LA LIBETTA‘

Dramma  in  tre  atti di

Antonio  Sapienza   


La vicenda è liberamente tratta dai noti fatti di Bronte del 2 agosto 1860.


Personaggi:

La Corte:
Il Presidente della Corte
Il Pubblico Accusatore
Il Cancelliere
Avvocato difensore d’ufficio
Gli imputati:
Calogero Gasparazzo
Nunzio Ciroldo Fraiunco
Nunzio Longi Longhitano
Nunzio Nunno Spitaleri
Nunzio Samperi
Nicolò Lombardo
Testimoni:
Bottino, ufficiale postale
Sebastiana Spadafora (Nedda)
Giuseppa Pulvirenti (Pudda)
Una guardia giudiziaria.

                                                             Atto   I


Sulla scena vi è stata ricostruita, alla meglio, l’aula di tribunale. Scranno del Presidente, della Pubblica Accusa, del Cancelliere , seggio dell’avvocato, difensore e gabbiotto dell’imputato.
(Si suggerisce alla regia di fare effettuare agli attori, durante gli interrogatori, dei movimenti scenici atti a vivificare il dibattito).

 All’apertura del sipario, ci sono in scena il Cancelliere e l’avvocato difensore d’ufficio. Poco dopo il cancelliere dice ad alta voce.

Cancelliere – In piedi, entra la corte.-

Entra in scena il Presidente della Corte, insieme alla Pubblica Accusa, e si siedono nel proprio scranno; ma mentre il Presidente resterà seduto sul suo scranno per tutta la durata del processo, il Pubblico Accusatore si muoverà nell’aula a seconda di come procede il dibattimento (e seguendo le eventuali direttive della regia e il talento dell’attore).

Presidente – L’udienza è aperta. Cancelliere fate entrare il primo imputato…-

Canc.- Che entri l’imputato Samperi Nunzio.-

Entra Nunzio Samperi, uomo di venticinque anni, dall’aspetto fiero e deciso, incatenato e scortato da una guardia.

Presidente.- Che lavoro svolgete?-

Nunzio- Faccio il falegname.-

Presidente-  Come vi dichiarate rispetto alle accuse mossovi?-

Nunzio- Colpevole per forza maggiore.-

Presidente.- La parola al Pubblico Accusatore.-

Pubblico Accusatore- Signor Presidente secondo quanto si evince dall’istruttoria del delegato, dopo aver esperito le relative indagini in loco, e quindi sentito i fatti successi nel paesino etneo di Bronte, le varie testimonianze, questa Pubblica Accusa, chiede una condanna esemplare per l’imputato, certo Nunzio Samperi, per i reati ascritti: quale , il massacro, l’omicidio, il vilipendio di cadaveri, il saccheggio e il furto aggravato. Pertanto Questa Pubblica Accusa chiede per il Samperi la pena di morte tramite fucilazione alla schiena.-

Presidente- Avvocato difensore, a voi la Pubblico Accusatore.-

Avvocato- Signor Presidente la difesa si rimette alla clemenza della corte.-

Presidente- Imputato, avete qualcosa da aggiungere?-

Nunzio – Chi io?-

Presidente.- Si, voi. Cosa avete da dire in vostra difesa?-

Nunzio.- (guardando l’avvocato) Ma non mi doveva difendere il signor avvocato?-

Presidente.- L’avvocato ha già fatto la sua arringa. Adesso tocca a voi, se volete, dire qualcosa in vostra difesa.-

Nunzio- Bene, voscenza sa…-

Viene interrotto dal cancelliere-

Canc. – …Si dice Vostra eccellenza.-

Nunzio – Vostra eccellenza. Come dice voscenza, si. Dunchi, voscenza , in primis in primis, io e i miei compagni paesani, vorremmo sapere cosa significa veramente la parola Libettà, che abbiamo sentito dire a destra e a manca per un anno intero, prima che arrivasse il generale Canibaldi…-

Cancelliere - …Eccellenza vorrebbe dire Garibaldi.-

Nunzio- Quello che dice voscenza, si! Allora, chi ce lo spiega? (guarda il Presidente, la pubblica accusa, il cancelliere, l’avvocato, i quali si guardano tra di loro perplessi)-

Presidente.- Credo che dovrò rispondere io. La libertà è una concessione che fa S.M. Il Re ai suoi sudditi: cioè di dire liberamente se vogliono il Re o la dittatura di un generale. Nel presente tempo la libertà la sta portando in Sicilia il generale Garibaldi. Cioè libertà di pensiero, di parola, di scritto ecc. ecc. Insomma, la libertà è una parola che ha un ampio significato che voi villani non potete capire. Procediamo, dunque!-

Nunzio- Ah, mi pareva… no sapete, noi villani pensavamo, invece, che libettà fosse , chessoio, oltre a essere liberi di parlare, di agire, anche di protestare, di essere pagati regolarmente, di avere diritti…-

Pubblico Accusatore- Voi pensavate d’avere il diritto di massacrare chi aveva possedimenti ereditati dagli avi; chi ha accumulato un patrimonio col proprio lavoro; chi ha avuto il benessere studiando, istruendosi e intraprendendo una pubblica funzione; chi ha risparmiato per acquistare benessere ecc. ecc.-

Nunzio- Scusassi, ma chi fusse questo signor eccetera eccetera?-

Pubblico Accusatore- Non faccia lo spiritoso! Voi vi siete fatti giustizia sommaria, massacrando il prossimo.-

Presidente.- Imputato, la richiamo all’ordine. Ha finito il suo intervento?-

Nunzio- Voscenza ci a perdonari, noi villani non conosciamo la nuova lingua che viene di fuori, come dire l’italiano. Io m’arrangio un poco perché studiai dai parrini…-

Canc.-…Eccellenza, se mi permette, parrino significa prete …-

Presidente.- Grazie Cancelliere, la prego, anche per il futuro di avere la cortesia di tradurre il dialetto degli imputati.-

Canc.- Dovere.-

Presidente.- Imputato proseguite.-

Nunzio - Grazie…dunchi, arrivai fino alla terza elementare, e saccio firmare col mio cognome e nome. Ora viene fuori sta nuova parola: la giustizia. Ma chi cosa è sta giustizia? E forse quella dei possidenti di fare prendere i poveracci a nervate dai propri campieri? O del parroco usuariu…-

Canc.- … usuraio…-

Nunzio- … che ci succhiava l’anima? O dello sbirro che faceva giustizia solo per chi non aveva niente? A quella di don Antonio, il pretaccio, che si comprò la gnà Lucia che aveva tredici anni, e che ne face della poveretta carne di porco lordandola con la sua stessa sozzura?  O della baronessa che ci succhiava il sangue e ingrassava? No, voscenza eccillenza deve scusare ma noi abbiamo fatto giustizia umana, con la libertà promessa e non mantenuta.-

Pubblico Accusatore- Eccellenza Presidente, l’imputato cerca di giustificare i fatti orrendi appellandosi alla giustizia dei bruti. E’ intollerabile!-

Presidente.- Imputato, avete concluso vostro intervento?-

Nunzio- Io? Io avrei da riempire libri e libri di fatti, di soprusi, di violenze, di angherie, di malandrinerie, di prepotenze, di offese, che abbiamo ricevuto noi, i cosiddetti villani, i cafoni, gli zoticoni, in una parola i servi dei servi, i senzadiritti, i morti di fame e amen. No, niente amen, è una parola do Signuruzzu…

Cancelliere- …Gesù Cristo...-

Nunzio …che niente ha a che fare con questa corte di ingiustizia.-

Presidente- La pubblica accusa può incolpare, specificamente, il presente imputato di delitti o reati specifici?-

Pubblico Accusatore – Vostra eccellenza si. Per il l’uccisione del barone Fatuzzo, delitto commesso a sangue freddo, premeditato, gratuito e feroce, chiamo a testimoniare il signor Nunzio Bottino, ufficiale postale.-

Presidente – Introducete il teste.-

Entra in scena il Bottino, un ometto tutto tic, che cammina a scatti.

Pubblico Accusatore- Signor Bottino, vuole riferire alla Corte quello che successe la mattina del 2 agosto 1860?-

Bottino- Sissignore, vostra eccellenza. Dunque… ma sapete che non ricordo se fosse il 2 o il 3 di agosto?-

Pubblico Accusatore- (con sopportazione) Fu il 2 agosto, signor ufficiale postale (detto minacciosamente). Dunque?-

Bottino- Ah, si, ora ricordo, fu il 2 agosto 1860… certo…certo. Posso andare ora? –

Pubblico Accusatore- (sbuffando) Ma se non ha ancora testimoniato! Allora, ci dica quello che vide quel fatidico giorno.-

Bottino- Io eccellenza ero nel mio ufficio a compiere il mio dovere, quando venne un ufficiale della guardia civile e mi disse di telegrafare al generale Garibaldi che a Bronte era in corso una rivolta popolare, e che urgeva l’invio dei soldati. Io così feci e poi mi affaccia dalla finestrella che da sulla piazza e vidi quel signore che sventolava un fazzoletto tricolore. E subito ho pensato: E’ un rivoltoso e mi sono chiuso e sbarrato in ufficio.-

Presidente- E non ha visto altro?-

Bottino- Vostra signoria, e cos’altro dovevo vedere: c’era la rivoluzi0one e un ammazza ammazza.-

Presidente- Vuol essere più preciso?-

Bottino- Certamente eccellenza: Gridavano  dobbiamo dividerci i beni del comune ,questi galantuomini ci hanno succhiato il sangue nostro, e lo devono restituire! Addosso ai topi!-

Presidente- Questo va bene, ma ha visto l’imputato qui presente trucidare qualcuno?-

Bottino- Beddamatri no! Però lo intesi dire dagli altri, quelli che si sono ammucciati  e poi fuggiti.-

Cancelliere- …si sono dati alla macchia...-

Presidente- (al Cancelliere) Grazie. (al teste) Dunque, cosa sentì dire?-

Bottino- Che avevano scannato il barone e tutta la sua famiglia.-

Pubblico Accusatore- Basta così, signor ufficiale postale.-
 
Presidente- Può andare. La pubblica accusa ha finito?-

Pubblico Accusatore- Certamente eccellenza. Le prove sono state tutte esibite, e confermo la mia richiesta della pena capitale.-

Presidente- Imputato Samperi, vuol dire qualcosa prima che commini la sentenza?-

Samperi- Voscenza è troppo buono con un povero Cristo. Io sono quasi analfabeta, ma sono riuscito a leggere questa carta qua. (tira fuori dalla tasca un volantino) , che se voscenza me ne da permesso vorrei leggere a questo tribunale.-

Presidente- Può leggere, ma sia breve, non possiamo perdere altro tempo in ciance, la giustizia deve fare il suo corso velocemente.-

Samperi- Ecco cosa c’è scritto qui a firma del signor generale liberatore: “Da Marsala addì' 11 maggio del 1860. Siciliani, l’ora della vostra  riscossa è arrivata, vi liberiamo dalla tirannide borbonica, e vi daremo la possibilità di nascere a una nuova società, libera dalla miseria e dalle ingiustizie. Siciliani, vi promettiamo soccorso, libertà e giustizia per tutti gli oppressori.” Ecco eccellenza noi aspettavamo questo giorno, e il 2 agosto, saputo che c’erano i garibaldini a Catania, abbiamo fatto la sommossa, che, purtroppo, come tutte le cose, ci scappò lo sbaglio: ci fu il morto! (concitatamente) Ma, per il barone, fu per legittima difesa, quello mi putò la scupetta…-

Presidente- E voi per la minaccia di una misera piccola scopa, accoppate un uomo?-

Cancelliere- Ehm, ehm, Eccellenza, scupetta è un termine dialettale, vorrebbe significare schioppo. Scusi l’intervento.-

Presidente- (in notevole imbarazzo al cancelliere) No, anzi. Riprendiamo, (all’imputato) riprendete.-

Canc.- Dovere.-

Samperi- Grazie a voscenza. Come dissi, mi minacciò con…(rivolto al cancelliere) con lo schioppo? (il cancelliere fa cenno di si) il quale medesimo schioppo, per mia fortuna s’inceppò. Io  respinsi ma il barone, che, purtroppo, arruzzulò a terra e non  si rialzò più..-

Cancelliere- Rovinò per terra…-

Samperi - …arrovinò a terra, proprio così – e arrovinò a mia!- …

Cancelliere- … - ruzzolò per terra e fu la mia rovina…-

Samperi -…( al Cancelliere) Proprio accussì, voscenza benedica. ( al Presidente) Quindi fu legittima difesa, dunque, e su tutto: sulla mia persona, sui nostri diritti, sulle nostre vite massacrate dal lavoro nei campi dei padroni che stavano al casino dei civili a grattarsi la pancia, in attesa di tornare a casa loro a mangiarsi il pane, prodotto dalle nostre fatiche. E’ stato un travaso- comu co’ mustu: nu passaggiu da na botte all’altra, un travasu di benessere, almeno questo era l’intento…-

Cancelliere- … come per il mosto, un travasare da una botte a un’altra-

Avvocato- (al Presidente) Se da vostra eccellenza mi è permesso di precisare, vorrei dire che l’imputato, durante la sua difesa, ha riportando, quasi pedissequamente, quanto, allo sbarco di Garibaldi, nei siciliani si erano accese molte speranze di riscatto sociale da parte dei poveracci, infatti il 2 giugno aveva emanato un decreto in cui…-

Presidente- Avvocato (minaccioso) conosciamo il decreto!-

Avvocato- Mi scusi eccellenza.-

Samperi -  Ma che scusi e scusi, è tutto vero. Ci hanno promesso mare e monti e ci consegnano al boia! E Voscenza lo sa bene, e sa bene che a Bronte- la famosa ducea di Nelson- (detta ironicamente) c’era cattivo sangue fra la nobiltà latifondista e i braccianti sfruttati…-

Presidente- Basta così. Si faccia uscire l’imputato.-

Samperi –(uscendo accompagnato dalle guardie) Alla faccia della libbetta’ di parola.-

Presidente- Avvocato la diffido d’intervenire quando interrogo un imputato. Se ha qualcosa da dire, lo dica quando le do la parola in difesa dello stesso. Ha capito?-

Avvocato- (moglio mogio) Ho capito, eccellenza Presidente, ho capito.-

Presidente- Si introduca il prossimo imputato.-

Cancelliere- Si introduca l’imputato Gasparazzo Calogero.-

Entra in scena Calogero Gasparazzo, un uomo alto e muscoloso, abbronzato, incatenato ai polsi e scortato da una guardia. Egli porta una coppola sulle ventitrè, per far conoscere che è un malandrino.

Cancellire- Imputato, scopritevi.-

Calogero- Perché, cchi semu a chiesa?-

Canc.- Non siamo in chiesa, ma in un tribunale, e dovete scoprirvi lo stesso.-

Calogero- Mi devo scoprire? Io? No, e allora perché quei galantuomini, seduti la sopra, tengono il capo coperto e io no? -

Canc.- Quello è il Tocco della giustizia.-

Calogero- E questa è la coppola della malandrineria. C’è cosa?-

Presidente.- (sbuffando) Ma guardate questo bell’imbusto.-

Canc.- (piano) Scopritevi…per favore…-

Calogero- Se è per voi, fatto! ( e si scopre)-

Presidente- Alla buonora. Allora, ditemi in vostro nome.-

Calogero- (con aria annoiata) Mi chiamo Gasparazzo Calogero, detto Lillo, come mi conoscono tutti qua e nei dintorni.-

Pubblico Accusatore- Quando vi rivolgere alla corte dovete avere il massimo rispetto e riguardo, soprattutto se vi parla Sua Eccellenza il Presidente.-

Calogero- Volete forse dire che mi devo mettere addunucchiuni e a culo per aria?-

Canc.- … carponi…-

Pubblico Accusatore- Perdinci! Siete uno zoticone impertinente, irremissivo e irrispettoso verso la Corte!-

Calogero- Non capisco le vostre parole, ma, per il si e il no, ditele a vostra soru!-

Canc.-… a vostra sorella…-

Pubblico Accusatore- (sbalordito al Presidente) Ma Eccellenza, avete udito?-

Presidente- Ho udito! Gasparazzo, vi condanno a 2 anni di carcere per offese alla corte.-

Calogero.- Ma che bello! Vuol dire che dopo quando risusciterò- dato che mi condannerete sicuramente a morte – vuol dire che mi farò i 2 anni di carcere. E se non risuscito, chi se li fa al posto mio? (e guarda la Pubblico Accusatore) … so soru?-

Canc.- … sua sorella…-

Presidente- Vi condanno ad altri due anni di carcere per lo stesso  motivo.-

Calogero- ( tra se) Bonu, và, qui va a finire che me accucchio trent’anni e passa, e quannu moru, mai?-

Cancelliere - …Ne accumulo trent’anni e quando morirò?-

Presidente- Grazie cancelliere. La parola alla difesa.-

Avvocato- Eccellenza, dato il numero degli imputati che devo difendere, vorrei avere più tempo per leggere le carte processuali e sentire le testimonianze; poi, (consulta  le sue carte ) perché quest’uomo non risulta tra gli assassini del 2 agosto… -

Presidente- Questo è proprio da vedere. E comunque, questa Corte, per la sua natura eccezionale,  non ha a disposizione il tempo necessario, quindi voi vi dovete adeguare.-

Avvocato- Come dice Vostra Eccellenza.-

Presidente- E allora inizi l’arringa.-

Avvocato- La difesa si rimette alla clemenza della Corte.-

Presidente- La parola alla Pubblica Accusa.-

Pubblico Accusatore- Avete detto di chiamarvi Calogero Gasparotto, vero?-

Calogero- Gasparazzo, per voscenza.-

Pubblico Accusatore- Gasparazzo, bene. Quanti anni avete?-

Calogero- Trentadue a frivaru.-

Canc. - … a febbraio…-

Pubblico Accusatore- Trentadue? A febbraio?-

Calogero- Esattissimamente.-

Pubblico Accusatore- E che mestiere fate?-

Calogero- Cavvunaru.-

Presidentei- Come?-

Canc.- Eccellenza, significa carbonaio.-

Presidente- (assestandosi nello scranno) Continuate.-

Pubblico Accusatore- (girandogli attorno e squadrandolo) Carbonaio, quindi. (pausa per mettere a disagio l’imputato) Ma il carbone… lo fate o lo commerciate…-

Calogero- Chi significa? U cavvunaru fa tuttu, a chi crede voscenza ca' semu nto nord, unni…-

Canc.- … il carbonaio fa tutto, qua siamo nel nord, dove…-

Calogero (che ha capito come funziona la traduzione, temporeggia) …unni  c’è chi fa e chi vende?  Cca facemu tuttu nuattri…-

Canc.- Qua facciamo tutto noi stessi…-

Calogero-… e a stento pigliano quello che ci serve per non morire di fame.-

Pubblico Accusatore- Esagerato…-

Calogero- …e allora ce lo spiego meglio a voscenza: U carvuni, non si trova in natura, che uno piccasu, passannu…-

Cancelliere- …il carbone, non si trova in natura, e per caso uno passando…-

Calogero - …che uno lo vede e se lo piglia. Quello è un sogno di tutti i carvunari. Il carbone si fa con i rami degli alberi che il padrone del bosco ci fa pigliare facendosi pure pagare. Ci sono i campieri dei padroni che sorvegliano, e vonnu u pizzo…-

Cancelliere - … voglio la tangente, un tantum…-

Cancelliere -… a che ci pari a voscenza. Poi la legna bisogna accatastarla, coprirla con la terra, bruciarla, e aspettare che diventa carbone. A quel punto si raccoglie, si mette supra o sceccu… -

Cancelliere -…si mette nel basto dell’asino…-

Calogero- … naturalmente chi ce l’ha, perché io me lo carico sulle spalle – e si porta a casa…-

Presidente- Come a casa? A casa vostra intendete?-

Calogero- A casa mia, e dove volete che lo porto in magazzino? Ma quello ce l’hanno i signori ricchi, noi poverecci per abitazione abbiamo una casuzza di una stanza dove dormiamo tutta la famigli, le galline e la capretta, e, nel caso mio, dove in un angolo ci metto u carvuni...-

Pubblico Accusatore- … che vendete ai clienti.-

Calogero- Ma allora non volete proprio capirlo che qui siamo in Sicilia, in un paesino perduto dove Cristo si dimenticò le scarpe? A quali clienti, lo do ai poveracci come me, e ne ricavo una cavagna di ricotta, una manciata di fave, un pezzo di pezzo di pane nero.-

Pubblico Accusatore- Dunque fate il carbonaio…-

Calogero- …d’estate, d’inverno faccio u nivaru…-

Pubblico Accusatore- - Nivaru? E che razza di mestiere è?-

Calogero- A razza non la conosco, il mestiere è quello del nivaru…-

Cancelliere- …il nivaru sarebbe il nevaiolo.-

Pubblico Accusatore- Bene, grazie cancelliere.-

Presidente.- E cos’ha a che fare un nevaiolo coi carbonari?-

Pubblico Accusatore –  Già! Imputato ce lo fate sapere in cosa consiste questo misterioso  mestiere?-

Calogero- Consiste ed è, un mestiere misterioso… (sfottente) molto misterioso, che noi carvunari ci tramandiamo di padre in figlio e in spirito santo…-

Presidente.- Adesso basta! La vostra condotta è inaccettabile! Vi condanno ad altri tre anni di carcere per spregio alla religione cristiana.-

Calogero- (tra se) E sono già sette. (poi al Pubblico Accusatore) Voscenza a sapiri che lo facciamo d’inverno; e consiste in questo: prendiamo la neve che cade dal cielo sulla nostra montagna - gratis, per fortuna - la ammassiamo nelle grotte, che noi conosciamo, la copriamo con la paglia, e d’estate, quanu ccà fa un cauru…-

Canc.- … quando fa caldo…-

Calogero - … che ammazza anche le cicale, la vendiamo ai catanisi, i quali sonu gente fine e arucati, e che, per rinfrescarsi, con la nostra nivi, si fanu le vippite…-

Presidente- Cosa si fa?-

Cancelliere- …direi che le vippite sarebbero i rinfreschi, le bibite, gli schiumoni, le granite, delle quali le popolazioni della città, soprattutto d’estate, sono ghiotte.- 
   
Presidente- Grazie, procedete.-

Pubblico Accusatore- E allora, visto che i guadagni da carbonaio, più quelli della neve, non vi bastano, volevate prendervi la robba dei padroni? Non è così?-

Calogero- A parte il fatto che, con la nivi, ci prendevamo quattro soldi, dopo esserci rotte le braccia e congelate le mani, voscenza, al posto nostro, cosa avrebbe fatto?-

Presidente- Imputato la richiamo all’ordine!-

Calogero- Ma di quale ordine parla voscenza? Di quello dei padroni o dei braccianti? Perché se parlate di quello dei padroni, questo tribunale ne è l’esempio: ingiustizia! Se invece parlate di quella dei poveracci, devo pensare che lassù, da dove viene voscenza, vuol dire che state in un altro mondo.-

Presidente- Vi siete appropriati dei beni altrui, dopo averli massacrati!-

Calogero- Voscenza non vuole proprio capire. Il massacro, come lo chiamate voi, ci fu e non ci fu. Ci fu, perché successe, non ci fu, perché se lo meritavano. Poi per la robba, non ci siamo divisi nenti di nenti! A me non toccarono neanche sette palmi di terreno per seppellirmi!-

Pubblico Accusatore- Questo parlare è insopportabile, voi siete un sovversivo, rivoluzionario e massacratore! Non potete parlare così! Non potete!-

Calogero- Non posso?  E dov’è allora la vostra libbetta’? Non avete detto che tutti possono parlare libberamenti? E perché allora io non posso? E che devo pensare? Che questa Corte abolisce la libbetta’ che Garibaldi ci ha portato?- 

Pubblico Accusatore- Che non è quella di fare massacri…-

Calogero- … a quali massacri! (pausa) Si, ci fu chi, si fece prendere la mano, chi si tolse una soddisfazione, chi s’ubriacò e non capì più nulla. Ma non parlate di massacro…-

Pubblico Accusatore- … fu massacro, deliberato!-

Calogero- Fu una rivolta contro gli sfruttatori sanguesuga! (calmandosi) Voscenza a sàpiri che quannu arrivau …

Canc.- Vostra eccellenza sa che quando arrivò…

Callogero-…il battaglione dei garibaldini, se volevamo- sì- che facevamo un massacro. Voscenza non conosce il paese, il suo territorio, e allora ce lo spiego io: il paese è arroccato sulla montagna, e per raggiungerlo bisogna percorrere una trazzera che, a un certo punto, fa una specie di gola. Da sopra il paese avremmo potuto massacrarlo tutto il baldo battaglione di quell’infame di Bixio, facendo rotolare grossi massi su quei poveri soldatini. E vi assicuro che il massacro era bello e fatto! Ma non abbiamo voluto. Volevamo solo punire gli sfruttatori e succhiatori del nostro sangue, gli infami. Ma voi dite che abbiamo fatto male, abbiamo fatto una cattiveria, siamo stati feroci. Ebbene, per quanti secoli quelli sono stati cattivi, feroci e ingiusti nei nostri confronti? E comunque io personalmente non tolsi un capello a nessuno - come ben sapete -io a vostri soldi ci sputo sopra! Io volevo solo giustizia, finalmente!-

Pubblico Accusatore- Qui si giudica voi, non la storia! Eccellenza Presidente, per costui chiedo la pena di morte mediante fucilazione alla schiena.-

Calogero- Ah, è così, non hai neanche il coraggio di guardarmi in faccia, mentre ti sputo? Carogna! Tu e ddu cunnutu e sbirru di Bixio.-   

Canc.- … e quel cornuto e sbirro…-

Presidente- Basta così! L’udienza è sospesa. Portate l’imputato in carcere!-

Calogero- (mentre viene condotto fuori, muovendosi malandrinarmente, e girandosi verso la Corte, grida) Ebbiva a libbetta’! Qualunque sia!-
  
   

                                                              ATTO  II


Stessa scenografia del precedente.


Cancelliere - In piedi entra la Corte.-

Entrano il Presidente e il Pubblico Accusatore.

Presidente.- Cancelliere fate introdurre il prossimo imputato.-

Cancelliere -  Guardia il prossimo, l’imputato Spitaleri Nunno Nunzio!-

Entra una guardia che regge il braccio di un giovane incatenato.

Presidente.- (vedendolo giovane) Spitaleri, quanti anni avete?-

Spitaleri - Venti anni.-

Presidente. – Avvocato, a voi la parola.-

Avvocato- Eccellenza, come potete osservare, siamo alla presenza di un giovane contadino, forse solo bracciante, il quale fu invischiato in questa rivolta per caso…-

Presidente - Avvocato, accorci, questa Corte non ha tempo da perdere con la sua sociologia spicciola.-

Avvocato- Certo Eccellenza, sarò bravissimo, ma mi permetta di fare testimoniare una persona?-

Presidente - A favore dell’imputato?-

Avvocato- Eccellenza si.-

Presidente  –Vi concedo cinque minuti.-

Avvocato- Grazie Eccellenza. Chiamo a testimoniare Sebastiana Spatafora.-

Presidente - Introducete la teste.-

Entra in scena, sempre accompagnata da una guardia una contadinotta sulla trentina.-

Presidente.- Come vi chiamate?-

Nedda – Mi chiamo Spatafora Sebastiana, ma tutti mi chiamano Nedda.-

Presidente.- Quanti anni avete e che mestiere fate.-

Nedda- Eccillenza, ho trentanni e faccio la criata.-

Cancelliere - … la serva…-

Presidente.- La serva a chi?-

Nedda- Facevo la criata serva per la buonanima della Baronessina…-

Pubblico Accusatore - …assassinata barbaramente dall’imputato.-

Presidente – (al Pubblico Accusatore) Prego, continuate voi.-

Pubblico Accusatore- Sebastiana Spatafora, per quanto tempo avete servito in casa della baronessa?-

Nedda- Avevo 14 anni quanto mi prese per criata, e ho servito fino alla morte della buonanima.-

Pubblico Accusatore- Bene, e visto che siamo entrati in argomento, riconoscete nell’imputato qui davanti a voi uno degli assassino della baronessa?-

Nedda- Ngnornò!-

Cancelliere - … signor no.-

Pubblico Accusatore- Come no? Voi eravate presente quando il palazzo della vostra padrona fu preso d’assalto, è vero?-  
 
Nedda- Gnorsi…-

Cancelliere - Signorsi…-

Nedda-… ero prisenti.-

Pubblico Accusatore –E come avvenne?-

Nedda- Nun venni cui?-

Cancelliere - …Non venne chi…-

Pubblico Accusatore- (spazientito) Come fu l’assalto al palazzo.-

Nedda- Fu che i ribellati volevano scassare il portone del palazzo, i uardiani spararono che scupetti per difenderci, ma ddi diavuluni, togliendoci u battesimu,  entrarono lo stesso.-

Pubblico Accusatore- E cosa fecero dopo?-

Nedda- Dopo si misero a rubare a spaccari a lazzariari tutto chiddu ca' c’accapitava…-

Canelliere -…i diavoli senza battesimo, si misero a saccheggiare…-

Nedda-… e chistu ca' prisenti s’arraffau nu cannnileri d’argentu…-

Cancelliere - …e l’imputato s’approprio di un candelabro d’argento…-

Nedda- … appoi nun lu vitti cchiù…-

Cancelliere  - … dopo non lo vidi più…-

Pubblico Accusatore- Non si unì agli altri per massacrare il figlio della baronessa e poi la baronessa stessa?-

Nedda- Nonzi…

Cancelliere-…No…-

Nedda – Chiddi furunu i Mangiaficu, i Cappiddazzi,  i Cucuzza e Jamma sicca…-

Cancelliere- … sono nomi e soprannomi di alcuni paesani …-

Pubblico Accusatore.- (sconcertato, guardando le sue carte, al Presidente) Eccellenza nelle mie carte questi nomi non figurano.-

Presidente - Presumibilmente sono tra i fuggiaschi. Continuate pure con l’interrogatorio.-

Pubblico Accusatore – La Pubblica Accusa ha terminato. E’ chiaro che l’imputato ha partecipato ai delitti in questione!-

Presidente. – Avvocato, a voi, brevemente.-

Avvocato- E’ inequivocabili che la teste ha accusato l’imputato di furto, ma lo ha scagionato dell’omicidio.-

Pubblico Accusatore.- Non ha scagionato un bel nulla. L’imputato era presente fatti, quindi correo! Anche per costui la Pubblica Accusa chiede la pena di morte.-

Avvocato- Ma io non ho concluso l’intervento.-

Presidente.- Avvocato le avevo concesso il tempo necessario, che è scaduto. Portate via l’imputato.-

Spitaleri - Ma come? S’usa così? Non ho il diritto di difendermi? Mancu li Borboni avvissaru fattu accussì!- 

Cancelliere -… nemmeno la giustizia borbonica avrebbe fatto ciò.-

Presidente.- Grazie cancelliere. Fate uscire la teste e l’imputato.-

Spitaleri, accompagnato dalla guardia esce protestando. Nedda segue a testa bassa.

Spitaleri- Marunnuzza mia, Marunnuzza bedda, iu sugnu ‘nnuccenti, ju nun ammazzai a nuddu!-

Cancelliere - (mestamente) …Madonna mia, Madonna bella, io sono innocente, io non ammazzai a nessuno...-

Presidente. – (al cancelliere) Cancelliere, stare al vostro posto. Nessuno vi ha chiesto di tradurre tutto pedissequamente. Introducete quindi un altro imputato.- 

Cancelliere  – Introducete l’imputato Longhitano Longi Nunzio.-

La guardia torna con Nunzio Longi Longhitano.

Presidente - Il vostro nome è  Nunzio Longi Longhitano?-

Longhitano -A servilla.-

Presidente - Età e mestiere?-

Longhitano - Venticinque anni e fazzu u giovani di barbiere d’inverno, mentri nta stagioni fazzu u braccianti.-

Cancelliere -…- faccio il giovane di barberia e in estate il bracciante…-

Presidente - A voi Pubblica Accusa.-

Pubblico Accusatore - Longhitano, voi siete accusato di aver ucciso don Antonio Arciprete di Bronte.-

Longhitano - Cui? U porcu ca' tonaca?-

Cancelliere. - …chi, il porco con la tonaca…-

Longhitano- … chiddu ca' s’accattau a dda carusa di Luciuzza, pi fari li porci comodi so?

Cancelliere - … quello che si comprò la ragazzina Lucia per fare i porci comodi suoi…-

Longhitano - … quello che la fece sgravare quattro volte, e fece portare i picciriddi alla ruota del convento? Quel porco che mangiava a quattro quattro palmenti, ingrassava e scialava, sfruttando i suoi braccianti, e ricattandoli di lasciarli morti di fame se non gli portavano, durante l’annata, una verginella nel suo schifoso letto, o meglio littéra pi porci?...

Pubblic Accusa- Com’è che sapete tutte queste notizie?-

Longhitano- Nun dissi a voscenza ca' fazzu u giovani di barberi? Allora voscenza dice che chistu porcu è stato ammazzato? Vuol dire che s’è fatta la giustizia di Cristo!-

Pubblico Accusatore- Allora voi avreste fatto la giustizia divina, uccidendolo?-

Longhitano - No, dissi solamente ca cu fu, fici la giustizia divina.-

Cancelliere - …dissi che ci lo uccise fece la giustizia divina…-

Pubblico Accusatore- ( al Presidente) Eccellenza, l’imputato non è credibile, e lo dimostrerò chiamando a testimoniare certa Giuseppa Pulvirenti.-

Entra una ragazzotta  florida, accompagnata dalla guardia.

Presidente - Vi chiamate?-

Pudda – Mi chiamu Pulvirenti Giuseppa.-

Presidente - Mestiere o professione?-

Pudda - La buttana!-

Mormorio tra i presenti.

Presidente - ( a Pudda) Voi dovete avere rispetto per questa corte.-   

Pudda- E picchì, cchi dissi? Voscenza mi dumannò chi fazzu e ju ci arrispunnio cca virità.-

Canc. E perché, cosa ho detto? Vostra eccellenza mi ha chiesto cosa faccio, e io ho risposto: la prostituta…-

Pudda- Esattissimamenti. Bravu u varvasaviu!-

Cancelliere -… Esattamente, bravo il vecchio ...-

Presidente - A voi Pubblica Accusa.-

Pubblico Accusatore - Giuseppa Pulvirenti, conoscete l’imputato?-

Pudda- Voscenza si!-

Pubblico Accusatore- E dite alla Corte, nella notte del 2 agosto, cosa vi successe in cui era presente la persona che avete davanti?-

Pudda- Cui l’eccillenza Prisidenti?-

Pubblico Accusatore- Non fate la spiritosa e l’irriguardosa. Potremmo farvi arrestare. Allora, mi riferivo all’imputato presente.-

Pudda- Ah, iddu?-

Pubblico Accusatore- Lui. Allora?-

Pudda- Lui, iddu, allora…(pensierosa) dda sira, intantu ca' m’arritirava a casa, doppu aver servito in casa del farmacista, buonanima, m’ancuitò…-

Cancelliere  –… intanto che rientravo in casa… mi molestò …-

Longhitano - Ma quale ‘ncuitò e molestò, io volevo parlarle, la volevo mettere in  guardia sulla situazione pericolosa… io ci volevo bene a idda, nun l’avissi tuccata mancu cu ‘n ciuri…-

Cancelliere  –… a lei non l’avrei toccata nemmeno con un fiore…-

Pudda- Sfacciatu! Munziugnaru! Tu mi vulevi chiavari!-

Cancelliere - … sfacciato, menzognero, tu volevi copulare …-

Longhitano - Pi l’anima dei murticeddi do priatoriu, ju mai e poi mai!-

Cancelliere-.- ... per le anime dei morti del purgatorio, io mai e poi mai…-

Pudda- Ah, no? Bene, anzi, malissimu, pricchì i to’ cumpagni nun la pinzaronu comu a tia!-

Cancelliere -… i tuoi compagni fecero diversamente da te….-

Pudda - … picchì arrivarunu menzi ‘mbriachi di sangu e di vinu e mi purtaruni nta stadda e a unu a unu come i cani bastardi, mi chiavarunu e mi chiavarunu, mi chiavarunu tutta la notti e mi lassanu menza motta!-

Cancelliere - …La violentarono nella stalla, per tutta la notte, lasciandola mezza morta…-

Pudda - … e da dda sira fui la buttana do paisi. Si cuntentu testadichiuppuru?-

Cancelliere- … e da quella sera fui la prostituta del paese, sei contento testa di legno?...-

Longhitano - Ma io non ti toccai mancu con un dito.-

Pudda- Ma nun m’addifinnisti. Lasciamo perdere, vili scantulinu.-

Cancelliere - …non mi difendesti, vigliacco cacasotto…-

Pudda- (perdendo la baldanza iniziale) E iu puviredda, doppu chiddu ca' mi ficiru d’assassini, doppo ca' me pattri mi jttò fora di casa, ca' v’o fari? A vo’moriri- cappoi era megghiu- e mi misi che caribbaddini, e addivintai a buttana do paisi.-

Cancelliere - … dopo i fatti dovevo morire? E così mi prostituii coi garibaldini…-

Pudda- Eccu cu fui e cu sugnu ora. Grazie Canibaldi e grazi a so’ libbettà!-

Cancelliere - …Ecco chi fui e chi sono. Grazie a Garibaldi e grazie alla sua libertà.-

Pubblico Accusatore- (perplesso) Io ho finito.-

Presidente.- Avvocato?-

Avvocato- Eccellenza, ma la teste non ha detto nulla sulla morte dell’arciprete. Che testimonianza sarebbe?-

Presidente.- Pubblica Accusa, volete interrogare la teste sul delitto in questione?-

Pubblico Accusatore.- Certo eccellenza. Dunque  Giuseppa Pulvirenti, voi avete visto l’imputato uccidere l’arciprete?-

Pudda- Cui ju? E quannu mai.-

Cancelliere - … chi io? Quando mai.-

Pubblico Accusatore – Pulvirenti, siete sotto giuramento, dovete dire la verità e rispondere liberamente (sottolineando la parola)-

Pudda- Ma cchi voli vossia di mia? Na fausa tistimonianza? (indicando Nunzio) Chiddu è sulamenti  ‘n’omu scunghiurutu. Chiddu si scanta macari di l’ummira so’.-

Cancelliere - … Ma cosa pretende da me? …una falsa testimonianza? quello è solamente uno sciocco, e si spaventa anche della sua ombra…-

Pudda-…(con disprezzo) non pi nenti fa u criato d’o varveri.- 

Pubblico Accusatore- Eccellenza, denuncio la presente teste per renitenza alla testimonianza.-

Presidente.- Cancelliere a verbale. Lei Pulvirenti, è imputata a piede libero e per adesso può andare.-

Pudda- Ma quantu siti bboni cu mia… l’omini? Manco ai cani.-

Cancelliere - …quanto siete buoni con me, detto ironicamente. Gli uomini? Non sono buoni neanche per i cani…-

Presidente.- Avvocato?-

Avvocato- Non ho nulla da aggiungere alla testimonianza della teste. E per l’imputato mi rimetto alla clemenza della Corte.-

Longhitano - Ju a chidda ma vulevu maritari, ju ci vulevu beni. Ca vo’ fari contru ddi malasutati chini di vinu… ca' vo’ fari, povuru di mia… ca' vo’ fari…-

Cancelliere - … io la volevo sposare, le volevo bene. Mi sono lasciato trascinare nella rivolta, poi, cosa dovevo fare contro quegli scalmanati avvinazzati… cosa potevo fare…-

Presidente.- Portatelo via. Introducete il prossimo imputato.-  

Cancelliere - Il prossimo: Lombardo Nicolò.-

Entra Nicolò Lombardo, stessa procedura degli altri imputati.

Presidente - Voi sareste Lombardo Nicolò…-

Lombardo - Lo sono Eccellenza.-

Presidente - E siete stato fino al giorno 10 agosto sindaco del paese di Bronte?-

Lombardo - Vero Eccellenza.-

Presidente - Pubblica Accusa, a voi.-

Pubblico Accusatore- Grazie Eccellenza. (cincischia un pochino)  Signor ex sindaco, lo sapete che siete accusato d’essere stato il sobillatore della rivolta di Bronte, il vostro paese che amministravate?-

Lombardo - Si, eccellenza, accusato, ma ingiustamente. Io, con la ribellione non c’entro per nulla.-

Pubblico Accusatore- Ah no? E non siete stato voi- quando il generale Garibaldi ha fatto il proclama del 2 giugno- a radunare la popolazione sotto il balcone del municipio, e di aver letto il proclama?-

Lombardo  – Era il mio preciso dovere di patriota e liberale, esultare per la liberazione dall’oppressione dei Borboni. Vostra Eccellenza, al mio posto, da buon liberale e patriota, non l’avrebbe partecipato ai suoi concittadini?-

Pubblico Accusatore- Se non vi dispiace, qui le domande le formulo io. Allora, data per buona la vostra iniziativa, casa avete fatto quando la folla ha incominciato a rumoreggiare - e poi a ribellarsi?-

Lombardo - Mi sono esposto e opposto alla loro violenza, esortandoli alla calma. Dicevo loro che la giustizia l’avrebbe portato il Generale, e ci sarebbe stata poi la libertà per tutti. Ma, i più facinorosi volevano l’immediata divisione delle terre dei latifondisti. Non volevano attendere altro tempo. Mi rinfacciavano d’essere d’accordo coi padroni, di tradire il popolo, d’impedire la ripartizione immediata dei suddetti latifondi, prima che gli arrivassero gli avvoltoi del nord.  Insomma, scalpitavano, dicevano che li avevo traditi. Qualcuno mi minacciò con l’accetta sotto il mio naso. Non sentivano più ragione! Erano inferociti dalla secolare tribolazione e della schiavitù dei padroni. Erano ingovernabili, Eccellenza. Ed io ero impotente. Persa l’autorità, senza gendarmi – che furono uccisi o che fuggirono via – senza un misero sostenitore, cosa dovevo fare? Miracoli? Eccellenza, le mie mani non sono insanguinate, sono innocente dei massacri e di tutte le violenze.-

Pubblico Accusatore- Voi lo pensate per davvero? Voi siete una persona colta e istruita, voi, dunque, credete di non essere colpevole dell’insurrezione armata? No, voi siete colpevolissimo, perché avete acceso la miccia e consentito il botto! Siete più colpevole dei rivoltosi, perché non avete agito per frustrazione o per fame, ma per sete di potere. Infatti, volevate fare dimenticare alla nuova autorità il vostro passato borbonico e, a detta di alcuni, siete stato, da sindaco, altamente interessato dai privilegi che vi furono concessi. Voi avete cavalcato il malcontento e poi vi siete dissociato. Ma troppo dardi! Voi avete sulla coscienza tutti gli omicidi, i saccheggi e le malefatte. - 

Lombardo -. Eccellenza, io vivevo della mia professione, sono avvocato- certo non di grido- ma mantenevo decorosamente la mia famiglia. Non mi sono appropriato ai mai di nulla, né mi sono state concessi privilegi di sorta. –

Pubblico Accusatore- E il podere che avete a Biancavilla? E la masseria di Adernò? Come le avete avute? E la figlia in collegio a Catania? Come la mantenevate? Eccellenza Presidente, questo imputato è colpevole d’aver sibilato e spinto il popolo ignorante alla ribellione, al saccheggio e all’assassinio. Chiedo per l’imputato la pena di morte tramite fucilazione alla schiena!-

Lombardo - No! No! Sono innocente! Non c’è sangue nelle mie mani! Ho le mani pulite! Pulite! Pietà!-

Presidente - Avvocato?-

Avvocato- Mi rimetto alla clemenza della Corte.-

Presidente - Fate uscire l’imputato e portate il successivo.-

Lombardo esce, disperandosi.

Cancelliere - Fate entrare Nunzio Ciraldo Fraiunco.-

Entra  Nunzio Ciraldo Fraiunco. Egli è lo scemo del paese, veste di stracci, ma calza un berretto di garibaldino. Si guarda in giro con un sorriso ebete sulle labbra.

Presidente - (insofferente) Come vi chiamate?-

Fraiunco - (parlando strascicato) Voscenza non lo sapi? A mia mi caniusciunu tutti. Picchi fazzu ridiri a tutti.-

Cancelliere - Si chiama Nunzio Ciraldo Fraiunco...(sussurraro ) ed è leso di mente.-

Presidente - Quanti anni avete?-

Fraiunco – Cui ju? E cu sapi. Iu nasciii e cca sugnu…-

Cancelliere  - …chi io? e chi lo sa, io nacqui e sono qui…-

Presidente - Lo sapranno i vostri genitori…-

Fraiunco - Me mattri morsi di cca a due anni, me pattri nun sacciu cu è o cu fu.-

Cancelliere - … mia madre è morta, mio padre non lo conosco…-

Presidente - Basta così. Pubblica accusa a voi.-

Pubblico Accusatore- (in evidente imbarazzo) Voi Fraiunco, siete accusato d’aver incitato i sovversivi alla rivolta tramite la vostra tromba.-

Fraiunco.- (rivolto al cancelliere) Cchi dissi?-

Cancelliere - Che suonavi con la tromba la carica…-

Fraiunco – ( annuendo vigorosamente) Ngnursì! Ju ca' me trumma fazzu curriri i cristiani…-

Cancelliere - …Signorsì, io con la mia tromba faccio arrivare la gente…-

Pubblico Accusatore.- E perché?-

Fraiunco – Picchì? picchì mi piaci quannu ridunu e a’addivettunu.-

Cancelliere - … perché mi piace che ridano e si divertano…-

Pubblico Accusatore- E gridavate (leggendo con difficoltà) : Populu i cappiddi guaddativi, l’ura do giudiziu s’avvicina, nuddu a mancari, intanto che suonavate la carica per assaltare il palazzo del baronale.-

Fraiunco - Ngnursì! U sintii diri a Cicciu Cucuzza e mu ‘nzignai a mimoria…Era beddu da vidiri e da sintiri… mentri sunavu forti forti e chiddi facevanu a muschetteria. Bellu.-

Cancelliere - … signorsì, l’ho sentito dire a Ciccio Cucuzza e me lo imparai a memoria. Era tutto bello intanto che suonavo…e gli altri sparavano.-

Avvocato- Eccellenza si faccia mostrare la sua tromba!-

Presidente - Non è necessario.-

Avvocato- Eccellenza, quella trombetta era di latta! Non suonava, rumoreggiava e basta.-

Presidente - Non ce altro d’aggiungere!-

Pubblico Accusatore- Chiedo una severa condanna per l’imputato.-

Avvocato- (piano) Per lo scemo del paese.-

Presidente.- Portate via quest’uomo. La Corte si ritira per emettere la sentenza.-

Fraiunco- ( alla guardia di scorte) Cch’era beddu u Prisidenti cu dda scurzetta nta testa, ci mancava u marruggiu pi pariri massaru Jesu davanti a la quarara.-

Presidente – Cancelliere, cos’ha detto? Ha confessato?-

Cancellire- Non proprio Eccellenza, meglio lasciar perdere.-

Presidente- Cancelliere vi ordino di tradurre!-

Cancelliere- Come Vostra eccellenza comanda. Allora il Fraiunco da detto testualmente: Com’era bello il Presidente, con il tocco in testa; gli mancava in nodoso bastone, per sembrare massaro Jesu, mentre fa la ricotta.-

Presidente- (piano al Pubblico Accusatore) Quello è davvero scemo.-

Pubblico Accusatore- Già. Che cosa siamo costretti a fare, Eccellenza…-

Una guardia si avvicina al Cancelliere e gli sussurra qualcosa.

Cancelliere- (allibendo e avvicinandosi al Presidente) Eccellenza, eccellenza, mi hanno appena comunicato che Gasparazzo è evaso!-

Presidente- (incredulo) Com’è possibile! E le guardie? E i soldati?-

Cancelliere- Li ha beffati con la scusa d’andare a fare un piccolo bisogno corporale, poi ha colpito la guardia di scorta, l’ha disarmata ed è fuggito da una finestra .-

Pubblica Accusa- Avrà avuto sicuramente dei complici, interni ed esterni.-

Presidente- Lo prenderemo! Cancelliere fate avvisare della fuga il Maggiore Generale Bixio, fategli sapere che Gasparazzo è armato, poi raggiungeteci in Camera di consiglio, per redigere la sentenza.- 

Cancelliere- Subito Eccellenza. (esce)-

Presidente- ( alla Pubblico Accusatore) Andiamo. (escono)
 
 


                                                          ATTO  III



La scena è la camera di consiglio della Corte, al centro un tavolo con sP.A.se le carte processuali, a sinistra una finestra, oscurata da una grande tenda. A destra la porta d’ingresso e un armadio. Sedie sparse.

In scena ci sono il Presidente e il Pubblico Accusatore.

Presidente-(guardando l’orologio) Si sta facendo tardi, fra non molto è prevista l’esecuzione, a cui non posso mancare.-

Pubblico Accusatore- (sedendosi) Speriamo che il Cancelliere arrivi presto, io sono stanco da morire; questo processo, così veloce, mi ha stremato. (si pone in ascolto) Sento dei passi, sarà lui.-

Entra il Cancelliere.

Presidente.- Alla buonora, eccovi qui.-

Cancelliere - L’Eccellenza vostra mi scuserà. Ma ho dovuto attendere un poco perché il segretario mi doveva consegnare una copia del proclama del generale Bixio, che sarà diramato dopo l’esecuzione. Eccolo. (sventola un foglio).-

Presidente.- Leggetemelo.-

Cancelliere - ( stentatamente) Abitanti della provincia di Catania!

Voi sapete già che gli assassini, ed i ladri di Bronte sono stati severamente puniti - Voi lo sapete, e la legge! E la fucilazione seguì immediata i loro delitti. Tutte le autorità dicano ai loro amministrati che il governo si occuperà di apposite leggi e di opportuni legali giudizi pel reintegro dei demanî - Ma dicano altresì a chi tenta altre vie e crede farsi giustizia da sé, guai agli istigatori e sovvertitori dell'ordine pubblico sotto qualunque pretesto. Se non io, altri in mia vece rinnoverà le fucilazioni di Bronte se la legge lo vuole.                                                                        
Dalla sede, addì 12 agosto 1860.
F.to Maggiore Generale Nino Bixio

Presidente.- Affrettiamoci a stilare la sentenza. Cancelliere scriva: Addì 12 agosto 1860, dal tribunale misto – militare e civile- istituita a Catania, con determinazione ecc. ecc., è stata emanata la seguente sentenza per gli imputati accusati del massacro, avvenuto in Bronte il 2 di agosto del presente anno…

Il cancelliere ripeterà, a bassa voce e velocemente, ciò che scriverà.
 
Presidente - …Samperi Nunzio, indagato per saccheggio e massacro. Questa Corte, dopo aver fatto l’excursus delle le prove, inserite nel procedimento penale, lo dichiara colpevole dei reati ascrittegli e condannato alla pena di morte tramite fucilazione alla schiena;
 Spitaleri Nunno Nunzio, colpevole di saccheggio e di massacro. Visto ecc. ecc. è condannato alla pena di morte mediante ecc ecc.;
Longhitano Longi Nunzio. Colpevole di saccheggio e massacro. Visto ecc. ecc. è condannato ecc. ecc.;
Lombardo Nicolò, colpevole di incitazione alla rivolta e correo di saccheggio e massacro e tutto ciò aggravato dalla funzione pubblica alla quale era preposto. Visto e scorse ecc. ecc. è condannato ecc. ecc.;
Fraiunco Ciroldo Nunzio, colpevole di incitazione al saccheggio e al massacro. Visto ecc. ecc. è condannato ecc. ecc.-;

Cancelliere - (fermandosi e alzando il capo sbalordito) Ma Eccellenza, questo giovane è incapace d’intendere e di volere…-

Presidente.- Anche parte delle vittime erano giovani e incapaci di intendere e di volere. Poi, siete pregato di attenervi alle vostre funzioni di verbalizzatore della sentenza.-  

Cancelliere - (mogio mogio) Ai comandi.-

Presidente.- E me lo faccia subito firmare.-

Cancelliere - (affettandosi) Ecco Eccellenza. Firmi pure.-

Presidente.- Alla buonora. (firma) E adesso vada a portarlo al Generale Bixio per eseguire l’esecuzione.-

Cancelliere - Subito Eccellenza. (esce immediatamente)-

Pubblico Accusatore – E anche quest’incombenza scabrosa l’abbiamo assolta.-

Presidente.- Certamente! Bisogna dare l’esempio. Altrimenti ci sarà l’anarchia! Per fortuna abbiamo qui un comandante militare di polso! Con lui non si scherza mica.-

Pubblico Accusatore – Ha svolto altre missioni col Generale?-

Presidente.- Garibaldi? (il Pubblico Accusatore fa cenno di si) Certamente. Sono con lui dai tempi della repubblica romana.-

Pubblico Accusatore- Bei tempi, avrei voluto esserci anch’io.-

Presidente. -Avrà certamente l’occasione di collaborare col nostro Condottiero; l’Italia non è ancora una Nazione, e la Campagna di liberazione non è ancora finita.-

Pubblico Accusatore- Io spero ardentemente d’averne una parte importante.-

Presidente- (guardandolo storto ) E chi lo può sapere…-

Rientra il Cancelliere.

Cancelliere - Fatto. Il plotone è già pronto.-

Presidente. –  ( togliendosi la toga) Vado, devo presenziare alla fucilazione.-

Pubblico Accusatore- (come sopra) Vengo anch’io.-

Presidente.- (vedendo che il cancelliere cincischia) Voi non venite?-

Cancelliere- Se vostra eccellenza me lo consente, non vorrei assistere alla fucilazione di un povero scemo del paese.-

Presidente.- (sta per ribadire, poi ci ripensa) Fate come volete.-

Pubblico Accusatore-  Ah, eccellenza, e per quanto riguarda il Gasparazzo, che si fa?-

Presidente.- Per lui, purtroppo, non si completò l’iter previsto, ci penseremo dopo. Forse lo condanneremo in contumacia. Comunque, per il malandrino di paese, la sentenza più consona dovrebbe essere una doppia fucilazione, più l’ergastolo, se lo si potesse fare. Quello è un diavolo fatto uomo. Se lo acciufferanno vorrò assistere alla sua morte per impiccagione.-

Dalla tenda esce fuori Calogero Gasparazzo, che impugna il revolver sottratto alla guardia.

Calogero- Ma davvero? Non vorrei deludervi, ma, guardate, ne dovrà passare ancora tanta acqua, sotto i ponti (con smacco) eccellenza! Intanto mani in alto e non vi muovete. Esci Pudda.-

Dalla medesima tenda esce Pudda.

Presidente.- Voi state commettendo un grandissimo errore e peggiorate la vostra situazione. Quello che state facendo è un grave reato contro l’Autorità Costituita! E anche voi signora.-  

Pudda- (alzando le spalle) Tanto…-

Calogero- Ma guarda un po’, sono tutto cagato!-

Presidente- Volgare villano!-

Calogero- Come dice vostra eccellenza…(strafottente). Intanto siete miei prigionieri.-

Presidente- Illegalmente!-

Calogero- Come dice vostra eccellenza…(ironico).-

Pubblico Accusatore - (incredulo) Ma come avete fatto?-

Calogero- Fatto cosa?-

Pubblico Accusatore- Ad evadere.-

Presidente.- Già, come avete fatto!-

Calogero- Con la forza dei disperati.-

Presidente.- Avrete avuto di sicuro dei complici.- 

Calogero- Certo, eccellentissimo, i miei complici sono il popolo, la giustizia e la libertà. Ma voi, oltre ad essere l’eccellentissimo presidente di una Corte fasulla, siete anche curioso, vero? Pudda, intanto lega le mani alla nostra Autorità Costituita, l’Eccellenza nostra (ironico). E anche al nostrissimo eccellente Pubblico Accusatore (ironico). Ahò, vi avviso: non ho nulla da perdere, se gridate o tentate la fuga vi ammazzo! Capito! –

Presidente.- (meravigliato, parlando fra se) Situazione insostenibile! Ma come è stato possibile…-

Calogero- ( che ha sentito) Volete dire evadere? Con la forza dei disperati, l’ho già detto. Pudda glielo diciamo?-

Pudda- (facendo ancora spallucce) Ormai…-

Calogero- E va bene, accontentiamo i nostri ospiti riveriti: (pausa poi rivolto al Presidente, con un sospiro) Allora… quando, dopo l’interrogatorio, mi avete rimandato al mio posto, ho chiesto d’andare alla latrina; poi ho adocchiato Pudda - e voi sapete che i siciliani si parlano con gli occhi- allora le ho fatto capire: Pudda, distrai sta guardia. Lei ha eseguito perfettamente, con le sue arti di seduzione. Io ho mollato un cazzottone al mio custode, che si è addormentato di colpo, gli ho preso la chiave delle catenelle, mi sono liberato, ho sottratto l’arma e mi sono nascosto qui dentro. Che nascondiglio migliore potevo scegliere di questo, ah? Intanto Pudda ha aperto una finestra e ha gridato che ero scappato da lì, e le guardie mi stanno ancora cercando per tutta la città.-

Cancelliere - E’ vero, sono tutti fuori, che lo cercano nei paraggi… o al cortile per lo (disgustato) spettacolo.-

I due si lasciano legare docilmente. Il Cancelliere tende le sua mani, ma Calogero lo sbocca.

Calogero- Vossia no. Vossia deve redigere un verbale.-

Cancelliere - Che verbale?-

Calogero- Il verbale della sentenza che la Corte emanerà –ora!-

Presidente.- Di quale verbale sproloquiate? Il verbale della sentenza è stato già stilato e consegnato a chi di dovere.-

Calogero- No quello era il verbale della buffonata che avete inscenato nel processo. Ora farete quello che avreste dovuto scrivere, se, poco poco,  aveste avuto amore per la Giustizia con la gi maiuscola! (deciso) Quella, in nome della quale vi vantate di aver agito, al processo - era solo vendetta! Non giustizia! Vendetta! (pausa) Voi, galantuomini, avete ingannato il popolo con le promesse, lo avete rabbonito con l’idea di libertà, volevate addomesticarlo per manipolarlo come vi piaceva. Ed ha reagito! Il popolo ha reagito. Certo reagendo avvengono fatti di sangue. Ma non siete proprio voi che predicate che la libertà si conquista col sangue? Avete sbagliato tutto e volete la rivincita! (adirato) Cancelliere scrivete, e voi, perddio  dettate!-

Presidente.- Ma quale rivincita! Lo sapete benissimo che ci fu la decimazione. Per il processo gli imputati furono, quasi presi a caso…-

Calogero- E questo, per la vostra giustizia, è giusto?-

Presidente.- Capitelo! Siamo in tempo di guerra! La campagna contro il Regno delle due Sicilie è ancora in corso, perbacco!-

Calogero- E cosa prometterete se vincerete la vostra campagna? Ciò che avete promesso ai siciliani?-

Presidente.- Ci sarà lo Stato di diritto...-

Calogero- … che si comporterà come vi state comportando qui? Allora staremo freschi.-

Cancelliere - ( come per stemperare la tensione) Io sarei pronto.-

Calogero- Dettate, Eccellenza, dettate.-

Presidente.- Non posso. (pausa) Questo è un Tribunale di guerra. Io sono un Colonnello, il Pubblico Accusatore è un Capitano, l’avvocato difensore d’ufficio, è un tenente; solo il signor Cancelliere è un civile e ci fu prestato dalla magistratura ordinaria: Questa è una corte mista. (pausa) Come avete già capito, tutto è stato improvvisato. Il processo doveva essere immediato. Certo non ho avuto regolarmente tutti i verbali giurati dei fatti. Era impossibile dato il poco tempo a disposizione – solo poche ore, diamine. Certo, lo ammetto, molti colpevoli si sono dati alla macchia e, momentaneamente, sono irreperibili. Si, è  vero, ve ne do atto, c’è stata fretta, quindi approssimazione (pausa) Ma i morti ci furono, eccome. Il barone, ucciso con un corpo contundente; il ricco epulone, morto con un colpo di scure alla testa; la guardia municipale ammazzata con il coltellaccio del macellaio; Don Antonio sgozzato. Lo speziale e il figlio uccisi a bastonate. Don Paolo, possidente, che tornava dalla vigna, seviziato; poi Neddu, il figlio del notaio, un ragazzo di dodici anni sgozzato insieme al padre; e la baronessa, lanciata dalla finestra sul selciato e poi calpestata dalle megere che vi accompagnavano e vi aizzavano; e suo figlio maggiore, e ancora il figlio, piccoletto di pochi anni, calpestato dalle scarpacce chiodate dei rivoltosi. Basta! Non voglio più rievocare quella strage! (pensieroso) Come lupi scannaste la mandria.- 

Calogero- Bella arringa difensiva, non c’è che dire. Bella! Dovevate fare l’avvocato difensore! (pausa) Ma voi, e voi (indica il Presidente e il Pubblico Accusatore) avete condannato Nicolò Lombardo per avere, secondo voi, prima istigato la folla, e dopo di non aver saputo fermarla. Ma, pensateci bene, voi (dispregiativamente) Autorità Costituita- come pomposamente vi pavoneggiate d’essere- con indosso toghe e uniforme, avete commesso il medesimo atto! Avete istigato le masse- impreparate - con le promesse di libertà e giustizia, e non avete saputo controllare la situazione, che, proprio a Bronte, vi è esplosa fra le mani, come, del resto, fu per lo stesso Lombardo! Quindi siete colpevoli del medesimo delitto! Allora, ditemi grand’uomini, tra voi e lui, mi dite che differenza fa? Ne..ssu..na! Quindi, cittadini integerrimi, (molto ironicamente) che credete ancora d’essere differenti dal Sindaco di Bronte, come la mettiamo? Allora, a seguito di quanto dimostrato, io vi accuso, in nome della giustizia dei piccoli, vi processo e vi condanno! Ora, subito, per direttissima! (pausa) Si, certo, potrei farlo, si…ma non lo faccio! Invece adesso, in questo stesso contesto da voi istituito- la Corte marziale - rifaremo il processo da voi appena scandalosamente concluso, a carico dei cinque poveretti, comminando le vere pene, che essi effettivamente meritavano!-

Presidente - (con passione) No! no! Macchè! (pausa) Che assurdità state vaneggiando! Noi abbiamo agito in nome della legge! In nome della responsabilità di chi deve governare, e secondo il codice militare, che è, di per se stesso, molto semplificativo, data la sua natura specifica. Esso deve essere pronto, efficace, sicuro! Non si possono ammettere debolezze di sorta, né cavilli giuridici, ma agire decisamente, per incutere quel rispetto- o timore- necessario per una buona missione. Missione, Gasparazzo, la missione di fare dell’Italia una nazione una, libera e giusta.-

Calogero- (ironico) Ah, belle parole, non c’è che dire. (poi minaccioso) Ma, come ho già detto, per il caso specifico, è ora tempo di rimediare alle storture del vostro processo, stilando la vera sentenza.-

Presidente.- Che volete dire? In che modo?-

Calogero- Che rifacciate – ora -il processo, secondo vera giustizia, ecco cosa.-

Presidente.- Farneticate! Non mi presterò mai a una simile pagliacciata.-

Calogero- Benissimo. Allora se voi non volete stendere la sentenza, al vostro posto lo stilerò io. (molto ironicamente) Spero che non ve la prendiate a male…eccellenze vostre. Cancelliere, scrivete!-

Cancelliere - (Pazientemente) Sono pronto.-

Calogero- (passeggiando per la stanza) Allora, questa corte di giustizia… giustizia? (breve pausa) Ma si, giustizia, per Nunzio Samperi, imputato di omicidio preterintenzionale, (fermandosi e guardando il cancelliere) quanto gli diamo?-

Cancelliere  -( chino sui fogli) 10 anni e sei mesi di reclusione.-

Calogero- Bene, scrivetelo pure. Dunque, proseguiamo: per Nunzio Longi Longhitano, imputato correo di stupro, che pena comminiamo?-

Cancelliere - Due anni di reclusione.-

Calogero- Bene. E per Nunzio Nunno Spitaleri, imputato del furto di un candelabro?-

Cancelliere - Tre anni e dieci mesi di carcere duro.-

Calogero- E per Nicolò Lombardo, imputato d’incitazione alla rivolta?-

Cancelliere - Per lui tre anni di carcere con la condizionale.-

Calogero- E per quel povero Nunzio Fraiunco? Imputato di aver suonato la carica dei rivoltosi- (con molta ironia, guardando il Presidente) …con la trombetta di latta e col sorriso da ebete sulla bocca?-

Cancelliere - Non luogo a procedere, perchè l’imputato è incapace d’intendere e di volere! Punto e basta!-

Calogero.- Ehi, non incazzatevi signor Cancelliere, calma. Bene così, adesso sottoscrivetelo, e, quindi fatelo firmare all’eccellenza Presidente e al Pubblico Accusatore.-

Il cancelliere esegue, ma il Presidente, sdegnosamente, si rifiuta di firmarla.

Presidente- Questa è una buffonata! Io non firmo!-

Pubblico Accusatore- E neanch’io.-

Calogero- Il vostro processo è stato una buffonata! E firmerete!-

Presidente- (con arida di sfida) Mi minacciate? –

Calogero- Firmate! Perddio!-

Presidente- In caso contrario che farete? Ci ucciderete?-

Calogero- Peggio! vi sputerò in faccia.-

Presidente- (avanzando di un passo) Fate pure, eccovi il mio volto!-

Calogero- (pensieroso, poi di scatto) Ma che vada tutto al demonio! Che senso ha ormai? Voglio passare alla storia per aver accoppato una Corte Marziale? Voglio fare l’Angelo Centuno? ( pausa lunga, passeggiando e poi voltandosi di scatto, quindi al Presidente) Siete coraggioso. Cancelliere, date qua, lo firmerò io!- 

Presidente.- (conciliante) E voi siete un uomo saggio, avete presa la giusta decisione... Peccato che vi siate schierato coi rivoltosi…-

Calogero – Chi ha a cuore la Giustizia e la Libertà – vera - l’avrebbe fatto.-

Presidente – Non fate sciocchezze. Voi Gasparazzo, siete un uomo ragionevole... –

Calogero- ...e dalle con le lusinghe…-

Presidente.- …Non erano parole di lusinga le mie. Come non sono abituato ad adulare i miei superiori, né blandire i miei inferiori, così non mi perito di lusingare i miei avversari; ma il mio dire voleva essere solamente una semplice e onesta constatazione.-

Calogero- Vi credo. (prendendo la sua sentenza e vagliandola) Però questa mia sentenza la conserverò; e la custodirò gelosamente. (la conserva nella camicia) Chissà se, in futuro, essa non possa essere utile a qualche magistrato, che non mastica tanto bene la vera Giustizia.-

Presidente – Voi, con la vostra sentenza fantasiosa, pensate di poter… (cerca la parola giusta) No! meglio: Voi, siete un idealista, e pretendete troppo dagli uomini, che sono esseri fallaci per natura. Sapete il vecchio proverbio…

Calogero-… Errare humanum est…-

Presidente – …Giusto. (breve pausa) Ora, vi prego di togliermi un grande curiosità: Voi siete arguto e vi esprimete troppo bene, per essere un carbonaio. E’ chiaro che siete una persona istruita. Dove avete studiato? Chi siete veramente?-

Calogero- (seccamente) Al Seminario! (poi lentamente) dove fui sodomizzato da una delle vostre Autorità Costituita: Il Rettore! Ecco chi sono! (quindi, accingendosi ad andarsene e mettendo in tasca il revolver) Ora credo che non abbiamo nient’altro da dirci. Signori, addio! Cancelliere, slegate le vostre Eccellenze. ( a Pudda) Jamuninni Pudda, lassamu l’omini e i galantomini ai so’ rimorsi! (escono dalla finestra).-

Cancelliere - (traducendo sommessamente e annuendo) … andiamocene Pudda, lasciamo gli uomini e i galantuomini ai loro rimorsi. (poi al Presidente) Eccellenza, vi slego le mani. ( esegue)

Entra l’avvocato difensore.

Avvocato- Eccellenza, eccellenza. la sentenza è stata eseguita... C’è stato, però, un piccolo inconveniente.-

Presidente- Cioè?-

Avvocato – Cioè… è, insomma… è che il plotone d’esecuzione non ha sparato a Nunzio Fraiunco, il quale, vistosi illeso, immediatamente, s’è buttato in ginocchio, ringraziando la Madonna Annunziata d’averlo risparmiato…-

Pubblico Accusatore- E allora?-

Avvocato - Allora…ha…ha dovuto… ha dovuto giustiziarlo…il generale, in persona.-

Presidente- (pensieroso) Fraiunco… era…era inginocchiato ai suoi piedi?-

Avvocato- Si, Eccellenza.-

Pubblico Accusatore- Bene, giustizia è fatta! (ma vedendo che il Presidente lo guarda sdegnato, balbettando ) Beh, quasi… scusi Eccellenza.-

Presidente.- (molto scosso, guardando la finestra e tentennando il capo, dice allo avvocato)  Grazie Tenente, grazie. (poi al Cancelliere, che stava con la testa china, guardando il pavimento) Cancelliere, per favore, se anche voi siete d’accordo, chiudete …quella finestra. (indica la finestra dalla quale è fuggito Gasparazzo, poi rivolto agli altri) Signori, vogliamo andare?-

Tutti escono, mentre, lentamente, il Cancelliere, annuendo, va a chiudere la finestra.

Sipario