LUMINARIA

di

Aquilino




LUCENTINA, reclusa
FALPALÀ, madre
PONSÒ, padre
CATECÙ, fidanzato
ARDORE, innamorato
Voci di ragazzi


ATTO PRIMO

Il palcoscenico è la casa. La platea il giardino che la circonda.

AMICI Lucentina!... Lucentina!... Lucentina!...
LUCENTINA Siete imprudenti. Le vostre grida indispongono le persone di questa casa.
ARDORE Lucentinaaa!...
LUCENTINA Smettetela di strillare. Mia madre sta per arrivare.
ARDORE Lucentina sempre sola, dimmi solo una parola.
LUCENTINA Ardore! La mia voce tremante grida molto più di una parola: vattene, amore, scompari in un istante.
ARDORE Tu ci conosci. Siamo senza paura.
LUCENTINA Non basta l’audacia per superare le mura. Ascoltate. Fuggite
PONSÒ Lucentina!
LUCENTINA Andate, prima che il giorno, anche questo, sia funesto.
ARDORE Ancora un momento. Oh, che tormento!
LUCENTINA Via! Via! Sento i passi di mio padre.
ARDORE Lucentina, è un giorno di sole!
LUCENTINA Lo so, irrompe nelle fessure delle imposte. Oh, se potessi spalancarle! Inondare questa stanza di luce!
ARDORE Lucentina in mezzo al mare
che non sa che cosa fare
non c’è tela per la vela
non c’è legno e paga pegno
senza remo non si muove
c’era il sole e adesso piove.
AMICI Lucentina è prigioniera
di una stanza tutta nera
c’è qualcuno che la chiama...
PONSÒ Lucentina!
ARDORE ... c’è qualcuno che lei ama
Lucentina innamorata
mai nessuno l’ha baciata
uno due tre
non tocca mai a me
Lucentina innamorata
mai nessuno l’ha toccata
per chi osa c’è la morte
e per lei la stessa sorte
addio all’amore: uccide!
meglio cieco
colui che ti vide ti vide ti vide
e questa è l’eco.
LUCENTINA Rimanete a parlare con me! No, andate! Restate! Scappate! Ah, la crudele impossibilità di definire ciò che si può fare e ciò che non si deve. Di tutto bisogna dire: non si può.
ARDORE Tuo padre sventola il fucile come una bandiera. Addio!
LUCENTINA Addio? E basta? Tanta agitazione e poi solo un addio? Va’, corri! Salvati! Io non corro i tuoi rischi, eppure non mi salvo.
PONSÒ Lucentina!
CATECÙ Uno sparo, non c’è dubbio. Dal giardino della casa di Ponsò e Falpalà. Ehilà, un branco di scalmanati. Sono in fuga. Ora so a chi ha sparato Ponsò. Giovani! Che cosa succede?
ARDORE Il pazzo ha sparato, signore.
CATECÙ Mi sembra di riconoscere la tua voce.
ARDORE Noi non ci conosciamo, signore, non ci conosciamo per niente.
CATECÙ Ha ferito qualcuno?
ARDORE Spesso nel suo giardino Ponsò semina cadaveri.
CATECÙ E voi perché ci andate?
ARDORE Si deve pur vivere.
CATECÙ Ma così si muore.
ARDORE Naturale conseguenza del vivere.
CATECÙ Io vivo, eppure nessuno mi ha mai sparato contro.
ARDORE C’è vita e vita.
CATECÙ E la vostra com’è?
ARDORE Libera!
CATECÙ E la mia?

CATECÙ Mi lasciano senza risposta. Dove vanno? Non certo a casa loro. Gli scapestrati non ce l’hanno, una casa. Vanno in un tugurio che chiamano rifugio. Si raccontano l’avventura, piangono i compagni morti, si ubriacano e poi ognuno di loro si lascia andare a un delirio di parole che nessuno degli altri ascolta.
La libertà! Un peso in oro ha un valore. Ma la libertà? Quanto pesa la libertà di invadere la proprietà altrui e di farsi sparare addosso? Solo un pezzetto di piombo nella schiena. La libertà? Non saprei quali investimenti farci, con la libertà.
Altri spari. I colpi di grazia. Ah, Ponsò, uomo di scarsa delicatezza! Se ha mirato alla testa, ora c’è materia cerebrale sparsa sull’erba. Tutta lì la loro libertà? Una poltiglia rivoltante?

LUCENTINA Mio padre non avverte. Sbuca fuori e spara. Poi grida: Qualcuno è ancora vivo?
Se una voce gli risponde, si avvicina e spara ancora. Un giorno o l’altro sparerà al mondo, per eliminare me, la sorgente della sua ansia.
PONSÒ Lucentina, sei lì?
LUCENTINA Come sempre, papà.
PONSÒ È venuto a trovarti qualcuno?
LUCENTINA Le voci dei ragazzi.
PONSÒ Quali ragazzi?
LUCENTINA Quelli del posto, suppongo.
PONSÒ Che cosa ti hanno detto?
LUCENTINA Mi hanno invitata ad andare con loro.
PONSÒ E tu ci hai parlato insieme?
LUCENTINA No, papà. Ho gridato parole ai muri. Spero sempre che trovino un pertugio, ma l’impresa è ardua.
PONSÒ Più tardi tornerò a controllare che sia tutto a posto.
LUCENTINA Io sarò qui. Ma prima di andartene, dimmi: hai sparato?
PONSÒ Ho tirato qualche colpo qua e là, senza impegno. Il principio fondamentale della manutenzione delle armi è che bisogna tenerle in esercizio. Tutto qua.
LUCENTINA Hai colpito qualcuno?
PONSÒ Non avendo mirato a nessuno...
LUCENTINA Per caso, e senza che tu lo volessi, qualcuno è rimasto colpito?
PONSÒ Proiettili vaganti. Ce ne sono ovunque, in tempo di pace. Soprattutto in primavera. Li confondi con le api. Infatti, si può morire annusando un fiore.
LUCENTINA È morto?
PONSÒ Non ha sofferto, se è questo che intendi. Ce l’hai proprio lì, sotto la tua finestra. Ha gli occhi aperti e una smorfia che è quasi un sorriso. Che veda già il paradiso? Faccia da malandrino. Proiettili vaganti. Traiettorie intelligenti.
LUCENTINA Uno dei ragazzi?
PONSÒ Uno... due... tre... Il conto non spetta a me. Se cerchi un contabile, non rivolgerti a tuo padre.
LUCENTINA Tre sono stati colpiti a morte?
PONSÒ Tre... trenta... Quando lo saprò, te lo dirò.
LUCENTINA Eppure è una giornata di sole.
PONSÒ Giornata splendida! L’aria profuma di energia. Un solo sguardo sazia la voglia di vivere e per fortuna qualcuno muore: dove c’è troppa vita ribolle l’anarchia. E ora basta con le parole. Torna agli studi.
LUCENTINA Sì, papà.
PONSÒ Sì papà?...
LUCENTINA Chino il capo di fronte alla tua autorità.
PONSÒ Dovere di figlia. E di cittadina. Sia presidente sia padre. Per rispondere, non ti serve nemmeno il cervello. Chiudilo nel forziere della modestia filiale. Chi usa il cervello impugna un’arma e chi si arma è un terrorista. Ecco perché sparo qua e là tra i peschi in fiore. Difendo la legalità.
LUCENTINA Vivo in questa stanza da quando ho la memoria e non ho memoria di altri luoghi, oltre a questa stanza.
Ha la forma innaturale del cubo. Le linee si conficcano le une nelle altre, poi muoiono in un angolo di buio. La luce rivela le tentazioni del mondo. Devo evitarle, se voglio crescere sana e asservita.
PONSÒ Dovere di figlia. E di cittadina.
LUCENTINA Sono brutta e stupida, dice mia madre. Tu non devi piacere a nessuno!
Ora, però, è diverso. I ragazzi si danno appuntamento qui sotto e a volte riesco a parlare con loro, prima che mio padre li uccida.
Io grido: Andate via! Vi ucciderà!... e loro ridono. Il piacere che provo è intenso, quando li sento ridere. Più intenso dell’angoscia di saperli morti.
ARDORE Lucentina in mezzo al mare
che non sa che cosa fare
non c’è tela per la vela
non c’è legno e paga pegno
senza remo non si muove
c’era il sole e adesso piove.
LUCENTINA È l’eco. Sopravvive per tenermi compagnia. O forse si compiace di risvegliare il mio dolore. Io, però, non sono sempre infelice. Tra i ragazzi ce n’è uno... Si chiama Ardore. Viene alla mia prigione su ali angeliche e ritorna sulle nuvole dorate dopo avere seminato musica nella mia solitudine.
Via lui, mi rimane l’eco.

CATECÙ Bella giornata. Bella proprietà. Ci sono appezzamenti adatti alle coltivazioni, altri da destinare all’edilizia e forse qualche trivellazione potrebbe riservare lucrose sorprese. Ponsò non vede queste cose. Io sì. Bella giornata. Un piacere passeggiare e pensare allo sviluppo e al profitto. È il respiro di un dio, il profitto. E lo sviluppo è il suo cuore. E io sono la sua mente. E tutto ciò che faccio è buono.

FALPALÀ Lucentina, hai sentito anche tu?
LUCENTINA I colpi fragorosi?
FALPALÀ Non credo che sia nell’ordine naturale delle cose un susseguirsi di temporali che impediscono di stendere la biancheria. Guarda, sono riuscita a ottenere un candore abbagliante e sono orgogliosa di aver reso immacolato il lenzuolo. Ma non asciuga! Non asciuga! La voce divina ci rimprovera e tiene nascosto il sole. Hai fatto ancora peccati, Lucentina? Ah, non devo perderti d’occhio. Stendo nella tua stanza. Qui l’umidità non entra.
LUCENTINA Non entra nemmeno il sole.
FALPALÀ L’aria è secca, proprio quello che ci vuole per i panni.
LUCENTINA Non era il temporale, mamma.
FALPALÀ Tanto per contraddirmi.
LUCENTINA Il papà ha sparato ai ragazzi.
FALPALÀ Le fantasie indeboliscono il senso morale. Ah, quando mai ti ho lasciato leggere un libro, quella volta! Ricorda che l’amore è la lebbra dell’anima.
LUCENTINA Li ha uccisi.
FALPALÀ Uccisi! Il papà non ha nemmeno un fucile. I ragazzi di cui fantastichi non hanno motivo di venire qui. Vanno a perdersi dietro le luminarie, gli sconsiderati. Sprecano il tempo migliore della loro vita. E sai perché i loro genitori non intervengono? Anarchici e atei. Soprattutto atei. Che il Signore ce ne liberi nei modi che ritiene più efficaci.
LUCENTINA Perché non esci a verificare di persona?
FALPALÀ Con il temporale?
LUCENTINA C’è un tempo splendido, lo ha detto anche il papà.
FALPALÀ Tuo padre non distingue una giornata di sole da una di tempesta. Sai che lui detesta la natura.
LUCENTINA È sufficiente che tu guardi dalla finestra.
FALPALÀ Lucentina! Non si spia dalle finestre! Può capitare di vedere cose che offendono l’anima. Se pecchi, io perdo solo una figlia, ma tu perdi te stessa per l’eternità.
LUCENTINA E vago nel labirinto delle anime senza pace.
FALPALÀ Mi vengono i brividi solo a pensarci. Anime sospese tra la terra e il cielo, rifiutate sia dalla vita sia dalla morte, sia dalla luce sia dall’oscurità.
LUCENTINA Mamma, sono stanca di questo buio.
FALPALÀ È una penombra gradevole. La luce abbagliante è estatica, ma la penombra è mistica. Tu non puoi ancora godere dell’estasi, sei immatura. Sii paziente, verrà il tempo della rivelazione. Conoscerai il rapimento dei sensi. Non c’è niente di meglio, per una donna onesta.
LUCENTINA Questa non è penombra. È tenebra.
FALPALÀ La luce dell’anima vale più di quella del sole. La luce del sole scalda la carne e fa peccare. La luce dell’anima ci rende angelici.
LUCENTINA Io non vedo questa luce dell’anima di cui mi parli sempre.
FALPALÀ Ah, non c’è scampo. Senza la dottrina, diventi una di quelle che danno scandalo, contro le quali tuo padre lancia il tuono dell’indignazione. Abbi pazienza. Quando sarai pronta, ti porteremo a fare un viaggio. Ma ci vuole ancora tempo, perché sei giovane, sei brutta e sei stupida.
LUCENTINA Davvero sono tanto brutta?
FALPALÀ Nel corpo. Ma bellissima nell’anima. Un giorno mi sarai grata del tuo martirio.
LUCENTINA Martirio? È una parola che non ti ho mai sentita usare.
FALPALÀ Mi è sfuggita. Dimenticala.
LUCENTINA Io non voglio fare la martire, mamma.
FALPALÀ Chi ha mai parlato di martirio? Vedi, Lucentina, quanto sei stupida? Non capisci nemmeno quello che dico.
LUCENTINA Davvero sono tanto stupida?
FALPALÀ Hai qualche difficoltà a capire. Ma è una fortuna. Conosci il mondo attraverso il mio cuore. E la mente di tuo padre. Siamo una sacra famiglia.
LUCENTINA Spesso ti contraddici, mamma. Come faccio a credere alle tue contraddizioni?
FALPALÀ Non c’è mai contraddizione in quello che dico, nemmeno quando nego ciò che ho appena affermato. Fa parte della dialettica mistica. Tu non puoi comprenderla.
LUCENTINA Spesso predichi una cosa buona, ma subito dopo ne fai una cattiva.
FALPALÀ Si chiama ipocrisia. È una qualità che vogliamo trasmetterti, ma tu ti intestardisci nella verità, quando invece sai che la verità appartiene solo a chi sta lassù. Questo atteggiamento ribelle... frutto di un impulso diabolico… questo atteggiamento mi fa infuriare!
LUCENTINA Perdono, mamma.
FALPALÀ Io ti parlo di santità e tu vai a braccetto con il demonio!
LUCENTINA Perdono.
FALPALÀ Gli occhi a terra, figlia di satana!
LUCENTINA Mi pento, mamma.
FALPALÀ Come si rende sincero il pentimento?
LUCENTINA Con la sofferenza, mamma.
FALPALÀ E allora tu che cosa fai?
LUCENTINA Indosso il cilicio, mamma.
FALPALÀ Così va meglio. Hai altro da dire?
LUCENTINA Mamma, sei una bugiarda.
FALPALÀ È un’arte che dà grandi soddisfazioni e se tu provassi...
LUCENTINA Non ci riesco.
FALPALÀ Ecco! Non ci riesco... non ce la faccio... non ne sono capace... Ah, Lucentina. Non vedo in te la passione di una vita dignitosamente farabutta. Percepisco invece l’odore sulfureo di una contrapposizione atea. Come se tu, invece di volermi bene, mi considerassi una nemica.
LUCENTINA E non è così, mamma? Non abbiamo sempre combattuto, fin dalla mia nascita? Tu per assoggettarmi, io per liberarmi dal gioco della famiglia?
FALPALÀ L’intuizione di una madre! Ho sempre saputo che mi detesti! Che mi odi! Che mi vorresti morta!
LUCENTINA No, no. Qualcosa radicato nelle mie viscere, una forma oscura di cancro ormai inestirpabile, mi impedisce di odiarti, perché tu sei la madre, io la figlia, e nel mio odio per te c’è solo la mia condanna a un tormento senza consolazione. Ti odierei solo se non mi facesse tanto male.
FALPALÀ Mi disprezzi, allora?
LUCENTINA Non riesco a odiarti, come posso disprezzarti? Tu sei la mia matrice. Ciò che faccio a te, ritorna spietato contro di me.
FALPALÀ Dillo, infine, che ti sono antipatica.
LUCENTINA Vorrei dirlo, sì. Eppure con te parlo volentieri. Non c’è nessun altro con cui posso conversare. Le altre voci sono lontane e, forse, irreali.
FALPALÀ E allora? Che sentimenti provi per me?
LUCENTINA Nessuno. C’è una risposta semplice e immediata, nel mio cuore. Io non ti amo.
FALPALÀ Oh, finalmente una risposta sensata! Se i rapporti umani fossero basati sull’amore, il mondo sarebbe un postribolo. Tu devi rispettarmi e temermi, non amarmi. Mi sentirei talmente imbarazzata!
LUCENTINA A me invece piacerebbe amare.
FALPALÀ E magari anche essere amata.
LUCENTINA Sì.
FALPALÀ È comprensibile, dato che sei una ragazza brutta e stupida. Vedi che te l’ho dimostrato?
LUCENTINA Io penso che amare sia bello.
FALPALÀ Non dire indecenze. Stai parlando con tua madre. Abbi rispetto. Certe cose lasciamole agli animali, che non hanno l’anima. Se tu vedessi due cani accoppiarsi... Senti, mi si è ghiacciato il sangue. Tu hai una missione, ricordalo. Sei la vergine di dio. E sappi che io non ho mai fatto cose immonde con tuo padre.
LUCENTINA Eppure mi avete concepita.
FALPALÀ Non in modo carnale. Sei nata da uno slancio spirituale, dovuto più a me che a tuo padre.
LUCENTINA Sono o non sono figlia vostra?
FALPALÀ Certo che sei figlia di Ponsò e di Falpalà! Ma sei anzitutto figlia di dio. Sei stata concepita durante una preghiera in un rapporto a tre: io, tuo padre e il dio dell’universo.
LUCENTINA Sembra tutto molto affascinante e anche molto falso.
FALPALÀ Successe durante un’estasi che mi mandò a gambe all’aria, tanto fu penetrante. Sudavo, gemevo, imploravo: ancora! ancora!... e la forza mistica dello spirito fu dentro di me. Si mosse a ritmo e pulsò come la luce delle comete. Tu nascesti subito. Avevi già i capelli, la curiosità, la lingua troppo lunga e non eri capace di stare ferma.
LUCENTINA Ero cattiva?
FALPALÀ Diciamo che avevi la propensione per il peccato, perché ancora non ti avevamo educata. E infatti Ponsò ti legò e ti imbavagliò, affinché tu capissi che mostrarsi arrendevole era l’unica possibilità di sopravvivenza civile.
LUCENTINA Mamma, mi volevi bene?
FALPALÀ Ancora con questa storia? Devo rispondere di sì, dato che sono tua madre. Ma non illuderti, ci sono cose più importanti dell’affetto materno.
LUCENTINA E papà mi voleva bene?
FALPALÀ Non azzardarti a chiederglielo. Lo indispongono queste frivolezze. Tu fingi che ti voglia bene, così godi il calore degli affetti familiari.
LUCENTINA Ai ragazzi, però, il papà non vuole bene.
FALPALÀ Non intendono riconoscere la sua autorità e questo è male. Le cose funzionano se c’è chi comanda e chi obbedisce. Tuo padre ha il compito di comandare e io quello di ispirarlo con i principi superiori. Tutti gli altri devono obbedire, così vuole dio. A proposito, è quasi l’ora dell’apparizione.
LUCENTINA Non possiamo rimandare? Ora sono triste.
FALPALÀ Come possiamo rimandare qualcosa che avviene per proprio conto?
LUCENTINA Magari non avviene.
FALPALÀ Non ha mai ritardato di un secondo.
LUCENTINA Mamma, io non ci credo.
FALPALÀ Non ha importanza.
LUCENTINA Che senso ha la mia presenza, se non ho la fede?
FALPALÀ L’apparizione serve appunto per chi non ha la fede.
LUCENTINA Ci hai già provato. Non ha funzionato.
FALPALÀ Che importa? È così divertente!
LUCENTINA A me angoscia.
FALPALÀ Vedi? Comincia a fare effetto. Do inizio al conto alla rovescia. Nove... otto... sette... sei... e nel frattempo mi precipito nella posizione strategica... cinque... quattro... spero che tu sia emozionata... tre... due... uno...

CUTECÙ Zero. Ecco quanto vale ora la proprietà. Tutto è lasciato all’arbitrio dei dipendenti e della meteorologia. Ho visto strutture in rovina, campi incolti, sistemi antiquati. Sotto le mie mani abili questo posto cambierà. I fannulloni trasformati in alacri formiche. Che spettacolo! Ovunque lavoratori rispettosi e operosi. Che trionfo! E per questo mi è sufficiente un matrimonio. La figlia di Ponsò, Lucentina, è perfino una ragazza gradevole, mi hanno riferito. Nel mio cuore l’ho già sposata. Ti amo, Lucentina, ti amo con avidità.

FALPALÀ Lucentinaaa...
LUCENTINA Non mi lascio incantare, mamma. È un lenzuolo contro cui il tuo corpo preme.
FALPALÀ Infatti, ma l’effetto è notevole.
LUCENTINA È solo un lenzuolo.
FALPALÀ Lucentinaaa...
LUCENTINA Solo un lenzuolo.
FALPALÀ Lucentinaaa... mi senti?
LUCENTINA Sì.
FALPALÀ Sì, apparizione!
LUCENTINA Sì, apparizione.
FALPALÀ Lucentina... mi vedi?
LUCENTINA Sì.
FALPALÀ Sì, apparizione!
LUCENTINA Sì, apparizione.
FALPALÀ Lucentina, sei emozionata?
LUCENTINA No.
FALPALÀ Sì, apparizione! Nel nome della visione e così sia.
LUCENTINA Sì, apparizione.
FALPALÀ Nel nome della visione e così sia!
LUCENTINA Nel nome della visione e così sia.
FALPALÀ Sì, apparizione! Nel nome della visione e così sia!
LUCENTINA Sì, apparizione. Nel nome della visione e così sia.
FALPALÀ Lucentina... ti vengono le lacrime agli occhi?
LUCENTINA No.
FALPALÀ Sì, sì, sì, apparizione! Sì!
LUCENTINA Sì, apparizione.
FALPALÀ Molto bene. Finora fila tutto liscio. È una bella apparizione. Una tra le migliori, direi.
LUCENTINA È solo un lenzuolo. Solo un lenzuolo.
FALPALÀ Lucentina... Ascolta la voce terribile e dolce dell’apparizione... che ti parla di contrizione... perché tu hai peccato... e chi ha peccato è destinato... a un luogo infernale... dove regna solo il male...
LUCENTINA Io non credo all’inferno. E comunque non ho peccato.
FALPALÀ Lucentinaaa... Considera quello che hai fatto ai tuoi genitori... hai spezzato i loro cuori... hai rovinato la loro esistenza... comportandoti senza decenza...
LUCENTINA Io non ho fatto niente di male.
FALPALÀ Lucentina, anima da purgare... a chi vanno i pensieri maliziosi?... ai ragazzi indecorosi... che tuo padre è costretto ad ammazzare...
LUCENTINA Lucentina in mezzo al mare
che non sa che cosa fare
non c’è tela per la vela
non c’è legno e paga pegno
senza remo non si muove
c’era il sole e adesso piove.
FALPALÀ Ascolta i colpi della colpa... come batte come batte... non il cuore, ma la colpa... tum tututum tututum tum tum... non il respiro, ma la colpa... tum tututum tutututm tum tum... non la vita, ma la colpa... tum tututum tututum tum tum... ascolta i colpi della colpa... abbattono abbattono abbattono... senti il senso di colpa sentilo senti i brividi... e cadi in ginocchio!... e strappati i capelli!... e piangi e grida!... e fa’ tutto quello che ti comando!
LUCENTINA Non lo faccio.
FALPALÀ Figlia maledetta, che tu sia benedetta. La tua opposizione è la mia giustificazione. La tua dannazione è la mia salvazione. Continua a peccare, così posso perdonare. Ora un inno.
È padre madre e figlia
è questa la famiglia
il padre sa sparare
la madre sa annunciare
la figlia ha un maleficio
le serve il sacrificio
mandiamola a morire
così potrà guarire.

LUCENTINA Lucentina è prigioniera
di una stanza tutta nera
c’è qualcuno che la chiama
c’è qualcuno che lei ama
Lucentina innamorata
mai nessuno l’ha baciata
uno due tre
non tocca mai a me.

FALPALÀ Queste apparizioni migliorano di giorno in giorno. Come ti senti, bambina mia? Svuotata? Distrutta? Annientata?
LUCENTINA Mi fa male la testa.
FALPALÀ Buon segno. La sofferenza è il primo gradino della lunga scala d’oro che porta al paradiso tra due ali osannanti di cherubini rampanti.
LUCENTINA Mamma, come fai a credere a quello che inventi?
FALPALÀ Basta trovare le parole giuste.
LUCENTINA Io non ci riesco. Dico prato... ma nessun prato ricopre l’assito . Dico cielo... ma nessun cielo compare in alto. Ci sono giorni che le parole passate e presenti fanno un vespaio in testa. Io sto male, mamma.
FALPALÀ È quello che meriti. Quello che devi desiderare. Se lo desideri, soffri con coerenza, a tuo beneficio.
LUCENTINA Non hai pietà per tua figlia?
FALPALÀ Posso darti un analgesico.
LUCENTINA Voglio andarmene, ma non so dove.
FALPALÀ A proposito... parliamo del tuo viaggio. Dove intendi recarti in villeggiatura?
LUCENTINA Mamma!
FALPALÀ Ti mandiamo alla scuola migliore, ti comperiamo gli abiti più eleganti, ti paghiamo viaggi in luoghi esotici…
LUCENTINA Io non ho mai viaggiato, mamma.
FALPALÀ È vero. Ma illuderti è un piacere.
LUCENTINA Sei crudele.
FALPALÀ Sono la legge di dio, che cosa c’entra la crudeltà?
LUCENTINA Voglio rimanere sola.
FALPALÀ Ma certo. Devi meditare sull’apparizione. Il lenzuolo è ormai asciutto, posso stirarlo. Ah, povera Falpalà! Nessuno si rende conto di quanto grande sia la mia fatica. Mi consumo giorno dopo giorno per la mia gloria e a volte provo l’impulso di dire: basta! e invoco il martirio. Ma poi penso che è mio dovere rimanerti accanto, per tormentarti giorno dopo giorno, affinché tu ti penta di essere nata e riconosca che senza di me non saresti niente. E così il martirio è tutto tuo.

LUCENTINA Giorno dopo giorno. Il sole è una lampada. Il prato un assito. Il cielo un marchingegno. Giorno dopo giorno io sono qui, brutta, stupida e ingannata. A che cosa serve la verità, quando il mondo è una sfera quadrata dentro la quale non esiste un centro di rotazione, poiché tutto vi è immobile e spento? Le stelle… solo luminarie. Fanno ancora più buia la notte.

ATTO SECONDO

CATECÙ Che cosa vedo, laggiù? Vedo e non vedo. Un giovane, sembra. Si arrampica sul muro esterno del palazzo di Ponsò. Abbarbicato al cornicione come un uccello notturno. Con chi parla? Ho già la risposta. Devo affrettarmi. Qualcuno m’insidia la sposa. Metto in allarme Ponsò. Pam! Abbatte il malandrino.

ARDORE Lucentina!
LUCENTINA Ardore, sei tu? Mi hai messo paura.
ARDORE Posso rimanere?
LUCENTINA Attento a mio padre!
ARDORE Ormai è rientrato.
LUCENTINA Finge di entrare o di uscire. In realtà è sempre in agguato. Che cosa vedi attorno a te?
ARDORE I cadaveri degli amici.
LUCENTINA Attento a mio padre!
ARDORE Se lo sento avvicinare, chiudo gli occhi e faccio il morto.
LUCENTINA Tu morto?
ARDORE Per finta.
LUCENTINA Ho paura della finzione. Qui e ora, le cose false sono reali come le ferite della carne.
ARDORE Oggi sei piena di paure.
LUCENTINA Oggi è un giorno come gli altri.
ARDORE Addio poeti, addio versi lieti. Oggi lo spirito ne è digiuno.

LUCENTINA Le parole sono passeri. Al primo allarme, fuggono via. Devono mutarsi in corvi, se vogliono raccontare l’orrore nostro pane quotidiano.
ARDORE Ma tu sei una colomba, non hai nulla a che fare con i corvi.
LUCENTINA Voglio possederne la forza e la prepotenza.
ARDORE Ali nere sulla tua pelle bianca?
LUCENTINA E becco robusto.
ARDORE Ho qualcosa per te.
LUCENTINA Ancora poesie?
ARDORE Talmente tanti i fogli passati che la fessura si è allargata. Ora riesco quasi a intravederti.
LUCENTINA Io non sono bella.
ARDORE Leggi le mie parole.
LUCENTINA Guadagno tempo, perché fra poco te ne andrai.
ARDORE Lucentina, ti prego.
LUCENTINA Ora leggo.
ARDORE Non posso trattenermi a lungo.
LUCENTINA So che la giovinezza non ha potere, solo magia. Ma a chi interessa la magia, in un luogo di potere?
ARDORE Leggi, ti prego, il mio tempo sta per finire.
LUCENTINA Non dire così. Suona come un presagio. Ora leggo.
ARDORE Quale pensiero ti turba?
LUCENTINA Un pensiero nero.
ARDORE Tu non sei uno dei corvi!
LUCENTINA È un desiderio perverso, il mio? Farmi strada a colpi di becco, allargare le ali e scomparire nel cielo?
ARDORE Puoi farlo da colomba, non da corvo.
LUCENTINA Le colombe sono deboli. Muoiono uccise.
ARDORE Perché ci mettiamo a parlare della morte?
LUCENTINA Perché amiamo la vita.
ARDORE Un giorno, in un altro luogo…
LUCENTINA Un altro luogo?
ARDORE Potrebbe essere ancora questo.
LUCENTINA E vedrei il mio sogno, qui, al centro della stanza?
ARDORE Lo vedresti prendere corpo.
LUCENTINA E potrei sentirne il calore?
ARDORE Sì, se tu lo abbracciassi.
LUCENTINA E il destino non me lo porterebbe via?
ARDORE Perché dovrebbe? Non è che un piccolo sogno. Se questa parete fosse d’aria, così da farci passare lo sguardo...
LUCENTINA Gli occhi di Ardore.
ARDORE Se questa fessura fosse appena più larga... tanto da passarci la mano...
LUCENTINA Sarebbe la mano di Ardore.
ARDORE Se potessi abbattere questo muro e correre da te...
LUCENTINA Fallo! Non voglio la voce o la mano o gli occhi... voglio Ardore! Fallo e portami via!
ARDORE Sai che non è possibile.
LUCENTINA Ecco l’epilogo. Dovremmo farne il prologo e invece…
ARDORE Non farti rapire dalla tristezza!
LUCENTINA Ecco quanto potere hanno le parole che ci scambiamo. Servono solo a dire che non è possibile. A una sola parola si riduce il dizionario della tua cortesia: no. Tutte le nostre invenzioni appassionate hanno un’anima comune. Si chiama no. E anche i sogni non sono altro che no. Questo è l’alimento del mio mondo, il no. È l’ombra di ogni luce.
ARDORE Lucentina...
LUCENTINA Mio padre! Me lo annuncia il fiele che dalle viscere risale fino alla bocca.
ARDORE Non me ne vado, se non ti sento rasserenata.
LUCENTINA Allora ci sarà uno scheletro appeso al muro esterno della casa e io mi maledirò perché ti avrò ucciso.
ARDORE Ti ho parlato delle luminarie?
LUCENTINA In questo buio vieni a parlarmi di luminarie?
ARDORE Il paese è in festa ed è fiorito di luminarie. Ovunque vai, vedi luci colorate. Nessuno rimane in casa. Sono tutti in strada e la confusione è gioiosa. Gli sconosciuti parlano tra di loro anche senza avere nulla da dire. Ridono e si offrono l’un l’altro da bere. I bambini sono talmente eccitati che corrono senza sosta. Molti cantano. Molti ballano. Lo sguardo alle luminarie, l’espressione appagata.

PONSÒ Lucentina! Con chi stai parlando?
LUCENTINA Addio, Ardore! Parlo con me, papà, per farmi compagnia.
PONSÒ Ora parla anche da sola! Proprio stupida, tua figlia.
FALPALÀ Forse ha una visione. Dobbiamo mettere nero su bianco che cosa dice. Ne facciamo un libro sacro. Il nostro libro sacro. Con la mia prefazione.
PONSÒ Non mi piace una casa infestata dagli spiriti. Io sono abituato a usare le mani. Mani robuste, che sanno piegare la realtà più riluttante. Mani educate a non starsene in panciolle, ma a stringere tutto ciò che arraffano.
FALPALÀ Lasciamolo blaterare. Lasciamogli credere di essere lui a dominare me.
PONSÒ Ci sono regole che si possono infrangere solo con la mia complicità. Per gli altri, le sanzioni sono severissime.
Io sono Ponsò e le tasse vanno pagate a me.
Con i proventi assicuro a tutti i servizi più superflui e accumulo capitali in luoghi segreti.
Io sono Ponsò, il capo di questa famiglia e di tante altre cose più interessanti. Quando do un ordine voglio che sia eseguito e chi non la pensa come me sia imprigionato, torturato e ammazzato. Non date retta a Falpalà: dio esiste perché esisto io, e ama manifestarsi nelle mie parole, e quando è arrabbiato incarica me di fare un genocidio.
FALPALÀ Ponsò mi aiuta a convertire i paesani alla nostra santa causa. I sopravvissuti, che poi elimina perché sono petulanti, sono i testimoni delle incursioni notturne, delle decapitazioni e delle croci infuocate.
Una visione mistica, quella delle croci infuocate.
Non sempre andiamo d’accordo. A volte mi picchia. Allora la prima cosa che mi viene in mente è di condirgli la minestra con il veleno, ma poi ho paura dell’anarchia e gli cucino gli gnocchi con il ragù.
Io sono Falpalà, la sposa di Ponsò e la madre di Lucentina. Mi considero la più stretta collaboratrice di colui che sta lassù, che prego sette volte al giorno con il viso rivolto al Polo Sud. Organizzo le apparizioni, maledico, profetizzo, minaccio, raccolgo fondi per beneficiarmi, fingo compassione per i disgraziati e curo le pubbliche relazioni con i ricchi e i potenti. Se vi schierate dalla mia parte, andate in paradiso e mangiate tre volte al giorno, altrimenti avete una vita di persecuzioni.

CATECÙ Ponsò!
PONSÒ Chi mi chiama?
CATECÙ Io, Catecù.
PONSÒ Ti aspettavo.
CATECÙ Bada a tua figlia, Ponsò!
PONSÒ Quello che hai da dire dillo subito.
CATECÙ Dico di lui, Ponsò. Dell’amante segreto. Avresti dovuto vederlo, appollaiato sul cornicione. Avrebbe potuto dare fuoco alla casa. Buttarci una bomba e ridurla in macerie. E tu dov’eri, Ponsò? Tu nemmeno ti accorgi dei terroristi che ti entrano in casa.
PONSÒ Giorno e notte notte e giorno
terroristi sempre intorno
ma la cosa non stupisce
c’è qualcuno che tradisce
ecco questo è il mio calvario
diffidare è necessario
spara ammazza e poi tortura
ecco questa è la mia cura.
CATECÙ Va’, Ponsò, corri da lei. Difendi la proprietà. Falle dire chi è il furfante. Aspettalo nascosto nell’ombra e quando torna sparagli.
FALPALÀ Andiamo, Ponsò.
CATECÙ Apritemi la porta, prima.
FALPALÀ Appena sistemata la faccenda, ti faccio entrare, Catecù.
PONSÒ Porta pazienza. Non fai ancora parte della famiglia.
FALPALÀ Che referenze ci porta? Ha mai fatto dei miracoli? Per conto mio, se ne può stare là fuori fino al giorno del giudizio. Che ambizione smodata. Ambire a fare parte della sacra famiglia.

PONSÒ Con chi parlavi, bastarda?
LUCENTINA Se fossi tale, terrei d’occhio la moglie, non la figlia.
PONSÒ Risponde in modo sfrontato. Bisogna che la spogli e con la frusta le scriva l’educazione sulla pelle.
FALPALÀ Ponsò, noi non siamo violenti. Dimmi, Lucentina: stavi meditando a voce alta sull’apparizione?
LUCENTINA No.
FALPALÀ L’apparizione ti ha fornito l’ispirazione per una crisi spirituale?
LUCENTINA No.
FALPALÀ Stai negando l’evidenza, perché so quanto sono efficaci le apparizioni, anche con le anime come la tua. Che cosa cerchi, Ponsò?
PONSÒ So io che cosa. E dopo che non l’avrò trovato, perderai una figlia.
FALPALÀ È nervoso a causa di una questione internazionale. Ci vuole pazienza. Accettazione del mondo, così com’è e così come deve restare.
PONSÒ Dove sono? Dove sono?
FALPALÀ Perché ti agiti tanto? Vuoi dirmi che cosa cerchi?
PONSÒ So io che cosa. E dopo che non l’avrò trovato, perderò una figlia.
FALPALÀ Dimmi, Lucentina. Stavi parlando con un ragazzo?
LUCENTINA Sì.
FALPALÀ Quello che scrive le belle cose?
LUCENTINA Come fai a saperlo?
FALPALÀ Una madre inventa ciò che non sa e spesso lo indovina.
PONSÒ E come si chiama il condannato a morte?
FALPALÀ Si chiama Ardore.
LUCENTINA Sai anche questo!
FALPALÀ Una madre, se non sa qualcosa, sa comunque, grazie all’ispirazione.
PONSÒ Ardore! Il nome di un morto.
FALPALÀ Ti passa fogli attraverso una fessura.
LUCENTINA Mi hai spiata.
PONSÒ In casa mia spiamo quanto vogliamo, soprattutto se mia figlia frequenta i terroristi.
LUCENTINA Non lo conosci nemmeno.
PONSÒ Io non faccio conoscenza con i terroristi. Li ammazzo per farne degli eroi, così il nemico è più credibile.
FALPALÀ Anche tu scrivi? Sciocchezze, penso. Non sei in grado di produrre scritti interessanti e sicuramente non lo sarai mai, perché solo a me è stata consegnata la parola e tutto il resto è oscenità.
LUCENTINA Hai spiato nella mia anima.
FALPALÀ È mio dovere, nonché piacere.
PONSÒ Dove sono? Dove li hai nascosti?
FALPALÀ Ponsò, per favore. Sto consigliando spiritualmente nostra figlia. Non potresti lasciarci sole?
PONSÒ La bastarda ha rubato i soldi e li ha nascosti chissà dove. Ma forse non li ha nascosti. Forse li ha consegnati a qualcuno.
FALPALÀ Ne sei sicuro? Mi sento di colpo raggelata. Mi tremano le mani. Devo sedermi, le gambe non mi reggono. I nostri soldi? Per farne che cosa, Lucentina?
PONSÒ Non dici niente, bastarda?
LUCENTINA Ho perfino paura di guardarti. Che cosa vuoi che ti dica?
PONSÒ Che li hai dati al terrorista! Per comprare armi e ucciderci tutti! Ho covato una vipera in seno! Tradito dalla propria figlia! Un padre pugnalato alle spalle!
FALPALÀ Non trascendere, Ponsò. Lascia parlare me. Hai rubato i soldi?
LUCENTINA No
FALPALÀ Lucentina dice sempre la verità, quindi non è stata lei. Dato che in casa ci siamo solo noi e che io sono innocente perché tale è la mia natura e che Ponsò non va mai incriminato... ecco che la responsabile è comunque lei.
PONSÒ Oltre che ladra, anche bugiarda.
FALPALÀ Strano che succeda dopo un’apparizione.
PONSÒ A lei non fanno effetto. È una ribelle.
FALPALÀ Sbagli, Ponsò. Vero che le mie apparizioni sono convincenti?
LUCENTINA No.
FALPALÀ Mente ancora. È il massimo, per una che dice sempre la verità.
PONSÒ Che cosa dobbiamo fare? Se tu non intercedi, la uccido subito.
FALPALÀ No, no, io intercedo. È la mia missione. Facciamole prendere solo uno spavento, in modo che la paura l’aiuti a frenare gli impulsi scellerati.
PONSÒ Le strappo le unghie?
FALPALÀ Non dovrei essere io a consigliarti, dato che devo intercedere... ma... le unghie? No, Ponsò, no. Poi non può usare le mani per almeno quindici giorni e chi mi aiuta nelle faccende domestiche?
PONSÒ Ustiono le parti intime?
FALPALÀ Meglio. Sono zone invisibili. Dato che occhio non vede, cuore non duole… la sofferenza è mitigata e io mi sento misericordiosa, come dev’essere.
PONSÒ Allora siamo d’accordo. Un po’ di ustioni sulle parti intime. Ti va bene, Lucentina?

CUTECÙ Non va bene a me! E che diamine! Qui si trascende! Non sono certo venuto a prendermi l’amore, è vero. Solo una moglie fedele e obbediente. Ma ustioni sulle parti intime! Che disgusto! Non voglio una moglie menomata! Ponsò! Fammi entrare!
PONSÒ Ponsò è occupato.
CUTECÙ Falpalà, fammi entrare! Sono Catecù!
FALPALÀ Non è il momento adatto. Ripassa tra qualche minuto.
CUTECÙ Non rovinatemi la moglie! Eh, dio santo! Sono sensibile a certe cose!
FALPALÀ Catecù, sei impazzito? Bestemmi? Vuoi che ustioniamo anche a te le parti intime?
CUTECÙ Scusa, Falpalà. Ho sbagliato. Ma fatemi entrare!
PONSÒ Lo ripeto per l’ultima volta. Ti va bene, Lucentina?
LUCENTINA No.
FALPALÀ Mente. È sconcertante questa sua doppia personalità di bugiarda che dice sempre la verità.
PONSÒ Riconosci la tua colpevolezza?
FALPALÀ Lascia a me questa domanda, tu pensane un’altra. Lucentina, riconosci la tua colpevolezza?
LUCENTINA No.
FALPALÀ Incredibile: continua a mentire.
PONSÒ Dove hai nascosto i soldi?
LUCENTINA Non ho preso i soldi. Non sono mai uscita da questa stanza e voi lo sapete. Non esistono posti in cui nasconderli. Non ho mai visto nemmeno un soldo, in vita mia. Non saprei che cosa farne. In questa stanza la ricchezza vale quanto un pugno di sabbia.
PONSÒ La senti? Parla! Parla! Parla! Le hai insegnato tu a parlare a vuoto? Mi critica. Mi contraddice. Ti sembra tollerabile?
FALPALÀ Sei innocente, Lucentina?
LUCENTINA Sono colpevole di essere innocente.
PONSÒ La senti? Le hai insegnato tu i giochi di parole?
FALPALÀ Mente e rifiuta il verbo. Forse è un’anima perduta. Prima di farne una vergine votata al martirio, devo redimerla.
PONSÒ Spogliala. La ustiono. Non ho tempo da perdere.
FALPALÀ Il papà ha ragione. Lo attendono importanti questioni internazionali e tu lo trattieni qui per farti ustionare. Ah, Lucentina, che cosa stai diventando? Non sarà tutta colpa della pubertà?
LUCENTINA Io sono innocente.
FALPALÀ Hai testimoni? No. Su, spogliati, bambina mia.
PONSÒ Se non si spoglia, le rovescio addosso venti litri di benzina e le do fuoco.
FALPALÀ Il papà sta esaurendo la pazienza. La misericordia non funziona con persone che si ostinano nell’errore. La pietà ha il suo prezzo.
LUCENTINA Che cosa devo fare? Ho paura e non posso ribellarmi. Non voglio restare, ma non posso fuggire. Non so che cosa dire. Non voglio più ascoltarvi. Sto per impazzire.
FALPALÀ Noi vogliamo il tuo bene a immagine del nostro.
LUCENTINA Solo una cosa da modellare a vostro piacimento.
FALPALÀ Brava, è così.
LUCENTINA Ma io non sono vostra!
FALPALÀ Sì, cara. Tu ci appartieni.
PONSÒ Tutto ci appartiene, in questa casa.
LUCENTINA I muri, i pavimenti, i mobili vi appartengono... ma io sono una persona. Una persona sfugge alla definizione di proprietà, perfino quando è tanto piccola da non essere visibile e anche quando è diversa o quando è troppo uguale a innumerevoli altre. Una persona è come aria che non si può stringere nel pugno.
PONSÒ Ma posso respirarla.
LUCENTINA Provaci e la libertà di cui è fatta ti avvelena il sangue.
PONSÒ Parole. I fatti sono più efficaci.
FALPALÀ Rifletti, Lucentina. Fuori di qui che cosa trovi? Voragini maligne e dannazioni eterne. Guardami. Non sono un’apparizione vivente? Non sono avvolta da luminosità? Non mi sto sollevando da terra?
LUCENTINA No! No! No!

CUTECÙ Smettetela di tormentarla! Non è più solo vostra, ora è anche mia. E dopo sarà più mia che vostra. Vi diffido dall’assumere iniziative che possono rovinare l’integrità della mia proprietà.

AMICI Lucentina!
PONSÒ Chi ha gridato il tuo nome?
LUCENTINA Andate! C’è mio padre!
PONSÒ Tu li avverti? Ci tradisci?
AMICI Lucentina, per favore, manda a dire a quel signore che se va la gatta al lardo è per giungere al traguardo!
PONSÒ Si prendono gioco di me.
LUCENTINA Ho riferito! Ora andate!
AMICI E digli un’altra cosa, che tu come una rosa hai il petalo in velluto che di spine è intessuto.
LUCENTINA Ho sentito! Ora andate!
PONSÒ Osano minacciarmi.
AMICI Per finire a Falpalà dille che nell’aldilà non c’è posto per chi sa di mentire in aldiqua.
FALPALÀ Miscredenti! Ponsò, che cosa aspetti? Prendi il fucile e benedicili.
PONSÒ E la bastarda ladra e bugiarda?
FALPALÀ Corri a dare la giusta punizione agli infedeli. Poi torna qui trionfante e salvifico. Penseremo a lei quando l’avrai resa orfana delle voci che la inducono al peccato.
PONSÒ Vado e li ammazzo, torno e la ustiono.
FALPALÀ Sii prudente, hanno il male dalla loro parte.

CUTECÙ Attento, Ponsò! Qui ci sono io! Agito le braccia! Mi vedi? Non sparare da questa parte! Accidenti a te, Ponsò! Non potevi farmi entrare? I proiettili vaganti mi terrorizzano! Spara a loro, Ponsò! Ammazzali tutti! Ma attento a me! Attento a me, Ponsò!

LUCENTINA Uno sparo. Un grido. Altri spari. Grida e ancora grida.
FALPALÀ È il destino degli eretici.
LUCENTINA Venivano a trovare me. Sono morti tra le mie braccia. Ho il vestito impregnato di sangue. Sono vestita di sangue e il sangue penetra attraverso la pelle e si mescola al mio e quando arriva al cuore riascolto le loro voci.
FALPALÀ Sangue di eretici, macchia sull’eternità.
LUCENTINA La mia esistenza non produce altro che lutti. La mia esistenza produce solo dolore.
FALPALÀ La falce divina miete i bestemmiatori.
LUCENTINA E io perché non sono morta? Non comprendo questa ostinazione di vita.
FALPALÀ Ti ci vuole un matrimonio. Quante storture raddrizza un matrimonio! C’è un pretendente sdegreto. Il suo impero economico sarebbe concime per l’impero politico di tuo padre. Con lui come sponsor, potrei allargare i confini del mio impero spirituale. Apparizioni televisive: fumi colorati laser luci stroboscopiche impianti di amplificazione scenografie balletti e tutti i trucchi di un concerto pop. Sono già divina, diventerei anche diva.
LUCENTINA Io non voglio sposare nessuno. Io non voglio niente di quello che vuoi tu.
FALPALÀ Brava. Risposta esatta. Tu non sposi un uomo. Sei votata a dio. Il tuo dev’essere un matrimonio celeste. Hanno suonato alla porta. Corro ad aprire. Forse è l’arcangelo Gabriele.

PONSÒ Un piacere, sparare.
LUCENTINA Hai colpito qualcuno?
PONSÒ Non ho mirato a nessuno.
LUCENTINA Senza che tu lo volessi, qualcuno è rimasto ferito?
PONSÒ Un proiettile vagante.
LUCENTINA È morto?
PONSÒ Ce l’hai proprio lì sotto la finestra. Faccia da malandrino.
LUCENTINA Uno dei ragazzi è morto?
PONSÒ Uno... due... tre... Se cerchi un contabile, non ti serve un padre.
LUCENTINA Tre colpiti a morte?
PONSÒ Tre... trenta... Quando lo saprò, te lo dirò.
LUCENTINA Qualcuno forse è ancora vivo.
PONSÒ Se lo fosse, avrei sprecato i colpi di grazia.
LUCENTINA Infine dimmi, papà: è una giornata di sole?
PONSÒ Giornata splendida! L’aria profuma di energia.
LUCENTINA Non è una giornata splendida.
PONSÒ Giornata splendida!
LUCENTINA Non è una giornata splendida.
PONSÒ Non contraddirmi! È una giornata splendida!
LUCENTINA Non è una giornata splendida.
PONSÒ Non ti bastano le sberle? I calci? I pugni? Devo ammazzarti per farti capire che non devi contraddirmi? È una giornata splendida! È una giornata splendida! È una giornata splendida!

CATECÙ Posso entrare? Falpalà mi ha aperto. Mi è costato un patrimonio, ma ogni investimento richiede un esborso. Sono molto scosso. I proiettili vaganti sciami d’api che hanno perso l’orientamento. Uno mi ha sfiorato la guancia. Ho temuto di morire. Non è così che si tratta il futuro genero, Ponsò.
PONSÒ Carissimo Catecù!
CATECÙ Devo proprio abbracciarti? Non basta una stretta di mano?
PONSÒ Sei venuto per conoscere mia figlia Lucentina?
CATECÙ Prima di una decisione avventata, voglio farti un discorso chiaro.
PONSÒ Mettiamoci comodi. Lucentina, approfittane per studiare.
CATECÙ Sono onorato di prendere tua figlia in moglie, ma la voglio integra. Come posso tenerla al mio fianco nelle occasioni mondane, se tu la sfiguri?
PONSÒ Che cosa ti viene in mente? Guardala tu stesso. È un fiore di verginità.
CATECÙ La voglio integra fuori e dentro. Come posso vantarmi di lei, se tu le ustioni le parti intime?
PONSÒ Lucentina, sorridi al signor Catecù.
LUCENTINA Io non voglio fare parte delle vostre trame.
CATECÙ Lucentina, sono incantato…
LUCENTINA Non vi conosco, signore.
PONSÒ Catecù è l’uomo più ricco del mondo. È l’uomo che più di ogni altro ha contribuito a eliminare la barbarie dell’inciviltà e a darci la supremazia materiale che produce automaticamente ogni altra forma di supremazia: morale, intellettuale, artistica eccetera eccetera. Catecù è il tuo fidanzato.
LUCENTINA Non è un amico, nemmeno un conoscente, come può essere il mio fidanzato?
PONSÒ Catecù è il tuo fidanzato e tu lo sposi.
LUCENTINA Io non lo amo.
PONSÒ Tu lo sposi.
LUCENTINA Io non lo sposo.
CATECÙ Con il tuo permesso, Ponsò. La tua volontà è ininfluente, Lucentina. Ormai siamo fidanzati e in settimana ci sposiamo. Sono libero giovedì, dalle ore dieci alle ore undici, se per voi va bene.
LUCENTINA Io non vi sposo, signor Catecù.
CATECÙ Se nessun altro fa obiezione, confermo la data.
PONSÒ Vado a dare la lieta novella a Falpalà.
FALPALÀ Non occorre che ti scomodi. Io non ci sto. Nel frattempo, vi servo il tè.
PONSÒ Finalmente nostra figlia ci può risarcire dei sacrifici fatti e tu ti opponi?
FALPALÀ Io li ho fatti, i sacrifici! Tu, marito fedifrago e padre assente, ti sei sempre premurato di badare solo al tuo benessere. Io, ho fatto i sacrifici! Sono io la madre consacrata e immolata! A me spetta disporre del destino di Lucentina secondo la mia volontà teologica.
PONSÒ Sposando Catecù le offriamo una sistemazione da signora.
CATECÙ Lucentina sarà la regina del mondo.
FALPALÀ Di questo mondo precario può darsi. Ma io l’ho destinata a diventare la reginetta di un mondo eterno e indeformabile. Lucentina si manterrà vergine per la gloria di dio.
PONSÒ Non può fare la vergine, se deve sposarsi.
FALPALÀ Infatti, non si sposa.
CATECÙ Tra me e Ponsò c’è un accordo.
FALPALÀ E io dov’ero, quando l’avete stipulato?
PONSÒ Volevo farti una sorpresa.
FALPALÀ Ora che l’hai fatta, puoi invitare Catecù… che io stimo e rispetto come nessun altro… a cercarsi una moglie che non sia già vincolata al santo martirio.
CATECÙ Cercarmi un’altra moglie? Non sarebbe figlia vostra. Un matrimonio privo di senso!
FALPALÀ Cerca di capire. La mia unica figlia non può sposare che dio. Nei secoli dei secoli amen.
PONSÒ Scusaci, Catecù. Vieni di là, Falpalà. Ci sono cose che forse non hai esaminato in tutta la loro profondità.
FALPALÀ Vuoi lasciare sola Lucentina in compagnia di un uomo?
PONSÒ Garantisco io per lui. Catecù, tu sai come devi comportarti. Sai che cosa devi fare.
CATECÙ Lo so?
PONSÒ Lo sai, Catecù. Ricorda che fra te e il matrimonio si frappone solo un imene.
CATECÙ La verginità?
PONSÒ Non è una malattia incurabile.

CATECÙ Siamo soli, Lucentina.
LUCENTINA È una fortuna o una disgrazia?
CATECÙ La disgrazia che farà la tua fortuna.
LUCENTINA Voi non sapete dov’è riposta la mia fortuna, come pretendete di offrirmela?
CATECÙ Certe fortune sono considerate tali da ogni persona di buonsenso.
LUCENTINA È dunque il buonsenso che uccide i giovani sotto la mia finestra?
CATECÙ Quelle morti sono accidentali.
LUCENTINA Perché avete detto che il nostro incontro è una disgrazia?
CATECÙ Tua madre si oppone al matrimonio.
LUCENTINA Questa è una fortuna. Nemmeno io voglio sposarvi.
CATECÙ Se tu smettessi di essere vergine…
LUCENTINA Non mi lascio violentare da voi.
CATECÙ Se ti lasciassi violentare, non sarebbe più una violenza. Ciò che non posso avere con l’inchiostro di una firma, lo pretendo con il sangue di una rapina. Puoi dare inizio ai graffi e ai morsi, puoi sputare e imprecare, implorare e maledire, scalciare e cercare una via di fuga. Poi sarai mia.
LUCENTINA Se volevate spaventarmi, ci siete riuscito.
CATECÙ Più sei violentata, meglio sei sposata. Ebbene? Sto aspettando. Non reagisci?
LUCENTINA Non so che cosa fare.
CATECÙ Di’ qualcosa.
LUCENTINA Non so che cosa dire.
CETCÙ Le vergini sono terrorizzate dallo stupro.
LUCENTINA Grido aiuto. Aiuto!
CATECÙ Come antipasto, mi può stuzzicare. Ma poi devi difenderti e lottare.
LUCENTINA E il rispetto? E la tenerezza?
CATECÙ Che sciocchezza! Sei mia prigioniera. Sii battagliera.
LUCENTINA Non ne sono capace.
CATECÙ Non mi piace. L’incontro non diventa scontro. Se ti strappassi le vesti? Reagiresti?
LUCENTINA Non lo so... sì, forse… oppure no...
CATECÙ Se usassi la cinghia?
LUCENTINA Non voglio soffrire.
CATECÙ Ti ascolto guaire. Ecco, questo è il dolore.
LUCENTINA Ardore!
CATECÙ Sciocca, nessuno ti salva. Ecco, questo è il dolore.
LUCENTINA Ardore! Aiutami!
CATECÙ Grida! Implora! Gemi! Il dolore ti rende viva. Trema! Singhiozza! Disperati! Ecco, questo è il dolore. Ora conquisto il tuo corpo. E diventi mia sposa.
LUCENTINA Ardore! Per favore!
CATECÙ Grida gemi e implora
sei la mia signora
grida piangi e trema
questo è il mio poema
urla con livore
questo è il tuo dolore.
LUCENTINA Per favore… Ardore!
CATECÙ Strilla con fervore
questo è il tuo dolore.
LUCENTINA Ardore! Ardore! Ardore!

CATECÙ Che cosa succede? Chi è questo diavolo? Ponsò, accorri! I demoni assaltano la tua casa! La demoliscono! Ponsò! Il tuo impero crolla!
ARDORE Lucentina, sei libera.
LUCENTINA Le luminarie!
ARDORE Corri da me... verso le luminarie.
LUCENTINA Quanta luce! Non avrei mai creduto che la luce potesse essere tanta! Non oso muovermi. Ardore... la luce mi inchioda allo stupore. Le luminarie! Sento le voci della festa. La musica. Non posso muovermi, Ardore, è troppo grande lo stupore. Papà! Hai sparato?
PONSÒ Ho tirato un colpo, là.
LUCENTINA Hai colpito qualcuno?
PONSÒ Lo spero bene.
LUCENTINA Hai colpito Ardore?
PONSÒ Di sicuro non è stato un proiettile vagante.
LUCENTINA Ardore è stato colpito?
PONSÒ Ha gli occhi aperti. Faccia da malandrino.
LUCENTINA È ancora vivo?
PONSÒ Come può esserlo un morto.
LUCENTINA Dimmi, papà, è una giornata di sole?
PONSÒ Giornata splendida!
FALPALÀ Lucentina, sei libera. Il diavolo che ti tentava è stato ricacciato nell’inferno. Io e tuo padre abbiamo parlato a lungo per il tuo bene. Sposerai Catecù, figlia mia. Poi ti manderò a farti esplodere in mezzo ai miscredenti che assediano la nostra casa. E sarai sposa e martire, Lucentina. Vergine sposa e martire! Che destino fulgido!
CATECÙ A questo punto, posso anche ritirarmi. Gli affari mi aspettano. Appuntamento a giovedì, dalle ore dieci alle ore undici. Io sarò sposato e subito vedovo. Tu, Lucentina, avrai un monumento in piazza e una statua nei luoghi di culto.
FALPALÀ Sarai beata! E poi, dopo appena tre giorni, santa! Ho allevato una figlia, ma finalmente ne è valsa la pena.
PONSÒ A giovedì, Catecù. Faremo grandi cose, io e te.
CATECÙ E il demone? Sono rimasto abbagliato e non l’ho visto in faccia.
PONSÒ Brutta faccia da malandrino.
CATECÙ Ma io… Conosco questo viso adolescente. Ho un nome da dare a questo finto demone: Ardore, mio figlio!
FALPALÀ Accetta la volontà di dio. Imperscrutabili sono i suoi piani.
PONSÒ Io non ne so niente, di questo Ardore morto in casa mia. Un maledetto proiettile vagante ha colpito ancora.
CATECÙ Mio figlio Ardore!
FALPALÀ Vuoi che facciamo santo anche lui?
PONSÒ Tutta colpa dei terroristi.
CATECÙ Ho ucciso mio figlio!
FALPALÀ L’ha fatto anche dio, non c’è da angustiarsi.
PONSÒ Andiamo di là, Catecù. Dobbiamo fare un piano per annientare i terroristi.

LUCENTINA Il sole si deve vergognare di essere tanto sfrontato. Non solo illumina le miserie più meschine, ma fa luce sull’orrore della morte.
Le luminarie sono più desiderabili. Ardore non avrebbe mai voluto morire in un covo di buio. Nemmeno in un raggio di sole, che l’avrebbe trafitto con la crudeltà dell’evidenza. Egli è morto sotto le luminarie, tra la gente in festa. Questo mi consola.
Eccomi, Ardore. Oh, la tua espressione infantile. Ti accarezzo il viso. Bacio il dorso della mano, dove le vene disegnano mappe misteriose.
I ragazzi mi chiamano. Tra le risa e i canti, i miei singhiozzi sembrano gridolini di gioia. Ecco, Ardore. Ballo e canto, come volevi tu.
Lucentina innamorata
mai nessuno l’ha toccata
per chi osa c’è la morte
e per lei la stessa sorte
addio all’amore: uccide!
meglio fosse stato cieco
colui che ti vide ti vide ti vide
e questa è l’eco.
Addio, padre che vuoi farmi fare figli di violenza.
Addio, madre che mi sacrifichi per alimentare la follia.
Addio, giorni di silenzio.

ARDORE Lucentina, sono io.
LUCENTINA Ardore... il mio amore?
ARDORE Che cosa fai in questo luogo?
LUCENTINA Sono venuta per le luminarie.
ARDORE Allora le hai viste, finalmente.
LUCENTINA Luci di tutti i sogni. Rendono il giorno e la notte un tempo colorato. Il tempo è sempre minaccioso, ma i colori lo fanno più mansueto.
ARDORE Vuoi venire con me?
LUCENTINA Ovunque.
ARDORE Ma subito.
LUCENTINA È una giornata di sole?
ARDORE È una giornata splendida.
LUCENTINA Vengo con te.
ARDORE Attenta, però, con me sei sola. Hai i ricordi, scorgi la gente in lontananza, senti l’eco delle loro vite, ma non hai nessuno con cui ballare e cantare.
LUCENTINA Addio, ragazzi. Io me ne vado. Tanta solitudine ne ha prodotta una definitiva, ma io vado in pace e felice di non voler essere troppo felice. Dimmi, Ardore, com’è questa giornata?
ARDORE È una giornata splendida. Guarda in alto.
LUCENTINA Un’altra luminaria.
ARDORE No, le stelle.
LUCENTINA La luminaria della mia solitudine, dove praticare l’arte di essere felice.
ARDORE Bada, Lucentina, qui non hai nessuno con cui parlare.
LUCENTINA Ho me stessa. A sinistra, le luminarie e le voci allegre. A destra, il buio e le voci irate. Dietro di me la sorgente e davanti la foce. È tutto molto semplice. Sopra di me la luminaria di stelle. Altro non mi serve.

FALPALÀ Lucentina! Se ci lasci, anneghi nel peccato! E io a chi farò le mie apparizioni?
PONSÒ Lucentina, prima o poi un proiettile vagante troverà la strada del tuo cuore! E io... io chi darò in moglie a Catecù?
FALPALÀ Lucentina, sei dannata!
PONSÒ Lucentina, figlia bastarda ladra e bugiarda!
LUCENTINA Basta! Fate silenzio. Voglio contemplare la luminaria. Voglio dire grazie, grazie per la mia libertà.