LA  MOSCARDINA

Atto unico

Riduzione della commedia in tre atti di Luigi Pirandello “LIOLA’

di

Antonio Sapienza


Personaggi:

La Moscardina……………………………bracciante agricolo
Liolà ………………….………………….. bracciante agricolo
Zio Simone………………………….…….massaro
Mita……………………………………… moglie di zio Simone

La vicenda si svolge nella campagna siciliana


Sulla scena è ricostruita, per sommi capi, l’aia di una masseria. In scena ci sono la Moscardina e Liolà. Si suppongono altri braccianti che non appaiono.

Moscardina – Oh quest’è bella! Lo sai Liolà perché non vuol darci da bere zio Simone? Perchè gli ho detto che non ha figli a cui lasciare l’eredità! Vedi un po’ se questa è una ragione?-
Liolà- Lasciate fare a me. (va alla porta del magazzini e chiama) Zio Simone! Zio Simone! Venite qua! Ho una buona notizia per voi.-
Zio Simone- (uscendo dal magazzino) Che vuoi, pezzo d’imbroglione?-
Liolà-Hanno messo una nuova legge, fatta apposta per noi. Dico, per alleggerire le nostre popolazioni. State a sentire. Chi ha una troia che gli fa venti porcelli, è ricco, non è vero? Si li vende, no? E più porcellini gli fa, più ricco è. E così una vacca; quanti più vitelli gli fa. Consideriamo ora, un pover’uomo con queste donne nostre che Dio liberi, appena uno le tocca, patiscono subito di stomaco. E’ una rovina, no? Bene, il Governo ci ha pensato. Ha messo una legge che i figli, d’ora in poi, si possono vendere. Si possono comprare, zio Simone. E io, guardate, coi miei tre bambini, posso aprir bottega. Vuole un figlio? Ve lo vendo io. Qua, quello (indica qualcuno assente). Guardate com’è bello in carne! Tosto! Tosto! Pesa venti chili! Tutta polpa! Prendete, soppesatelo! Ve lo vendo per niente: per un barile di cerasuolo!-
Zio Simone- Vattene, finiscila, chè non mi piace scherzare su queste cose!-
Liolà- Vi pare ch’io scherzi? Vi dico sul serio! Compratevelo, se non ne avete; e finitela di star così, con le penne tutte arruffate come un cappone malato!-
Zio Simone- (sulle furie) Lasciatemi andare, lasciatemi andare, se no, davvero, per Cristo, non so più cosa faccio!-
Liola- Nossignore, state qua, e non v’offendete! Siamo tutti buoni vicini, una covata di zoticoni, e una mano lava l’altra! Io sono prolifero, voi no…-
Zio Simone- Ah, io no? Tu lo sai, è vero? Te lo vorrei far vedere!-
Liolà- A me, far vedere? No, Dio liberi! Volete far vedere il miracolo? (a Moscardina donna sui trentacinque anni) Niente di male, eh? Moscardina. Siamo in campagna: C’è chi abita su. C’è chi abita giù, e zio Simone abita in giù: Vecchiarello, flaccido, lasco. Guardate, se gli danno una ditata, gli resta il segno.-
Zio Simone- Ah, pezzo di malanova, aspetta che te lo lascio io il segno! (inciampa e sta per cadere).-
Liolà- (sorreggendolo) Eh eh, zio Simone, bevete vino ferrato!-
Moscardina- Vino ferrato? Che cos’è?-
Liolà- Che cos’è? Si prende un pezzo di ferro, s’arroventa, si ficca dentro un bicchiere di vino e giù! Fa miracoli. Ringraziate Dio, zio Simone, che ancora non vi spossessano.-  
Zio Simone- Mi dovrebbero spossessare?-
Liolà- E come no? Anche questa legge possono mettere domani. Scusate. Qua c’è un pezzo di terra. Se voi la state a guardare senza farci nulla, che le produce la terra? Nulla: Come una donna che non fa figli. Bene. Vengo io, in questo vostro pezzo di terra: la zappo, la concimo, ci faccio un buco, vi butto il seme: spunta l’albero. A chi l’ha dato quest’albero la terra? A me! Venite  voi ve lo pigliate perché ci tenete il piede sopra, e perché la legge vi da spalla. Ma se domani può cambiare; e allora voi sarete buttato via con una manata; e resterà la terra, a cui getto il seme, e là: spunta l’albero!-
Zio Simone – Eh, vedo che la sai lunga tu!-
Liolà- Io? No. Che lunga e lunga. Non abbiate paura di me, zio Simone. Non voglio nulla io. Lascio a voi di lambiccarvi il cervello per tutti i vostri danari e d’andare con gli occhi a qua e di là, come le serpi.
Sapete?  Questa notte ho dormito al sereno: solo le stelle m’han fatto riparo: Il mio guanciale, un cardoncello amaro,
Angustie, fame, sete, crepacuore? Non m’importa di nulla: so cantare!
Canto e di gioia mi s’allarga il cuore è mia tutta la terra e tutto il mare.
Voglio per me il sole e la salute;
voglio per me le ragazze leggiadre,
teste di bimbi bionde e ricciolute
 e una vecchietta là…come mia madre. (cambiando tono, alle braccianti)
Via. Via, che altro c’è da fare? Trasportare le mandorle schiacciate nel magazzino di zio Simone. Pronti! Ragazze, avanti, sbrighiamoci, chè zio Simone ci darà da bere! (entra nel magazzini e imita di mettere i sacchi sulle spalle delle braccianti) Sotto a chi tocca! Questo piccolo alla zia Gesa, questo ch’è il più grosso di tutti melo carico io. Su andiamo ragazze! Andiamo e zio Simone sborsa i picciuli!-
Zio Simone- Vado a prelevarli in banca. Ritornerò più tardi a portarvi i danari.(esce)-
Liolà- (prendendo in disparte la Moscardina ) M’aspetti un po’, Moscardina, cosa vi disse zia Croce?-
Moscardina- A me? Chi? Quando?-
Liolà- Si a voi. Stamattina vi ho sentito parlottare con zia Croce. Forse vi ha detto che…non volle darmi Tuzza in moglie?-
Moscardina- Ah, si. (concentrandosi) Si, mi disse che fu Tuzza a rifiutarti...gridando come un’invasata: Non lo voglio, non lo voglio, anche se sono incinta di lui.-
Liolà- Ah si? E la madre?-
Moscardina- La madre le gridò svergognata, scellerata, pazza! Ma Tuzza le rispose: Io pazza? Sentite un po’: Zio Simone dopo quattr’anni di matrimonio con quella santarella- che prima se la spassava con Liolà doveva avere il marito ricco e l’amante festoso. Il gli ho tolta l’amante e adesso le toglierò anche il marito!-   
Liolà- (ironico, facendo il gesto con la mano) Magnifico!- E poi?-
Moscardina- Eppoi disse: Zio Simone vuole un figlio? Ebbene mi butterò ai suoi piedi, gli confesserò la mia colpa, lo supplicherò… e gli prometterò che il figlio sarà suo! Se lo vorra…E lo vorrà! Sfido chiunque a dimostrare il contrario, e che zio Simone lo zittirà? Ecco la mia vendetta! … e la  mia sistemazione, cara mammina!-
Liolà- E io che c’ero andato per fare solamente il mio dovere…non si dicesse che sia mancato per me. Io sono stato sempre con ragazzotte di fuorvia. Male è forzare una porta ben guardata! E chiunque non si sarebbe fatto scrupolo di buttare di lato, col piede, ogni intoppo per queste strade. Io no. Volevo riparare. Non si può? E allora vuol dire che tre e uno faranno quattro.                                                                             Quindi mi sta dicendo che sta con zio Simone, vero?-
Moscardina- Verissimo!-
Liolà- Certo, certo. Ora com’ora nessuno ci fa caso (riderà) ma rischierà di rompersi il muso (nuova risata) E resterà con un palmo di nasoooo.-
Moscardina- Resterà con un palmo di naso, chi?-
Liolà- Chi so io…(nuova risata) Certo, la povera Mita, beh, pazienza, che vogliamo farci?
Moscardina- Non sai dir altro? Via! Via! Certe bili ci piglio! Lasciami andare! A combattere con certuni, che la coscienza se la mettono sotto i piedi! (occhiataccia a Liolà). Mi ritiro a casa.-
Liolà- Non se ne curi! Vada, vada!-
Moscardina- Buona notte!- (esce)

Buio, alla ripresa delle luci, in scena ci saranno la Moscardina. Mida, poi Liolà.

Mida – Mi ritiro anch’io in casa.-
Moscardina - Tua zia si è ritirata? –
Mita- Ancora no.-
Moscardina- Se hai bisogno di me, resterò qua con te. –
Mita- No grazie. Mi chiuderò per notte. Buonanotte Moscardina.-
Moscardina- Buonanotte Mida. (esce)
Mita – (vedendo arrivare Liolà) Buona notte anche a te, Liolà.-
Liolà- Rimani a dormire qua, questa notte?-
Mita- Si, la zia è in paese.-
Liolà- E’ andata a ricorrere?-
Mita- Ha detto che andava dall’avvocato.-
Liolà- Davvero, allora, non vuoi ritornare da tuo marito?-
Mita- Non ho più nulla da spartire con mio marito. L’ho lasciato e sono venuta da mia zia. Buonanotte. (fa per rientrare)-
Liolà- Ah, l’ha lasciato? Come sei sciocca, Mita!-
Mita- Che vuoi, non possiamo esser tutti scaltri come te. Vuol dire che per me ci penserà Dio.-
Liolà – Dio, già. Ci dovrebbe pensare. Ci pensò una volta. Ma per quanto buona tu possa essere, timorata, rispettosa di tutti i santi comandamenti, certo non puoi paragonarti alle Vergine Maria.-
Mita – Ti bestemmi!-
Liolà- Scusa, se dici che deve pensarci Dio! Come? Per virtù dello Spirito Santo?-
Mita – Via! Via! Meglio che mi ritiri! Non posso star qua a sentire simili eresie.-
Liolà- Eresie… ti sto dicendo, anzi, che Dio non può aiutarti così…-
Mita- Ma non intendevo mica così io!-
Liolà- E come, allora? Con le scenate che fa Moscardina? O le corse inutili al paese di tua zia? Strilli, bastonate, avvocato, delegato, separazione? Oppure cacciando me di mezzo; mandandomi a gridare in faccia a zio Simone che il figlio di Tuzza è mio? Cose da bambini! Cose che potevano venire in mente a te e a me, quando, qua, in quest’orticello, giocavamo agli sposi e ogni tanto ci strappavamo i capelli e correvamo a fare i raffronti davanti a tua zia o a mia madre, ti ricordi?-
Mita- Mi ricordo si. Ma non è stata colpa mia, e lo dissi anche a tua madre: Dio lo sa dove avevo il mio cuore, quando sposai…-
Liolà- Lo so anch’io, Mita, dove l’avevi. Ma questo ora non c’entra. Ti sei maritata, non se ne parla più.-
Mita – Ne ho parlato, perché m’hai domandato se mi ricordavo…-
Liolà- Ora il discorso e un altro. Tu hai torto e tuo marito ha ragione.-
Mita- Io ho torto?-
Liolà- E scusa, non hai perduto… quanti anni? Quattro? Cinque? Ecco il torto! Tuo marito s’è stancato. Sapevi bene, sposando, che ti prendeva in moglie per avere un figlio. Glielo hai dato questo figlio? No. Aspetta oggi, aspetta domani, alla fine, tanto ha detto, tanto ha fatto, che ha trovato un’altra che glielo darà invece tua.-
Mita- Ma se Dio a me questa grazia non ha voluto farmela?-
Liolà- E se tu aspetti che piovano fichi! Lo vorresti sul serio da Dio? Poi dici che bestemmio. Vai, vai a domandare a Tuzza, da chi lo sta avendo lei, il figlio.-
Mita- Dal diavolo, lei!-
Liolà- No da zio Simone.-
Mita- Dal diavolo! Dal diavolo!-
Liolà- Da zio Simone!-
Mita- Hai il coraggio d’affermarlo anche davanti a me? Un’infamia questa, Liolà!-
Liolà- Perciò ti dico che sei una sciocca! Guarda: facciamo come dice la Moscardina: vado da zio Simone; anzi, mi lego un campanaccio al collo e mi metto a gridare per tutte le campagne e le strade su, al paese: Don, don, don! Il figlio di zio Simone è mio! Don, don, don! Il figlio di zio Simone è mio! Chi ci crede? Si, magari ci crederanno tutti. Ma lui no, lui non ci crederà mai, per la ragione appunto che non ci vuol credere! Vai a convincerlo, se sei buona! E poi, via, siamo giusti! Ti pare che domani il figlio di Tuzza nascerà con un cartellino in fronte: Liolà! Cose cieche anche per la stessa mamma che lo fa! Neanche se lo scannano, stai sicura, egli crederà che il figlio non è suo! Né io ho il mezzo di farglielo riconoscere per mio! Ma tu stessa, tu stessa, se non sei proprio una sciocca, tu stessa, prima di tutti, devi dirglielo ch’è vero.-
Mita- Vero che il figlio è suo?-
Liolà.- Si, si: suo! suo! e che finora non è mancato per lui, ma per te! Tanto è vero che lui sta per averlo da Tuzza, e che…come ora sta per averlo da Tuzza, domani… lo potrà avere da te!-
Mita- E come?-
Liolà- Come? Te lo sto dicendo come! Come lo sta per averlo da Tuzza!-
Mita- Ah no! questo no! questo mai!-
Liolà- E buona notte, allora! Statti quieta e non piangere più! A chi vai a ricorrere? Perché te ne scappi? Con chi te la pigli? Gli altri t’insegnano come si fa, e tu non vuoi seguir l’insegnamento. Gliela lasci commettere tu a Tuzza l’infamia, non io! Perciò io ho negato e nego! Per te, per te nego, per il tuo bene, e non perché non c’è altro mezzo ora di sventare quest’inganno e quest’infamia! Ah, ti pare che bruci soltanto a te? Dio solo sa quello che ho dovuto ingozzare! Quando andai là, per fare il mio dovere di galantuomo, e sotto i miei occhi, quella madraccia infame, fece entrare tuo marito dov’era Tuzza! Ah! Lo vidi come in un quadro il tradimento; vidi te, Mita, e ciò che doveva venirtene, e giurai a me stesso che non dovevano averla vinta! Mi cucii le labbra. E ho aspettato questo momento! No, no, non deve passare quest’infamia, Mita! Devi darglielo tu il castigo! Dio stesso te lo comanda! Non deve approfittarsi di me, quell’infame, per rovinarti! (le cinge la vita)-
Mita- No, no (divincolandosi) lasciami, lasciami… Questo non lo farò mai…no, no, non voglio, non voglio…-

S’ode un rumore

Mita- Ah, sss…aspetta! Sento camminare…Chi viene?-
Liolà- Entriamo, entriamo subito!-
Mita- No, è lui… è lui, si, mio marito, il suo passo…Scappa. Scappa via, per carità! Io mi rinserro in casa.-

Entra zio Simone. Liolà si nasconde. Si sente aprire la porta.

Mita- (uscendo) Moscardina, Moscardina! (poi al marito) Non vengo! V’ho detto no! Non vengo! Non voglio più stare con voi! Moscardina!!!-
Zio Simone- Chiami aiuto?-
Moscardina- (uscendo di casa) Mita! Mita! Che è? Ah, siete voi, zio Simone?-
Mita- (quasi abbracciandola) Glielo dica lei, glielo dica lei, Moscardina, per carità, che mi lasci stare!-
Zio Simone – Tu sei mia moglie, e devi venire con me!-
Mita – No, no! Non sono più io vostra moglie, no! Andate a cercarla dov’è, vostra moglie, in casa della schifosa di vostra cugina!-
Zio Simone- Stai zitta, stai zitta, o per Cristo ti faccio sentire di nuovo il peso delle mie mani!-
Moscardina- Eh via, basta, zio Simone! Lasciatela almeno sfogare, santo Dio!-
Zio- Nossignore, si deve star zitta! Che se non ha saputo essere madre, deve sapere almeno esse moglie; senza sporcarsi la bocca dicendo male del mio parentado.-
Moscardiba- Ma siamo giusti, zio Simone, son pretese le vostre? Le cuoce, poverina, ciò che le avete fatto!-
Zio Simone- Non le ho fatto nulla io! Solo il bene le o fatto, quando la presi dalla strada e la misi a un posto che non si meritava.-
Moscardina- Benedett’uomo, e vi par questo il modo di persuaderla a ritornare con voi?-
Zio Simone- Ah non è vero che avrei mancato di rispetto alla santa memoria di mia moglie, se non era perché non sapevo a chi lasciare la roba!  Tutta la mia roba, fatta a sudori di sangue, all’acqua e al sole!-
Moscardina- Sta bene. Ma che colpa ha questa poverina, in nome di Dio?-
Zio Simone- Non avrà colpa, ma nemmeno deve darne a chi ora sta facendo ciò che non ha saputo far lei!-
Mita- (a Moscardina) Lo sente? (al marito) Che volete più da me, allora? Andate da chi ve lo sta sapendo fare, e lasciatemi in pace, chè del vostro nome e delle vostre ricchezze io non so che farmene.-
Zio Simone- Tu sei mia moglie, t’ho detto: e quella è mia nipote. Ciò che è stato è stato, e non se ne parla più. Io ho bisogno d’una donna che m’assista in casa.-    
Mita- E io, guardate, piuttosto, di notte tempo, mi butto per le campagne!-
Moscardina- Via, lasciatela calmare un po’, zio Simone: il colpo che le avete dato è stato troppo forte. Un po’ di pazienza! Vedrete che Mita si calmerà e ritornerà a casa.-
Mita- Avrà voglia d’aspettarmi, non ci torno!-
Moscardina- (a Mita) E’ venuto fin qua, vedi? Per ricondurti a casa; e che…(sottolineando la frase) ora è tutto finito e che non andrà più dalla zia Croce. ( allo zio Simone, con decisione) Non è vero?-
Zio Simone- Non andrò più, ma il figlio, quando nascerà, lo prenderò con me.-
Mita- ( a Moscardina) Ecco, lo sta a sentire? E la madre allora verrà a pestarmi in casa! Perché con la scusa che è la madre, potrò chiuderle la porta in faccia? E vuole che sopporti un tale sopruso? E debbo, apparecchiar loro anche il letto a casa mia, con le mie mani?-
Zio Simone- Ma che dici? Su, su, andiamo. Ch’è notte!-
Mita –No, no! Se non ve n’andate, corro a buttarmi giù dal ponte!-
Moscardina- Dare ascolto ame, zio Simone, asciatela qua almeno per questa notte. Con le buone, a poco a poco, si persuaderà e vedrete che domani… domani ritornerà, potete esser certo.-
Zio Simone- Ma perché vuol rimanere qua stanotte?-
Moscardina- Perché…perché… perché tra l’altro deve guardare la casa di sua zia, salita al paese. Via, non badate! Nella prima furia! Andate, andate a dormire, c’è tardi. Mita ora si chiuderà in casa, rifletterà, si calmerà… e buona notte. Avanti, andate e buona notte anche a voi, zio Simone.-

Liolà, strisciando lungo il muro, entra in casa dalla porticina laterale e subito la richiude. Zio Simone, fa per avviarsi, ma si avvede che ha lasciato per terra il lanternino, quindi ritorna.

Zio Simone- O oh, il lanternino…ho lasciato il lanternino…(lo prende, lo alza per vedere se è ben acceso) Al buio, per la campagna, Dio liberi, c’è pericolo di rompersi le corna…-  

Buio. Quando riprende la scena, ci saranno Liolà e la Moscardina.

Moscardina- …quindi zio Simone le disse: “ Cara cugina, guai. Insomma, si… a settantacinque… insomma, Mita me l’ha confidato stamattina: Aspetta un figlio – da me!” A questo punto zia Croce e Tuzza gridano: “ Ah, Liolà! E voi avete il coraggio … coraggio di credere che il figlio sia vostro? “ Allora zio Simone disse: “ Badate , non mettete in bocca il nome di Liolà, adesso, perché io le domandai di star zitta, quando mi buttò in faccia per Tuzza la stessa accusa, ch’era vera! Io ho fatto con voi soltanto opera di carità, nient’altro. Ma con mia moglie, ci sono stato io, ci sono stato io! E ch’è mio! Mio!, mio! Il figlio! E guai a chi s’attenta a dir cosa contro mia m oglie…Ora a da pensare a mio figlio, adesso. Al vostro ci penserà suo padre. Liolà non potrà negare in faccia a me che il figlio è sua. Lasciate che parli con Liolà” E questo è tutto ciò che sono venuta a sapere.-
Liolà- E lasciate pure che zio Simone mi parli… ah, una cosa.-
Moscardina- Cosa?-
Liolà- Tutto questo per me… insomma, perché lo fate questo per me, Moscardina?-
Moscardina- (maliziosa) Vuoi proprio che te lo dica, fimminaru?-
Liolà – (ammiccando) Anche voi?... ah, bene, allora ciao Moscardina… e …a presto.-

Entra zio Simone, Moscardina se la fila alla chetichella.

Zio Simone- Caro malacarne, vieni ho da parlarti.-
Liolà- A disposizione.-
Zio Simone- Vedi, certe volte bisogna essere generosi…sai Tuzza…insomma aspetta un figlio? E che si dice, pare, insomma si crede che questo figlio sia tuo? Bene, tu te la sposi, legittimi il figlio e alla dote di Tuzza ci penso io. Che ne dici?-
Liolà- Io? Il padre? Del figlio di Tuzza? O zio Simone! Oh, parlate proprio voi, zio Simone! Vorreste negare, adesso, che siete voi il padre, e gettate il figlio addosso a me? Non facciamo scherzi! Io ho tanto ringraziato Dio che m’ha guardato d’esser preso nella rete, in cui, senza sospetto di nulla, ero venuto a cacciarmi! Alla larca, zio Simone! Che razza di vecchio siete voi, si può sapere? Ho saputo della gravidanza di Mita e, vecchiaccio, non vi bastava un figlio con vostra nipote? Ono, anche con vostra  moglie? E che cos’avete in corpo? Le fiamme dell’inferno? il fuoco divino? il diavolo?  il Mongibello? Dio ne scampi e liberi ogni figlia di mamma!-
Zio Simone- Liolà, non farmi parlare! Non farmi fare, Liolà, ciò che non debbo e non voglio fare. Vedi che tra me e mia nipote, non c’è stato, né poteva esserci, peccato! C’è stato solo che mi si buttà ai piedi pentita di ciò che aveva fatto con te, confessandomi lo stato in cui si trovava. Mia moglie adesso sa tutto. E io sono pento-to a giurarti davanti a Gesù sacramentato e davanti a tutti, che mi son vantato del figlio che, in coscienza, era tuo!-
Liolà. E intende, con questo, che io ora dovrei prendermi Tuzza?-
Zio Simone-Te la puoi e te la devi prendere, Liolà, perché, com’è vero Dio e la Madonna, non è stata d’altri che tua!-
Liolà- Eh-eh-eh , come correte voi, caro zia Simone! Volevo, sì, prima. Per coscienza, non per altro. Sapevo che, sposando Tuzza, tutte le canzoni mi sarebbero morte dal cuore. Ma, per fortuna, fu lei a non volermi allora… voleva, invece,  la botte piena e la moglie ubriaca. Zio Simone, le due cose insieme non si possono avere! Ora il gioco è fallito! No, ringrazio il Signore! Ringrazio. Posso farmi coscienza, questo si- Gira e volta, vedo che qua c’è un figlio di più. Bene, non ho difficoltà. Crescerà il da fare a mia madre- Il figlio, ditelo pure a Tuzza, se me lo vuol dare, me lo piglio!(ironico, guardando in lontananza) Tuzza, o Tuzza! Non piangere! Non ti rammaricare! Quando nascerà, dammelo pure. Tre e uno quattro! Gli insegnerò a cantare. (ridendo e poi cantando, intanto che zio Simone esce ingrugnito, poi ad alta voce chiama) Moscardina, oh Moscardina!-  
Moscardina – (affacciandosi, poi maliziosamente) Che vuoi, fimminaru…-
Liolà- Moscardina, stasera ti faccio una bella…serenata!-