuole il caffè?
GABRIELE: Si grazie.
LEONARDO: Anch’io, grazie.
ALICE: Anch’io. Grazie.

Marta fa il caffè da una macchinetta da bar. Tutto in silenzio. Serve i caffè.

LEONARDO: Quando sono uscito, quella notte, quattro anni fa, ero disperato. Avevo capito, Marta, che tu non mi amavi più. 
MARTA: (a Alice, interrompendo Leonardo) Allora, Alice, come va?
ALICE: …Bene. Si sta bene in questa casa. E il terrazzo, poi. Credo che avesse ragione, Leonardo, sai, quando diceva-
MARTA: (la interrompe) Si dicono tante cose… 

Silenzio.

LEONARDO: Vagavo per strada come un pazzo. Poi sono andato da mia sorella… Lei avrebbe capito. E invece mi ha fatto cambiare una lampadina della veranda. Sono salito su una scala a legno vertiginosa, incastrata male. Aveva piovuto, sono scivolato e mi sono rotto il bacino. Brutte fratture scomposte e un paio di viti.

Pausa.

MARTA: (a Gabriele) Zucchero?
LEONARDO: Marta…
MARTA: Tu niente zucchero, lo so, non ho la memoria così corta. Purtroppo.
LEONARDO: Hai sentito quello che ho detto?
GABRIELE: (a Alice) Forse è meglio se li lasciamo soli.
MARTA: No! No. No.
GABRIELE: Marta, Leonardo…
MARTA: (continuando la frase per lui) Leonardo ha detto che vuole il caffè senza zucchero. Ecco, quello che ha detto.
GABRIELE: Leonardo ha detto che-
MARTA: NO! Non l’ha detto. Non ha detto che mi ha lasciato sola. Non ha detto che mi ha tradito nel modo più vile e meschino che si possa immaginare. Non ha detto che mi ha rovinato la vita. La mia, la sua, la tua, e… anche quella di Alice. Che bel quartetto siamo. Dovremmo cominciare tutti a suonare il violino.
ALICE: Marta-
MARTA: (la interrompe brusca) Uno o due di zucchero, Alice?
ALICE: Anna Laura. 

Silenzio.

MARTA: Cosa?
ANNA LAURA: Mi chiamo Anna Laura, non Alice. 

Silenzio.

MARTA: Cosa?
ANNA LAURA: Il mio vero nome è Anna Laura. Leonardo aveva bisogno di una mano e io gliel’ho data.
MARTA: Vorrei avere la forza per fare una battuta volgare e finire la questione, ma non ce l’ho.
ANNA LAURA: Io e Leonardo siamo soltanto amici, Marta. Soltanto amici. L’ho conosciuto tanti anni fa, è vero. E lo adoro, è vero. Ma non stiamo insieme. Non siamo stati insieme mai, nemmeno una volta. 
GABRIELE: (appoggia il caffè. Si alza) Credo che prenderò un whisky. (apre un armadietto) Si versa del whisky.
MARTA: (a Leonardo) Lei è finta?
LEONARDO: No. E’ vera. E’ un’amica vera. 
MARTA: No, fatemi capire… chi era allora, quella di quattro anni… quella con cui mi tradivi-
LEONARDO: Non ti ho mai tradito. Anna Laura è solo una persona che mi ha aiutato.
MARTA: Ti ha aiutato? A fare che?
LEONARDO: A fingere che anch’io avevo un’amante.
MARTA: Tu hai finto di avere un’amante? E perché? (Leonardo non risponde) E l’hai chiamata Alice.

Marta si allontana.

MARTA: Io… In tutti questi anni, io… Da quando te ne sei andato, poi, non ho fatto altro che pensare a quello che ti avevo fatto. A come ti ho portato via a mia sorella. A come mi meritavo, tutte le pene…tutto quello che era accaduto.
ANNA LAURA: Quali pene? Tu ti sei messa con l’uomo che amavi, no?
MARTA: Stai zitta. Zitta, ti prego, stai zitta.

Gabriele prende il telefonino e si mette a fare i giochini.

MARTA: (a Leonardo) E’ uguale a trent’anni fa, vero? Abbiamo passato trent’anni facendo finta di non vedere, e ci ritroviamo esattamente allo stesso punto. Come allora.
LEONARDO: Sì. Come allora.

Pausa.

LEONARDO: Anche allora fingevo.
MARTA: Cosa?
LEONARDO: Anche allora fingevo di corteggiare tua sorella.
MARTA: Che cosa?
LEONARDO: Forse è tutta la vita che fingo di corteggiare qualcos’altro per avere te.

Silenzio.

MARTA: Aspettate. Fermi, fermi, fermi. Non so più dope stiamo scivolando. Io non… Mi state dicendo che tutto quello che è successo stasera non è vero? Mi state dicendo che tutto quello che è successo in trent’anni non era vero? Tutti i pensieri, le paure, erano… solo fantasmi. Solo fantasie.
ANNA LAURA: Le fantasie sono tutt’altro che finte. 

Pausa.

GABRIELE: (a Alice) Scusa, ma… Anche quello che mi hai detto in terrazzo era inventato? Di tua figlia, dell’operazione, di tuo marito che è scappato in Florida con sua mamma? 
ANNA LAURA: No. (sorride) No. E’ tutto vero.
MARTA: Tutto vero. Tutto falso. Ma chi ti credi di essere, eh? A spiegare al mondo cosa è vero e cosa è falso.
ANNA LAURA: Non al mondo. A te e a Leonardo.
MARTA: Cosa sei, una specie di angelo, caduto dal cielo a salvare noi, poveri mortali? 
ANNA LAURA: No. Sono solo una che ha conosciuto un uomo… e gli ha voluto bene.

Gabriele ricomincia a giocare con il suo telefonino.

MARTA: Gabriele… ti spiacerebbe, una volta tanto, dire qualcosa?
GABRIELE: (senza staccare gli occhi dal telefonino) Scopo con un’altra da tre mesi. Non credo di amarla e credo di non aver smesso di amare te, ma… è successo. E succede ancora qualche volta. Non lo so perché. Mi odio per questo. Ma continua a succedere.

Pausa.

MARTA: Balle. Sono tutte balle, vero? Adesso mi risveglio… e ricomincio a vivere il mio stupendo rapporto in crisi con Gabriele, (a Leonardo) e tu e Alice mi parlate della vostra vita rosa a fiorellini, con una figlia e tutto il resto e finalmente questo incubo ha una fine.
ANNA LAURA: Quale incubo? 
MARTA: Zitta. Zitta! Perché continui a parlare? Siete solo dei bugiardi. Meschini e bugiardi.
LEONARDO: Come hai potuto credere che uno che si butta dal quarto piano ne viene fuori con una frattura al bacino?
MARTA: Perché…
GABRIELE: (sempre senza staccare gli occhi dal telefonino) Per la verità voi avete anche creduto per anni che non leggessi la musica.
ANNA LAURA: (sorride) Un concertista che non legge la musica?! 
LEONARDO: E io… che non mi sono accorto in tre anni che andavi a letto con un altro?
ANNA LAURA: E’ più facile credere che pensare.

Silenzio.

MARTA: Leonardo... tu non ti sei buttato, lei non è la tua amante, non hai mai amato mia sorella. Ma… che ne sarà di noi?
GABRIELE: (sottovoce) …Io avrei anche detto che scopo con un’altra…
MARTA: (a Leonardo) E tu mi hai detto per anni che ti eri buttato…
LEONARDO: No! No. Ecco, siamo precisi. Io non ho detto niente. Voi siete venuti in ospedale e avete detto. Io vi ho solo ascoltato.
MARTA: Ma cosa volevi che pensassimo! Dopo la serata che abbiamo passato, dopo tutto quello che ci siamo detti, che cosa dovevamo pensare? Che eri caduto per cambiare una lampadina?
LEONARDO: Tu non mi hai chiesto niente.

Silenzio. Leonardo cammina. Anna Laura prende uno specchietto dalla borsa e si mette il rossetto. Marta la guarda.

MARTA: Ma tu chi sei?
ANNA LAURA: Anna Laura.
MARTA: Stai lì… con il rossetto… Non ti vergogni nemmeno un po’?
ANNA LAURA: No. Perché dovrei? Rendo possibile qualcosa che la gente cerca di evitare in tutti i modi. 
MARTA: Oh, e sarebbe?
ANNA LAURA: Stare con le persone che amano.
MARTA: Ah, e perché mai le persone non dovrebbero stare con quelli che amano? 
ANNA LAURA: Perché la maggior parte delle volte non lo sanno.

Silenzio.

MARTA: Io non trovo le parole per descriverti il mio disgusto.
ANNA LAURA: Mi dispiace che tu non capisca.
MARTA: Sai che cosa non sopporto davvero di te? Questo sorriso che hai. (pausa) Non mi dire, finalmente senza parole?
ANNA LAURA: Ti ho già detto quello che penso.
MARTA: E vorresti ripetercelo?
ANNA LAURA: ‘Mi dispiace che tu non capisca’. Eppure ormai dovrebbe essere tutto chiaro. 
MARTA: E in questo giallo meraviglioso, in cui siamo simpaticamente capitati - vivendo credo, per anni, forse da sempre!, con allegria e spensieratezza la vita… di qualcun altro – ecco, che cosa, di preciso, Signorina, dovrei capire? Che mi hai portato via mio marito e vorresti pure il mio perdono? Che mi hai portato via mio marito e-
ANNA LAURA: Io non ho portato via niente a nessuno. Io ho finalmente dato la possibilità a Leonardo di avere vicino una donna che lo ama. E che lui ama.
MARTA: Amore? Non ti permettere di parlare di amore! Tu non sai nemmeno che cosa sia l’amore. Perché non ci dici invece, con quali altri inganni ti tieni stretto un uomo che-
ANNA LAURA: Mi hai frainteso, Marta. (pausa) Non parlavo di me.

Un lungo silenzio.

Poi Anna Laura prende il suo cappotto e la sua borsa.

ANNA LAURA: Buona notte, signori. Che sia una buona notte. Senz’ombre. 

Esce. Cominciano a abbassarsi le luci. Restano tutti fermi, in silenzio.

GABRIELE: Marta. 

Silenzio.

GABRIELE: Marta.
MARTA: Cosa.
GABRIELE: Ma tu le sogni davvero le frasi?

BUIO e SIPARIO