IRESSA
di
Lorenzo Gioielli
PRIMO ATTO
SCENA 1 OSPEDALE. CAMERA DI ANGELA.
SUL LETTO È DISTESA ANGELA. DORME. SULLA PORTA, APPOGGIATO ALLO STIPITE, CON IN MANO DEI FOGLI, ADRIANO.
ADRIANO Io non… Scusi…
NESSUNA RISPOSTA. ADRIANO ENTRA INCERTO NELLA STANZA, SI AVVICINA AL VISO DI ANGELA. LA GUARDA A LUNGO. TROVA UNA SEDIA, LA METTE ACCANTO AL LETTO, RIMANENDO IN PIEDI. POI, DECIDE DI SEDERSI. GUARDA I FOGLI CHE HA IN MANO, SCUOTE LA TESTA. SI PASSA LA MANO SUL VISO. ANGELA SI SVEGLIA.
ANGELA Chi… Chi sei?
ADRIANO Io… sono entrato, ero… Non volevo disturbarla… ma…
ANGELA E’ dell’ospedale? E’ un dottore… cosa…
ADRIANO No, non sono un dottore…
ANGELA (CERCA AFFANNOSAMENTE IL CAMPANELLO PER CHIAMARE AIUTO) Chi sei? Chi sei?
ADRIANO No, non abbia paura. Non sono un…
ANGELA Sei un maniaco… Dove è quel campanello…
IL CAMPANELLO È DALLA PARTE DI ADRIANO, CHE LO PORGE AD ANGELA
ANGELA (PRENDE IL CAMPANELLO) Chi è lei? Che vuole?
ADRIANO Riprendo fiato. Mi scusi se l’ho spaventata.
ANGELA Stavo dormendo.
ADRIANO Sì, mi scusi.
ANGELA LO GUARDA DURAMENTE.
ANGELA Ha ripreso fiato?
ADRIANO Sì, quasi. (RESPIRA A PIENI POLMONI) Ecco fatto. (SI ALZA) La ringrazio per la sua ospitalità, signorina…? Cioè, scusi, signora…
ANGELA Mara. Signorina.
ADRIANO Ho capito. Problemi col bambino?
ANGELA No, nessun problema. Devo abortire.
ADRIANO Ho capito.
ANGELA Fra un paio d’ore.
ADRIANO Ho capito.
ANGELA Sicuro?
ADRIANO Cosa?
ANGELA Che ha capito.
ADRIANO Sì. Deve abortire. Fra un paio d’ore.
ANGELA Bravo.
ADRIANO Alle medie avevo otto in scienze.
ANGELA Gran bel voto.
ADRIANO Ma ero antipatico alla professoressa.
ANGELA Anch’io. Avevo quattro.
ADRIANO Ne ero sicuro.
ANGELA Perché?
ADRIANO Altrimenti non sarebbe rimasta incinta.
PAUSA
ANGELA Aveva detto che aveva ripreso fiato.
ADRIANO Sì.
ANGELA Quindi… (INDICA LA PORTA). Ciao ciao.
ADRIANO Mi chiamo Adriano Genovesi.
ANGELA Ciao ciao, Adriano Genovesi.
ADRIANO Sa quanti pensieri possiamo avere in un minuto?
ANGELA No.
ADRIANO Miliardi. Non sono tanti?
ANGELA Sì.
ADRIANO Vuol sapere la cifra esatta?
ANGELA No.
ADRIANO (RESTA A PENSARE) Non mi ricordo.
ANGELA Ciao. Sul serio.
ADRIANO Chi è il padre?
ANGELA A te cosa te ne frega?
ADRIANO M’interessa, sì.
ANGELA Franco.
ADRIANO Franco?
ANGELA Sì.
ADRIANO Franco chi?
ANGELA Senti, adesso basta. Vattene.
ADRIANO E’ arrabbiata?
ANGELA No, mi piace discutere dei cazzi miei con un perfetto sconosciuto.
ADRIANO Lei come si chiama?
ANGELA Se te lo dico te ne vai?
ADRIANO Non lo so. Non so dove andare.
ANGELA Mara.
ADRIANO No, non è vero.
ANGELA Sara.
ADRIANO Grazie, Sara.
ANGELA Di che?
ADRIANO Non ci ho pensato. Per un po’.
ANGELA A che?
ADRIANO A me. (SI VOLTA PER ANDARSENE. SI FERMA) Non mi richiama?
ANGELA Ma sì, dai, vieni qui.
ADRIANO Sicura?
ANGELA Sì.
ADRIANO No, davvero, sicura?
ANGELA Ma sì…
ADRIANO Sicura sicura sicura?
ANGELA Siediti e non rompere le palle.
ADRIANO (SI SIEDE ACCANTO AL LETTO) Grazie.
ANGELA Mh.
PAUSA
ANGELA Beh?
ADRIANO E’ che… Mi scusi, sono indelicato a rimanere qui. Insomma, lei…
ANGELA Dammi del tu.
ADRIANO Tu, grazie. Tu stai decidendo della vita di qualcun altro. Non dovrei disturbarti.
ANGELA Sono incinta di sei settimane. Non sto decidendo della vita di nessuno. Non c’è ancora niente.
ADRIANO Certo, non c’è nessuno.
ANGELA Proprio, nessuno.
ADRIANO Certo.
PAUSA
ANGELA Forse qualcuno…
ADRIANO Sì, ecco, qualcuno, forse…
ANGELA Uno… o una… chi lo sa…
ADRIANO Già, chi lo sa?
PAUSA
ANGELA Sei un prete, vero?
ADRIANO No…
ANGELA Uno psicologo? Mi vuoi spiegare che atto allucinante è l’aborto?
ADRIANO Ma no, io…
ANGELA E’ il terzo che faccio. Non posso prendere la pillola e sono allergica ai lubrificanti nei preservativi. Contento?
ADRIANO Ma…
ANGELA Sono abituata. Perdi solo tempo. Dai, tocca a te.
ADRIANO Che devo fare?
ANGELA Convincimi che stavolta è giusto tenerlo, no?
ADRIANO Perché?
ANGELA Perché? Perché è il tuo lavoro, ecco perché. Forza, fammi sentire le tue cazzate. Ho ancora tempo.
PAUSA
ADRIANO Sei sola?
ANGELA Sì.
ADRIANO No, qui, dico.
ANGELA Sì. Poi?
ADRIANO Lui, dov’è?
ANGELA Andato.
ADRIANO Andato?
ANGELA Sparito, mai visto in faccia, mai saputo il nome. No, in faccia l’ho visto. Bello, moro, come piacciono a me, due spalle così, me li scopo e poi li saluto, di solito. Questo non l’ho neanche salutato, non ho fatto in tempo.
ADRIANO Dove l’hai conosciuto?
ANGELA In un locale. Ero fatta.
ADRIANO Di che?
ANGELA Di tutto. Ecstasy, rum, coca, altra roba.
ADRIANO Ti… fai spesso?
ANGELA Tutte le volte che posso.
PAUSA
ANGELA Finito?
ADRIANO Fai bene a… Ad abortire. Arrivederci.
ANGELA Perché farei bene?
ADRIANO Non puoi fare la mamma. Hai troppa paura.
ANGELA Non ci vuole una laurea per fare la mamma.
ADRIANO No, infatti.
ANGELA Si può fare la mamma ed essere una fallita. Lo fanno in tante. Quasi tutte.
ADRIANO Certo.
ANGELA E comunque mi faccio perché mi piace, mica per paura. Io non ha paura di niente. Neanche di morire, guarda. Tanto nessuno ci può far niente.
ADRIANO No.
ANGELA E tu? Hai paura?
ADRIANO Un po’, sì. Per la fine. Non per altro. Vorrei finire bene.
ANGELA Ictus nel sonno?
ADRIANO Magari. Infarto.
ANGELA Quanti anni hai?
ADRIANO Quaranta.
ANGELA Stai tirando la linea?
ADRIANO Eh?
ANGELA Mio padre diceva che a quarant’anni ha tirato una linea sotto alla sua vita, quello che aveva fatto e non aveva fatto, dare e avere, e non ha trovato niente. Non faceva neanche zero, diceva.
ADRIANO Non ci ha trovato nemmeno te sotto quella linea?
ANGELA Sì, mi ha trovata, ma si è ammazzato lo stesso.
PAUSA
ADRIANO Mi dispiace.
ANGELA A chi lo dici.
PAUSA
ADRIANO È meglio che vada. (SI AVVICINA AD ANGELA) Scusa per quello che ti ho detto. Sono sicuro che tu sarai una splendida mamma, quando sarà il momento.
LE CAREZZA IL VISO. ESCE. SQUILLA IL CELLULARE DI ANGELA.
ANGELA Papà?… No, non ancora… Sì, me l’hai già detto… Che sono Angela, la figlia dell’ingegner Martini…. Come, come si chiama? Ma che fai, m’interroghi? Mazzi, dottor Mazzi… Sì, va bene, professor Mazzi. Che cambierà, poi… No, Giulio ancora non è venuto, oggi lavorava … Oddio, papà, ne abbiamo parlato mille volte, perché non siamo pronti, ecco perché. Sì, va bene, mi pentirò. Ma pensi che lo faccia così? No, non me la passare… Perché so che cosa mi vuole dire. No… Mamma… Sì, sono in camera… E se non rimarrò più incinta ne adotterò uno, che devo fare… Senti mamma, viviamo insieme ma ancora non vogliamo bambini… (RIENTRA ADRIANO, ANGELA LO VEDE) Adesso devo lasciarti… sì, ci sentiamo dopo.
PAUSA
ADRIANO Mi hai raccontato un sacco di bugie. (ANGELA NON RISPONDE) Convivi con un ragazzo… Non è vero che ti fai di qualunque cosa… (SI AVVICINA AL LETTO. ANGELA SI RITIRA A DISAGIO) Non è vero che tuo padre è morto. (PAUSA. ADRIANO SI SIEDE SUL BORDO DEL LETTO) Ho un tumore al polmone destro. Si chiama adenocarcinoma e, da un dolore che ho, sembra che abbia anche una metastasi a una vertebra. Purtroppo non ho mai avuto affanno, tosse, difficoltà di respirazione, altrimenti me ne sarei accorto prima. Sono solo stanco. Mi hanno dato l’appuntamento per cominciare la chemio. Per la vertebra mi hanno detto che c’è anche la radioterapia, se i dolori peggiorano. Mi faranno un intervento esplorativo la prossima settimana.
ANGELA Mi dispiace.
ADRIANO Mi sono messo a camminare per l’ospedale. E’ talmente grande. Vivo da solo, e non sapevo dove andare. Non so perché sono arrivato in ginecologia. Una reazione freudiana, forse.
ANGELA Ho detto che mi dispiace.
ADRIANO (SI ALZA) Però è vero che devi abortire.
ANGELA Sì.
ADRIANO E’ l’unica cosa vera che mi hai raccontato. Strano, no?
ANGELA Perché?
ADRIANO Giusto. Perché? (ESCE. BUIO.)
SCENA 2 CASA DI CLAUDIO E CAROLINA. CAMERA DA LETTO.
CLAUDIO E CAROLINA STANNO DORMENDO. CLAUDIO SI RISVEGLIA DA UN INCUBO
CLAUDIO (SI ALZA A SEDERE SUL LETTO) Oddio! (RESPIRA AFFANNATO.) Carolina… Carolina…
CAROLINA (SI SVEGLIA, LENTAMENTE) Sì… Cosa…
CLAUDIO Io… Carolina… Ho sognato che… che…
CAROLINA Cosa? Che c’è?
CLAUDIO Io camminavo. Era una strada buia, piena di stelle… No, ero proprio in mezzo alle stelle, ed era… così freddo, così freddo, cazzo… (ANCORA INTONTITA CAROLINA LO ABBRACCIA. CLAUDIO LA STACCA.) No… Ferma, aspetta… (CAROLINA, RASSEGNATA, SI ALZA A SEDERE ACCANTO A LUI) Io camminavo nel cielo con le stelle, ma non era che camminavo, era come se scivolassi, come sui pattini, e non sentivo i piedi, o forse mi spingeva qualcosa, e alla fine c’eri te, gigantesca, no, solo la tua testa e mi sorridevi, e io pensavo ma guarda che denti bianchi che ha da quando non fuma più, e mi avvicinavo e tu avevi dei denti grandi come palazzi, e sorridevi, e mentre mi avvicinavo sentivo il tuo fiato che era come uno… uno scirocco… umido, mi riscaldava… e aprivi la bocca e non eri più tu, ma eri mio padre quando è morto, che rantolava e m’ingoiava, era enorme, non volevo uscire, mi attaccavo alle pareti e poi ho pensato, oddio, è successo, è finito il tempo, è finito il tempo, io ero fuori e il suo alito sapeva di sangue, e lo potevo vedere, una goccia all’angolo delle labbra.
PAUSA
CAROLINA E poi?
CLAUDIO Niente. Poi, niente.
CAROLINA Io enorme che divento tuo padre moribondo… Magari vuol dire che devo mettermi a dieta. Quando glielo racconterai, la tua analista si leccherà i baffi.
CLAUDIO Lo ami davvero?
CAROLINA Chi?
CLAUDIO Lo sai.
PAUSA
CAROLINA Non c’è nessuno.
CLAUDIO Voglio sapere se lo ami davvero.
CAROLINA Io amo solo te. Non c’è nessun altro.
SI GUARDANO A LUNGO
CLAUDIO Me lo diresti?
CAROLINA Non c’è nessuno.
CLAUDIO Non ti sei mai sentita sola? Non hai mai avuto paura e io non bastavo, non c’ero?
CAROLINA Ma che c’entra?
CLAUDIO Quand’eri a Belgrado?
CAROLINA Tu sei la mia vita, sei la base della mia vita. Io ti amo.
CLAUDIO Non basta?
CAROLINA Sono io che lo chiedo a te. Non basta?
CLAUDIO Non lo so.
CAROLINA Quanto sei complicato… (SI RIMETTE GIU’, GLI DA’ LE SPALLE) Io ti amo, amore, dormi.
CLAUDIO A che ora hai messo la sveglia?
CAROLINA Alle sette.
CLAUDIO Fra tre ore. Il tempo a un certo punto finisce e non ce n’è più. Così. Non c’è più. Punto.
CAROLINA E’ quello che penso anch’io. Infatti fra due ore e cinquantotto minuti suonerà la sveglia.
CLAUDIO SI RIMETTE GIU’, DA’ LE SPALLE A CAROLINA. PAUSA.
CAROLINA Oggi Adriano andava a prendere le analisi.
CLAUDIO Per quel dolore alla schiena?
CAROLINA Sì.
CLAUDIO Sarà una cazzata.
SCENA 3 OSPEDALE. CAMERA DI ADRIANO.
ADRIANO E’ DISTESO SUL LETTO, SI LAMENTA. ANGELA E’ SEDUTA SU UNA SEDIA ACCANTO.
ADRIANO Fa male.
ANGELA Com’è andata?
ADRIANO L’operazione, bene. Hanno esplorato. Quarantacinque minuti.
ANGELA E?
ADRIANO Pensavo che non t’avrei più rivista.
ANGELA Giravo per l’ospedale. Dovevo abortire. Sono entrata qui a chirurgia oncologica. Non credo sia una cosa freudiana.
ADRIANO Come ti chiami? Davvero, però.
ANGELA Angela.
ADRIANO Io Adriano. Adriano Genovesi.
ANGELA Lo so.
ADRIANO Pleura invasa. Polmone irrecuperabile.
ANGELA Te l’hanno tolto?
ADRIANO Hanno fatto un talcaggio. L’hanno irritato con il talco e lui si è chiuso. Permaloso, no? Non possono levarlo. Diffonderebbero le cellule tumorali più velocemente. Chemioterapia. Radioterapia per la vertebra.
PAUSA
ADRIANO Da tre a diciotto mesi.
ANGELA Cosa?
ADRIANO La risposta alla domanda che io ho fatto e che tu hai pensato. Mi restano dai tre ai diciotto mesi. Vuoi vedere la ferita?
ANGELA E’ dove entra questo tubo?
ADRIANO Si chiama drenaggio.
ANGELA Così piccola?
ADRIANO Otto punti. Magari mi hanno preso in giro. Non hanno esplorato niente. Per esplorare bisogna rendersi conto di dove si è. Nessuno sa dov’è davvero. Hanno fatto un taglio a caso.
ANGELA Ma dai.
ADRIANO Dimmi qualcosa.
ANGELA Cosa?
ADRIANO Dimmi qualcosa, per favore, qualcosa, qualcosa...
ANGELA SI AVVICINA, GLI PRENDE LA TESTA FRA LE BRACCIA, LO ACCAREZZA.
ADRIANO Passa.
ANGELA SI RISIEDE.
ANGELA Sono incinta.
ADRIANO Lo so.
ANGELA Sono ancora incinta.
ADRIANO Ah.
ANGELA Ah?
ADRIANO Che devo dire? Brava? Cattiva? Scusa? Che c’entro io?
ANGELA Cioé, stai per abortire, arriva uno in camera, già non sei andata lì contenta, no? Arriva questo e ti parla della vita, della morte…
ADRIANO Hai parlato sempre tu.
ANGELA …ti spia, scopre che hai detto delle cazzate, così, per… per… non lo sai perché, e ti dice che sta per morire. Tu sei stesa lì a letto, con la tua pancina santa e ripiena, devi decidere, no, hai già deciso, ma ora sei confusa. Pensi, va beh, che c’entra? Io una decisione l’ho presa, e poi pensi? Ma che dico? Che vuol dire? Chi è pronto a far cosa, mai? Mi va o non mi va?
ADRIANO Ti va. (ANGELA ANNUISCE.) E Giulio?
ANGELA Se è maschio si chiamerà Marcello, se è femmina Maria.
ADRIANO Pensavo che l’avresti chiamato Adriano.
ANGELA Addirittura.
ADRIANO Non mi piace Maria.
ANGELA Dovrai adattarti. Ti salterà sulle ginocchia e tu la farai ridere e le dirai Mariuccia, Mariuccia, sei la bambina di zio, ta ta ta tata ta.
ADRIANO Ta ta ta cosa?
ANGELA Che ne so, una rima che la farà ridere. Sei la bambina di zio ma questo nasino è mio, per esempio.
ADRIANO E le stringerò un po’ il nasino e poi glielo nascondo e glielo faccio vedere col pollice, così. (FA IL GESTO)
ANGELA E poi glielo riattacchi, sennò Maria s’incazza.
ADRIANO Perché ha preso dalla mamma.
ANGELA Esatto.
PAUSA
ADRIANO Non farò in tempo.
ANGELA Vuoi che partorisca prima?
ADRIANO Voglio morire dopo.
ANGELA Impegnati.
ADRIANO E Giulio?
ANGELA Ci sta pensando, anche lui.
ADRIANO Quindi la creatura non ha papà.
ANGELA Ce l’ha, e ha uno zio. Davvero, Adriano, io, Giulio e come si chiama...
ADRIANO Si chiama Maria.
ANGELA Hai detto che non ti piaceva.
ADRIANO Per fare le rime è un bel nome.
ANGELA Non è detto che sia femmina.
ADRIANO Ma tu lo sai.
ANGELA Sì, lo so.
ADRIANO Otto donne su dieci indovinano il sesso del nascituro. Non c’è nessuna spiegazione scientifica. (ANGELA RIDE) Perché ridi?
ANGELA Penso a quelle due sfigate che sbagliano. Che brutta partenza.
ADRIANO Anche tu sei partita maluccio.
ANGELA Quando esci?
ADRIANO Tre, quattro giorni.
ANGELA Ti vengo a prendere.
SCENA 4 STUDIO DI MARIA.
LO STUDIO DI MARIA, L’ANALISTA DI CLAUDIO. CLAUDIO E’ SEDUTO SU UNA POLTRONA, MARIA SU UNA SEDIA, DIETRO LA SCRIVANIA.
CLAUDIO Non le ho raccontato più niente.
MARIA Perché?
CLAUDIO Poi c’eri tu.
MARIA Che facevo?
CLAUDIO Dunque… Questa cosa di aspettare una settimana per raccontare i sogni è una rottura di coglioni, però.
MARIA Possiamo passare a otto sedute al mese.
CLAUDIO Così spendo già abbastanza. Comunque, ecco, sì, mi ritrovavo sulla riva di un lago… di sangue. Tu stavi dall’altra parte, mi chiamavi. Volevo venire ma mi faceva paura tutto quel sangue. Mi bagnava i piedi e se ne andava.
PAUSA
MARIA Finito?
CLAUDIO No. Ho cominciato a camminare verso di te, ma affondavo, sempre di più, finché anche la testa era sotto il sangue, ma respiravo, e ti vedevo, era tutto rosso, continuavi a chiamarmi. Un dolore… Come se avessi perduto qualcosa e sapessi di non poterlo ritrovare mai più. Avevo finito il tempo.
MARIA Mi dispiace.
CLAUDIO Cosa?
MARIA Che pensi di aver perso qualcosa.
CLAUDIO Bisogna perdere qualcosa per poi ritrovarla davvero. Non era così?
MARIA Sì, l’ho detto io.
PAUSA. MARIA E CLAUDIO SI GUARDANO.
CLAUDIO Ora vengo là e ti divoro, cazzo.
MARIA No, stai fermo e continuiamo la seduta.
CLAUDIO Quanto manca?
MARIA Mezz’ora.
CLAUDIO Ti faccio venire almeno due volte.
MARIA No.
CLAUDIO Fermami.
SI ALZA E VA LENTAMENTE VERSO LA SCRIVANIA. MARIA NON DICE NULLA. LA FA ALZARE, LA FA SEDERE SULLA SCRIVANIA, LE ALZA LA GONNA, SI SIEDE AL SUO POSTO, LE APRE LE GAMBE, STA PER AFFONDARE LA TESTA IN MEZZO AD ESSE.
MARIA Ho le mestruazioni.
SCENA 5 BAR SULLA SPIAGGIA.
CAROLINA E ADRIANO GUARDANO IL MARE.
CAROLINA Dovresti vedere qualche altro medico, un luminare.
ADRIANO (RIDE) Lo diceva sempre mia madre. “Se ti fa male la gola da tre giorni, ci vuole un luminare”. Le piaceva.
CAROLINA Parlo come tua madre?
ADRIANO Fai tante altre cose come lei.
CAROLINA Per esempio?
ADRIANO Quando sei offesa, rispondi: per esempio?
CAROLINA Non sono offesa. Non me l’avevi mai detto che assomigliavo a tua madre. (PAUSA) Mi lascerai sola?
ADRIANO C’è Claudio.
CAROLINA Fra quanto?
ADRIANO Molto, molto tempo. Non è così grave.
CAROLINA Come, non è grave? Un tumore…
ADRIANO Sì, ma l’ho preso in tempo, ancora in tempo.
CAROLINA Fra quanto?
ADRIANO Chi lo sa? Che faresti se lo sapessi?
CAROLINA Verrei a casa tua.
ADRIANO Lasceresti Claudio.
CAROLINA Sì.
ADRIANO Io non posso stare con te.
CAROLINA Perché?
ADRIANO Perché non ti amo.
CAROLINA C’è un’altra? (ADRIANO NON RISPONDE.) C’è stata? (ADRIANO NON RISPONDE.) Non devo vederti più. (PAUSA) Ma dì qualcosa, no? Dì che non vuoi, dì che solo l’idea ti fa stare male, dì che, anche se non mi ami, non puoi più fare a meno di me. Dillo, dillo!
ADRIANO Carolina… Voglio vederti ancora, la sola idea di non vederti più mi fa star male, anche se non ti amo non posso più fare a meno di te.
PAUSA
CAROLINA Stronzo.
ADRIANO Un po’.
RIDONO. CAROLINA SI AVVICINA AD ADRIANO, GLI TOCCA IL TORACE.
CAROLINA Ti fa male?
ADRIANO Quando cambia il tempo.
CAROLINA Ce la faremo. Insieme. (ADRIANO ANNUISCE. GUARDA ALTROVE.) Perché continui a vedermi?
ADRIANO Perché mi piace.
CAROLINA Ti piace come aspetto che tu dica che mi ami. Altrimenti saresti solo come un cane.
ADRIANO Mi piace guardarti il culo su quelle gambette forti e tozze.
CAROLINA Non ho le gambette tozze.
ADRIANO Invece sì.
CAROLINA Ma ho delle belle caviglie.
ADRIANO Delle belle mani.
CAROLINA (LO ABBRACCIA) Facciamo l’amore. Una volta sola. Stammi dentro. Una volta e basta. Ti prego. Non fa niente se non mi ami. Io amo te. Basto per tutti e due. (S’INCOLLA A LUI. ADRIANO RIMANE FERMO, LE BRACCIA LUNGO I FIANCHI. CAROLINA SI STACCA) Scusa.
ADRIANO No, scusami tu.
CAROLINA Stai zitto, almeno. Mi vergogno già abbastanza così.
ADRIANO Non ti devi vergognare di niente.
CAROLINA Ti ho chiesto di stare zitto.
PAUSA
ADRIANO Invece io devo dirti una cosa. Anzi, due cose. No, tre. Che non ti devi vergognare, che se qualcuno si deve vergognare quello sono io, che non capisco il motivo per cui mi ami…
CAROLINA Neanch’io…
ADRIANO …e che comunque so di farti male e mi dispiace e non voglio far male a nessuno, e le bugie mi hanno stancato, e io…
CAROLINA Tu?
ADRIANO Non è vero che non so quanto tempo mi rimane da vivere.
CAROLINA Quanto?
ADRIANO Almeno dieci anni. Me l’hanno detto i dottori.
PAUSA
CAROLINA Ah, bene. Grazie.
PAUSA
CAROLINA Claudio vuole andare a cena, tutti insieme.
ADRIANO Tutti insieme, chi?
CAROLINA Io, te e lui. Ha detto che è tanto che non ci vediamo e voleva stare insieme, come una volta.
ADRIANO Non siamo mai stati insieme, non abbiamo mai fatto niente, insieme.
CAROLINA Ha detto che sei il suo miglior amico e che io sono la donna della sua vita.
ADRIANO Perché?
CAROLINA Non vuoi venire?
ADRIANO Quando?
CAROLINA Domani sera. A casa nostra.
ADRIANO A te va?
CAROLINA A me basta vederti.
ADRIANO Non t’imbarazza?
PAUSA
ADRIANO A che ora?
SCENA 6 STUDIO DI MARIA.
MARIA E CLAUDIO HANNO APPENA FINITO DI FAR L’AMORE. CLAUDIO HA I PANTALONI TIRATI GIU’, ALLE CAVIGLIE, E’ A TORSO NUDO. MARIA E’ SULLA SCRIVANIA, HA LE GAMBE APERTE, APPENA COPERTA DALLA GONNA. LUI SI STACCA DA LEI.
MARIA Hai la faccia sporca di sangue.
CLAUDIO Anche le mani, se è per questo. (SI RIVESTE)
MARIA Non ti lavi?
CLAUDIO No. Domani sera non possiamo vederci.
MARIA Mh mh.
CLAUDIO Mia moglie ha invitato un mio vecchio amico a cena.
MARIA Mh mh.
CLAUDIO Non ti dispiace?
MARIA Certo.
CLAUDIO No, non te ne frega niente.
MARIA Mi dispiace. Andrò al cinema.
CLAUDIO Da sola?
MARIA No.
CLAUDIO E con chi?
MARIA Niente domande, no?
CLAUDIO Regola del cazzo. Tu mi puoi fare tutte le domande che vuoi, quando vuoi.
MARIA Anche tu.
CLAUDIO Ma tu non rispondi.
MARIA No.
CLAUDIO SI AVVICINA PER BACIARLA. LEI LASCIA FARE. LUI LA GUARDA.
CLAUDIO Cosa pensi?
MARIA Che è tardi.
CLAUDIO Hai ragione. (LA AFFERRA PER I CAPELLI) Non ti si acchiappa mai, eh? (MARIA NON RISPONDE, CLAUDIO LA LASCIA ANDARE) Prima o poi potrei stufarmi.
MARIA Sì, anch’io.
PAUSA
CLAUDIO Mi do una sciacquata alla faccia.
SCENA 7 CASA DI ADRIANO.
ADRIANO E’ SEDUTO SUL LETTO. ANGELA GLI STA METTENDO UNA FLEBO.
ADRIANO Così mi fai male.
ANGELA Anch’io devo imparare.
ADRIANO Avevi detto che sapevi farlo.
ANGELA Volevo dire che avrei imparato. (FA UN MOVIMENTO TOCCANDOSI LA PANCIA)
ADRIANO (SOBBALZA) Ahi.
ANGELA Non ti devi muovere.
ADRIANO Mi muovo perché mi fai male.
ANGELA Ti faccio male perché ti muovi.
ADRIANO E’ a posto.
ANGELA Sicuro?
ADRIANO Guarda se scende.
ANGELA Sì.
ADRIANO E’ a posto. (SI DISTENDE. ANGELA SI SIEDE ACCANTO) Puoi andare.
ANGELA Dove?
ADRIANO Non so, dove vuoi.
ANGELA Qui.
PAUSA
ANGELA E’ vietato parlare mentre si fa una flebo?
ADRIANO Non credo.
ANGELA Allora perché stai zitto?
ADRIANO Non so che dire.
ANGELA Il silenzio non mi piace.
ADRIANO Perché?
ANGELA Mi fa paura.
ADRIANO Sì, hai ragione.
PAUSA
ANGELA Allora?
ADRIANO Che?
ANGELA Parla, no? Dì qualcosa.
ADRIANO Come… come va il bambino?
ANGELA Bene. Mi è sembrato di sentire un calcetto, prima, quando ti stavo mettendo la farfalla.
ADRIANO E’ troppo presto.
ANGELA E tu che ne sai? Sei mai stato incinto?
ADRIANO Sì, non lo so, ma credo che sia troppo presto.
ANGELA Non è troppo presto. E’ il tempo giusto. Mi ha dato un calcetto proprio qui. Oh, un altro.
ADRIANO Davvero?
ANGELA Sì, un altro. Te lo giuro, un altro! Qui, proprio qui. (ANGELA PRENDE LA MANO DI ADRIANO, SE LA METTE SULLA PANCIA)
ADRIANO Non sento niente. Oddio. Oddio, l’ho sentito, l’ho sentito!
ANGELA Un altro.
ADRIANO Dove?
ANGELA (GLI SPOSTA LA MANO. PAUSA.)
ADRIANO Sì. Sì.
ANGELA Digli qualcosa.
ADRIANO A chi?
ANGELA A lei, no? Ora che avete creato un contatto devi dirgli qualcosa.
ADRIANO (TAMBURELLA SULLA PANCIA) Ciao ciao.
ANGELA Ciao ciao?
ADRIANO Che devo dire?
ANGELA Una cosa grossa, una cosa bella, che ne so.
ADRIANO Una poesia?
ANGELA Ma no.
ADRIANO Una poesia da bambini.
ANGELA Allora sì.
ADRIANO C’è un’ape…
ANGELA Ma no, appoggia la faccia sulla pancia, se non non ti sente.
ADRIANO SI SPOSTA FATICOSAMENTE E APPOGGIA IL VISO SULLA PANCIA NUDA DI ANGELA.
ADRIANO C’è un’ape che si posa
Su un bocciolo di rosa
Lo succhia e se ne va
Tutto sommato la felicità
E’ una piccola cosa.
ANGELA E’ una bugia. La felicità è una cosa grossa.
ADRIANO Ma no, non è proprio una bugia.
ANGELA La prima cosa che le hai detto è una bugia.
ADRIANO Ma no...
ANGELA Io non so che cosa ti dice la testa. Non è neanche nata e le dici una bugia.
PAUSA
ADRIANO (PARLA DI NUOVO ALLA PANCIA) Rimani lì dentro perché qua fuori è tutto una merda. (ANGELA CERCA DI ALLONTANARSI, ADRIANO LE AFFERRA LA PANCIA CON LE MANI, TRATTENENDOLA) Nessuno dice la verità, e la verità è che qui è tutto una merda. La vita è una cosa senza senso, porta solo dolore. Siamo costretti a raccontarci bugie tutto il giorno per sopportarla, ma non ci riusciamo. E’ senza scopo, senza futuro, senza niente. Rimani lì dentro. Pensa che tua madre voleva ucciderti, quando ancora non eri niente. Come aveva ragione. Strangolati col cordone, o non venire fuori, per nessuna ragione, capito? Rimani lì dentro. Lì dentro.
ADRIANO LASCIA ANDARE ANGELA E SI STENDE SFINITO. ANGELA PIANGE.
ANGELA Se partorisco in ritardo almeno so con chi prendermela.
ADRIANO (RIDE) Scusa.
ANGELA E’ a lei che devi chiedere scusa. Io quello che hai detto lo sapevo già. E non è vero.
ADRIANO Sì che è vero.
ANGELA No, è un’altra bugia.
ADRIANO Vorrei rimanere da solo.
ANGELA Non posso andarmene.
ADRIANO Perché?
ANGELA Fra poco mi scapperà la pipì, e non posso farla per strada.
ADRIANO Quindi?
ANGELA Dobbiamo aspettare. Quando mi scappa, la faccio e me ne vado.
PAUSA
ADRIANO Come va?
ANGELA Ancora niente.
PAUSA
ADRIANO Bevi un po’ d’acqua, magari.
ANGELA Non ho sete.
PAUSA
ANGELA Ecco, ecco… (ESCE DI CORSA ADRIANO COMINCIA A RIDERE, SEMPRE PIU’ FORTE. ANGELA RIENTRA) Che c’è?
ADRIANO Niente. Voi femmine siete meravigliose.
ANGELA Peccato non poter dire la stessa cosa dei maschi.
ADRIANO Abbiamo anche noi le nostre attrattive.
ANGELA Per esempio?
ADRIANO Certe volte vi guardiamo come se foste la cosa più bella dell’universo.
ANGELA E non lo siamo?
ADRIANO (NON RISPONDE. ANGELA PRENDE LE SUE COSE PER ANDARSENE) Rimani, per favore. (ANGELA SI SIEDE. PAUSA) Non so che dire, però. (PAUSA) Facciamo così: quando vieni a trovarmi, per prima cosa metti un disco, così, se vogliamo parlare, lo spegniamo, sennò stiamo zitti ma non ci sarà silenzio.
ANGELA Che metto?
ADRIANO Quello che vuoi.
ANGELA Sono un sacco. Non c’è niente che conosco.
ADRIANO Mi dispiace.
ANGELA METTE UN DISCO DI KEITH JARRETT, “THE MELODY AT NIGHT, WITH YOU”. IL PEZZO E’ “SOMEONE TO WATCH OVER ME”
ANGELA L’ho scelto a caso.
ADRIANO Molto appropriato.
SCENA 8 CASA DI CLAUDIO E CAROLINA, SALA DA PRANZO, SERA.
CLAUDIO, CAROLINA E ADRIANO STANNO MANGIANDO. IL PEZZO MUSICALE CONTINUA.
CLAUDIO A che punto hai detto?
ADRIANO 3 e 13, mi sembra, più o meno.
CLAUDIO SI ALZA DA TAVOLA E FA ANDARE VELOCEMENTE IN AVANTI IL CD, ARRIVA AL PUNTO, RIMANGONO AD ASCOLTARE. KEITH JARRETT, A QUEL PUNTO DELL’ESECUZIONE, FA UN VERSO, COME UN LAMENTO. CLAUDIO FERMA IL CD E RIASCOLTA, PIU’ VOLTE.
CLAUDIO Hai ragione. (LO RIASCOLTA). Sembra un orgasmo.
ADRIANO Ha paura.
CLAUDIO Di che?
ADRIANO Di non ricordarsi.
CLAUDIO Il pezzo?
ADRIANO No, tutto quello che sta pensando mentre suona. O forse gli manca tanto quello a cui sta pensando.
CLAUDIO Cioè?
ADRIANO Non lo so, la moglie quand’era giovane, una partita di quand’era bambino, non lo so. Qualcosa che non c’è più.
CLAUDIO (RIMANE A GUARDARLO) Cazzo, sei un poeta. Io avevo pensato a un pompino.
CAROLINA Claudio, per favore.
CLAUDIO No, davvero, l’ha registrato a casa sua, magari suonava mentre sua moglie gli faceva un pompino. E tutti noi in fila con i nostri sudati euro per comprare quello che esce dalle mani di Keith Jarrett quando sua moglie si accuccia sotto il pianoforte.
CAROLINA Ma che dici?
CLAUDIO Dobbiamo provarci anche noi quando preparo le dichiarazioni. Potrei diventare il fiscalista più creativo della città.
CAROLINA Per ora sei sicuramente il più stupido.
CLAUDIO La mia bella e pudica mogliettina. Guarda che Adriano lo sa che mi fai i pompini. Pochi, per la verità.
PAUSA
CLAUDIO Scusate, dico cazzate. Della frequenza dei nostri atti sessuali magari ne riparliamo un’altra volta.
SI RISIEDE. MANGIANO IN SILENZIO.
CLAUDIO Qualche bella studentessa nuova?
ADRIANO Faccio l’anno sabbatico.
CLAUDIO Ti aggiorni? Che aggiornamento deve fare uno che insegna lettere antiche?
ADRIANO Sono solo un po’ stanco.
CLAUDIO Se rinasco faccio il professore. Domenica vieni allo stadio? Ernesto ha il matrimonio della figlia e mi ha lasciato la tessera.
ADRIANO No, grazie. Non mi va di andare in mezzo a tutta quella gente.
CLAUDIO Ti piaceva lo stadio.
ADRIANO E’ un periodo.
CLAUDIO Lungo. Sono tre volte che mi dici di no. Come è andata a finire, quella cosa alla schiena?
ADRIANO Una microfrattura a una vertebra. Faccio fisioterapìa.
CLAUDIO Una microfrattura? Ma come hai fatto?
ADRIANO Non si sa.
CLAUDIO Guarda che ho un cliente che è un grande ortopedico, Ferrozzi, non so se l’hai sentito. Fatti vedere da lui.
ADRIANO No, si sta risolvendo.
CLAUDIO Certo, non ti fai sentire mai. Una vertebra fratturata e non mi hai detto niente. (A CAROLINA) Tu lo sapevi? (CAROLINA ANNUISCE) E perché non me l’hai detto?
CAROLINA Non voleva.
CLAUDIO Ma sei scemo? Siamo adulti, se ci si può dare una mano…
ADRIANO Non ci vediamo mai.
CLAUDIO Ma sei il mio migliore amico. Fratelli al liceo, poi perduti, poi ritrovati però, no?… Quindi…
ADRIANO ANNUISCE. PAUSA. MANGIANO.
CLAUDIO Gli specialisti, ci vogliono, che se vai in mano agli ospedali… Un mio cliente mi ha raccontato una storia brutta, proprio brutta. Il padre aveva un cancro al polmone, no, terminale, metastasi eccetera, e lo ricoverano perché la mattina vomita sangue.
CAROLINA Stiamo mangiando, Claudio.
CLAUDIO Vi dà fastidio?
ADRIANO No. (GUARDA CAROLINA)
CLAUDIO Insomma, gli dicono che la situazione è molto grave. Il mio cliente se lo vuole riportare a casa, non è il caso, gli dicono. Pensa che si era anche un po’ rimesso, non camminava ma era tornato lucido, con tutta la morfina. Gli avevano dato una medicina nuova, sperimentale, che ti danno quando stai per morire. Sul flacone c’è scritto per uso… me l’ha pure detto…
ADRIANO Compassionevole.
CLAUDIO Bravo, per uso compassionevole. Ce lo scrivono perché non ci siano equivoci. Che stronzi. Perché sia chiaro che è proprio finita. Comunque, lui si convince a farlo ricoverare. Lo mettono in una corsia con altri cinque come lui. Alle otto di sera il mio cliente va a trovarlo, la situazione sembra normale, il padre gli chiede gli occhiali per guardare la televisione. Lui si gira per prenderli, e il padre comincia a tossire, sempre più forte. Qualcuno chiama gli infermieri, il padre grida aiuto, aiutatemi, prende la mano del figlio, la spalla, lo stringe così forte che gli fa dei lividi sul braccio, gli attaccano delle flebo di coagulante, comincia a vomitare sangue, a schizzarlo, proprio, macchia tutto, i panni bianchi, le divise degl’infermieri, il letto, i vestiti del mio cliente, quel pover’uomo continua a gorgogliare e chiede aiuto, e nessuno può aiutarlo, perché è finita. Gli infermieri hanno fatto uscire tutti dalla camerata. Quel poveraccio muore gridando, affoga nel suo sangue e muore. Al figlio gli hanno spiegato che gli è esploso il polmone.
PAUSA
CAROLINA Terribile.
CLAUDIO Aspetta, non è finita. Gli infermieri puliscono tutto. Il mio cliente alza la testa e vede che davanti al letto del padre era rimasto uno dei malati, perché non si poteva alzare e nessuno ha pensato a lui. Non è potuto scappare. Guarda fisso il cadavere di suo padre. Ha visto come sarà la sua morte. Il mio cliente gli si avvicina e quello comincia a piangere, un omone, dice, e il mio cliente lo consola, gli prende la testa e se lo mette in braccio, senza dire niente. Tanto, cosa c’era da dire? E’ tornato a fargli visita un paio di volte, poi non l’ha più trovato. Non ha chiesto niente. Che cazzo, aiutatelo a uscire, no? Un po’ di cura, un po’ d’attenzione. Gli ospedali sono posti di merda, non sei una persona, non sei niente.
PAUSA
ADRIANO Come si chiama la medicina, quella per uso compassionevole?
SCENA 9 MONOCAMERA DI GIULIO. SERA.
ANGELA E GIULIO SONO DISTESI SUL LETTO
GIULIO Non mi piace.
ANGELA Perché?
GIULIO Non lo so.
ANGELA Perché sei geloso.
GIULIO Di chi?
ANGELA Di lui.
GIULIO Ma no…
ANGELA Se era una donna non avresti detto che non ti piaceva. Ero una santa, se era una donna.
GIULIO Ma che dici…
ANGELA Quello che é. Ti conosco.
GIULIO (SI ALZA) Sì, cazzo, sono geloso. Sono geloso.
ANGELA Di che?
GIULIO Di quello che c’è tra voi.
ANGELA Mi fa pena.
GIULIO Non è vero.
ANGELA A te non fa pena?
GIULIO Io non lo conosco.
ANGELA E’ un malato terminale di cancro, che dici, ti fa pena? Lo devi conoscere per farti pena? E’ da solo, ci sono solo io, che dici, fa pena?
GIULIO Adesso piango.
ANGELA Non fare lo stronzo.
GIULIO Gli piacciono le donne incinte e giovani, ormai molto rare. Ti si vuole fare.
ANGELA Vaffanculo.
GIULIO E a te piacciono i malati terminali di cancro. Siete una coppia perfetta. Ha trovato il modo di rimorchiare una ragazzetta spaurita e in difficoltà…
ANGELA Spaurita?
GIULIO Vabbé, in difficoltà, non sei in difficoltà? Non abbiamo niente, sei incinta, i tuoi non mi possono vedere…
ANGELA A mio padre piaci molto.
GIULIO Prima che rimanessi incinta.
ANGELA Prima che volessi farmi abortire.
GIULIO Io non ho detto niente.
ANGELA Esatto, non hai detto niente.
GIULIO E allora?
ANGELA Ci si aspettava che tu dicessi qualcosa.
GIULIO Non mi hai dato il tempo, hai detto subito “Io non lo tengo”!
ANGELA C’è stata una pausa.
GIULIO Eh?
ANGELA Io ho detto “Sono incinta”, c’è stata una pausa e solo dopo ho detto che non lo tenevo.
GIULIO Sì, c’è stata una pausa, allora? Che dovevo dire?
ANGELA Niente. Non dovevi fare la faccia che hai fatto.
GIULIO Cioè?
ANGELA Una faccia da stronzo.
PAUSA
GIULIO Rifacciamolo. Tu dici “Sono incinta” e io faccio un’altra faccia. Anzi, dico anche qualche parola. Se ci riesco, dato che parli sempre te.
ANGELA Io parlo sempre perché…
GIULIO Sì, ti fa paura il silenzio. Angela, non è vero. Tu parli perché non ne puoi fare a meno. Parli perché sennò tutte le parole che hai nel cervello ti vanno in gola tutte insieme e ti soffocano. Parli perché è la cosa che ti piace di più nella vita.
ANGELA La seconda.
GIULIO La prima. Anche quando facciamo l’amore parli.
ANGELA Quella è la terza. La prima è mangiare. Quando mangio sto zitta.
GIULIO Non ti piace fare l’amore con me?
ANGELA Da morire.
GIULIO Ma mangiare ti piace di più?
ANGELA Sì, mangiare è la cosa che mi piace di più al mondo.
GIULIO Non me l’avevi mai detto.
ANGELA Pensavo che l’avessi capito.
GIULIO Ho intuito qualcosa per quello sguardo che hai dato alle lasagne l’altro giorno in mensa, ma pensavo che era perché sei incinta.
ANGELA No.
GIULIO Allora, lo rifacciamo?
ANGELA Non mi va.
GIULIO Puoi dire qualcosa anche tu. Anzi, dopo ti faccio un panino.
ANGELA Col prosciutto cotto?
GIULIO E lo stracchino.
ANGELA Va bene.
GIULIO (GIULIO SI SIEDE SUL LETTO E METTE ANGELA DAVANTI A SE’) Tocca a te.
ANGELA Sono incinta. (PAUSA) Non lo ten…
GIULIO Zitta! Dammi il tempo, no?
ANGELA Sei lento.
GIULIO Sì, sì, sono lento. Cos’é, vuoi ammazzarmi? Devi solo stare zitta per qualche secondo. Puoi farcela, lo sento.
ANGELA (SBUFFA) Sono incinta.
GIULIO Lo so.
PAUSA
ANGELA Lo sapevi?
GIULIO Sì.
PAUSA
ANGELA Allora?
GIULIO Allora che?
ANGELA Continua, no?
GIULIO Ho finito.
ANGELA Dovevi dire solo “Lo so”?
GIULIO Sì. No. Dovevo dirti perché lo sapevo.
ANGELA Dillo.
GIULIO Mi vergogno.
ANGELA Dimmelo o svuoto il frigorifero.
GIULIO E’ rotto, non c’è niente dentro.
ANGELA E il panino?
GIULIO Andiamo all’alimentari.
ANGELA Dimmi subito come facevi a saperlo. Sennò ti sbrano.
GIULIO Sì, ricominciamo.
ANGELA Dio, che palle.
GIULIO L’ultima volta.
ANGELA Che palle! (SBUFFA) Uffa! Che palleeeee! (SI CALMA) Sono incinta.
GIULIO Lo so. L’ho saputo quando ti sono entrato dentro che saresti rimasta incinta. Eri così bella. Il quindici settembre, le cinque meno dieci. Ho guardato l’orologio per ricordarmelo. Mi hai baciato e mi guardavi, mi hai detto “Stai attento”, ma con una faccia strana. Ho pensato “E’ oggi.” Non ti si poteva resistere. Ti muovevi così bene e mi stavi sopra e in quegli occhi io vedevo il futuro, ma ero tutto dentro di te, fino in fondo, tutto nella fica fino in fondo e non è vero che ti senti completamente fuso, no, c’ero io e c’eri tu e sentivo che stavi per venire, respiravi forte, poi hai gridato, con gli occhi chiusi, ma sembrava tutto al rallentatore e io anche sono venuto, e non sono uscito. E io mi sentivo morire, davvero, morivo! Ho avuto paura e sono uscito, e tu mi hai chiesto se ero stato attento. Come no, ero stato attento, ti ho detto di sì. Non eri convinta, ma tutto il lenzuolo era sporco e tu hai fatto finta che fosse vero. Mi veniva da piangere. Ma ho resistito e ho pensato a talmente tante cose, tutte insieme, così belle, e così lontane, così strane e così grandi, che non me le ricordo più. Poi mi sono addormentato.
ANGELA Lo fai sempre.
GIULIO Quando mi hai detto che non volevi tenerlo, ho pensato che mi ero sbagliato. Ma anch’io non ero sicuro.
ANGELA (LO GUARDA. GLI APRE LE BRACCIA. SI BACIANO) Posso parlare, adesso?
GIULIO Certo, amore.
ANGELA Il panino?
SCENA 10 LOCALE DA BALLO. SERA.
CLAUDIO E MARIA BALLANO UNA CANZONE DI CESARIA EVORA, “CREPUSCOLAR SOLIDAO”. SONO MOLTO BRAVI, BALLANO SPESSO INSIEME.
CLAUDIO Cioè?
MARIA Non dobbiamo vederci più.
CLAUDIO Professionalmente, vuoi dire?
MARIA Per esempio.
CLAUDIO E il resto?
MARIA Scopare?
CLAUDIO Per esempio. (MARIA NON RISPONDE) Allora, sono guarito?
MARIA Non guarirai mai.
CLAUDIO Perché non sono malato.
MARIA Può darsi. Non più malato di tutto l’Occidente, comunque.
CLAUDIO Ah, l’Occidente è malato?
MARIA Sì, incurabile. E’ schizofrenico.
CLAUDIO No, l’Occidente non è pazzo, è cattivo.Se vuole una cosa la prende. Non gliene frega un cazzo di cosa accadrà.
MARIA Come te.
CLAUDIO Come me.
PAUSA
CLAUDIO Dio, come sei bella.
MARIA Non sei stanco?
CLAUDIO Di che?
MARIA Di dire sempre le stesse cose.
CLAUDIO No. Mi piace dirti che sei bella.
MARIA Io sono stanca.
CLAUDIO Vuoi che lasci mia moglie?
MARIA (RIDE)
CLAUDIO Dillo.
MARIA No, non voglio che lasci tua moglie. (RIDE)
CLAUDIO Che c’è da ridere?
MARIA Niente.
CLAUDIO Se tu vuoi, la lascio.
MARIA Non voglio e tu non lo faresti.
CLAUDIO Sicura?
PAUSA
MARIA Piangevi.
CLAUDIO Eh?
MARIA E’ cominciata così. Ti sei messo a piangere durante una seduta.
CLAUDIO Stavo male.
MARIA Non eri il primo paziente che piangeva davanti a me.
CLAUDIO Ma tu ti sei avvicinata e mi hai preso la testa fra le mani.
MARIA Quando hai alzato la faccia eri bello.
CLAUDIO Mi hai baciato.
MARIA Sì.
SI BACIANO, CONTINUANDO A BALLARE.
MARIA Ti ricordi di cosa stavi parlando?
CLAUDIO Di mia madre.
MARIA No. Di quando facevi l’animatore alle feste per bambini.
CLAUDIO Ah.
MARIA Vestito da pagliaccio.
CLAUDIO Sì.
MARIA Che un giorno avevi smesso perché ti eri sentito solo. Non ti ricordi.
CLAUDIO No.
MARIA Un’altra persona che conoscevo mi aveva raccontata la stessa storia.
CLAUDIO Un paziente?
MARIA L’unico uomo che abbia mai amato. (per cui ho pianto)
CLAUDIO Come si chiamava?
MARIA Adriano. Adriano Genovesi.
PAUSA
CLAUDIO Non lo conosco.
CONTINUANO A BALLARE. LUCE ANCHE SU CASA DI ADRIANO. ADRIANO STA ARMEGGIANDO CON UN ALBERO DELLE FLEBO. FA MOLTA FATICA A CAMMINARE. METTE IL FLACONE DELLA FLEBO SULL’ALBERO, SI SIEDE SUL BORDO DEL LETTO, DISINFETTA IL BRACCIO, CERCA D’INSERIRSI LA FARFALLA NELLA VENA, SENZA SUCCESSO. ALLA FINE SEMBRA RIUSCIRCI. RIMANE A GUARDARE IL FLACONE. LA GOCCIA NON SCENDE. SI ALZA A FATICA, DA’ QUALCHE COLPETTO AL FLACONE, POI PIU’ FORTE. ALLA FINE ACCAREZZA IL FLACONE, COME FOSSE UN VISO UMANO. FATICOSAMENTE BALLA LENTAMENTE CON L’ALBERO DELLE FLEBO. VA VIA LA LUCE SU CLAUDIO E MARIA, LA MUSICA CONTINUA. ADRIANO BALLA FINO ALLA FINE. BUIO.
Fine primo atto
SECONDO ATTO
SCENA 11 CASA DI ADRIANO.
ADRIANO E’ DISTESO A LETTO, ANGELA GUARDA UN FLACONE DI MEDICINE CHE HA IN MANO.
ANGELA Iressa. E che farebbe?
ADRIANO E’ un farmaco sperimentale.
ANGELA E perché lo prendi?
ADRIANO A parte il tumore, dici?
ANGELA Serve a quello?
ADRIANO Pare che faccia star meglio.
ANGELA Qui dice che può dare allucinazioni.
ADRIANO Quello un po’ mi spaventa, infatti non l’ho ancora presa.
ANGELA Perché?
ADRIANO Perché può dare allucinazioni.
ANGELA E allora?
ADRIANO Non voglio.
ANGELA Ma dai, che ti può fare, sarà come una super canna.
ADRIANO Infatti.
ANGELA Non ti sei mai fatto una canna?
ADRIANO No.
ANGELA Stai scherzando.
ADRIANO No.
ANGELA Un tirino di coca?
ADRIANO No.
ANGELA Mai calato un’anfetamina?
ADRIANO No, Angela, no, non mi sono mai fatto niente.
ANGELA Perché? Non ti è mai capitato?
ADRIANO No, mi è capitato.
ANGELA E allora?
ADRIANO Non lo so. Da giovane avevo paura di perdere il controllo. Poi, mi sentivo troppo vecchio, così… Una volta un mio amico si è fatto una puntina d’acido che gli avevano mandato dall’America. Ha parlato per tre giorni con un albero.
ANGELA (RIDE) E che gli ha detto?
ADRIANO Lui all’albero o l’albero a lui?
ANGELA Tutti e due.
ADRIANO Ma, lui credo che abbia fatto dei versi, uaaa oouuu eiaau, come pensava che parlassero gli alberi. Il tronco, invece, è rimasto molto sulle sue.
ANGELA Te l’ha detto lui?
ADRIANO No, me l’ha detto l’albero. (ANGELA VA A SEDERSI LONTANO DA ADRIANO, CON IL FLACONE IN MANO) Mi fai vedere?
ANGELA Vienilo a prendere.
ADRIANO Dai, su, fammi leggere che dice.
ANGELA Alza il culo e vieni qui. Stai sempre sprofondato nel letto.
ADRIANO Non riesco più a camminare.
ANGELA Da quando?
ADRIANO Da stamattina. Ero seduto in bagno e non sono riuscito ad alzarmi. Ho dovuto strisciare fino al letto. Non è stato bello.
PAUSA. ANGELA SI AVVICINA AD ADRIANO, SI CHINA SU DI LUI, LO FA ALZARE, LO FA SEDERE SUL LETTO. SI ALLONTANA, RIMANE IN PIEDI DAVANTI A LUI.
ANGELA Proviamo insieme, vieni. (ADRIANO NON SI MUOVE) Vieni. Vieni da me.
ADRIANO CERCA DI ALZARSI, FA DUE PASSI CON FATICA, CADE A TERRA. ANGELA CERCA DI ALZARLO, CON TUTTE LE SUE FORZE, MA NON CI RIESCE. RIMANE SEDUTA A TERRA ACCANTO A LUI. PIANGE.
ADRIANO Non piangere. Non è niente. Sto per terra, mi rinfresco.
ANGELA Come facciamo ad alzarti?
ADRIANO Non lo so.
ANGELA Giulio mi aspetta a casa.
ADRIANO Vai. In qualche modo…
ANGELA Ma non dire stronzate! Ti lascio qui per terra? E’ colpa mia, non dovevo dirti di provarci.
ADRIANO No, io lo sapevo, sono stato un deficiente.
ANGELA Ma non scusarti, cazzo, non scusare sempre tutti. Ho fatto una cazzata, potevi romperti una gamba.
ADRIANO Ho le ossa molto elastiche, sono sempre stato…
ANGELA Stai zitto! Che ossa elastiche, ma che dici, potevi morire! Qui, davanti a me! Per colpa mia!
ADRIANO Che pensi, che morirò tranquillo, sfruttando abilmente una tua assenza? Non credi che per me sarebbe meglio che ci fosse qualcuno quando muoio? Ti piacerebbe morire da sola? Ti piacerebbe essere da sola quando…
ANGELA Non attaccarmi una pippa, per favore. Certo che non mi piacerebbe, a chi piace morire da solo?
ADRIANO A me, per esempio.
ANGELA Non è vero.
ADRIANO Ma è meglio che ci pensi, perché non manca tanto. Grazie per avermelo ricordato.
ANGELA Perché, ci sono dei momenti in cui te lo scordi?
ADRIANO No, per fortuna ci sei tu, con quella pancia che mi fissa.
ANGELA Che c’entra la mia pancia?
ADRIANO C’entra.
ANGELA Ma sta zitto…
ADRIANO No, parlo invece …
ANGELA E dici le tue solite cose depresse? Come sarà dopo, perché non ho fatto questo, scusa, scusa, scusa, la vita è una merda…
ADRIANO Puoi andartene quando ti pare.
ANGELA Adesso non me ne posso andare.
ADRIANO In qualche modo farò, non preoccuparti.
ANGELA Ma se non sai neanche come alzarti da terra…
ADRIANO STRISCIA FINO AL LETTO. CON UNO SFORZO ENORME SI AGGRAPPA ALLA SPALLIERA E RIESCE A SOLLEVARSI FINO A SEDERSI. SI STENDE SFINITO.
ADRIANO Non ho bisogno di te. (ANGELA POSA IL FLACONE DI PILLOLE SUL TAVOLINO ACCANTO A LUI ED ESCE. ADRIANO PRENDE IL FLACONE, LEGGE PER UN ATTIMO, LO APRE E INGOIA DUE PILLOLE) Non ho bisogno di nessuno.
SCENA 12 CAMERA DA LETTO DI CLAUDIO E CAROLINA.
CAROLINA E’ SEDUTA SUL LETTO, CLAUDIO E’ IN PIEDI, IN PIGIAMA.
CLAUDIO Da quando?
CAROLINA Due, tre anni.
CLAUDIO Due o tre?
CAROLINA Non lo so.
CLAUDIO Non avete qualche anniversario? Che ne so, il quindici settembre dell’anno tale abbiamo scopato per la prima volta?
CAROLINA Non abbiamo fatto niente. Lui non vuole.
CLAUDIO Guarda, ormai cambia poco. Dimmi la verità, è più semplice.
CAROLINA Te l’ho detta. Lui non voleva.
CLAUDIO Ma tu sì. Cazzo, t’ha rifiutata.
PAUSA
CLAUDIO E allora perché me l’hai detto?
CAROLINA Che domanda è?
CLAUDIO Senso di colpa? Paura che ti scoprissi?
CAROLINA Ma no…
CLAUDIO Perversione?
CAROLINA Cioè?
CLAUDIO Un’eccitante novità in un rapporto stanco? Un’interessante variazione sul tema della monogamia?
CAROLINA Non mi credi?
CLAUDIO No.
CAROLINA Perché?
CLAUDIO Dimmi che avete scopato e ci credo.
CAROLINA Ma non è vero.
CLAUDIO Allora è tutta una cazzata.
CLAUDIO SI METTE A LETTO. GUARDA CAROLINA. LA DONNA RESPIRA SEMPRE PIU’ FORTE.
CLAUDIO Cos’hai?
CAROLINA Niente. Mi sembra… Niente.
CLAUDIO Sei tutta sudata. Hai caldo.
CAROLINA No…
CLAUDIO Vieni, che ti curo io.
PAUSA.
CAROLINA NON RIESCE A RISPONDERE, ANSIMA, E’ IN PREDA A UNA CRISI DI PANICO. CLAUDIO LA BACIA, LA PRENDE, LE SALE ADDOSSO. QUANDO LE ENTRA DENTRO, LEI GEME.
SCENA 13 CAMERA DI ADRIANO.
ADRIANO E’ A LETTO. LENTAMENTE, SI ALZA A SEDERE, GUARDA DAVANTI A SÉ, STUPEFATTO.
ADRIANO Non credevo esistessi. Ossia, non credevo fossi il figlio di… Sei Gesù, vero?
PAUSA.
ADRIANO Questo cambia tutto. Io sono… ero ateo. Ora non più.
PAUSA
ADRIANO Quindi? Inferno, Purgatorio o Paradiso? Dove andrò?
PAUSA
ADRIANO Come, non lo sai? E chi lo sa?
PAUSA
ADRIANO Non sei Gesù Cristo, il figlio di Dio, venuto per salvarci tutti? Non sei l’agnello che toglie i peccati del mondo?
PAUSA
ADRIANO E allora? Non sai tutto?
PAUSA
ADRIANO No.
PAUSA
ADRIANO Scusa, sei onnisciente e non sai dove andrò.
PAUSA
ADRIANO Ma sei Gesù?
PAUSA
ADRIANO Ci avevano detto che eri onnisciente.
PAUSA
ADRIANO Ti ringrazio, ma lo so anch’io che sto per morire. Non potresti dirmi qualcosa di più eccitante, non so, se è possibile il viaggio nel tempo, chi ha ucciso Kennedy, perché tuo padre ha creato l’ornitorinco?
PAUSA
ADRIANO Non sai neanche quale cellula è impazzita per prima? Vorrei parlarle. Dirle…
PAUSA
ADRIANO Non sai neanche cosa c’è dopo la morte?
PAUSA
ADRIANO Francamente e senza offesa, questo tuo silenzio m’innervosisce. Dimmi qualcosa. Consolami, almeno.
PAUSA
ADRIANO Non sai neanche perché se tieni tanto a una cosa la perdi?
PAUSA
ADRIANO Finirà presto. Non so se mi consola. Ma è la verità, giusto?
PAUSA
ADRIANO Ma nessuno te l’ha chiesta. Non provo nessuna attrazione per la verità.
PAUSA
ADRIANO Sei un’allucinazione.
PAUSA
ADRIANO Come il gatto che ieri ho visto sul letto.
PAUSA
ADRIANO Era un bel gatto, bianco e rosso. Faceva le fusa. Carino. Poi, è scomparso. E’ per questo che ho capito che era un’allucinazione. Non è andato via. A un certo punto, non c’era più.
PAUSA
ADRIANO Sarà così? A un certo punto, semplicemente, non ci sarò?
PAUSA
ADRIANO E tutto quello che ho fatto? Quello che ho pensato? Tutto quello che ho amato?
PAUSA
ADRIANO Ti prego, non venire più.
SCENA 14 STUDIO DI MARIA.
MARIA È SEDUTA ALLA SCRIVANIA, CAROLINA È DAVANTI A LEI, ANCH’ESSA SEDUTA.
MARIA Davvero, non lo so. Non mi viene in mente nessuno. Il dottor Danti, forse.
CAROLINA No, un uomo no.
MARIA Capisco.
CAROLINA Capisce?
MARIA Sì.
PAUSA
CAROLINA Non sarei dovuta venire da lei.
MARIA Forse no.
CAROLINA Mi è sembrata la cosa più semplice. Visto che ha in cura mio marito.
MARIA Certo.
PAUSA
CAROLINA Siete amanti.
MARIA No.
CAROLINA Non ancora.
MARIA No. E’ venuta per chiedermelo?
CAROLINA Sono venuta perché sto male. Ho delle crisi di panico, gliel’ho detto. Mi sento morire.
MARIA Mi dispiace, signora, ma non ho molto tempo. L’ho infilata fra un paziente e un altro.
CAROLINA Mi sta mandando via?
MARIA Se mi verrà in mente, le farò sapere il nome di una collega. Ha lasciato il telefono alla mia segretaria?
CAROLINA Sì.
MARIA Bene. (SI ALZA)
CAROLINA (SI ALZA) Ha mai avuto crisi di panico?
MARIA Sì.
CAROLINA Come ha fatto a guarire?
MARIA Non sono guarita. (PAUSA) Non sono l’amante di suo marito.
CAROLINA Ne sono lieta. Non saprei lottare contro una donna come lei.
MARIA Perché, come sono?
CAROLINA Forte. Sicura. Tutto quello che io non sarò mai. Buonasera. (FA PER USCIRE)
MARIA Bisogna fare un patto. (CAROLINA SI FERMA SULLA PORTA, SI VOLTA) Un patto con sé stessi. Bisogna impegnarsi a non farsi penetrare dal dolore. Mai più.
CAROLINA Le è accaduto?
MARIA Una volta.
CAROLINA Per amore? (MARIA ALZA LE SPALLE) E finisce, prima o poi? (MARIA RIMANE IMMOBILE A GUARDARE CAROLINA) La ringrazio, dottoressa, è stata molto gentile a ricevermi. Non si preoccupi di richiamarmi. (ESCE)
MARIA RIMANE DA SOLA NEL SUO STUDIO. LE SI PIEGANO DI COLPO LE GAMBE. PIANGE METTENDOSI UNA MANO SULLA BOCCA, PER NON FARSI SENTIRE, MA NON RIESCE A SOFFOCARE COMPLETAMENTE I SINGHIOZZI.
SCENA 15 CAMERA DI ADRIANO.
ADRIANO E’ A LETTO. CLAUDIO E’ IN PIEDI ACCANTO A LUI.
ADRIANO Quando sono da solo, quasi sempre, quindi, ho l’impressione che non ci sia nessuna cosa che possa fare per la paura. Vedo la mia bambina, quella che non ho mai avuto, scrivo il suo nome, penso che dolore avrà quando morirò e sono felice quando mi ricordo che non esiste. Poi sono le 16.50, fra due anni, il quindici settembre, io morto, e tutti… che camminano.
CLAUDIO E il perduto amore?
ADRIANO Chi?
CLAUDIO Un paio d’anni fa non hai avuto il coraggio di fermarla.
ADRIANO Te l’ho raccontato?
CLAUDIO Eh sì.
ADRIANO Vent’anni fa, entro all’università e Maria mi corre incontro sventolando il libretto e dicendo 28, 28. Io la bacio sulla bocca, e lei mi guarda sorpresa. Dieci anni dopo fa le valigie piangendo per la rabbia. Fra cinque secondi, starnutirò. (CONTA CINQUE. STARNUTISCE, CLAUDIO RIDE)
CLAUDIO Si chiamava Maria?
ADRIANO Il tempo è così diverso quando sta finendo. Sono un dio o qualcosa che gli assomiglia, e non importa proprio niente che sia la medicina a farmi sentire così, non è niente, è solo un aiuto, non sono allucinazioni.
PAUSA
CLAUDIO Brutta, la depressione, eh?
ADRIANO Eh.
CLAUDIO Carolina non mi aveva detto che stavi così male.
ADRIANO Non lo sa. Non volevo disturbare.
CLAUDIO Ma che cazzo dici? Siamo amici, no? O no? Non siamo amici, Adriano?
ADRIANO Sì.
CLAUDIO E allora dovevi dircelo. O avevi qualche altro motivo?
ADRIANO No.
CLAUDIO Sei proprio uno stronzo.
ADRIANO Eh?
CLAUDIO Ma sì, sei uno stronzo, potevamo darti una mano. Chi si occupa di te?
ADRIANO Nessuno.
CLAUDIO E come fai?
ADRIANO Una ragazza.
CLAUDIO Una ragazza? E chi è? Una delle tue studentesse? Una troietta?
ADRIANO No…
CLAUDIO Una che ti scopavi prima di ammalarti?
ADRIANO Una mia amica.
CLAUDIO Un’amica, dai Adriano, sono le cazzate che ci dicevamo quando eravamo ragazzi. Ma poi siamo cresciuti, no? E abbiamo imparato a dirci la verità. O tu ancora non lo fai?
ADRIANO Cosa?
CLAUDIO Te la dici la verità? Mentre ti attacchi la flebo, te lo dici che uomo di merda sei?
ADRIANO CERCA DI TIRARSI SÙ, MA E’ DEBOLISSIMO. STA PER CADERE DAL LETTO MA CLAUDIO LO RIPRENDE AL VOLO. GLI PARLA MENTRE LO TIENE IN BILICO FRA IL LETTO E IL PAVIMENTO.
CLAUDIO Mia moglie è innamorata di te.
ADRIANO No…
CLAUDIO Me l’ha detto lei.
ADRIANO Non è vero.
CLAUDIO E io le ho creduto. Ha detto che avete scopato insieme per un paio d’anni.
ADRIANO Non è vero, Claudio.
CLAUDIO E’ stato meno?
ADRIANO Non l’abbiamo mai fatto.
CLAUDIO Me lo puoi dire. Così morirai tranquillo.
ADRIANO Non sono mai stato insieme a Carolina.
CLAUDIO Guarda che sto facendo fatica a tenerti, mi stai scivolando. Ridimmelo. Non sei mai stato insieme a Carolina? (LO FA PENDERE QUASI FUORI DAL LETTO)
ADRIANO (E’ SPAVENTATO) No…
CLAUDIO Cazzo come sei pesante. Sicuro?
ADRIANO Ma no…
CLAUDIO (GRIDA) Non ce la faccio più, Adriano, mi stai per cadere! Non hai mai scopato con mia moglie?
ADRIANO (TERRORIZZATO) Sì!
CLAUDIO Quante volte?
ADRIANO Un paio…
CLAUDIO (GRIDA) Quante?
ADRIANO No… non mi ricordo…
CLAUDIO E te l’ha preso in bocca?
ADRIANO Sì…
CLAUDIO Giel’hai messo nel culo?
ADRIANO Sì…
CLAUDIO E non pensavi che era la donna di un tuo amico, vero? Non te n’è fregato un cazzo, vero?
ADRIANO (PIANGE) No…
CLAUDIO Stronzo. (LO RIMETTE SUL LETTO) Non me l’aspettavo da te. Non dovevi. Comunque, tutto perdonato. Io e Carolina ce la faremo. Quando sarai morto troveremo il modo, sì, di ricominciare. Magari è un bene quello che è successo.
PAUSA
CLAUDIO Se viene a trovarti non dirle niente. E’ meglio. Me lo prometti? (ADRIANO ANNUISCE) Grazie. (FA PER USCIRE, SI FERMA) E’ tutto perdonato, Adriano. E’ tutto a posto. (CONTA CINQUE, STARNUTISCE) Ma guarda. Sono capace anch’io. (ESCE)
SCENA 16 (SEGUITO SCENA PRECEDENTE) CAMERA DI ADRIANO.
APPAIONO DUE ATTORI MASCHERATI, UNO DA TOPO E L’ALTRO DA ELEFANTE.
TOPO Buonasera.
ELEFANTE Buonasera.
TOPO Per esempio, si dice che lui abbia paura di me.
ELEFANTE Sì, si dice.
TOPO Ma non è vero.
ELEFANTE Insomma…
TOPO Cioè, tu hai paura di me?
ELEFANTE Paura forse è una parola grossa…
TOPO E allora?
ELEFANTE Diciamo che ti rispetto.
ADRIANO Scusate, è stata una brutta giornata. Se avete qualcosa da dirmi, bene, altrimenti sparite, per favore.
TOPO Ci ha presi per due allucinazioni.
ELEFANTE Mi sa.
TOPO Ma non lo siamo.
ELEFANTE No.
ADRIANO E cosa sareste?
TOPO Un topo…
ELEFANTE …e un elefante.
ADRIANO Certo. Scusate.
ELEFANTE Di niente.
TOPO Molto malato, eh?
ADRIANO Sì, abbastanza.
TOPO Moribondo?
ELEFANTE Gianni, per favore…
TOPO Perché? Non è vero?
ELEFANTE Sì, ma insomma, un po’ di grazia, di savoir faire…
TOPO Sono uno sincero, io, dico pane al pane e vino al vino.
ADRIANO Ti chiami Gianni?
TOPO Gianni il topo di fogna, per essere precisi.
ADRIANO E tu?
ELEFANTE Mario.
ADRIANO L’elefante gentile?
ELEFANTE Mario e basta.
TOPO Insomma, è moribondo?
ADRIANO Sembra di sì.
TOPO E che ne pensa?
ELEFANTE Di che?
TOPO Di questo.
ELEFANTE Sarà dispiaciuto, no?
TOPO E’ dispiaciuto?
ADRIANO Perché siete qui?
ELEFANTE Noi raccontiamo una storia.
TOPO Ai moribondi.
ELEFANTE Gianni!
TOPO Per questo volevo sapere se lei lo era. Altrimenti saremmo tornati un’altra volta. E non m’interrompere sempre.
ADRIANO Che storia è?
TOPO Una storia edificante che permetta al morente di abbandonare questa valle di lacrime sereno e pronto per una nuova, grande avventura.
ADRIANO Quale nuova avventura?
ELEFANTE Non lo sappiamo. Al corso ci hanno detto di dire così. E ci hanno detto anche di non chiamare mai i moribondi moribondi.
TOPO Ipocriti.
ADRIANO Siete due angeli?
ELEFANTE No, non credo.
TOPO No. Non vorrei sembrare pedante, ma siamo un topo e un elefante.
ADRIANO Va bene, raccontate, sono pronto.
ELEFANTE (CANTA) Bobobom bobom bombombom titititi dan don…
TOPO Lui fa la parte musicale.
ADRIANO Molto bravo.
ELEFANTE Grazie. Bobobom bobom bombombom titititi dan don dodonnnnn!
TOPO Nella foresta l’elefante barriva a più non posso…
ELEFANTE Bobom bobom…
TOPO Il suo dolore era grande, immenso come il suo corpaccione…
ELEFANTE Io non ho un corpaccione.
TOPO Non parlavo di te.
ELEFANTE Ah. Titirititin…
TOPO Niente posti dove andare, niente più da fare, la forza sparita, e con essa la giovinezza, la sua femmina andata, e con essa la felicità…
ELEFANTE Dan dadan dadandan…
TOPO Solo una cosa gli era rimasta.
ELEFANTE Dradon tran tran tran…
TOPO Un piccolo amico che lo confortava con la sua saggezza…
ELEFANTE Dairan dadariooo…
TOPO …che però non riusciva più a trovare, perché gli si era molto abbassata la vista.
ELEFANTE Era quasi cieco.
TOPO Suona. No quasi, era proprio cieco. E il suo amico era piccolo, molto piccolo, perché era…
ELEFANTE Dan dan da da da dannnnn…
TOPO Un topo!
ELEFANTE Zanzan zaaa zan!
TOPO Lui barriva così forte per chiamarlo, perché tornasse da lui, ora che sentiva la fine vicina.
ELEFANTE Darin trattaren vam vam vam…
TOPO E il topo venne. “Mario”, gli disse…
ELEFANTE Perché, anche lui si chiamava Mario?
TOPO Certo, sei tu.
PAUSA
ELEFANTE Io non ho un corpaccione.
TOPO “Mario”, gli disse, “sono qui, ti aiuterò nella tua dipartita, ti dirò parole che ti consoleranno e ti renderanno più facile il trapasso”.
ELEFANTE Grazie, Gianni, sei tornato! disse l’elefante.
TOPO Sì, disse così, e il topo disse: “Sì, sono tornato, e ti racconterò una storia edificante che ti permetterà di abbandonare questa valle di lacrime sereno e pronto per una nuova, grande avventura.”
ELEFANTE Daran daran daradarannn…
TOPO E l’elefante gli corse incontro per sentire le sue parole, ma, dato che era cieco, lo schiacciò, scivolò sul suo piccolo corpo martoriato, si ruppe l’osso del collo e morì.
ELEFANTE Daradan daradan da raaannnnn!
PAUSA
ADRIANO Gran bella storia. Grazie.
ELEFANTE E poi la racconti proprio bene.
TOPO Grazie.
ELEFANTE A parte il corpaccione. La musica com’era?
TOPO Accettabile.
ELEFANTE Sì, ho fatto di meglio.
L’ELEFANTE E IL TOPO SPARISCONO. ENTRA CAROLINA.
CAROLINA Ciao…
ADRIANO Come sei entrata?
CAROLINA Non sei contento di vedermi?
ADRIANO Certo.
CAROLINA La porta era aperta.
ADRIANO Tuo marito si è dimenticato di chiudere.
CAROLINA E’ venuto Claudio? Che vi siete detti?
ADRIANO Niente d’importante.
CAROLINA Di noi, avete parlato?
ADRIANO No.
CAROLINA Meno male. (PIANGE) Sto male, Adriano, non ce la faccio più.
ADRIANO Mi dispiace.
CAROLINA Tu, Claudio. E’ solo confusione, un casino, ecco, mi sono mortificata a fare una vita orrenda.
ADRIANO Mi dispiace, Carolina.
CAROLINA Non te ne frega niente, com’è giusto, no? E io non ti amo più, e non so se ti ho mai amato. Non amo neanche Claudio. Non amo me stessa, non sento niente, questa è la verità, ho solo rabbia e rancore e non so neanche nei confronti di chi. Non dire che ti dispiace, non è vero.
ADRIANO No, invece…
CAROLINA Me l’immaginavo tutta diversa, la vita. Alti e bassi, ma piena d’amore e di orrore, non questa palude in cui galleggio. Mi sveglio la mattina e non vedo l’ora di andare a dormire, penso a quando chiuderò gli occhi di nuovo. Non mi piace nulla, non voglio nulla e ho paura della morte.
PAUSA. ADRIANO CHIUDE GLI OCCHI.
CAROLINA Dì qualcosa, almeno, no? Che non sia mi dispiace.
PAUSA
CAROLINA Io ti avrei amato con tutta me stessa e non mi sarebbe importato di niente, sarei venuta via con te. Ma tu non volevi portarmi da nessuna parte. Perché? Me lo dici, adesso? Non mi farai male, puoi dirmelo. Solo perché non mi ami?
PAUSA
CAROLINA Dormi? O sei morto? (RIDE) No, scusa, non volevo dirlo. Scusa.
GLI SI AVVICINA, HA PAURA DI TOCCARLO. ALLA FINE LO ACCAREZZA. GLI TOCCA IL PETTO.
CAROLINA Sei vivo, sei.
PAUSA
CAROLINA Mi dispiace. E’ finita. (ESCE)
ADRIANO APRE GLI OCCHI.
SCENA 17 STUDIO DI MARIA.
MARIA E’ SEDUTA SULLA SCRIVANIA, DI SPALLE. CLAUDIO STA VOMITANDO IN BAGNO. SI SENTE L’ACQUA CHE SCORRE. RIENTRA PULENDOSI LA BOCCA.
CLAUDIO Qualcosa che mi ha fatto male. Stavamo dicendo?
MARIA Che è finita.
CLAUDIO Sì, questo me lo ricordo. Motivi?
MARIA Stanchezza.
CLAUDIO Di che?
MARIA Di tutto. Di te, di quello che faccio. Magari parto.
CLAUDIO Con chi?
MARIA Magari cambio lavoro.
CLAUDIO Perché? Sei brava, mi hai guarito. Metodo clinico curioso, ma efficace.
MARIA Non ti ho guarito. Se tu guarissi, impazziresti.
CLAUDIO Bella battuta. Complimenti, ma non vuol dire un cazzo.
PAUSA
CLAUDIO Fine della conversazione? Adieu?
MARIA Esatto.
CLAUDIO Pensi che me ne vada così? Che non ti spezzi neanche un braccio?
MARIA Provaci.
CLAUDIO Magari ti piacerebbe.
MARIA Magari non ci riesci.
CLAUDIO SI SLANCIA VERSO DI LEI, L’AFFERRA PER I CAPELLI, LA TRASCINA A TERRA. LEI SI DIFENDE A PUGNI E CALCI. LOTTANO, E ALLA FINE CLAUDIO RIESCE A IMMOBILIZZARLA A TERRA, STANDO SOPRA DI LEI. HA UN CONATO DI VOMITO, DEVE RIALZARSI IN FRETTA. RIESCE A TRATTENERSI, MA ORMAI MARIA E’ LIBERA. SI RIALZA. CLAUDIO SI ACCASCIA SUL DIVANO. ANSIMANO.
CLAUDIO Stronza. Troia.
MARIA Puoi andartene quando vuoi.
CLAUDIO Lascio mia moglie.
MARIA Non me ne frega un cazzo.
CLAUDIO Ti amo.
MARIA Vaffanculo.
CLAUDIO Non posso vivere senza di te.
MARIA APRE LA PORTA DELLO STUDIO. CLAUDIO SI ALZA, SI AVVICINA FATICOSAMENTE ALLA SCRIVANIA, SCRIVE QUALCOSA SU UN PEZZO DI CARTA.
CLAUDIO Questo è l’indirizzo di un mio amico. Adriano Genovesi. Vallo a trovare. Vedrai che bella rimpatriata.
GETTA IL FOGLIETTO PER TERRA. ESCE. MARIA CHIUDE LA PORTA, RACCOGLIE IL FOGLIO, LO GUARDA.
SCENA 18 IL TAVOLO DI UN RISTORANTE.
CAROLINA E’ SEDUTA DA SOLA. ENTRA CLAUDIO. SI SIEDE.
CLAUDIO Scusa.
CAROLINA Non preoccuparti. Qualcosa non va?
CLAUDIO No. Sì. Non lo so.
CAROLINA Magari sei solo stanco.
CLAUDIO Magari. E poi c’è la solitudine.
CAROLINA Sì.
CLAUDIO Aspettiamo sempre che finisca. Vogliamo incontrare la persona che la faccia finire.
CAROLINA Già.
CLAUDIO Allora andiamo avanti. A cercare.
CAROLINA E io?
CLAUDIO Certo. Tu. Non ti senti sola?
CAROLINA Un po’.
CLAUDIO Anche se ti amo? (FA PER ACCAREZZARLA CAROLINA SI TIRA INDIETRO, D’ISTINTO. CLAUDIO PRENDE IL MENU’) Che prendiamo? Che hai?
CAROLINA Sono stata dalla tua analista. Mi ha detto tutto.
CLAUDIO Tutto che?
CAROLINA Di noi.
CLAUDIO Cioè?
CAROLINA Che tu mi ami. E che vivremo tutta la vita insieme.
CLAUDIO Te l’ha detto lei?
CAROLINA Me l’ha fatto capire.
CLAUDIO Bene.
CAROLINA Ma dobbiamo allontanarci per un po’. Perciò me ne vado.
CLAUDIO Dove?
CAROLINA Via. Via da te.
CLAUDIO Da sola?
CAROLINA Sì.
CLAUDIO Con lui?
CAROLINA Ti ho detto una bugia. Volevo che fossi attento a me. Per una volta.
PAUSA
CLAUDIO Ti amo.
CAROLINA Anch’io. La tua analista ha detto che sei guarito.
CLAUDIO Ah.
CAROLINA E poi c’è la solitudine.
CLAUDIO Sì.
CAROLINA Da quella non si guarisce. (PRENDE IL MENU’) Che prendiamo?
PAUSA
CLAUDIO Me lo fai un regalo, prima di partire?
CAROLINA Cioè?
SCENA 19 CASA DI ADRIANO.
ANGELA E GIULIO SONO IN PIEDI, ADRIANO E’ A LETTO.
ANGELA Perché?
GIULIO Sì, mi sembra una cazzata. Perché?
ADRIANO Prima di laurearmi facevo il clown alle feste per bambini.
ANGELA Truccato e tutto?
ADRIANO Sì. Ero bravo.
GIULIO Immagino.
ADRIANO No, ero bravo... Un pomeriggio, però, fuori c’era una gran pioggia, e dentro la saletta dove stavo si sentiva un odore come una classe delle elementari, alla quinta ora e con le finestre chiuse, un odore di piccole ascelle eccitate, di promessa. Un odore di futuro. Mi è passata la voglia di ridere, e anche ai bambini. Hanno cominciato a muoversi, non mi ascoltavano più, si agitavano. Avevano capito che rimpiangevo la mia, d’infanzia. Che mi sentivo solo.
GIULIO Anche loro, mi sa.
ADRIANO Così ho smesso, non ho più fatto feste. Ma ho sbagliato. Il nostro tempo è adesso, non torna indietro, non c’è un tempo migliore di questo, anche se lo aspettiamo. Bisogna ridere.
ANGELA Vestire un morto da clown mi sembra una cazzata.
ADRIANO Assolutamente, ma mi farebbe piacere.
ANGELA Non so come si veste un morto.
ADRIANO Se lo fai subito, è come vestire un manichino tiepido.
ANGELA Ma perché, l’hai mai fatto?
GIULIO Ti ha chiesto una cortesia, fagliela, no?
ANGELA Ma se anche tu hai detto che è una cazzata! E poi ho paura.
GIULIO Perché? Hai sentito, è come un manichino tiepido.
ADRIANO Facciamo una prova.
ANGELA (SBUFFA) Dov’è la roba?
ADRIANO Di là, nell’armadio. Grazie.
ADRIANO Grazie.
ANGELA Che palle i maschi. (ESCE)
PAUSA
ADRIANO (RABBRIVIDISCE) Ma che è questa corrente?
GIULIO La porta. Anche a casa Angela la lascia sempre aperta. Dice che l’aria deve cambiarsi spesso. Vuoi che chiuda?
ADRIANO No. Magari viene qualcuno. (PAUSA) La ami?
GIULIO Secondo te?
ADRIANO Non lo so.
GIULIO Sì.
ADRIANO Sono contento.
GIULIO E tu?
ADRIANO No. Ma se le fai del male torno dall’aldilà e ti mangio il cuore.
GIULIO Hai paura?
ADRIANO Non sai quanta.
GIULIO Non devi. E’ un attimo.
ADRIANO Come lo sai? Sei mai morto?
GIULIO Una volta. Quando Angela è rimasta incinta.
ADRIANO Ti sei ripreso bene.
GIULIO Così.
ADRIANO Grazie di essere venuto.
GIULIO Figurati. Volevo conoscerti prima che te ne andassi.
ADRIANO Parlerete di me nelle lunghe serate d’inverno?
GIULIO Qualche volta. Prima spegneremo la televisione.
ADRIANO Molto gentile.
GIULIO Se non c’è un bel film.
ADRIANO Certo.
RIENTRA ANGELA. HA IN MANO IL VESTITO DA CLOWN, LA VALIGETTA DEL TRUCCO E UN PICCOLO SPECCHIO.
ANGELA Diamoci una mossa, che ho fame. Me lo faresti un panino?
GIULIO Mangiamo dopo, no?
ADRIANO Se vuoi in frigo c’è qualcosa.
ANGELA Grazie, ti ho fatto la spesa io. Amore mio, un bel panino col prosciutto cotto, ti prego.
GIULIO ESCE. ANGELA SI SIEDE DAVANTI AD ADRIANO. RIMANE UN ATTIMO FERMA, POI SCAPPA VIA.
ANGELA La pipì!
ENTRA MARIA.
MARIA Ciao.
ADRIANO (SI ALZA A FATICA A SEDERE, LA GUARDA A LUNGO) Ciao.
MARIA Ti ho spaventato? La porta era aperta...
ADRIANO Sicura?
MARIA Certo, perché?
ADRIANO Ho delle allucinazioni. Non sei… anche tu…
MARIA E’ importante?
ADRIANO Non lo so. Forse sì. Vogliamo discuterne? Mi piacerebbe se dopo tutti questi anni che mi sei mancata come l’aria ti sedessi sul letto e discutessimo serenamente, tranquillamente, se tu sei un’allucinazione o no.
MARIA (SI SIEDE SUL LETTO) Come stai?
ADRIANO Bene. Perché sei tornata solo adesso?
MARIA Credevo che ora avessi bisogno di me.
ADRIANO Non ho mai smesso di avere bisogno di te.
MARIA E allora perché mi hai mandata via?
ADRIANO Sei stata tu ad andartene.
MARIA Ricordo ancora la tua faccia mentre mettevi la mia roba nella valigia, poi l’hai portata sul pianerottolo, e mi hai sbattuta fuori.
ADRIANO No, eri tu che piangevi e m’insultavi mentre preparavi la valigia. Mi dicevi… (SI FERMA)
MARIA Cosa?
ADRIANO Non me lo ricordo.
MARIA Sono rimasta a piangere davanti al portone per tutta la notte, sperando che mi venissi a cercare, oppure che uscissi a comprare le sigarette, e mi vedessi lì seduta e per pietà mi riprendessi con te. Anche solo per pietà, andava bene.
ADRIANO Non sono uscito.
MARIA No.
ADRIANO Non potevo uscire. Aspettavo che ci ripensassi. Che tornassi.
MARIA Per quanto?
ADRIANO Tre giorni. Perché ti avrei mandata via?
MARIA Qualcosa che ho detto.
ADRIANO Cosa?
MARIA Non me lo ricordo.
ADRIANO No, non vuoi dirmelo.
MARIA E’ lo stesso.
ADRIANO No che non è lo stesso. Come faccio a chiederti scusa se non so cosa ho sbagliato?
MARIA Ma è accaduto. Non siamo stati più insieme.
ADRIANO E ora rimarrai?
MARIA Non lo so.
ADRIANO Per favore.
MARIA Davvero, non lo so.
ADRIANO C’è un altro?
MARIA No.
ADRIANO Me lo diresti?
MARIA No.
ADRIANO (RIDE. MARIA SI AVVICINA PER BACIARLO. ADRIANO SI SCOSTA.) Devo avere un alito tremendo.
MARIA No.
ADRIANO Davvero?
MARIA Neanche lo sento.
ADRIANO Neanche lo senti. Come sei bella. (SI BACIANO.) Sali su di me. Per favore.
MARIA Stai zitto.
SI BACIANO DI NUOVO. A LUNGO.
SCENA 20 MUSICA: “QUE’ SERA’, QUE’ SERA’”, CHICO BUARQUE DE HOLLANDA. UNA STRADA QUALUNQUE. NOTTE.
UNA PROSTITUTA SLAVA ASPETTA. CLAUDIO SI AVVICINA, LE CHIEDE QUALCOSA, LA DONNA FA “CINQUE” CON LA MANO, CLAUDIO ANNUISCE, SI GUARDA INTORNO, AFFERRA LA DONNA, LA GIRA, LE FA CADERE LA BORSA, LE ALZA LA MINIGONNA, LE TIRA GIU’ LE CALZE, LA PRENDE COSI’, APPOGGIATA CON LE MANI AL MURO. LA POSSIEDE VIOLENTEMENTE, DOPO POCO, VIENE. SI TIRA SU’ LA LAMPO DEI PANTALONI, CONTA CINQUE BIGLIETTI DA DIECI, LI DA’ ALLA PROSTITUTA . LA DONNA LO FISSA, MENTRE METTE VIA IL DENARO. ANCHE CLAUDIO LA GUARDA, A LUNGO. LE DA’ UNO SCHIAFFO, LEI CADE, CLAUDIO LE DA’ UN CALCIO. LA TRASCINA PER TERRA, INSULTANDOLA, MA LA MUSICA NON CI PERMETTE DI SENTIRE LE SUE PAROLE. LA LASCIA A LAMENTARSI SUL MARCIAPIEDE. SE NE VA. LA PROSTITUTA SI TOGLIE LA PARRUCCA. E’ CAROLINA.
SCENA 21 CASA DI ADRIANO.
MARIA E’ DISTESA ACCANTO A LUI.
ADRIANO Grazie. (PAUSA) Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie.
MARIA A te.
ADRIANO Mi terrai per mano quando starò per morire?
MARIA Potresti portarmi con te.
ADRIANO No.
MARIA Non vorresti che morissimo insieme?
ADRIANO No. Tu sei viva. Sei bella. Resta qui e cerca di ricordarti cosa ti ho detto per mandarti via.
MARIA Sono io che me ne sono andata.
ADRIANO Davvero?
MARIA Sì.
ADRIANO Perché?
MARIA Ma sono tornata.
ADRIANO Già. (PAUSA. RICORDA.) Non ho bisogno di te.
MARIA Sì.
ADRIANO Ti ho detto così.
MARIA Sì.
ADRIANO Ti ho mandata via.
MARIA Sì.
ADRIANO Scusami.
MARIA Sono qui, adesso.
ADRIANO Scusami. Non era vero.
MARIA Lo so.
ADRIANO Non era vero, non era vero.
MARIA Lo so, amore, lo so.
ADRIANO Amore. Come lo dici bene. Senza dargli peso. Anch’io non vorrei aver peso.
MARIA Dormi, adesso.
ADRIANO Sì, sono stanco.
MARIA Troppe emozioni.
ADRIANO Tutte. (RIDONO) Non te ne andrai?
MARIA Aspetto che ti svegli.
ADRIANO Non te ne andrai più, voglio dire?
MARIA SCENDE DAL LETTO, SI GUARDANO. MARIA SCOMPARE, LA LUCE RESTA SU ADRIANO.
ADRIANO Ti amo.
APPARE IL GUINNESS DEI PRIMATI. È UN UOMO CON UN COMPLETO SCURO E UNA CARTELLA SOTTO IL BRACCIO, DA CUI, DURANTE LA SCENA, ESTRARRÀ DEI FOGLI.
GUINNESS Buonasera. Le ruberò solo un minuto.
ADRIANO E’ finita, vero?
GUINNESS Più o meno. Sono il Guinness dei primati.
ADRIANO Decisamente un’allucinazione.
GUINNESS Decisamente. Per lei cambia qualcosa?
ADRIANO No. Sono abituato.
GUINNESS Ne sono lieto. Se l’avessi infastidita, avrei dovuto sparire, ed è sempre piuttosto seccante.
ADRIANO L’immagino.
GUINNESS Odio quando la luce si spegne. Mi sembra di…
ADRIANO Morire.
GUINNESS Esatto. Dovrò farlo, immagino, ma ogni cosa a suo tempo. Sono qui per fornirle qualche dato.
ADRIANO La prego.
GUINNESS (INDICA IL VESTITO DA CLOWN E LA VALIGETTA DEL TRUCCO) E per aiutarla a vestirsi e a truccarsi.
ADRIANO Dovrà fare tutto da solo. Non posso alzarmi.
GUINNESS Certo che può. Provi.
ADRIANO PROVA AD ALZARSI E, CON SUA GRANDE SORPRESA, CI RIESCE. POI CROLLA A SEDERE SUL LETTO.
ADRIANO Allora è proprio finita.
GUINNESS Non ancora.
IL GUINNESS DEI PRIMATI LO FA ALZARE IN PIEDI E LO AIUTA A VESTIRSI, CONTINUANDO A PARLARE.
GUINNESS I dati, dicevamo. La distanza raggiunta nel campionato mondiale di lancio di sputi è stata di metri 6 e 41. George Craft. La massima altezza di un essere umano in equilibrio su un filo si deve ad Alfred Traber, 158 metri. Il fidanzamento più lungo fu quello di Octavio Guillen e Adriana Martinez, e durò 82 anni. Si sposarono a Città del Messico. Lui morì il giorno dopo. (ADRIANO RIDE. IL GUINNESS HA FINITO DI VESTIRLO) Si segga.
ADRIANO SI SIEDE SUL BORDO DEL LETTO. IL GUINNESS PORTA UNA SEDIA DAVANTI A LUI. MENTRE LO TRUCCA DA CLOWN, CONTINUA A PARLARE.
GUINNESS Nella nostra galassia ci sono centomila ammassi globulari. In ognuno di essi e nell’ammasso globulare dov’è il nostro sistema solare, la Via Lattea, ci sono 300 miliardi di stelle. Nell’universo c’è un altro milione di galassie. Questo porta il totale delle stelle attive a 3 seguito da 22 zeri. Il Sole è una di esse. L’universo stesso ha un’età approssimativa di 25 miliardi di anni. Lei quanti anni ha?
ADRIANO 45.
GUINNESS Durante la Shoà furono mandati a morte dai nazisti 6 milioni di ebrei, più un altro milione e mezzo fra zingari, omosessuali e oppositori del regime di varie nazionalità. Delle sette meraviglie del mondo antico ne rimane solo una, le Grandi Piramidi. Il poema più corto mai pubblicato è Blod, di Aram Esso. Consta di una sola parola: Blod. La massima altitudine raggiunta da un aquilone è di 9740 metri, a Linberg, Germania. L’esercito più piccolo è quello della Repubblica di San Marino, 11 uomini. Poi, c’è il mio primato preferito: il più lungo viaggio compiuto da un messaggio affidato a una bottiglia è di 40250 chilometri, dall’Oceano Pacifico all’isola di Sylt nel Mare del Nord, dove arrivò il 3 dicembre 1968. La bottiglia era stata gettata in mare il 2 maggio 1947, 21 anni prima. Sul sottile e ingiallito foglio di carta contenuto nella bottiglia c’era scritto…
IL GUINNESS SMETTE DI TRUCCARE ADRIANO. RICHIUDE LA VALIGETTA, RIMANENDO CON LA MATITA IN MANO.
ADRIANO Sì?
GUINNESS Facevo una pausa drammatica.
ADRIANO Bravo. Continui.
GUINNESS C’era scritto: “Durante ogni atto d’amore umano, migliaia di milioni di spermatozoi lottano per lo stesso uovo. Moltiplicando queste probabilità contrarie per le probabilità che i nostri antenati siano vivi al momento del rapporto, s’incontrino, e che fra tutti quei miliardi di bambini potenziali nasca e si sviluppi esattamente quel bambino, quella bambina, noi, distillare una forma così specifica da un simile caos, ha la stessa probabilità, da un punto di vista statistico, della trasformazione dell’aria in oro, avvenimento possibile, ma talmente improbabile da essere, di fatto, incredibile. Possiamo definire quindi il fenomeno della nascita di ognuno di noi, per le forze che vi sono coinvolte, un… miracolo termodinamico.”
ADRIANO Un miracolo termodinamico.
GUINNESS Non è finito. “… Ma il mondo è così pieno di persone, così affollato di questi miracoli, che diventano comuni, e ce ne dimentichiamo. Osserviamo di continuo il nostro pianeta ed esso diventa, ai nostri occhi, opaco. Eppure, se lo guardiamo con attenzione, può farci mancare il respiro, come se non l’avessimo mai visto.” E’ quasi finita, Adriano.
ADRIANO Farà male?
GUINNESS Non più di nascere.
ADRIANO RIMANE SEDUTO SUL LETTO. IL GUINNESS POSA LA MATITA ACCANTO A LUI, SI ALZA, RACCOGLIE LA SUA CARTELLA E SI METTE DA PARTE. COMPAIONO ANGELA E GIULIO, LA RAGAZZA PRENDE IN MANO LA MATITA DAL LETTO, SI SIEDE SULLA SEDIA PRIMA OCCUPATA DAL GUINNESS. ADRIANO FA UN GESTO DI SALUTO CON LA MANO.
ANGELA Ma chi saluti?
ADRIANO Te.
ANGELA (RIDE) Scemo.
IL GUINNESS RISPONDE AL SALUTO ED ESCE. CON LA MATITA, ANGELA DÀ UN ULTIMO RITOCCO AL VISO DI ADRIANO. SI ALZA E LO GUARDA.
ANGELA Ecco, finito. Ti vuoi vedere?
ADRIANO ANNUISCE. ANGELA PRENDE IL PICCOLO SPECCHIO, LO METTE DINANZI AD ADRIANO. CHE COMINCIA RIDERE, SEMPRE PIÙ FORTE. TOSSISCE, E INIZIA A RANTOLARE, SI AGGRAPPA AD ANGELA, CERCANDO INUTILMENTE DI RESPIRARE.
ANGELA Adriano! Stai male? Oddio, Adriano! Aiuto!
GIULIO SI PRECIPITA, PRENDE ANCHE LUI ADRIANO, MA L’UOMO SI DISTENDE DI COLPO FRA LE SUE BRACCIA. GIULIO LO POSA ADAGIO SUL LETTO. ANGELA COMINCIA A PIANGERE. GIULIO L’ABBRACCIA.
SCENA 22 SONO PASSATI VENT’ANNI. UNA CAMERA DA LETTO SIMILE A QUELLA DI ADRIANO. CLAUDIO È VECCHIO, CANUTO, DIMOSTRA MOLTI DI PIÙ DEI SUOI CINQUANT’ANNI. È DISTESO SUL LETTO. IL TOPO E L’ELEFANTE STANNO FINENDO IL LORO RACCONTO. IL TOPO È STANCO, L’ELEFANTE CERCA DI SPRONARLO.
TOPO …“Mario”, gli disse, “sono qui, ti aiuterò nella tua dipartita, ti dirò parole che ti consoleranno e ti renderanno più facile il trapasso”.
ELEFANTE Grazie, Gianni, sei tornato! disse l’elefante.
TOPO E il topo disse: “ Sì, sono tornato, e ti racconterò una storia edificante che ti permetterà di abbandonare questa valle di lacrime sereno e pronto per una nuova, grande avventura.”
ELEFANTE Daran daran daradarannn…
TOPO E l’elefante gli corse incontro per sentire le sue parole, ma…
ENTRA ADRIANO, CON DELLE VISTOSE ALI DA ANGELO DI PIUME E CARTAPESTA SUL VESTITO DA CLOWN.
ADRIANO Grazie, ci penso io.
TOPO Meno male, oggi non ce la faccio più.
ELEFANTE Sì, oggi sei strano.
TOPO Anche tu. Fai un chiasso…
ELEFANTE E’ per tirare su l’atmosfera. Sei così moscio.
TOPO Non ti permettere.
ELEFANTE Scusa. Ma che hai?
TOPO Non so, ho come la sensazione di ripetermi…
ELEFANTE Ma no, sei solo stanco.
ESCONO. ADRIANO RIMANE DAVANTI A CLAUDIO, IN PIEDI.
CLAUDIO Non ce la faccio più con queste allucinazioni.
ADRIANO Però sono anche divertenti, no?
CLAUDIO In dieci anni, non sono riusciti a eliminare gli stronzi effetti collaterali. L’altro giorno è apparso Gandhi… Parlava indiano, non ho capito un cazzo.
ADRIANO E Carolina, Maria? Non sono venute?
CLAUDIO Chi le ha più viste. Carolina è da qualche parte in Africa. Maria, non so. (PAUSA) Gentile a vestirti come al tuo funerale. Così sei più credibile. A parte le ali, dico.
ADRIANO Come va?
CLAUDIO Bene. Tu? In paradiso?
ADRIANO Da poco. Un po’ di purgatorio, prima.
CLAUDIO E com’è?
ADRIANO Mah, file per tutto. Per riprendere le ali in lavanderia, per ritirare l’aureola… Non sai come si sporcano.
CLAUDIO E che fate?
ADRIANO Adoriamo Dio. Un po’ noioso.
PAUSA
CLAUDIO Basta cazzate.
ADRIANO Va bene. Tu?
CLAUDIO Ho un figlio. Sedici anni. Non vedo lui e la madre da quindici.
ADRIANO Lo sanno che stai male?
CLAUDIO No. (PAUSA) Ho paura.
ADRIANO E’ normale.
CLAUDIO Ho paura lo stesso.
ADRIANO Non devi. (AVVICINA UN SEDIA AL LETTO. SI SIEDE, GLI PRENDE LA MANO.)
CLAUDIO Tanto non ti chiederò scusa. (PAUSA) Te la sei scopata o no?
ADRIANO Dentro una bottiglia c’era un messaggio.
CLAUDIO Lo so, quello degli spermatozoi e del miracolo termodinamico.
ADRIANO Te lo ricordi?
CLAUDIO Al liceo me lo raccontavi un giorno sì e uno no. L’avevi trovato su quel libro, come si chiama…
ADRIANO Il Guinness dei primati.
CLAUDIO Eh. (PAUSA) Raccontamelo un’altra volta, tanto…
ADRIANO E’ bello.
CLAUDIO Racconta e basta, cazzo.
DURANTE IL SEGUITO DELLA SCENA INIZIERÀ UNA CANZONE, “BOTH SIDES OF LOVE, NOW”, JONI MITCHELL, CHE LENTAMENTE COPRIRÀ LE BATTUTE.
ADRIANO Durante ogni atto d’amore umano, migliaia di milioni di spermatozoi lottano per lo stesso uovo. Moltiplicando queste probabilità contrarie per le probabilità che i nostri antenati siano vivi al momento del rapporto, s’incontrino, e che fra tutti quei miliardi di bambini potenziali nasca e si sviluppi esattamente quel bambino, quella bambina, noi, distillare una forma così specifica da un simile caos ha la stessa probabilità, da un punto di vista statistico, della trasformazione dell’aria in oro, avvenimento possibile, ma talmente improbabile da essere, di fatto, incredibile. Possiamo definire quindi il fenomeno della nascita di ognuno di noi, per le forze che vi sono coinvolte, un…
CLAUDIO … un miracolo termodinamico. Che palle.
ADRIANO Ma il mondo è così pieno di persone, così affollato di questi miracoli, che diventano comuni, e ce ne dimentichiamo. Osserviamo continuamente il nostro pianeta ed esso diventa, ai nostri occhi, opaco. Eppure, se lo guardiamo con attenzione…
FINE