Menelao
Guai ai vinti
di
Alberto Campora
Opera tutelata dalla S.I.A.E.
PERSONAGGI
Achille - Belva umana, pazzo sanguinario
Ettore - Eroe senza macchia, destinato ad un tragico destino
Andromaca - Moglie di Ettore, anche lei destinata ad un tragico destino
Pentesilea - Regina delle amazzoni, donna crudele e senza scrupoli
Patroclo - Cinedo, amante di Achille e destinato ad una morte eroica
Menelao - Re di Sparta, uomo combattuto tra il desiderio di vendetta e la
consapevolezza dell'inutilità della guerra
Agamennone - Re di Argo, capo supremo dell'esercito greco, fratello di Menelao
ed uomo dalla saggezza senza scrupoli
Elena - La femme fatale, la causa della guerra ed infelice vittima delle
seduzioni fini a se stesse di Paride
Paride - Cinedo isterico, esteta e cultore della bellezza, che rapisce Elena
soltanto per amor del bello benché omosessuale
Briseide - Schiava e guerriera amazzone
Opliti troiani - Comparse
Opliti achei - Comparse
AMBIENTAZIONE
La scena è molto scarna. Il palco è praticamente diviso in tre micro regioni.
Alla sinistra della visuale del pubblico vi è il campo greco, al centro il campo
di battaglia ed alla destra Troia. Sul fondo vi è un tendone sul quale avvengono
i giochi di ombre. I Greci entrano dal loro lato, i Troiani dal loro. Di fatto,
l'assenza o la presenza dei personaggi crea il cambio di scenografia.
I Atto
SCENA 1
Quando si apre il sipario, in scena vi sono soltanto due uomini armati che
lottano tra loro. Il primo di loro, colui che combatte a capo scoperto è Ettore.
Il secondo, colui che combatte con un elmo che ne cela le sembianze, è Patroclo,
che indossa le armi di Achille.
ETTORE:
(colpendo a morte l'avversario) Pelide Achille, finalmente ti ho colpito.
Finalmente scopriremo se sei realmente invulnerabile.
Patroclo si accascia a terra morente.
PATROCLO:
(con la voce rotta dal dolore) Prode Ettore, questa vittoria non ti gioverà,
anzi segnerà l'inizio delle tue disgrazie e la fine della tua stirpe.
ETTORE:
(sorpreso) La tua voce ...
Chi sei?
Non sei il vile e crudele pelide.
Chi si cela sotto l'elmo del più meschino ed infame tra i combattenti di quest'infelice
guerra?
Ettore si china e toglie l'elmo a Patroclo.
PATROCLO:
Sorpreso?
Non ti aspettavi tanto coraggio e tanto ardore in battaglia dal cinedo del
pelide?
ETTORE:
Tu, volgare mezzo uomo, mi hai ingannato ...
(furente) Mai e poi mai mi sarei battuto con un cinedo se avessi saputo chi si
celava dietro le armi del vile pelide.
(sconsolato) Ahimè, quale terribile disonore cadrà su di me.
Vincendo la paura, ho deciso di affrontare un cane, reso invulnerabile da una
dea meretrice, ho lottato e ho vinto, ma anziché il trionfo e gli allori che
bramavo sarò soltanto vittima del disonore.
Non ho affrontato il terribile pelide ma soltanto un mezzo uomo, (con disprezzo)
anzi una mezza donna.
Che ne sarà del mio onore?
Che ne sarà della mia fama?
PATROCLO:
(ridendo) Tu, Ettore, l'eroe dei Troiani, verrai ricordato soltanto come colui
che prima di morire riuscì soltanto ad uccidere un povero cinedo.
Il mio amante, il feroce pelide, quando saprà della mia morte verrà ad ucciderti
e farà strage anche dei tuoi cari.
Sterminerà i tuoi figli, umilierà e farà violare tua moglie dai suoi servi.
ETTORE:
Taci cane!
PATROCLO:
Trema Ettore!
Achille è realmente invulnerabile e la tua spada non può neppure scalfirlo.
La morte ti attende.
ETTORE:
Dimmi, malvagio cinedo, perché ti sei finto Achille e sei andato incontro a
morte certa?
PATROCLO:
Non lo immagini?
Per amore, soltanto per amore.
ETTORE:
Lo ami a tal punto?
PATROCLO:
(quasi commosso) Si!
Il mio amato Achille è più volubile di una donzella ed aveva deciso di non
combattere, così per salvare la sua reputazione di guerriero che non fugge mai
la battaglia mi sono sostituito a lui.
(solenne) Ho vissuto da cinedo, muoio da eroe.
Patroclo reclina il capo, è morto.
SCENA 2
ETTORE:
(scagliando lontano la sua spada) Che vergogna, credendo di dare una gloriosa
dimostrazione di coraggio affrontando un uomo invincibile, ho soltanto ucciso un
cinedo.
Cosa penserà di me la mia bella Andromaca?
Compare in scena una giovane donna incinta.
ANDROMACA:
Cosa mai dovrei pensare di te?
Soltanto che sei l'uomo che amo ed un eroe.
ETTORE:
Ma ho affrontato soltanto un cinedo?
ANDROMACA:
Amor mio, tu non sapevi che colui che indossava le armi del pelide non fosse il
terribile Achille, pertanto il tuo atto eroico di sfidare un uomo invulnerabile
non perde valore.
ETTORE:
Ma dovevo lottare con un eroe, non con un cinedo.
ANDROMACA:
Tu hai lottato con un eroe.
ETTORE:
Cosa intendi dire?
ANDROMACA:
Credi forse che un cinedo non possa essere un eroe?
Se il tuo affrontare un avversario più forte e temibile di te era un atto
eroico, non vale lo stesso principio per il povero Patroclo?
Anche lui ha affrontato un avversario migliore di lui.
Lo ha fatto nonostante che nessuno, a differenza di te che sei il campione della
nostra patria, gli chiedesse di essere un eroe.
Lo ha fatto soltanto per amore.
ETTORE:
Amore mio, oltre che bella sei anche molto saggia.
Oggi non ho sconfitto Patroclo il cinedo, ma Patroclo l'eroe.
(rabbioso) Peccato che un miserabile come Achille non meritasse tanto amore.
ANDROMACA:
Cosa ne sarà delle spoglie mortali di Patroclo?
Le farai strisciare nella polvere e poi le darai in pasto ai cani come si fa con
le spoglie di un vigliacco, di un cinedo, o di un volgare criminale qualsiasi?
ETTORE:
No!
Come mi hai fatto comprendere tu pochi istanti fa, Patroclo era un eroe e come
tale verrà trattato.
Gli eroi vanno rispettati sia da vivi che da morti, anche se sono il nostro
nemico.
(ad alta voce) Guerrieri a me!
Entra in scena un manipolo di opliti troiani.
ETTORE:
Uomini, portate le spoglie di quest'uomo a Troia.
Che gli si tributino gli onori che si tributano agli eroi e che la sua pira
funebre sia la più spettacolare mai vista.
Troia onora gli eroi, anche quelli che la combattono.
I guerrieri sollevano il corpo di Patroclo e lo portano fuori scena. Ettore ed
Andromaca li seguono silenziosi. Cala il buio sulla scena. Sullo sfondo, dietro
il telone che permette i giochi d'ombra marciano rumorosamente diversi opliti in
formazione.
SCENA 3
Entra in scena una guerriera, è Pentesilea la perfida regina delle amazzoni.
PENTESILEA:
Achille!
Achille!
Accorri, è successa una tragedia!
Entra in scena Achille.
ACHILLE:
Cosa succede insulsa femmina?
Come osi disturbare il mio ozio?
PENTESILEA:
(indicando il campo troiano con in braccio teso) Osserva il campo nemico.
ACHILLE:
(scrutando l'orizzonte) Del fumo ... una pira funebre!
Quale dei nostri nemici ha cessato di infastidirci?
PENTESILEA:
Nessuno tra loro.
ACHILLE:
Allora di chi sono le spoglie che ardono su quel rogo?
PENTESILEA:
Di colui che tentando di salvare la tua reputazione è sceso sul campo di
battaglia indossando le tue armi.
ACHILLE:
(indignato) Chi ha osato?
Chi è stato così impudente da farmi ciò?
PENTESILEA:
Forse dovresti chiederti chi ti ha amato a tal punto da morire per la tua
immeritata fama.
ACHILLE:
(rabbioso) Chi?
PENTESILEA:
Dal tuo campo non manca nessuno?
ACHILLE:
No, tutti i miei guerrieri sono al loro posto.
PENTESILEA:
Non devi cercare un guerriero, ma un giovane cinedo che ti ha amato fino alla
morte.
ACHILLE:
(sconvolto) Patroclo!
No, Patroclo no!
Come è potuto accadere?
PENTESILEA:
Ha affrontato Ettore al tuo posto.
ACHILLE:
(furibondo) Ettore!
Stramaledetto Ettore!
Lo ucciderò!
PENTESILEA:
Non ti sarà difficile, in fondo tu sei invulnerabile.
ACHILLE:
Che io sia maledetto!
Se fossi sceso in battaglia, il povero Patroclo sarebbe ancora vivo e quei
miserabili dei Troiani ora non starebbero cremando il suo cadavere ma bensì
quello di Ettore.
PENTESILEA:
Mio amato signore, vendica il tuo amico.
Uccidi Ettore!
ACHILLE:
Ucciderlo?
Troppo poco, lo farò morire lentamente, facendo in modo che il dolore sia tale
da fargli perdere dignità ed onore.
Achille si allontana uscendo di scena.
SCENA 4
Entra in scena una giovane schiava.
BRISEIDE:
Mia regina, stai giocando con il fuoco, quell'uomo è pazzo.
PENTESILEA:
Taci schiava!
Cosa me ne può importare della sua pazzia?
Lo amo e ciò basta ed avanza a giustificare ogni cosa.
BRISEIDE:
Mia regina, ti supplico di ravvederti finché sei a tempo.
Perdona la mia impudenza, ma quel pazzo prima o poi scatenerà la sua furia anche
contro di te.
E poi ...
PENTESILEA:
E poi?
BRISEIDE:
Mia regina, il folle è omosessuale, non ti amerà mai.
Non sprecare i tuoi nobili sentimenti per chi non li ricambierà mai.
PENTESILEA:
Taci sciocca!
So benissimo che Achille non mi amerà mai, ma è pur sempre un re e come tale
dovrà assicurare la continuità della sua dinastia, pertanto prima o poi dovrà
scegliersi una sposa e giacere con una donna.
Chi più di me, un'altra regina, una donna perfida e sanguinaria quanto lui
potrebbe essere la madre perfetta per i suoi eredi?
BRISEIDE:
Ti userebbe soltanto per assicurarsi una discendenza, non ti darebbe mai nemmeno
un solo istante d'amore.
PENTESILEA:
Basta!
Non annoiarmi con i tuoi consigli, ho deciso che Achille sarà il padre dei miei
figli e delle mie figlie.
Se oserai parlarmi ancora una volta male del mio adorato Achille ti farò
fustigare a sangue e, quando le tue carni saranno state lacerate dalla frusta,
ti farò immergere in un barile di sale.
BRISEIDE:
(sconsolata) Come sei cambiata ...
Un tempo eri diversa, una vera regina delle amazzoni e non la degna compagna del
folle pelide.
PENTESILEA:
Cosa intendi dire?
BRISEIDE:
Prima che l'odio si impossessasse della tua anima eri migliore.
(sospirando) Ah, se soltanto Ettore non ti avesse rifiutata preferendo la dolce
Andromaca come sarebbero diverse le cose.
Pentesilea sferra un violento ceffone alla schiava che ruzzola a terra.
PENTESILEA:
Non parlarmi più di quel miserabile!
Il mio adorato Achille, colui che lo ha sostituito nel mio cuore, oltre a
rendermi felice mi libererà per sempre di lui.
Come ho potuto essere così stolta in gioventù da amare quel miserabile?
Lo odio!
Lo odio a morte!
Non posso nemmeno accettare il fatto che muoia da eroe, devo riuscire a far sì
che muoia con disonore, tremando come una povera fanciulla come te.
Ora alzati e seguimi.
Le due donne escono di scena. Sullo sfondo, dietro il telone che permette i
giochi d'ombra marciano rumorosamente diversi opliti in formazione.
SCENA 5
Entrano in scena due re, sono Agamennone e Menelao.
MENELAO:
Fratello mio, quanti dei miei valorosi opliti sono caduti oggi?
AGAMENNONE:
Circa un migliaio.
Quel terribile Ettore, oltre che un insopportabile eroe, è anche un valente
condottiero e temo che finché resterà alla guida dell'esercito troiano non
riusciremo mai a vincere questa guerra.
MENELAO:
Altri mille tra i più valorosi figli del mio regno sono caduti.
Perché?
Perché?
(sconsolato) E' soltanto colpa mia.
AGAMENNONE:
No, è soltanto colpa di Paride.
Se quel miserabile non avesse sedotto e rapito tua moglie, i nostri guerrieri
sarebbero ancora tutti vivi.
MENELAO:
Ne sei così certo?
La morte dei miei uomini è da attribuire ad un nemico valoroso come Ettore
oppure è da attribuire allo stupido orgoglio del loro sovrano?
AGAMENNONE:
Cosa dici?
Sei forse impazzito?
MENELAO:
Quanto ci sta costando la mia sete di vendetta ed il mio folle amore per Elena?
Tu, i nostri alleati ed infine io, quanti uomini abbiamo perso in tutti questi
anni guerra?
Troppi!
Troppi!
Temo che un re veramente saggio accetterebbe di aver perso la propria sposa ed
il proprio onore, salvando ciò che rimane della miglior gioventù del suo regno.
AGAMENNONE:
Stai vaneggiando!
Un re senza onore è privo del minimo barlume di credibilità.
Le uniche cose che legano ancora i tuoi uomini a te sono il tuo onore e la tua
sete di vendetta per l'oltraggio ricevuto.
I tuoi opliti combattono e muoiono coraggiosamente soltanto per l'onore del loro
re, cosa ne sarebbe di loro se scoprissero che il loro re è pronto a rinunciare
al suo onore?
MENELAO:
Forse diventerebbero vecchi.
Temo che se continueremo ad ostinarci in questa guerra, nessuno nei nostri regni
diventerà vecchio ed i viandanti che visiteranno le nostre lande nei prossimi
anni le descriveranno come le terre delle vedove e degli orfani.
AGAMENNONE:
Fratello mio, se tu mi avessi detto tutto ciò dieci anni fa forse ora non saremo
qui ... ma ormai è tardi.
L'onore degli Achei è stato compromesso e si deve proseguire la guerra fino alla
vittoria o alla distruzione dei nostri regni.
MENELAO:
Noi re abbiamo veramente il diritto di portare alla distruzione i nostri regni?
AGAMENNONE:
Fratello, taci!
Basta con questi discorsi da rammollito, se dovesse mai sentirti il terribile
Achille sarebbe la tua fine.
Quel folle finché non avrà ucciso Ettore e visto Troia in fiamme non sarà
soddisfatto e se mai dovesse dubitare della tua volontà a proseguire la guerra
ti ucciderebbe.
MENELAO:
Tu sei il capo supremo di tutti i re achei, devi farlo ragionare.
AGAMENNONE:
L'unico modo per far ragionare quel folle è ucciderlo, ma ahimè è invulnerabile.
MENELAO:
Che sia maledetta sua madre, la dea che lo ha reso invulnerabile!
Ma anche quel miserabile avrà un punto debole e prima o poi lo scoprirò.
AGAMENNONE:
Basta con queste sciocchezze!
Dimentica il tuo orgoglio e pensa a tua moglie.
MENELAO:
Ad Elena, la fedifraga che ha spezzato il mio cuore?
AGAMENNONE:
Si, proprio lei.
Dimmi, la ami ancora?
MENELAO:
(disperato) Come il primo giorno.
Nonostante il tradimento, il mio amore per lei non è mai scemato.
AGAMENNONE:
Allora devi portare fino alla fine il conflitto.
Fallo per lei!
MENELAO:
Perché?
AGAMENNONE:
Le mie spie mi hanno riferito che Elena è infelice e pentita della sua fuga.
MENELAO:
Ma non era stata sedotta da Paride e non era fuggita per amore?
AGAMENNONE:
Si, lei lo ha amato, ma lui non la ha mai amata.
MENELAO:
Allora perché me la ha portata via?
AGAMENNONE:
Soltanto per amore del bello, nulla di più.
Elena è la donna più bella del mondo e quel degenerato ha deciso di aggiungerla
alla sua collezione di oggetti d'arte e belle donne.
Fratello mio, Paride è notoriamente un cinedo isterico, disprezza le donne ancor
più di Achille, le colleziona soltanto per la loro bellezza ma rifiuta qualsiasi
contatto carnale con loro.
Elena è prigioniera di un uomo che la ha sedotta ma che non ha mai voluto
saperne nulla di lei come donna.
MENELAO:
Povera Elena.
La salverò!
AGAMENNONE:
Ben detto!
Che guerra sia, fino alla distruzione di Troia e la liberazione di Elena.
I due uomini escono di scena. Scendono le tenebre sulla scena. Sullo sfondo,
dietro il telone che permette i giochi d'ombra marciano rumorosamente diversi
opliti in formazione.
SCENA 6
Dal campo degli Achei giunge Pentesilea, dal campo dei Troiani Elena. Le due
donne si incontrano al centro della scena.
ELENA:
Regina delle amazzoni, a cosa devo la tua folle richiesta di incontrarci di
nascosto, nella notte?
PENTESILEA:
Elena, mi giunge voce che tu sia pentita di aver tradito Menelao e d'esser
fuggita con Paride.
ELENA:
Quale donna non sarebbe pentita dall'aver compiuto un simile errore?
Sedotta dalla bellezza e dalle parole suadenti di Paride ho tradito ed
abbandonato il migliore degli uomini, un marito adorabile ed un padre amorevole
per i nostri figli.
E per cosa ho fatto tutto ciò?
Soltanto per delle insulse parole.
La folle ed assurda promessa menzognera di un uomo bello come una donna, capace
di sedurre soltanto con le parole, ma assolutamente incapace di amore per
qualsiasi essere vivente di sesso femminile.
Eccomi ora prigioniera di un cinedo, capace soltanto di giacere, atteggiandosi a
donzella, con nerboruti opliti, che colleziona belle donne ed oggetti raffinati.
Sono soltanto un oggetto da esporre, nulla di più.
(sconsolata) Ah, cosa non darei per poter ottenere il perdono di Menelao e
tornare da lui.
PENTESILEA:
Sei una donna fortunata, sfacciatamente fortunata.
ELENA:
Cosa intendi dire?
PENTESILEA:
Menelao non ti ha mai dimenticata.
ELENA:
Menelao ... il mio Menelao non mi ha mai dimenticata?
PENTESILEA:
No, egli ti ama ancora.
Vorrebbe riaverti con se, ma le tue colpe gli impediscono di perdonarti.
ELENA:
(disperata) Ah se soltanto potessi ottenere il suo perdono ...
PENTESILEA:
(crudele) Non puoi!
ELENA:
Lo so.
Sono soltanto una misera prostituta e la causa di tutta questa strage, mi
disprezzo da sola e posso comprendere l'odio di Menelao e degli altri Achei.
(in lacrime) Ah, quanti giovani sono morti soltanto per colpa mia.
Ah, quante vedove piangono lacrime che non avrebbero mai dovuto versare.
Ah, quanti fanciulli vivono di stenti, privati di un padre a causa mia.
Perché sono troppo vigliacca per darmi la morte da sola?
(gettandosi in ginocchio) Pentesilea, ti supplico, poni fine alle mie pene,
uccidimi.
PENTESILEA:
No!
Ti ho voluta incontrare perché credo che tu possa ancora salvarti e porre fine
alla guerra.
ELENA:
Porre fine a questa carneficina?
Davvero posso tanto?
PENTESILEA:
Si!
La carneficina cesserà soltanto quando una fazione prevarrà sull'altra.
ELENA:
Come può una donna come me far prevalere una fazione?
Nemmeno un'amazzone come te, con tutto il tuo esercito di donne guerriere, è
riuscita a rompere gli equilibri tra le due fazioni in lotta.
PENTESILEA:
Una donna guerriera non può cambiare le sorti della guerra, ma una donna come te
si.
ELENA:
Come?
PENTESILEA:
Cosa impedisce agli Achei di sconfiggere i Troiani?
ELENA:
Ettore!
PENTESILEA:
Esatto!
Gli Achei hanno decine di re e generali capaci di guidarli, mentre tra i Troiani
vi è un unico eroe, un unico grande condottiero.
Se Ettore morirà, Troia morirà con lui.
ELENA:
Ettore prima o poi morirà.
Il suo eroismo lo perderà.
E' soltanto un uomo, pieno di difetti e paure, e si ostina a voler affrontare
Achille, il figlio bastardo che una dea ha reso invulnerabile.
Ettore non può ucciderlo e prima o poi, quando finalmente le loro spade si
incroceranno, andrà incontro alla morte.
PENTESILEA:
Vuoi porre fine alla guerra?
Vuoi compiere un gesto che ti faccia riconquistare la stima di Menelao?
ELENA:
(disperata) Si!
PENTESILEA:
Allora devi essere la causa della morte di Ettore.
ELENA:
No, questo no!
Sebbene Ettore sia fratello dell'infame Paride è un eroe e soprattutto un uomo
buono e generoso.
Mi è impossibile non ammirarlo e pensare di cospirare contro di lui.
PENTESILEA:
Rivuoi Menelao ed i tuoi figli?
ELENA:
Si!
PENTESILEA:
Allora devi accelerare la dipartita di Ettore.
ELENA:
Come?
Avvelenandolo?
PENTESILEA:
No!
Se Ettore morisse lontano dal campo di battaglia, il mio amato Achille non
potrebbe affrontarlo e sconfiggerlo.
ELENA:
Ma allora cosa vuoi da me?
PENTESILEA:
Penetra nelle stanze di Ettore e, mentre l'eroe troiano sarà distratto
dall'insulsa Andromaca e dai loro figli, impossessati delle sue armi.
ELENA:
Perché?
PENTESILEA:
Perché desidero che tu le sostituisca con le armi che ti darò io.
Saranno in tutto e per tutto identiche a quelle di Ettore, soltanto che al primo
urto sia la spada che lo scudo del troiano andranno in pezzi.
ELENA:
Perché sabotare le armi di Ettore?
Achille non è forse già invulnerabile?
PENTESILEA:
Voglio che Ettore tremi sul campo di battaglia, che la sua paura sia visibile da
tutti e che muoia da vigliacco.
Ah, cosa non darei pur di vederlo terrorizzato ed in lacrime come una donzella.
Voglio che in pochi istanti tutta la fama delle sue gesta eroiche vada in
frantumi e che tutti lo ricordino come una donnicciola piangente.
ELENA:
Lo odi a tal punto?
PENTESILEA:
No, lo odio ancora di più di quanto tu possa immaginare.
ELENA:
Soltanto perché ha preferito Andromaca a te?
PENTESILEA:
Si!
Ed io sarà la sposa del suo assassino.
ELENA:
Ciò che mi chiedi è indegno e non credo che lo farò.
PENTESILEA:
Pensa a Menelao.
Pensa ai tuoi figli che non rivedi da anni.
Pensa a Paride ed alle umiliazioni che dovrai ancora subire.
ELENA:
No!
Elena fugge via.
PENTESILEA:
Stupida donna senza coraggio, presto il pensiero di tuo marito e dei tuoi figli
ti perderà.
Ah quale gioia se dopo il suo gesto Menelao non la perdonasse e la facesse
rinchiudere in un bordello come merita.
Devo riuscire a far si che quel pazzo di Menelao non la perdoni mai.
Anche Pentesilea esce di scena. Sullo sfondo, dietro il telone che permette i
giochi d'ombra marciano rumorosamente diversi opliti in formazione.
SCENA 7
Il sole torna a splendere sui campi di battaglia. Entrano in scena Achille,
Menelao ed Agamennone.
MENELAO:
Amici vi ho convocato perché, dopo aver parlato con i miei capitani ed i miei
consiglieri, ho deciso di ritirarmi dal conflitto.
Non mi importa nulla se l'intera Grecia riderà di me per via di Elena, ho deciso
di essere un re deriso con molti sudditi piuttosto che un re rispettato senza
più sudditi.
ACHILLE:
Non te lo permetterò mai.
MENELAO:
Folle, non odi il canto delle vedove e degli orfani che si alza dalle nostre
terre?
ACHILLE:
Mai nessuna melodia fu più dolce per le mie orecchie.
AGAMENNONE:
Menelao, te lo ho già detto, a questo punto è impossibile tirarsi indietro ed
abbandonare la guerra.
MENELAO:
Fratello mio, anche tu non odi il canto delle vedove e degli orfani che proviene
dal tuo regno?
AGAMENNONE:
Ahimè, lo odo ed il mio animo è straziato, ma come potrei tornare in patria
senza i miei migliori opliti e senza la gloria della vittoria o quantomeno
l'attenuante di una sconfitta valorosa?
Un re non può tornare dopo essersi rifiutato di combattere fino alla fine,
altrimenti non uno ma decine e decine di serpi striscianti della sua corte
tenteranno di assassinarlo e rubargli il regno.
ACHILLE:
Miserabili vigliacchi, siete buoni soltanto a correre dietro delle gonnelle, la
guerra non vi merita.
MENELAO:
Il miserabile sei tu che non hai nessuno ad attenderti a casa.
Non hai né moglie né figli, hai soltanto un popolo che disprezzi.
Credimi è ben più miserabile il re che disprezza il suo popolo che il re che
accetta la croce del disonore per amore del suo popolo.
ACHILLE:
Menelao, non mi servono moglie e figli.
Disprezzo le donne ed amo soltanto gli uomini come me.
L'amore lo trovo soltanto tra i miei compagni d'arme, non tra le insulse
femmine.
Cosa me ne può importare delle vedove e degli orfani?
Le vedove sono soltanto donne.
Gli orfani sono soltanto fanciulli e sono ancora troppo giovani per giacere nel
mio talamo.
Che piangano e si disperino!
Un giorno dovranno cantare le lodi e la gloria del loro valoroso re.
AGAMENNONE:
E' facile essere valorosi quando si è certi di non poter essere feriti dal
nemico.
Sono molto più valorosi di te il titubante Menelao ed il fiero nemico Ettore che
ogni volta che scendono sul campo di battaglia rischiano la vita.
Era persino più valoroso di te quella femminuccia intrappolata in un corpo
maschile di Patroclo.
Lui per amore ha affrontato la morte.
Tu non affronti mai la morte.
Tu sei un pervertito assetato di sangue che scende sui campi di battaglia
soltanto per fare strage e saziare i suoi bassi istinti.
ACHILLE:
Agamennone, se tu non fossi il nostro capo ti avrei già ucciso.
Sei vile quanto tuo fratello.
AGAMENNONE:
Se tu non fossi invulnerabile ti avrei già sfidato a duello.
(sospirando) Ah, come vorrei il coraggio di Ettore e saperti affrontare.
ACHILLE:
Moriresti!
MENELAO:
Agamennone, poniamo fine alla guerra.
Risparmiano le vite dei nostri ultimi soldati.
Poniamo fine al proliferare di nuove vedove e nuovi orfani nei nostri regni.
ACHILLE:
Fatelo ed io guiderò i miei opliti nei vostri regni.
Se non saranno i Troiani a partorire tra i vostri sudditi nuove vedove e nuovi
orfani sarà il grande Achille, la belva sanguinaria, l'invulnerabile, a farlo.
AGAMENNONE:
Miserabile!
Osi forse minacciare i regni Achei?
ACHILLE:
Si, o la guerra contro Troia continuerà o porterò la guerra nei vostri regni.
(ghignando) E come ben sapete nessuno può sconfiggermi.
L'orgia di sangue che deve dissetarmi non deve avere fine, scegliete soltanto se
il sangue deve essere troiano o greco.
Achille se ne va.
MENELAO:
Agamennone, cosa facciamo?
AGAMENNONE:
Condivido il tuo desiderio di porre fine alla morte dei nostri valorosi opliti,
ma ci sono due cose che ci impediscono di cessare le ostilità: l'onore ed il
terribile Achille.
MENELAO:
(sconfortato) Fosse possibile ucciderlo!
AGAMENNONE:
La sua morte non metterebbe fine alla questione dell'onore.
MENELAO:
Se non possiamo porre fine alla guerra, come possiamo almeno ridurre il numero
dei morti?
AGAMENNONE:
Fratello mio, anche i Troiani sono esausti dalla guerra.
Manderò un ambasciatore ad Ettore.
MENELAO:
(illudendosi) Finalmente la pace!
AGAMENNONE:
No!
Soltanto la proposta di uno scontro definitivo.
Proporrò ad Ettore un scontro tra i nostri migliori cinquecento uomini ed i suoi
migliori cinquecento uomini.
Chi vince la battaglia vince la guerra.
Se vinciamo noi, i Troiani potranno abbandonare Troia prima che noi la
saccheggeremo e daremo in pasto alle fiamme.
Se vincono loro abbandoneremo l'assedio e potranno tenersi Elena e le nostre
armi come bottino di guerra.
MENELAO:
La mia amata Elena ...
AGAMENNONE:
Se vinceremo sarà nuovamente tua e potrai punire il suo tradimento come meglio
credi.
MENELAO:
Ettore non accetterà mai uno scontro simile.
La vittoria dell'invulnerabile Achille è quasi certa come la sua morte.
Perché dovrebbe accettare di morire?
AGAMENNONE:
Perché è un eroe.
La sua morte salverà il resto dei Troiani.
Il suo sacrificio consentirà la salvezza di suo padre, sua moglie, i suoi figli,
i suoi fratelli, le sue sorelle e del suo popolo.
MENELAO:
Perché dovrebbe credere tutto ciò?
In fondo le mura di Troia sono ancora inviolate.
AGAMENNONE:
Perché non è stolto e sa che la guerra durerà ancora anni, moriranno ancora
migliaia di persone, ma prima o poi riusciremo a bloccare i rifornimenti via
mare di Troia e la città cadrà.
MENELAO:
Speriamo che Ettore dia ascolto al tuo ambasciatore.
I due fratelli escono di scena. Sullo sfondo, dietro il telone che permette i
giochi d'ombra marciano rumorosamente diversi opliti in formazione.
SCENA 8
Entrano in scena Pentesilea e Briseide.
BRISEIDE:
Mia regina, ti prego non picchiarmi più.
Non metterò mai più in dubbio il fatto che un giorno Achille possa darti dei
figli.
PENTESILEA:
Schiava, vuoi il mio perdono?
BRISEIDE:
Si, mia regina.
PENTESILEA:
Allora dovrai fare una cosa tremendamente umiliante ed avvilente per
un'amazzone.
BRISEIDE:
Cosa mia regina?
Farò tutto ciò che desideri, sono la più fedele e devota tra le schiave.
PENTESILEA:
Dovrai prostituirti.
BRISEIDE:
No, mia regina non puoi chiedermi ciò.
Noi amazzoni ci siamo sottomesse a te per non dover mai più sottostare agli
uomini ed ancor meno dover soddisfare le loro turpi voglie.
PENTESILEA:
Una vera amazzone sarebbe pronta a qualsiasi sacrificio per la sua regina.
Vuoi o non vuoi che come tradizione la regina delle amazzoni si accoppi con un
eroe in modo da generare una futura regina ancora migliore di lei?
BRISEIDE:
Mia regina, ma perché con tutti gli eroi che ci sono hai proprio scelto l'infame
Achille?
PENTESILEA:
Desideri forse che mi accoppi con l'astuto e freddo calcolatore Agamennone?
O forse preferisci il vile Menelao?
BRISEIDE:
E' un vero dramma che Ettore abbia rifiutato di tradire Andromaca.
Pentesilea dà un ceffone a Briseide.
PENTESILEA:
Taci scellerata!
Non nominare mai più il nome di quel miserabile.
Il mio Achille lo farà a pezzi.
BRISEIDE:
(rassegnata) Farò tutto ciò desideri.
PENTESILEA:
Il vile Menelao da oltre dieci anni non tocca una donna.
Non ha mai toccato altra donna che non fosse sua moglie.
Ma ora prima della battaglia definitiva gli è venuta paura della morte e prima
di scendere sul campo di battaglia vuole una notte d'amore.
Poverino, sono certa che se potesse non scenderebbe in campo, ma il suo onore di
re glielo impone.
Ebbene il vile teme di morire senza avere altri eredi se non i figli avuti con
Elena.
Figli che nessun altro re acheo riconoscerà come suoi eredi, pertanto desidera
lasciare un erede legittimo e ha chiesto una schiava con cui generare un erede
prima della battaglia finale.
Non vorrebbe giacere con un'altra donna che non sia quella miserabile di Elena,
ma sa che se non avesse eredi riconosciuti dagli altri re achei, il grande
Achille marcerebbe sul suo regno, ucciderebbe i figli di Elena e si
proclamerebbe successore di Menelao senza che nessuno intervenga a difesa del
suo popolo.
Ebbene ho finto di essere sua amica e gli ho proposto la più bella tra le mie
schiave-guerriere.
BRISEIDE:
Vuoi che giaccia con lui e gli dia un erede?
PENTESILEA:
No!
Voglio che tu giaccia con lui e lo uccida.
Menelao non deve poter ambire all'onore di morire sul campo di battaglia.
Morirà avvelenato.
E se da tale notte sciagurata tu dovessi rimanere incinta provvederemo a farti
abortire con le erbe opportune.
Il regno di Menelao deve essere di Achille.
BRISEIDE:
Mia regina, anche se disprezzo Achille e non condivido il tuo volere, farò ciò
che desideri.
PENTESILEA:
Bene, giaci con lui e quando si sarà illuso di essersi premunito contro Achille
avvelenalo con una coppa di vino adulterato.
Fallo dopo la prima notte, in modo da correre il minor rischio possibile di
rimanere gravida.
BRISEIDE:
A tale scopo, perché non posso avvelenarlo prima di giacere con lui?
PENTESILEA:
Voglio che il miserabile, prima di morire, possa illudersi di aver trionfato su
Achille.
Sul fondo della coppa che ti darò ci sarà scritto il nome del mio amato in modo
che quando Menelao finirà il suo vino e vedrà comparire il nome di Achille saprà
di essere finito.
Il veleno lo farà soffrire meno di quanto non farà la consapevolezza che Achille
ucciderà i suoi figli e si impossesserà del suo regno.
BRISEIDE:
Farò ciò che desideri.
Sei la mia regina e come amazzone disprezzo gli uomini e Menelao è uno dei più
abbietti.
Le due donne escono di scena. Le tenebre scendono sui campi di battaglia. Sullo
sfondo, dietro il telone che permette i giochi d'ombra marciano rumorosamente
diversi opliti in formazione.
SCENA 9
Entrano in scena Andromaca ed Ettore.
ANDROMACA:
Amore mio, ti supplico di non accettare la folle proposta di Agamennone.
ETTORE:
Non posso rifiutarla.
ANDROMACA:
Non pensi a me?
Non pensi ai nostri figli?
(accarezzandosi il ventre) Non pensi al tuo nuovo figlio che potrebbe non vedere
mai suo padre?
ETTORE:
E' proprio perché penso a voi che devo accettare.
ANDROMACA:
Ti scongiuro di non farlo.
ETTORE:
La sconfitta è ormai certa!
Le mie battaglie servono soltanto a rimandarla.
Prima o poi Troia cadrà e quando cadrà gli Achei la saccheggeranno,
violenteranno le donne, passeranno a fil di spada i figli maschi e ridurranno in
schiavitù le figlie femmine.
Se la mia morte servirà ad evitare tutto ciò è giusto che io muoia.
ANDROMACA:
Come puoi fidarti di Agamennone?
ETTORE:
E' un re crudele ed astuto ma è anche una persona onesta e manterrà la parola
data.
ANDROMACA:
E Menelao?
Non è forse accecato dalla rabbia e dal desiderio di vendetta per ciò che ha
fatto tuo fratello Paride?
Credi che risparmierà il parentado dell'insulso cinedo reale?
ETTORE:
Menelao è uno dei pochi uomini giusti che abbia mai conosciuto.
E' un vero peccato che, a causa di Paride, io lo abbia conosciuto soltanto come
avversario e mai come amico.
ANDROMACA:
Ed il terribile Achille credi che rispetterà la parola di Agamennone?
ETTORE:
Agamennone è il re dei re Achei e, volente o nolente, la belva sanguinaria dovrà
rispettare i suoi ordini.
ANDROMACA:
Achille ti ucciderà.
ETTORE:
Lo so.
E' scritto nel mio fato.
Che sia nella battaglia finale proposta da Agamennone od in un'altra battaglia
la mia sorte è già decisa.
Spero soltanto che la mia morte plachi la sua sete di sangue.
ANDROMACA:
Mio dolce e coraggioso sposo che ne sarà di me?
Come potrò vivere senza di te?
ETTORE:
Vivrai.
Questa è l'unica cosa che conta.
ANDROMACA:
I tuoi figli e le tue figlie cresceranno senza padre.
ETTORE:
Cresceranno, è questo ciò che conta.
ANDROMACA:
Cosa ti dà la certezza che gli Achei manterranno la parola?
ETTORE:
Ho chiesto a Menelao un incontro in campo neutro.
Chiederò a lui di vegliare sulla vostra incolumità.
ANDROMACA:
Ti fidi a tal punto del tuo nemico?
ETTORE:
Si!
Mi fido di Menelao, so che è una persona giusta.
Preferisco affidare la vostra sorte a lui piuttosto che a Paride.
ANDROMACA:
Perché?
Paride non scenderà sul campo di battaglia insieme agli eroi troiani?
ETTORE:
No!
Quel vigliacco non è mai sceso e mai scenderà in battaglia.
Lui causa le guerre e poi guarda morire gli altri.
E' mio fratello ma mi ripugna.
Mi pare strano, conoscendo i loro comuni gusti in fatto di amori omosessuali,
che Paride ed Achille non siano mai stati amanti.
Sono della stessa pasta.
ANDROMACA:
Achille è un guerriero, Paride è un vile.
ETTORE:
Sono entrambi vili.
Se Achille non fosse certo di non poter essere ferito si nasconderebbe e si
vestirebbe da donna esattamente come fa Paride.
ANDROMACA:
Visto che non ritieni Achille un uomo valoroso, non affrontarlo, fuggi.
ETTORE:
Sono l'ultimo eroe di Troia, la mia patria, la mia famiglia, i miei amici, mi
reclamano.
Non potrei mai vivere nell'onta di una fuga.
ANDROMACA:
Fuggiamo insieme.
ETTORE:
No!
All'inizio funzionerebbe, ma un giorno finiresti con il vedere un vile al posto
di tuo marito e cesseresti di amarmi.
ANDROMACA:
Ciò non succederà mai!
ETTORE:
Mi odierei a tal punto da contagiare anche te con l'odio verso me stesso.
E poi ...
ANDROMACA:
E poi?
ETTORE:
Achille ci inseguirebbe ovunque.
Userebbe te ed i bambini per colpirmi.
No, soltanto la mia morte in battaglia forse potrà salvarvi.
ANDROMACA:
(disperata) Amore mio, come potrò sopravvivere?
ETTORE:
Nello stesso modo in cui sopravvivono le altre vedove egli orfani causati da
quest'inutile guerra.
Non piangere amore mio, ci ritroveremo nell'ade.
Ettore abbraccia Andromaca ed escono di scena.
SCENA 10
Entrano in scena Elena e Paride. Quest'ultimo è vergognosamente truccato ed
indossa vesti femminili.
ELENA:
Paride, ti prego lasciami andar via.
PARIDE:
(con voce isterica) Mai e poi mai!
ELENA:
Perché mi tieni con te se non mi desideri?
PARIDE:
(disgustato) Ah, che orrore, desiderare una femmina.
Volgare donzella, tu non sarai mai al centro dei miei desideri, sei soltanto la
donna più bella del mondo, un trofeo da esibire.
(solenne nonostante la voce isterica) Nulla di più.
ELENA:
Non pensi alla tua patria?
Non pensi a tuo fratello che sta per affrontare la morte a causa tua?
PARIDE:
Cosa vuoi che siano per me Ettore ed i Troiani?
Nulla, soltanto mezzi per conservare le mie collezioni di belle cose.
Che muoiano se ciò mi permetterà di conservare i miei tesori.
ELENA:
Sei disgustoso.
PARIDE:
No, sono disgustosi Ettore e gli altri.
Spero soltanto che Achille doni loro una morte estetica.
ELENA:
Una morte estetica?
PARIDE:
Si, una morte che soddisfi un cultore del bello come me.
Che io prima di partire per l'esilio con i miei tesori, possa assistere alla
morte straziante di Ettore ed i suoi!
Che soffrano!
Che i loro volti contorti dall'estasi della sofferenza mi ispirino nuovi versi
poetici e melodie musicali!
ELENA:
Sei un mostro!
PARIDE:
Si, ma sono pur sempre un mostro affascinante.
E' stato sin troppo facile sedurti con le sole parole e farti dimenticare un
uomo insulso come Menelao.
ELENA:
Se tu fossi un uomo, mi restituiresti a Menelao e chiederesti il suo perdono,
pregandolo di risparmiare il tuo popolo.
PARIDE:
Le tue insulse parole sono soltanto sciocchezze.
ELENA:
Restituiscimi a lui e che la sua sete di vendetta si plachi con il mio martirio
e Menelao risparmi i Troiani.
PARIDE:
Paride non restituisce mai nulla di ciò che ruba e men che mai supplica il
perdono di chicchessia.
ELENA:
Ah, se soltanto avessi il coraggio di fuggire e riconsegnarmi da sola agli
Achei.
PARIDE:
Otteneresti soltanto il martirio, ma per i Troiani non vi sarebbe comunque
scampo.
ELENA:
Vigliacco, se non vuoi supplicare la salvezza dei migliori uomini della tua
città, almeno scendi in battaglia con loro e muori da eroe.
PARIDE:
Che Troia bruci!
Che Ettore muoia!
Che mio padre, il re, perda il regno ed i suoi altri figli!
Ma mai e poi mai rinuncerò alla vita ed ancor meno rinuncerò al magnifico
spettacolo della loro fine.
Elena e Paride escono di scena. Sullo sfondo, dietro il telone che permette i
giochi d'ombra marciano rumorosamente diversi opliti in formazione.
SCENA 11
E' sempre notte. Briseide avanza tenendo tra le mani la coppa con il vino
avvelenato. Dopo pochi istanti Menelao la raggiunge al centro della scena.
BRISEIDE:
(facendo un inchino) Sire, sono pronta ad immolarmi al tuo desiderio di generare
nuova prole come mi ha ordinato la mia regina.
MENELAO:
Briseide non mi odiare, se potessi non ti chiederei mai un simile sacrificio.
So che come guerriera amazzone disprezzi gli uomini e per te il dover giacere
con me sarà soltanto fonte di sofferenza, ma non posso fare altrimenti.
BRISEIDE:
Non mentire.
Sei come tutti gli altri uomini, pensi solo ad abusare di noi donne.
MENELAO:
Potessi credere che gli altri re achei, nello sventurato caso in cui trovassi la
morte sul campo di battaglia, riconoscessero i miei figli quali miei eredi e li
proteggessero da Achille, non ti sfiorerei neppure.
Non ho mai fatto del male ad una donna e vorrei tanto non farne mai, ma
purtroppo il fato mi è stato avverso.
BRISEIDE:
Non ha mai fatto del male ad una donna?
Non farmi ridere, non hai ancora fatto del male ad una donna soltanto perché non
hai ancora potuto mettere le mani su quella traditrice di Elena.
MENELAO:
Credimi, non farei del male nemmeno a lei.
BRISEIDE:
Non la odi per ciò che ti ha fatto?
MENELAO:
L'ho odiata e ho desiderato la sua morte, ma se l'ho odiata è soltanto perché
l'ho amata disperatamente.
BRISEIDE:
Parli al passato, perché?
MENELAO:
Dieci anni di guerra, dieci anni di lontananza, fanno comprendere tante cose.
Con il tempo l'odio scema e perde intensità, lasciando il campo al dolore ed al
rammarico.
BRISEIDE:
Di cosa ti rammarichi?
MENELAO:
Se non fossi stato troppo attento ai bisogni del mio popolo ed alla cura del mio
regno, se fossi stato un pò più egoista ed avessi dedicato più tempo alla mia
giovane e bellissima moglie, forse lei non si sarebbe fatta sedurre dalle vuote
parole di un cinedo e non mi avrebbe tradito.
Forse non sarebbe successo tutto ciò.
Forse i miei figli e le mie figlie avrebbero ancora una madre, le vedove del mio
regno i loro mariti e gli orfani i loro padri.
Forse persino io avrei ancora l'amore di Elena.
BRISEIDE:
Vorresti forse farmi credere che quando riavrai Elena non la ucciderai o farai
di peggio, punendola in modo tale che lei rimpianga di non essere stata uccisa?
MENELAO:
Si!
La riporterò a casa e restituirò una madre ai nostri figli.
Forse non riuscirò mai più ad avere il suo affetto, ma non la punirò.
Credo che dieci anni nelle mani di Paride siano già stati un castigo eccessivo.
BRISEIDE:
O sei un pazzo o sei l'uomo più strano che abbia mai conosciuto.
MENELAO:
Perdona la mia mancanza di tatto, ma devo chiederti di consumare la nostra
unione quanto prima.
Al sorgere del sole devo incontrare Ettore in campo neutro.
BRISEIDE:
Ettore?
MENELAO:
Si, proprio lui.
BRISEIDE:
Perché?
MENELAO:
Dobbiamo prendere gli ultimi accordi sulle modalità dello svolgimento del duello
finale e poi ha chiesto il mio aiuto per garantire l'incolumità della sua
famiglia.
BRISEIDE:
Tu, gli garantirai la salvezza di Andromaca ed i suoi figli?
MENELAO:
Certo!
Sono certo che lui farebbe altrettanto.
BRISEIDE:
Sei soltanto un pazzo, un folle sognatore.
MENELAO:
Disprezzami pure, ma dammi un figlio che garantisca la sopravvivenza dei suoi
fratelli e sorelle e del mio regno.
Menelao prende per mano Briseide ed escono di scena. Sullo sfondo, dietro il
telone che permette i giochi d'ombra marciano rumorosamente diversi opliti in
formazione.
SCENA 12
Ettore avanza nella notte sino al centro del campo di battaglia. Dopo pochi
istanti Menelao lo raggiunge.
MENELAO:
Che ironia del destino, dopo dieci anni di guerra eccoci faccia a faccia e non
possiamo affrontarci.
ETTORE:
Menelao, vorresti affrontarmi?
MENELAO:
In passato avrei dato tutto ciò che possiedo pur di poterti affrontare e
sconfiggere al posto di Achille.
Sconfiggere l'eroe dell'esercito troiano mi avrebbe colmato di gloria ed onori,
riscattandomi dal disonore causato da Elena e Paride.
Ora è tutto diverso.
ETTORE:
Presto, nello scontro finale, potrebbe anche accadere che ci si trovi nuovamente
faccia a faccia.
MENELAO:
Ne dubito, Achille farà l'impossibile per raggiungerti ed affrontarti.
ETTORE:
Ne sarei felice.
MENELAO:
Perché?
ETTORE:
Mi dispiacerebbe dover incrociare il mio ferro con il tuo e privarti della vita.
MENELAO:
Eppure sono tuo nemico.
ETTORE:
Nemico o non nemico, sei pur sempre una persona che non vorrei dover uccidere.
Credimi, conosco la tua fama di uomo giusto e di buon re, ed avrei desiderato
conoscerti in tempo di pace.
MENELAO:
Ciò che dici è sensato.
Anche a me sarebbe piaciuto conoscere il più valoroso tra i Troiani in tempo di
pace.
Purtroppo tuo fratello ha reso ciò impossibile.
ETTORE:
Quello scellerato è la rovina di Troia.
MENELAO:
Cosa ti spinge a cercare il mio aiuto?
ETTORE:
Come ti ho già detto, so che sei un uomo giusto e sono anche certo che se ci
fossimo conosciuti in un'altra epoca saremmo potuti essere amici.
MENELAO:
Cosa chiedi?
ETTORE:
So che Agamennone ha promesso l'incolumità dei Troiani, ma temo Achille.
MENELAO:
Fai bene, quell'uomo è completamente folle.
ETTORE:
(inginocchiandosi) Non mi sono mai inginocchiato davanti ad un nemico, ma
davanti a te lo farò.
Ti supplico di vegliare su Andromaca, i miei figli e le mie figlie.
MENELAO:
Alzati, non umiliarti davanti a me.
Farò ciò che posso.
ETTORE:
Giurami che se qualcuno farà loro del male, tu li vendicherai.
MENELAO:
Lo farò!
Lo farò anche se ciò dovesse costarmi la vita.
ETTORE:
(stringendogli la mano) Lo so!
MENELAO:
E' ora di tornare ai nostri accampamenti.
ETTORE:
Menelao, aspetta.
Ti devo chiedere un'ultima cosa.
MENELAO:
Cosa?
ETTORE:
So che ti ha disonorato, che ha tradito la tua fiducia ed il tuo amore, ma ti
prego di perdonare Elena.
MENELAO:
(sorpreso) Perché, tu che dovresti odiarla più di tutti, tu che stai per morire
a causa sua, invochi il suo perdono?
ETTORE:
Ha sofferto!
Paride l'ha ingannata e l'ha fatta soffrire.
Credimi, so ciò che dico.
Paride l'ha privata dell'amore del migliore tra gli uomini, l'ha allontanata dai
suoi figli, le ha tolto tutto.
Sono certo che in cuor suo Elena sa di aver sbagliato e si è pentita non una ma
migliaia e migliaia di volte.
Se puoi, tu che sei stato un re giusto e magnanimo, sii anche un marito clemente
e perdonala.
Non farle del male.
MENELAO:
Ah, averti conosciuto in tempo di pace ...
Saresti stato il mio migliore amico.
Farò ciò che chiedi.
ETTORE:
Ne ero certo.
MENELAO:
Ettore, posso chiederti una cosa?
ETTORE:
Chiedi tutto ciò che desideri.
MENELAO:
Come fai a non aver paura?
Sai già di dover affrontare un uomo invulnerabile che ti ucciderà, perché non
tremi come una foglia d'autunno?
Perché non fuggi?
Invidio il tuo coraggio.
ETTORE:
Amico mio, ti sbagli.
Ho paura.
Il mio cuore trema come una foglia d'autunno e le mie gambe bramano di lanciarsi
in una folle corsa che mi porti lontano da qui, ma non posso.
Non posso tradire la fiducia del mio popolo.
Sebbene il mio cuore tremi ed i miei occhi trabocchino di lacrime, mi è proibito
tremare e piangere.
Se mostrassi debolezza e paura, Andromaca soffrirebbe ancor di più di quanto non
soffra già.
Devo mentire al mondo affinché lei mi creda più forte e risoluto di quanto non
sia.
Deve credere che io sia capace di affrontare la morte sereno anche se non è
così.
MENELAO:
Il tuo coraggio ed il tuo spirito di sacrificio ti fanno onore.
ETTORE:
Non sono coraggioso, sono un pauroso.
Credimi, Menelao, il coraggio non esiste, è soltanto la paura portata
all'estremo che spinge a grandi atti di cosiddetto coraggio.
Credimi, preferisco morire se ciò significa poter salvare Andromaca ed i miei
figli, non per coraggio ma perché non sono abbastanza forte da tollerare il
pensiero che possa accadere loro qualcosa di tremendo.
Ho paura!
Ho una paura folle!
MENELAO:
Ti ammiro.
Menelao abbraccia Ettore.
MENELAO:
Spero di non doverti incrociare nella battaglia, perché so che in condizioni
normali mi sconfiggeresti, ma ora temo che tu mi risparmieresti e ti lasceresti
uccidere affinché io viva per mantenere la mia promessa.
Addio Ettore.
ETTORE:
Addio Menelao.
I due eroi rientrano ognuno al proprio campo, uscendo di scena. Sullo sfondo,
dietro il telone che permette i giochi d'ombra marciano rumorosamente diversi
opliti in formazione.
SCENA 13
Inizia ad albeggiare. Briseide compare in scena con la coppa di vino avvelenato
tra le mani. La donna è visibilmente sconvolta e passeggia in tondo in preda
alla disperazione. Dopo qualche istante sopraggiunge Menelao.
MENELAO:
Briseide, cosa succede?
Perché sei fuggita dalla mia tenda?
Perché da ieri sera giri con quella strana coppa di vino?
BRISEIDE:
(disperata) Questa coppa avrei dovuto porgertela dopo aver giaciuto con te,
dicendoti che fa parte del rituale di noi amazzoni.
Avrei dovuto dirti che, dopo l'amplesso, noi vergini guerriere offriamo una
coppa di vino speziato a colui che ci ha private della verginità.
(fa una pausa) Ma non lo ho fatto ...
MENELAO:
Se è soltanto ciò a sconvolgerti, dammi la coppa, la berrò ora e sarà come se
l'avessi bevuta prima.
BRISEIDE:
No!
MENELAO:
Perché?
BRISEIDE:
Disprezzavo gli uomini, vi consideravo soltanto dei bruti dediti ai piaceri
della carne, al gioco, alla guerra e privi di qualsiasi qualità.
MENELAO:
Molti lo sono, ma lo sono anche molte donne.
Non esistono né uomini né donne perfetti.
Siamo tutti dediti a qualche vizio.
BRISEIDE:
Taci, ti prego.
Tu mi hai fatto scoprire un uomo che parla di pace.
La pace, una cosa che non sapevo nemmeno cosa fosse e disprezzavo.
MENELAO:
La pace ahimè è proprio ciò che ci manca per essere felici e tentare di
ricostruirci una vita.
BRISEIDE:
Tu mi hai parlato del perdono come di una cosa positiva, quando io avevo appreso
che era soltanto una forma di debolezza.
MENELAO:
Forse lo ho fatto soltanto affinché anche tu potessi perdonarmi.
In fondo, sto solo approfittando di te per salvare il mio regno e la mia
famiglia.
BRISEIDE:
Tu mi hai parlato di giustizia e di re che devono amare il proprio popolo,
quando la mia regina mi ha educata alla tirannia, alla violenza ed al sopruso.
MENELAO:
Ora che Pentesilea ti ha ceduta a me, non conoscerai più la violenza ed il
sopruso.
Ti ho acquisita come schiava ma ti tratterò come donna libera.
BRISEIDE:
Come amazzone ho sempre immaginato che giacere con un uomo fosse una cosa
terribile, un abnorme sacrificio imposto dalla necessità di perpetrare la nostra
specie, invece tra le tue braccia ho scoperto la passione.
Ah quale estasi i tuoi baci.
Ah quale delizioso oblio il sentirsi venir meno, dopo il piacere, tra le braccia
di un uomo come te.
MENELAO:
Dimmi perché sei così sconvolta?
BRISEIDE:
Avrei dovuto darti questa coppa di vino.
MENELAO:
Se la cosa può tranquillizzarti dammela ora e diremo che me l'hai data quando
era il momento giusto.
BRISEIDE:
Non ti ho dato questa coppa e per questo Pentesilea mi ucciderà.
MENELAO:
Cosa stai dicendo?
BRISEIDE:
Menelao, ti disprezzavo e ti consideravo un debole, ma dopo averti conosciuto,
sebbene soltanto per poche ore, ti ho amato.
MENELAO:
Cosa vuoi dire?
BRISEIDE:
Pentesilea voleva la tua vita, avrà la mia.
Ti ho amato per breve tempo ma lo ho fatto così intensamente da morire per te.
Briseide beve il contenuto della coppa e si accascia a terra.
II Atto
SCENA 1
In scena vi sono Achille e Pentesilea. L'uomo dà un violento ceffone alla donna.
ACHILLE:
Come ti è venuto in mente di scrivere il mio nome sul fondo della coppa con il
vino avvelenato?
PENTESILEA:
Volevo che Menelao sapesse che stava per morire e che ti saresti impossessato
del suo regno.
ACHILLE:
Sei pazza!
Credi forse che avrei potuto affrontare da solo tutti gli opliti di Menelao ed
Agamennone?
PENTESILEA:
Si, sei invulnerabile.
ACHILLE:
Sono invulnerabile, ma non invincibile.
Gli Achei non sarebbero riusciti ad uccidermi, ma sarebbero comunque riusciti a
vincermi ed ad imprigionarmi.
Come pensi che sarebbe stata la mia vita rinchiuso in un carcere senza nemmeno
la possibilità di togliermi la vita a causa della mia invulnerabilità?
PENTESILEA:
Perdonami, ho sbagliato ma lo ho fatto soltanto per te.
ACHILLE:
Donna, se proprio vuoi usare veleno e tradimento fallo in un modo più utile.
PENTESILEA:
Cosa desideri?
ACHILLE:
Che gli uomini di Menelao ed Agamennone non mantengano il giuramento dei loro
re.
PENTESILEA:
Credo di sapere come ottenere tutto ciò.
ACHILLE:
Parla donna!
PENTESILEA:
Basterà far credere loro che potranno impossessarsi dei beni che i Troiani in
fuga porteranno con loro.
L'avidità farà sì che gli opliti tradiscano la parola di Agamennone.
ACHILLE:
Chi farà circolare tale menzogna tra le fila degli opliti?
PENTESILEA:
Ci penserò io!
Ordinerò alle mie amazzoni di concedersi agli opliti achei e di irretirli con la
prospettiva del facile guadagno.
Sterminare donne, vecchi e bambini è sin troppo facile.
In quanto agli opliti troiani, dopo che avranno deposto le armi, saranno nella
stessa condizione delle loro donne.
Le mie amazzoni sedurranno le anime corrotte dei guerrieri achei e sarà una
carneficina.
ACHILLE:
Che nessuno tocchi la famiglia di Ettore!
PENTESILEA:
(furente) Eh no!
Andromaca deve morire, esigo la sua morte!
ACHILLE:
Non ho detto che la famiglia di Ettore sopravviverà.
(compiaciuto) Voglio sterminarla personalmente.
PENTESILEA:
Ti adoro quando parli così.
ACHILLE:
Al momento opportuno, dopo la battaglia finale, le tue amazzoni dovranno
ribellarsi e distrarre le truppe scelte di Agamennone e Menelao.
PENTESILEA:
Perché?
ACHILLE:
Gli opliti della guardia del corpo dei due re achei sono incorruttibili e non si
lasceranno sedurre dalla prospettiva dello sterminio dei Troiani.
Per loro sono più importanti l'onore e la parola dei loro re, pertanto vanno
distratti e portati lontano da Troia.
PENTESILEA:
Ottima idea!
ACHILLE:
Mi raccomando, che ne muoiano quanti più è possibile.
PENTESILEA:
Ti dispiacerebbe se ordinassi anche la morte di Agamennone e Menelao?
ACHILLE:
Speravo proprio che tu me lo chiedessi.
PENTESILEA:
Temevo che non lo desiderassi.
ACHILLE:
No, dopo che le tue guerriere avranno ucciso i re achei, interverrò io,
sterminandole, presentandomi così al resto dell'esercito come l'eroe che li ha
vendicati e mi sarà facile rivendicare i loro troni.
PENTESILEA:
Sei folle?
Vuoi davvero sterminare tutte le mie guerriere?
ACHILLE:
Certo!
Sono solo donne!
PENTESILEA:
Ma sono il mio popolo!
ACHILLE:
Cosa è un popolo se non un mezzo affinché il sovrano ottenga ciò che desidera?
PENTESILEA:
Come ripagherai il sacrificio delle mie schiave?
ACHILLE:
Non desideri forse essere la madre dei miei eredi?
PENTESILEA:
(compiaciuta) Che le mie guerriere muoiano!
ACHILLE:
Mancano pochi giorni allo scontro, provvedi a che tutto proceda secondo i nostri
piani.
PENTESILEA:
Si, mio futuro sposo ed unico re della Grecia.
ACHILLE:
Si, quando moriranno tutti gli altri re, rimarrò il solo re di Grecia.
I due si allontano dal campo di battaglia, uscendo di scena. Le tenebre invadono
il palco.
SCENA 2
Agamennone e Menelao passeggiano portandosi al centro della scena.
AGAMENNONE:
Fratello, d'ora in poi dovrai stare molto attento, ho ordinato che uno schiavo
assaggi il cibo e le bevande a te destinate.
MENELAO:
Sono certo che dietro tutta questa storia c'è l'infame Achille.
AGAMENNONE:
Purtroppo non abbiamo prove.
Sappiamo soltanto che dietro il tentato avvelenamento c'è Pentesilea, nulla di
più.
MENELAO:
Perché hai fatto credere a tutti che Briseide si sia suicidata presa dallo
sconforto per aver giaciuto con un uomo?
AGAMENNONE:
Perché intendo sfruttare le amazzoni fino alla fine del conflitto, dopo ci
libereremo di loro e della loro subdola regina.
MENELAO:
Quella donna è malvagia, ma non è altro che uno strumento nelle mani della belva
sanguinaria.
AGAMENNONE:
Lo so.
Anche se avessi avuto dei dubbi, dopo che, mentre noi tentavamo inutilmente di
soccorrere Briseide, Achille si è premurato di far sparire la coppa del vino
avvelenato, essi sarebbero stati dissipati.
MENELAO:
Agamennone, che si vinca o più improbabilmente si perda la guerra, Achille
rimarrà un problema per tutta la Grecia.
Se non fosse invulnerabile si potrebbe obbligarlo a ragionare, ma nello stato
attuale delle cose cosa possiamo fare?
AGAMENNONE:
Dovremo trovare il modo di liberarcene.
Non possiamo imprigionarlo perché gli altri re achei non accetterebbero che io,
il re supremo, imprigioni un altro re senza aver riunito il consiglio di tutti i
re.
Consiglio che non voterebbe mai all'unanimità la deposizione e l'imprigionamento
di Achille, in quanto alcuni, pochi per la verità, gli sono amici e molti lo
temono.
MENELAO:
Come pensi di riuscire a liberarcene?
AGAMENNONE:
Con una nuova guerra!
MENELAO:
No, basta con le guerre!
Non stiamo forse cercando di porre fine a questa?
Basta con la morte dei nostri sudditi.
AGAMENNONE:
Stavo pensando ad una guerra che coinvolga soltanto Achille.
Gli faremo credere che gli Sciti o i Sarmati posseggono tesori favolosi, in modo
che lui guidi le sue schiere lontano dalla Grecia.
Speriamo che subisca sconfitte o quantomeno che non possa tornare prima di
essere diventato vecchio.
MENELAO:
Sei astuto, ma non si potrebbe trovare popoli ancora più lontani degli Sciti o
dei Sarmati?
AGAMENNONE:
Abbiamo una ridotta conoscenza del mondo e non sappiamo se esistono realmente
regni oltre i deserti dell'Africa o dell'oriente.
Si dice che vi siano potenti regni in India e nel Catai, ma non ne sono certo.
Accontentiamoci degli Sciti e dei Sarmati.
I due re escono di scena. Sullo sfondo, dietro il telone che permette i giochi
d'ombra marciano rumorosamente diversi opliti in formazione.
SCENA 3
Dal campo degli Achei giunge Pentesilea, dal campo dei Troiani Elena. Pentesilea
porta una spada ed uno scudo.
PENTESILEA:
Finalmente ti sei decisa, temevo che tu non prendessi la decisione giusta.
ELENA:
E' soltanto la disperazione a farmi fare ciò che faccio.
PENTESILEA:
Smettila di fare la sceneggiata, so benissimo che disprezzi i Troiani e non vedi
l'ora di tornare tra gli Achei.
ELENA:
Hai parlato con lui?
PENTESILEA:
Certo!
Menelao mi ha assicurato il suo perdono in cambio del sabotaggio delle armi di
Ettore.
ELENA:
Come è cambiato ...
Il Menelao che amavo non sarebbe mai giunto ad un simile stratagemma per
ottenere la vittoria.
Avrebbe preferito cadere in battaglia piuttosto che trionfare disonestamente.
PENTESILEA:
Sei tu che lo hai cambiato.
Se tu non lo avessi tradito, forse sarebbe ancora l'uomo che conoscevi.
ELENA:
Basta!
Che tutta questa storia abbia fine!
Dammi lo scudo e la spada danneggiati e che l'unica persona buona di tutta
questa guerra muoia affinché tutti gli altri si salvino.
Pentesilea dà la spada e lo scudo ad Elena.
PENTESILEA:
Domani sarai libera.
Se Menelao manterrà la parola, potrai partire verso casa e rivedere i tuoi
figli.
E forse ...
ELENA:
Forse ...
Cosa?
PENTESILEA:
Forse potresti persino tornare a dividere il suo talamo.
ELENA:
Sei sicura che gli altri re achei mi perdoneranno?
PENTESILEA:
Sicurissima!
Menelao ha già parlato con tutti loro e lo stesso Agamennone ha stabilito che se
la spada e lo scudo di Ettore si spezzeranno colui che ti mancherà di rispetto
perderà la vita.
ELENA:
Persino il terribile Achille mi perdonerà?
PENTESILEA:
Il terribile Achille si è fatto personalmente garante della promessa di
Agamennone, sarà lui stesso ad affrontare chi ti mancherà di rispetto.
ELENA:
Per gli Dei che squallore!
Dovrebbe essere Menelao a garantire la mia protezione, non Achille.
(sconsolata) E' tutta colpa mia se Menelao è caduto così in basso.
PENTESILEA:
Vai e porta la morte con disonore all'eroe dei Troiani.
Voglio vederlo strisciare e supplicare prima di morire.
ELENA:
Se questo è il prezzo per la mia salvezza, così sarà.
Le due donne escono di scena, ognuna torna al suo campo. Sullo sfondo, dietro il
telone che permette i giochi d'ombra marciano rumorosamente diversi opliti in
formazione.
SCENA 4
Entrano in scena Andromaca ed Ettore.
ANDROMACA:
Ettore, ti supplico, non fingere con me.
ETTORE:
Cosa intendi dire amore mio?
ANDROMACA:
So benissimo che, anche se lo neghi, hai paura della morte e fingi coraggio
soltanto nella vana speranza che io soffra di meno.
ETTORE:
Non ho paura!
L'eroe dei Troiani non ha paura.
ANDROMACA:
Ti sbagli, l'eroe dei Troiani non può e non dovrebbe aver paura, ma essendo
umano è saturo di terrore.
ETTORE:
Andromaca non rendere tutto più difficile ...
ANDROMACA:
(disperata) Come puoi chiedermi di non rendere tutto più difficile?
Cosa c'è di più terribile che vedere il proprio marito fingere indifferenza di
fronte alla propria morte?
Non posso essere indifferente.
Ettore ti supplico fuggi.
Fuggi lontano.
ETTORE:
Se fuggissi Achille si vendicherebbe su di te e suoi nostri bambini.
ANDROMACA:
Fuggiremo lontano insieme.
ETTORE:
Ci inseguirebbe e ci stanerebbe anche in capo al mondo.
Quello non è un uomo, è una belva assetata di sangue.
Mi ha già fatto pervenire un ambasciatore che mi ha avvertito che se fuggirò non
darà la caccia a me ma a voi.
Punirà voi per farmi uscire allo scoperto.
ANDROMACA:
Amore mio, mio padre intrattiene relazioni commerciali con il re dell'India,
fuggiamo là.
Il re è potentissimo ed i suoi eserciti impediranno ad Achille qualsiasi cosa.
ETTORE:
Non posso fuggire in un regno lontano e portare così la morte e la devastazione
anche là.
Achille è implacabile e nulla lo fermerà.
ANDROMACA:
Il re dell'India lo farà schiacciare dai suoi elefanti.
ETTORE:
E lui si rialzerà incolume e seminerà morte e distruzione nel suo regno.
Andromaca, se davvero il re dell'India è disposto ad ospitarci, fuggi tu con i
nostri figli.
Vai il più lontano possibile da qua e ti supplico non venire ad assistere alla
battaglia.
Non assistere alla mia morte.
ANDROMACA:
Come posso lasciarti in questo momento così terribile?
ETTORE:
Ti prego, non assistere alla battaglia.
ANDROMACA:
Perché?
ETTORE:
Perché, sebbene da giorni io finga il coraggio più estremo, ho paura.
Temo di non saper morire da uomo e non voglio che tu possa assistere alla mia
eventuale umiliazione.
ANDROMACA:
Umiliazione?
Per te l'umiliazione più grande sarebbe la fuga, ebbene ti chiedo di umiliarti e
rinunciare al tuo onore.
Salvati, fallo per i nostri figli e per me.
ETTORE:
Non posso!
Se io fuggissi, nessun troiano scenderà mai in battaglia ed il patto con
Agamennone non sarà più valido.
Tutti, dall'anziano più venerabile al bambino in fasce, verrebbero passati a fil
di spada dagli Achei.
Andromaca, devo morire.
Lo devo al mio onore.
Lo devo alla patria.
Lo devo anche a te.
ANDROMACA:
A me?
Sei forse impazzito?
ETTORE:
Tu sei una principessa reale, hai sposato un principe coraggioso e rispettato,
non posso umiliarti dimostrandomi un vigliacco.
ANDROMACA:
(furente) Se tu fossi un vigliacco sarei più felice.
ETTORE:
Non chiedermi di morire due volte.
Lascia che io muoia soltanto una volta, da eroe in battaglia.
Non farmi morire prima come uomo e poi come essere vivente.
ANDROMACA:
Voi uomini siete pazzi!
Onore e pazzia vanno a braccetto!
ETTORE:
Le mie virtù una volta ti hanno sedotta.
ANDROMACA:
Allora ero una ragazzina, essere chiesta in moglie da un eroe mi lusingò.
Ora sono una donna ed una madre, preferisco avere un marito vigliacco ma vivo
piuttosto che un eroe morto da piangere.
ETTORE:
Sono nato e sono stato educato per essere un eroe.
Mio padre mi ha fatto crescere per essere l'eroe che Troia non ha mai avuto.
ANDROMACA:
Si, ma quel vile di tuo padre non è stato così severo con i tuoi fratelli
minori.
Ha persino accettato di avere come secondogenito un cinedo vigliacco come
Paride.
ETTORE:
Paride è sempre stato il suo prediletto, lo sai.
ANDROMACA:
Se tuo padre fosse stato un buon re avrebbe rimandato Elena da Menelao ed
avrebbe giustiziato egli stesso il figlio degenerato che è stato la causa della
guerra che distruggerà il suo regno ed il suo popolo.
ETTORE:
Basta con le recriminazioni, ormai è troppo tardi.
Mi rimangono ancora un giorno ed una notte di vita e ti chiedo di poterle
trascorrere tra le tue braccia.
Voglio scendere sul campo di battaglia con ancora il sapore della tua pelle e
dei tuoi umori sulle labbra.
Soltanto così mi sentirò sufficientemente uomo da morire con onore.
Ti prego, per un'ultima volta dammi il tuo amore.
ANDROMACA:
Amore mio come posso rifiutarmi?
Ti amo alla follia e farò tutto ciò che mi chiedi.
Ah come vorrei che non fosse l'ultima volta che giaciamo insieme, ma soltanto
una delle tante.
Ettore la abbraccia ed i due poco a poco si incamminano tenendosi per mano,
uscendo di scena.
SCENA 5
Compare in scena Paride.
PARIDE:
(canticchiando) Morte!
Morte!
Morte e distruzione sulla città!
Che il sangue scorra a fiumi!
Che le vedove e gli orfani alzino il loro canto al cielo prima di essere a loro
volta spazzati via!
Sopraggiunge Elena.
ELENA:
Scellerato, come puoi bearti dell'imminente fine di Troia?
PARIDE:
Non di Troia, ma di Ettore.
ELENA:
Con lui finirà anche Troia, la tua patria.
PARIDE:
Finirà soltanto la città.
Il re, la popolazione ed io andremo in esilio da qualche parte e lì fonderemo la
nuova Troia.
E finalmente, senza Ettore, quando mio padre morirà, sarò il prossimo re dei
Troiani.
ELENA:
Sei soltanto un traditore.
Come ho potuto?
Come ho potuto ardere di passione per te?
PARIDE:
Non sei stata la prima e non sarai nemmeno l'ultima.
Anche se non amerò mai nessuna donna, sedurrò sempre le più belle per vantarmi
del mio fascino con gli amici.
Ahimè, temo che quando sarò re, qualche volta mi toccherà giacere con una donna
per riprodurmi, ma quello sarà un male necessario.
In fondo anche il grande Achille dovrà fare altrettanto.
ELENA:
Achille e te, due esseri spregevoli.
(con disprezzo) Due cinedi.
Se non fosse che ho conosciuto Patroclo, il suo buon cuore ed il suo coraggio
potrei persino pensare che tutti i cinedi siano come voi.
Non solo siete la vergogna degli uomini d'arme ma siete persino una vergogna per
i cinedi.
PARIDE:
Spregevole donna, cosa vuoi capire?
La vergogna è che qualcuno si abbassi ad amare donne come te.
Ah, come disprezzo Menelao.
Come vorrei che morisse nella battaglia di domani.
ELENA:
Non morirà e, prima o poi, ti chiederà giustizia.
PARIDE:
Sbagliato!
Non prendendo parte allo scontro, sarò tra quelli che potranno abbandonare Troia
incolumi.
Cosa che non accadrà a te.
Dovrò rinunciare ad uno dei pezzi pregiati della mia collezione, ti dovrò
restituire a tuo marito.
Spero che ti faccia soffrire come meriti.
ELENA:
Prima o poi pagherai per i tuoi crimini.
PARIDE:
A proposito di crimini ...
Non sia mai detto che io restituisca la donna più bella del mondo.
(ad alta voce) Uomini a me!
Compare in scena un manipolo di opliti troiani.
PARIDE:
Tenetela.
Gli opliti afferrano Elena.
ELENA:
Cosa vuoi fare scellerato?
PARIDE:
Quando Menelao ti riavrà non sarai più la donna più bella del mondo.
(voltandosi verso un oplite) Soldato dammi il tuo pugnale.
L'oplite dà il suo pugnale a Paride. Il quale si avvicina ad Elena e le dà un
taglio su ogni guancia.
PARIDE:
(ridendo) Elena la donna più bella del mondo ora è soltanto Elena la sfregiata.
ELENA:
Maledetto!
Ti ucciderò!
PARIDE:
Cosa vuoi che mi importi delle tue inutili minacce?
Mi fanno soltanto ridere.
ELENA:
Menelao te la farà pagare.
PARIDE:
Penserò a Menelao, quando vedrò la sua sorpresa nel trovarti abbruttita.
Ora vado a gongolarmi al pensiero della morte di Ettore.
Ah, se quel miserabile sapesse ciò che so io.
(ghignando) Soltanto io so come uccidere Achille.
ELENA:
Soldati, lo avete udito?
Perché non riferite le sue parole ad Ettore?
PARIDE:
Stolta, questi uomini sono fedeli a me, non a Troia.
(rivolto agli opliti) Presto portate lontano da me questo mostro.
I soldati trascinano Elena fuori scena. Paride li segue. Sullo sfondo, dietro il
telone che permette i giochi d'ombra marciano rumorosamente diversi opliti in
formazione.
SCENA 6
E' notte. In mezzo alla terra di nessuno, tra i due campi nemici, si incontrano
Andromaca e Menelao.
MENELAO:
Donna, sei forse impazzita a chiedermi un incontro?
Cosa penserebbe tuo marito se lo venisse a scoprire?
Cosa penserebbero i miei opliti se sapessero che nella notte mi incontro nella
terra di nessuno con la compagna del più potente tra i miei nemici?
ANDROMACA:
Buon re Menelao, non porre domande di cui conosci già la risposta.
Ti ho chiesto un colloquio per supplicare il tuo aiuto.
MENELAO:
Il mio aiuto?
Nobile moglie di Ettore cosa possa fare per te?
ANDROMACA:
Ti supplico, fai in modo che Ettore non muoia.
MENELAO:
Temo di non poterlo fare.
ANDROMACA:
(gettandosi in ginocchio) Ti scongiuro, uccidi me ma risparmia l'uomo che amo.
MENELAO:
Andromaca, alzati.
Non ti umiliare e non mi supplicare.
Non fraintendere le mie parole, ho detto che non posso non che non vorrei farlo.
Se soltanto potessi, darei la vita per impedire che Ettore muoia, ma qualsiasi
cosa io possa fare nulla fermerà Achille.
ANDROMACA:
Tu sei il fratello del re dei re achei, supplica Agamennone di intercedere per
Ettore.
Se lo farai tu, colui che che è stato più danneggiato da Troia, dovrà darti
ascolto.
MENELAO:
Agamennone è un re crudele e saggio, ma soprattutto è un uomo d'onore, se avesse
scelta sono certo che chiederebbe che l'unico avversario che rispettiamo abbia
salva la vita, ma l'invulnerabile Achille farebbe scempio dei nostri opliti e
nessuno riuscirebbe a fermarlo.
Purtroppo ciò che tu mi chiedi è al di là delle possibilità che Agamennone ed io
abbiamo.
ANDROMACA:
Achille mi accetterebbe come schiava in cambio della salvezza di Ettore?
MENELAO:
Non dire simili sciocchezze.
Ettore morirebbe due volte piuttosto che dover sopportare il tuo sacrificio.
Inoltre, ammiro troppo tuo marito per permettere una cosa simile.
Credimi se dovesse mai capitare che Achille ti chieda come schiava, violando la
promessa di Agamennone di risparmiare la tua famiglia, provvederei personalmente
ad ucciderti.
Non posso nemmeno immaginare le umiliazioni ed i tormenti che ti infliggerebbe.
Ah, se Achille non fosse invulnerabile, porrei fine a tutto ciò io stesso,
uccidendolo benché sia un acheo come me.
Che sia maledetta sua madre che lo ha reso invulnerabile!
ANDROMACA:
Ti supplico, dimmi cosa posso fare per mio marito.
MENELAO:
Torna al vostro campo e stagli vicino.
Rendi le sue ultime ore le più liete possibili.
ANDROMACA:
Farò ciò che dici, anche se non serve a nulla.
MENELAO:
Pregherò gli Dei per Ettore.
ANDROMACA:
Non pregare gli Dei, comportati da uomo.
MENELAO:
Cosa intendi dire?
ANDROMACA:
Affronta tu Ettore e dagli una morte rapida e dignitosa.
Sono certa che Achille non lo farà.
Se renderai la morte di colui che amo e sempre amerò la meno dolorosa possibile
sarò la tua schiava.
MENELAO:
Non posso uccidere Ettore.
ANDROMACA:
Vigliacco!
MENELAO:
Non posso per due motivi.
Il primo è che Ettore è un guerriero migliore di me e non riuscirei a
sconfiggerlo.
Anche volendo non riuscirei ad uccidere Ettore, sarebbe lui ad uccidere me.
Il secondo è che sarà impossibile precedere Achille nella battaglia.
ANDROMACA:
Vigliacco!
La donna fugge via.
MENELAO:
Temo che tu abbia ragione, sono soltanto un vigliacco.
Ah, come vorrei la forza ed il coraggio per impedire tutto ciò.
Menelao si dirige sconsolato verso il suo campo ed esce di scena. Sullo sfondo,
dietro il telone che permette i giochi d'ombra marciano rumorosamente diversi
opliti in formazione.
SCENA 7
E' sempre notte. In mezzo alla terra di nessuno si incontrano due uomini.
PARIDE:
(ironico) Finalmente ci incontriamo!
Che peccato incontrarci in campo nemico, noi così simili.
ACHILLE:
La guerra durerà ancora poco e presto potremo stabilire rapporti di amicizia.
Farò uccidere tuo padre e tu diventerai re.
PARIDE:
Finalmente, non ne potevo più di vivere nell'ombra di quell'insulso eroe di
Ettore.
ACHILLE:
Ti farò re di ciò che resterà di Troia, ma tu dovrai fare in modo che Andromaca
ed i suoi figli non possano darsi alla fuga dopo la battaglia.
PARIDE:
Non temere, quella donnaccia ed i suoi sudici bastardi sono già nelle tue mani.
ACHILLE:
Ricordati che se non riuscirò a mettere le mie mani su di loro mi vendicherò su
di te.
PARIDE:
Non ne avrai motivo.
ACHILLE:
A proposito, cosa ne è stato di quella povera scema di Elena?
PARIDE:
Visto che dovrò restituirla a Menelao, ho fatto in modo che non sia più la donna
più bella del mondo.
ACHILLE:
Hai fatto male.
Dopo Ettore ucciderò anche Menelao e te l'avrei lasciata.
PARIDE:
Non me lo avevi detto.
Il nostro patto era che io seducessi e rapissi Elena, portando le nostre patrie
ad una guerra distruttiva che soddisfacesse la tua sete di sangue e che tu mi
liberassi di mio padre e mio fratello.
Non avevi mai accennato alla possibilità di lasciarmi Elena.
ACHILLE:
Perché mai avrei dovuto desiderare che tornasse in possesso di Menelao?
Se il mio scopo era una guerra che indebolisse Menelao ed Agamennone per poi
impossessarmi dei loro regni, perché mai avrei dovuto restituire quell'insulsa
etera a quel vile?
PARIDE:
Talvolta sei talmente folle che è difficile prevedere cosa farai.
ACHILLE:
Hai ragione.
Comunque domani tutto avrà fine.
PARIDE:
Morte a Troia!
Morte a mio padre!
Morte ad Ettore!
ACHILLE:
Morte a quanti più opliti è possibile!
Che il canto delle vedove e degli orfani celebri la mia gloria!
PARIDE:
A domani.
Paride torna verso il suo campo, Achille verso il suo. Entrambi escono di scena.
Sullo sfondo, dietro il telone che permette i giochi d'ombra marciano
rumorosamente diversi opliti in formazione.
SCENA 8
Compare in scena Menelao.
MENELAO:
Sono soltanto un vile!
Perché non sono in grado di porre fine alla strage che il mio orgoglio ed il mio
malsano onore hanno causato?
Non potevo fingere che Elena fosse morta e non scatenare questa folle guerra?
Ah, quali terribili errori fanno commettere amore, gelosia ed orgoglio.
Entra in scena Pentesilea.
PENTESILEA:
Mio re, permettimi di conferire con te.
MENELAO:
Cosa vuoi da me, vile serpe?
Hai forse dimenticato la morte di Briseide?
Sparisci dalla mia vista.
PENTESILEA:
Menelao, sono qua per supplicare il tuo perdono e dirti la verità sulla morte di
Briseide.
MENELAO:
Quale verità?
Forse che il vino avvelenato era diretto a me?
PENTESILEA:
No, il vino avvelenato è sempre stato diretto verso Briseide.
Lei ti ha mentito!
MENELAO:
Taci, strega!
Non illuderti di convincermi delle tue menzogne.
PENTESILEA:
No, ma voglio che tu sappia soltanto perché ho ordinato a Briseide di suicidarsi
dopo aver giaciuto con te.
MENELAO:
Tu non le avevi ordinato di suicidarsi, ma di uccidere me.
PENTESILEA:
Briseide ha mentito.
Le ho ordinato il suicidio e lo ho fatto soltanto per amicizia.
MENELAO:
Amicizia?
Tu non sei amica nemmeno della tua ombra, se potessi tradirla e separarti anche
da lei lo avresti già fatto.
PENTESILEA:
Ti sbagli!
Ho un'amica!
Un'amica sin dai tempi dall'infanzia, soltanto che sapendo quanto mi disprezzi
te lo abbiamo sempre nascosto.
Elena ed io siamo quasi sorelle.
MENELAO:
Elena?
PENTESILEA:
Si, proprio Elena!
E' stata lei a chiedermi la morte di Briseide!
Non desidera che tu abbia un'altra donna e soprattutto altri figli, in quanto
spera che rimanendo l'unica madre dei tuoi figli tu sia obbligato a perdonarla e
non la punirai troppo duramente.
MENELAO:
Non dire sciocchezze.
PENTESILEA:
Non sono sciocchezze, è la verità.
Ma sono pentita e ho deciso di rivelarti tutto.
(fingendo pentimento e commozione) Elena non merita il perdono.
Per gli Dei cosa mi ha fatto fare?
(simulando malamente di piangere) La mia povera Briseide ... perché l'ho
sacrificata all'altare dell'amicizia per Elena?
MENELAO:
Meretrice, non recitare!
Sei una pessima attrice e non credo ad una sola delle tue parole.
Inoltre, ora che so quanto odi Elena, anche se fossi stato intenzionato a
punirla duramente, non potrei far altro che darle il mio perdono.
Sparisci dalla mia vista!
PENTESILEA:
Ripensa alle mie parole.
Il ricordo di un antico amore ormai morto non può offuscare la verità.
Pentesilea esce di scena.
MENELAO:
Che donna spregevole!
Alla fine della guerra dovrò fare in modo che non possa mai più mettere piede in
Grecia.
Menelao esce di scena. Sullo sfondo, dietro il telone che permette i giochi
d'ombra marciano rumorosamente diversi opliti in formazione.
SCENA 9
Entra in scena Andromaca.
ANDROMACA:
Perché?
Perché Ettore non mi ha permesso di seguirlo?
Perché lui ed i suoi opliti sono partiti prima che mi svegliassi?
Una moglie non ha forse il diritto di dare un ultimo bacio al marito destinato
alla morte?
So che lo ha fatto soltanto per non vedere le mie lacrime, ma non è giusto.
Compare in scena Elena.
ANDROMACA:
Per gli Dei, cosa è accaduto al tuo volto?
ELENA:
Paride ...
ANDROMACA:
Paride?
ELENA:
Mi ha sfregiata in modo che Menelao non possa più riavere la donna più bella del
mondo.
ANDROMACA:
Miserabile!
E' soltanto un cane rabbioso.
Ah, come vorrei che Ettore anziché sacrificarsi per la sua patria avesse deciso
di fuggire e punire il colpevole di tutto ciò.
Elena, perdonami.
ELENA:
Perdonarti?
Io, dovrei perdonare te?
ANDROMACA:
Si, se fossi stata più lungimirante avrei chiesto ad Ettore di uccidere Paride
prima di andare in battaglia, in modo che tu fossi stata al sicuro.
ELENA:
Tu, la donna che più ho danneggiato, ti preoccupi per me?
ANDROMACA:
Devo forse odiarti?
ELENA:
Si ...
(sconvolta) Ti supplico di odiarmi.
ANDROMACA:
Perché?
A cosa serve l'odio se non a generare altro odio.
Dimentichiamo tutto e pensiamo soltanto alla dura vita che ci attende.
Odiarti non mi restituirà Ettore.
ELENA:
(gettandosi in ginocchio ed abbracciando le gambe di Andromaca) Cos'ho fatto?
Cos'ho fatto?
ANDROMACA:
Cosa ti prende?
ELENA:
Ti scongiuro, odiami.
Prendi uno stiletto e dammi la più terribile tra le morti.
ANDROMACA:
Perché?
ELENA:
Tu sei così buona ...
Ettore è così buono ...
Io vi ho traditi.
ANDROMACA:
Cosa intendi dire?
Tu non ci dovevi né amicizia né fedeltà, sei stata soltanto prigioniera di
Paride.
ELENA:
(rialzandosi) Andromaca, ho fatto una cosa mostruosa.
ANDROMACA:
(spaventata) Cosa?
ELENA:
Pentesilea mi ha fatto credere che Menelao mi avrebbe perdonata se avessi
sabotato le armi di Ettore.
ANDROMACA:
(disperata) No!
Perché?
Perché?
ELENA:
Achille e Pentesilea vogliono che Ettore muoia con disonore, supplicando la loro
pietà come una donnicciola.
ANDROMACA:
Perché lo hai fatto?
ELENA:
Non lo indovini?
Sono un'achea, una dei vostri nemici, ma non lo ho fatto per questo.
Lo ho fatto soltanto per amore.
ANDROMACA:
Amore?
ELENA:
Si, speravo che Menelao potesse perdonarmi e riprendermi con se.
ANDROMACA:
Menelao ti disprezzerà per questo gesto.
Credimi, gli ho parlato e non avevi nessun bisogno di compiere un simile gesto
scellerato.
ELENA:
Potrai mai perdonarmi?
ANDROMACA:
(furente) Perdonarti?
Come osi chiedermi tanto?
(fa una pausa e riacquista un tono composto) Perdonarti?
Forse avrei fatto altrettanto per Ettore ...
Forse un giorno ci riuscirò ...
Ma non ora.
ELENA:
Ti ringrazio.
Sei la donna migliore che abbia mai conosciuto.
ANDROMACA:
Non mi ringraziare.
Sparisci dalla mia vista e lasciami correre dal mio uomo.
ELENA:
Si, corri da lui e ritarda il più possibile il suo duello con Achille.
ANDROMACA:
Perché?
ELENA:
Forse so come aiutarlo.
Se mi vedrai comparire in tempo sul campo di battaglia, forse non tutto è
perduto.
Corri, ritarda il duello sino al mio arrivo.
Le due donne corrono fuori scena. Sullo sfondo, dietro il telone che permette i
giochi d'ombra marciano rumorosamente diversi opliti in formazione.
SCENA 10
Entra in scena correndo Paride. Dietro a lui compare minacciosa Elena che
brandisce una spada.
ELENA:
Vigliacco, ora che ci siamo soltanto noi due e nessuno a proteggerti sei finito.
PARIDE:
Pazza, se mi ucciderai non appena i miei fedeli opliti lo scopriranno verrai
uccisa a tua volta.
ELENA:
Non mi importa più nulla di morire.
La morte è l'unica cosa che mi può liberare dai miei sensi di colpa.
PARIDE:
(sghignazzando) Quali sensi di colpa può avere una squallida meretrice come te?
ELENA:
Ho tradito Ettore ed Andromaca.
PARIDE:
Lo so.
ELENA:
Lo sai?
PARIDE:
Certo!
Pentesilea ed Achille mi hanno fatto sapere tutto.
ELENA:
Vigliacco!
Come hai potuto fare ciò a tuo fratello?
PARIDE:
Sei ancora così stolta da chiedermelo?
Non hai ancora capito che sono un personaggio altrettanto spregevole quanto i
miei maestri Achille e Pentesilea?
ELENA:
Ti ucciderò!
La donna si avvicina minacciosa al cinedo.
PARIDE:
Non uccidermi.
Se mi risparmi, ti farò fuggire e non dovrai affrontare la vendetta di Menelao.
ELENA:
Cosa vuoi che me ne importi della vendetta di Menelao?
Spero proprio che non riesca a perdonarmi e mi faccia morire.
Non posso vivere con il peso che ormai grava sulla mia coscienza.
PARIDE:
Ti darò tutti i miei tesori.
ELENA:
Cosa me ne faccio dei tuoi tesori?
PARIDE:
Mi amavi ... se proprio lo vuoi mi accoppierò con te e ti darò un figlio.
ELENA:
Un figlio da te?
Sarebbe la peggiore punizione che gli Dei potrebbero infliggermi.
Soltanto la tua morte placherà la mia ira.
PARIDE:
Ti darò il regno che Achille mi ha promesso.
ELENA:
Taci verme!
Se vuoi una morte rapida ed indolore, dimmi come posso uccidere Achille.
PARIDE:
Mai!
Se Achille scoprisse che ti ho rivelato il suo segreto sarebbe la mia fine.
ELENA:
Sei già finito!
Puoi soltanto scegliere come morire.
PARIDE:
Ti sbagli.
ELENA:
Pensi forse di sottrarti alla mia vendetta?
PARIDE:
Si!
Io so qualcosa che tu desideri conoscere e se lo vuoi sapere dovrai
risparmiarmi.
ELENA:
Non illuderti sulla mia clemenza.
PARIDE:
Il segreto di Achille in cambio della mia vita.
ELENA:
Mai!
PARIDE:
Pensa ad Ettore ed Andromaca ed a quanto soffriranno a causa tua.
ELENA:
Dimmi il segreto di Achille.
PARIDE:
Mi risparmierai?
ELENA:
(sconsolata) Si.
PARIDE:
Non credermi stolto quanto sei stata tu quando hai creduto alle mie promesse di
amore.
Prima di rivelarti il segreto voglio la certezza di avere salva la vita.
ELENA:
Nulla ti può garantire che dopo aver scoperto il segreto dell'invulnerabile
cinedo io non ti tolga la vita.
PARIDE:
Ti sbagli!
Sei una donna d'onore ed una regina, dovrai giurare.
ELENA:
Cosa può valere un giuramento dopo tutti gli inganni che sono stati perpetrati
in questa guerra?
PARIDE:
Molto se giurerai sulla testa di Menelao e dei vostri figli.
ELENA:
Vigliacco, non puoi chiedermi questo.
PARIDE:
Il tempo sta trascorrendo e l'ora della morte di Ettore si avvicina sempre di
più.
ELENA:
Maledetto!
Parla!
PARIDE:
Giura.
ELENA:
Hai vinto.
Giuro sulla testa di Menelao e dei nostri figli che se mi svelerai il segreto di
Achille ti risparmierò la vita.
PARIDE:
Achille non è invulnerabile, esiste una parte del suo corpo che può essere
ferita.
ELENA:
Quale?
PARIDE:
Quando sua madre, la dea Teti, lo ha immerso nello Stige per renderlo
invulnerabile, lo teneva per un tallone.
Pertanto, quel tallone non è stato bagnato dalle acque dello Stige ed è
vulnerabile.
ELENA:
Quale?
Il destro o il sinistro?
PARIDE:
Questo non lo so.
ELENA:
Ma come si può infliggere una ferita mortale in un tallone?
PARIDE:
Questo sta a te scoprirlo.
ELENA:
Credo di sapere come fare.
Andrò ad intingere questa spada nel veleno, il quale attraverso il tallone lo
ucciderà.
Elena corre via, uscendo di scena.
PARIDE:
Che stupida!
Come può illudersi di riuscire a colpire Achille?
Anche se conosce il suo segreto difficilmente riuscirà a colpirlo al tallone.
(sghignazzando) E poi ormai è troppo tardi per Ettore.
Paride esce di scena.
SCENA 11
La scena viene invasa dagli opliti achei e dagli opliti troiani, che combattono.
Dopo qualche istante gli opliti rientrano alle loro postazioni, uscendo di
scena. Alla loro scomparsa al centro della scena vi sono Achille ed Ettore,
pronti ad affrontarsi. Defilata, verso il campo acheo, vi è Pentesilea.
ACHILLE:
Miserabile troiano, sei pronto a morire?
ETTORE:
Cinedo, preparati ad assistere a come affronta la morte un vero uomo.
PENTESILEA:
Basta con le chiacchiere, Achille dai iniziò al suo martirio.
ACHILLE:
Non ne vedo l'ora.
ETTORE:
Sono un guerriero migliore di te e te lo dimostrerò.
ACHILLE:
Morirai!
ETTORE:
Non dopo averti dimostrato che se combattessimo ad armi pari ti avrei sconfitto.
I corrono uno contro l'altro. Ettore è tecnicamente superiore ad Achille e
riesce ad evitare il suo scudo ed a colpirlo allo stomaco. La spada di Ettore
nell'urto si spezza.
ETTORE:
(balzando indietro per sottrarsi ai colpi di Achille) La mia spada ...
Come è possibile che si sia spezzata?
PENTESILEA:
Spezzagli lo scudo.
Achille vibra un colpo di spada sullo scudo con cui Ettore si protegge. Lo scudo
si spezza in diversi pezzi.
ETTORE:
Il mio scudo ...
Tradimento!
Le mie armi sono state manomesse.
ACHILLE:
(sghignazzando) Ora cosa farai?
Supplicherai una morte rapida?
Compaiono in scena Agamennone e Menelao.
MENELAO:
Come è possibile che Ettore affronti Achille senza armi?
AGAMENNONE:
Non ne ho la più pallida idea.
(ad alta voce) Achille, fermati!
Sii uomo, lascia che qualcuno porga delle nuove armi ad Ettore in modo che il
duello sia corretto.
ACHILLE:
Mai!
MENELAO:
Ettore, che ne è stato della tua spada e del tuo scudo?
PENTESILEA:
Chiedilo ad Elena.
MENELAO:
Elena?
PENTESILEA:
Si, la tua meretrice ha sostituito le armi del troiano con armi danneggiate.
AGAMENNONE:
Achille, vile, cessa il duello!
Il tuo re te lo ordina.
ACHILLE:
Taci imbecille!
ETTORE:
Non perdere tempo vigliacco.
Che il mio fato si compia.
ACHILLE:
(sprezzante) Come?
Non ti getti in ginocchio e non singhiozzi come una donnicciola implorando una
morte rapida?
ETTORE:
Mai!
ACHILLE:
Dopo che avrò iniziato a ferirti senza mai darti un colpo fatale, inizierai a
farlo.
Achille colpisce Ettore, che si accascia a terra, ma poi si rialza.
ETTORE:
Morirò da uomo.
Achille lo colpisce ancora.
ACHILLE:
Avanti, piangi e supplica come una donnicciola.
Che tutti assistano al tuo disonore!
Menelao avanza verso il centro della scena.
AGAMENNONE:
Fermati Menelao, non puoi far nulla per impedire questa vigliaccata.
PENTESILEA:
Si, affronta Achille e muori con Ettore.
MENELAO:
Non permetterò mai che si compia questa vigliaccata senza intervenire.
Poco importa se nel farlo morirò.
Il mio onore di re e di uomo mi impone di combattere quest'ingiustizia.
Achille si volta verso Menelao minaccioso.
ACHILLE:
Marito della meretrice di Paride, sei pronto a morire?
MENELAO:
Si!
I due si affrontano. Achille è molto più abile di Menelao e lo ferisce. Menelao
crolla a terra ed Achille si appresta a finirlo. Mentre sta per farlo Agamennone
gli piazza la sua spada davanti al volto.
AGAMENNONE:
Fermati scellerato!
Il tuo re ti impone di fermarti.
ACHILLE :
Se non lo facessi?
AGAMENNONE:
Dovrai affrontare anche me.
ACHILLE:
Non mi tentare ...
Se vuoi che risparmi la vita di Menelao, lasciami finire il duello con Ettore.
ETTORE:
Agamennone, Menelao, non sacrificatevi inutilmente.
Il mio fato è già segnato.
PENTESILEA:
E così sia, che Ettore venga macellato.
Achille torna a fronteggiare Ettore.
ACHILLE:
Sei pronto a supplicare?
ETTORE:
Mai!
Compare in scena Andromaca.
ANDROMACA:
(in lacrime) No!
Amore mio, dimentica l'onore, chiedi una morte rapida.
ETTORE:
No, l'onore per un guerriero è tutto.
MENELAO:
(con la voce rotta dal dolore) Ascolta tua moglie.
Questo non è un duello, è soltanto una vigliaccata, non c'è nessun onore da
preservare.
ETTORE:
Ettore può morire soltanto da uomo.
ACHILLE:
Lo vedremo.
Achille colpisce di nuovo Ettore, che crolla al suolo dolorante, ma poi si
rialza.
PENTESILEA:
Miserabile, inizia a supplicare la pietà di Achille.
ETTORE:
Mai!
Achille lo colpisce nuovamente, Ettore crolla a terra e poi si rialza
barcollando. Compare un gruppo di opliti.
UN OPLITE:
Agamennone, è scoppiata una rivolta.
Le amazzoni e parte del nostro esercito stanno violando la tua parola,
massacrando i Troiani indifesi.
AGAMENNONE:
Tradimento!
Spiccherò via le teste di tutti coloro che hanno violato la mia parola.
Agamennone e gli opliti escono di scena.
ACHILLE:
Ettore, quanto sei ancora disposto a soffrire prima di umiliarti?
ETTORE:
Non mi umilierò mai.
Achille lo colpisce nuovamente. Ettore cade e si rialza.
ANDROMACA:
(in lacrime) Menelao, ti scongiuro, fai qualcosa.
Ettore non cederà mai.
Menelao, a fatica, si rialza, ma inizia a barcollare, incapace di mantenere
l'equilibrio.
PENTESILEA:
(sghignazzando) Menelao, sei soltanto patetico.
Menelao cade a terra.
ACHILLE:
Ettore, inginocchiati.
Supplica inutilmente la mia pietà.
ETTORE:
Inginocchiati tu, vigliacco.
Achille colpisce nuovamente Ettore, che crolla a terra. Il troiano fatica a
rialzarsi, ma con uno sforzo sovrumano ce la fa.
ETTORE:
(con la voce rotta dal dolore) Ettore, morirà senza chiedere pietà.
Come Ettore finisce di proferir parola, Menelao, che si è trascinato barcollando
dietro di lui, lo colpisce con la sua spada, passandolo da parte a parte.
MENELAO:
Ettore è morto da eroe, senza mai supplicarti vile cinedo.
Menelao ed Ettore crollano a terra.
ETTORE:
(con gli ultimi barlumi di forza) Grazie, amico mio.
ANDROMACA:
(urlando disperata) No!
No!
Ettore, amore mio, non mi lasciare.
SCENA 12
ACHILLE:
Miserabile Menelao, mi hai privato della gioia della morte di Ettore.
La pagherai cara, ma prima darò a tutti un memorabile esempio di quale sia la
funesta ira del pelide Achille.
PENTESILEA:
Si, amore mio, esigo un bagno di sangue.
ACHILLE:
(urlando) Opliti a me!
Compare in scena un gruppo di opliti achei.
ACHILLE:
Miei fedeli, prendete la lurida carcassa di Ettore, forategli i talloni e
passate nei fori una correggia di cuoio, dopodiché attaccatela al mio carro da
battaglia.
Trascinate il cadavere di Ettore nella polvere e correte intorno a Troia per
almeno quindici volte.
Infine gettate ciò che resta della sua carcassa ai cani, che lo sbranino
cancellando anche il suo ricordo.
ANDROMACA:
(in lacrime) Miserabile, come puoi fare ciò?
Ettore ha tributato al tuo amante Patroclo i più grandi onori, fai altrettanto
con lui.
ACHILLE:
(dandole un ceffone) Taci, cagna dello sconfitto.
La funesta ira del pelide Achille non è ancora stata saziata.
Gli opliti sollevano il corpo di Ettore e lo trascinano fuori scena.
MENELAO:
(sempre a terra e con la voce rotta dal dolore) Pagherai per tutto ciò.
Gli Dei ti vedono e non potrai bearti a lungo per le tue malefatte.
ACHILLE:
Che gli Dei siano maledetti e con essi tutti i Troiani.
(urlando) Opliti a me!
Compare in scena un altro gruppo di opliti.
ACHILLE:
Miei seguaci, date sfogo alla vostra sete di sangue.
Che tutti i Troiani adulti siano passati a fil di spada!
Che le loro donne siano violate e poi uccise!
Che le loro figlie siano prese come schiave e portate nei bordelli!
Che i loro figli siano sterminati senza pietà!
MENELAO:
(sempre a terra) Agamennone te la farà pagare.
La sua parola era la parola di tutti i greci.
ACHILLE:
Soltanto la parola del pelide Achille conta.
Gli opliti escono di scena. Si odono urla e pianti in lontananza. Dietro il
telone che permette i giochi d'ombra marciano alcuni opliti, alzando tra le loro
braccia al cielo dei neonati (usare dei bambolotti).
ACHILLE:
Che i figli dei Troiani vengano calpestati!
Soprattutto i figli di Ettore!
Gli opliti gettano i neonati a terra davanti a loro poi riprendono a marciare
rumorosamente calpestandoli.
ANDROMACA:
(disperata) Maledetto!
Maledetto!
ACHILLE:
Opliti a me!
Entra in scena un altro gruppo di opliti.
ACHILLE:
Soldati, questa cagna è vostra, abusatene a vostro piacimento.
Gli opliti trascinano Andromaca fuori scena. La portano dietro al telone, dove
le strappano le vesti e la stuprano senza ritegno (giocare con le ombre per
rendere credibile la cosa). Le urla di Andromaca sono strazianti.
MENELAO:
Maledetto, ti ucciderò!
Menelao, usando la spada come se fosse un bastone, si rialza, fa qualche passo
verso Achille, ma poi crolla a terra esausto. Le sue ferite gli impediscono di
combattere.
PENTESILEA:
Povero Menelao, le tue ferite ti impediscono persino di cercare la morte
affrontando Achille.
Hai salvato dal disonore Ettore, ma nulla puoi per il tuo onore.
Gli opliti riportano la povera Andromaca in scena. La donna piange
disperatamente.
ACHILLE:
Pentesilea, cosa puoi desiderare di più?
Ettore è morto!
I figli di Ettore sono morti!
Andromaca è diventata la cagna della mia soldataglia!
Cosa puoi ancora desiderare?
PENTESILEA:
(brandendo la spada) Non tutti i figli di Ettore sono morti.
Ne rimane ancora uno!
Pentesilea si avventa su Andromaca, buttandola a terra. La regina delle amazzoni
e gli opliti circondano la vittima, impedendo al pubblico di vederla.
PENTESILEA:
Andromaca, strapperò via dal tuo ventre l'ultimo figlio di Ettore, dandogli la
morte e causando la tua.
Pentesilea si china su Andromaca, che è sempre nascosta al pubblico dagli
opliti. Si odono urla agghiaccianti. Dopodiché Pentesilea si alza, levando al
cielo un neonato (usare sempre un bambolotto).
PENTESILEA:
Crepa ultimo rimasuglio dell'eroe troiano.
Pentesilea scaraventa lontano, fuori scena, il neonato.
PENTESILEA:
Opliti fate sparire dalla mia vista il cadavere di questa cagna.
Gli opliti trascinano via il cadavere di Andromaca.
SCENA 13
ACHILLE:
Che donna eccezionale!
Che mostro di crudeltà!
Per la prima volta nella mia scellerata vita provo il desiderio di giacere con
una donna.
PENTESILEA:
Si, mio feroce eroe, prendimi, fai di me la tua amante.
Ingravidami nello stesso giorno in cui abbiamo sterminato Ettore e la sua
famiglia.
Menelao si rialza e, barcollando cerca di avvicinarsi a Pentesilea, alza la
spada per colpirla, ma Achille lo spinge via, facendo cadere nuovamente a terra.
MENELAO:
Gli Dei vi puniranno!
PENTESILEA:
Achille, uccidilo.
ACHILLE:
Non ora, dopo.
PENTESILEA:
Dopo cosa?
ACHILLE:
Dopo aver giaciuto con te.
PENTESILEA:
Si, finalmente.
ACHILLE:
Non sia mai detto che il feroce pelide Achille abbia desiderato una donna.
PENTESILEA:
Cosa intendi dire?
ACHILLE:
Desiderare una donna mi ripugna, ma tu infiammi i miei sensi.
Non sia mai detto che io abbia desiderato una donna, quindi giungerò ad un
compromesso con i miei turpi desideri.
Non sia mai detto che io abbia desiderato una donna viva.
Achille alza la spada e colpisce mortalmente Pentesilea.
PENTESILEA:
Perché?
Perché?
ACHILLE:
Perché così sarà semplicemente detto che, nella sua funesta furia, il pelide
Achille ha posseduto un cadavere e nessuno mai citerà l'episodio parlando di una
donna.
Pentesilea crolla a terra. Achille le balza addosso ed inizia ad abusare del suo
cadavere (cercare di rendere credibile la scena).
MENELAO:
Sacrilegio!
Gli Dei ci hanno abbandonato!
Compare in scena Elena, che brandisce la spada intinta nel veleno.
ELENA:
Per gli Dei, che orrore!
(disperata) Sono giunta troppo tardi.
Ho visto i cadaveri di Ettore ed Andromaca.
MENELAO:
Elena ...
ELENA:
Mio dolce sposo, questa disumana tragedia sta per giungere all'epilogo.
Elena si avvicina ad Achille, che continua, incurante di tutto, ad abusare del
cadavere di Pentesilea. Elena alza la spada e colpisce prima uno e poi l'altro
tallone del cinedo.
ELENA:
Che il veleno compia la vendetta degli Dei.
ACHILLE:
(girandosi, incapace di rialzarsi a causa delle ferite) Maledetta!
Achille crolla sul corpo di Pentesilea, privo di vita. In quell'istante compare
Agamennone accompagnato da diversi opliti.
AGAMENNONE:
Per gli Dei, che carneficina.
La rivolta è stata sedata.
Uomini, aiutate Menelao a rialzarsi.
ELENA:
Lo aiuterò io.
AGAMENNONE:
Menelao, accetti l'aiuto di questa donna?
MENELAO:
Si, che sia colei che ha finalmente posto fine alle barbarie del cinedo a
sorreggermi.
Elena aiuta Menelao a rialzarsi.
MENELAO:
Agamennone che ne sarà di noi dopo questa immane tragedia?
Non possiamo tornare in Grecia e raccontare ciò che è accaduto ai Troiani.
I nostri sudditi ci disprezzeranno.
AGAMENNONE:
(solenne) Guai ai vinti!
MENELAO:
Cosa intendi dire?
AGAMENNONE:
La storia la scrivono sempre soltanto i vincitori, ai vinti non rimane nemmeno
la possibilità di raccontare la loro versione dei fatti.
Pertanto riscriveremo la storia di questi infausti giorni in modo da farli
sembrare eroici.
I miei opliti stermineranno i superstiti che potrebbero raccontare la verità.
Rimarrà memoria soltanto di ciò che desidereremo che venga ricordato, sia che
essa sia la verità sia che essa sia la più spudorata tra le menzogne.
ELENA:
Come pensi di riuscire a far credere che questi giorni siano stati eroici?
Come pensi di far dimenticare chi fosse Achille?
AGAMENNONE:
Ne farò un eroe.
L'eroe che non è mai stato.
(ad alta voce) Opliti, andate a prendere Paride.
Gli opliti escono di scena.
MENELAO:
Paride?
A cosa ti serve quell'insulso cinedo?
AGAMENNONE:
Non possiamo divulgare la notizia che il più forte e potente tra i guerrieri
achei sia stato ucciso da una donna, pertanto diremo che Paride lo ha ucciso per
vendicare la morte del fratello Ettore.
Stiamo già riscrivendo la storia.
Gli opliti rientrano in scena trascinando Paride, che come al solito è
agghindato in vesti femminili.
AGAMENNONE:
Spogliatelo, lavategli via il trucco dalla faccia, vestitelo da guerriero ed
uccidetelo.
Direte che l'avete fatto per vendicare la morte di Achille, il più puro tra gli
eroi achei.
Gli opliti trascinano via Paride, che singhiozza rumorosamente, uscendo di
scena.
MENELAO:
Credi davvero di riuscir a far credere ai posteri che questi giorni siano stati
eroici?
AGAMENNONE:
Si!
Manderò a chiamare i più valenti poeti e gli scrittori più fantasiosi, farò
riscrivere da loro questa storia, rendendola persino una storia della quale i
nostri discendenti andranno fieri.
MENELAO:
Forse inganneremo il prossimo, ma come faremo a convivere con i nostri sensi di
colpa?
ELENA:
Dovrete!
Non avete scelta.
Nessuno dovrà mai sapere la verità.
Mentite ed imparate a convivere con il rimorso.
E se mai mi potrai perdonare lo farò anche io.
MENELAO:
Elena, non temere, ti riporterò a casa con me.
I nostri figli aspettano da sin troppi anni di rivedere loro madre.
Solo una nuova luminosa era di pace e perdono può offuscare il ricordo di questi
giorni bui.
AGAMENNONE:
Guai ai vinti!
La storia la scrivono soltanto i vincitori.