INCONTRO AL CARROBBIO

2 parti e 4 quadri
di

Alfredo Balducci


[Testo tutelato dalla Società Italiana degli Autori e degli Editori (S.I.A.E.)]

Breve sinossi:
E’ possibile impadronirsi di un personaggio della storia e farlo proprio, vivergli assieme, entrargli dentro? O non è meglio, forse, creare il proprio personaggio e tirare avanti con lui, rassegnandosi alla sua modestia e alle sue limitazioni? Sullo sfondo ci sono i piani avventurosi di un professore di storia-Napoleone Bonaparte, dello Zar Alessandro I-aiuto fornaio e di Proserpina, una devota di San Giorgio.

Durata: due tempi
Genere: comico-ironico
4 personaggi: (2 uomini e 2 donne)
Rappresentata da “Compagnia del Teatro Milanese – Regìa di Carlo Montini – 1981

Ha scritto Odoardo Bertani su "Avvenire":
“E’ una commedia scritta su un delicato filone ironico-lirico.”

PERSONAGGI

Mario
Laura
Proserpina
Alessandro



LA SCENA

Il tinello di un modesto appartamento. Al centro la porta d’ingresso, a sinistra la porta di comunicazione con le altre stanze. A destra la finestra.








PARTE PRIMA



I QUADRO

La scena è in penombra. Si odono le mandate di una chiave, poi entra Mario dalla porta centrale; ha una valigia che depone prima di andare ad aprire la finestra, illuminando la scena. Subito dopo Mario ritorna in punta di piedi alla porta centrale, mette l’orecchio al legno, guarda nell’occhio–spia, poi apre di scatto la porta. Al di là c’è una giovane donna china in avanti, come intenta a origliare. La donna che era appoggiata alla porta perde l’equilibrio e rischia di cadere.

MARIO – Attenta!... (SORREGGE LA DONNA)... potrebbe farsi male...
LAURA – ... mi scusi... ero appoggiata e...
MARIO – Si calmi: non è successo nulla.
LAURA – (IMBARAZZATA)... io non credevo... non volevo... mi scusi...
MARIO – E di che? si accomodi... giacché è entrata.
LAURA – Io non volevo, le assicuro...
MARIO – Che importanza ha ora che è qui? si accomodi.
LAURA – Un attimo solo... (SIEDE)... tanto per spiegare.
MARIO – Non c’è fretta.
LAURA – Immagino quello che avrà pensato nel trovarmi in quella... posizione.
MARIO – Che cosa ho pensato?
LAURA – Che io stessi ascoltando.
MARIO – Ascoltare chi? Qui non parlava nessuno.
LAURA – Appunto.
MARIO – Oh,bella! C’è chi guarda senza vedere, ma ascoltare chi non parla mi sembra ancora più difficile. Complimenti.
LAURA – Io mi ero chinata perché...
MARIO – ... le era caduto un oggetto: una spilla, un bottone, un biglietto, un orecchino, una penna...
LAURA – No...
MARIO – Ho capito: un esercizio ginnico. Flessione del busto in avanti.
LAURA – Non mi prenda in giro.
MARIO – Faccio solo delle ipotesi. Lei si interessa di insetti? Potrebbe averne visto uno uscire da qualche buchetto... queste vecchie case sono piene di insetti.
LAURA – Io stavo solo leggendo il nome sulla targhetta accanto alla porta.
MARIO – Eccola la spiegazione! Non ci avevo ancora pensato, eppure era così facile da trovare!... complimenti.
LAURA – Perché leggevo un nome su una targhetta?
MARIO – Lei stava cercando un nome... di una sua amica, magari...
LAURA – Appunto.
MARIO – Ci siamo arrivati! Ha visto? ... cercava un’amica e invece ha sbagliato piano, o palazzo...
LAURA – E’ così.
MARIO – Brava! Sembra perfetto. Quasi un capolavoro di verosimiglianza.
LAURA – Lei non mi crede, dunque?!
MARIO – E perché no? Una spiegazione valida deve essere verosimile prima di tutto. La verità, quando non è verosimile, è spinosa, scomoda, difficile a farsi accettare.
LAURA – Ma io voglio essere vera.
MARIO – Allora perfezioni la sua spiegazione, crei il suo capolavoro: dica che stava cercando lo studio di un avvocato... ce n’è uno al piano di sopra.
LAURA – Ma io non cercavo nessun avvocato.
MARIO – Peccato! Sarebbe stato perfetto. Però, se vuole, può ancora cambiare.
LAURA – Lei non mi crede, vero?
MARIO – Al contrario. Sono pronto ad accettare ogni sua versione.
LAURA – Cioè, a non accettarne nessuna.
MARIO – Ma se cerco di aiutarla a scegliere la più verosimile?
LAURA – E perché non la vera?
MARIO – Perché la verità è chiusa dentro di noi, riservata, pudica. Non si espongono facilmente le proprie nudità.
LAURA – Ora che mi ha dato della bugiarda posso anche andarmene.
MARIO – Io ho solo rilevato la sua riservatezza. Però, nonostante i suoi sforzi, qualcosa appare alla luce del sole.
LAURA – Che cosa, per esempio?
MARIO – La sua determinazione a trovarsi qui.
LAURA – Lei pensa che non mi trovo qui per caso?
MARIO – Proprio no.
LAURA – E quale sarebbe il mio scopo?
MARIO – E’ da stamani che me lo domando. Da quando ci siamo incontrati alla stazione.
LAURA – Alla stazione?!...
MARIO – Ha dimenticato il nostro incontro di stamani?
LAURA – Non c’è stato nessun incontro.
MARIO – Stamani lei non era alla stazione centrale?
LAURA – ... beh, sì... c’ero. E se c’era anche lei, si è trattato di una coincidenza.
MARIO – Comunque è stato lì che ci siamo visti.
LAURA – Io non mi ricordo di lei.
MARIO – Ricorderà però che siamo saliti sullo stesso tram... anzi, che lei è salita sul mio tram.
LAURA – Io sono salita su un tram... e se è salito anche lei, si è trattato...
MARIO – ... di un’altra coincidenza.
LAURA – Naturale.
MARIO – E quando lei è scesa alla mia stessa fermata?
LAURA – Insomma, lei pensa che io l’abbia seguita?
MARIO – Direi proprio di sì.
LAURA – E per quale ragione, scusi?
MARIO – E’ una domanda difficile. Non può darmi una mano?
LAURA – Un colpo di fulmine... mi sono innamorata di lei?
MARIO – Questo mi sembra poco probabile.
LAURA – Allora, una faccenda di spionaggio... uno scambio di persona?
MARIO – Lei cosa dice?
LAURA – Dico che non è il caso di lavorare troppo di fantasia. Mi spiace deluderla, signor Randi, ma una somma di coincidenze... di curiose, quasi incredibili coincidenze...
MARIO – ... Ha detto, signor Randi?
LAURA – E’ il suo nome, no?... l’ho letto sulla targhetta accanto alla porta... 
MARIO – Sa che cosa c’è scritto su quella targhetta? “luce scale”. (UNA PAUSA, POI, LENTAMENTE)... vuole adesso suggerirmi il modo di interpretare questi fatti, per raggiungere una spiegazione più verosimigliante?
LAURA – Sono stata una sciocca, mi perdoni... avrei dovuto dirle tutto prima...
MARIO – Non c’era alcuna fretta.
LAURA – Cercavo di salvare qualcosa, e invece ho sciupato tutto, definitivamente.
MARIO – Non ne faccia un dramma.
LAURA – Non mi sono mai vergognata tanto.
MARIO – Il gioco non è riuscito: tutto qui.
LAURA – Non era un gioco il mio. Mi chiamo Laura Belli e sono un’assistente sociale.
MARIO – Un’assistente...? Ho capito... la sorveglianza che continua.!
LAURA – Solo un certo interessamento per il suo ritorno tranquillo in mezzo agli altri. Avrei dovuto agire con discrezione: lei non doveva accorgersi di nulla.
MARIO – Infatti, che lei fosse un’assistente sociale non me n’ero accorto.
LAURA – Mi dispiace per quello che è avvenuto.
MARIO – Non ne parliamo più. Scriva pure sul suo rapporto che tutto è andato come previsto. Al manicomio non verranno mai a sapere di quello che è accaduto.
LAURA – Dopo la legge 180 il manicomio non esiste più, signor Randi.
MARIO – L’ufficio da cui dipende, i suoi superiori non verranno mai a saperlo.
LAURA – La ringrazio, ma dovrò fare un rapporto preciso.
MARIO – Lo ritiene proprio necessario?
LAURA – Certo. Il suo spirito di osservazione, il suo modo di ragionare testimoniano sul suo ritrovato stato di salute... tanto che non so se... (STA PER ESTRARRE QUALCOSA DA UNA BUSTA DI CUOIO CHE HA SOTTO IL BRACCIO, MA ESITA)
MARIO – Non sa che cosa?
LAURA – (TIRANDO FUORI ALCUNE FIGURE GEOMETRICHE RITAGLIATE NEL CARTONE)... se questa roba che ha lasciato all’Istituto le interessa ancora.
MARIO – Le mie figure geometriche! Me le sono costruite con le mie mani, ad una, ad una, sa?...
LAURA – (PORGENDO I CARTONI) E’ un ricordo... capisco, signor Randi.
MARIO – Lei continua a chiamarmi, signor Randi, e non come mi chiamavano tutti in manicomio.
LAURA – Dovrei chiamarla... Pitagora?
MARIO – Ma forse lei mi considera guarito, e allora...
LAURA – Riconoscere di essere stato ammalato è segno evidente di guarigione avvenuta.
MARIO – Ma è poi una malattia credersi un altro? Non è pieno il mondo di gente in abiti che non appartengono a loro?
LAURA – Sciocchi convinti di essere intelligenti, insignificanti che si credono irresistibili...
MARIO – Bravissima!
LAURA – Non è proprio il caso di parlare di malattia, signor... (SI ARRESTA)
MARIO – Randi... o Pitagora?
LAURA – Decida lei.
MARIO – La verità dentro di me, quale crede che sia?
LAURA – (CON GLI ULTIMI CARTONI IN MANO) Dove li mettiamo? (GLIENE CADE UNO)
MARIO – (PRECIPITANDOSI A RACCOGLIERLO) Attenta!... (ACCAREZZA UNA TAVOLA PITAGORICA) ... la mia scoperta... merita un certo rispetto, no?!
LAURA – (INTERDETTA) Mi scusi...
MARIO – ... la tavola pitagorica... non è una grande scoperta?
LAURA – (ANCORA INDECISA)... Certo!... l’umanità gliene sarà sempre riconoscente...
MARIO – Esclusi i ragazzi delle elementari.
LAURA – Le piace scherzare, signor... Pitagora.
MARIO – Ha scelto finalmente come chiamarmi!
LAURA – Mi pare ce sia stato lei a scegliere.
MARIO – (ESAMINANDO I CARTONI) Cosa dice, devo continuare i miei studi?
LAURA – Io direi di sì.
MARIO – Ho in ballo quel teorema che...
LAURA – Il mondo intero lo sta aspettando.
MARIO – Davvero?... (HA IN MANO LA SAGOMA DI UN TRIANGOLO RETTANGOLO E NE INDICA I LATI)... e pensi un po’ che strano!... proprio l’altro giorno m’è venuto in mente che, in un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti.
LAURA – C’è arrivato, finalmente... ce l’ha fatta! Ah,signor Pitagora, lei non sa quale contributo ha dato al progresso della scienza!
MARIO – Ma come, lo conosceva già?! E come fa se sono stato io a scoprirlo?!
LAURA – E non è stato lei a enunciarmelo?
MARIO – E senza bisogno di dimostrazioni, lei sa già che darà un contributo...
LAURA – Dimostrare che cosa? Da lei si accetta tutto senza discutere... e poiché è stato lei a farla, so già che si tratta di una scoperta fondamentale.
MARIO – (RIDACCHIA) Ho giocato un po’. Mi scusi. Adesso mi chiami pure Randi o Mario... Pitagora, purtroppo, è uscito di scena all’incirca 2400 anni fa.
LAURA – Quando se n’è reso conto?
MARIO – L’ho sempre saputo. Ora è venuto il momento di abbandonarlo, povero Pitagora. E mi dispiace, sa... stavamo bene insieme.
LAURA – Ma come... per tre anni all’Istituto non ha fatto che simulare?!... tre anni di simulazione... perché?
MARIO – Dovevo pur proteggerlo, l’altro.
LAURA – Quale “altro”?
MARIO – Il vero personaggio che c’è dentro di me.
LAURA – Proteggerlo?... e da chi?
MARIO – Le ho già detto molto sul mio conto, forse anche troppo.
LAURA – Eh, no, signor Randi, lei non può lasciarmi così!
MARIO – Le è mai capitato di trovarsi in un ambiente affollato... in tram, magari... di stare leggendo una lettera, mettiamo... e di accorgersi che alle sue spalle qualcuno sta sbirciando. Cosa fa in quel caso?
LAURA – Chiudo la lettera e me la metto in tasca.
MARIO – Proprio quello che ho fatto io. Soltanto che non potevo restare senza nulla in mano.
LAURA – E ha preso Pitagora.
MARIO – Appunto.
LAURA – Ma chi sbirciava alle sue spalle non era un curioso qualsiasi, ma un medico che agiva per il suo bene.
MARIO – Per il mio o per il suo di bene?
LAURA – Che cosa vuol dire?
MARIO – Voleva farmi capire che non ero Pitagora, o convincere se stesso che non potevo esserlo?
LAURA – Pensa che potesse avere quel dubbio?
MARIO – Se l’immagina un sospetto del genere in mezzo alle proprie certezze?
LAURA – Avrebbe dovuto essere un... (SI ARRESTA ALL’IMPROVVISO)
MARIO – ... pazzo?... non necessariamente.
LAURA – Ma come potrebbe un sano di mente pensare che...?
MARIO – Una donna, anche se sa di essere bella, ha piacere di sentirselo continuamente ripetere, di leggerlo negli occhi di chi le sta intorno. C’è sempre bisogno di una conferma.
LAURA – Lei dice che...?
MARIO – Si cercano sempre nuove testimonianze a favore delle proprie convinzioni.
LAURA – Lei è molto sicuro delle sue idee.
MARIO – Cerco anch’io in ogni momento di confermare la loro validità.
LAURA – Non mi ha ancora detto, però, perché ha vestito per tre anni i panni di Pitagora.
MARIO – Perché la matematica mi ha sempre affascinato. Un segnetto quasi impercettibile può aumentarti, diminuirti, moltiplicarti, dividerti... uno zero, un nulla, può assumere importanza fondamentale... e un trattino così, che ti toglie addirittura dalla luce del sole e ti spinge sotto la crosta terrestre a conquistare livelli sempre più bassi... che meraviglia! Ci sono le ipotesi, gli assurdi, le proiezioni, le misurazioni dell’infinito e del meno del nulla... ascisse e ordinate che s’incrociano fra le galassie e che scendono al centro della terra...
LAURA – Ma perché proprio Pitagora?
MARIO – Perché di lui si sa molto poco e non c’è pericolo di essere contraddetti. Sa qual’è stata la cosa più difficile? Il linguaggio.
LAURA – Già! come faceva con il greco?
MARIO – Si dice che Pitagora sia nato a Samo, ma non c’è niente di sicuro. Lo ritroviamo nelle colonie di Crotone e di Metaponto, ma avrebbe potuto anche far parte della popolazione autoctona, no?
LAURA – Una sua teoria personale?
MARIO – Appunto. Così cercavo di parlare con accento calabro–pugliese. E questa è stata la cosa più difficile.
LAURA – E i tre anni passati all’Istituto?
MARIO – Mi avrebbero dimesso se avessi abbandonato Pitagora?
LAURA – Senza dubbio.
MARIO – E si sarebbero accontentati di trovare un Mario Randi qualsiasi?
LAURA – Perché no.
MARIO – O non avrebbero continuato a scavare, a rovesciarmi in ogni senso.
LAURA – Per cercare che cosa?
MARIO – Magari un pericoloso criminale che, per sfuggire alla giustizia, s’è rifugiato in un manicomio... un’ipotesi affascinante, no? (VEDENDO CHE LAURA S’E’ ALZATA) Vuole andar via?
LAURA – Si tenga pure il suo segreto: non voglio aver l’aria anch’io di una che sbircia... e in questo campo, come ha visto, non ci so proprio fare. (SI AVVIA VERSO L’USCITA)
MARIO – Mi abbandona al mio destino?
LAURA – Continuerò a occuparmi di lei, ma questa volta da lontano. Arrivederci, signor Randi. (ESCE)
MARIO – (SULLA PORTA) Arrivederci... (RITORNA AL CENTRO ED ESAMINA ANCORA LE SAGOME DI CARTONE)... povero Pitagora!... grande e mite filosofo... mi hai salvato, lo sai?... mi vedevano assorto nello studio del tuo teorema... non sospettavano che... ce l’ho fatta!... (SI OSSERVA IN UNO SPECCHIO APPESO ALLA PARETE) ... nessuno mi ha riconosciuto... nessuno ha avuto il minimo dubbio... grazie, Pitagora!... ora potrei anche... ma sì, perché no?... con prudenza, però, finché tutto non è pronto... (CORRE A DARE IL CATENACCIO ALLA PORTA, GUARDA DALLO SPIONCINO, VA AD AGGIUSTARE LE TENDINE DELLA FINESTRA PER CHIUDERE OGNI SPIRAGLIO)... verrà pure il momento di mostrarsi alla luce del sole!... per ora devo accontentarmi di mostrarmi a me stesso... (SPARISCE OLTRE LA PORTA DI SINISTRA. SI ODE LA SUA VOCE DALL’ALTRA STANZA) ... qui è tutto come l’avevo lasciato... fa piacere ritrovare i propri abiti dopo tre anni... è come ritrovare una parte di te stesso... lo so che l’abito non conta, ma come fai a sentirti a posto, ad avere la disinvoltura necessaria?... che?... non mi sta più?!... sono ingrassato?... no, non passa perché c’è il collo abbottonato... ecco, è persino largo... e come avrei fatto a ingrassare con la cucina del manicomio?... ah! così va bene!... si ricomincia a respirare, finalmente!... sì, è vero: forse l’abito non fa il monaco... ma Napoleone Bonaparte, sì!... (RITORNA IN SCENA CON STIVALONI, GIACCA E FELUCA ALLA NAPOLEONE. CORRE A PAVONEGGIARSI ALLO SPECCHIO, POI MISURA LA STANZA CON LUNGHI PASSI)... ce l’hai fatta, generale!... te l’immagini che faccia faranno gli austriaci e i prussiani quando sapranno?... e lo sgomento degli inglesi... e l’entusiasmo dei francesi?!... calma, adesso... non posso rischiare di sciupare tutto con la fretta: il passo giusto nel momento giusto... ho il mio piano da attuare, quello che ho studiato in questi anni... tutto qui, in testa, chiaro come una giornata di sole... ed ora, al lavoro! (TIRA FUORI DA UN CASSETTO L’OCCORRENTE PER SCRIVERE E SIEDE AL TAVOLO. LEGGENDO QUELLO CHE SCRIVE) “... al generale Vincent D’Alembert... palazzo D’Alembert... Parigi... Vincent, amico carissimo, fratello d’armi... sono il vostro generale!... l’episodio di Sant’Elena è chiuso... mi trovo in Italia, a Milano, nascosto sotto un nome e un indirizzo che leggerete sul retro di questa lettera... Ardo dal desiderio di rivedervi, di avere notizie di voi, di esporvi il piano che ho lungamente meditato. A presto, dunque... aspetto subito una vostra lettera con la data del vostro arrivo... vi abbraccio...” (CHIUDE LA BUSTA E INCOMINCIA UN’ALTRA LETTERA) “... maresciallo dell’impero Pierre Martin Roquefort...” (UN PO’ PENSIEROSO)... e questa dove la mando, all’abitazione di sua moglie a Parigi, o a casa della sua amichetta a Lione?... la manderò all’indirizzo militare... “maresciallo dell’impero Pierre Martin Roquefort... armata d’Italia... Francia... Fedele, valoroso amico... il generale non ha dimenticato le vostre coraggiose decisioni nelle gloriose giornate di Jena e di Wagram... ed è proprio lui che vi scrive, dopo il lungo esilio di Sant’Elena... Il destino ci chiama a nuove vittorie, mio valoroso...”

B U I O

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II QUADRO

Mario, vestito normalmente, è seduto al tavolo e sta esaminando una carta geografica. Bussano alla porta; Mario guarda dalla spia, poi apre. Sulla soglia c’è Proserpina.

MARIO – Avanti, signora...
PROSERPINA – E’ permesso?
MARIO – Ma sì, avanti!
PROSERPINA – Posso?... (ENTRA UNA DONNA SORRIDENTE DI MEZZA ETA’, VESTITA CON UN CURIOSO ABITO DI STILE INDEFINIBILE E UN CAPPELLO STRAVAGANTE)... lei è il signor Randi?
MARIO – Sì... si accomodi pure... (MENTRE LA DONNA OSSERVA LA STANZA)... la ringrazio molto, signora, per avere accettato il mio invito ed essere venuta da me.
PROSERPINA – Lei abita qui da molto tempo?
MARIO – Da un certo tempo... perché?
PROSERPINA – Non sa chi abitava qui prima di lei?
MARIO – No, non ricordo... e forse non l’ho neanche mai saputo.
PROSERPINA – Di Beatrice, la grande sarta del Carrobbio, ha mai sentito parlare?
MARIO – No, non credo.
PROSERPINA – Sembra proprio il suo appartamento, questo... solo che la porta d’ingresso era più grande... là c’erano degli scalini... poi un’arcata e tre porte... la stanza però era più spaziosa... con una vetrata al posto di questa parete...
MARIO – Un appartamento eguale a questo, insomma! E questa Beatrice era la sua sarta?
PROSERPINA – Oh, no... io allora ero una bambina e di sarte non ne avevo bisogno. E anche oggi, del resto, mi affido al mio gusto personale... (ESEGUE UN MEZZO GIRO PER MOSTRARE IL SUO ABITO)
MARIO – Purtroppo, non mi intendo di moda. Non vuole accomodarsi?
PROSERPINA – Grazie... (SIEDE)... e così, lei è il misterioso signor Randi.
MARIO – Misterioso, perché?
PROSERPINA – Uno che non esce mai di casa, che non riceve visite...
MARIO – Ah, si parla di me in giro?
PROSERPINA – La gente osserva chi vuol passare inosservato.
MARIO – E che cosa dicono di me?
PROSERPINA – Pettegolezzi... si figuri che qualcuno dice di averlo sentito parlare ai soldati... Come se questa fosse una caserma!
MARIO – E non dicono altro?
PROSERPINA – Sa, io non do retta alle chiacchiere... preferisco accertarmi di persona.
MARIO – Allora lei sarebbe qui per indagare?
PROSERPINA – Beh, un po’ di curiosità c’è stata, specialmente in principio, quando la portinaia dello stabile mi ha detto che un certo signor Randi aveva bisogno di me... ma poi ho pensato che potevo esserle utile... e quando si può fare un piacere...
MARIO – Grazie, signora Proserpina, io conoscevo il suo carattere e contavo proprio su quello.
PROSERPINA – Lei conosceva il mio carattere?
MARIO – Certo. Anche di lei si parla nel quartiere. Io so parecchie cose di lei.
PROSERPINA – Che cosa?
MARIO – So che vive con una sorella, che ha perso il marito durante l’ultima guerra, e che suo marito lavorava sotto terra.
PROSERPINA – Era un ispettore della rete fognaria.
MARIO – Rete di cui anche lei ha una grande conoscenza.
PROSERPINA – Si capisce. Pensi che, durante la guerra, ho vissuto là sotto con mio marito. Le fognature erano il nostro rifugio contro le bombe. Il naso fuori lo mettevamo il meno possibile; qualunque spostamento da una strada all’altra lo facevamo là sotto.
MARIO – Mi tolga una curiosità: come facevate d’inverno, con il freddo?
PROSERPINA – Avevamo trovato un posticino proprio sotto il forno di una pasticceria.
MARIO – E d’estate?
PROSERPINA – Spostavamo le brande di qualche metro, ed eravamo sotto il banco dei gelati.
MARIO – Una sistemazione ideale!
PROSERPINA – Finché la pasticceria è rimasta in piedi.
MARIO – E’ stato allora che suo marito...?
PROSERPINA – Appunto.
MARIO – E cos’ha fatto lei, dopo?
PROSERPINA – Sono tornata in superficie... mia sorella ha voluto che andassi a vivere con lei.
MARIO – E non è più scesa nelle fogne?
PROSERPINA – Vuole che abbia dimenticato i luoghi dove sono stata con mio marito?... e poi gli amici fognaioli... io conosco tutti là sotto.
MARIO – Molto interessante.
PROSERPINA – E’ la prima persona che me lo dice. Lei è davvero un tipo particolare... quando la portinaia dello stabile... (RICORDA QUALCOSA)... a proposito, ho qualcosa per lei... (TIRA FUORI UN PACCO DI LETTERE DALLA BORSA)... me le ha date la portinaia.
MARIO – Per me?
PROSERPINA – Sì, è la sua posta... già che venivo su, le ho risparmiato le scale.
MARIO – Ma sono le lettere che ho spedito io... respinte!... (LEGGENDO)... sconosciuto... sconosciuto... via inesistente... sconosciuto... ma come, il generale Morin sconosciuto?!... ma se lo conoscono tutti a Parigi!... località inesistente... sconosciuto... anche questa è tornata, questa del maresciallo Roquefort... ma se l’avevo spedita al comando della sua armata!... ah, c’è una nota del ministero della difesa... “unità soppressa da oltre un secolo e mezzo”... ma com’è possibile... soppressa l’armata d’Italia?!... sconosciuto... numero civico inesistente... via sconosciuta... ah, qui c’è una nota del postino: “trasferito al Museo degli Invalidi”... oh, questa poi!... e qui ce n’è un’altra: “recapito impossibile perché il destinatario è deceduto nel 1831”... beh, e che cosa vuol dire?... io sono deceduto nel 1821, eppure eccomi qui... come fa a non esserci più lui che è morto dieci anni dopo di me?!... (GETTA LE LETTERE SUL TAVOLO E TAMBURELLA CON LE DITA SUL PIANO; PENSIEROSO)
PROSERPINA – Cattive notizie?
MARIO – Né buone, né cattive: nessuna notizia, gli amici non rispondono.
PROSERPINA – Sugli amici è bene non fare troppo conto.
MARIO – Non si fanno vivi... con la scusa di essere morti.
PROSERPINA – Questa scusa, proprio, non l’avevo mai sentita... ma quando c’è bisogno, è bene stare alla larga dagli amici.
MARIO – Ha detto una cosa giusta. Sa cosa faccio? (RACCOGLIE LE LETTERE E LE CHIUDE IN UN CASSETTO) Me la caverò da solo... se lei mi darà una mano, signora Proserpina.
PROSERPINA – Risparmi pure la prosa e mi chiami soltanto Pina.
MARIO – Proserpina è un bellissimo nome. Sa chi era?
PROSERPINA – E come no? Era quella che vendeva il pesce al mercato di Porta Genova.
MARIO – Proserpina era la figlia di Giove che portava agli uomini la buona stagione.
PROSERPINA – Ma chi è lei, un professore?
MARIO – Non si ricorda di me?
PROSERPINA – (PENSANDO)... Randi... Randi... il nome non mi dice nulla.
MARIO – Mi guardi bene in faccia.
PROSERPINA – Per dire la verità, la faccia non mi è nuova.
MARIO – Siamo stati insieme all’Istituto.
PROSERPINA – Ah, c’era anche lei!... eppure non è laggiù che l’ho vista.
MARIO – Ci pensi bene: io stavo nel padiglione con i vetri... e mi chiamavano Pitagora.
PROSERPINA – Non è laggiù che l’ho vista, sono sicura. Nel padiglione con i vetri c’era quello alto con la barba...
MARIO – Sì...
PROSERPINA – ... poi il Tentennone, l’avvocato...
MARIO – Sì...
PROSERPINA – ... ma di Pitagora, proprio, non mi viene in mente.
MARIO – Io invece mi ricordo bene di lei... sapevo che abitava al Carrobbio, e fin da allora ho capito che avrei avuto un gran bisogno di lei.
PROSERPINA – E perché non me l’ha detto lì all’Istituto?
MARIO – Sarebbe stato prematuro. Ora, invece, è arrivato il momento giusto.
PROSERPINA – Ma lo sa che lei m’incuriosisce sempre di più.
MARIO – L’ho pregata di venire da me per un motivo molto serio... si tratta di un’informazione che devo chiederle... diciamo, una consulenza.
PROSERPINA – Una con... sulenza?... e che cosa sarebbe?
MARIO – Nulla di strano, non s’impressioni. E’ qualcosa che, con le sue conoscenze, lei può risolvere facilmente.
PROSERPINA – Non mi tenga sulle spine, per piacere.
MARIO – E’ stato all’Istituto che ho saputo che lei aveva una conoscenza approfondita del sottosuolo cittadino.
PROSERPINA – Ah, sarebbe questa la consulenza?! Ma perché, scusi, lei s’interessa tanto delle fogne?
MARIO – Mi serve il suo aiuto per... ma forse è meglio che incominci tutto da principio...
PROSERPINA – Veda lei.
MARIO – ... poso contare, però, sulla sua discrezione? La devo mettere a parte di un importante progetto.
PROSERPINA – Per piacere, non mi faccia mica impaurire!
MARIO – Si sente in grado di custodire un segreto?
PROSERPINA – Un segreto io?... ma se mi chiamano la Pina del Monumentale!
MARIO – “Monumentale”?... ah, sì: per dire che è muta come una tomba... un’allegoria.
PROSERPINA – Allegoria?... non incominci a parlare difficile.
MARIO – Ha ragione! Ma da ora in poi non parlerò neanche più... lei guarderà soltanto e capirà da sola... mi scusi un momento... (SCOMPARE OLTRE LA PORTA DI SINISTRA E CONTINUA A PARLARE)... si prepari a qualcosa di veramente straordinario... qualcosa che lei non si aspettava di certo, venendo a casa mia... quando lo racconterà, saranno in pochi a crederla... (SI CORREGGE)... ma, intendiamoci, lo racconterà soltanto quando verrà il momento e io le darò il permesso: si ricordi che mi ha dato la sua parola... (PROSERPINA RISPONDE MIMICAMENTE)... sono pronto, signora Proserpina... si regga forte e trattenga il fiato... uno, due e tre! (APPARE VESTITO DA NAPOLEONE E FA UN PICCOLO GIRO PER LA STANZA)
PROSERPINA – Lo dicevo che l’avevo già vista!...
MARIO – Lo credo bene!
PROSERPINA – ... lei è quello sulla scatola dei formaggini!
MARIO – (CON UN PICCOLO SCATTO DI IRRITAZIONE) Ma cosa dice?!
PROSERPINA – Ma sì, sono sicura che...
MARIO – (TRONCANDOLE BRUSCAMENTE LA PAROLA) Lei è di fronte al generale Napoleone Bonaparte!
PROSERPINA – L’imperatore!
MARIO – Non più ormai, dopo l’abdicazione. Due volte ho abdicato: la prima nel 1813, partendo per l’Elba, e la seconda nel 1815, prima di andare a Sant’Elena. Non ricorda?
PROSERPINA – Veramente, nel 1815 io non c’ero.
MARIO – Non vorrei sembrare maleducato, signora Proserpina... so che con le donne non sta bene parlare di età... ma se c’ero io nel 1815, c’era sicuramente anche lei.
PROSERPINA – Si vede che me ne sono dimenticata... maestà, eccellenza... insomma, come la devo chiamare?
MARIO – Mi chiami generale... e, fuori di qui, ancora signor Randi. D’accordo?
PROSERPINA – Parola di Proserpina.
MARIO – Capirà, con tutto quello che ho passato dopo Sant’Elena per nascondere le mie generalità, non voglio tradirmi proprio ora.
PROSERPINA – La capisco perfettamente.
MARIO – Sa, non è stato uno scherzo, passare tre anni al manicomio nei panni di Pitagora... a proposito, per me stare all’Istituto era una faccenda di copertura, ma lei perché ci stava?
PROSERPINA – Per colpa di San Giorgio.
MARIO – San Giorgio?!
PROSERPINA – E’ una storia un po’ lunga da raccontare.
MARIO – Abbiamo tutto il tempo che vogliamo.
PROSERPINA – Il fatto è capitato tre anni fa... era un’estate caldissima e una notte non riuscivo a respirare. Mi alzo, spalanco porte e finestre, nulla... allora mi vesto ed esco di casa. Fuori mi sembra di star meglio, ma sento voglia di un po’ di verde e m’incammino verso Piazza Mentana... Mia sorella sta qui accanto in via Cappuccio... sono pochi passi per arrivarci... e infatti, poco dopo sono sotto gli alberi, seduta su una panchina. Non ricordo se mi sono un po’ assopita, so che all’improvviso vedo un grande chiarore che viene avanti da via Santa Marta... “Vuoi vedere che è già venuto giorno” mi son detta. E invece era ancora notte e il chiarore veniva da un giovanotto a cavallo... alto, bello, biondo. E tutto vestito strano... di ferro, che pareva uscito dal Museo del Castello... Mi viene di fronte e “Proserpina” mi fa... capisce, sapeva il mio nome!... “io sono San Giorgio” dice. E io: “lo so”. E infatti l’avevo riconosciuto subito: mi ricordavo di averlo visto stampato sui pacchetti di pasta...
MARIO – Sono soprattutto nel campo alimentare, i suoi ricordi.
PROSERPINA – ... allora San Giorgio mi dice: “tieni la briglia del mio cavallo che io vado a rinfrescarmi alla fontanella... ” Io prendo la briglia e “non morde mica, vero?” “Stai tranquilla, Proserpina, è buono come il pane... viene sempre in Paradiso con me”. Poi appoggia la lancia sulla panchina e va a bere alla fontanella che c’è in Piazza Mentana...
MARIO – E lei non s’è stupita di vedere lì San Giorgio?
PROSERPINA – Beh, un po’ strano mi sembrava, ma in fin dei conti qui al Carrobbio c’è Santa Marta, San Sisto, Sant’Orsola, San Maurilio, Santa Maria Fulcorina... ci può stare anche San Giorgio, no?
MARIO – E poi cos’è successo?
PROSERPINA – Ritorna alla panchina e dice: “ma che caldo che fa a Milano!” “Sfido io, con tutto quel ferro addosso... ” dico “è come stare in una pentola. Perché non prova a levarselo?” “Non posso” risponde “sono qui per lavoro: devo ammazzare il drago.” “Quale drago, il biscione con il bambino in bocca che sta nello stemma di Milano? Ma quello non c’è più da un pezzo!” “Non quello” fa lui “ce n’è un altro nascosto sotto terra.” “Guardi che io del sottoterra ho una certa conoscenza, eppure di draghi non ne ho mai visti...” “C’è! Non ti sei accorta di com’è torbida l’acqua del Lambro e dell’Olona?” “E’ per via degli scarichi industriali” spiego io “Balle! è il drago che la sporca quando beve... e l’aria che in certe zone non si può respirare?” “Non è per i gas delle auto e per i fumi delle fabbriche?” “Balle! è il fiato del drago che appesta.” Io allora sono stata zitta, come se lui m’avesse convinto... ma ci si può mettere a discutere con un santo? E poi, forse, aveva ragione lui, e il drago c’era davvero. “Stia attento” dico “ammazzare un drago può essere pericoloso.” “Non è la prima volta” risponde “ho una certa pratica. Aspettami qui una mezz’oretta: ti verrò a raccontare com’è andata.” “Se lei è così sicuro, vada pure: io non mi muovo di qui.” Prende la lancia, rimonta a cavallo e la luce di spegne... era già lontano, capisce... Io allora mi misi ad aspettare: venne il mattino, ma lui non si vedeva, e così per tutta la giornata. “Non sarà mica successo qualcosa” mi dissi “no... tornerà stanotte.” E aspetta, e aspetta: tre giorni e tre notti ho aspettato su quella panchina... poi mi hanno portato ad aspettare all’Istituto...
MARIO – ... dove nessuno ha creduto alla sua storia.
POSERPINA – Nessuno. Eppure ci credono tutti che San Giorgio vada in giro ad ammazzare i draghi.
MARIO – Io dico di no. Sono privi di immaginazione; razzolano nel normale, nel consueto: il nero è il contrario del bianco, l’acqua disseta, il bastone sulla testa fa male.
PROSERPINA – Dice?
MARIO – Oppure credono in quello che è più semplice e più comodo.
PROSERPINA – Lei dice...
MARIO – Guardi il mio caso: s’è sparsa la voce che sono morto a Sant’Elena e quasi nessuno lo mette in dubbio.
PROSERPINA – Allora lei dovrebbe sentirsi al sicuro...
MARIO – Ho detto “quasi”. Sono i pochi che mi preoccupano, e sono quelli che contano. Gli altri hanno accettato subito le voci: era comodo chiudere la partita, metterci una pietra sopra. Ma i pochi, gli scettici, sono rimasti in allarme, perché sapevano bene che un giorno o l’altro, con Napoleone Bonaparte i conti bisognava pur farli!
PROSERPINA – E ora, generale, tocca a lei raccontarmi perché mi ha fatto venire qui.
MARIO – E’ molto semplice: devo attraversare Milano in incognito, e in pieno giorno.
PROSERPINA – Basta che si tolga di dosso quei vestiti e...
MARIO – E invece devo proprio essere vestito così. Anzi, qui al fianco devo anche avere una sciabola.
PROSERPINA – Prenda un taxi.
MARIO – Dovrei scendere in strada, cercare un taxi, salire... e anche dentro il taxi tutti possono guardare dalle finestre, dalle altre macchine, alle fermate dei semafori... e all’arrivo, quando devo scendere?
PROSERPINA – Perché non infila i panni in una bella valigetta e se li mette addosso all’ultimo momento, prima di arrivare?
MARIO – Ma via!... il generale Napoleone Bonaparte, già imperatore dei francesi, ridotto alla stregua di un trasformista di varietà?!
PROSERPINA – Perdoni, generale.
MARIO – C’è una soluzione migliore per attraversare Milano senza essere visti da nessuno: le fogne!
PROSERPINA – Ah... ecco la consulenza!
MARIO – Giù in cortile c’è un tombino e posso entrarci senza farmi vedere. Uscirò nella corte del palazzo dove devo andare... e lì, anche se mi vede qualcuno, non ha più importanza: ormai sono dentro.
PROSERPINA – In quale palazzo deve andare?
MARIO – Nel Senato della Repubblica.
PROSERPINA – Il Senato?... ma non è a Roma?
MARIO – Il Senato della Repubblica Cisalpina è a Milano, in via Senato. Provi a immaginare adesso... Napoleone Bonaparte, all’improvviso, fa il suo ingresso in mezzo all’assemblea... riesce a immaginarlo?
PROSERPINA – Ci provo.
MARIO – Pensi che la Repubblica Cisalpina l’ho creata io... io mi sono battuto contro coloro che volevano restituire la Lombardia all’Austria... io ho obbligato gli austriaci a Campoformio a rinunciare per sempre a queste terre e a riconoscere la Cisalpina come stato libero...
PROSERPINA – Ah!... è stato lei che...
MARIO – Si ricorda quel giorno di luglio del 1797?...
PROSERPINA – Veramente, nel 1797...
MARIO – Ci sarà stata anche lei a festeggiare!
PROSERPINA – ... non... non ricordo bene...
MARIO – Ma come!... tutta Milano era esultante nelle strade, nelle piazze... trecentomila ne hanno contati quel giorno!
PROSERPINA – Sì, c’ero anch’io, ora ricordo! Che giornata!...
MARIO – Lo vede, dunque! I milanesi non hanno dimenticato, e nemmeno i miei amici: Melzi d’Eril, Serbelloni, Parini, Verri e tanti altri ancora... Rivedere il generale Bonaparte davanti a loro!... “Amici milanesi” dirò “... rappresentanti di questa nobile Repubblica che insieme abbiamo voluto e costruito...” e allora un fremito solo percorrerà l’Assemblea, e tutti balzeranno in piedi infiammati... si stringeranno intorno a me, mi solleveranno sulle braccia, mi trascineranno in strada. alla testa del loro corteo, attraverso la città, fino al presidio militare... qui mi renderanno omaggio le truppe e mi verrà consegnato il comando...
PROSERPINA – Ma è sicuro che succederà proprio questo?
MARIO – Non esiste il minimo dubbio. Non è successo lo stesso quando sono scappato dall’Elba?
PROSERPINA – Se lo dice lei...
MARIO – Le truppe mi scorteranno fino al confine. Intanto la notizia avrà varcato le Alpi e in Francia ci sarà tutto il popolo ad attendermi... i miei vecchi, gloriosi reparti saranno schierati al mio passaggio... un trionfo ininterrotto fino a Parigi, un fiume di entusiasmo che travolge tutto il paese, dal Reno alla Bretagna, dai Pirenei alla Manica, dove si arresta tumultuoso, in attesa di scaricarsi sulla terra dell’odiato nemico...
PROSERPINA – Ah!... c’è un nemico?!
MARIO – Che domande! È il solito, eterno nemico di Napoleone Bonaparte, il solo che ancora non sono riuscito a piegare, il maggiore responsabile delle mie disgrazie, l’odiato carceriere di Sant’Elena, il malvagio leone britannico! (MUOVE NERVOSAMENTE QUALCHE PASSO) Capisce, ora, perché quest’operazione deve svolgersi, finch’è possibile, nella più assoluta segretezza?
PROSERPINA – Certo che capisco, generale.
MARIO – Dipende da lei se Abukir e Trafalgar saranno vendicate.
PROSERPINA – Oh, mamma mia!
MARIO – Ha paura, forse?
PROSERPINA – Beh... un pochino... sentirsi addosso certe responsabilità... lei capisce, generale...
MARIO – Stia tranquilla, il suo compito è semplice: basta solo che mi indichi la via delle fogne.
PROSERPINA – Da qui in via Senato c’è un bel viaggetto, e proprio tutto il percorso non ce l’ho chiaro in mente... è un pezzo che non vado da quelle parti.
MARIO – Ci sono spesso cambiamenti, giù?
PROSERPINA – Altroché: tubature nuove, deviazioni, sbarramenti... però, per i punti in cui non sono sicura, posso sempre fare una ricognizione in giornata.
MARIO – Gliene sarei davvero grato.
PROSERPINA – Intanto, fino a Piazza del Duomo può andare sicuro: la strada la conosco a menadito. Dunque, prima di tutto, lasci perdere le scorciatoie... non sa mai che cosa può trovare: una strozzatura, un marciapiede mancante... nei tronchi principali, invece, si va sul sicuro. A muoversi di qui è fortunato perché, dopo il pezzetto di via San Vito, un po’ stretto ma transitabile, entra nel collettore principale di via Torino che è uno spettacolo... ci si può andare in carrozza!... attento però a non seguirlo fino a piazza del Duomo perché, all’uscita di via Orefici s’è formato un lago... lì invece della carrozza ci vorrebbe la barca... Bisogna deviare in via Unione per piazza Missori...
MARIO – Si allunga un po’, mi pare.
PROSERPINA – Lo so, ma così è sicuro di arrivare con gli stivali asciutti.
MARIO – E da piazza Missori?
PROSERPINA – Deve puntare su piazza Diaz ed entrare nel tronco che gira dietro il Duomo. E qui devo fare il sopralluogo, per vedere se le conviene la direzione San Babila–Montenapoleone–Sant’Andrea, oppure se in via Senato debba arrivarci passando dalla Scala e via Manzoni...
MARIO – ... Alessandro Manzoni!... ecco un altro che cascherà dalle nuvole quando mi vedrà di nuovo alla luce.
PROSERPINA – La conosce?
MARIO – Se mi conosce? Pensi che ha scritto una poesia sulla mia morte... perché lui mi credeva davvero morto... e, senza dubbio, lui era in buona fede, poveraccio.
PROSERPINA – S’è fidato delle voci in giro.
MARIO – (APRENDO UNA CARTA) Allora, vogliamo riepilogare il percorso?... Torino... Missori... Duomo...
PROSERPINA – Sì, così va bene...
MARIO – ... e qui ci fermiamo.
PROSERPINA – Oggi stesso vado a dare un’occhiata e prima di sera le vengo a dire da dove deve passare.
MARIO – Lei è davvero gentile e io dovrò disobbligarmi.
PROSERPINA – Per carità... quando si può fare un piacere... (SI ALZANO E SI AVVIANO VERSO L’USCITA)
MARIO – Qualche anno fa... e, per essere precisi, nel 1802...
PROSERPINA – (SCONCERTATA) Ah!... qualche anno fa?!
MARIO – ... io ho istituito un ordine cavalleresco, la Legion d’onore per meriti militari e civili... e penso che questa decorazione...
PROSERPINA – Non si deve mica disturbare...
MARIO – ... in questo momento, come semplice generale, non posso appropriarmi di prerogative che appartengono al capo dello stato, ma, riassumendo il potere... (LA VOCE SI PERDE OLTRE LA PORTA DI ENTRATA, SUL PIANEROTTOLO. MARIO RIENTRA DA SOLO, CHIUDE LA PORTA E SI RIAVVICINA ALLA PIANTA RIMASTA APERTA SUL TAVOLO) Torino... Unione... Missori... Duomo... Palazzo del Senato... (AL CENTRO DELLA STANZA RIPROVA IL SUO INGRESSO NELL’ASSEMBLEA)... “calma, calma, signori... amici, calma!... sì, sono io, Napoleone Bonaparte... umiliato a Sant’Elena, ma ancora vivo, ancora in grado di ribattere, colpo su colpo, le offese ricevute... (ABBRACCIA, STRINGE LE MANI)... grazie, amici, fratelli miei, grazie!... la vostra accoglienza mi dice che non avete dimenticato il vostro generale... (PLACA UNO SCOPPIO DI OVAZIONI)... sì, lo so, calma, vi prego... e vi ringrazio... non mancheranno le occasioni, nel prossimo futuro, per dimostrarmi la vostra devozione... frenate i vostro slanci: abbiamo ancora un lungo cammino da percorrere insieme, numerose battaglie da combattere fianco a fianco, prima che la vostra Repubblica possa occupare in Europa il posto che le spetta... prima che la vostra bella città, o milanesi, possa finalmente diventare un faro di civiltà e di libertà per tutti i popoli...

B U I O

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PARTE SECONDA



III QUADRO

Mario, in abito di Napoleone, passeggia nervosamente per la stanza e, appena sente bussare, corre ad aprire la porta. Entra Proserpina un po’ affannata.

MARIO – (IMPAZIENTE) – Allora?
PROSERPINA – Un momento, generale: mi faccia riprendere fiato.
MARIO – Sieda!
PROSERPINA – Sono venuta di corsa... da via Sant’Andrea...
MARIO – Riprenda pure fiato... ma prima mi dica com’è andata.
PROSERPINA – Lei è nato con la camicia, generale.
MARIO – Hanno denunciato l’accaduto?
PROSERPINA – No, non l’hanno fatto... e nemmeno lo faranno.
MARIO – Un pensiero levato!
PROSERPINA – Deve ringraziare me, sa... ho insistito tanto... e poi, guarda il caso... pensi che madame Ornella faceva la piccinina da Beatrice, la sarta del Carrobbio.
MARIO – L’ha riconosciuta?
PROSERPINA – Al primo sguardo... e ne è passato di tempo!... adesso è diventata madame e ha il più bell’atelier di via Sant’Andrea. Però, la prossima volta, generale, deve stare più attento.
MARIO – Avevo fatto la massima attenzione.
PROSERPINA – Mi ero raccomandata: “il secondo tombino dopo l’incrocio con via della Spiga”... ricorda? Sarebbe uscito proprio nel cortile del palazzo del Senato...
MARIO – Eppure mi sembrava che...
PROSERPINA – ... invece lei mi va a uscire due tombini prima dell’incrocio... e così è capitato in piena sfilata di modelli.
MARIO – ... ho visto tutta quella gente e ho pensato di essere entrato nell’Assemblea... 
PROSERPINA – Sa, lì per lì, non ci hanno fatto caso... hanno pensato a un’originalità di madame Ornella... ma quando lei si è messo a dire che “la perfida Albione ride sulle scogliere di Dover”, allora hanno incominciato un po’ a preoccuparsi... anche perché sembra che tempo fa ci fosse un altro che diceva le stesse cose. Insomma, il figlio di madame Ornella che fa l’avvocato, mi ha detto che... aspetti un momento... (CAVA UN BIGLIETTO DI TASCA E LO LEGGE)... “si possono configurare i seguenti reati: apologia di fascismo, vilipendio e propaganda bellicistica”.
MARIO – Anche se non ci saranno denunce, la sala era piena di persone... tutti sanno, ormai. Sono allo scoperto.
PROSERPINA – Questo non si può proprio evitare.
MARIO – Non c’è un minuto da perdere, allora: bisogna bruciare le tappe.
PROSERPINA – Ha deciso di andare subito al Senato?
MARIO – Non c’è più tempo, ormai, e tutti sanno che Napoleone Bonaparte ha sempre contato sul fattore tempo.
PROSERPINA – Ma come, rinuncia a essere acclamato, portato in trionfo per le strade?!
MARIO – Non sarebbe più una sorpresa, e tutti sanno che Napoleone Bonaparte preferisce gli attacchi di sorpresa.
PROSERPINA – E il suo piano, allora?
MARIO – Il piano si cambia. Tutti sanno che Napoleone Bonaparte, perfino in battaglia è capace di cambiare i suoi piani.
PROSERPINA – Allora, se non scende più nelle fogne, non ha più bisogno di me.
MARIO – Anzi, forse più di prima. E’ ancora disposta a collaborare?
PROSERPINA – Tutti sanno che a Napoleone Bonaparte non si può dire di no.
MARIO – ... e saprà anche che Napoleone non dimentica. Ascolti bene, ora. Fra poco verrà una persona... gli ho telefonato e sarà qui a momenti. Io vado di là; lei farà entrare questa persona, poi verrà ad annunciarmi la visita e resterà di là, finché non la chiameremo. Capito?
PROSERPINA – Certo, generale.
MARIO – E’ un personaggio importante...
PROSERPINA – Oh, mamma mia!
MARIO – ... bisogna trattarlo con dignità, ma anche con freddo distacco.
PROSERPINA – (IRRIGIDENDO IL BUSTO) Così?
MARIO – Così va bene. (SUONO DI CAMPANELLO)... eccolo... mi raccomando. (MARIO ESCE. PROSERPINA APRE LA PORTA. VIENE AVANTI ALESSANDRO CON UNA VALIGETTA IN MANO)
ALESSANDRO – Penso che il generale mi stia aspettando.
PROSERPINA – Sì, vado subito ad avvertirlo... (FA QUALCHE PASSO VERSO SINISTRA, MA TORNA SUBITO INDIETRO)... e chi devo annunciare?
ALESSANDRO – Già!... un momento, allora... (APPOGGIA LA VALIGETTA SU UNA SEDIA E, VOLTANDO LE SPALLE AL BOCCASCENA, LA APRE ED ESTRAE QUALCOSA CHE INFILA. QUANDO TORNA A VOLTARSI, APPARE CON INDOSSO UNA GIACCA CARICA DI DECORAZIONI)... Annunciate pure Alessandro I dei Romanov, zar di tutte le Russie!
PROSERPINA – (IMPAURITA) Subito, maestà... (RIPENSA ALLE RACCOMANDAZIONI DI MARIO E TORNA A IRRIGIDIRE IL BUSTO)... vado ad annunciarla... (PROSERPINA ESCE. ENTRA MARIO)
MARIO – (SI FERMA DI FRONTE AD ALESSANDRO. BREVE, FREDDO INCHINO FRA I DUE. MARIO INDICA UNA SEDIA ACCANTO AL TAVOLO) Volete accomodarvi? (SIEDONO TUTTI E DUE INTORNO AL TAVOLO)
ALESSANDRO – Mi rallegro di vedervi in buona salute. Correvano voci poco rassicuranti su di essa.
MARIO – Negli ambienti della Santa Alleanza, naturalmente.
ALESSANDRO – Un po’ qua e un po’ là.
MARIO – Voci poco attendibili, come vedete. Non si può ancora dire che un inglese sia stato capace di farla a un corso.
ALESSANDRO – Posso chiedervi come siete riuscito a fuggire da Sant’Elena?
MARIO – Avete letto “Il conte di Montecristo”?
ALESSANDRO – Non mi pare.
MARIO – Era per darvi un’idea.
ALESSANDRO – E dopo la fuga, come vi siete salvato dalle spie inglesi?
MARIO – Sono stato nascosto qui per due anni. Per altri tre, poi, ho trovato un rifugio sicuro all’Istituto...
ALESSANDRO – ... dove, sotto le spoglie di Pitagora, nessuno poteva sospettare di voi.
MARIO – E dove voi, invece, ostentavate pubblicamente il vostro titolo. E’ stata una grave imprudenza. Avete dimenticato la congiura di palazzo che ha Assassinato Paolo I, vostro padre?
ALESSANDRO – Eravamo all’Istituto e non a Pietroburgo. E poi è acqua passata. La vecchia Russia è oggi un paese tranquillo: i Boiardi sono ormai rassegnati a vedere i Romanov sul trono di Ivan il Terribile.
MARIO – Il potere è dunque saldamente nelle vostre mani.
ALESSANDRO – Come mai lo è stato finora. E di questo devo ringraziare un po’ anche voi.
MARIO – Dovete ringraziare me?
ALESSANDRO – La vostra fallita campagna di Russia ha rafforzato la mia posizione, in patria e in Europa.
MARIO – Allora, è venuto per voi il momento di disobbligarvi: sto per chiedervi a mia volta un favore.
ALESSANDRO – Di che si tratta?
MARIO – Di adoperare la vostra influenza in seno alla Santa Alleanza.
ALESSANDRO – E quale sarebbe il fine da raggiungere?
MARIO – La libertà di azione per Napoleone Bonaparte.
ALESSANDRO – Volete portare un attacco a uno dei nostri associati e pretendete che io...?!
MARIO – Pensate che vi proponga un tradimento? Non sono questi i miei mezzi, lo sapete. Io guardo fuori dal nostro continente, verso un paese che ha rifiutato la vostra alleanza.
ALESSANDRO – Ah! dell’Inghilterra si tratta!
MARIO – Sì, dell’eterno nemico che devo riuscire a schiacciare, finalmente.
ALESSANDRO – Insomma, che cosa vi aspettate da me?
MARIO – L’Austria e la Prussia non devono mettere il naso nelle mie faccende con l’Inghilterra. Voi dovete convincerle, prima con le buone, e poi, se è il caso, con qualche reggimento di cosacchi inviato alle loro frontiere.
ALESSANDRO – E così, noi che ci siamo liberati di Napoleone con l’aiuto degli inglesi, oggi possiamo liberarci degli inglesi con l’aiuto di Napoleone! Un disegno di alta diplomazia.
MARIO – Sarebbe degno di Machiavelli.
ALESSANDRO – Di chi?
MARIO – La vostra biblioteca di Pietroburgo non dev’essere molto fornita.
ALESSANDRO – La vostra richiesta non è poi campata in aria... io non verrei certo meno ai trattati che ho sottoscritto. In fin dei conti, perché è nata la Santa Alleanza?
MARIO – Per soffocare ogni moto rivoluzionario che dovesse scoppiare nei singoli stati aderenti.
ALESSANDRO – Appunto. Siamo davanti a una rivolta di pezzenti affamati?
MARIO – Nemmeno per sogno.
ALESSANDRO – Si tratta di un movimento di contadini che rivendicano assurdi diritti?
MARIO – Non è il nostro caso.
ALESSANDRO – Abbiamo di fronte una limpida, nobile, leale guerra fra stati. Sì, la cosa si può fare. Ma Luigi XVIII che cosa dirà?
MARIO – Pensate che abbia qualche importanza?
ALESSANDRO – E’ lui adesso sul trono di Francia.
MARIO – Appena saprà del mio ritorno se la darà a gambe, come fece dopo la mia fuga dall’Elba.
ALESSANDRO – Sì, la cosa potrebbe stare in piedi, dal punto di vista della forma... non resterebbe che esaminare l’interesse delle parti. Io, per esempio, che cosa ci guadagnerei?
MARIO – Potrei rinunciare... diciamo al gruppo delle Shetland...
ALESSANDRO – Vogliamo scherzare? Volete che mi muova per quattro isolette sperdute?
MARIO – Sono circa un centinaio!
ALESSANDRO – Non ne parliamo nemmeno!
MARIO – Ci sarebbe... la Cornovaglia...
ALESSANDRO – Che?!... ma, insomma, volete liberarvi degli scogli?! Per muovermi io voglio il Galles...
MARIO – Addirittura!
ALESSANDRO – ... e la Scozia.
MARIO – E così, io dovrei prendere l’Inghilterra per darla a voi?! Ma quanto credete che valgano quattro poltroni a cavallo da mandare a spasso lungo le frontiere?
ALESSANDRO – Poltroni a cavallo, eh? Sono cosacchi, generale!... e proprio voi dovreste conoscerli bene!
MARIO – Solo le loro schiene conosco, quelle che ho visto ad Austerliz e a Friedland.
ALESSANDRO – Nel ’12, però, abbiamo visto le vostre.
MARIO – Anche a Borodino?
ALESSANDRO – Scaramucce. Quello che conta è il risultato finale, il piano di Kutozov che vi ha messo in ginocchio.
MARIO – Kutuzov, buono quello! Un mediocre che Tolstoi ha fatto diventare famoso.
ALESSANDRO – Tolstoi chi?
MARIO – Gia!... dimenticavo che la lettura non è il vostro forte.
ALESSANDRO – Anche voi avete un punto debole: la memoria. Non ricordate più chi vi ha strappato le penne.
MARIO – Sono entrato in Russia quando ho voluto e sono uscito quando mi è parso. E’ stato il generale Inverno a piegarmi, non i vostri cosacchi o un Kutuzov qualunque!
ALESSANDRO – Io non tollero la vostra arroganza!
MARIO – Dovrete abituarvici: non dimenticate mai che io sono il figlio della Rivoluzione e voi un avanzo di feudalesimo.
ALESSANDRO – (ALZANDOSI) A questo punto, non abbiamo nient’altro da dirci!(AFFERRA LA VALIGIA, COMPIE UN LEGGERO INCHINO E SI AVVIA VERSO L’USCITA TOGLIENDOSI LA GIACCA)
MARIO – Avete detto il Galles?
ALESSANDRO – (SI FERMA CON LA GIACCA MEZZO INFILATA)... e la Scozia.
MARIO – Se non vi piacciono gli scogli, che cosa volete farvene di quelle montagne?
ALESSANDRO – M’interessa la Scozia soltanto per distruggere le sue fabbriche di whisky che fanno concorrenza alla mia vodka.
MARIO – E perché distruggerle? Basta assicurarsi un dazio su ogni bottiglia venduta.
ALESSANDRO – Oh, guarda! Non ci avevo pensato.
MARIO – D’accordo per il Galles e per il dazio?
ALESSANDRO – Ma se in Scozia ci sono soltanto montagne, perché ci tenete tanto? (E’ TORNATO INDIETRO)
MARIO – Anche la testa del pesce si butta via; ma come si fa a presentare un pesce senza testa? non fa più figura... D’accordo per il Galles e per il dazio?...
ALESSANDRO – (INFILANDOSI LA GIACCA E SEDENDO) D’accordo.
MARIO – Oh, finalmente!
ALESSANDRO – Resta ora una questione di dettaglio, almeno per voi: prendere l’Inghilterra.
MARIO – Questa è la cosa che mi preoccupa di meno.
ALESSANDRO – Non vi pare di esagerare un po’? Va bene che Nelson è scomparso a Trafalgar...
MARIO – Sì, e me ne rincresce sinceramente: ci avrei tenuto che mi vedesse all’opera in questa occasione. Un desiderio legittimo, non vi pare?
ALESSANDRO – Non condivido troppo la vostra ricerca di esibizione: la guerra non è uno spettacolo.
MARIO – Come no?!... il più solenne, il più travolgente degli spettacoli, il più esaltante... anche Clausewitz, del resto... (COGLIE UN MOTO DI INSOFFERENZA NELL’ALTRO)... oh, scusate: non l’ho fatto apposta... m’è venuto spontaneo...
ALESSANDRO – Vi confesso che la vostra sicurezza sull’attacco all’Inghilterra mi ha riempito di curiosità.
MARIO – Rimarrete stupito quando conoscerete i miei piani.
ALESSANDRO – Non tenetemi sulle spine.
MARIO – Voi sapete che Napoleone ha sempre sbalordito il mondo... bene: questa volta lo farò strabiliare.
ALESSANDRO – Avete in serbo una carta così importante?
MARIO – Eccezionale!... e passo subito a mostrarvela... (CHIAMANDO)... signora Proserpina! (ENTRA PROSERPINA CHE, DAVANTI AD ALESSANDRO, ACCENNA A UN INIZIO DI INCHINO)
ALESSANDRO – Su... io non amo le cerimonie... lo sa che, ora che la guardo bene, la sua faccia non mi è nuova?
PROSERPINA – Se devo essere sincera, anche la sua, maestà...
ALESSANDRO – Vediamo un po’… un ballo a corte?... no, forse a un pranzo...
PROSERPINA – Ecco!... alla mensa dell’Istituto!... lei era quello accanto alla finestra!...
ALESSANDRO – ... e lei in fondo al tavolo d’angolo... sì, ora ricordo: la Pina di San Giorgio, la chiamavano.
MARIO – Conoscete la sua storia, dunque?
ALESSANDRO – E chi non la conosceva là dentro?
MARIO – Io, per esempio, non ne avevo mai sentito parlare... va bene che, come Pitagora, dovevo rifugiarmi dietro i numeri...
ALESSANDRO – Allora, generale, dov’è la vostra carta?
MARIO – Ma come... non avete ancora capito?! Possibile che, conoscendo la sua storia, non vi sia venuto in mente di utilizzare San Giorgio?!
ALESSANDRO – Utilizzarlo come?
MARIO – Come alleato contro l’Inghilterra.
ALESSANDRO – Questa mi sembra un po’ grossa! San Giorgio, da quel che si sa, si è messo sempre e soltanto contro i draghi.
MARIO – Un po’ di fantasia, dunque! Che cos’è l’eresia anglicana, se non un drago feroce che dai tempi di Enrico VIII attacca il cattolicesimo, uccidendo i suoi figli migliori, come San Tommaso Moro divorato nella Torre di Londra?
ALESSANDRO – Anche accettando il paragone e seguendo il vostro ragionamento, resterebbe da vedere se San Giorgio sarebbe disposto ad allearsi con voi.
MARIO – Su questo non ci sono dubbi: si tratta di riportare gli inglesi sotto la Chiesa di Roma, e San Giorgio che è un guerriero, ma prima di tutto un uomo di fede, non potrà che approvare e dare una mano..
ALESSANDRO – Gli inglesi, però, non hanno rinnegato San Giorgio.
MARIO – Protettore dell’Ordine della giarrettiera, l’hanno nominato. La giarrettiera... capite la sconvenienza?
ALESSANDRO – Da un punto di vista strettamente puritano. In fondo noi sappiamo apprezzare le giarrettiere con i luoghi dove si trovano... non siamo dei santi.
MARIO – Noi no, ma lui sì... e, francamente, anche a lui, nel migliore dei casi, la giarrettiera farà venire in mente un night club.
ALESSANDRO – Ma come entrerete in comunicazione con San Giorgio per raccontargli queste cose?
MARIO – Questo era il punto da risolvere, e io ci sono riuscito con un’idea... scusate l’immodestia... formidabile. Lei, signora Proserpina, ha già capito, vero?
PROSERPINA – Se devo essere sincera, non ho capito proprio nulla.
MARIO – sarà lei ad avvicinare San Giorgio, ad accennargli brevemente la faccenda, e a fissargli un appuntamento con me per mettere a punto tutti i particolari.
PROSERPINA – Niente di meno...
MARIO – Via, per lei non è una gran cosa.
PROSERPINA – E come fa a sapere che San Giorgio abbia voglia di scendere in terra?
MARIO – Scenderà, stia tranquilla. Nessun fatto avviene per caso, ma solo quando si concretizzano le condizioni adatte. Per quale motivo si trovava in terra San Giorgio, quando lei l’ha incontrato?
PROSERPINA – Per il Lambro e L’Olona che diventano sempre più torbidi e per l’aria in città che non si può più respirare.
MARIO – E Seveso?
PROSERPINA – Cosa c’entra con...?
MARIO – Se a San Giorgio stanno a cuore i problemi ecologici, perché non dovrebbe intervenire dopo quello che è accaduto a Seveso?
PROSERPINA – Beh... da questo punto di vista... e lei dice che se vado in Piazza Mentana...?
MARIO – Vuole scomodare San Giorgio e farlo venire fin qui? Andiamo noi a casa sua.
PROSERPINA – In Paradiso?
MARIO – Ma in terra, si capisce! Solo in Italia ci sono trentadue località che portano il suo nome.
PROSERPINA – E come si fa, allora?
MARIO – Si sceglie quella più vicina alla tana del drago.
PROSERPINA – Drago?
MARIO – Quello di Seveso, naturalmente. C’è un paese che, in linea d’aria, è distante pochi chilometri: San Giorgio su Legnano. E’ lì che noi andremo a incontrare il Santo.
PROSERPINA – Noi andremo a...
MARIO – Cioè: lei andrà.
PROSERPINA – Ma è sicuro che San Giorgio voglia farsi vedere da me?
MARIO – Questi santi sono abitudinari ... e quando prendono uno in simpatia... l’ha già fatto una volta, perché non dovrebbe farlo anche la seconda? E poi, ormai San Giorgio sa che lei lo sta cercando.
PROSERPINA – E chi gliel’ha detto? Io non ho aperto bocca.
MARIO – C’è bisogno di aprire bocca con un santo? Basta pensarla una cosa, e... zaffete! lui sa già tutto.
PROSERPINA – Se sa già tutto, allora, non c’è bisogno di...
MARIO – Per modo di dire. E poi, occorre l’atto formale. S’è mai chiesta, per esempio, perché una preghiera non basta pensarla soltanto, ma bisogna recitarla?
ALESSANDRO – Non vorremo adesso aprire una discussione teologica!
MARIO – Per carità!... quale discussione... come se qui non ci fosse anche lei!
PROSERPINA – Bisogna che mi spieghi per bene quello che devo riferire a San Giorgio.
MARIO – Non entri nei particolari: l’importante è che mi fissi un appuntamento.
PROSERPINA – Ma, se il Santo insistesse per sapere?
MARIO – Accenni vagamente a una grande opera di fede... e se proprio capisce che bisogna buttare qualcosa per addolcire la bocca, gli dica che, a missione compiuta, l’Abbazia di Westminster sarà riconsacrata a suo nome.
PROSERPINA – E quando dovrei partire?
MARIO – Immediatamente: ormai sono allo scoperto e contano anche i minuti.
PROSERPINA – Se mi dice questo, io entro subito in agitazione... San Giorgio su Legnano... una volta, se non sbaglio, c’era un”Gamba di legno” che andava da quelle parti.
ALESSANDRO – Ora c’è un servizio di autobus.
PROSERPINA – Sempre dal Sempione?
ALESSANDRO – Sempre da corso Sempione.
PROSERPINA – Allora io vado... (SI AVVIA VERSO LA PORTA)
MARIO – (ACCOMPAGNANDOLA) I destini dell’Europa sono nelle sue mani.
PROSERPINA – Non mi faccia paura, generale... (CON UN PICCOLO INCHINO)... maestà... (ESCE)
MARIO – Adesso siamo proprio sulla buona strada, caro amico... voi permettete questo tono confidenziale, vero Nicola?
ALESSANDRO – Il tono ve lo permetto, solo che io mi chiamo Alessandro e non Nicola.
MARIO – Alessandro?... e io finora ho parlato con Alessandro?!
ALESSANDRO – E non lo sapevate?... ma se anche all’Istituto...
MARIO – Lo zar vi chiamavano... e io non ho mai approfondito se si trattava di Alessandro o di Nicola.
ALESSANDRO – Beh, non vedo la differenza.
MARIO – Tutti i nostri accordi vanno in fumo: se siete Alessandro, il potere in Russia non è più nelle vostre mani.
ALESSANDRO – E questo chi l’ha detto?
MARIO – La storia lo dice! Dal 1825 sul trono degli zar a Pietroburgo siede Nicola I.
ALESSANDRO – Ma anche voi, secondo la storia, siete morto a Sant’Elena nel 821!
MARIO – Ma fate un po’ i conti, perbacco! 1821 data della mia presunta morte, e invece data della mia fuga da Sant’Elena. Poi, due anni nascosto qua dentro... e fanno 1823... tre ani all’Istituto e fanno 1826: il potere è già da un anno nelle mani di Nicola.
ALESSANDRO – Il potere, invece, è ancora ben saldo nelle mie mani.
MARIO – Non c’è scampo per voi: o siete Nicola, oppure il vostro è millantato credito, è mistificazione.
ALESSANDRO – Ma perché dovrei accettare i vostri conteggi?! Voi manipolate le date a vostro uso e consumo. Per me potreste anche non essere Napoleone Bonaparte.
MARIO – E chi sarei, allora?
ALESSANDRO – E che ne so io!
MARIO – Siate ragionevole, accettate di riconoscervi in Nicola.
ALESSANDRO – No. Tornerò al potere con un colpo di stato.
MARIO – Un’altra congiura come quella che fece fuori vostro padre? Si dice che anche voi eravate della partita.
ALESSANDRO – Calunnie.
MARIO – E poi, scusate, avete regnato per ventiquattro anni... che cos’è quest’avidità di potere?!... va bene Nicola, allora?
ALESSANDRO – Ma come posso diventare mio figlio?!
MARIO – Quale figlio? Nicola I è vostro fratello minore. Non sapete neppure com’è composta la famiglia?!
ALESSANDRO – Un attimo di confusione.
MARIO – Ammetto che possiate avere qualche dubbio su certi rapporti di parentela... con una nonna come la vostra...
ALESSANDRO – Quale nonna?
MARIO – Caterina di Russia... ma non voglio fare pettegolezzi... Nicola, allora?
ALESSANDRO – Ma come posso essere mio fratello minore?!
MARIO – Voi siete lo zar Nicola I e basta: un Romanov... almeno ufficialmente... Nicola?
ALESSANDRO – Ma...
MARIO – Avanti...!
ALESSANDRO – Come Nicola devo rinunciare alla mia vittoria sulla vostra campagna di Russia.
MARIO – Ma rinunciate anche alle batoste di Friedland e di Austerlitz.
ALESSANDRO– Perdo il merito di avere creato la Santa Alleanza.
MARIO – Ma acquistate quello di avere sterminato i decabristi... (COGLIENDO UN GESTO DI MINIMIZZAZIONE DA PARTE DELL’ALTRO)... e non è stata una cosa da poco, vi assicuro: prima cannoneggiati, poi mitragliati... e tutto fatto a puntino... i superstiti arrestati, torturati, impiccati, squartati, deportati in Siberia... tutto a regola d’arte.
ALESSANDRO – Avete detto, decabristi?
MARIO – Sì. Perché?
ALESSANDRO – (ALESSANDRO SI TOGLIE UNA MEDAGLIA DAL PETTO E CERCA DI LEGGERE) Mi pare proprio che ci sia scritto così... de... ca... bri... (PORGENDO LA MEDAGLIA)... voi capite il cirillico?
MARIO – (ESAMINA LA MEDAGLIA) E’ la medaglia commemorativa per quell’operazione... e poi dite di non essere Nicola I!
ALESSANDRO – L’ho trovata alla fiera di Sinigaglia. Pensate un po’ dove era andata a finire!
MARIO – Ma, scusate, da quel che ho capito, voi non conoscete la lingua del vostro paese?
ALESSANDRO – Che scoperta! Ma se lo sanno tutti che alla corte di Pietroburgo si parla in francese.
MARIO – Va bene a corte, ma quando dovete parlare col popolo?
ALESSANDRO – Parlare col popolo... perché?
MARIO – Giusto!... cos’avete da dire?... (RESTITUISCE LA MEDAGLIA)... Ora, con questa medaglia, non potete più negare la vostra identità.
ALESSANDRO – D’accordo: vada per Nicola.
MARIO – Oh, finalmente!
ALESSANDRO – Sapete, ad Alessandro ormai m’ero affezionato.
MARIO – Ma uno zar vale l’altro, credete a me.
ALESSANDRO – Avete un modo curioso di parlare dei Romanov.
MARIO – Lasciamo perdere. I panni sporchi si lavano in famiglia.
ALESSANDRO – Quali panni sporchi? Quelli delle vostre origini plebee che vengono sempre alla luce?
MARIO – Ma se anche un imbroglione come Rasputin è riuscito a menarvi per il naso!
ALESSANDRO – Intanto questo Rasputin io non lo conosco.
MARIO – Lo conoscerà vostro nipote... sempre che di nipote si tratti!
ALESSANDRO – Insomma, io non tollero...!
MARIO – Ma che facciamo... ci mettiamo a leticare fra noi?!... aspettiamo, almeno, di diventare alleati.
ALESSANDRO – Non sono certo io, in Europa, ad avere fama di attaccabrighe.
MARIO – Vogliamo passar sopra queste sciocchezze e stendere due righe sul nostro accordo?
ALESSANDRO – Non ho niente in contrario.
MARIO – (SIEDE AL TAVOLO DAVANTI A UN FOGLIO) Come lo chiamiamo, allora... trattato?... no, troppo pomposo... accordo... impegno...? o, forse, meglio dire e non dire... come “incontro”.
ALESSANDRO – E’ proprio necessario chiamarlo in qualche modo?
MARIO – E’ per la storia che dobbiamo battezzarlo.
ALESSANDRO – Mi pare che “incontro” vada bene.
MARIO – D’accordo, allora... (SCRIVE)... ”Incontro al Carrobbio”... In data odierna, fra Sua Maestà Imperiale Zar di tutte le Russie Nicola I e il generale Napoleone Bonaparte, si è convenuto: primo...”

B U I O

––––––––––––––




IV QUADRO

Proserpina è seduta e Alessandro passeggia nervosamente per la stanza. Proserpina porta un cappello con una fitta veletta che le copre metà del viso. Alessandro è vestito normalmente.

ALESSANDRO – Ma si può sapere dov’è andato?
PROSERPINA – La portinaia non sapeva nulla: mi ha detto soltanto che, prima di uscire, aveva lasciato per noi le chiavi dell’appartamento.
ALESSANDRO – Dico io se è il momento di andarsene a passeggio!
PROSERPINA – Magari aveva un appuntamento importante.
ALESSANDRO – Spero bene, con tutto quello che c’è da decidere, da organizzare.
PROSERPINA – Un po’ di pazienza, maestà.
ALESSANDRO – Son già dieci minuti che aspettiamo, e dieci minuti, a volte, bastano per far fallire un progetto.
PROSERPINA – Magari arriverà fra poco.
ALESSANDRO – E’ il fatto che non abbia lasciato un messaggio che non tollero!... Così, il generale non sa ancora nulla dell’operazione San Giorgio?! 
PROSERPINA – E chi glielo poteva raccontare, se non l’ho ancora visto?
ALESSANDRO – Vede dunque che la sua presenza è indispensabile. Il generale contava su quest’impresa. Cosa farà ora che è fallita? Dovrà rivoluzionare il suo piano, e naturalmente anch’io dovrò modificare i miei progetti.
PROSERPINA – Lei non immagina, maestà, come mi dispiaccia per la faccenda di San Giorgio.
ALESSANDRO – Penso che lei abbia fatto il possibile.
PROSERPINA – Il possibile e l’impossibile ho fatto... guardi... (SOLLEVA LA VELETTA E MOSTRA UN GROSSO LIVIDO SOTTO L’OCHIO)
ALESSANDRO – San Giorgio?
PROSERPINA – Macché! dov’ero io lui non s’è fatto vivo: era allo svincolo dell’autostrada.
ALESSANDRO – Senta, mentre aspettiamo il generale, mi racconti per bene tutti i particolari. (SIEDE)
PROSERPINA – Volentieri, maestà. Ieri sera, uscendo di qui, sono subito andata in corso Sempione e ho preso l’autobus per San Giorgio su Legnano. Appena arrivata mi sono messa ad aspettare mezzanotte perché m’è venuto in mente che quella volta, in piazza Mentana, San Giorgio era venuto a quell’ora. Passeggiavo un po’ qua e un po’ là per perdere tempo e, a un certo punto, proprio dove finivano le case, ho visto un fuoco venir fuori da un secchio appoggiato lungo la strada. Mi avvicino e mi viene davanti una con i capelli sulle spalle e le gambe tutte nude... “E tu chi sei?” mi fa... Capisce, maestà, mi dava del tu, e non l’avevo mai vista...
ALESSANDRO – Incredibile!
PROSERPINA – E io: “Io sono Pina, e lei?”... e quella si mette a chiamare: “Tamara! vieni un po’ a vedere chi è arrivata!” E così dal buio viene fuori un’altra ragazza con una spaccatura a ”V” qui davanti che le arrivava sulla pancia. Questa mi guarda e poi: “ohé, nonnina, non è l’ora di andare in pensione?”... e quell’altra: “si vede che stasera hanno dato la libera uscita al Musocco”... e poi: “io roba del genere non ne ho mica mai vista... neanche alla Valassina”... e quell’altra: “ma tu che cosa ci sei venuta a fare qui?”... e io: “sono venuta ad aspettare San Giorgio”... “hai capito che cosa ti combina il Giorgio...? Guarda chi mette con noi!”... “Ah, lo conoscete anche voi?” domando... “lo conosciamo, lo conosciamo...” “e viene stasera?”... “si capisce che viene”... “col cavallo?... “col 310 cavalli–potenza–36–fiscali” risponde una e si mette a ridere. Ma questa proprio non l’ho capita... e lei, maestà?
ALESSANDRO – Nemmeno io.
PROSERPINA – Beh, per farla corta, poco dopo si sente un rumore di freni: si ferma una gran macchina rossa e scende un tipo grande e grosso con i baffi neri. Mi guarda “e chi è quella?” grida. “E’ una che aspetta il Giorgio” risponde una delle ragazze. “Stasera non viene: è allo svincolo dell’autostrada... ” era un emissario, capisce? Poi mi viene davanti “Chi ti manda?” “Napoleone” rispondo “E chi lo conosce!”... ”... il generale...” “Quale generale? Qui non è lui che comanda... e ‘sto Napoleone cosa vorrebbe?” “Vorrebbe un appuntamento...” “Per fare che?” “Io non so bene” rispondo “ma credo si tratti di un grande progetto per riportare tutti sotto la chiesa di Roma...” E quello all’improvviso ha incominciato a gridare come una bestia: “ah, i romani?!... e chi li ha chiamati qui?!... a casa loro stiano!...“ Allora mi sono ricordata di quello che mi aveva detto il generale e ho buttato qualcosa per addolcire la bocca: “In fondo anche San Giorgio ha da guadagnarci” ho detto “perché se tutto va bene, l’Abbazia di Westminster sarà riconsacrata a suo nome...” Quello diventa tutto rosso in viso: “Fai anche la spiritosa!” grida, e mi allunga un pugno in faccia...”portalo al tuo Napoleone questo... e anche quest’altro“ e giù pugni, schiaffi, pedate...
ALESSANDRO – Incredibile!
PROSERPINA – Ci può credere, sa... sono tutta un livido addosso... e se non fosse arrivata la forza pubblica a fermarlo...
ALESSANDRO – La forza pubblica?!
PROSERPINA – Sì, sono arrivati i carabinieri.
ALESSANDRO – Questo non ci voleva.
PROSERPINA – Ci voleva eccome! Quello mi ammazzava.
ALESSANDRO – Volevo dire che non ci voleva tanto chiasso intorno ai nostri progetti. Perché, come immagino, i carabinieri le avranno rivolto domande.
PROSERPINA – Hanno scritto un verbale.
ALESSANDRO – Addirittura!... e lei ha raccontato proprio tutto?
PROSERPINA – Per filo e per segno. Ma tanto, l’ha detto anche il generale, ormai siamo allo scoperto.
ALESSANDRO – Di questo passo, possiamo anche andare in piazza a discutere!... ah, credo che per me la cosa migliore sia tornarmene a Pietroburgo... 
PROSERPINA – ... che adesso ha preso un santo davanti, dopo essere stata per tanti anni Leningrado.
ALESSANDRO – E questo chi gliel’ha detto?
PROSERPINA – Il brigadiere dei carabinieri. E mi ha detto anche che ora nel suo palazzo hanno fato un museo.
ALESSANDRO – Se ne fanno tante di chiacchiere... ma le più preoccupanti sono quelle che ha fatto lei con i carabinieri.
PROSERPINA – Io non credevo di far male.
ALESSANDRO – Ora non ci restano che due soluzioni: o l’azione immediata, prima che queste voci oltrepassino i confini e dilaghino per l’Europa, oppure l’abbandono definitivo di qualsiasi progetto. (SI ALZA; NERVOSAMENTE)... e il generale che non si vede ancora!... (SI APRE LA PORTA E APPARE MARIO IN ABITO NORMALE, MA CON CALZONI ALLA CAVALLERIZZA E STIVALI)... ah, finalmente!... (MARIO ENTRA CON PASSO STANCO, SENZA GUARDARE IN FACCIA GLI ALTRI)... la vostra presenza era indispensabile: ci sono da prendere immediate decisioni... (MARIO GUARDA FUORI DALLA FINESTRA E ALZA LE SPALLE)... non siete del mio parere? (ALTRA ALZATA DI SPALLE)... forse perché non siete ancora al corrente, ma la situazione sta precipitando. Prima di tutto non possiamo più far conto sull’alleanza che voi davate per sicura... poi, i nostri disegni sono ormai di dominio pubblico, per cui: o passiamo immediatamente all’azione, o rinunciamo per sempre... (ASPETTA UNA REPLICA CHE NON VIENE)... cos’è, non trovate nulla da dire?... (MARIO ALZA ANCORA LE SPALLE)... questa proprio non me l’aspettavo!... voi non finite mai di stupirmi. Dov’è il generale capace di capovolgere i suoi piani persino nel corso di una battaglia?... dov’è andato a finire il Napoleone Bonaparte delle decisioni fulminee?...
MARIO – (GIRANDOSI LENTAMENTE) Io non sono Napoleone Bonaparte...
ALESSANDRO – Che cosa ?!...
MARIO – Non sono quello che credevamo.
ALESSANDRO – Siete sicuro di sentirvi bene, generale?
MARIO – Io sto benissimo. E non chiamatemi più generale.
ALESSANDRO – E quando ve ne siete accorto?
MARIO – Stamani... (FA PER MUOVERSI, MA PORTA UNA MANO ALL’ANCA CON UNA SMORFIA DI DOLORE)... ah!...
ALESSANDRO – La ferita di Ratisbona?...
MARIO – Ma no...
ALESSANDRO – ... i postumi della Beresina?...
MARIO – Ho detto di no. Sono caduto da cavallo.
PROSERPINA – Il cavallo di San Giorgio?!...
MARIO – ... di San Siro... del maneggio.
ALESSANDRO– Siete uscito per andare a cavalcare?!
MARIO – Avrei voluto cavalcare, ma sono stato disarcionato.
ALESSANDRO – Si sarà trattato di un purosangue bizzoso.
MARIO – La verità è che non so stare a cavallo.
ALESSANDRO – Com’è possibile?!
MARIO – Ecco che lo capite anche voi! Come può Napoleone Bonaparte non sapere andare a cavallo?
ALESSANDRO – E allora avete concluso...
MARIO – ... che non sono Napoleone.
ALESSANDRO – E solo per questo mettete in dubbio...? Mi sembra eccessivo.
MARIO – E’ fondamentale, invece. Napoleone senza cavallo è come un uccello senza ali, un pesce senza pinne.
ALESSANDRO – Ma vi rendete conto della gravità della vostra decisione?... rinunciare così alla vostra personalità.
MARIO – E volete che continui ad appropriarmi di un personaggio che non sento più mio?
PROSERPINA – E di chi è adesso?
MARIO – Cosa volete che ne sappia! Mio, sicuramente no.
PROSERPINA – Ma dopo tanti anni... se nessuno l’ha mai reclamato... (MARIO FA UN GESTO DI INSOFFERENZA)
ALESSANDRO – Io consiglierei la prudenza. Non ci si può basare su un solo dubbio: ci vogliono altre prove.
MARIO – Ci sono. Le ho trovate analizzando dentro di me i sentimenti che mi legavano a Napoleone. Non era la sua corona d’imperatore che apprezzavo, e neppure mi piaceva il suo inserimento –familiari compresi– fra la nobiltà europea...
ALESSANDRO – Era il lato più simpatico del suo carattere.
MARIO – Ad affascinarmi erano le idee di progresso che si portava dietro, l’attacco deciso contro il feudalesimo. Napoleone per me era la vittoria del popolo sulla tirannia. Insomma, è stato proprio cercando nel profondo di me che ho scoperto chi sono veramente... e allora il mio personaggio è saltato fuori senza più ombre, in tutta la sua indiscutibile evidenza... (APRE UN LIBRO SU UNA PAGINA, LO PRESENTA A PROSERPINA E SI METTE DAVANTI A LEI DI PROFILO) ... guardi un po’... qui, la piega del labbro...
PROSERPINA – Sì... è proprio eguale...
MARIO – ... e la curva della mascella...?
PROSERPINA – ... è la stessa... è lei!
MARIO – Non ci sono più dubbi... sono io... io: Massimiliano Robespierre!
ALESSANDRO – Non pronunciate quel nome in mia presenza! La Russia non vuole aver niente a che fare con l’assassino di Luigi XVI e di Maria Antonietta.
MARIO – Lasciate queste decisioni ai rappresentanti del potere, amico mio.
ALESSANDRO – E non sono io il potere in Russia?
MARIO – No: il potere adesso è di Caterina II, vostra madre, caro Paolo I.
ALESSANDRO – (PIAGNUCOLANDO E BATTENDO I PIEDI PER TERRA) Mi avete cambiato nuovamente il personaggio! Io sono Nicola e non Paolo!
MARIO – Ma via, siate ragionevole: siamo nel 1793 e Nicola I nascerà fra tre anni!
ALESSANDRO – Tutto perché volete essere sempre voi a scegliere il mio personaggio! Trovatevi voi un contemporaneo di Nicola, anzi, di Alessandro da mettervi addosso.
MARIO – Volete tornare addirittura al personaggio di prima?
ALESSANDRO – Era quello che mi andava meglio di tutti.
MARIO – E invece dovete fare ancora un passo indietro e arrivare a Paolo I.
ALESSANDRO – Perché dovete scegliere voi anche questa volta?
MARIO – Non sono io a scegliere, ma la storia. La difesa degli umili e degli oppressi, la lotta per restituire al popolo i suoi diritti: questi sono sempre stati i miei ideali, così come lo sono di Robespierre.
ALESSANDRO – E perché, poi, io non dovrei essere al potere?
MARIO – Perché il potere se l’è preso vostra madre, portandolo via a Pietro III, il vostro... cosiddetto padre...
ALESSANDRO – “Cosiddetto”, perché?
MARIO – Andiamo, Paolo, lo sanno tutti che Caterina vi ha avuto con Soltykov, un ciambellano di corte.
ALESSANDRO – E io dovrei entrare nei panni di un bastardo?!
MARIO – Che cosa c’è da scandalizzarsi?!... siamo nella famiglia Romanov, no?!
ALESSANDRO – Io non accetto le vostre imposizioni!
MARIO – Beh, Paolo, non mi fate perdere la pazienza!
ALESSANDRO – Osate minacciarmi?!
MARIO – E’ per il vostro bene. Potrebbe saltarmi in testa di affidarvi il ruolo di Nicola II e mandarvi a Ekaterinburg nelle mani dei bolscevichi.
ALESSANDRO – Se devo cambiare personaggio, io pretendo di esercitare subito il potere.
MARIO – Non vi resta allora che infilarvi nei panni di vostra madre. Ma ve la sentite di svolgere tutte le sue funzioni?... anche quelle che pratica di solito con gli ufficiali della guardia imperiale?
ALESSANDRO – Glielo strapperò di mano il potere, come lei ha fatto con mio padre.
MARIO – ... dopo averlo prima accoppato. Va bene che Pietro III era un poco di buono, però, senza di lui lei sarebbe stata una ragazza madre, e voi un figlio di NN.
ALESSANDRO – Però resto sempre un figlio di...
MARIO – (INTERROMPENDOLO)... Ma Paolo... si tratta di vostra madre, la grande Caterina di Russia!
PROSERPINA – Allora, non devo più chiamarlo maestà?
MARIO – Per il momento, soltanto altezza.
PROSERPINA – E lei, generale?
MARIO – Solo cittadino, adesso. Così come lei è diventata la cittadina Proserpina. E ora, se permettete, devo preparare il mio discorso per la Convenzione... (SUONO DI CAMPANELLO)... chi sarà?
PROSERPINA – Devo andare ad aprire?
MARIO – E se fossero i miei amici giacobini?! Che figura ci faccio con lo zarèvich in casa?!
PROSERPINA – Dovrebbero proprio riconoscerlo.
ALESSANDRO – Se non lo so nemmeno io chi sono.
MARIO – (MARIO FA CENNO CON LA TESTA A PROSERPINA DI APRIRE. SULLA SOGLIA C’È LAURA L’ASSISTENTE SOCIALE) E’ lei, dunque!... avanti, si accomodi... lei conosce già i miei amici, vero?
LAURA – (ENTRANDO) Sì, li conosco, abitano anche loro nella zona che mi è stata affidata... (SIEDE)... l’amicizia dell’Istituto che continua, no?
MARIO – Infatti.
LAURA – Mi fa piacere trovarvi qui riuniti... per quello che vi devo dire e che avrei dovuto ripetere a ciascuno di voi... così basta una volta sola... (APRE LA BUSTA DI CUOIO ED ESTRAE UNA CARTELLA) Ho ricevuto uno strano rapporto dei carabinieri di Legnano... francamente non ci ho capito molto... (A PROSERPINA)... non potrebbe aiutarmi?
PROSERPINA – Volentieri... almeno fin dove ho capito io.
LAURA – Dunque... secondo questo rapporto, lei ieri sera si trovava nei dintorni di Legnano...
PROSERPINA – ... a San Giorgio su Legnano...
LAURA – ... dove era arrivata con l’intenzione...
PROSERPINA – ... di incontrare San Giorgio.
LAURA – (SCONCERTATA)... beh... comunque, quello che non capisco è perché ad incontrare San Giorgio l’abbiano mandata Napoleone Bonaparte e Alessandro I zar di tutte le Russie...
MARIO – Nicola I... tanto per la precisione storica.
PROSERPINA – Lei, signorina, deve sapere che la crudele Albione ride sulle scogliere di Dover...
LAURA – Chi è che ride, scusi?
MARIO – Perdonatemi se intervengo, ma perché parlare di cose ormai sepolte? quello che è accaduto a Legnano è stato frutto di un equivoco... (PROSERPINA S’È ALZATA LA VELETTA E SI STA MASSAGGIANDO L’OCCHIO)
LAURA – Che cos’ha fatto all’occhio?
PROSERPINA – Nulla... un equivoco.
MARIO – Una serie di coincidenze fortuite ci aveva fatto entrare in un periodo storico che non era il nostro.
LAURA – Ve ne siete accorti, dunque!
MARIO – Certo. Abbiamo chiesto scusa e siamo usciti subito.
LAURA – Tornando fra noi, finalmente!
MARIO – Ha detto “noi”? Sono felice che lei voglia prendere il suo posto, cittadina: io sono Massimiliano Francesco Isidoro Robespierre.
LAURA – (SCORAGGIATA) Oh, no!
ALESSANDRO – Perché questa volta ostentate il vostro personaggio, mentre quello di Napoleone lo tenevate ben nascosto agli estranei?
MARIO – Perché come Napoleone ero un fuggiasco con i nemici alle calcagna. Come Robespierre, invece, ho la Rivoluzione alle spalle. Che cosa devo temere con un popolo che mi ama e che odia quanto me l’aristocratica Inghilterra?
ALESSANDRO – Il progetto di portare l’attacco oltre la Manica è ancora vivo, dunque?
MARIO – E non abbiamo il diritto di difenderci contro chi alimenta la secessione della Vandea?
LAURA – Ma non avete mai avuto il dubbio di agitare dei fantasmi?
ALESSANDRO – Ognuno ha i propri fantasmi, signorina: i suoi frequentano gli uffici del servizio da cui dipende, i nostri popolano le corti di Pietroburgo e di Parigi.
LAURA – Le corti di un mondo che è scomparso.
MARIO– Che cos’ha da proporci, allora, un Mario Randi anonimo che divide la sua vita fra il lavoro, la casa, lo spettacolo televisivo? Un Mario Randi disperato o rassegnato di cui nessuno sentirà mai parlare?
LAURA – Io le propongo un Mario Randi che vuole ad ogni costo diventare un personaggio.
ALESSANDRO – E questa sarebbe la sua proposta?!
MARIO – Un momento!... la signorina ha detto una cosa importante... costruire il proprio personaggio... ma è un’idea formidabile!... e non ci avevamo mai pensato!... è l’uovo di Colombo, capite?!... finora, per vivere una vita decente, abbiamo rovistato nella storia per infilarci dentro i panni di qualcuno... ma ora possiamo fabbricarcelo, ognuno per conto proprio, il nostro personaggio...
PROSERPINA – E come si fa?
MARIO – Si vive!... era così semplice, eppure non ci è mai venuto in mente... ci voleva proprio lei, con la sua saggezza...
LAURA – Il mio è un semplice suggerimento.
MARIO – No: è un’idea sconvolgente... Mario Randi è solo uno scheletro da rimpolpare, una gruccia sulla quale appendere gli abiti, una tela bianca da dipingere... capite l’importanza? Non devo più tenere la mano infilata qui... (METTE LA MANO NEL RISVOLTO DELLA GIACCA, ALLA NAPOLEONE)... se mi va di tenerla in tasca... e non devo più difendermi per aver ghigliottinato Luigi XVI e Maria Antonietta... da ora in poi risponderò soltanto delle mie azioni...
ALESSANDRO – Azioni di un insignificante Mario Randi, un povero plebeo qualunque.
MARIO – Ma vivo!... capite la novità? Un Mario Randi che ha deciso di giocarsi la sua esistenza con i suoi muscoli e con il suo cervello... un Mario Randi che riscopre il sapore delle cose più semplici: passeggiare per una strada, parlare con un conoscente, leggere un giornale...
ALESSANDRO – ... immerso nello squallore quotidiano...
MARIO – ... ma respirando il profumo della contemporaneità, non la polvere della storia!
ALESSANDRO – ... il profumo della mediocrità più assoluta.
MARIO – Volete capire che dipenderà da noi, soltanto da noi, se le nostre azioni saranno più o meno importanti?! Credete che la celebrità scenda solo sulle persone che contano? Chiunque può conquistarsi la sua parte di fama, può trovarsi all’improvviso al centro dell’attenzione di tutti... (A LAURA) mi presta un attimo il giornale...?
LAURA – (PORGENDOLO) Eccolo.
MARIO – (COMINCIA A SFOGLIARE E A LEGGERE I TITOLI)... scandalo... no... rapina alla... no... arrestati in piazza... no... ucciso... no... (ORMAI HA SFOGLIATO TUTTO IL GIORNALE)... possibile che non ci sia neppure una notizia decente... (SCRUTA L’ULTIMA PAGINA)... una sola, dico... (L’HA TROVATA IN FONDO ALLA PAGINA)... Finalmente!... ero sicuro di trovarla: “La leonessa dello zoo ha partorito un leoncino”... visto?... anche una povera bestia rinchiusa in una gabbia può avere il suo momento di celebrità!...
LAURA – Quello che sta dicendo è molto bello... se lei potesse convincere anche i suoi amici...
MARIO – Ma certo che si convinceranno. Stia a vedere... voi, maestà... cioè, tu, come ti chiami?
ALESSANDRO – Alessandro... no, Nicola... cioè, Paolo... mi sembra...
MARIO – Al secolo, intendevo.
ALESSANDRO – Dario.
MARIO – E poi?
ALESSANDRO – Spizzichini.
MARIO – Come?
ALESSANDRO – Spizzichini.
MARIO – (AGLI ALTRI)... si chiama Spizzichini, avete capito... e voleva fare lo zar di tutte le Russie!
ALESSANDRO – E’ un nome come gli altri, il mio.
MARIO – Ma certo!... e dimmi un po’, Spizzichini, cos’hai intenzione di fare, scendendo dal trono?
ALESSANDRO – Ho un fratello che ha un forno a Porta Ticinese... mi dice sempre di andare a lavorare con lui.
MARIO – Perfetto!... io, invece...
LAURA – Lei è un professore di storia e, prima di andare all’Istituto, stava scrivendo un saggio su Bonaparte. Il suo è stato un fenomeno di identificazione... capita, a volte.
MARIO – Un saggio ha detto?... ma allora dovrebbe esser qui... (CORRE AD APRIRE UN CASSETTO E TIRA FUORI UN FASCIO DI CARTE)... c’è!... (LEGGE I TITOLI DEI CAPITOLI SALTANDO LE PAGINE)... l’infanzia... ufficiale d’artiglieria... comandante dell’armata d’Italia... la spedizione in Egitto... la battaglia di Wagram... è proprio questo!... che gioia averlo ritrovato! (SFOGLIA IL MANOSCRITTO)... lei, signora Proserpina, sa scrivere a macchina?
PROSERPINA – No, signor professore..
MARIO – Imparerà... e così, incomincerà a costruire il suo nuovo personaggio di dattilografa... anzi, di collaboratrice alle ricerche. E’ d’accordo?
PROSERPINA – Prima la consulente, ora la collaboratrice... per me va bene lo stesso.
MARIO – Tutto a posto. Visto, signorina? In fondo è stato piuttosto facile.
LAURA – Ha fatto una cosa meravigliosa, signor Randi, e io gliene sono riconoscente.
MARIO – E’ stata lei a metterci sulla buona strada. Lo scriva nel rapporto che manderà alla sua direzione.
LAURA – Scriverò soltanto che, grazie a lei, non ci devono essere preoccupazioni per la zona del Carrobbio.
MARIO – Non sia così sicura. Chissà che nella costruzione dei nostri nuovi personaggi non saltino fuori dei lati sgraditi alla sua direzione.
LAURA – Conto sul suo buonsenso, signor Randi.
MARIO – Debbo presumere che non la vedremo più dalle nostre parti.
LAURA – Non credo. Mi verrà affidato certamente un altro incarico.
MARIO – Mi dispiace: la sua presenza mi era diventata simpatica.
LAURA – (SI ALZA) Grazie, signor Randi. E mi faccia leggere il suo saggio quando l’avrà finito... (DA’ LA MANO AI TRE)... buona fortuna, signor Spizzichini... signora Pina...
PROSERPINA – Anche a lei, signorina.

MARIO – (MARIO ACCOMPAGNA LAURA, CHIUDE LA PORTA, GUARDA GLI ALTRI E TIRA UN RESPIRO DI SODDISFAZIONE) Ce ne siamo liberati, finalmente!
PROSERPINA – Povera ragazza, non era mica antipatica.
MARIO – Esercitava un controllo su di noi; era il braccio dell’Istituto qui al Carrobbio.
ALESSANDRO – Per me poteva continuare a controllare... ormai siamo rientrati nella normalità.
MARIO – Rientrati dove, se non è cambiato nulla?!
ALESSANDRO – E la costruzione del nostro nuovo personaggio, allora?
MARIO – Ma dico... non avrete mica creduto a quello che ho raccontato poco fa?!
ALESSANDRO – Non era vero?!
MARIO – Ma era un trucco per allontanare per sempre quella ficcanaso.
ALESSANDRO – E io che ci avevo creduto!
MARIO – Andiamo, via... è stata una bella ingenuità la vostra!...
ALESSANDRO – Eppure, costruire il mio personaggio mi affascinava, in fondo... mi avevate convinto.
MARIO – Costruirlo su che cosa... sul fornaio Spizzichini?
ALESSANDRO – (RISENTITO) Come sarebbe a dire?!
MARIO – Calma! Non voglio offendere nessuno. Dico il fornaio Dario Spizzichini, come l’imbrattacarte Mario Randi... è un po’ diverso cominciare a mettere le mani su uno zar di Russia e un imperatore dei francesi.
PROSERPINA – E io su che cosa lo costruisco il mio? A me non pensa mai nessuno, vero?
MARIO – Lei ha una posizione di privilegio, invece: lei è stata scelta da un santo per i suoi contatti con gli umani. Essere in comunicazione con San Giorgio, non le basta?
PROSERPINA – (STROPICCIANDOSI L’OCCHIO SOTTO LA VELETTA) Oh, mi basta... mi basta!
ALESSANDRO – Da quel che ho capito, avreste abbandonato il panni di Robespierre, per riprendere quelli di Napoleone.
MARIO – E’ bastata un’occhiata al mio saggio per convincermi: certi particolari della sua vita non poteva conoscerli che lui stesso. Napoleone sono io, senza ombra di dubbio.
ALESSANDRO – E il cavallo?
MARIO – Sono due secoli che non cavalco. Posso avere disimparato dopo due secoli, no?
ALESSANDRO – (IRONICO) Ritorneremo a scuola d’equitazione.
MARIO – Potrebbe essere un’idea. Siamo all’indomani di Wagram: ormai ho libero accesso in Austria e a Vienna ci sono i migliori istruttori.
ALESSANDRO – Così, come al solito, voi costruite il vostro personaggio senza pensare a quello degli altri.
MARIO – Che cosa volete dire?
ALESSANDRO – Che io Paolo non me lo sento addosso e che non voglio entrare nei suoi panni!
MARIO – Tutti duri di testa, voi Romanov, eh?!... e anche ignoranti. Siamo All’indomani di Wagram, ho detto, Studiate la storia, una buona volta! Siamo nel 1809 e adesso sul trono degli zar c’è Alessandro I!
ALESSANDRO – Alessandro!... sono di nuovo Alessandro, dunque?!
MARIO – Era quello che volevate, no?
ALESSANDRO – Ora sì che mi sento a mio agio!
MARIO – Mettetevi in ordine, allora: andiamo a passare in rassegna le mie truppe dopo la battaglia di Wagram.
ALESSANDRO – Le truppe francesi?!
MARIO – Che c’è di strano? Dopo il trattato di Tilsit fra noi c’è la pace.
ALESSANDRO – Faccio in un minuto, allora, aspettatemi...! (APRE LA SUA VALIGETTA, TIRA FUORI LA GIACCA CON LE DECORAZIONI E L’INDOSSA. ANCHE MARIO S’INFILA LA GIACCA DA NAPOLEONE)
MARIO – Venga anche lei, signora Proserpina, e prenda degli appunti.
PROSERPINA – Mi devo costruire come collaboratrice alle ricerche o come giornalista?
MARIO – E’ una ricerca, naturalmente... note dal vivo, aneddoti preziosi da inserire nel saggio. Tutta roba di cui i posteri sono golosi.
PROSERPINA – Allora vengo, generale.
MARIO – Maestà, se non le dispiace: da cinque anni sono l’imperatore dei Francesi.
ALESSANDRO – (ARRIVA ABBOTTONANDOSI LA GIACCA)... Sono pronto.
MARIO – (DA’ UN’OCCHIATA ALLE DECORAZIONI DELL’ALTRO)... La medaglia dei decabristi... è vostro fratello che l’ha guadagnata.
ALESSANDRO – Già... è vero! (STACCA LA MEDAGLIA E SE L’INFILA IN TASCA. AVANZA IMPETTITO ACCANTO A MARIO VERSO IL BOCCASCENA. PROSERPINA SEGUE I DUE)
MARIO – Ecco i miei soldati, maestà, vedete?... la cavalleria... l’artiglieria... le truppe di Marmont... quelle di Oudinot... e gli altri... qui davanti c’è la mia guardia imperiale... vedete quanti vuoti fra loro?... la battaglia è stata dura per passare il Danubio... un inferno di fuoco scatenato dagli austriaci, ma i miei ragazzi ce l’hanno fatta... come a Marengo, come a Austerlitz, come a Jena... (A PROSERPINA)... ha scritto, signora Proserpina?
PROSERPINA – Sto terminando.
MARIO – Sa, certe frasi mi vengono meglio dal vivo... (AD ALESSANDRO)... ed ora, maestà, andiamo ad abbracciare quei valorosi.
ALESSANDRO – Volete scendere in mezzo alle truppe?
MARIO – L’ho sempre fatto e non vedo perché ora... (A PROSERPINA) e lei prenda nota di tutto,mi raccomando... (E’ IN MEZZO ALLE TRUPPE)... sergente Coujard, noi ci conosciamo da un pezzo, vero?... perché vi presentate al vostro imperatore con la divisa in disordine?... capisco, un colpo di sciabola... allora, ci vorrà una medaglia al valore per nascondere quello strappo... (AD ALESSANDRO)... mica male la battuta, vero? farà un grande effetto quando la racconteranno.
ALESSANDRO – Sono i fatti, maestà, che vengono ricordati, non le parole.
MARIO – Ma se un mio generale è diventato famoso con una sola parola.
ALESSANDRO – Possibile?!
MARIO – Il generale Cambronne. (A PROSERPINA)... signora Proserpina, mi scusi, di là c’è un giradischi già pronto: le dispiace metterlo in moto?
PROSERPINA – Subito, maestà. (ESCE A SINISTRA)
MARIO – (AD ALESSANDRO) Adesso scendiamo nel solenne e un po’ di musica ci vuole, non vi pare? (SI ODONO IN SOTTOFONDO LE NOTE DI UNA MARCETTA MILITARE)
PROSERPINA – (RIENTRANDO) Ecco fatto.
MARIO – Grazie. (DI NUOVO PERSONAGGIO)... sottotenente Michelet!... il vostro comandante mi ha raccontato di come vi siete distinto in battaglia... siete un valoroso!... venite a stringere la mano al vostro imperatore... via, non esitate, porgetemi la destra...
ALESSANDRO – Non può, maestà... non ha più la mano. Vedete?!
MARIO – (AD ALESSANDRO)... Bello, Alessandro!... che trovata formidabile!... (A PROSERPINA)... e lei, scriva, scriva!... (DI NUOVO PERSONAGGIO)... è vero, scusatemi!... un colpo di cannone, immagino... come farete ora a impugnare la sciabola per condurre i vostri uomini all’attacco?... per un sottotenente è indispensabile avere tutte e due le mani... ma a un colonnello può bastarne una sola!... Maestà, vi presento il colonnello Michelet! (A BASSA VOCE) attento ora a cosa succede... (DI NUOVO PERSONAGGIO)... no, non ringraziatemi... non gridate “viva l’imperatore”... gridate invece “viva l’esercito dell’imperatore”... “viva l’esercito vittorioso di Francia”... (MUSICA IN CRESCENDO)... sì, gridate “viva la Francia”... sempre!
ALESSANDRO – (PER RIPICCA) Viva la Russia!
MARIO – Viva la Francia!
ALESSANDRO – Viva la Russia!
MARIO – Viva la Francia!

B U I O