IL MASTICE MIRACOLOSO
Commedia in un atto di
Antonio Sapienza
Turi Lifo, ottobre 2012.
Commedia brillante ispirata dalla figura di Don Lollò della novella, con solo
tre personaggi, 2 maschili e uno femminile.
Personaggi:
Don Lollò, massaro;
Zi Dima, conciabrocche;
Serafina, moglie di don Lollò.
Sulla scena è stata ricostruita l’aia di una masseria: Scorcio della medesima,
un covone di fieno, qualche suppellettile adeguato. Una grossa giara, rotta a
metà troneggerà al centro della scena. In alternativa, luci solo al centro ad
illuminare la giara e gli attori che recitano vicino ad essa.
All’apertura del sipario, accompagnato da una musica agreste, entrano in scena
don Lollò e donna Serafina. Abbigliamento adeguato.
Lollò – Eccola là, la vedi? è come ti dicevo: come il mio cuore! spaccata in due
con una precisione tale da fare invidia al migliore architetto- ingegnere.-
Serafina – (portandosi le mani in faccia) Madonna del Carmine e ora come faremo?
Dove metteremo l’olio di questa annata? Che disgrazia, che disgrazia.-
Lollò – (che faceva la controscena, disperandosi e scaraventando per terra il
cappellaccio) E dove li metti anche i quattrini che ho sborsato per comprarla?
Centomila lira in contanti l’ho pagata! Fatica e sudore di sangue m’è costata. E
ora eccola là, animaledda; eccola là, spaccata in due, che dalla ferita pare che
coli anche il sangue… guarda, guarda… (tocca lo spacco con le dita e mostra alla
moglie l’umidore)-
Serafina – (guardando attentamente) No, non è sangue, sono lacrime, vere lacrime
di dispiacere. Vedi? sono chiare… sembra…sembra…trasuda poveretta.-
Lolò - …trasuda, trasuda, ma per me fa lo stesso: E’ sangue del mio sangue.-
Serafina – Ma sei sicuro che fosse sana quando te la consegnarono?-
Lollò – Sana, sanissima, suonava come una campana.-
Serafina – E sei sicuro che non sia stato qualcuno dei braccianti? Sai quelli
sono strafottenti, non guardano dove mettono i piedi, in una parola sono
zaurdi!-
Lollò – In un primo momento l’ho pensato anch’io, ma poi i fatti sono fatti: Era
messa nel palmento, al sicuro, sotto chiave.-
Serafina – E non potrebbero essere stati quei tre sfaticati della ciurma che
magari si erano imboscati nel palmento per non faticare?-
Lolò – Ho pensato anche a questa ipotesi, ma l’ho scartata: Da dove entravano?
Era chiuso a chiave.-
Serafina- E la chiave l’hai tenuta sempre tu?-
Lolò – Sempre!-
Serafina – E ora che si fa?-
Lolò – M’hanno detto che c’è un conciabrocche, un certo zi’ Dima, che, mi hanno
assicurato, è un vero mastro. L’ho mandato a chiamare. Vediamo cosa si potrà
fare per non perderla del tutto.-
Serafina – Speriamo bene…-
Lollò – Non ci resta che la speranza. Demonio ladro! Miseria infame! Destino
amaro! (disperandosi e strappandosi i capelli)-
Serafina – E va bene, marito mio, non ti disperare, forse questo conciabrocche
ce la riporta di nuovo sana e bella. Calmati ora, su…-
Lollò- Mi calmo? E come mi calmo? Come, come… Ah, eccolo che arriva. Venite
avanti voi!-
Entra zi Dima. E’ un vecchietto arzillo, un po’ gobbo, che si muove a scatti,
come le galline, porta a tracolla una cesta con gli attrezzi del mestiere.
Dima – Sabbenedica don Lollò, Donna Serafina…(fa un inchino impacciato)-
Lollò – Salute a voi. Dunque andiamo al sodo: Siete capace di conciare questa
magnifica giara?-
Dima – (sbircia la giara) Sono capace.-
Lollò – E siete capace di renderla salda per le sue mansioni?-
Dima – Sono capace.-
Lollò – E siete capace…-
Dima – E sono capace, ceerto che sono capace, ho capito! ed ora finiamola con
questa tiritera e fatemi vedere bene le condizioni di questa giara.-
Lollò – Sono io che comando e che faccio le domande, messer coso - tanto per
intenderci. Allora eccola là, bella, forte e… ferita a morte.-
Dima – Fatemi vedere… (guarda attentamente le due parti della giara, passa le
mani nello spacco, poi sentenzia) Si può fare!-
Lollò – E mettetevi all’opera, dunque. Fateci vedere cosa sapete fare. Dicono
anche che avete un certo mastice…-
Dima- …non un certo mastice, ma un signor mastice, una rarità, una mia
invenzione… è un mastice…-
Serafina - … un mastice miracoloso? Suvvia, non vantatevi troppo. Sappiate che
chi si loda s’imbroda.-
Dima- (pazientemente) Ora anche i proverbi spuntano fuori. Ma parleranno i
fatti. All’opera dunque.-
Lollò- Un momento. Voglio sapere prima quanto mi costa. Ah, ci voglio anche i
punti, beninteso.-
Dima- (dandosi una manata in fronte) Morti subbitania! Ci risiamo! Vuole anche i
punti! I maledetti punti! Nessuno che abbia fiducia in me e nel mio mastice…-
Serafina- … miracoloso.-
Dima- Miracoloso, sissignore. Allora, don Lollò, facciamo così: Io ve la concio
col solo mastice, e se non sarete soddisfatto, ci metto anche i punti.-
Serafina- Questo si chiama ragionare.-
Lollò- Questo si chiama rischiare. Rischiare i miei soldoni e la giara. Breve:
Voglio anche i punti!-
Dima- Come volete voi. Siete padronissimo…-
Lollò- L’avete detto! Allora quanto mi costerebbe?-
Dima- Solo col mastice…-
Lollò – E dalle! Ho detto anche i punti!-
Dima – Allora…Diciamo…diecimila.-
Lollò- Lire?-
Dima – No farfalle.-
Serafina – Che spiritoso.-
Lollò- State al vostro posto, conciacocci e al lavoro che la giornata passa.-
Dima, come rassegnato, posa la cesta per terra, apre un involto e con la massina
delicatezza, come se compisse un rito, trae un vecchio paio di occhiali tenuti
insieme col nastro isolante e con lo spago, li inforca; e come un chirurgo che
esamina una ferita, egli controlla lo stato della giara, toccandola dolcemente
con le mani. Sullo spacco si attarda a palpeggiarlo, lo annusa, lo guarda in
prospettiva, poi, finalmente, prende da un altro involto il mastice, guarda di
sottecchi don Lollò, prima; poi anche sua moglie, quindi gingillandosi col
tubetto, toglie il tappo, lo annusa, poi lo offre all’olfatto dei due che
sdegnati rifiutano. Ancora pazientemente e religiosamente mette il mastice nel
dito indice della mano sinistra e lo passa sullo spacco, con delicatezza, quasi
con amore. Poi ci soffia sopra come se volesse effondergli la vita; infine si
mette dentro il coccio più grande. Tutta la scena sarà sottolineata dalla
controscena degli altri attori e da una musica adatta.
Dima – Don Lollò, non vi serva per comando, ma datemi una mano a mettere insieme
di due cocci.-
Lollò – Cosa dovrei fare? (è riluttante)-
Dima – Niente di particolare, aiutatemi solamente a congiungere le due parti. Io
da dentro, voi da fuori. (segue scena dell’incollamento delle due parti della
giara) Ora sù spingete forte, più forte. Tenete duro! Ecco, così…fatto! ( soffia
in tutta la connessura, la liscia con la mano, fin dove arriva, quindi sorride
soddisfatto, poi dà dei colpetti alla giara) Suona come una campana. (Lollò fa
finta di non sentire) Ho detto come una campana! (Lollò idem, Dima rassegnato)
Donna Serafina, per cortesia, passatemi quel filo di ferro e la pinza che sono
nella mia cesta...e anche la lesina…già, la lesina, per sfigurare questo
capolavoro.-
Lollò – Ma statevi zitto e lavorate! -
Dima -Lavoro, lavoro…(sbuffando si rannicchia nella giara)-
Dima con la testa e le braccia fuori dalla giara, fa con la lesina dei piccoli
fori alla giara, spezza dei pezzettini di fil di ferro, li passa nei fori e
stringe. Musica adatta per un minuto.
Dima - Ecco fatto. Misfattu compiutatiu est. Ora aiutatemi ad uscire da qui.-
Lollò – Già fatto? Tiene bene? Siete sicuro signor coso?-
Dima- Sono sicuro. Allora, mi aiutate o no?-
Lollò – E che prescia. (palpeggiando la giara, per accertarsi del lavoro fatto
da Dima, poi conta i punti che questi ha dato. Infine si decide e gli porge una
mano per aiutarlo ad uscire) V’aiuto, v’aiuto.-
Ma per quanti sforzi possono fare, lui e Dima, questi non riesce ad uscire dalla
giara. Serafina scoppia a ridere, Lollò resta basito. Dima è incredulo. A
discrezione della regia si possono fare anche comici tentativi di uscita con i
piedi ecc.
Lollò – Non esce, non esce. Dannazione non esce. Perché non esce?-
Dima – E che ne so io! Certo non sono ingrassato in pochi minuti.-
Lollò- Non fate lo spiritoso. E ora che si fa?-
Serafina – Già che si fa?-
Dima – Semplice: riproviamo di nuovo, magari con l’altra spalla, e se non va
neanche così, vuol dire che romperete la giara e mi farete uscire da qui.-
Lollò- Rompere la giara? Mai! (intanto procedono al tentativo)-
Dima- E io che fa, rimango qua?-
Lollò – E cosa ci posso fare io se voi siete uno sventato rimbambito! Vuol dire
che restare lì. Intanto, ecco, vi dò le diecimila lire (getta la moneta nella
giara) così ho saldato il conto e arrivederci.-
Serafina – (piano) Lollò, questo è sequestro di persona…-
Lollò – E che l’ho sequestrato io? S’è chiuso da solo! (poi a Dima) Anzi mi
dovrebbe pagare l’affitto, perché la giara è mia!-
Dima – Pure? Salute a voi. Io mi ritiro. (si rannicchia nella giara) E buona
notte a tutti.-
Serafina – Ma è illogico. Bisogna fare qualcosa…-
Lollò – (a bassa voce) Lasciamolo li. Intanto mi consulto con l’avvocato. (poi
ad alta voce) Io non mi faccio minchionare da nessuno, figuriamoci da questo
balordo di conciacocci. Vado a telefonare all’avvocato - io. Tu intanto dagli da
mangiare, come d’uso, e così siamo a posto. (si attarda per vedere la reazione
di Dima, che non arriva)-
Serafina esce e rientra poco dopo con un cesto di cibarie. Lollò va a
telefonare.
Lollò – (allusivo) Allora vado. Ho detto vado…(nessuna risposta da Dima) Beh,
l’avete voluto voi. Vado!-
Dima – ( da dentro) Acqua davanti e vento di dietro. ( Lollò, furioso esce)-
Serafina – Zì Dima, non lo provocate, per favore. Ditemi, volete mangiare
qualcosa?-
Dima – Non ho fame. Fatemi solo uscire da qui.-
Serafina – Stiamo provvedendo, intanto assaggiate questo vinello, è produzione
nostra. Suvvia, non fate il superbo, accettate.-
Dima – (riapparendo dal collo della giara) Per farvi piacere, solo un sorso
(prende il bicchiere e se lo scola tutto).-
Serafina – Alla faccia del goccio. Tenete, metteteci sopra qualcosa da mangiare.
(offre del pane e del formaggio)-
Dima- (Prendendolo e scomparendo nella giara) Grazie, lo mangio con calma nel
mio nuovo alloggio, se non vi dispiace. -
Serafina- Fate con calma…(si aggira per l’aia, musica adatta).
Lollò - (rientrando e bussando alla giara) Siete ancora lì, furfante?-
Dima – (Riemergendo) E dove volete che sia? Qui si sta bene come al Bristol,
abitazione di lusso, aria condizionata, e servizio in camera. Qua sono, don
Lollò; qua sto, e non mi muovo!-
Lollo- (conciliante) Sentite messere, secondo voi, quanto può valere la mia
giara riparata dalla vostra preziosa perizia artigianale?-
Dima – Solo col mastice o coi punti?-
Lollò – Fate voi.-
Dima – Solo col mastice, diciamo che poteva valere anche…vediamo…(fa conteggi
con le dita sulle labbra) ehmmm, ecco…diciamo dai settanta agli ottantamila
lire. Ma con i punti (schifato) non vale nemmeno la metà.-
Lollò – E quanto sarebbe, infine?-
Dima – Diciamo quarantamila lire scarsi.-
Lollò- (riflettendoci) E va bene. Datemi quarantamila lire, io rompo la giara e
voi uscirete da lì.-
Dima – (facendo segno con la mano come per dire: ma siete scemo) Io darvi
quarantamila lire per uscire? Ma siete in sensi don Lollò Zimarra?-
Lollò – Zirafa, prego.-
Dima – Zirafa, o Zimarra sempre folle siete. Quarantamila lire, ma guarda che
cose…-
Lollò- L’avete valutato voi stesso. Quindi, siccome avete fatto il danno col
vostro stolido comportamento, adesso pagate, io rompo la giara e voi andate via
e…amici come prima.-
Dima- (segnandosi) Padre, Figlio e Spirito Santo, guarda che cosa debbo sentire.
Me lo disse mia moglie: Oggi è giornata di scirocco pesante, attento a quello
che fai Dima. E attento a quello che ti fanno gli altri, aggiungo io.( con
enfasi) Don Lollò, io sono qua e ci resto. E ci resterò fintanto voi non mi
farete uscite…sano e salvo…sennò mi chiamo i danni fisici e morali, e voi
pagherete. Fatevelo dire dal vostro signor avvocato. ( si ricala)-
Lollò – Ah, bene, siete anche sfottente? Benissimo. Vi ho pagato, avete
mangiato, buona notte e ci vedremo quando vi deciderete ad uscire dalla mia
giara. (sta per uscire, ma vede un filino di fumo uscire dalla giara. Allarmato
ritorna sui suoi passi)-
Lollò – Serafina guarda, c’è del fumo (indica il collo della giara) Non è che
quello sciagurato sta arrostendo là dentro?
Serafina – (Guardando a sua volta) Mih, vero è!-
Lollò – Voi la dentro, cosa succede, cosa state combinando?-
Dima – (riemergendo e mostrando una pipa fumante) Niente, niente, inganno il
tempo con una fumatina. Volete fare una tirata?-
Lollò – Ve la do io la tirata! Vecchio balordo! E’ già sera, io me ne vado a
letto, voi avete tutta la notte per pensare, per riflettere e prendere la
decisione più giusta: ovvero pagare e uscire. Santa notte vecchio stolido! E tu
Serafina vieni dentro, a casa!-
Dima –Cogito ergo summo - qua! Buona notte anche a voi. (intanto che Lollò si
allontana) Ma attento ai sogni, possono arrivare gli incubi: posso venire a
grattarvi i piedi, travestito da vostra coscienza.-
Serafina – ( che aveva ascoltato attentamente) Vengo, vengo, finisco di dargli
da mangiare e vengo. ( poi rivolto a Dima) Zì Dima, o zi’ Dima, e che volete
restare veramente costì? Avanti và, affacciatevi e parliamo da persone serie.-
Dima – ( affacciandosi) Donna Serafina, ma vi pare saggio quello che dice vostro
marito?-
Serafina – E cosa volete che vi dica? Certo spendere centomila lire per una
bella giara e vedersela prima rotta in due, poi con un conciabrocche nella
pancia, non è che sia una bella cosa, no?-
Dima –E ci dice il contrario. Ma io che c’entro? Certo lo ammetto è una bella
situazione assai stramba.-
Serafina – Ma come è potuto succedere? Voi con la vostra esperienza…-
Dima – Cosa c’entra l’esperienza? Io nelle giare ci entro e ci esco da
quarantanni. E’ in questa benedetta giara vostra che non riesco ad uscire.-
Serafina – E come mai? Non hanno tutte le stesse misure di collo?-
Dima – Così doveva essere e così credevo anch’io. Ma trattandosi di robba di don
Lollò, no!
Serafina – Beh, effettivamente mio marito ha un caratteraccio, lo ammetto, ma di
cose storte gliene succedono a iosa, poveretto.-
Dima – Donna Serafina e che? Mi volete forse far commuovere? Io sono un
lavoratore, dove li prendo quarantamila lire per darle a vostro marito per farmi
uscire? Ergo resto qui!-
Serafina- Come volete. Avete mangiato il pane col formaggio?-
Dima – L’ho mangiato, grazie tante.-
Serafina- Volete un altro po’ di vino? (gli offre il bicchiere colmo)-
Dima – Accetto. (prende il bicchiere) Alla vostra salute donna Serafina. (beve
d’un fiato). Ahhh. Buono questo vostro vino. Ma bevete anche voi, fatemi
compagnia.-
Serafina- Solo un sorsetto. (si riempie il bicchiere e beve)-
Dima – Non avreste con voi due olivuzze nere, per caso?-
Serafina – E come no. Eccole qua, vi do anche un altro po’ di pane. (esegue)-
Dima – Grazie, grazie assai…ma assaggiate anche voi.-
Serafina – (Mangiando qualche oliva col pane) Bella notte di luna, vero zi
Dima?-
Dima – Bella notte… notte magica. Mi ricordo che una volta, durante una notte
simile, con questo magico chiaro di luna, nell’aia d’o zu’ Pippinu Macca, dopo
una mangiata di fave e una bevuta di vino di quello buono, con tutta la ciurma
restammo l’intera notte a cantare e a ballare. Io allora cantavo piuttosto bene.
Un altro bicchiere, bella signora, grazie.-
Serafina – (eseguendo) Me lo prendo anch’io (riempie il suo e beve) Zi Dima,
perché non cantate anche stanotte?-
Dima – Eh, ormai sono vecchio e gracchio anzicchè cantare.-
Serafina – (su di giri per il vino) E voi provateci.-
Dima – Manca l’accompagnamento. Quella volta c’era una chitarra e un
marranzanu…-
Serafina – Lo scaccia pensieri ce l’ho. Cantate, io v’accompagno.-
Dima – (Schiarendosi la voce) Vitti na crozza supra a nu cannuni…-
Canta tutta la canzone con voce stridula, ma per Serafina, mezza ubriaca, sembra
melodiosa. Anzi, attacca a cantare anche lei. Il marranzano si sentirà in scena
per tutta la durata del canto.
Due, tre minuti e entrerà n scena don Lollò furioso.
Lollò – Ma che succede qui? Cantate? Mentre io piango lacrime di sangue? Tò
prendi manigoldo e farabutto! (da un calcio alla giara che si rompe)-
Dima – (sorpreso, poi sveltamente uscendo dalla giara) Sono libero! Libero, e me
ne fuio! ( prende al volo il cesto, ed esce di scena saltellando).
Mentre Serafina guarda a bocca aperta l’improvvisa scena, poi ride da ubriaca,
mentre Lollò, sorpreso anche lui dai risultati della sua ira, riprendendosi, si
porta le mani ai capelli. Intanto il sipario, lentamente si chiude.