Malagueña

di

Roberta Skerl


PERSONAGGI

Due uomini e una donna, amici di vecchia data, fin dai tempi del liceo. Oggi tutti e tre intorno ai 50 anni.

FILIPPO: Un bell’uomo, affascinante. Fa il medico.
GIOVANNI: Un buono, il più fragile dei tre. E’ un fiscalista.
NINNI (ANNA): Una donna forte. E’ proprietaria di un negozio di biancheria intima.


SCENA
Il soggiorno dell’appartamento di Filippo: un ambiente accogliente e piuttosto raffinato, con una cucina a vista, una porta d’ingresso e una sul fondo che conduce alle altre stanze.


Il sipario si apre sulle note della canzone Malagueña. Filippo apparecchia la tavola per tre, mentre sul fuoco cuoce la cena. E’ calmo, pacato, e predispone tutto con grande cura. Dopo poco suonano alla porta e va ad aprire. All’ingresso c’è’ Giovanni, che parla ancora prima di entrare.

GIOVANNI: Odio le mie figlie. Le odio e le voglio vendere.

FILIPPO: (Ironico) Ti trovo bene.

GIOVANNI: Avevo bisogno di dirlo. (Abbraccia Filippo) Bentornato.

FILIPPO: (Tornando a occuparsi della cena) Che è successo alle ragazze?

GIOVANNI: A loro niente. Siamo e io e Cristina che siamo a pezzi. Ci stanno mangiando vivi, giorno dopo giorno. Un’agonia atroce.

FILIPPO: Settimana nera?

GIOVANNI: Beatrice si è rotta un braccio, Giulia ha tentato di annegarsi nel bidè perché nessuno la capisce e Carlotta è morta perché ieri ha perso il telefonino e io l’ho uccisa.

FILIPPO: Cristina come sta?

GIOVANNI: Come vuoi che stia, poveretta? Lei le ha anche partorite. Stamattina l’ho trovata seduta sul water che piangeva e chiedeva “perché?”.

FILIPPO: Le serve una vacanza. Dovete prendervi qualche giorno e andare via, tu e lei da soli.

GIOVANNI: Non posso, sono sommerso di lavoro. Non è vero che in questo paese nessuno paga le tasse. Le pagano tutti e tutti nel mio studio.

FILIPPO: Se vuoi le tengo io le ragazze.

GIOVANNI: Non te lo farei mai, ti voglio troppo bene. Menomale che hai chiamato, però. Queste cenette fra noi tre sono la mia ancora di salvezza. E tu, com’è andato il convegno?

FILIPPO: Noioso, come tutti i convegni dei medici. Ore e ore a parlare di calcoli biliari.

GIOVANNI: Parigi era bello, però.

FILIPPO: E chi l’ha vista? Ho capito che ero in Francia solo perché il taxista per portarmi dall’aeroporto all’albergo mi ha chiesto (Esasperando la pronuncia francese) «cinquante euros».

GIOVANNI: Ti ho chiamato, ma non rispondevi.

FILIPPO: (Evasivo) …Sì.

GIOVANNI: Ti ho mandato anche dei messaggi.

FILIPPO: Sì, li ho visti.

GIOVANNI: (Preoccupato) Va tutto bene?

FILIPPO: Volevo stare un po’ solo.

GIOVANNI: …Problemi in ospedale?

FILIPPO: No.

GIOVANNI: …Allo studio?

FILIPPO: No.

GIOVANNI: …Qui a casa?

FILIPPO: No.

GIOVANNI: …La biondona?

FILIPPO: Giovanni!

GIOVANNI: Che ne so! Tu non parli. Non era mai successo che non rispondessi alle mie telefonate.

FILIPPO: (Ironico) Scusami, amore.

GIOVANNI: E neanche ai messaggini.

FILIPPO: I messaggini…Passerotto…Non lo faccio più.

GIOVANNI: Non devi lasciarmi solo in un momento così difficile.

FILIPPO: E’ un momento difficile?

GIOVANNI: Tanto.

FILIPPO: Che succede?

GIOVANNI: Ma niente…

FILIPPO: (Esortandolo a parlare) Passerotto…

GIOVANNI: Ma non lo so…E’ la mia vita…Fa’ acqua da tutte le parti.
FILIPPO: Boom!

GIOVANNI: Mi sono perso, Filippo.

FILIPPO: Prova a telefonarti.

GIOVANNI: L’ho fatto e non mi rispondo. E’ questo il problema. Io non ci sono più e non so dove sono andato. Certe volte mi viene da piangere. Ho tutto: una bella moglie, tre belle figlie…da uccidere ma belle. Ho una bella casa, un bel lavoro, una bella barca, un bel guardaroba, un bellissimo conto in banca. E allora che cazzo vuoi? Mi chiedo.

FILIPPO: E fai bene.

GIOVANNI: Lo so! Ti dico che me lo chiedo da solo! Eppure non sono contento. E’ finita, capisci? Mi sembra che la mia vita sia finita. Ogni tanto mi guardo intorno e mi dico: «Quindi, allora, adesso?». Guarda che è veramente brutto. (Guardando Filippo, concentrato sulla preparazione della cena) No, ma non prestarmi tutta questa attenzione.

FILIPPO: Sono attento! Ti ascolto. E’ che non so cosa dire, se non che capita a tutti. E’ questo il nocciolo della vita. Uno fa, disfa, briga e poi a un certo punto si guarda intorno e si chiede: «Quindi, allora, tutto qui?».

GIOVANNI: Perciò è tutto normale? Ah se è così mi sento molto meglio.

FILIPPO: Ma cosa vuoi che ti dica?

GIOVANNI: Ma non lo so! Dicono tutti che sei tanto intelligente, almeno sforzati. Fai finta. Dimmi una massima che resti impressa nella storia, qualcosa che m’illumini.

FILIPPO: (Porgendogli un mestolo) Assaggia il brodo.

GIOVANNI: Ecco, questa sì che è una massima che resta nella storia: assaggia il brodo. (Lo assaggia) Manca di sale.

FILIPPO: Giovanni, te l’ho detto mille volte. Tu sei solo stanco. Hai corso come un pazzo per avere tutte quelle belle cose che hai e adesso sei stanco. Ti devi fermare un momento, rallentare, respirare. Quanto tempo è che non leggi un libro?

GIOVANNI: Ho finito ieri sera Aliquote Irpef. Fiscalità e fiscalismo.

FILIPPO: Ho detto un libro.

GIOVANNI: Anni.



FILIPPO: Da quanto tempo non esci una sera con tua moglie, non fai una passeggiata, non vai a farti un giro in barca? Sei l’unico deficiente al mondo che s’è comprato la barca e la tiene in garage. Nemmeno in rimessa, in garage. Riposati.

GIOVANNI: Vedi che sei intelligente. Mi dici sempre le cose giuste.

FILIPPO: Certo! …Sono stronzate, ma ti fanno bene.

GIOVANNI: E’ vero. Io mi sento subito meglio. Dammi un bacio…

FILIPPO: Passerotto…

Giovanni tenta di abbracciarlo mentre Filippo si divincola, ridendo.

GIOVANNI: Un bacino…

FILIPPO: Ma vattene!

GIOVANNI: (Guardando l’orologio) Ma Ninni, che fine ha fatto?

FILIPPO: Chiude il negozio e arriva.

GIOVANNI: L’hai già vista?

FILIPPO: No, l’ho sentita per telefono.

GIOVANNI: Non ce la fa più, sta per crollare.

FILIPPO: Lo so, ma io non so più come dirglielo. Deve placarsi. La situazione può solo peggiorare e se lei spreca tutte le energie adesso non ne avrà più quando le serviranno davvero.

GIOVANNI: Che deve fare? Non è semplice.

FILIPPO: Deve prendere le distanze. Mettersi in testa che sua madre non è più sua madre, è diventata un’altra persona. Ninni ci vuole ragionare, discutere. Ma non discuti con l’Alzheimer, non ragioni.

GIOVANNI: (Pensieroso) C’è qualcosa che uno può fare per capire se è predisposto? Voglio dire, esiste qualche esame, un test, qualcosa che segnala la predisposizione all’Alzheimer?

FILIPPO: E a te che te ne frega? Ce l’hai già.

GIOVANNI: Sono sicuro che le mie figlie non avranno nessuna pietà. Mi gioco quello che vuoi che mi fanno rinchiudere al primo accenno d’amnesia.

FILIPPO: Ma smettila.

GIOVANNI: Che angoscia…Cristina non sarà più con me e io resterò solo con quelle tre e l’Alzheimer.

FILIPPO: Perché non dovrebbe essere più con te Cristina?

GIOVANNI: Perché se non è pazza mi lascerà. Non credo di avere mai deluso nessuno nella mia vita come ho deluso mia moglie. Le avevo promesso una vita piena di gioie, di sorprese, di scintille. Invece lavoro quattordici ore al giorno e quando torno a casa guardo la Champions Ligue.

FILIPPO: Lo vedi che ce l’hai già l’Alzheimer.

GIOVANNI: Per tirarmi su mi sono comprato una parabola da 5000 euro. Vedo tutto, anche la TV dell’Uzbekistan. Interessantissima.

FILIPPO: Decisamente, ti serve un vacanza.

GIOVANNI: A dire il vero, un progetto ce l’ho. L’estate prossima io e Cristina festeggiamo venticinque anni di matrimonio.

FILIPPO: Venticinque?!

GIOVANNI: E per quell’occasione, cascasse il mondo, quindici giorni non ce li toglie nessuno. Voglio fare una crociera miliardaria, faraonica. Voglio la cabina extra-lusso, il cameriere che arriva appena starnutisci, i massaggi della beauty-farm, il cocktail servito sul ponte. Voglio girare tutto il giorno con le infradito e le bermuda a fiori mentre mia moglie mi guarda e pensa che gran figo s’è sposata!

FILIPPO: (Sorridendo) Chiama Ninni, vedi a che punto è?

GIOVANNI: (Chiama Ninni con il cellulare, intanto continua il suo pensiero sulla crociera) Ce la farò. Sono sicuro che ce la farò. E allora sarà il mio riscatto, il giorno del mio trionfo! (Al cellulare) Ninni, dove sei?

Giovanni apre la porta d’ingresso e c’è Ninni, che entra furiosa e si dirige al telefono fisso senza guardare nessuno.

NINNI: Mi si è scaricato il cellulare. Devo chiamare un attimo mio fratello. (Compone il numero istericamente) …Giorgio, sono io. Ho sistemato tutto ma devi farmi un favore: chiedi con precisione alla mamma di che legno vuole la cassa, perché domani mattina vado a ordinarla e ce la inchiodo dentro con le mie mani! (Riaggancia, tira un profondo respiro per calmarsi e poi si rivolge agli altri con naturalezza) Come va?


FILIPPO: Giovanni va in crociera con le infradito e le bermuda a fiori.

GIOVANNI: Per il venticinquesimo di matrimonio.

FILIPPO: Non ti è venuto in mente niente di meglio?

GIOVANNI: Io sto benissimo col fiorato.

NINNI: Non possono essere venticinque anni che tu e Cristina siete sposati.

GIOVANNI: Tondi tondi.

NINNI: Se fosse così io ne avrei cinquantuno e questo è fuori discussione.

GIOVANNI: Invece li hai.

NINNI: Filippo, quanti ho io?

FILIPPO: Ventidue.

NINNI: (A Giovanni) Visto?

FILIPPO: In onore del mio soggiorno parigino vi ho fatto una bouillabaisse.

GIOVANNI: Che cavolo è?

FILIPPO: Non ne ho la più pallida idea.

NINNI: (Sognante) Parigi…L’ultima volta che ci sono stata c’era ancora Napoleone. Ormai vivo fuori dal mondo. Non so più niente, non vedo più nessuno. Passo le giornate a rimediare ai danni di mia madre e sono sfinita. (A Filippo) Lo so. Lo so cosa pensi, ma non ci riesco. Non sono capace di fregarmene.

FILIPPO: Non ti ho mai detto di fregartene.

NINNI: Di essere indifferente.

FILIPPO: Non ti ho mai detto neanche di essere indifferente.

NINNI: Be’ qualcosa devi avermela detta, sennò perché stiamo discutendo?

FILIPPO: Ti ho detto che devi assumere un atteggiamento diverso, più distaccato. Se ti fai travolgere finirai per soccombere. L’Alzheimer è micidiale. Chiedilo a Giovanni.

NINNI: Facile dirlo, ma tu fai il medico e io la figlia. Mi fa male vederla così…mi spezza il cuore.

GIOVANNI: E’ tanto brutta la situazione?

NINNI: Ormai è completamente andata. Chiama Franca mia sorella Virginia, ha quasi ucciso il cane di mia cognata perché pensava fosse un topo e stamattina voleva a tutti i costi pagare il condominio con i buoni sconto per l’ammorbidente.

FILIPPO: Non era mica una cattiva idea.

NINNI: E’ un disastro e io non so come fare. Da sola non può più stare. Che la prenda qualcuno di noi è impossibile; lavoriamo tutti, chi li guarda? Per ricoverarla ci hanno chiesto 1900 euro al mese. Ma ti rendi conto? E’ una follia. Per ora facciamo i turni ma non so quanto potremo resistere.

GIOVANNI: Prendere qualcuno che stia a casa con lei?

NINNI: E’ uguale. Deve essere seguita ventiquattro ore su ventiquattro ed è una cifra insostenibile per noi. Non ce l’abbiamo.

GIOVANNI: Io ti posso aiutare se vuoi, lo sai.

NINNI: Non se ne parla nemmeno.

FILIPPO: Invece dovresti accettare. Sennò perché li ha fatti tutti i soldi che ha?

GIOVANNI: E’ vero. E poi non voglio lasciarli a quelle piovre delle mie figlie. Faccio di tutto per fargli capire il valore del denaro. Spiego, parlo, ragiono. Gli ho tappezzato le stanze con i poster dei bambini africani, ma non c’è niente da fare. Giulia, poi, è la peggiore. Tra un tentativo e l’altro di suicidio è in grado di aprire voragini da Parmalat.

NINNI: I ragazzi di oggi sono tutti così. Mio nipote non saluta più la madre perché non è firmata Calvin Klein.

GIOVANNI: Comunque se vuoi, io sono qui.

NINNI: Sei un angelo.

FILIPPO: (Alza il bicchiere per brindare) A Parigi.

GIOVANNI: Alle bermuda a fiori.

NINNI: All’Alzheimer.

Buio

Stanno cenando. Ninni e Giovanni si sono inoltrati in una discussione animata. Filippo finge di partecipare ma la sua testa è altrove, carica di pensieri.

GIOVANNI: (A Ninni) Senti, io so solo che mia figlia è convinta che Platone sia uno che gioca nella Roma. I ragazzi di oggi non sanno niente!

NINNI: Come fanno a sapere? Chi glielo insegna? La scuola non c’è più, la società li bombarda di scemenze, i genitori latitano dalla mattina alla sera.

GIOVANNI: Questa è una cosa che mi manda in bestia. Io non latito, per Dio! Io lavoro! Sto chiuso in quel cazzo di studio quattordici ore al giorno, sabato compreso. I genitori lavorano, amore. Per questo non sono a casa. Non sono in giro a fare shopping. Ma veramente vogliamo ancora credere che la colpa è dei genitori? Le mie figlie sono stronze perché sono nate così, è chiaro?!

FILIPPO: Come vuoi che siano le figlie di uno che spende 5.000 euro per vedere la TV del Guatemala?

GIOVANNI: Cosa c’entra la parabola?!

NINNI: E comunque secondo me esageri. Ieri Carlotta è venuta in negozio a comprarsi un completino e a me è sembrata non solo dolcissima ma anche particolarmente sveglia.

GIOVANNI: (Preoccupato) Che completino è venuta a comprarsi Carlotta?

Ninni ha fatto una gaffe e cerca di rimediare

NINNI: Nessuno.

GIOVANNI: Che completino, Ninni?

NINNI: Un completino.

GIOVANNI: Che completino s’è comprata mia figlia?!

NINNI: Ho un negozio di biancheria intima, che completino vuoi che si sia comprata?

GIOVANNI: Ma Carlotta ha tredici anni. Non puoi vendere completi intimi alle minorenni!

NINNI: Non è mica alcool. Sono mutande.

GIOVANNI: (A Filippo, terrorizzato) Se lo ha comprato vuol dire che se lo mette.

NINNI: Sì, Giovanni, direi di sì.

GIOVANNI: Ma non ha nemmeno le tette!

NINNI: Le tette te le fai.

GIOVANNI: Come sarebbe?

NINNI: Le imbottisci con il cotone.

GIOVANNI: Non glielo avrai suggerito?

NINNI: C’era arrivata da sola.

GIOVANNI: Ma non è possibile che s’imbottisca le tette!

NINNI: Lo fanno tutte le adolescenti.

GIOVANNI: Ma è da ricovero! E’ una cosa di una tristezza infinita! Guarda che questa fissazione delle tette che avete voi donne è da analisi.

NINNI: Noi abbiamo la fissazione delle tette?! Voi avete la fissazione delle tette! Considerate una sottospecie qualsiasi donna che non raggiunga la sesta.

GIOVANNI: Io non ho mai avuto la fissazione delle tette.

NINNI: Ma se ti sei sposato un caterpillar.

GIOVANNI: Le tette a Cristina sono venute con la maternità.

NINNI: Le aveva anche quando andavamo al liceo. A pallavolo le usava per fare le schiacciate.

GIOVANNI: In ogni caso, tu i completini a mia figlia non glieli vendi.

NINNI: La fissazione per le tette è vostra, tesoro. Non importa di chi siano, come siano, che faccia abbia la donna che le porta, che testa, che anima, non importa niente. Davanti alle tette crollate come Bernadette di fronte alla Madonna.

GIOVANNI: (Con la testa tra le mani) Dio mio, non ci posso pensare. Carlotta con le tette di cotone…Già c’è quell’altra che s’è messa con quel minorato mentale…

NINNI: (Ridendo) Il rasta?

GIOVANNI: Puzzolente, lurido... Con i pantaloni sotto le chiappe, che mi cammina per il soggiorno e mi dice (Imitando la parlata scimmiesca del ragazzo della figlia) …”Seeera…Bonaseera…” Guarda, veramente, quando penso che quell’animale tocca mia figlia, che le mette la mani addosso, le ficca quella linguaccia schifosa in bocca…mi viene voglia di ammazzarlo a martellate.

NINNI: (Ridendo) Pensa che se la sarà già portata a letto.

GIOVANNI: (Urla) Nooo! Non lo voglio sapere!!!

NINNI: Ma Beatrice non stava con il musicista?

GIOVANNI: Giovedì scorso, tesoro! Ormai è sabato. C’è stata insieme ben 48 ore! Adesso c’è il rasta. Che poi ha due genitori assolutamente normali. Io li ho visti. Due personcine a modo, carine, educate…con questi sguardi sgomenti di fronte alla tragedia che gli è capitata, al destino feroce che li ha puniti senza nessuna ragione! Li ha condannati a questo mostro che gli gira per casa, coi pantaloni sotto le mutande e dice “…sera…buonasera…”

Filippo li interrompe improvvisamente.

FILIPPO: Sono andato a Parigi perché sto morendo…Mi è venuto il cancro e sono andato a vedere un medico.

Silenzio

GIOVANNI: (Scioccato)…Che cosa dici?

FILIPPO: …Non era così che volevo dirvelo…mi dispiace. Mi ero preparato tutto un discorso…Non c’era nessun convegno a Parigi. Ci sono andato per farmi vedere da un cervellone, e mi ha confermato quello che hanno detto tutti gli altri…Non c’è niente da fare…

NINNI: …Non è vero, Filippo.

FILIPPO: Sì. Purtroppo sì, tesoro. (Pausa) Mi dispiace, credevo fosse molto più semplice.

NINNI: …Da quanto lo sai?

FILIPPO: Da un po’.

GIOVANNI: Ma com’è possibile?…Come…

FILIPPO: …E’ successo tutto così, all’improvviso. Non stavo bene, c’era qualcosa che non andava ma non gli ho dato peso…Ero stanco e pensavo che fosse quello. Stavo lavorando tanto, troppo. Poi ho visto del sangue nelle feci… (Sorride) Già, perché oltretutto, e questa è la cosa che mi fa più incazzare, ha cominciato dall’ano…Mi è venuto un cancro all’ano e io, non so, ci trovo qualcosa di significativo. Ho cominciato a fare tutto quello che si fa in questi casi: visite, esami, consulti. Ma qualcosa è andato storto e, non si sa come, si è sviluppato con una velocità fuori dal comune… E’ così…non ne vengo fuori…Non c’è modo.

GIOVANNI: (Sempre più sconvolto) Be’, ma…qualcosa si potrà fare…Non…non è possibile che…Quanti medici ti hanno visto?

FILIPPO: Tanti. E poi io sono un medico. So qual è la situazione.

GIOVANNI: Ma tu non puoi essere lucido in una situazione così. Bisogna che siano altri che…Questo di Parigi chi è?

FILIPPO: Un luminare, uno molto bravo, tra i migliori del mondo.

GIOVANNI: E cos’ha detto?…Non…che cosa…che cosa dice precisamente?

FILIPPO: Precisamente che non ho tanto tempo.

GIOVANNI: (Nel panico) Ma che cosa dici?!… Che cosa dici?! (Implorando Ninni, come se potesse fare qualcosa) Ninni…

FILIPPO: … C’è una ragione per cui vi ho chiesto di venire qui stasera e vi prego di lasciarmi parlare fino in fondo prima di dire qualsiasi cosa, perché non è facile e se m’interrompete mi perdo…Io ho preso una decisione. Non mi va di finire male. Voglio chiudere prima…voglio andarmene prima ma me la faccio sotto, questa è la verità. Ho una paura terribile e non voglio farlo da solo. Quando sarà il momento vorrei che foste qui con me. Non è complicato. Io so come fare, basta un’iniezione. Qualche minuto e sarà tutto finito. Però vi chiedo di essere con me quegli ultimi istanti. Siete le uniche persone che voglio accanto…Poi ve ne andrete. Non correte nessun pericolo. Sono un medico, nessuno penserà che c’era qualcuno con me. Uscirete, vi chiuderete la porta alle spalle e basta. Tutto qui. Solo, state con me quegli ultimi minuti…

GIOVANNI: (Fuori di sé)…Aspetta un attimo…un attimo…Non è possibile…Non è possibile che non si possa fare niente. Non hai fatto abbastanza. Io lo so, ti conosco. Sei sempre stato così. Non hai fatto tutto quello che si può fare. Mio suocero ne è uscito e sta benissimo. Bisogna andare da qualche altra parte. In America. Loro sono più avanti. Bisogna vederne altri, bisogna chiamare tutti…

NINNI: Giovanni…

GIOVANNI: Ti dico che non è possibile! Ho letto di posti in America dove hanno cure che noi nemmeno ci sogniamo. Siamo indietrissimo rispetto a loro. Non importa quello che hanno detto finora. Non basta. Si va avanti, si cerca altro. Tutto quello che è possibile. Ce li ho io i soldi. Non ti devi preoccupare di questo. Non sono un problema.

NINNI: Giò…

GIOVANNI: Domani ci informiamo…

NINNI: Giò…

GIOVANNI: Ho io i soldi. Ci penso io ai soldi…

NINNI. Giovanni!

GIOVANNI: (Grida) Ma io solo quelli ho, Cristo!

Buio

Ninni e Filippo sono seduti sul divano, uno accanto all’altra. Giovanni è in piedi poco distante, frastornato, assente.


NINNI: Io non posso fare quello che mi chiedi.

FILIPPO: Vorrei che ci pensassi.

NINNI: Non posso.

FILIPPO: Lo farò comunque, Ninni. Quello che voglio è non farlo da solo. Lo so che vi chiedo tanto. Tantissimo. L’ho pensato per giorni. Ho pensato che non è giusto domandarvi così tanto ma lo sapete, io sono un egoista. Lo sono sempre stato. Alla fine penso solo a me e non mi va di morire da solo. (Ironico) E poi, mi sono detto che con tutto quello che ho fatto per voi…

NINNI: Per me non hai mai fatto niente.

FILIPPO: Chi ti ha aiutato a traslocare l’estate scorsa?

NINNI: Un’eutanasia contro due comodini mi sembra un po’ troppo.

FILIPPO: Chi è stato con te tutti i sabati sera per dieci mesi a tenerti la mano mentre piangevi quando Leonardo ti ha lasciato?

NINNI: Leonardo non mi ha lasciato. Si è semplicemente innamorato di un’altra.

FILIPPO: Sai che l’ho visto?

NINNI: Anch’io.

FILIPPO: (Sbalordito) Hai visto Leonardo?!

NINNI: Un paio di settimane fa. L’ho incontrato per strada, per caso, e mi ha offerto un caffè. Tre giorni dopo mi ha chiamato e mi ha chiesto se mi andava di cenare insieme.

FILIPPO: (Sorridendo) Siete andati a letto?! (Ninni non risponde e Filippo insiste sempre più divertito) Siete andati a letto! Non ci posso credere!

NINNI: E’ stato di uno squallore veramente imbarazzante, di rara tristezza. Non si dovrebbero fare certe cose. Purtroppo lo capisci sempre dopo… Puzzava.

FILIPPO: Come sarebbe puzzava?

NINNI: Puzzava. Ti dico che puzzava…E poi non sa neanche più parlare. Ha qualcosa…non so…

Filippo ormai ride e Ninni fatica a trattenersi dal fare altrettanto.

FILIPPO: Che cosa?

NINNI: Ma non so…un difetto. Gli si storta la bocca sulle esse, gli viene una specie di spasmo sul labbro.

FILIPPO: Ma non è vero!

NINNI: Certo che è vero. E comunque è stato triste. Tristissimo. Alla fine volevo uccidermi…Oh cazzo, scusa!

Filippo e Ninni ridono, suscitando in Giovanni una reazione violenta, disperata.

GIOVANNI: Ma cosa ridete?…Cosa ridete?…Questo muore e ridete!! Che cazzo c’è da ridere?! Cosa? (Esce sbattendo la porta).

Ninni e Filippo restano in silenzio per qualche istante.

NINNI: …Non ce la farò mai a stare senza di te. Lo sai, vero?

FILIPPO: Sì.

NINNI: E allora perché mi fai questa schifezza?

FILIPPO: Me la sarei risparmiata volentieri.

NINNI: Dimmi che non è vero.

FILIPPO: …Devi esserci, Ninni.

NINNI: Ci penso.

FILIPPO: No, non devi pensarci. Devi dirmi di sì e basta. Non lasciarmi solo.

NINNI: Sei sicuro che sia come dici?

FILIPPO: Sicurissimo.

NINNI: …E io?

FILIPPO: Tu vai avanti.

NINNI: …Dove?

FILIPPO: (Pausa) Ero così sicuro di essere preparato. Tutti i miei studi, i miei anni di medicina. Sai quanta gente ho visto andarsene in tutti questi anni? E’ la vita, il ciclo naturale delle cose…Ma adesso tocca a me e ho scoperto che non sono pronto per niente. Proprio per niente. C’era ancora un miliardo di cose che volevo fare, un miliardo…Forse due.

NINNI: Stai molto male fisicamente?

FILIPPO: Non ancora. Ed è quello che voglio evitare.

Giovanni rientra. Va a sedersi sul divano accanto agli altri due. Dopo un silenzio.

GIOVANNI: Conosco centinaia di persone che possono morire. Mio suocero, per esempio. Con tutto il rispetto, ma ha ottantasei anni. Che senso ha che a lui il cancro sia guarito?

NINNI: …Io vorrei che morisse Leonardo.

FILIPPO: No, Leonardo no, poveretto.

NINNI: Tanto non gli manca molto, con quella bocca.

GIOVANNI: La vecchiaccia.

FILIPPO: Chi è la vecchiaccia?

GIOVANNI: La mia vicina di casa. Ha novant’anni, è sorda come una campana e non si vuole mettere l’apparecchio. Così tiene il televisore a un volume assordante e la domenica mattina costringe me e Cristina a scopare col sottofondo della Santa Messa.

NINNI: Scopate la domenica mattina? Che meraviglia.

GIOVANNI: Dalle otto alle otto e otto. Sono gli unici minuti della giornata in cui siamo liberi: Beatrice fa colazione, Carlotta dorme e Giulia decide come rovinarci la giornata.

FILIPPO: …Venerdì parto. Mi sono dimesso dall’ospedale, ho preso la liquidazione e vado a spenderla a Santo Domingo.

NINNI: Non ci credo che vai a Santo Domingo.

FILIPPO: No, anche se ci ho pensato. Voglio fare un paio di viaggi che ho in testa da tanto.

NINNI: Cioè?

FILIPPO: Vado in Israele.

GIOVANNI: Bravo, così hai novanta probabilità su cento di non doverti suicidare perché ti ammazza un kamikaze.

FILIPPO: Magari.

GIOVANNI: Perché non fai un saltino anche in Irak, già che ci sei?

FILIPPO: Poi vado in America. Voglio rivedere New York.

NINNI: Questo non me lo puoi fare. Quel viaggio è il mio.

FILIPPO: Vieni con me.

NINNI: E chi le vende le mutande?

FILIPPO: Chiudi il negozio. I soldi te li dà lui (Giovanni).

GIOVANNI: Maledetti. Mi lascereste a casa con le tre jene?

NINNI: (A Filippo) Lo farei, se mia madre non stesse così male.

FILIPPO: Starò via un paio di settimane.

Dopo un silenzio, Filippo si porta improvvisamente le mani al petto, soffoca, tossisce, si contorce. Gli altri due reagiscono terrorizzati.

NINNI e GIOVANNI: Filippo! Filippo!

Filippo torna normalissimo e ride.

FILIPPO: Volevo vedere se siete pronti.

Ninni gli molla un ceffone, mentre Giovanni quasi sviene.

Buio

FILIPPO: All’inizio non pensi che possa essere quello. Cioè, ci pensi subito ma scatta immediatamente la convinzione che non può essere, perché a te non può succedere. A tutti ma non a te. Però è un attimo, poi inizia il panico e per quanto mi riguarda è questa la cosa più difficile da sopportare, il panico. Io sono un medico, non mi può prendere il panico…Poi diventi scemo. Chiunque tu sia, per quanto grande sia il volume della tua intelligenza, diventi scemo. Subisci una regressione istantanea e cominci a pensare a come sconfiggerla, la paura non la morte. Quella lo sai che non puoi fare niente per fregarla. No, è la paura che io vorrei sconfiggere. E’ quella che non sopporto.

NINNI: Forse per una volta potresti accettarla, no? Questa volta puoi anche concedertela un po’ di paura.

FILIPPO: Quello che penso veramente è che io non dovevo morire. Sono troppo bello. E poi non così. Avevo sognato tutt’altro per me. Dovevo morire in guerra…dovevo morire perché come Messner ho scalato il Karakorum e una tempesta di neve ha travolto me e i miei compagni. Dovevo morire come Ayrton Senna. Al massimo della mia potenza, con le trombe di Wagner che riempiono l’aria, mentre con uno sforzo sovrumano fermo uno tsunami che travolge l’Indonesia. Dovevo morire come i pompieri delle Twin Towers. Dovevo morire come un Dio e invece muoio perché mi va a fuoco il culo…E’ così poco dignitoso.

GIOVANNI: Non c’è una morte dignitosa. La morte è stronza, e basta.

NINNI: (Dopo una pausa) Perché, poi, la dipingono sempre con il mantello nero e la falce? Secondo me è anche per quello che fa così paura. E’ come l’orco delle favole. I bambini hanno paura quando gli nomini l’orco perché è sempre rappresentato mentre azzanna, insegue, sbrana. Voglio dire, se raccontandoci la morte l’avessero chiamata, che so…Biancaneve. Sono sicura che sarebbe molto meno scioccante. Ti dicono: «guarda, stai per morire», e tu pensi che tra poco verrà a prenderti una dolce, bellissima ragazza con un fiocco rosso in testa, che ti dice «Ciao, sono Biancaneve». Una così la segui senza battere ciglio.

FILIPPO: Pensa che angoscia i sette nani.

NINNI: Nessuno ha paura come me della morte. Io ci penso spessissimo. Ogni giorno. E’ una vera ossessione. Ho paura della mia, di quella delle persone che amo…Ci penso sempre. Salgo su un treno e penso che deraglierà, passo sotto una galleria e sono certa che la montagna crolla appena arrivo nel mezzo, mangio una coscia di pollo e mi vedo mentre soffoco perché un ossicino mi si è incastrato in gola. Ma la mia passione è la metropolitana. Non la prendo mai, ma certe volte lo faccio per mettermi alla prova. Così penso subito che il tizio seduto accanto a me ha la borsa piena di tritolo e non importa se ha in mano un sacchetto del Giesse.

GIOVANNI: Io non ci penso mai…Tranne durante le vacanze, quando le ragazze sono a casa da scuola.

FILIPPO: Non toccare le mie ragazze. Sono gioielli.

GIOVANNI: …Come glielo dico?

FILIPPO: Non dirglielo.

NINNI: Piangeranno e poi tutto andrà avanti. Perché è così che va. Uno muore e il mondo sopravvive.

FILIPPO: Non voglio che lo sappia nessun altro. Né che sto male, né tanto meno quello che vi ho chiesto.

GIOVANNI: Io non riesco a non dirlo a Cristina.

FILIPPO: Cristina va bene, ma degli altri vorrei che nessuno sapesse niente. Per favore… E poi, visto che ci siamo, c’è un’altra cosa che devo dirvi. La questione va chiusa stasera. Ninni, mi devi sposare. (Ninni lo guarda strabiliata) Non posso dire che si tratti di una fortuna ma io ho questa casa e un po’ di soldi che voglio lasciare a te. Però bisogna che tu sia mia moglie altrimenti va tutto ai miei parenti più prossimi e se è così finisce a tre a cugini che non vedo da venticinque anni e non so nemmeno chi siano.

NINNI: (Nervosamente) C’è qualche cos’altro che devi dirmi stasera? Ci hai tenuta nascosta qualche altra sorpresa?

FILIPPO: E’ l’unico modo. Non ho fratelli, mogli, figli, genitori. Non c’è nessuno, quindi la legge prevede che tutto passi a loro. Giovanni, diglielo anche tu. Sei un fiscalista, lo sai che è così.

GIOVANNI: Sì, è vero.

NINNI: Io non voglio niente.

FILIPPO: Ninni, non devi farne una questione di orgoglio.

NINNI: Non voglio sentire.

FILIPPO: Non lo faccio per te, odio i miei cugini. Mi massacravano di botte da piccolo.

NINNI: Ho detto che non voglio sentire!

FILIPPO: Ninni…

NINNI: Basta, ho detto! Mi hai stancato, cazzo! Non sposo nessuno. Non li voglio i tuoi soldi! Non me ne frega niente dei tuoi soldi. Non me ne frega niente di niente! Ma come ti viene in mente di pensare ai soldi? Che vuoi che me ne faccia?! (Finalmente esplode in un pianto che ha trattenuto fino ad ora)

Filippo la lascia sfogare, poi l’avvicina e le parla con tenerezza.

FILIPPO: Ninni, ascolta, sei l’unica persona al mondo cui tengo insieme a Giovanni. Se lui avesse bisogno farei a metà ma Giò i soldi li ha e io, semplicemente, non voglio che le mie cose finiscano in mano a dei perfetti sconosciuti. Tutto qui. Se non lo scriviamo su un pezzo di carta quelli potrebbero avanzare delle pretese e lo faranno. Sono sicuro… Andiamo, fallo per me. Metti una firma e mi fai contento…E poi non fare tante storie. Sei sempre stata pazza di me, ora mi sposi.

GIOVANNI: Non ho mai capito perché non vi siete sposati davvero voi due. Eravate perfetti.

FILIPPO: Siamo perfetti.

NINNI: Io gliel’ho chiesto. E’ lui che non ha voluto.

GIOVANNI: Sul serio gliel’hai chiesto?

NINNI: Nell’estate del ‘78, sul traghetto per la Grecia.

FILIPPO: Non eri credibile, stavi vomitando da due ore.

GIOVANNI: Io e Cristina abbiamo fatto l’amore per la prima volta su quel traghetto.

NINNI: Lo sappiamo.

GIOVANNI: Come fai a saperlo?

FILIPPO: Lo sapeva tutto il traghetto, Giovanni. Cristina si sente quando è contenta.

GIOVANNI: (Sorride) E’ vero. Perché non ci torniamo?!

NINNI: Dove?

GIOVANNI: A Skiatos! Noi quattro! Metto le ragazze nel congelatore e ce ne andiamo in Grecia per una settimana, col traghetto e i sacchi a pelo.

FILIPPO: Piuttosto mi uccido.

GIOVANNI: Potrebbe essere bello, invece!…

FILIPPO: E’ squallidissimo.

GIOVANNI: …E’ vero, è squallidissimo.

FILIPPO: …Torno subito.

Filippo va in camera da letto. Giovanni e Ninni restano in silenzio per qualche momento.

GIOVANNI: Non lo farai, vero?

NINNI: Non lo so.

GIOVANNI: Non lo possiamo fare. E’ sconvolto, bisogna dargli un po’ di tempo e cambierà idea. Sono sicuro che c’è altro da fare. Almeno, io voglio tentare tutto. Ci sono diverse persone che posso chiamare…

NINNI: Giò, non c’è niente da fare…

GIOVANNI: Io non ho il coraggio di fare quello che mi ha chiesto, lo so già. Ma come puoi? Esci di casa e vieni qui, sapendo che a un certo punto lui se ne andrà in camera e…Come si fa? Ci vuole un coraggio che io non ho.

NINNI: Forse bisognerebbe trovarlo.

Silenzio.

GIOVANNI: L’hai mai visto qualcuno morire?

NINNI: (Ci pensa a lungo prima di rispondere) Una volta, avevo forse vent’anni, ero andata a pranzo da mia zia. Viveva sola con un orribile cagnetto, un minuscolo bastardino che aveva una cuccia di fianco alla sua poltrona, una cassetta della frutta che mia zia aveva imbottito con una coperta a quadretti. A un certo punto, di colpo, senza nessun preavviso, sentiamo un guaito lacerante, sottilissimo, una specie di acutissimo lamento ma breve, fulmineo. Come se qualcuno lo avesse colpito. E poco dopo è morto. Gli aveva ceduto il cuore. Così, di schianto. E’ stato tremendo.

GIOVANNI: Io non ho mai visto nessuno. Mio padre era in ospedale quand’è successo e io sono arrivato che era già finito tutto.

NINNI: …Per tanti anni stai vicino a una persona. Sai tutto di lui. Come ride, come mangia, che cosa lo fa soffrire, che musica gli piace, qual è il suo film preferito. Sai tutto e lui sa tutto di te. Si fida ciecamente. Non ha nessun dubbio. E poi quando ti chiede aiuto, quando si apre tanto da mettersi completamente nelle tue mani, gli dici di no e te ne vai perché hai paura. E’ un tradimento…e io non credo di voler tradire Filippo.

Rientra Filippo. Ha un piccolo astuccio in mano, lo apre e lo porge a Ninni. Contiene un anello.

FILIPPO: Questo è per te, futura signora Solaris.

NINNI: (Commossa) Oh merda…

FILIPPO: Ninni, non puoi dirmi «Oh merda!». Ti chiedo di sposarmi, ti do un anello che mi è costato tre stipendi…Non puoi dirmi «oh merda». Di’ «grazie», «quanto sei carino», «che bel pensiero».

NINNI: Hai ragione, scusa. Scusa. (Si rigira l’anello tra le dita)

FILIPPO: Faccio io. (Glielo infila).

NINNI: E’ splendido.

FILIPPO: (Con voce impostata alla Humprhy Bogart, scherza cantando il tema del film Casablanca) You must remember this, a kiss is still a kiss, a sigh is just a sigh/The fundamental things aplly/As time goes by…” (Ninni ride tra le lacrime)… Conosco un tizio in Comune che ci mette in cima alla lista. Se gli portiamo i documenti in fretta sbriga tutto in un paio di settimane. (A Giovanni) Bastano due testimoni, tu e Cristina. Poi veniamo qui e ceniamo tutti e quattro assieme. (Dopo un attimo di silenzio, Filippo salta addosso a Ninni simulando un’aggressione sessuale) E adesso dammela!

Ridono tutti e tre.

NINNI: Mi comprerò il tailleur più elegante che tu abbia mai visto.

FILIPPO: Sarai bellissima.

Buio

Qualche settimana più tardi.
Sulle note della Malagueña, Filippo aspetta l’arrivo di Ninni e Giovanni, che suonano alla porta poco dopo. Va ad aprire e per un lungo momento tutti e tre restano fermi, immobili, guardandosi senza parlare.

Buio

E’ già sera inoltrata. Stanno insieme da qualche ora ormai e i loro discorsi sono quelli di chi ha bevuto un po’ troppo, per reggere il peso della serata.

NINNI: Coco Chanel.

FILIPPO: Coco Chanel?

NINNI: La regina dello charme. Avrei dato qualsiasi cosa per essere Coco Chanel. Un’orfana poverissima che diventa la più grande stilista d’ogni tempo. La raffinatezza fatta persona, la classe allo stato puro. Ho capito che non lo sarei mai stata quando in terza elementare la mia compagna di banco ha strappato il mio disegno e io le ho sputato.

FILIPPO: Non si sputa ai bambini.

NINNI: A quella sì. C’avevo messo tre pomeriggi per fare quella mongolfiera. Mi era riuscita così bene, con il cielo, il bosco sullo sfondo e tutto il pubblico radunato per vederla decollare. Per me significava tutto, non sai quanto può essere importante un disegno. Invece, arriva quella rana e me lo strappa.

GIOVANNI: Se te l’ha strappato qualcosa gliel’avevi fatta.

NINNI: Non è vero. Adele Montanari era cattiva per natura. Era nata così. Cattiva, velenosa, perfida. Infatti è morta.

GIOVANNI: Ninni!

NINNI: E’ caduta dal quadro svedese durante l’ora di ginnastica.

FILIPPO: (Ride) Adele Montanari non è morta. Bugiarda.

NINNI: Ha rischiato però.

FILIPPO: (A Ninni) Perché non la smetti di fare sempre la parte della cattiva? Sei una signora sposata adesso.

NINNI: …L’altra sera l’ho detto a mia madre. Le ho detto che mi sono sposata, lei mi ha abbracciato e si è messa a piangere. Certe volte c’è ancora…o chissà che cosa succede in quella testa?

GIOVANNI: Io vorrei essere Robin Hood. Se proprio dovessi scegliere come reincarnarmi, voglio essere Robin Hood.

FILIPPO: Tu la odi la campagna. Che ci fai tutto il giorno nella foresta di Sherwood?

GIOVANNI: Giustizia. Combatto i soprusi, tolgo ai ricchi per dare ai poveri…e faccio morire chi deve invece di chi non c’entra niente. (Pausa) Ci vorrebbe fede. Le persone che hanno fede affrontano meglio queste situazioni. Ma io la fede non ce l’ho e quindi sono qui ma non sono sicuro di restarci fino alla fine.

FILIPPO: …Se tornassi, io vorrei essere Ignacio Herrado.

NINNI: (Sorride) Chi è Ignacio Herrado?

FILIPPO: Ignacio Herrado fue un hombre che cantò…Quando ero ragazzino, un giorno è arrivato a casa nostra un uomo che non avevamo mai visto. Era un nipote di mio padre, figlio di una zia che si era trasferita in Argentina prima della guerra e di cui nessuno aveva saputo più niente. Era un bellissimo uomo, alto, scuro, con due occhi di fuoco e un sorriso meraviglioso. Dopo cena, improvvisamente, ha preso la mia chitarra e si è messo a cantare la più straordinaria versione di Malagueña che io abbia mai sentito. Quando gli ho chiesto chi fosse mi ha risposto che non importava, che dovevo solo pensare che un giorno, a casa mia, «fue un hombre che cantò». Un paio di giorni dopo, i carabinieri hanno chiamato mio padre per dirgli che un uomo con un suo biglietto da visita in tasca si era buttato sotto la metropolitana. (Pausa) Ma quello che nessuno sa, il vero segreto è che dopo Ignacio Herrado il più grande interprete di Malagueña al mondo…sono io.

Ninni e Giovanni ridono.

NINNI: Complimenti.

FILIPPO: Fate male a non crederci.

GIOVANNI: Ci crediamo.

FILIPPO: Fate molto male, perché è vero e ve lo posso dimostrare. Dopo Ignacio Herrado, il più grande sono io.

Filippo mette un Cd e sulle note di una travolgente versione di Malagueña, dà vita a una performance straordinaria di ballo e canto, che Ninni e Giovanni seguono strabiliati e divertiti. Quando finisce, Filippo si getta esausto sul divano, tra le braccia di Ninni.

FILIPPO: Avevo un grande avvenire, porcaccio Giuda.

NINNI: Perché non ce l’hai mai detto che eri così bravo, Ignacio?

FILIPPO: Adoro questa canzone. In tutti i momenti complicati della mia vita, quando le cose si facevano difficili, mi sono sempre fatto una Malagueña e il mondo tornava rosa, come nei film. (Silenzio) Ieri sera ne ho visto uno in TV. C’era un tizio che moriva e negli ultimi istanti prima di andarsene rivedeva tutte le fasi salienti della sua vita. Dicono che succeda. Per fare pratica ho chiuso gli occhi e ho provato anch’io. Ho visto la ragazza del Blockbuster che il venerdì sera mi consiglia i film.

NINNI: Che cosa hai visto, sul serio?

FILIPPO: … Una camicia di flanella scozzese…Una festa di compleanno…la casa al lago… la professoressa Nardò che mi dice che sono un imbecille. Ho visto Robert De Niro con la testa da moicano che si guarda alla specchio e fa’: «dici a me?…Stai dicendo a me?». (A Giovanni) Ho visto la tua faccia quando è nata Giulia, (a Ninni) e la tua quando hai sfasciato la macchina di tuo padre che ti aveva detto di non prenderla per nessun motivo.

Giovanni chiude gli occhi e s’immedesima nel gioco. Ninni lo segue.

GIOVANNI: La torta Mimosa che mangiavamo la domenica a casa di mia nonna.

NINNI: Mia sorella Virginia a sedici anni, in fibrillazione perché esce per la prima volta con Federico Masotti…un pezzo di figo da paura!

FILIPPO: Niente commenti. Veloci!

Tutti e tre, velocissimi.

GIOVANNI: Davide Minghelli espulso dal torneo di basket perché ha detto all’arbitro che mestiere fa sua sorella.

NINNI: Le cambiali per aprire il negozio.

GIOVANNI: Mio padre che aiuta la sua a scendere le scale.

FILIPPO: Annie Lennox al concerto degli Eurithmics.

NINNI: Noi tre che scappiamo perché abbiamo rubato i costumi da bagno all’Upim e questo deficiente (Giovanni) si è fatto scoprire.

GIOVANNI: Cristina che soccombe per la prima volta disfatta dalla mia poderosa potenza sessuale!

FILIPPO: Il capodanno dell’86 in montagna.

NINNI: Leonardo nel mio letto con quella tro…

FILIPPO: (La interrompe) Odori!

GIOVANNI: Il sapone di Marsiglia.

FILIPPO: Il mare di Pantelleria.

NINNI: I libri appena stampati.

GIOVANNI: La puzza di un panino al taleggio andato a male sotto il sedile della mia Fiat 126.

NINNI: Che schifo!

FILIPPO: Il profumo di Margherita Savelli mentre mi dice che non mi ama più!

NINNI: (Scattando in piedi) Margherita Savelli no! Lo sai che è vietato pronunciare quel nome in mia presenza! Quanto mi stava antipatica quella donna. (Imitando lo snobismo ridicolo della Savelli) Sempre con quell’aria da «…non mi toccate che mi si scompigliano i capelli».

GIOVANNI: Che fine ha fatto?

NINNI: E’ morta.

FILIPPO: E smettila di fare morire la gente! Sta benissimo. Si è sposata e vive felicemente (Imita anche lui la Savelli) «nel nuovo attichetto che s’è comprata al centro».

NINNI: Zoccola.

FILIPPO: Gelosa.

NINNI: Certo.

GIOVANNI: Eppure è stata l’unica che hai pensato di sposare.

NINNI: Non l’avrebbe mai fatto veramente.

FILIPPO: E tu che ne sai?

NINNI: Lo so e basta. Tant’è vero che non l’hai sposata. Tu non sei fatto per l’amore. La sola idea di tornare a casa la sera e trovarci qualcuno ti fa orrore.

FILIPPO: Mi fa orrore l’idea di trovarcelo sempre. A me piacciono i momenti. Anche se forse, in questo periodo, non ne sono più così sicuro. Sto cambiando idea su molte cose. (Pausa) Per esempio, non l’avevo mai fatto in vita mia ma qualche notte fa sono andato a letto con una prostituta…di lusso ma sempre prostituta. Non l’ho cercata. Ho portato dei documenti a un collega in un albergo del centro e lei era seduta al bar…Bellissima…Abbiamo cenato insieme poi siamo venuti qui. E’ stato tutto così…calmo, pieno di quiete…sereno. Deve essere il cancro che fa questo effetto. Non ti aspetti niente, non prometti niente. Solo due ore di pace.

NINNI: (A Filippo, dopo una pausa e con grande tenerezza) …Io ho sempre sentito la stessa cosa quando sono stata con te…

GIOVANNI: (Strabiliato) Che cosa?!!!

FILIPPO: Ebbene sì, ci hai scoperti. Il mistero che da trent’anni tormenta la piccola comunità degli ex-liceo Manzoni è stato finalmente svelato. Io e Ninni abbiamo fornicato.

NINNI: (A Giovanni, che ha ancora la bocca aperta per lo stupore) Chiudi quella bocca. Non è così raccapricciante.

GIOVANNI: Com’è possibile?!

NINNI: E’ semplice. Ci s’infila in un letto, poi uno dei due allunga una mano…

GIOVANNI: Perché non me l’avete mai detto?!

FILIPPO: (A Ninni) In effetti, potevamo fargli una telefonata.

GIOVANNI: Non ci posso credere. Non ho mai capito niente! Me lo avete tenuto nascosto tutto questo tempo!

NINNI: Sì, Giovanni. Anni d’incontri clandestini. Notti e notti di sesso sfrenato senza dirti niente. Anzi, ogni volta che è successo ci dicevamo «speriamo che non chiami quel rompicoglioni così stiamo in santa pace».

GIOVANNI: Sono allibito.

FILIPPO: Non prenderla così. Io andavo con lei ma pensavo a te.

GIOVANNI: Raccontatemelo.

NINNI: (A Filippo, ridendo) E’ pazzo.

GIOVANNI: Non tenetemi fuori. Raccontatemelo!

NINNI: E’ successo solo qualche volta, Giovanni. Calmati.

GIOVANNI: Per favore!

Ninni e Filippo sorridono divertiti, poi cedono.

FILIPPO: E va bene…(A Ninni) Le due del liceo non si contano. Non valgono.

NINNI: Sono d’accordo.

FILIPPO: Quelli erano solo ormoni. Intorno ai venticinque anni Ninni era felicemente accasata con Leonardo.

NINNI: Felicemente mi sembra eccessivo.

FILIPPO: E io ero appagato dall’inizio della mia carriera.

NINNI: Appagato mi sembra eccessivo.

FILIPPO: Intorno ai trenta, Ninni si è vista una ruga ed è entrata in crisi.

NINNI: Ruga mi sembra eccessivo.

FILIPPO: Qualche tempo dopo io ho scoperto che Margherita Savelli non mi amava più. Così ho girato per un bel po’ in macchina cercando di capire perché non stessi soffrendo per niente. E siccome non lo capivo, ho pensato di andare a chiederlo a Ninni, che in quel frangente era sola perché Leonardo era in un’oasi della Mauritania a fotografare la migrazione dei Piro Piro.

GIOVANNI: …Imbecille.

NINNI: La sera del mio quarantesimo compleanno ho lavorato in negozio tutto il giorno immaginando che poi sarei andata a casa e avrei trovato una tavola perfetta apparecchiata per due, con tanto di candele, fiori e champagne. Leonardo me lo aveva promesso. Lo aveva giurato. Alle otto ho chiuso il negozio, mi sono fatta una doccia, mi sono cambiata e sono andata a casa. Quando ho aperto la porta c’era il buio più totale. La casa disabitata, il tavolo dell’Ikea in tutto il suo desertico splendore e sopra un biglietto di Leonardo che mi diceva che aveva bisogno di riflettere.

GIOVANNI: …Imbecille.

NINNI: Così, disperata, ho pianto fino a mezzanotte e poi sono venuta qui.

FILIPPO: E poi in qualche altra occasione, che in questo momento ci sfugge.

GIOVANNI: L’ho sempre detto che voi due dovevate sposarvi.

NINNI: (A Filippo) La verità è che sei sempre stato il mio grande amore. Non l’uomo della mia vita. Troppo “perfettini” per i miei gusti. Però sei sempre stato il mio grande amore.

FILIPPO: Io non sono “perfettini”.

NINNI: Oh sì che lo sei.

FILIPPO: Sono ordinato ma non sono un “perfettini”.

NINNI: Come lo chiami uno che tiene incellophanato il telecomando?

FILIPPO: Perfettini.

GIOVANNI: Sono contento che sia successo.

FILIPPO: Anche noi.

GIOVANNI: C’è qualcos’altro che non mi avete detto?

FILIPPO: Abbiamo quattro gemelli ma li teniamo in collegio.

GIOVANNI: …Io non ho nessun segreto. Sono un uomo senza segreti, per questo non sono interessante.

FILIPPO: Tu sei interessantissimo.

GIOVANNI: Non ce l’ho nel DNA il segreto. Ho rovinato un sacco di Natali per questo. Il mio regalo lo conoscono tutti prima ancora che io l’abbia comprato. (Pausa) Solo stasera ho stabilito un record. Perché sono qui da ore e ancora non vi ho detto che io e Cristina aspettiamo un altro figlio.

NINNI: Che cosa?!

FILIPPO: Oh Cristo, Giovanni!

GIOVANNI: Non è stata colpa mia. Non avevamo niente in casa. Cristina mi ha detto «stai attento tu» e all’ultimo secondo io mi sono distratto.

FILIPPO: Distratto?!

GIOVANNI: Non so se mi dispiace così tanto.

NINNI: E Cristina?

GIOVANNI: Non mi parla più.

FILIPPO: Siete pazzi! Come si fa a fare quattro figli al giorno d’oggi?

GIOVANNI: Lo so, è una follia.

NINNI: A dire il vero a me conviene. Tanto sarà un’altra femmina e verrà in negozio a comprarsi i completini come le sorelle.

GIOVANNI: No, questo è un maschio. E’ un maschio perché io devo chiamarlo Filippo.

FILIPPO: …Che aspettavi a dircelo?

GIOVANNI: Mi vergognavo…Tu te ne vai e io faccio figli.

FILIPPO: …E’ un bel pensiero ma non dovresti chiamarlo Filippo. E’ troppo impegnativo.

GIOVANNI: Non lo chiamo mica Sofocle.

Buio

Filippo ha un tono improvvisamente agitato, carico d’ansia e di confusione.

FILIPPO: …Voglio che tu faccia tutto quello che senti, Ninni. Senza pensare a me. Se vuoi vendere la casa, vendila. Se vuoi venire a vivere qui, fallo. Come credi. Libera. Hai capito? Non devi in nessun modo sentirti legata. Non c’è ragione. Sono solo soldi…Fa’ un caldo terribile qui dentro…Non avete caldo?

GIOVANNI: Apro la finestra.

FILIPPO: Adesso devo dirvi delle cose ma… non mi ricordo più quali...Giovanni, segui tu Ninni in questa faccenda della casa. Non lasciarla sola. È tutto scritto. (Prende una busta) È tutto qui. Non ci saranno problemi, ma tu seguila. Tu sei un disastro in queste cose, Ninni...C’è anche la macchina...(A Ninni) La tua va in pezzi, quindi prendila...L’ho fatta sistemare...ho cambiato anche il tergicristallo che non scivolava più bene sul vetro...

GIOVANNI (In preda al panico) Filippo...

FILIPPO: ....Una cosa importante è l’appartamento della portinaia. La portinaia serve tutte le scale ma il suo appartamento è in questa. E’ di proprietà di questa scala...Adesso la portinaia se ne va, s’è licenziata e i condomini vogliono vendere l’appartamento. (A Giovanni) Devi fare attenzione perché hanno già detto che il ricavato va diviso fra tutti ma non è così...Al catasto risulta chiaramente: la proprietà dell’appartamento della portinaia è di questa scala...

GIOVANNI: Filippo...

FILIPPO: (Ormai perso, continua nel suo soliloquio) ...C’è già una causa aperta. L’amministratore lo sa...Comunque ho scritto anche quello. Ho scritto tutto...E’ tutto qui...(Improvvisamente lo assale un pianto silenzioso e disperato)...Mi sono dimenticato di mangiare i calamari...Ho fatto tutto ma mi sono dimenticato di mangiare i calamari...(Si piega su se stesso fino ad accovacciarsi a terra).

Giovanni non riesce a contenere niente di quello che prova e scappa.

GIOVANNI: … Non ce la faccio…io non ce la faccio, non posso. Non posso…Non ci riesco…Scusatemi…Scusami…Scusami (Esce quasi correndo)

FILIPPO: (Sconvolto) Dovevo essere più forte. Molto più forte…Nei miei disegni ero un colosso, una quercia che affronta tutto restando altissima e senza un tremore…Invece, guarda qui…Guarda qui… Ninni…

Ninni lo stringe a sé.

NINNI: Non faremo niente stasera. Non siamo pronti…Non ancora.

FILIPPO: ...Sono così pieno di rabbia. Volevo morire in pace e invece sono pazzo di rabbia... Io devo vedere la Normandia… Devo fare trekking, devo andare a sciare, devo comprarmi una giacca di tweed e un cane che porto a correre. Devo prendere i treni e leggere l’ultimo libro di Safran Foer, andare al cinema, mangiare la pizza... Io ho montagne di cose da fare…

BUIO

Ninni stringe ancora tra le braccia Filippo, che ha superato il momento buio e lentamente si è placato.

FILIPPO: Mi dispiace per Giovanni...Non dovevo coinvolgerlo.

NINNI: Giovanni ti adora.

FILIPPO: Lo so…e tu no?

NINNI: Sì…anch’io ti adoro…

FILIPPO: Perché sono un grand’uomo.

NINNI: Grandissimo.

FILIPPO: Straordinariamente grande.

NINNI: Straordinariamente.

FILIPPO: Superbamente grande…

NINNI: Non esagerare adesso...

FILIPPO: (Pausa) Che sfortuna orrenda…Proprio ora che avevo fatto l’abbonamento a Sky…

NINNI: (Ninni sorride)…Avevi giurato che non l’avresti mai fatto.

FILIPPO: Invece l’ho fatto…come un coglione… per vedere la Champions Ligue. Non dirlo a Giovanni...(Pausa) Vorrei tanto che qualcuno mi dicesse «Non è vero. C’è stato un errore, abbiamo sbagliato»...Adesso che so cosa vuol dire, adesso che ho la testa lucida non sbaglierei più un colpo. Saprei esattamente cosa fare...A tutti dovrebbe capitare; un cancro e poi qualcuno che ti dice «No, non è vero, abbiamo scherzato»...Non sbagli più un colpo.

NINNI: Non ne hai sbagliati poi così tanti.

FILIPPO:...Se qualcuno mi dicesse che è stato uno scherzo ti chiederei di sposarmi e ti amerei per tutta la vita.

NINNI: Noi siamo sposati.

FILIPPO:...E’ vero...

NINNI: (Dopo una lunga pausa) Domani ti porto al mare.

FILIPPO: Perché?

NINNI: …In tutti i film americani quando c’è uno che ha deciso di morire prima fa un salto davanti all’oceano.

FILIPPO: Domani è domenica, poi al ritorno c’è un sacco di traffico.

NINNI: Allora ti porto in piscina.

FILIPPO: (Pausa) Ti va di mangiare un gelato?

NINNI: Vuoi uscire?

FILIPPO: No, è nel frigorifero.

NINNI: E’ lontanissimo.

FILIPPO: Tanto fa schifo. L’ho preso biologico. Per la salute, sai...Lunga pausa) …Tu devi trovare una persona carina, gentile, premurosa. Che ti ami tanto…

NINNI: La cerco da 51 anni.

FILIPPO: Perché tu sei una donna bellissima, Ninni...Bellissima...

Ninni lo guarda, poi lentamente si avvicina al suo viso e lo bacia. In silenzio, si lasciano andare a un abbraccio che forse prelude all’amore.

FILIPPO: Io non sono in piena forma, Ninni.

NINNI: …Nemmeno io, amore mio… Nemmeno io…

Si stringono.

Buio

La scena è vuota. Dopo qualche istante, Ninni entra provenendo dalla camera da letto. Con lentezza comincia a sistemare la stanza. Poi si ferma, come se avesse percepito dietro la porta la presenza di Giovanni. La apre e Giovanni è lì. Si guardano senza parlare, poi si stringono in un abbraccio lunghissimo, mentre tornano a sentirsi le note di Malagueña.


FINE