La Vacca
di Elvira Buonocore
© 2019. Tutti i diritti riservati
PERSONAGGI
Donata, ragazzina
Mimmo, suo fratello di poco più grande
Elia, uomo più adulto
Estate torrida in un’imprecisata periferia napoletana.
1.
Donata sta saltando.
Mimmo è disteso, stravaccato con aria annoiata.
DONATA ~ Uanm! Che panorama!
MIMMO ~ Ehhh. Mi posso solo immaginare!
DONATA ~ Guarda là, che paradiso fiscale!
MIMMO ~ Ché?
DONATA ~ Che oasi naturalistica non artificiale!
MIMMO ~ (resta disteso) Uanm e che spettacolo!
DONATA ~ Ma tu non stai saltando!
MIMMO ~ Uah, veramente?
DONATA ~ Devi venire Mimmo. Non puoi proprio avere idea!!!
MIMMO ~ Noooo, ma non mi dire!
DONATA ~ Veramente. È uno spettacolo.
MIMMO ~ Mado’, incredibile!
DONATA ~ E ma devi saltare!
MIMMO ~ Ché?
DONATA ~ Devi saltare! Uanm, io sto già arrivando in altissimo! Mimmoooo, è altissimo! Vieni! Dai. Facciamo che stiamo su un letto a molla!
MIMMO ~ No.
DONATA ~ E ja.
MIMMO ~ No!
DONATA ~ E perché no?
MIMMO ~ Perché mi scoccio.
DONATA ~ Cinque minuti!
MIMMO ~ Ma semp’ ’sti giochi r’a demenza senile avimma fa’?
DONATA ~ Non lo sai manco che significa quella parola.
MIMMO ~ E perché tu ’ossai?
DONATA ~ Demenza semile. La demenza dei semi. Si usa per le piante, scem’ignorante che sî.
MIMMO ~ Sin vabbuò, semp’ ’nu iuoc’e merd’è.
DONATA ~ Giusto cinque minuti!
MIMMO ~ E lasciami sta’.
DONATA ~ E ja Mimmo.
MIMMO ~ Vabbuò aropp’, tu continua che poi io ti vengo appresso.
DONATA ~ Poi non mi acchiappi più. Dai. Mimmoooooooo.
MIMMO ~ Nun se pô fa’ un gioco seduti?
DONATA ~ Non ti sentoooooo. Sto troppo altaaaa. Vieniiiiiiiii. Mimmo vieniiii.
MIMMO ~ (si unisce al gioco controvoglia) Va buon accussì?
DONATA ~ E mo’ che vedi?
MIMMO ~ Nossacc’, ch’aggia vrê?
DONATA ~ Che vedi per prima cosa?
MIMMO ~ ’E gru.
DONATA ~ E poi?
MIMMO ~ E poi i containèr.
DONATA ~ E poi?
MIMMO ~ E tuorno tuorno l’autostrada.
DONATA ~ E poi?
MIMMO ~ ’A fabbrica r’o latte.
DONATA ~ E poi?
MIMMO ~ E poi niente più.
DONATA ~ Impossibile Mimmù.
MIMMO ~ Allora vedi tu!
DONATA ~ Io… Vedo l’erba tutta a scendere perpetua!
MIMMO ~ Ae, ma tu inventi.
DONATA ~ E perché tu non la vedi l’erba?
MIMMO ~ E mica so’ cecato!
DONATA ~ E allora perché dici no?
MIMMO ~ Sì ma non è tutto accussì sofisticato!
DONATA ~ E tu che vedi?
MIMMO ~ ’O gialliato!
DONATA ~ Uddio. Chi è?
MIMMO ~ Non è una persona, è una cosa.
DONATA ~ Ahhh. E devi precisare!
MIMMO ~ Io vedo tutto giallo e imbalsamato. Sta p’e tutt’ parte. Non c’è scampo. Non ci sta un altro colore.
DONATA ~ Sì perché c’è il sole.
MIMMO ~ Ma a chest’ora avess’a chiovere!
DONATA ~ Noooo. La pioggia tropicale è una cosa innaturale.
MIMMO ~ Tropicale?
DONATA ~ Dall’altra parte del mondo c’è la pioggia. Noi c’abbiamo il sole.
MIMMO ~ Eh ma ccà se more.
DONATA ~ Non ci pensare.
MIMMO ~ Sto asfissianno.
DONATA ~ (a voce alta, sempre saltando, come se tra i due ci fosse distanza di metri) Che cosaaaa?
MIMMO ~ Mi ammanca l’aria!
DONATA ~ Io invece da qua sopra vedo muoj e muoj ’e terra.
MIMMO ~ Si dice “muori”. Muori di terra. Mezza scema.
2.
Intervista a Elia.
ELIA ~ Guardo a voi o nella… telecamera? Vabbuò ja, faccio come mi viene normale. (Sorride) Io ’ngi tenevo in quella zona là, là dietro, dove la montagna fa una curva là… io ’ngi tenevo una proprietà. Privata. Cioè privata mo’… me l’ero ereditata da mio padre che la teneva da cent’anni proprio, quindi non ’nge lo so se si può chiamare privata, ma insomma io solo ci abitavo. Io e le mucche. Centosei. Tutte belle, chiatte. A fila indiana. Io ero proprio come se fossi innamorato di loro. Ma innamorato fedele però. (Sorride) E a meno di vent’anni ero il meglio mandriano di tutti i tempi. Io non ’nge lo so che cosa darei per ritrovarle. Le mucche mie. Sono sei mesi che non le tengo più e la notte non dormo. Non ’nge lo so a chi chiedere un aiuto, una mano. Che io certi momenti, non me lo nego, penso che chiederei pure a qualcuno malamente, a qualche delinquente, per farmele ritrovare. Solo che poi ’ngi dico a me stesso… Non ’ngi fare follie. Tu le troverai! Le troverai. Le mucche tue. (Sognante) Belle. Lucide, gonfie. Quelle so’ mucche da latte che senza spremerle gocciolano da sotto. (Sorridendo) Oh, è proprio come dicono gli indiani. Non è che i tori non so’ buoni, solo che non so’ divini.
Appare Donata, sullo sfondo, in disparte. Osserva la scena, presumibilmente dall’alto.
È sorpresa, sovreccitata alla vista delle telecamere. Spalanca la bocca. Fa versi di gioia. Saltella.
DONATA ~ (sussurrando) Uahhhhh. È una tra-smissioneeeee. Sta andando per tele-visioneeeee. (Si guarda, sta sulle spine. Un po’ smorfiosa) Ma io vorrei sapere. Di preciso. Uno che deve fare per farsi intervistare? Va bene ogni cosa o bisogna tenere un fatto in particolare? (Osservandosi) Se io c’avessi qui sopra diverso, se io c’avessi il busto come quei disegni dei vestiti firmati, un busto naturale e la faccia tutta uguale. Senza buchi e senza corsie. Se io c’avessi un modo di parlare più soffuso, che se mentre parlo uno si immagina di stare in un privé di un locale, su una suite in mezzo al mare e si immagina di stare tranquillo, rilassato a fumare, a gambe aperte come un re, mentre guarda uno spettacolo naturale, che sarei io… Se io fossi diversa qua, soprattutto qua, sul petto, se avessi due belle grandi cose da toccare… Che uno che le guarda si vorrebbe arrampicare, mettendoci le dita dentro in questi appigli. Allora volevo vedere come tutti quanti mi stavano a pregare! Dacci qualcosa di tuo! Donata! Dacci qualcosa di tuo. No. Niente dovete avere, niente. Tutti in ginocchio, tutti sotto di me. Felici e contenti di falsi calpestare, come tutti i poverelli sono felici e contenti di farsi consumare da una presunta bellezza micidiale. Una promessa per godere. Ah, mi serve un miracolo. Mi serve una pubblicità. Che si mettono a dire tutti che il prodotto è cambiato, che adesso è più conveniente. Mi serve che mi cresce il petto tutto all’improvviso, che mi deformo tutta quanta e così il cambiamento ve lo butto in faccia a voi. Vi piace? Vi piace? Vedete bene adesso è diverso. Adesso è cresciuto, si può toccare. Vi piace? Adesso mi vedete, eh? Adesso mi vedete forte e chiaro.
3.
Donata, rimasta sola in scena. Si distende a gambe in aria, come se la sua occupazione usuale fosse guardarsele.
Mimmo è fuori, ma sentiamo la sua voce.
MIMMO ~ Chi parla? … Allora, chi parla?
DONATA ~ Nessuno!
MIMMO ~ Come nessuno?
DONATA ~ Non vola una mosca da sei ore.
MIMMO ~ Sì ma chi parla con me? Nessuno vuole parlare?
DONATA ~ E che dobbiamo dire?
MIMMO ~ Qualcosa. Invece di stare qua, invece di giocare a palla, possiamo pallare.
DONATA ~ Pallare?
MIMMO ~ Eh, un gioco nuovo. Si chiama Palliamo. Tu dici qualche cosa a me e poi io…
DONATA ~ A richiesta niente, mi dispiace.
MIMMO ~ Tieni la cattiveria proprio che ti scorre.
DONATA ~ Non sto a piacere tuo. Si fa sempre tutto solo se tu tieni genio. Mo’ però mi so’ scocciata. Mi dispiace! Fattele in testa a te le chiacchiere a vacante… O se no! O se no facciamo un’altra cosa. Mimmo… (Pausa. Sempre stando a gambe all’aria) Vogliamo fare come se tenessimo uno con la telecamera che ci domanda. E noi rispondiamo. Io ci dico che sono Donata e… e che mio fratello si chiama Mimmo e però io e lui non teniamo proprio niente in comune. Proprio zero.
MIMMO ~ E chi se ne importa?
DONATA ~ Vedi che agli intervistatori gli interessa tutto! Pure le cose che tu ti pensi che nessuno se ne frega. Loro quello vogliono. Poi… gli dico che io sto sempre sveglia e invece Mimmo dorme a piedi. Io non mi riposo mai. Invece Mimmo non si muove proprio. Mimmo durante la giornata, diciamo, è come se morisse… Mimmo… Tu gli puoi dire quello che vuoi… (Pausa) Oh. Mimmo. Dormi già? …
MIMMO ~ Quasi.
DONATA ~ Dormi quasi?
MIMMO ~ Eh.
DONATA ~ E perché non dormi tutto?
MIMMO ~ Dormo tutto se tu ti stai zitta.
DONATA ~ Ma tu volevi parlare!
MIMMO ~ E mo’ mi so’ scocciato di pensare alle risposte.
DONATA ~ Che volevi dire?
MIMMO ~ Niente proprio.
DONATA ~ Allora ti faccio dormire.
MIMMO ~ Senza fiatare.
DONATA ~ (si alza) Mimmo? (Abbassando la voce) Mimmo dormi tutto?
Il fratello non risponde.
(Guarda dritto davanti a sé, con sguardo di sfida. Poi diventa smorfiosa) Ehh. Donata, sì. Appunto, Donata. Che è il mio nome. No no. Non è una puntella. Eh voglio dire che nessun parente si chiamava come a me. Nessuna morta. Diciamo così. Ci sto solo io che sono viva, con questo nome. Donata. Significa “regalata”. Mio padre mi disse così. Mi disse… Ti feci con lo stampino, lo sai? Eh. Quando fu il momento, usai uno stampino e ci colai dentro a te. Poi dopo che eri nata, presi lo stampo ancora tutto sporco e lo buttai. Così nessuno poteva fare le copie, hai capito? Così la tengo solo io accussì. Ovêr eh! Edizione limitata… E che so’ limitata io?… Eh, sei limitata, fatevene tutti quanti una ragione. Mia figlia è limitata! Limitata. (Si prende il seno tra le mani e prova a tenerlo su) Luna lunella, fammi crescere ’e zezzelle. Luna lunella, fammi crescere ’e zezzelle. Luna lunella, fammi crescere ’e zezzelle. Luna lunella, fammi crescere ’e zezzelle.
MIMMO ~ (entra da fuori all’improvviso) Ma che fai?
DONATA ~ Oh. Niente.
MIMMO ~ (ridendo) Hai voglia di fare, non le convinci a uscire.
DONATA ~ Ma chi le vuole!
MIMMO ~ Stai tutta rossa per lo sforzo, vedi che le zizze non ti escono nemmeno se ti spremi.
DONATA ~ Io perciò cu’ te nun ce parlo mai.
MIMMO ~ (sempre ridendo) Fai vedere come fai. Fai vedere come ti spremi.
DONATA ~ Ma quando mai! Tu ruor’m ancor’ allert’. Ti stai sognando.
MIMMO ~ A me mi pare che tu ti stai sognando!
4.
Intervista a Elia.
ELIA ~ Oggi fare l’allevatore non è facile. Proprio per il lavoro in se stesso che è un lavoro di sacrifici, non ’ng’è domeniche, non ’ngi sono ferie, non ’ngi sono tempi liberi. Ehhhhh… queste sono scelte di vita che si fanno da bambino e che partono proprio dalla passione, passione per la vacca. Eh sì… sì, è così… io ho scelto di fare questa missione per non far perdere quello che è il nome della vacca, proprio della bovina in se stessa. ’Ngi tengo moltissimo.
E sono stato una persona fortunata ad aver trovato una famiglia indiana, che per loro la vacca è sacra e così riescono a dare il meglio di se stessi. Io ’ngi lavoro assieme agli indiani nella fabbrica del latte qua vicino. Ci capiamo io e loro. Certo la paga è quella che è, una miserabilità. Ma a noi ci ripaga la vacca stessa.
5.
Donata nasconde l’insegna del posto in cui sono in un angolo ed esce.
In scena, Mimmo ed Elia.
Il primo è l’immagine della noia. Sta disteso. La vita gli passa addosso come una lunghissima giornata d’estate.
Il secondo è un uomo semplice ma forte, volenteroso, un grande lavoratore.
ELIA ~ Oh. Oh ragazzo tu! Ragazzo tu!
MIMMO ~ Ché?
ELIA ~ Non ’ngi senti?
MIMMO ~ Stai parlando con me?
ELIA ~ Sì ragazzo, tu.
MIMMO ~ E che vai trovando?
ELIA ~ Che ’ngi sta loco ddinto?
MIMMO ~ Dove?
ELIA ~ Che tipo di attività tenete?
MIMMO ~ Che dici?
ELIA ~ Quale occupazione ’ngi tieni là dentro? Che tratti?
MIMMO ~ E nun ’a vire l’insegna?
ELIA ~ Dove?
MIMMO ~ ’Ngap’ a me.
ELIA ~ ’Ngap’ dove?
MIMMO ~ Alza lo sguardo e vedi.
ELIA ~ (perplesso) Alzo…
MIMMO ~ Eh…
ELIA ~ E tenessi un bicchiere d’acqua là dentro?
MIMMO ~ Ma perché parl’ cumm’a ’nu menomato?
ELIA ~ ’Ngia tenite una fontana dentro l’attività?
MIMMO ~ Ma chi sî?
ELIA ~ Uff, fa caldo. ’Neggia la miseria, non respiro proprio.
MIMMO ~ Vuoi l’acqua?
ELIA ~ Tenessi quella minerale?
MIMMO ~ No, tenessi chella r’a funtana.
ELIA ~ Va bene, va bene lo stesso. E… da quando vi siete aperti l’attività?
MIMMO ~ Ma sì venuto a fa’ ’nu controllo?
ELIA ~ Che cosa?
MIMMO ~ Tu. A che autorità appartieni? Vuoi sgamare qualche cosa?
ELIA ~ Ma che io?
MIMMO ~ Eh tu! Vire che nun’ tenimme ’a forza ’e fa’ niente di illegale.
ELIA ~ (sorride) Buono, buono per te ragazzo.
MIMMO ~ Io sulo si penso ’a fa’ ’nu ’mbruoglio, m’ ven’ male ’e capa. Non è per onestà, è che mi scoccio proprio.
Elia ride.
E che tien’a rire? Mo’ che ci vuoi fare con la mia dichiarazione? Vedi che lo so che ’nu può fa’ nient’. Vuoi denunciare?
ELIA ~ No, no, io non faccio niente… facevo per parlare mentre uno aspetta l’acqua…
MIMMO ~ Dalle nostre parti i favori si aspettano zitto e muto.
ELIA ~ Ma io sono di qua.
MIMMO ~ Tu?
ELIA ~ Sì.
MIMMO ~ Ma che dici? Ma tu parli comm’a ’nu ’nduppato.
ELIA ~ Ma che ’ngi dici co’ quella bocca. (Sorridendo) Io parlo tale e quale a te.
MIMMO ~ Vabbuò. Però mo’ mi sono ricordato che la fontana oggi non va. Hanno sospeso l’idricità fino alle sette. Mi dispiace.
DONATA ~ (rientra. Cammina piano, sembra un fantasma) Ma quando mai?!
MIMMO ~ L’hanno sospesa. Stiamo senz’acqua.
DONATA ~ Ma se fino a mo’ abbiamo arracquato.
MIMMO ~ E mo’ è finita.
DONATA ~ Ma se io ancora…
MIMMO ~ Aggio ritt’ che è finita!
ELIA ~ Va bene, va bene. ’Nti preoccupare ragazzo. Ci passo dopo al Discount. Mi compro la minerale. (Sorride)
MIMMO ~ Vai, va’…
ELIA ~ Sì, però vedi bene che ’ngap’a te, ’ngi sta solo il cielo!
MIMMO ~ Ché?
Elia esce.
Mimmo alza lo sguardo. Resta sorpreso. Appesa in alto non c’è alcuna insegna. Donata l’ha nascosta e, intanto, è scura in volto. Sembra una strega, sembra un fantasma.
Parte il gioco delle offese.
DONATA ~ Parli male. Tu parli proprio malamente.
MIMMO ~ Sai che fine ha fatto l’insegna?
DONATA ~ ’A tenev’ mmocc’ ’nu cane.
MIMMO ~ Donata, vedi che è una cosa seria.
DONATA ~ Perché i cani so’ gente poco seria?
MIMMO ~ ’Ossai quanto l’abbiamo pagata.
DONATA ~ Vostro onore, il testimone offende la categoria dei cani.
MIMMO ~ ’Ossai che senza l’insegna qua non si ferma più nessuno.
DONATA ~ Lui, sì signore, lui i cani li ha sempre tenuti in antipatia. Ci fanno senso. Ci pensate? I cani!!
MIMMO ~ F’nnell’ Donata.
DONATA ~ Quelli sono così amabili. Io, in fondo al mio cuore, sì signore, io penso che a lui ci piacerebbe a mangiarseli i cani. Come i cinesi. Cinese che sei! Sei un cinese!
MIMMO ~ Donata…
DONATA ~ Vostro Onore, mio fratello è un cinese!!
MIMMO ~ Sì, ma mo’ non stiamo giocando al Processo in Diretta.
DONATA ~ Comportamento amorale!!
MIMMO ~ Sto parlann’ serio!
DONATA ~ Crimine contro l’umanità!!
MIMMO ~ Donata, dove hai messa l’insegna?!
DONATA ~ La - Teneva - In Bocca - Un Cane!!
MIMMO ~ ’O sai che ccà non si ferma chiù nisciuno. Che siamo anonimi, che ci perdiamo qua in mezzo a niente senza una luce verde sgargiante. ’O sai che nessuno ci vede. Eri d’accordo pure tu, pazza con la bipolarità.
DONATA ~ Notizia scioccante! Ragazzo pensa di sapere che significano le parole e invece le usa a cazzo!
MIMMO ~ È una sfida?
DONATA ~ E tu la perdi. Strano ma vero!!
MIMMO ~ Incredibile! Ragazza nasce con i fossi sulla faccia!
DONATA ~ Scoppia il caso! Un ragazzo nasce senza pesce. Piangono tutti e più di tutti piange lui che invece pensava di tenere…
MIMMO ~ Un tronco d’albero le cade in faccia. Adesso la ragazza ha una crepa in fronte. La Crepata la chiamano.
DONATA ~ A testimoniare al banco, ecco a voi L’Ignoranza Che Ti Mangia. Crepare ’o sai che vuol dire? Significa ridere.
MIMMO ~ Ma che dici?
DONATA ~ Infatti si dice ridere a crepa-pelle.
MIMMO ~ E vai va’. Vai dalla gente e dicci, per favore, fatemi crepare!
DONATA ~ Non sai parlare!
MIMMO ~ L’opinione è divisa in due! Se una criatura nasce coi buchi in faccia, si tiene o se ietta?
DONATA ~ Hai parlato male!!
MIMMO ~ Dicimi dove sta l’insegna.
DONATA ~ Truvatella sulo tu!
MIMMO ~ Che faccia che fai. Quanto sei brutta.
DONATA ~ Ecco qua, ’e offendere sempre, nun sai iuca’.
MIMMO ~ E allora dici dove sta l’insegna e io ti faccio un complimento.
DONATA ~ No po’ tu non me lo fai.
MIMMO ~ Te lo giuro!
DONATA ~ No, non ci credo. ’Ossacc’ già.
MIMMO ~ Giuro!
DONATA ~ E su che cosa me lo fai? No sui vestiti, che ’ossacc’ che fanno schifo.
MIMMO ~ None.
DONATA ~ Su qualcosa di me.
MIMMO ~ Eh sì.
DONATA ~ E vedimi bene!
MIMMO ~ Te saccio, Dona’.
DONATA ~ Promesso?
MIMMO ~ Giuro, te lo faccio il complimento.
DONATA ~ E che ci facevi co’ quello là?
MIMMO ~ Chi?
DONATA ~ Quel signore.
MIMMO ~ Il mezzo scemo?
DONATA ~ Non è scemo. E non ci devi più parlare male.
MIMMO ~ Perché?
DONATA ~ Giura pure questo.
MIMMO ~ Ma chi ’o sape.
DONATA ~ Vedi che è uno importante.
MIMMO ~ Ma l’e visto bbuono?
DONATA ~ Eh. Come è, è. Non ci devi più parlare male.
MIMMO ~ Chissà a te quando ti ricoverano! (Esce)
DONATA ~ (monologa a testa in su) E sì, fate quello che volete, a me non mi cambia niente. Tanto come la mettete, mettete: la gente terrà sempre da dire. La gente è falsa, è falsissima! La gente parla dietro, la gente è sprucida, la gente non ti aiuta, la gente ci piace a giudicare, la gente cagna e scagna, la gente se ti vede a terra ti passa sopra. La gente ti schiaccia, ti arriffa, ti tronca… ti rinfaccia. La gente non tiene che fare, la gente si gratta la pancia, la gente gioisce delle miserie tue. La gente spera che non ti fai mai i soldi per andare in vacanza. La gente ti prende, ti spinge e ti monta. Mettetemi dove volete voi. Mi potete mettere sopra, di traverso, sottosopra, qua sotto dove nessuno mi vede. Eh! Mi potete mettere pure nella cantina, sotto terra. A me non me ne importa proprio. Tanto a me, me lo so portato a dire! Che chissà noi che facciamo, che siamo strani imparentati. Che ci laviamo con la pompa e poi sempre sporchi siamo. Dice che stiamo sempre solo noi, che qua nessuno ci viene più. Manco se po’ da loro fanno la folla! Cioè… noi stiamo qua… che male ci sta. Mettetemi là dietro. Dietro, più dietro. Ah non c’è visuale. E che fa. Meglio così. Meglio ancora. Magari veramente non ci vede più nessuno. Magari.
6.
Intervista a Elia.
ELIA ~ C’è una cosa. Che non ’ngi smetto di pensarci. Che in certi paesi, nella vernata, sarà verso il mese di gennaio, i mandriani ci fanno una croce sopra le vacche loro. Ci tagliano un poco il pelo, mica le marchiano. No, no. Tutto delicato delicato che così la vacca non si fa male. È come, diciamo così, un taglio di capelli. E allora io penso, tutte le notti penso, che se io ’ngi avessi fatto una croce o un altro segno sulle vacche mie, nessuno se le prendeva! Perché vedevano il segno e pensavano che erano le vacche di qualcun altro. No? Che erano le mie. Le mie. (Si porta una mano sulla faccia, commosso)
7.
Tentativo numero 1: i ganci.
Rientra Donata.
Osserva Elia, sul quale la luce delle telecamere è ancora accesa. Telecamere che scrutano ossessivamente la sua commozione.
Lei guarda. È curiosa, eccitata. Si osserva, si tocca il viso. Si tocca le gambe, la pancia. Il petto. Indugia sul seno, lo tocca con avversione, prova a tenerlo su, perché sembri più grande.
Poi afferra due ganci vuoti, di quelli su cui s’infilzano i pezzi di carne nelle macellerie. Li passa tra le bretelle del vestito, come per appendervisi e vedere sollevato il seno.
DONATA ~ Signore. Signoreeee! Ti ho visto, l’altro giorno, con la televisione… Stavi con la televisione.
Elia alza lo sguardo.
Non sentivo. Però parlavi!
Lui la guarda, sorpreso.
Signore! Potete venire qua un momento? Sì, venite! Per favore. (Emozionata) Voi come, come… Vi posso dare il tu? Ja, non si porta più il voi. Pure se non ci sappiamo, che male fa! Poi il voi si dà per rispetto, ma uno lo deve sapere prima se quello se lo merita il rispetto! Al massimo ve lo do dopo il voi, devo prima verificare, no? (Ride nervosamente) … Vi do il tu, va bene?
ELIA ~ (frastornato, ma accennando un sorriso) Ragazza…
DONATA ~ Ciao signore. Come stai? (Sorride imbarazzata) Come ti senti? Fa caldo, eh lo so, l’ho visto, lo tieni scritto sulla schiena. Eh l’ho letto prima… quando ti sei girato… Vuoi qualcosa? Prendi qualcosa dai, prendi qualche cosa! Vuoi un bicchiere di acqua minerale? Fa bene alla pelle, per via di tutte quelle bolle… Non vuoi niente niente? (Quasi delusa) Impossibile che non vuoi prendere. Allora chiedimi tu che cosa vuoi, perché se no con tutte le cose che ci possono essere, che ne so mo’ tu che cosa vai cercando. Non posso mai indovinare. Però sai che cosa è proprio una mano santa? Lo vuoi sapere? No?
La luce su di lui si affievolisce. Elia fa per andarsene.
Ah te ne vai… Sì, sì, giustamente. Giusto. Ciao signore. Impossibile però che non vuoi prendere. Il modo mio di amare è servire. Servire e riverire. Ma non è una cosa buona, non è che mo’ mi fanno santa. Non è che metto avanti gli altri perché così dice la regola. Mica mi spero di essere fatta martire, questo mai. È un modo tale e quale a quello degli altri, gli stessi appiccichi incompresi, le stesse scortesie, le stesse croci appese al collo, proprio uguale uguale agli altri modi. Pure io mi perdo nei pensieri e pure io penso a quello che ci vorrei fare con quel signore. Però alla fine io ci vorrei fare solo un regalo. Un bel regalo. E che può volere? Che ne so se lui non me lo dice! Se per esempio io capisco e mi anticipo e quando lui dice che ha sete, io già sto pronta con l’acqua, quello allora forse si attacca, si attacca alla mia mano. Gli servo. È che io mi esprimo così. Io servo. Allora. Che vuoi? Impossibile che non vuoi prendere. (Toglie i ganci dal vestito e il seno appare nuovamente piccolo e insignificante) È impossibile.
8.
Rientra Mimmo. Stranamente energico.
DONATA ~ Che hai fatto?
MIMMO ~ Ho lavorato.
DONATA ~ Come?
MIMMO ~ Mi sono alzato.
DONATA ~ E come hai fatto?
MIMMO ~ E tu dove stavi mentre io mi sfondavo di fatica?
DONATA ~ È arrivato un altro carico?
MIMMO ~ È normale.
DONATA ~ Hanno trovato la strada…?
MIMMO ~ Nun ce vo’ l’anima r’o navigatore satellitare, Dona’. Per qua attorno non ci sta quasi niente. Che ci vuole. Ci hanno trovato.
DONATA ~ Ma come?
MIMMO ~ Ancora? Riprenditi, Donata! Ccà dret’ mo’ ci sta ’nu cesso. Piglia ’a pompa che s’adda pul’zzà!
DONATA ~ (arrabbiata) Fai pena. Ti svegli solo per fare quelle quattro ore di fatica ogni tanto. Solo allora prendi aria. Poi niente più. Schiattato in corpo. Eccolo qua! Il letargo della disoccupazione! Mi sembri un operaio metallurgico. Non tieni via d’uscita. Mi sembri uno sfruttato del Quindici-Diciotto!
MIMMO ~ Nun te capisco. Prendi la pompa, Donata.
DONATA ~ Fai pena proprio.
MIMMO ~ Prendila.
DONATA ~ Tu. Fai pena.
MIMMO ~ Non capisci?
DONATA ~ Tu.
MIMMO ~ Io?
DONATA ~ Eh. Tu. Tu.
MIMMO ~ Non hai mai capito niente.
DONATA ~ Tu.
Stacco.
Monologo sportivo.
MIMMO ~ Tum. Tum. Tum. Rumore di passi. Tum. Tum. Tum. Ma che è ’stu ventorio? Tum. Tum. Tum. Mi sbatte tutta la casa. Mi sbatte nel petto. Tum. Tum. Tum. Non è vento signora, sono i passi di un dio. Si apre la folla. Uanm’e Maria, ma chi è chist’? ’Aro’ è asciut’ ’stu maronn’? Tum. Tum. Tum. È ragazzo o è uomo? Un Sant’Antonio, un maestro di stile. Tum. Tum. Tum. Io sento i suoi passi, li sentono tutti. È gente da fuori? Una folla, una nave da crociera? So’ turisti nel vico? No, è uno solo, è isso signora! È Mimmo Ad Maiora! Uooooooooooh. Mimmo cammina sul campo. Ogni passo è una scossa di terremoto. Gli avversari stanno fermi, non tengono il coraggio. Ogni passo è una tragedia. Mimmo cammina veloce, tiene la palla sotto il braccio. L’ovale di ferro. Ogni passo se ne cade un palazzo. Mimmo cammina. Due di loro gli vanno vicino. Ma che, veramente vi pensate che lo potete placcare? Fermi tutti. Mimmo li lancia lontano e chi ci sta mo’? Chi più? Nessuno? Orsù. Orsù. Orsù! Uahuuuuuuuuuuuu! Un altro che viene, un altro ancora. Gli afferra le gambe, lo stringe forte e spinge come un toro. Si fanno forza tutti gli altri, a decine, mo’ che lo vedono tremare. Mimmo sta in difficoltà, ’uagliù amma apprufitta’! Se li trova tutti addosso. Mimmo Magno non cede! Spallate. Spallate! Comincia a dare spallate contro tutti! Volano denti, ossa rotte e facce sguarnite. Mimmo è forte, famose sono le sue spalle tornite! Rompe tutto, rompe l’orizzonte. Corre ancora. Mimmo è solo. Tum. Tum. Tum. Vai veloce, corri ancora, Mimmo Ad Maiora! Poi si ferma un attimo solo, lancia la palla alla meta ed è gloria infinita. Uoooooooooooooooooooooooooooooahhhhhhhhhh. Chi se ne accorge ’uagliù, chi se ne accorge? Ho fatto meta! Oh!! Ché? Nessuno? È finita?
9.
Intervista a Elia.
ELIA ~ Ah il nome non me lo ricordo, chissà se l’ho mai saputo. Ma insomma era un industriale. Si comprò tutto. Tutto! E ’ngi fece sopra un cantiere. Ci notai che non stava manco vestito alleccato. Insomma normale, ovverosia si comprò tutto. La terra mia. La casa mia! E le mie vacche. Che non le trovai più. Le vacche mie che me le vedo moribonde e flaccide, marchiate e dissipate in giro. Usate per chissà che cosa. Nella fabbrica del latte non le ho viste, ma là devono stare. Per forza! Per forza.
10.
Mimmo è di nuovo disteso a terra, annoiato come al solito. Quasi addormentato.
Entra Elia tutto trafelato e lo sveglia.
ELIA ~ (sussurrando) Oh. Oh! Ragazzo tu!
MIMMO ~ Ché? Oh. L’hai cu’ me?
ELIA ~ Eh, ragazzo co’ te.
MIMMO ~ Ancor ccà stai?
ELIA ~ Ti volevo dire una cosa.
MIMMO ~ Che cosa?
ELIA ~ (sempre sussurrando) Una faccenda!
MIMMO ~ Ma ch vaj ricenno. Nun te capisco.
ELIA ~ E senti.
MIMMO ~ (si gira dall’altra parte) Vattenn’ jà, m’aggia ripusa’.
ELIA ~ Una cosa, ti devo dire una cosa.
MIMMO ~ No, nu’ teng’ genio.
ELIA ~ Ci potresti guadagnare.
MIMMO ~ (sbuffando si alza, stropicciandosi gli occhi) Ma nun ’a tien’ ’na fatica? Avanti. Che vuo’?
ELIA ~ Ti dico una cosa perché mi pari un ragazzo con la testa dove deve stare, è vero, eh? Uno duro, un forzuto. Mi capisci?
MIMMO ~ Veramente no.
ELIA ~ Senti a me. Ti è capitato no, che tu ’ngi avevi qualcosa e qualcuno te l’ha portata via?
MIMMO ~ No.
ELIA ~ Come no?
MIMMO ~ Eh, frate’, no. Nun aggio mai tenuto niente.
ELIA ~ Ma non una ricchezza, dico una cosa che tu ’ngi tenevi.
MIMMO ~ Eh, eh aggio capit’. Che ’a tenev’ e me l’hanno arrubbata.
ELIA ~ Oppure solamente ti hanno detto che non era tua.
MIMMO ~ Eh, chest’ sì, me l’hanno detto sempre. Questo non è tuo, non si tocca. Comm’ no. Però appunto, nun è mai stato nient’ roba mia.
ELIA ~ E ’ngi riesci a immaginare che tenevi qualche cosa tua e te la so’ portata via?
MIMMO ~ Maro’, ma ch vuo’ ’a me? Che ne saccio.
ELIA ~ Ti devo chiedere una cosa.
MIMMO ~ E chiedi!
ELIA ~ Mi devi aiutare a recuperare.
MIMMO ~ Ché?
ELIA ~ Mi devi aiutare a recuperare. Recuperare una cosa. È una cosa mia, capito? Io ’ngi tenevo e me la so portata via. Tu sei forzuto, sei duro, mi puoi aiutare.
MIMMO ~ Io forzuto? Ma me stai sfuttenno?
ELIA ~ (sorride) Sei uno sportivo.
MIMMO ~ Ma chi io?
ELIA ~ Eh tu. Ti ci ho visto a te che sei bravo in quella cosa che fai. Quando ti alleni. Sei un campione, eh? (Sorride)
MIMMO ~ Vabbuò stai sfuttenno.
ELIA ~ No, io veramente dico. ’Ngi dico la verità. Sai abbattere i muri tu. Sicuro.
MIMMO ~ Ma che? Io? Tu ’e pigliat’a uno pe’ ’n’ato.
ELIA ~ No no, sono sicuro che tu puoi.
MIMMO ~ Sin ja, che aiuto vai cercando?
ELIA ~ Dobbiamo recuperare una cosa.
MIMMO ~ Vuo’ arrubba’?
ELIA ~ Che cosa?
MIMMO ~ Vuoi rubare? Vuoi andare a svaligiare? Scassinare? Violazione di proprietà privata?
ELIA ~ No no, io…
MIMMO ~ Io so’ d’accordo cu’ te per principio, ma mi scoccio veramente. Non è per cattiveria però io proprio sto stanco, c’ho sonno, capito…
ELIA ~ No, no. Niente rubare. Recuperare.
MIMMO ~ E cumm a vuo’ ricere, ricere. A me me pare che vuo’ arrubba’.
ELIA ~ No, ’ngi sono tutte cose mie.
MIMMO ~ Te l’hanno rubate loro a te?
ELIA ~ No, se le so comprate.
MIMMO ~ E allor’ ch vai truvann’, oh fra’.
ELIA ~ Ma comprate senza pagare. Prese in regalo senza niente in cambio.
MIMMO ~ E si dice rubare.
ELIA ~ No, no. Non era rubare, era togliere in maniera composta. In maniera perbene. Che nessuno si può offendere. E tu mi devi aiutare a recuperare. E io ti pago tutte le mie mensilità che ho fatto fino a mo’ nella fabbrica del latte. D’accordo?
MIMMO ~ Ma ch’amma fa’?
ELIA ~ Recuperare, recuperare il mio!
Mimmo esce.
Elia resta solo.
11.
Tentativo numero 2: il lievito.
Donata è intenta a pulire. Mette su una canzone e canta a squarciagola. Balla, gioca a fare la sensuale. Passa lo straccio con vigore, è come una qualunque ragazzina. Questa è un’immagine molto reale.
Elia è alle sue spalle. La interrompe, cogliendola in quel momento così intimo. Lei rimpicciolisce alla sua vista. Lui sorride, fa un sorriso largo.
ELIA ~ Ragazza.
Sembra atterrita. Indietreggia, turbata.
Ragazza tu… ciao. (Sorride sempre) Ti sei sbandata? Ti ho disturbato nelle pulizie, mi sono veramente costernato. Fa caldo eh? Come fai a pulire con questo caldo, ’neggia la miseria. Veramente una tortura. Eh. Una tortura…
DONATA ~ (sussurra)… cinese.
ELIA ~ Sì… (sorride ancora) Io stavo col ragazzo che sta sempre qua.
DONATA ~ Mimmo?
ELIA ~ Sì.
DONATA ~ È mio fratello.
ELIA ~ Ah, ci siete fratello e sorella.
DONATA ~ Sì.
ELIA ~ Buono, buono per voi.
DONATA ~ Che ha fatto? Se ha detto qualche cosa di male… Mio fratello non sa parlare.
ELIA ~ Niente, niente. ’Ngi dovevamo solo mettere d’accordo. Io ’ngi ho chiesto un favore.
DONATA ~ Mimmo non fa favori a nessuno.
ELIA ~ Ma poteva servire pure a lui.
DONATA ~ Sì ma non lo fa. Lo so già.
ELIA ~ Forse ’ngi sta risentimento in questa opinione da sorella. Eh? (Sorride)
DONATA ~ Non è perché è cattivo. È solo che non ha voglia.
ELIA ~ Ma la voglia viene se uno te la fa venire. (Si avvicina sempre di più)
DONATA ~ (sempre più turbata) Mimmo non vuole mai niente. Mica è impossibile? È solo uno che non ha voglia… Non è come a me.
Elia si avvicina e le dà una carezza paterna piena di condiscendenza. Lei resta immobile, pietrificata da quel gesto. Poi lui se ne va, lasciandola sola.
(Prende quello che sembra un pezzo di pane incartato. Ne legge l’etichetta) Lievito istantaneo. Prodotto dal lievito madre. Aggiunto a qualsiasi impasto, ne migliora la lievitazione. Ideale per gli impasti che devono crescere!! Per una doppia lievitazione, far riposare l’impasto tutta la notte in un luogo fresco e asciutto. (Scarta il pezzo di lievito e lo mangia voracemente. Poi si aggomitola in un angolo e si addormenta al buio)
12.
Il trio.
Entra Mimmo. Donata si sveglia.
MIMMO ~ Niente di niente. Vero o no?
DONATA ~ Che?
MIMMO ~ E si sapeva.
DONATA ~ Vattenn’.
MIMMO ~ Non è cambiato niente.
DONATA ~ Vattenn’ Mimmo.
MIMMO ~ Non ti succede niente. Tutta che fai la tipa, invece neppure a te ti succede niente.
DONATA ~ (si guarda il seno. Delusa) A me mi succedono un sacco di cose.
MIMMO ~ Fai semp’a tipa, semp’a tipa. Semp’a tipa.
DONATA ~ Che vuoi?
MIMMO ~ Alzati, ci sta un ospite.
DONATA ~ (alzandosi di soprassalto, coprendosi istintivamente) Chi?
ELIA ~ (è sullo sfondo. Docile, quasi col timore di disturbare) Dormivi.
MIMMO ~ (ironico) Aspettava l’effetto.
DONATA ~ Non aspettavo niente.
ELIA ~ Io pure aspetto l’affetto.
MIMMO ~ Nun ’e capit’…
DONATA ~ (avvicinandosi a Elia) Io ti vedo tutte le mattine lo sai? Quando vai alla fabbrica del latte, io ti vedo da sopra alla tettoia. Non te lo posso dire che ci faccio là sopra, è una cosa mia. (Sussurrando) Sei curioso? Io sì, di sapere tutto. Da dove vieni, dove stai di casa. Dove dormi. Tu dormi, no? E posso sapere in che posizione ti metti? Io penso che è importante sapere uno come dorme, così poi te lo puoi immaginare e è come se tu stessi là vicino. Come se uno dorme insieme.
MIMMO ~ Donata.
DONATA ~ Allora solo una cosa, una cosa sola.
MIMMO ~ Ma che stai ricenn’? Stai sbariando troppo assai c’a vocca.
DONATA ~ Una curiosità solamente.
ELIA ~ (sorridendo) Dici.
DONATA ~ A te ti piace il latte?
ELIA ~ Certo che. Assai.
DONATA ~ E tu come te lo bevi? (Sorride maliziosa) È vero che te lo bevi senza bicchiere, cioè… direttamente da loro? Allarghi la bocca e bevi?
ELIA ~ Che… (sorridendo)
DONATA ~ Così dicono che fanno gli amatori…
MIMMO ~ Donata vattenn’.
DONATA ~ Allarghi la bocca e bevi, eh?
MIMMO ~ Donata!
DONATA ~ E ce l’hai quella tua preferita nella fabbrica?
ELIA ~ No, io veramente. Io veramente non le tengo più.
DONATA ~ Non le tieni più? Che significa? Non c’hai la favorita?
MIMMO ~ Basta, Donata. (La trascina via)
DONATA ~ Ma come ti chiami?
ELIA ~ (rimasto solo) Io mi posso chiamare solo Perduto. Perché ’ngi sono riusciti a togliermi l’unica cosa che volevo.
13.
Tentativo numero 3: l’euforia.
Donata rientra in scena saltando, ballando, muovendosi in maniera sconnessa. Fa piccole urla, come se si trovasse in discoteca e stesse ballando il suo pezzo preferito. La sua è una danza euforica.
Entra Mimmo. Lei si ferma. Affannata, rossa in volto. È diventata un po’ più sfacciata. Poi ricomincia a ballare.
MIMMO ~ Non me l’hai detto più.
DONATA ~ Che cosa?
MIMMO ~ Dove sta l’insegna.
DONATA ~ Ancora?
MIMMO ~ Eh ancora.
DONATA ~ Questa si chiama “fissità”. Quando uno dice sempre quello. Si fissa. È molto grave.
MIMMO ~ Intanto non so ancora che fine ha fatto. Lo so che sta da queste parti, lo so troppo bene. Però non tengo l’astuzia di trovarla.
DONATA ~ (ride e salta, istigando il fratello) Se dormi sempre, questa fine fai.
MIMMO ~ Ja dove sta? Stamattina è arrivato un altro carico e quelli non sapevano dove scaricare perché non ci trovavano.
DONATA ~ Comm’è?! E non tenevano l’anima del navigatore satellitare?
MIMMO ~ Ne erano centosei. Centosei! Stavamo per perdere un anno di fatica, lo sai?
DONATA ~ Dormi Mimmo, tu dormi!
MIMMO ~ Mi devi dare l’insegna. Basta con il gioco! (Prova ad afferrarla) Ma ti stai un attimo ferma?
DONATA ~ No, non posso!
MIMMO ~ Cumm’è non puoi?
DONATA ~ Non posso, devo gioire. Uh!
MIMMO ~ Ti devi stare ferma. Mi sembri una posseduta.
DONATA ~ A me le tue offese non mi fanno niente più!
MIMMO ~ Mo’ basta. Mo’ ti fermi e…
DONATA ~ Noooo! Hai fatto caso? Tutti quanti dicono che l’euforia gonfia il petto. Ho il petto gonfio di euforia, la gioia mi ha fatto scoppiare il petto. Ho il petto pieno: “Mamma mia sono veramente euforico!”. E ecco qua, sto euforica pur io Mimmù. Uh ma quanto! Accussì mi cresce il petto, so’ convinta! Uhhhhh! (Salta ancora)
Lui sembra esasperato. Ma lei continua la sua danza frenetica.
MIMMO ~ Basta, t’aggio ritto basta! Dici solo cose inventate! Te sî pigliat’ una pazzia! Nun sai manco tu che vuoi e ti fissi su una cosa. Basta, ti devi stare ferma, basta! (La spinge a terra con violenza, schiacciandole il viso contro il terreno secco. Sembra all’improvviso senza affetto) Mo’ adesso la smetti di giocare. Prendi l’insegna e la metti dove deve stare. Dici sì padrone.
DONATA ~ Sì padrone.
Lui Esce.
Lei si rialza e ritorna in una sorta di trance seduttiva. Ricomincia a ballare con sensualità.
14.
Intervista a Elia.
Donata è sullo sfondo, ormai continua spettatrice di quei momenti d’intervista.
Mentre lui parla, lei balla.
ELIA ~ Ormai lo so. Che a questo mondo, le cose, o ’ngi metti l’etichetta col tuo nome, oppure te le tolgono senza pensarci troppo. A me però non mi venne proprio di metterci l’etichetta. Mi pensavo, come lo scemo, mi pensavo che quelle stavano con me per sempre. Come una proprietà privata, però che non ’ngi stava scritto da nessuna parte. Che sarebbe l’amore.
15.
Tentativo numero 4: il fango.
Donata in scena. È sporca. Ricoperta di sterco. La sua evoluzione psicologica qui è quasi al suo culmine. Sembra più adulta, consapevole, più delusa, più dannata.
DONATA ~ È luna piena. Mi spalmo sopra il petto la mistura puzzolente, la merda di gallina fa un effetto presto presto. Ma se non succede, se non mi crescono stanotte io giuro veramente che le sgozzo tutte quante alle galline. Con le mie mani.
Mimmo compare davanti a lei. Il suo sguardo è diventato più duro.
MIMMO ~ Ti devi riprendere.
DONATA ~ Che vuoi?
MIMMO ~ Ti devi riprendere un poco.
DONATA ~ Esci da qua, per favore,
MIMMO ~ P’cché?
DONATA ~ P’cché m’aggia cagna’.
MIMMO ~ Da quand’ in qua!
DONATA ~ Teng’ scuorno.
MIMMO ~ Un’altra novità.
DONATA ~ Per fortuna! O se no era sempre tutto uguale a prima, sai ch pall’. Mamma mia che angoscia.
MIMMO ~ Ti devi riprendere! Ti devi riprendere un poco!
DONATA ~ (ironica) C’a telecamera?
MIMMO ~ Te sc’mnut. Non tieni niente di meglio e allora ti fissi ’ngopp’ a una cosa senza senso.
DONATA ~ ’O teniss’ tu ’o senso!
MIMMO ~ Io faccio tutto perbene. Non mi faccio prendere dalle angosce inutili io.
DONATA ~ E sî ’nu muort’. Morto che cammina, morto in fila alla cassa, morto dentro sei come un film horror. Tieni la paglia dentro, se ti aprono esce la paglia.
Mimmo si avvicina a lei e la spinge a terra con crudeltà.
Ti devi solo riprendere. E prima o poi lo fai. Capito? Prima o poi lo fai.
MIMMO ~ (si piega accanto alla sorella. La tiene stretta. La violenza lentamente si scioglie in una docile amarezza. Poi, a quattro zampe) Tu la devi finire di fare la disadattata. Donata. Ti devi adeguare. Tu le cose belle non le puoi tenere. E manco quelle brutte. Tu non tieni niente e punto e basta. Noi non stiamo manco nello schifo plateale, che uno potrebbe dire uanm, chissà che esperienza adda essere a vivere in quel posto così tanto di merda! Chissà come se la passano quei due fratelli che abitano nel far west delinquenziale.
DONATA ~ Ci venivano a intervistare?
MIMMO ~ No. Nessuno ci chiede niente. Perché il posto nostro non è niente di preciso. E perciò non interessa a nessuno. È come se ci fosse stata una dimenticanza. Capito? Tu mi devi sentire. C’è stata una dimenticanza. Si sono dimenticati di farci succedere qualcosa. Si sono dimenticati. Di farci succedere qualcosa.
16.
Tentativo numero 5: la maternità.
Donata ha le mani sporche di sangue. Anche i suoi vestiti sono sporchi. È magra, piatta, senza un accenno di seno. Niente è cambiato. Sembra un fantasma, un’anima rabbiosa. Con lei c’è Elia.
ELIA ~ Ma tu sei bambina ancora.
DONATA ~ Non è vero.
ELIA ~ Quanti anni ’ngi tieni?
DONATA ~ Mo’ è perché mi vedi così, ma io sto cambiando.
ELIA ~ Buono per te, ragazza. (Le dà una carezza paterna) Basta che non ’ngi succeda troppo presto.
DONATA ~ Cambio quando meno te lo aspetti.
ELIA ~ Sì ma sei ancora d’età piccola.
DONATA ~ C’ho l’età per decidere.
ELIA ~ Ti ci bisogna controllare là.
DONATA ~ No. Non ci vado all’ospedale.
ELIA ~ Ma tu sei caduta.
DONATA ~ Elia. Bel nome Elia.
ELIA ~ Ci hai preso sicuro una caduta pesante per tutto ’sto sangue sa’.
DONATA ~ No, non è vero.
ELIA ~ Tu stai tutta piena.
DONATA ~ No.
ELIA ~ Ma io ti vedo.
DONATA ~ È sangue buono. Mica sto morendo! (Si avvicina)
ELIA ~ ’Ngi sembri una strega, lo sai? (La accarezza di nuovo)
DONATA ~ Ti piace?
ELIA ~ Molto carina, ragazza. Molto carina.
DONATA ~ Donata. Mi chiamo Donata. Sai che significa?
ELIA ~ E certo sì.
Lei a questo punto è sensuale, quasi sicura di sé. Ma è Elia ad avvicinarsi, come incantato. La guarda in un modo diverso, qualcosa gli sembra cambiato.
E se non sei caduta che hai fatto?
DONATA ~ Ho ucciso le galline.
ELIA ~ Ma che ’ngi dici co’ quella bocca!
DONATA ~ Non hanno funzionato perciò.
ELIA ~ (sorride) Vuoi sembrare una strega proprio, ovêro eh? Vuoi diventare spaventosa?
DONATA ~ Sì. Le ho strette al petto e ci ho tagliato la gola.
ELIA ~ (più serio) Perché?
DONATA ~ Non hanno funzionato! Però adesso ho trovato un modo nuovo di fare.
ELIA ~ Che cosa?
DONATA ~ Lo sai che quando una diventa mamma, poi deve allattare? Lo sai che ci cresce tutto per far bere il bambino? Si gonfia così il figlio poi ci mangia direttamente da là.
ELIA ~ (sembra soggiogato, un po’ spaventato) Certo sì.
DONATA ~ E immaginati che mi succedeva a me. Basta che divento madre. Tu non mi hai detto come dormi. È perché il letto non ce l’hai, ovêr o no? Perciò se dormi qua, nessuno si dispiace. Dormi qua. (Lo accarezza)
ELIA ~ (la guarda quasi stregato, ma alla fine torna in sé e si allontana) No no, ’ngi devo tornare alla fabbrica.
DONATA ~ Può mai essere così bello stare a lavorare? Farsi comandare? Stai qua.
ELIA ~ Devo fare una cosa importante.
DONATA ~ Ma io faccio tutto quello che vuoi. Vieni qua, ti aggrappi. Vedimi, sto piena di spigoli, sto piena di maniglie.
ELIA ~ No ’ngi posso perdere tempo…
DONATA ~ (la voce un po’ tremante) Invece sì. Non mi attacco a te, non mi lego nemmeno un poco. Vieni qua per una volta sola. Mi sta bene così, mi sta bene l’abbandono. Mi sta bene l’abbandono!
Elia va via, attratto e spaventato.
Donata abbandonata.
17.
La presa delle mucche.
Buio. Un rumore preciso arriva forte e chiaro. Poi due voci che sussurrano un sotterfugio.
~ Tum. Tum. Tum.
MIMMO ~ Ma è sicuro che è qua?
ELIA ~ Sicuro sì.
MIMMO ~ Putess’ essere un’altra stanza di queste.
ELIA ~ No, è questa per forza.
MIMMO ~ Ma so’ tutte uguali.
ELIA ~ Le altre le ho viste già.
MIMMO ~ Tutte quante?
ELIA ~ Tutte e mille.
MIMMO ~ E perché mo’ mi hai chiamato a me allora?
ELIA ~ Perché questa non si apre. La milleuno è chiusa.
MIMMO ~ E quindi?
ELIA ~ ’Ngi deve essere questa per forza.
MIMMO ~ Comm’è, deve essere? Nun sî sicuro?
Silenzio.
Oh, non sei sicuro?
ELIA ~ (quasi disperato) Apri. Per favore, ragazzo. Apri.
~ Tum. Tum. Tum.
MIMMO ~ Mi pare blindata.
ELIA ~ Se pure che fosse, tu ci riesci.
~ Tum. Tum. Tum.
Ci riesci lo stesso.
~ Tum. Tum. Tum.
Si apre uno spiraglio di luce. Una fessura che via via si allarga.
MIMMO ~ Cazzo, comm’ cazzo fa male!
ELIA ~ ’Ngi siamo quasi.
MIMMO ~ Eh, oh fra’. Dammi una mano.
ELIA ~ Sto tirando. Ma tu dacci le spallate.
~ Tum. Tum. Tum.
Sei un campione sei, bravo! Più forte!
~ Tum. Tum. Tum.
La fessura si allarga ancora. Ne esce una luce forte, quasi accecante.
~ Tum. Tum. Tum.
’Ngi siamo! ’Ngi siamo quasi!
MIMMO ~ Liev’t ’a nanz’. Aggio quasi fatt’. Cazzo che dolore! Ahhhhhhh!
Con un’ultima spallata, la porta si spalanca definitivamente.
Luce.
Mimmo è stanco morto e devastato. Respira affannosamente, i vestiti strappati in alcuni punti. Sudato per lo sforzo.
Elia è accanto a lui, lo sguardo folle di chi cerca qualcosa senza trovarlo. Comincia ad andare in giro, ma la stanza sembra vuota. Non c’è anima viva. Solo paglia.
Mimmo sorride, è felice per la sua impresa titanica. Non si accorge che Elia è disperato, in preda al terrore.
Allora? Che dobbiamo cercare? Si è ’na cosa di soldi, ovviamente mi merito una parte pure io! Uah, ma ’e vist’ ch t’aggio cumbinat’? Con la sola forza di queste spalle! Song’ ’nu mostro! … Oh? Allora? Che andiamo cercando?
ELIA ~ (disperato) No. No. Non ’ngè nessuno. Non ’ngè nessuno.
MIMMO ~ Ma chi? Qua mica ci stanno la gente.
ELIA ~ (si accascia a terra e comincia a piangere. Si aggrappa alla mano di Mimmo come un bambino) Non ’ngè nessuno di loro. Avevano promesso. Avevano detto che se le tenevano nella fabbrica, che ’ngi facevano il latte bio. Così mi dissero. Qua ’ngi dovevano stare, qua sotto il mio stesso tetto. Vicine a me.
MIMMO ~ Ma chi?
ELIA ~ Le mie vacche.
MIMMO ~ Come le vacche?
ELIA ~ Le mie mucche sottratte. Le mie figlie prelibate. La mia casa che mi resta. (Piange)
MIMMO ~ E che tengono di particolare? Che tipo di mucche sono?
ELIA ~ Centosei.
MIMMO ~ Centosei? Come centosei?
18.
Amore o violenza inaudita.
Donata è in scena. Seduta, stranamente docile, quasi spenta. Sopra di lei campeggia un’insegna: «MATTATOIO».
Appare Elia, triste, sopraffatto.
ELIA ~ Ragazza, ragazza tu.
DONATA ~ (sorridente, diversa, quasi virginale) Elia.
ELIA ~ (si aggrappa alla mano di lei) Donata! Donata ’ngi ho perso tutto. Niente più, niente più per me, nemmeno un sentiero da imboccare, niente più. Niente per me in questo posto.
DONATA ~ Che è successo?
ELIA ~ Io andavo cercando una cosa che volevo, non mi ci mettevo l’anima in pace mai.
DONATA ~ Io anche, io pure.
ELIA ~ La volevo mia.
DONATA ~ Sì.
ELIA ~ Ma è stato impossibile. Sono stanco. Tanto stanco.
DONATA ~ Non fa niente.
ELIA ~ Come?
DONATA ~ Ci ho pensato bene. Non fa niente.
ELIA ~ ’Ngi fa tutto, io sono solo. Sono solo.
DONATA ~ Io, io ti posso servire. Io servo.
ELIA ~ Ma le mie vacche. Le ho cercate. Avevo chiesto… avevo chiesto aiuto perché sapevo che da solo, io da solo non mi avvio… Dove vado? Da nessuna parte vado. Ma nella fabbrica del latte non ’ngi sono le mie vacche. Come faccio. Sono perso. Mi chiamo Perduto. Da oggi mi chiamo Perduto. (Alza lo sguardo per un momento, vede l’insegna. Si allontana da Donata, inorridito. Il suo volto fa una smorfia di rabbia e dolore) Che è quella? Che siete? Voi, voi ’ngi siete… Voi!!
DONATA ~ Cosa?
ELIA ~ Che attività ’ngi tenete là dentro?!
DONATA ~ Mi ci ha costretto Mimmo a metterla, io l’avevo nascosta.
ELIA ~ L’hai nascosta per fottermi, eh?
DONATA ~ No, perché non volevo farmi trovare da nessuno.
ELIA ~ Che attività?
DONATA ~ (impaurita) Macelliamo… macelliamo. Noi… È abusivo!
ELIA ~ Ché? (Sconvolto)
DONATA ~ Per questo la tolgo. Solo che quando arrivano i carichi, senza insegna non tengono riferimenti e si perdono. Dicono che stiamo nel deserto. E allora la rimetto. Però li schifo a tutti e la tolgo di nuovo.
ELIA ~ Le avete prese voi? Quanto vi hanno dato? (Si avvicina a lei e le tira i capelli) ’Nge le avete voi?
DONATA ~ Che cosa?
ELIA ~ Le mie vacche. ’Nge le avete messe qua? Le mie vacche dove stanno?
DONATA ~ No… io non lo so. Noi non lo sappiamo da dove arrivano.
ELIA ~ ’Nge le avete! ’Nge le avete voi!
DONATA ~ Non lo so. Elia, Elia sentimi. Non voglio niente più. Io non voglio niente più!
ELIA ~ Non ’ngi fare la finta co’ me.
DONATA ~ Te lo giuro! Non voglio fare niente più. Mi dispiace!
ELIA ~ Le mie vacche!
DONATA ~ Non lo so! (Piange) Lasciami, Elia, Elia io ti servo! Capito? Io ti servo! Ti voglio solo servire! E niente più!
Elia ormai non è più in sé. Afferra Donata alle spalle e comincia a spogliarla.
La tiene stretta. È una violenza cieca.
Non lo voglio più. Aspetta, aspetta. Sentimi a me un momento! Non hai capito! Non lo voglio più. Ti voglio solo servire. Ti voglio solo servire.
19.
Intervista a Elia.
ELIA ~ Ma che se ne fa la gente di tutta ’sta roba che è uscita? ’Ngi eravamo messi a parlare di una tematica che dice che interessa alla televisione. Volevate l’industria, volevate far vedere come funzionava bene, però mo’ siamo andati a finire alle persone. E mica a voi vi piacciono? Perché mi continuate a domandare di continuo? Poi ci sono tutte persone brutte qua, tutte addolorate. Vi state attaccando a un posto così brutto. Vi piace proprio così tanto a riportare la bruttezza? È tutto brutto da qua fino alla fine della strada. Forse l’autostrada laggiù, vi può portare a qualche parte meglio. Provate là. No? (Lunga pausa) ‘Ngi volete stare qua. E state. Però fate le persone educate.
Buio.
MIMMO ~ (in un sussurro) C’hai gli occhi tristi. Donata. Donata! Sono belli per questo. È un complimento capito? Un complimento.
Fine.