Immacolata Concezione

di Joele Anastasi

Da un’idea di Federica Carruba Toscano e con il contributo drammaturgico di Alessandro Lui

© 2017. Tutti i diritti sono riservati

 

 

PERSONAGGI

Concetta.
Don Saro La Rocca, signorotto del paese teatro della vicenda, ambientata alla vigilia della seconda guerra mondiale.
Padre di Concetta.
Donna Anna, tenutaria del bordello del paese, interpretata da un uomo: ossia, lo stesso attore che interpreta il padre di Concetta.
Padre Gioacchino.
Turi, giovane al servizio di don Saro La Rocca.
Pastori.
Prostitute del bordello.
Ragazzi, giovani del paese che non hanno ancora i privilegi degli adulti, per cui non possono entrare al bordello.
Uomini del paese: Pasticciere, Barbiere, Fruttivendolo, Padre di Tonino.

 

 

PROLOGO


Dei pastori trascinano una donna nuda con delle campane al collo. È Concetta, pronta per essere lavata.

PADRE DI CONCETTA ~ Donna Anna. Facitimi un favore donna Anna. Non sacciu comu fari[1]. I capri. I me’ beddi capruzzi. Mossiru tutti[2], donna Anna. A lingua c’addivintau tutta blu. Prima a una. Poi a ’n’autra e poi a ’n’autra ancora. Io pensavo che era ’na cosa da poco donna Anna. Ca i puteva curari i me’ beddi capruzzi. E ci canciava ogni iornu l’acqua[3]. E ci davo u manciari bonu. E i lavava, donna Anna. I lavava tutt’iorna, con tutta la forza ca c’aveva. Accussì da maliritta peste s’inni puteva iri[4]. Ma la peste non se ne andava, donna Anna. Pigghiai un cuteddu[5], donna Anna. L’appa ammazzari[6] a una a una i me’ beddi capruzzi malati. Le ho seppellite con le mie mani. A un’a una. E ora chianciu tutt’i notti[7]. A me’ stadda è vacanti e non munciu chiù[8]. E niente più latti. Nenti chiù capri. Facitimi un favuri, donna Anna. Voi che siete così generosa e disponibile. U vostru è u burdello chiù rispettato di tutta l’isola. Picchì ogni misteri c’ava a so dignità[9]. Ma iu senza i me’ capri, non sugnu chiù nenti[10]. Aiutatemi, donna Anna. Mi rissuru ca c’aviti ’na capra ’ianca e sana[11] e che ’sta capra è gravida, donna Anna. Iu con la vostra capra putissi canciari a me’ sorti e putissi accuminciari a me’ vita di novu[12]. Vossia c’avi qualche cosa ca putussi aggiuvari chi’ ossai a mia… ma iu cill’haiu quacchi cosa ca putissi fruttarsi megghiu a vossia[13]. Me’ figghia Concetta, donna Anna. Pigghiativilla[14]. Pigghiativilla nô vostru Bordello. È in salute a carusa. Non c’ha mancatu mai u manciari[15] e non ha avuto mai nessuna malattia. È ancora Vergini donna Anna. Lassatili perdiri[16] le voci ca dicunu ca è ’n poco scema. A figghia parra picca[17] e non disturba mai. Sulu chistu[18] donna Anna. A l’omini ci putissi piaciri ’na criatura semplici comu a idda[19]. Ni sapi poco di ’sti cosi di l’amuri e du piaciri ma câ vostra guida putissi imparari tutt’i cosi[20]. Facemu ’stu scanciu[21] donna Anna. Pigghiativi a me’ figghia Cuncetta ca iu câ vostra capra gravida pozzu turnari a travagghiari e a essiri omo[22]. Ridatemi la dignità, donna Anna. Pigghiativvila. Pighiativilla a Cuncetta. Pigghiativilla… (Effettua un cambio d’abiti e diventa donna Anna)

 

 

AL BORDELLO UNA NUOVA RAGAZZA È ARRIVATA


DONNA ANNA ~ … Pigghiativilla… Pigghiativilla… Ah! Facitimi viriri[23] ’sta carusa, forza. Vediamo furriati. Gira. Gira ancora.

Concetta gira su se stessa. I pastori iniziano a vestirla da prostituta.

Alza. Alzale queste braccia. E scioglitilli ’sti capiddi fozza. Il petto bonu è. Abbondante come ci piaci a iddi. Ci basta questo per piazzarla bene. Certo però ca ’stu surriso di babba a mia mi fa veniri sulu i nervi… Mi sa ca c’amu a ’nsignari[24] tanti cosi. Le mie sono ragazze di un’altra pasta veramente, ma nel mezzo una in più male non può fare… Ma se non fa niente, se non guadagna e finisce solo che la devo tenere qua pulita, vestita, sistemata e mangiata, io ve lo giuro che ve la porto indietro e mi tornate la mia capra. Ché qua tempo non ne possiamo perdere. C’ho una reputazione da mantenere. Il tempo è denaro ma anche rispetto. E io il rispetto me lo sono guadagnato. O che vi pare a voi? Che aprono le cosce, quattro colpi ed è tutto finito? Io gestisco questa casa da ventitré anni e sbatto dalla mattina alla sera per mantenere una qualità impeccabile. Le regole! Le regole vanno rispettate. Ma, a mia, chi mi cuntati[25]? Io ce lo dico il primo giorno quando arrivano qua. Ci faccio fare prima il giro del bordello e poi ci cumincio ad elencare i sette comandamenti della casa chiusa. Non è difficile.

La vestizione della giovane, intanto, è giunta al termine.

Uno: le signorine vengono visitate regolarmente dal dottore, picchì devono essere sane e pulite. Due: le signorine non escono durante le ore del giorno, perché non devono disturbare il cosiddetto “pubblico decoro”. Tre: le signorine non parlano dei clienti. Né con gli altri clienti, né con le altre signorine, né con nessuno. Quattro: le signorine non solo non scelgono i clienti ma manco scelgono quello che devono fare. Loro devono soddisfare tutti i desideri dei clienti. Cinque: le signorine non s’innamorano dei clienti. Sei: le signorine non c’addumannanu[26] fatti privati ai clienti. Mute. Sette: le signorine non possono avere figli. È difficile è? Ah, è difficile? Tutto quello che devi fare è capire quello di cui hanno bisogno e farlo. Scegliti un nome che ti piace. Usa quello. Ma ora basta parrari[27]. Basta. Spargete la voce. Al bordello una nuova ragazza è arrivata.

 

 

I RAGAZZI DEL PAESE


DONNA ANNA ~ Quello di cui hanno bisogno, Concetta…

Accorrono uomini alla notizia di una nuova prostituta: prima uno, poi un altro, un terzo e altri ancora.

RAGAZZI ~ È arrivata una nuova. Una nuova è arrivata. Concetta. Che bellu pettu. È arrivata Concetta. La buttana nuova.
RAGAZZO 1 ~ Carusi, è troppu bedda! Avi du’ minni ca parunu du’ muluni[28]. Vû giuru. Ci pigghiassi a muzzicuni[29]!
RAGAZZO 2 ~ Minchia. Carusi, avi i capiddi ca c’arrivanu o culu[30]! Giuru. Ci vasassi pari pari[31]!
RAGAZZO 3 ~ Madonna quanto è bona! Ve lo giuro! Me la voglio fidanzare!
DONNA ANNA ~ Bella mia. Sei fortunata. Cominci subito con gli uomini più importanti del paese. Prima ti vedi con don Saro La Rocca. Non c’è bisogno che ti spiego chi è lui. La regola vuole che ogni ragazza nuova prima deve passare da lui e non c’è storia! Gli dobbiamo tutto a lui, va bene? Lo sai no, che è il signore del nostro paese. E la sua parola è legge per noi. Quindi fai tutto quello che ti dice. E non lo fare arrabbiare se non vuoi finire scannata come le capre di tuo padre.
Quando avrai finito sarà più o meno mezzogiorno. A mezzogiorno di ogni lunedì viene qua Padre Gioacchino che ci offre la confessione e l’assoluzione in gran segreto. Solo quello. Lo sai no, che in chiesa noi non ci possiamo entrare? Ma Padre Gioacchino è troppo buono. Uno dei pochi uomini di chiesa onesti ca è capitato qua in ventitré anni. Sei fortunata che cominci di lunedì così lo vedi subito. Trattameli bene, mi raccomando!

 

 

LA PRIMA VOLTA AL BORDELLO


Don Saro e Padre Gioacchino. Ognuno, separatamente, si rivolge a Concetta.
A seguire, donna Anna.

DON SARO ~ Buongiorno signorina.
PADRE GIOACCHINO ~ Buongiorno Concetta, finalmente!
DON SARO ~ Ho saputo che siete al primo giorno.
PADRE GIOACCHINO ~ Mai avrei voluto trovarti qua.
DON SARO ~ È la prima volta che vi vedo.
PADRE GIOACCHINO ~ Tua madre mi ha raccontato tutto. Povera donna. Piange sempre per te.
DON SARO ~ Ma non siete forestiera, giusto?
PADRE GIOACCHINO ~ Mi ha chiesto di pregare per te. Lei dice che non c’ha la forza.
DON SARO ~ Non ho molto tempo, vulissi cominciare subito.
PADRE GIOACCHINO ~ Non sai quanta ansia avessi di venire prima possibile.
DON SARO ~ Avete proprio dei begli occhi, lo sapete?
PADRE GIOACCHINO ~ Ma il tuo sorriso mi dà gioia, lo sai?
DON SARO ~ Da come mi guardate, sembrate una che non conosce la paura.
PADRE GIOACCHINO ~ Le dirò che ti ho vista serena.
DON SARO ~ C’è molto caldo qui dentro.
PADRE GIOACCHINO ~ Devi essere forte, Concetta.
DON SARO ~ Aprite le finestre.
PADRE GIOACCHINO ~ A volte il destino ci riserva delle sorti inaspettate.
DON SARO ~ Portatemi una sedia per favore. Ho bisogno di sedermi.
PADRE GIOACCHINO ~ È il modo che Dio ha per parlarci, Concetta.
DON SARO ~ Le gambe mi tremano.
PADRE GIOACCHINO ~ Io sono qui per indicarti la strada quando ti sentirai smarrita.
DON SARO ~ Ma come vi chiamate?
PADRE GIOACCHINO ~ Ah, Concetta. Concetta mia.
DON SARO ~ Non mi guardate così, vi prego.
PADRE GIOACCHINO ~ Non sai quante volte anche io mi sono chiesto perché…
DON SARO ~ Ma dove sono?
PADRE GIOACCHINO ~ … Che strano disegno avesse per noi, il nostro Dio…
DON SARO ~ Come avete detto che vi chiamate?
PADRE GIOACCHINO ~ Avete appena finito con lui, è vero?
DON SARO ~ Voi mi state facendo uno strano effetto, lo sapete?
PADRE GIOACCHINO ~ Ah, Concetta mia. Tu non hai bisogno di assoluzioni e confessioni.
PADRE GIOACCHINO e DON SARO ~ Sei la prima a cui dico queste cose.
DON SARO ~ Perdonatemi. Non so che cosa mi succede.
PADRE GIOACCHINO ~ Dio non me ne voglia.
DON SARO ~ Che cosa ho fatto?
PADRE GIOACCHINO ~ Ma io non l’accetto.
DON SARO ~ Perdonatemi. Verrò a trovarvi ogni volta che posso.
PADRE GIOACCHINO ~ Perdonami, mio Dio, per queste mie parole. Ti prego Concetta vienimi a trovare quando vuoi. Non posso saperti qui a soffrire le torture della carne. Non posso accettare di vederti un solo giorno a settimana. Un solo giorno non può lenire tutte quelle ferite. Prima che venga il mattino, quando ancora il paese dorme, prendi la strada della campagna che dà sul retro e vieni verso la chiesa. Concetta, entra dalla cappella del retro e sali fino al campanile. Troverai la porta aperta ogni giorno, se lo vorrai: ho bisogno di saperti al sicuro; prova a vivere pensando che questa è la tua casa. Ed ogni notte potrai finalmente rientrarci in casa tua. E le giornate qui al bordello sono solo una parentesi. Il bordello non è casa tua. Tu sarai come una figlia per me.
DONNA ANNA ~ Non so proprio chi ci facisti a don Saro. Ma è pazzo di te. Brava. Evidentemente impari in fretta. E ti avevano venduto come una principiante! Altro che capre, conigli! Ma lo dovevo immaginare. Tutte quelle che hanno quel sorriso da sceme, su’ i megghiu buttanazze[32]!

 

 

LE CILIEGIE TROPPO DUCI[33]


Una folla di uomini, festosi e acclamanti, aspetta di entrare da Concetta.

DONNA ANNA ~ Ti volevo dire una cosa, Concetta. Ti consiglio di non esagerare troppo con queste prestazioni ‘speciali’ figghia mia… Le voci corrono in fretta. Sei diventata già popolare. Tutti chiedono di te. Ma sei all’inizio. Vuoi svelare tutti i tuoi trucchi subito? Poi dopo che ci fai? È meglio che stai calma, e soprattutto che stai al tuo posto… Tu sei nuova. Non lo sai che cosa sono in grado di fare le mie ragazze quando non travagghianu[34]. Possono essere molto dispettose. Ti consiglio di faritilli[35] amiche. U sai quanto tempo c’è per fare follie, figghia mia? Ne avrai di tempo quando nessuno farà più la fila per te… e sarai ‘superata’. Allora ti giuro che le carni tue si venderanno, da sole, pure o diavulu. Questa casa funziona da tanti anni perché è equilibrata, moderata. Qua celebrità non ne esistono. Non ti mettere cose strane per la testa e se per caso don Saro torna troppo spesso tu dicci che ci sono anche altre ‘più antiche’ che chiedono di lui e hanno tanto cuore di vederlo. Per ora sei giovane e candida figghia mia. Ma le ciliegie troppo duci finiscono per stancare presto. Allora meglio lasciarle un po’ più sull’albero e coglierle dopo, quando il gusto sarà più moderato. Sempre che non arrivi u temporale a portarsele via. Ascutami, non ci pistari i peri a nuddu[36].

 

 

LA FAMA DI CONCETTA


DON SARO ~ Turi. Figghiozzu me’. Veni cà. Fammi ’n’favuri. U sai ca sulu di tia mi pozzu fidare[37]. A fortuna pi tia vosi ca me’ mugghieri non mi resi mancu ’n’figghiu masculu[38] e tu u sai ca in tutti questi anni tu sei quello più vicino ad un figlio per me. Anzi anche meglio, ci sono cose che a un figlio non si possono raccontare. Turi, a canuscisti[39] a Concetta, la nuova arrivata a casa di donna Anna? No? Allora non canuscisti a megghiu criatura do’ munnu[40]. È un’esplosione per i carni. Comu un focu ca ti fa avvampari tuttu paru[41]. Ma non è chistu ca ti vogghiu cuntari[42]. Ho bisogno di tia. Ci vogghiu accattari quacchi bellu gioiello[43]. Vacci tu Turi a pigghiari[44] qualche cosa. Ah Turi. Mi raccomando, mi parissi quasi un incesto se tu canuscissi meglio[45] a Concetta… L’amore de’ carni è megghiu ca sulu unu per famigghia u canusci[46]. Ma sacciu beni[47] che non ho bisogno di raccontartela questa storia.

Turi, lasciato il suo padrino, va alla finestra del bordello e, tra le altre prostitute, spia Concetta.

CONCETTA ~ Uno… le signorine… vengono visitate dal dottore! Sane e pulite… Cinque. Le signorine non s’innamorano dei clienti. Tre… le signorine non parlano dei clienti. Né con le altre signorine né con nessuno. Sei… le signorine… non c’addumannanu fatti privati ai clienti… Mute! Mute…
PROSTITUTA 1 ~ Turi.
PROSTITUTA 2 ~ Turi mio.
PROSTITUTA 3 ~ Bellezza.
PROSTITUTA 1 ~ Turi!
PROSTITUTE ~ (insieme) Turi bello! Fai bene a non andare da Concetta. I cosi ca fa idda su’ mavarie[48]!
PROSTITUTA 1 ~ Forse, è una strega. Non è possibile.
PROSTITUTA 2 e 3 ~ Si viri ca idda[49] non è normale.
PROSTITUTA 1 ~ E poi è sfacciata!
PROSTITUTA 2 e 3 ~ Comu ti talia nta l’occhi[50] senza pentimento.
PROSTITUTA 3 ~ A mia mi rissuru ca… ca quannu unu è… ’n’anticchia allalatu[51]… ritardato va’… È picchì u diavulu ci è entrato di dentro.
PROSTITUTA 2 ~ Per mia, è malignu! È tintu[52] il sangue ca ci scorre dentro le vene.
PROSTITUTA 1 ~ Come si dice? Guardati dagli storpi e dai segnati da Dio…
PROSTITUTA 2 e 3 ~ Picchì?
PROSTITUTA 1 ~ Perché c’hannu u diavulu di dentro. E guai a toccarlo quel sangue, perché può tramutare tutte le cose.
PROSTITUTA 1 ~ Turi! Ch’è? Ch’è Turi? Amunì… ti scanti[53]? Tu… tu si u diavulu in persona. Vieni qua, vieni… ca ti fazzu arricriari tuttu[54]!
PROSTITUTA 2 ~ Turi! Noi volevamo sapere che cosa fa ’sta fimmina di tanto speciale che noi non facciamo.
PROSTITUTA 3 ~ Quali buchi nuovi si è inventata? Che, per caso, si è aperta la carne in qualche altro posto particolare?
PROSTITUTA 1 ~ Che c’ha? Quattro minne? Quattro bocche? Quattro mani?
PROSTITUTA 1 ~ Turi.
PROSTITUTA 2 e 3 ~ Turi!
PROSTITUTA 1 ~ Tu che sei devoto a noi e all’onore di don Saro, vacci.
PROSTITUTA 2 e 3 ~ Vacci Turi!
PROSTITUTA 1 ~ Vai a vedere che cosa propone questa maligna. Che non c’è merce che possa regalare lei, che noi non possiamo offrire per quattro volte.

 

 

IL FANTASMA


TURI ~ Turi, se’. U me’ nomi è Turi. Che pure ho dimenticato perché mi chiamo così. Turi, u picciriddu che voleva diventare presto grande. Turi, u malandrinu che vuole essere qualcuno. U focu che abbrucia tutte queste malefiche signorine. Turi, chiddu spettu che sta a lato di don Saro, ’stu patri novu che però padre non è. Ma non c’è nuddu a guardare verso di te, Turi, u vvo’ capiri o no? Non c’è nuddu ca t’aspetta a notti. E ora che sei uno che conta, Turi, che cosa è cambiato? Vulissi chiuriri l’occhi e dirti, pà iu tutti ’sti cosi i fazzu pi tia. Ma comu è possibili, se io di tia non sacciu nenti? Se non sacciu mancu come è fatta a to’ faccia… che quannu mi taliu o specchiu, certi voti, non sacciu ricanusciri neppure la mia di faccia. Perché la verità è che chi non sapi da unni veni, non po’ vaddari ravanzi a iddu. Mi hanno detto solo ca u sciglisti tu ’stu nomi me’. Salvatore, detto Turi. E allora iu i chiuru l’occhi e t’addumannu: pà ma com’è ca si fa ’sta cosa? Com’è ca si impara a viviri? Com’è ca s’addiventa qualcuno? Ma tu non ci si e di tia m’arristau sulu ’stu nomi. Salvatore, di chi? Solo di me stissu. E allora pà, dimmillu tu com’è ca s’addiventa omini. Dimmillu tu com’è che uno si pigghia chiddu chi voli. Dimmillu tu, ca non ci si. (Entra nel bordello ma poi se scappa e si sentono solo le voci delle prostitute)
PROSTITUTE ~ Allora? Com’è? Ci facisti l’amuri?
TURI ~ Sì…
PROSTITUTE ~ E che fa di tanto speciale che noi non facciamo?
TURI ~ Niente.
PROSTITUTE ~ Niente! Niente!
PROSTITUTA 1 ~ Lo sapevo.
PROSTITUTA 2 ~ Anche io lo sapevo.
PROSTITUTA 3 ~ Pure io lo sapevo.
PROSTITUTA 1 ~ È solo la fama dell’inizio. Per adesso è una babba famosa. Ma presto rimarrà ’na babba e basta.

 

 

L’INCONTRO


CONCETTA ~ (dalla finestra del bordello, fischia aiutandosi con le mani, finché s’interrompe. Poi, a Turi) Ciao…

Lui non risponde.

Ma che fa, non parli? Sei allallato pure tu?
TURI ~ (avvicinatosi alla finestra) Ciao.
CONCETTA ~ Ah, tu no! Hai visto…
TURI ~ Ho visto… Allora che dobbiamo fare? Dai…
CONCETTA ~ Non lo so, tu che vuoi fare?
TURI ~ Io?… Non lo so…
CONCETTA ~ È normale… tutti alla prima volta non sanno che fare.
TURI ~ Oh ma che stai ricennu[55]? Quale prima volta!
CONCETTA ~ (ride) Che bella voce che c’hai.
TURI ~ Grazie.
CONCETTA ~ Mi ricorda chidda di mio padre. Quannu a notti, salutava i so’ capruzzi prima di dormiri.
TURI ~ A tia non ti salutava?
CONCETTA ~ No… Ogni tanto, ma di iornu… Sulu ca di iornu ci su tanti voci e tanti rumori ca s’impastanu[56].
TURI ~ Ma qua, puru di notti mi sa a mia, ni ’sti patti tua…[57] Cu tutta a genti ca fa’ trasi e nesci da to’ potta[58].
CONCETTA ~ Sì, sì… ma su’… voci diverse…
TURI ~ Eh. Ci criru. Più che voci, schigghi[59].
CONCETTA ~ (fa un urlo) Tipo questo?
TURI ~ Non lo so. Tu me lo devi dire.
CONCETTA ~ No, ma sulu qualche cliente. Tipo… Tonino, quando s’addivetti assai[60]. (Ride)
TURI ~ Beato Tonino.
CONCETTA ~ Ma pure io m’addivettu.
TURI ~ Eh certo. Non avia dubbi. Per essere così richiesta.
CONCETTA ~ Mah…
TURI ~ … Ti sei offinnuta[61]?
CONCETTA ~ No!
TURI ~ Bene.
CONCETTA ~ È che non sacciu che dire…
TURI ~ …
CONCETTA ~ Però tu parra… Se vuoi…
TURI ~ … Manco io sacciu che dire…
CONCETTA ~ Però lo dici bene!

Ridono.

TURI ~ Sei sicura ca non t’arrioddu i capri? E invece a mia mi rici ca t’arrioddu to’ patri[62]? (Imita il verso della capra. Pausa)

Ridono. Lei, sempre aiutandosi con le mani, fischia.

Che fai?
CONCETTA ~ Provo a chiamare le capruzze.
TURI ~ Vengono di solito?
CONCETTA ~ Ancora mai.

Lui la aiuta a fischiare.

Me la racconti una storia?
TURI ~ Ma che dici?
CONCETTA ~ Dai!
TURI ~ Ma chi semu cà pi parrari[63]?
CONCETTA ~ Mi piacissi assai.
TURI ~ Nun ni sacciu cuntari…
CONCETTA ~ Anche ca dura picca!
TURI ~ Nun ni sacciu storie…
CONCETTA ~ …
TURI ~ Chiss’acciu[64]… Solo una ne so. Quella… Ma a canusciunu tutti[65]… quella di Colapesce…
CONCETTA ~ Eh… Sì…
TURI ~ Ma tu a canusci, no, a leggenda di Colapesce?
CONCETTA ~ No…
TURI ~ Ma a sannu tut…
CONCETTA ~ Ma a mia non m’interessa da storia…
TURI ~ …
CONCETTA ~ Iu vogghiu sentiri a to’ vuci[66].
TURI ~ Ho capito. Va bene, allora ta cuntu… «C’era ’na vota un certo Nicola. Nicola era l’uttimu dei so’ frati e vivia a Missina ca so famigghia[67], ca era ’na famigghia di pescatori. Appressu o’ mari vivia iddu[68]. Tutti u chiamavanu Cola. “Cola u pisci”[69]. Picchì a iddu ci piacia assai stari a mari[70]. Nta l’acqua. Iddu si ghiavava nta l’acqua e stava uri e uri e uri sutt’all’acqua e tenia u fiatu[71] uri e uri. ’Na vota, tunnau cu ’na murena ca ancora si moveva tutta, poi a rigghiavau nta l’acqua[72]. So matri nisciu paccia e ci rissi: “Disgaziatu! No! Cà muremu ’i fami e tu ietti u pisci[73]? Si ti piaci ’stu mari chi’ ossai da to’ famigghia allora tu arristari pisci, nta l’acqua[74]! Disgraziatu!”. E pari ca ’sta malanova da matri si vulia avverari[75]. Picchì iddu continuava e stava a mare sempri chi’ ossai[76]. Sempre nta l’acqua. Sempre. Comu un pisci».
DON SARO ~ (entra) Buonasera.
TURI ~ Buonasera don Saro. Sabbinirica[77].
DON SARO ~ Che, vi ho disturbato?
TURI ~ No no, nent’affattu don Saro.
DON SARO ~ Di solito sacciu ca a ’st’ura non ci su’ autri clienti[78], no Concetta?

Lei annuisce.

Sei stato dentro e ora vi stavate congedando alla finestra?
TURI ~ Nent’affattu Don Saro. Non sugnu un cliente. Passava di cà e idda aveva la finestra aperta!
DON SARO ~ Fossi pigghiava aria… cu ’stu cauru ca c’è[79]
CONCETTA ~ Sì… fa tantu cauru!
DON SARO ~ Bene allora se non vi dispiace…
TURI ~ Sabbinirica, don Saro. Sabbinirica. Buona notte. (Esce)
DON SARO ~ Ciao Concetta…

La ragazza sorride.

Come vi stavate intrattenendo tu e Turi? Che stavate facendo?
CONCETTA ~ No! Tre! Don Saro. Tre. Le signorine non parlano dei clienti. Né con gli altri clienti… né con nessuno.
DON SARO ~ Ho capito… ti posso abbracciare?

Si abbracciano e lui chiude la tenda.

 

 

LE PORCHERIE, LA GUERRA


PASTICCIERE ~ Io? Con Concetta? Le migliori cassatelle fici!
PADRE DI TONINO ~ Padre Nostro Santa Vergine Maria Immacolata!
PASTICCIERE ~ Ah, non si ponnu cuntari i cosi ca ficimu. Di sutta e di supra e d’arreri e davanti. Comu a idda n’ ci n’è[80]!
PADRE DI TONINO ~ Sentiti cà: «Il consiglio dei ministri delibera l’esclusione dalle scuole di tutti gli insegnanti ed alunni nati da genitori di razza ebraica».
PASTICCIERE ~ Ma picchì, qua che c’avemu l’ebrei[81]?
FRUTTIVENDOLO ~ Pi mia Concetta è a megghiu[82]! Da quando c’è lei… un uomo migliore sono! Prima di lei poche volte ci andavo dalle signorine perché da crasta[83] di mia moglie tutti i soldi della bottega si tiene! Io faccio u fruttivendolo e idda fa a me’ strozzina.
PADRE DI TONINO ~ Semu omini sposati e non si parla così!
BARBIERE ~ Aspetta aspetta. Il re imperatore è al fronte. Il comando supremo affidato al duce. Il Piemonte, il litorale tirrenico e le isole sono dichiarati zone di guerra. Mah!
TUTTI ~ Mah!
FRUTTIVENDOLO ~ Ma a me’ mugghieri a futtii[84]! Io ho un accordo speciale con donna Anna. Ci porto la frutta, la verdura e mi fa entrare! A Concetta ci piacciono assai i mandarini. E quante cose mi fa ogni vota ca ci pottu di mandarini… E a me’ mugghieri ci dico che mi vado a fare la barba dal barbiere!
BARBIERE ~ Vero? Nti mia[85]? Ma pi chistu allura Concetta fa sempri ciaru di mandarini! Ma manciu tutta para, infatti[86]. Mamma mia è ’na tempesta di piaciri… M’ansonnu tutti i so’ puttusa[87]… ogni iornu! Mmm… che ciaru[88]… idda non mi delude mai!
PADRE DI TONINO ~ Padre Nostro Santa Vergine Maria Immacolata! U signuri maschio e femmina li creò, ma non per commettere adulterio!
TUTTI ~ Mah!
PADRE DI TONINO ~… Ma… questa Concetta putissi essiri bona pi me’ figghiu Tonino[89]? U figghiu avi proprio bisogno di essere svezzato. Consigliate?
FRUTTIVENDOLO ~ Consigliata.
PASTICCIERE ~ La migliore.
BARBIERE ~ Mamma mia!
PASTICCIERE ~ Vedi però se il tuo Tonino non finisce che lo devi mandare al fronte…
PADRE DI TONINO ~ No, ma quando mai! Qua la guerra non ci arriva!

 

 

LE FERITE


Concetta da Padre Gioacchino. Gli medica delle ferite sulla schiena.

PADRE GIOACCHINO ~ Ahi! Piano piano!

Lei si ferma e, quando lui si volta, gli sorride.

Stai bene, Concetta?

La ragazza annuisce.

Ahi! Non c’è bisogno di fare questa cosa tutte le volte… Fai troppo Concetta… La mattina ti devi riposare! Non sei stanca?

Fa no con la testa.

Per quanto ti fanno lavorare… dovresti essere stanca! Concetta… ma non lavori un po’ troppo? Le tue ‘colleghe’ a quest’ora dormono…
CONCETTA ~ Padre Gioacchino, Pietro il barbiere se n’è andato poco fa e non ne avevo più sonno! Di solito sta un’ora ma stanotte…
PADRE GIOACCHINO ~ Concetta mia! Le confessioni dei peccati le devono fare direttamente a me, senza che mi vieni a dire nomi e cognomi in anticipo! E poi io non voglio sapere niente… Questa è la casa del Signore e tu neanche ci potresti entrare finché continui a fare questa… questo mestiere! Io prego la Madonna tutti i giorni per vederti smettere!
CONCETTA ~ Ma picchì? No! A mia Pietro il barbiere mi stava pregando poco fa… di non smettere di fargli…
PADRE GIOACCHINO ~ Concetta! Per carità! Non è la stessa preghiera… e poi ti ho detto di non parlarmi dei clienti!
CONCETTA ~ Le signorine non parlano dei clienti, né con gli altri clienti, né con nessuno… ma a Padre Gioacchino sicci possono confessare tutte le cose!
PADRE GIOACCHINO ~ No!… Sì… Sì, per le altre… ma per te non vale. Non ce la farei mai a sentirti raccontare quelle cose con questa bocca tua. No Concetta…

Le mette una mano sulla bocca. Lei gli dà un bacio al centro della mano e sorride.

 

 

A PRINCIPESSA DA L’OCCHI RAPITI


TURI ~ (nella stanza di Concetta) Allura eravamo rimasti che c’era Colapisci ca vuleva iri o lagghu do mari, no[90]? «Colapisci s’ava ghiavatu dintra ’n pisci granni e ’stu pisci natava e iddu aspittava ca u pisci s’alluntanava[91]. E nô frattempu era arrivatu o lagghu[92]! Quannu Colapisci si siddiau, da rintradi iddu stissu, ci tagghiau a panza[93] a ’stu pisci. E nisciu di novu nta l’acqua e si truvau supra a ’na navi antica cu ’sti cosi ca luccicavanu[94]. S’avvicinau chiù assai, leggiu leggiu[95], e c’eranu monete d’oro! Allora chi fa… Picca a picca va e si potta a casa[96]. A una a una. E allora quannu finiu ’stu tesoro e u puttau[97] tuttu a Messina, divintau famoso no? Tutti pari parravanu[98] di Colapisci. E a matri[99] e a famigghia erano felici! Tantu ni parravanu assai, ca l’imperatore stissu – picchì all’epoca c’era l’imperatore – si prisintau a Messina cu so’ figghia e u vuleva canusciri e ci rissi: “Colapesce. Io sono troppo curioso. Ti voglio mettere alla prova. Minni vaiu nô puntu chiù autu do’ paisi[100] ca sporgi direttamente nô mari. Io butto a mari da lì una coppa d’oro preziosissima e si tu a pigghi, mentri c’affunna sutt’all’acqua, ta’ po’ teniri”[101]. E Colapisci giustamenti visti ca c’era ’st’occasione e soprattutto ca era rimasto impressionato da l’occhi da principessa…
CONCETTA ~ È strano Turi. Se ti taliu, mi pigghia a trimari. Ma di cauru, ca m’avvampu proprio[102]. Mi sentu ca… ca ti vulissi no vicinu accussi, chiù assai. No ’mpiccicata accussì, chiù assai. Ti vulissi… d’intra. D’intra di mia.
TURI ~ E vabbè, chi è… Concettina, vvo’ fari l’amuri cu mia. Nenti ci fa…
CONCETTA ~ Ma chi ci trasi[103]… Picchì chi stamu fannu… Avi ’n’ura[104]. E poi di quant’avi ca fazzu l’amuri cu tutti, iu mai ma sintutu accussì[105]. È ’na cosa ca mi veni sempri mentre ca staiu facennu l’amuri cu tia. Io e tu. Sulu cu tia… boh.
TURI ~ Concè, ma… io e tu mica avemu… ancora mai… Iu e tu n’avemu mai fattu…
CONCETTA ~ Chi cosa?
TURI ~ Concè, ma… ma tu lo sai come si fannu i picciriddi[106]?
CONCETTA ~ Ma cettu! è tipo… tipo comu pe’i capri. Ci su’ chiddi pi fari i picciriddi… e chiddi pi manciarisilli[107]. Chiddi ca non si mancianu fannu i picciriddi e… chiddi ca s’hannu a manciari non ni fannu picciriddi… Iu accussì sacciu… ma poi picchì m’uddumanni a mia[108]… Io non ni pozzu fari. Sette: le signorine non possono avere figli. Sette. È il numero sette.
TURI ~ Eh, u capivu. U capivu Concè…

 

 

BEVI CONCETTA, CHE STASERA FESTA È!


DONNA ANNA ~ Signorine! Stasera e solo stasera, in occasione della festa, vi è concessa la libera uscita. Mi raccomando confondetevi tra la folla… e portatelo qualche cliente in più!
SIGNORINA 1 ~ Turi!
SIGNORINA 2 ~ Turi bello!
SIGNORINA 3 ~ Amunì, che fai ti scanti?
SIGNORINA 1 ~ Stasera pure la tua bella Concetta c’è!

Risate.

SIGNORINA 2 ~ Bevi Concetta! Che stasera festa è!
SIGNORINA 3 ~ Bevi Turi!
SIGNORINA 1 ~ Bevi Concetta!
SIGNORINA 2 ~ Beviamo!
SIGNORINA 3 ~ Concetta dai facci vedere quello che fai per essere così famosa!

Risate.

SIGNORINA 1 ~ Bevi Concetta!
SIGNORINA 2 ~ Turi dai! Fateci vedere dai!
SIGNORINA 3 ~ Dai Turi!
SIGNORINA 1 ~ Bevi Concetta!
SIGNORINA 2 ~ Dai Concetta!
SIGNORINA 3 ~ Bevi Turi!
SIGNORINA 1 ~ Dai!
SIGNORINA 1 e 2 ~ Dai!

Risate. Turi è sopra Concetta che ormai ha perso coscienza. Intorno a loro il gruppo esulta. Lui è dentro di lei; sono confusi. Poi il ragazzo scappa e la giovane resta sdraiata a terra. Sola.

 

 

VERGOGNA!


Donne del paese a Concetta. Di seguito, Turi.

DONNA 1 ~ Vergogna!
DONNA 2 ~ Schifosa!
DONNA 3 ~ Vastasa!
DONNA 4 ~ A Casa!
DONNA 1 ~ Peccatrice!
DONNA 2 ~ Maligna!
DONNA 3 ~ Infame!
DONNA 4 ~ Sei il male!
DONNA 1 ~ Vai via!
DONNA 2 ~ Vatinni[109]!
DONNA 3 ~ Dai nostri…
DONNE ~ … mariti!
DONNA 1 ~ Fai Puzza…
DONNA 2 ~ … di capra!
DONNA 3 ~ E il sole…
DONNA 4 ~ … si ammala!
DONNA 1 ~ Vai via!
DONNE ~ Vai via!
DONNA 1 ~ Vatinni!
DONNE ~ Vai via!
TURI ~ E tu pi mia addivintasti comu ’n fantasma ca veni tutt’i notti pi totturarimi e darimi u tormentu[110]. Senza mancu taliarimi nta facci ’na vota, l’occhi tua l’avia stampati e pareva ca volevano scrivere a storia me’[111]. Chi boi? Chi boi di mia[112]? Ci su’ storie e storie su’ di tia, ca currunu pô paisi veloci comu i manu ca si poggianu nâ panza toi[113]. Tuccasti tuttu u paisi, menu che mia[114]. Ma iu sentu ca m’aspetti. Ca st’aspittannu propriu a mia[115]. U to’ cantu arriva nta l’aricchi mia[116]. E ti chiamanu strega e u motivu non è difficile capirlo. E ti chiamanu babba, ma ’sta babbizza a mia mi fa trimari tutt’iammi[117]. Staiu currennu luntanu[118] . Luntanu da tia. E non mi pigghi[119]. Ma chiù curru e chiù a to’ potta è vicina[120]. Iu ti scanso ma ti trovu accantu. Senza speranza mi lassasti[121]. Pigghiai ’n cuteddu pi distruggiri l’immagini tua ca mi viru dannanzi[122]. Ma a fozza mi manca e cu du cuteddu immagino tutt’u tempu di strazzari i to’ vesti e di cucilli di novu ’n coddu a tia[123]. E poi strazzalli ancora. E ancora. E ancora. ’Stu tormentu avissi a durari in eterno pi l’anima mia[124]. T’addisignai ’n postu accantu a mia, nô me’ lettu[125]. Ma u me’ lettu è picciriddu e u vvo’ capiri o no, ca iu non t’appartengo? Chi mi facisti? Qual è ’sta mavaria[126]? E picchì si mavaria è, iu ora ceccu u nomi toi a tutti l’angoli do’ paisi comu fussi argentu vivu[127]? Se ora iu ti staiu luntanu, du nomi toi addiventa ancora chiù granni e mi scafazza tuttu[128]. Picchì non c’è divieto chiù mortali di quello ca n’impunemu nuatri stissi[129]. Tu mi camini dintra l’aricchi[130]. U to’ nomi è troppo grandi, non si po’ continiri[131]. Iu u vogghiu scacciari ’stu fantasma ca mi fa trimari. U vogghiu chiuriri rintra i mura da stanza toi[132]. Da stanza china china[133] di vergogna e porcherie. Ti vogghiu taliari da luntanu pi chidda ca si, comu ’na muntagna ca si vadda do’ mari[134]. Luntana da mia. Si scappu e curru fotti, tu addiventi ancora chiù grandi[135]… e iu ora sulu si ti toccu, fossi, ti pozzu allontanari[136]. E ti cancellassi[137] ad ogni colpo. Ad ogni colpo do me’ ventri dintra di tia tu, forse, po’ addivintari chiù picciridda. E picciridda. E picciridda. E chista è ora a spiranza mia. Ma se poi da picciridda, comu ’na pulci, t’attrovu nta manu me’[138]?

 

 

NON HAIU BISOGNU DI TIA


TURI ~ (nel bordello) Ciao Concetta.
CONCETTA ~ Ciao…
TURI ~ Come stai…?
CONCETTA ~ Bene… grazie.
TURI ~ Mi dispiace per ieri sera. (Sorride) Appiddavero[139] mi dispiace.
CONCETTA ~ Io mi sono divertita. Era la prima volta che andavo alla festa.
TURI ~ Sei arrabbiata con me?
CONCETTA ~ No! Forse… le signorine sono arrabbiate con me perché non sono tornata alla casa con loro. Se ne sono andate prima…
TURI ~ Io non volevo fariti quella cosa Concetta…
CONCETTA ~ Sì, forse ieri sera non l’avemu fattu, l’amuri, Turi… ma non è che u putimu fari sempri[140]. Pi ’na vota nenti ci fa… Tranquillo…
TURI ~… Ma comu fai a essiri accussì[141]?
CONCETTA ~ Accussì comu?
TURI ~ Accussì speciali…
CONCETTA ~ Pensavu “babba”… mu ricunu sempri[142].
TURI ~ Cetti voti pensu, Concetta, ca tutti pari avissuru a essiri babbi comu a tia[143]
CONCETTA ~ No Turi! Tu sei bello assai. Ma iu non vulissi ca fussiru tutti comu a tia[144]. Io penso ca è giustu ca tutti pari semu divessi[145]. È megghiu accussi. Altrimenti non ci fussi[146] Tonino… non ci fussi Pietro u barbieri… Angelo u frittivendolo… è megghiu accussi.
TURI ~ Certo è megghiu accussì… c’è posto pi tutti pari[147], vero Concetta?
CONCETTA ~ Certo Turi… c’è posto per tutti… certo.
TURI ~ U sai chi ti ricu[148] Concetta? Ca fici propriu beni a ieri sira[149]. Picchì tu si di tutti e non apparteni proprio a nuddu comu i crapi ca non canusciunu padruni[150]. Ma iu non sugnu ’na crapa comu a tia, mi sta’ capennu[151]?
CONCETTA ~ Sì, Turi… tu si forte, intelligenti… u sacciu.
TURI ~ Smettila.
CONCETTA ~ Ma picchì?
TURI ~ Smettila! Mi siddiai[152] cu ’sta pagliacciata. O cunticcila a i to’ Tonino, Angelo, Pietro e a tutti chiddi ca bussanu nta potta toi[153]. Iu non n’hai bisogno di tia. (Se ne va)
CONCETTA ~ Certo Turi… iu u sacciu… u sacciu. Ma oggi non m’a cunti a storia?

Entra don Saro. Concetta guarda Turi in lontananza. Don Saro chiude la tenda.

 

 

NON SUGNU ’NA CRAPA DI MANCIARI


DONNA ANNA ~ Concetta, ascoltami bene. Il dottore dice che sei incinta. Hai capito? C’hai un picciriddu nta panza… un bambino.
CONCETTA ~ Un bambino, donna Anna? (Ride). Grazie! Grazie, donna Anna.
DONNA ANNA ~ Ma chi c’entra grazie Concetta? Che te l’ho dato io?
CONCETTA ~ E chi?
DONNA ANNA ~ E iu chi ni sacciu, cu tutti chiddi ca venunu cà[154], cercando di te. Menzu paisi ha statu ’n menzu ai to’ cosci[155] e ora me lo domandi a me? Tu l’avissi a sapiri ’sti cosi… Tu l’avevi a cuntrullari ’stu fattu[156], Concetta. Non sono errori che si fanno. A mia ora chi mi cuntati… Ve lo dico sempre. Sempre… Ti rendi conto, no?
CONCETTA ~ Le signorine non ne possono avere figli. Sette.
DONNA ANNA ~ Esatto Concetta, appunto.
CONCETTA ~ Ma quindi io non sono una crapa di manciari… sono una crapa di avere figghi?
DONNA ANNA ~ Che c’entranu ora i capri? U vvo’ capiri o no, ca cà stamu parlando di cose serie? T’arrusbigghi o no?[157] Tu questo bambino non te lo puoi tenere. Lo dobbiamo levare. Subito. Ho fatto venire il dottore… è qua per questo. Perché lo dobbiamo levare. Ora!
CONCETTA ~ E dove lo mettiamo?
DONNA ANNA ~ Ma come dove lo mettiamo… Santa pace a mia e a quannu non ti lassai con tuo padre, ca si cosa di stari sulu ’n menzu i capri[158]! Si butta, Concetta. Nessun bambino. Si butta, capito?
CONCETTA ~ No! No! Il dottore non lo butta. No. «Uno: le signorine vengono visitate regolarmente dal dottore, picchì devono essere sane e pulite».
DONNA ANNA ~ Smettila.
CONCETTA ~ Donna Anna, io sugnu sana e pulita.
DONNA ANNA ~ Smettila! (Le dà uno schiaffo. Poi, accarezzandola) Concetta. Ascoltami bene. Lo dobbiamo levare questo bambino. È megghiu così.
CONCETTA ~ Io ormai sugnu una crapa di fari figghi, e basta.
DONNA ANNA ~ Se vuoi tenerlo ’stu picciriddu, prendi le tue cose e lascia immediatamente la casa. Qui non ci puoi più stare. Vai da Padre Gioacchino. Lui ti aiuterà. E non ti fare vedere dalle altre… Non gli dare questo piacere. Concetta…

La ragazza esce ed entra don Saro.

DON SARO ~ Buonasera donna Anna.
DONNA ANNA ~ Buonasera Saro. Oggi mi sa che ve ne andrete a bocca asciutta.
DON SARO ~ Qual è il problema, Anna?
DONNA ANNA ~ Il problema non c’è più.
DON SARO ~ Non vi capisco.
DON SARO ~ Mi potete fare preparare Concetta?
DONNA ANNA ~ Non ce n’è più Concetta qui. Trovatevi un’altra preferita, Saro.
DON SARO ~ Ma che cosa stai dicendo Anna?
DONNA ANNA ~ È rimasta incinta.
DON SARO ~ Come…?
DONNA ANNA ~ E non lo vuole togliere il bambino. Pensa di essere una capra. Ma forse a capra sugnu iu, quando ho accettato di tenerla qua.
DON SARO ~ E questo bambino di chi è?
DONNA ANNA ~ E io come faccio a saperlo?
DON SARO ~ Tu non lo dovevi permettere. Lei…
DONNA ANNA ~ Don Saro, io so solo che oggi ho perso la signorina che mi portava più entrate in questa casa. E questo è adesso il mio problema. Io vi ricordo, che non sono la madre di nessuno.
DON SARO ~ Perché non l’avete costretta a toglierlo e basta ’stu picciriddu?
DONNA ANNA ~ Vedo che non sei cambiato per niente.
DON SARO ~ Perché ti rivolgi a me così?
DONNA ANNA ~ Perché io non costringo nessuna delle mie signorine a fare niente che non vorrebbero… Mi avete insegnato voi, cosa è il rispetto, molti anni fa. Sono o non sono “donna” Anna, grazie a voi?
DON SARO ~ Voi lo sapete… Le regole le avete fatte voi. Le abbiamo fatte insieme, Anna. Le signorine non possono avere figli… A che cazzo vi servono questi figli, si può sapere?
DONNA ANNA ~ Tu non puoi sapere! Non puoi parlare!
DON SARO ~ Io sono don Saro La Rocca e non vi permetto di parlarmi così!
DONNA ANNA ~ È giusto, don Saro, voi avete ragione. Le signorine figli non ne devono avere ed io questa lezione l’ho imparata e non la scorderò mai. Ma lei ora non fa più la signorina. (Esce)

Entra Turi.

DON SARO ~ I fimmini. Sono la rovina ’sti fimmini. Ci prendono Turi… ci rivoltano Turi… come vogliono… fanno di noi quello che vogliono perché sanno che saremo sempre lì, attaccati al loro petto. Queste minchiate ca nesciunu ogni tannicchia[159]… loro… il rispetto non sanno cos’è.
TURI ~ Che succede don Saro. Chi vi ha fatto arrabbiare tanto?
DON SARO ~ Si permette di trattarmi ancora oggi in quel modo… di guardarmi in quel modo… io che ho fatto tanto per lei.
TURI ~ Siete in collera con vostra moglie?
DON SARO ~ Donna Anna, Turi. Donna Anna. A distanza di vent’anni da fimmina mi fa ancora nesciri pazzu[160].
TURI ~ È una fimmina di polso d’altronde. Non ne fa misteru.
DON SARO ~ No, appunto. Ma non è idda u problema adesso, Turi.
TURI ~ No?
DON SARO ~ Concettuzza… Turi. è incinta. Lo sapevi?
TURI ~ … Come?
DON SARO ~ Incinta arristau[161]! A criatura chiù perfetta do’ monnu[162]. U sbagghiu fu u me’… U me’. Non lo dovevo permettere…
TURI ~ … Con il mestiere che fa…
DON SARO ~ Nessun mestiere, Turi, ormai. Nessun mestiere! Se n’è andata dalla casa. A quanto pari si misi nta testa ca si deve tenere ’stu picciriddu.
TURI ~ … Capisco, don Saro.
DON SARO ~ Ni fannu nesciri pazzi, ’sti fimmini. Pazzi.
TURI ~ Io cosa posso fare per aiutarvi, don Saro?
DON SARO ~ A casa sua non penso ci possa tornare. Sarà da quel prete, don Gioacchino. Quello non aspettava altro, d’altronde. Vai da lui, Turi. Vedi di trovare il modo per persuaderlo a convincerla di farla tornare alla casa. Io devo vederla. Parlarle.
TURI ~ Sarà fatto, don Saro.
DON SARO ~ Ti ringrazio.

 

 

IO NON SUGNU MESCHINO


PADRE GIOACCHINO ~ Non sei il benvenuto qui.
TURI ~ Buonasera Padre Gioacchino.
PADRE GIOACCHINO ~ Che cosa sei venuto a fare?
TURI ~ Mi manda don Saro La Rocca.
PADRE GIOACCHINO ~ Don Saro non ce li ha i piedi per venire in Chiesa? O c’ha paura di prendere fuoco? Gli puoi dire che il medioevo è finito da un pezzo… Purtroppo!
TURI ~ Picchì c’avi tutta questa ostilità?
PADRE GIOACCHINO ~ Non so se è peggio ca tu t’accumpagni a lui… o lui a te.
TURI ~ La chiesa è a casa do’ signuri che accoglie tutti.
PADRE GIOACCHINO ~ Sì, ma in questa casa le regole le faccio io.
TURI ~ Forse vi state spingendo troppo in là, Padre Gioacchino.
PADRE GIOACCHINO ~ Concetta è incinta! Tu lo sai questo, no?
TURI ~ Parlate piano per favore.
PADRE GIOACCHINO ~ Non c’è voce che possa coprire il rumore della meschinità.
TURI ~ Io non sugnu meschino.
PADRE GIOACCHINO ~ Concetta è una persona pura ed è facile approfittarsi di lei. È venuta qua per raccontarmi che adesso lei «è una capra per fare figghi» e che donna Anna le ha consigliato di venire da me perché non può più tenerla. E lei dice che non sa come ci è diventata capra per fare figli. Che con tutti ha fatto l’amore. Con tutti, pure con me dice! Ma io non c’ho mai neppure pensato per un attimo di sfiorarla. «E allora come abbiamo fatto quest’amore, Concetta? Come? Con chi l’hai fatto allora, l’amore vero?» Quella ragazza non sa niente! Non sapeva niente… e voi ve ne siete approfittati! Era vergine, Turi!
TURI ~ Ma quannu mai s’ha sintutu di una prostituta vergine? Io non volevo disonorarla. Io ci voglio bene a Concetta!
PADRE GIOACCHINO ~ L’avete violentata in mezzo alla strada davanti alle altre signorine che ridevano di lei.
TURI ~ … Nessuno l’ha toccata, solo io! E Io… ci voglio bene…
PADRE GIOACCHINO ~ Allora cresciti a tuo figlio perché lei non intende abortire.
TURI ~ È impossibile questo.
PADRE GIOACCHINO ~ La meschinità Turi, lo vedi quanto è assordante?
TURI ~ Don Saro La Rocca, Padre Gioacchino, mi ha mandato qui per pregarvi di convincere Concetta a tornare alla casa…
PADRE GIOACCHINO ~ Concetta non intende abortire e io non intendo collaborare a nessun omicidio. Almeno per adesso.
TURI ~ Lo sapete che quello che chiede lui non è un consiglio.
PADRE GIOACCHINO ~ Vai via.
TURI ~ Dov’è Concetta?
PADRE GIOACCHINO ~ Via.

Entra Don Saro.

Se questo è il senso di colpa per ’stu picciriddu ca è figghiu di tutti e di nessuno, vi assolvo subito. Andate in pace!
DON SARO ~ E certo Padre Gioacchino… chi lo sa… putissi essiri macari figghiu do’ Spiritu Santo, in effetti… oppure vostro! State attento parrinu[163]. Che sarebbe increscioso se si sapesse a Roma che belle assoluzioni ci date alle signorine. Ma la mia Concetta però, non ne ha bisogno. Ci bastano le mie assoluzioni.

 

 

SABBINIRICA DON SARO


DON SARO ~ Turi, il tempo della clemenza è finito. Padre Gioacchino mi dà solo problemi, ma io i problemi sono abituato ad estirparli dalla radice. Si è messo in testa di salvarla a Concetta e mi farà la guerra. Ma io non ho tempo da perdere. Alla fine della mia proprietà c’è un capanno che ora non usiamo più. Con le buone o con le cattive, prendi Concetta e portala là.
TURI ~ Ma don Saro… questa situazione fossi putissi causare qualche scalpore nel paese.
DON SARO ~ Io rendo conto delle mie azioni solo a Dio e sono sicuro che lui, se solo esistesse, sarebbe orgoglioso di me.
TURI ~ Sabbinirica, don Saro.

 

 

PERDONAMI CONCETTA


In chiesa.

TURI ~ (fischia, come faceva Concetta, per richiamarla) Concettuzza… (La guarda poi cade in ginocchio davanti a lei) U Diavulu sugnu Concetta. U Diavulu! Mi dispiace assai… Tu misi iu ’stu dannu nta panza[164].

Lei cerca di calmarlo.

Perdonami Concetta. Perdonami…
CONCETTA ~ … «A principessa era sempri dà[165] e a Colapesce c’abbastavanu i suoi occhi sorridenti ad aspittallu quannu turnava de so’ missioni…»

Lui le bacia la pancia.

Turi, U facemu l’amuri? Tutti e tri.
TURI ~ (in ginocchio, comincia a raccontare) «’Na vota, dopo ca Colapesce oramai era famoso – tutti u canuscevanu – l’imperatore ci rissi: “Colapesce c’è una cosa che voglio sapere. Come è fatto il fondo del mare e soprattutto su cosa si poggia a Sicilia”. E Colapisci ci rissi: “Va bene imperatore”. E si ghiavò nta l’acqua. E passanu i simani[166]. A Principessa era un poco preoccupata e ci rissi a so’ patri ca chidda ava gghiessiri[167] l’ultima missione di Colapesce».

S’appoggia a Concetta che lo bacia d’istinto. Fanno l’amore.

 

 

SIAMO NOI LA TUA FAMIGLIA


Don Saro e donna Anna. Parlano ciascuno in modo separato.

DON SARO ~ Ah Turi…
DONNA ANNA ~ (rievocando da sola) «Anna… Annuzza mia…»
DON SARO ~ Non c’è bisogno che ti dica ca ’stu dannu nta panza di Concetta… no putemu lassari…
DONNA ANNA ~ «Lo sai che questo danno che ti ho messo nella pancia tua lo dobbiamo levare…»
DON SARO ~ Dobbiamo trovare una soluzione che sia appropriata per tutti.
DONNA ANNA ~ «Non ti farò mancare niente stai tranquilla».
DON SARO ~ Tu intanto portala là e falla sentire ‘come a casa’.
DONNA ANNA ~ «Come faccio a dirgli che mi sono innamorato di una buttana?»
DON SARO ~ D’altronde lei non c’ha a nessuno più.
DONNA ANNA ~ «Non ci posso fare questa cosa a mia moglie e alle bambine, Annuzza».
DON SARO ~ Siamo noi la sua famiglia, Turi.
DONNA ANNA ~ «E chi è la mia famiglia, Saro?»

 

 

SCENA XIX


CONCETTA ~ Turi, ma dove mi stai portando?
TURI ~ Attenta Concettuzza…
CONCETTA ~ Li posso aprire gli occhi?
TURI ~ Aspetta…
CONCETTA ~ … Ma… è per noi? Grazie Turi, grazie! è bellissimo, grazie.
TURI ~ Prego Concetta, prego.

Lei sorride.

Ti cuntu a storia, va bene? (Inizia a raccontarla, senza la solita magia, quasi a sbrigarsi mentre le allestisce una piccola alcova) «’Na matina Colapesce, spunta di l’acqua. E subito ci fa: “Imperatore, io sacciu tutto quello che vuole sapere. Sutta l’isola c’è sulu mari. La Sicilia s’appoggia su tre colonne. Le ho viste. Due sono belle grosse, ranni[168] e forti. E ci n’è ’n’autra ca sta tra Catania e Messina, proprio sutta u vulcanu, ca si sfaranau tutta[169]. Sa sta manciannu un focu[170]. U focu di l’Etna”. “Minchia” – l’imperatore ci rissi – “u focu. M’apputtari ’stu focu[171]”. L’imperatore allora per convincirlo ci dice che se compie questa ultima missione, avrà comu sposa a so’ figghia. A principessa è scantata fotti[172], ma sa ca chiddu è l’unicu modu co’ quali so’ patri ci putissi pimmettiri di maritarisi a Colapesce, che seppuru famoso è sempri figghiu di pescatori. A Principessa ci sorride a Colapesce e Colapesce ci fa: “Va bene, allora facciamo così. Io vado giù e cerco di prendere questo fuoco. Tanto, a quacchi manera s’ava moriri[173]. Mi pottu ’n pezzu di lignu e cu chiddu speru, senza abbruciarimi, di tunnari co’ focu[174]. Ma se io non tornu e al mio posto supr’all’acqua c’è sulu u lignu[175], voli diri ca iu restu addassutta picchì muria[176]. Allura e sulu allura, Principessa mia scordati di mia e maritati cu quacchi autru bellu principi[177]”. E si ghiavau nta l’acqua». Ora me ne vado, va bene? Così ti abitui.
CONCETTA ~ Ma Colapesce e a Principessa? Si maritanu?
TURI ~ Poi torno e tâ cuntu, va bene? Ciao Concetta. (Esce)
CONCETTA ~ Ciao Colapesce…

 

 

CHISTU ERA U ME’ POSTU


DON SARO ~ Concettuzza… finalmente.

Lei sorride.

DON SARO ~ Come sei cambiata.
CONCETTA ~ Grazie don Saro. Ha visto? Ora sugnu bona pi fari figghi.
DON SARO ~ Ho visto Concetta… è per questo che sei qui. Io penso che non ci sia posto migliore al mondo per te che non sia vicino a me.
CONCETTA ~ Grazie, don Saro.
DON SARO ~ Noi due, insieme, non abbiamo bisogno di nient’altro. È vero?
CONCETTA ~ Iu, don Saro, non sugnu chiù una sula. Ormai sugnu dui[178].
DON SARO ~ E non era meglio, prima? Quasi, a vederti così, non ti riconosco. Non c’è più posto per appoggiarmi…
CONCETTA ~ No, don Saro. C’è posto, c’è posto per tutti e sempre ce ne sarà. Anzi c’è più posto…
DON SARO ~ Concetta. Chistu era u me’ postu e u me’ sulu. Non m’appatteni chiù[179]?
CONCETTA ~ Don Saro, io e voi non saremo più soli. Non sugnu chiù ’na capra di scannari[180].
DON SARO ~ Concetta, vita mia. Ricordati che non c’è regina, non c’è principessa, che non appartenga al suo imperatore. Iu sugnu buono e generoso, ma le cose mie non si toccano.

 

 

LA FINE DELLA PAGLIACCIATA


DON SARO ~ Anna! Anna!
DONNA ANNA ~ È molto tempo che non ti si vede qui, Saro. Ve ne siete preso di tempo per superare questo lutto. C’è un fiore, fresco e delicato arrivato da poco, che sicuramente vorrete cogliere. Vi faccio preparare la stanza.
DON SARO ~ Finiamola con questa pagliacciata, Anna. Non vogghiu viriri a nuddu[181]. Ancora una volta sono qui per Concetta.
DONNA ANNA ~ Concetta non è più di mia competenza.
DON SARO ~ Lei no, forse. Ma i miei bisogni lo saranno sempre. Donna Anna state molto attenta a quello che dite perché come vi ho creato, in un attimo vi distruggo. E voi sapete che non mi manca di certo l’ardire di farlo. Concetta è sotto la mia custodia. Finalmente si è convinta che tutta questa storia del bambino non vale niente. Ha capito che ci sono cose molto più importanti.
DONNA ANNA ~ Non…
DON SARO ~ Ma è sorto un problema! Il dottore dice che non si può fare più niente per togliere questo danno dalla panza e che ormai se lo deve tenere se non si vuole rischiare la sua stessa vita. Ora io so che voi puttane da bordello ne sapete una più del diavolo per ammazzarli, quando sono ancora nella pancia, ma so bene pure che molte di queste puttane fanno la stessa fine. E per Concetta io ho altri piani e non posso rischiare. Quello che ti chiedo è molto semplice. Al momento del parto, prima di tutto, voi e le vostre signorine vedete di dargli una mano per tirarlo fuori, ’sto danno. Poi lo prendete e lo lasciate in qualche convento, lontano da qua, senza parrari[182] cu nuddu. Solo questo dovete fare.
DONNA ANNA ~ … Ed è d’accordo la ragazza?
DON SARO ~ Idea sua è. Non mi credete, donna Anna? Non mi farei troppe domande. Per il bene del bordello.
DONNA ANNA ~ Vi ringrazio, ci penserò.
DON SARO ~ Forse non ni capemu[183].
DONNA ANNA ~ Questa volta ti stai spingendo troppo in là, Saro.
DON SARO ~ Chiama le tue puttane e avvisale subito. Parlaci qui davanti a me. Certamente loro, guardandomi negli occhi, non sapranno dire di no a don Saro La Rocca.

Donna Anna esce e rientra seguita dalle prostitute.

Buonasera. Avete l’obbligo di eseguire l’ordine che vi darà donna Anna e che io stesso ho molto a cuore.

Donna Anna bisbiglia qualcosa all’orecchio di una prostituta. Questa all’orecchio di un’altra e così via. Dopo un attimo di silenzio, è il caos: iniziano a buttare mutandine e reggiseni in faccia a don Saro.

Siete morte!

 

 

FIGGHIU MIU NON CHIANCIRI


Padre Gioacchino e don Saro. Parlano l’uno indipendentemente dall’altro.

PADRE GIOACCHINO ~ Cara Concetta, rivolgo a te questa mie parole perché non credo ci sia anima più nobile in questa terra e forse, Dio non me ne voglia, in questi cieli, a cui io potrei indirizzarla.
DON SARO ~ Mi manchi molto, Concetta.
PADRE GIOACCHINO ~ Tantissimo. Oggi la mia preghiera non ha per destinatario l’Onnipotente, ma solo te.
DON SARO ~ A te, Concetta, io mi confesso.
PADRE GIOACCHINO ~ A te sola, anima semplice che io sento viva e vicina più di ogni altra cosa al mondo. Concetta la mia fede vacilla ogni giorno di più e come una carestia si abbatte su di me con una violenza che mi sembra sempre più insopportabile.
PADRE GIOACCHINO e DON SARO ~ Concetta mia che cos’è la fede?
PADRE GIOACCHINO ~ Ogni giorno visito i bisognosi e gli ammalati, i perduti e gli sprovveduti, dedico loro tutto il mio tempo e non mi resta più neanche un istante per ritrovarmi.
DON SARO ~ Ascolto le preghiere di tutti…
PADRE GIOACCHINO ~ E tra quelle preghiere io mi perdo in un silenzio angoscioso. Se anche il più tenero dei fanciulli sembra avere più fede di me…
PADRE GIOACCHINO e DON SARO ~ … come posso io continuare a dare conforto ad ogni anima di questo paese?
PADRE GIOACCHINO ~ Io non so più che cosa sia questa fede. Mi sembra come se un tempo l’avessi conosciuta nel profondo, l’avessi amata perdutamente e fatta mia, ma come se adesso non sapessi dove andare a cercare quei ricordi e vagassi nella mia memoria.
DON SARO ~ È tutto offuscato, Concetta.
PADRE GIOACCHINO ~ Io so di averla avuta tra le mani. Come se tutti quei ricordi avessero per unico destino quello di scomparire. Io cerco di afferrarli, Concetta. Di tenerli stretti stretti a me.
DON SARO ~ Cerco di non dimenticare chi ero…
PADRE GIOACCHINO ~ … che cosa amavo… Ma sto scomparendo…
PADRE GIOACCHINO e DON SARO ~ … e non so più chi sono.
PADRE GIOACCHINO ~ Concetta mia, solo il tuo amore incondizionato per il mondo mi dà conforto e mi appare adesso la cosa più vicina a Dio. Così tu rendi questa fede dimenticata meno insopportabile, anche se ho il timore che il veleno dentro di me non potrà cancellarsi e che queste cicatrici sfigureranno per sempre il volto mio dinanzi a Dio.
DON SARO ~ Concetta.
PADRE GIOACCHINO ~ Nel mondo c’è troppo dolore ed io non riesco a sopportarlo. Ma poi vedo te…
DON SARO ~ … Angelo divino…
PADRE GIOACCHINO ~ … e tutto il caos improvvisamente mi appare più semplice. Sei la mia dolce illusione.
DON SARO ~ Sei la mia speranza.
PADRE GIOACCHINO ~ Perdonami Concetta.
DON SARO ~ Grazie.
PADRE GIOACCHINO ~ Perdonami se il mio dolore si mescola nel mondo insieme al tuo amore. Ma sta’ tranquilla, non ha la minima speranza di macchiarlo. Per tutto l’Amore che sei Concetta, grazie.
DON SARO ~ Perdonami.
PADRE GIOACCHINO ~ Grazie.
PADRE GIOACCHINO ~ (fustigandosi la schiena)
«Confiteor Deo omnipotenti,
beatæ Mariæ semper Virgini,
beato Michaeli Archangelo,
beato Ioanni Baptistæ,
sanctis Apostolis Petro et Paulo,
omnibus Sanctis, et vobis, fratres (et tibi pater),
quia peccavi
nimis cogitatione, verbo et opere:
mea culpa,
mea culpa,
mea maxima culpa».
CONCETTA ~ (intonando una ninna nanna)
«Figghiu miu non chianciri, ca sulu non sei mai.
U me’ pettu cauru t’annaca tutt’a notti».
A Tonino ci piace giocare assai con le capriole che ora cu tia non pozzu fari[184]
«Figghiu miu arriposati, iu non ti lassirò».
A Pietro, il barbiere, ci piace quannu mi spruzzu i mandarini d’incapu[185].
«Anche quannu scura ti protteggiunu i me’ occhi.
Ascuta a me’ vuci, sta cantannu comu u ventu,
asciugannuti lu chiantu nta lu sonnu».
A Padre Gioacchino ci curo le ferite…
«Figghiu miu di ’stu silenziu iornu nascirà».
Angelo s’arricria quando ci fazzu la barba[186].
«Quannu u primu aceddu senza scantu frischirà».
A donna Anna ci piace quando a taliu nta l’occhi[187]. Don Saro si appoggia qua e chiancemu[188].
«Scurannu agghiunnanu comu ’n ciuri criscirai.
Sempri cauru ’stu pettu attroverai».[189]
A Turi… sì, papà… Turi, u papà…
«Scurannu agghiunnanu comu ’n ciuri criscirai…»

 

 

LA BUTTANA CHE FA INNAMORARE TUTTI


DON SARO ~ Turi. Penso che siamo arrivati ad un punto di non ritorno. Un punto dove insistere non serve più a niente.
TURI ~ Lo penso anche io, don Saro.
DON SARO ~ Ci sono delle volte in cui davanti a noi abbiamo solo due strade. O alzare le spalle ed accettare la sconfitta oppure cercare il conforto di chi ti ama per avere ancora più forza. Io Turi, ti amo come un figlio. Ma questa storia del bambino non la posso tollerare. Questo bambino appena nasce, deve essere portato via.
TURI ~ Don Saro, ascoltatemi, avete perso la ragione…
DON SARO ~ Tu se continui a contraddirmi perderai il mio rispetto, Turi. E una volta perso, sarà per sempre.
TURI ~ Io non mi posso occupare di questo compito.
DON SARO ~ Non puoi occupartene? Che c’è? Ti fa pena, per caso? Oppure ti sei innamorato di Concetta? Ah? Ti fa trimari tuttu? Stupido! (Gli dà uno schiaffetto)
TURI ~ Fermatevi…
DON SARO ~ Quella è solo una buttana che fa innamorare tutti. Stupido! Lo vuoi capire o no? (Gli dà un altro schiaffetto)
TURI ~ Fermatevi.
DON SARO ~ Che pensi che avete qualcosa di speciale? Ah? Che pensi? Che con te è diversa? Tu non mi puoi voltare le spalle. Vuoi tornare a fare il pezzente?
TURI ~ Fermatevi vi ho detto!
DON SARO ~ Tu ora appena nasci, ci levi ’stu picciriddu e ci rici ca è mottu[190]. U pigghi e u potti di quacchi banna, basta ca u levi davanti ai me’ occhi[191]! Te lo comando, Turi! Non te lo scordare che io ti ho trattato sempre come un figlio…
TURI ~ Io non n’haiu padri[192]!
DON SARO ~ Così mi ferisci, Turi…
TURI ~ Loro due non si toccunu…
DON SARO ~ Loro due?
TURI ~ … Questa cosa che mi volete far fare è meschina…
DON SARO ~ Meschina è? Hai ragione… è meschina. Vattene dietro il capanno, piglia ’na pala e scava ’na fossa. Appena nasci ’stu bastardu da so’ panza, u pigghi, e u ietti dentro ’sta fossa e c’abbii a terra di supra. Poi questa storia ce la lasciamo alle spalle come un brutto ricordo e continui la tua vita Turi… ma stavolta come un signore, come un figlio vero che obbedisce a suo padre e che in cambio ha tutto quello che vuole. O vuoi rimanere un pezzente per tutta la vita, Turi? (Esce)

Turi, confuso, inizia a scavare una fossa.
Dopo qualche minuto i suoi lamenti si uniscono alle grida di dolore di Concetta.

 

 

A PRINCIPESSA CONCETTA


La giovane alterna urla e spinte del parto a momenti in cui perde quasi conoscenza. È stravolta. Ha perso molto sangue.

TURI ~ Ti prego Concetta, ascutami… ascutami[193]. C’ha po’ fari, arristari arrusbigghiata, fozza[194]. U picciriddu, Concetta. U picciriddu. Semu tutti e tri Concettuzza mia. Tutti e tri. Dai Concetta, fozza. Fozza amore mio. Dai Concetta. Facemu l’amuri, ti cuntu a storia. Ta cuntu: «Colapesce e la Principessa» Concetta. «C’eranu tutti i cristiani, venuti da tutt’a Sicilia, scantati per Colapesce. A Principessa preoccupata. I cristiani dicianu: “Speramu ca tonna vivu[195]”. Autri dicianu: “Mori. Mori di sicuru… Di sicuri non torna”. E spittarunu[196]… spittarunu… a Principessa era là. I iorna… e qualcunu sinn’ieva[197], ma a Principessa era là. I simani[198]… e quacchi autru sinn’ieva, e a Principessa era là», Concettuzza. Brava, Brava così.

Urla e spinta finale della ragazza. E, poi, il pianto del neonato.

Concettuzza, brava.

Lei non risponde. Il bambino continua a piangere.

Ascutami: «A Principessa era là». Ascutami, u picciriddu: «Passarunu i misi… e arristau sulu a Principessa[199]». Ascutami Concetta. «A Principessa…» A principessa Concetta.

Concetta non risponde più.

(Prende in braccio il piccolo) U picciriddu della sua principessa, Concettuzza mia. U picciriddu nostru… (Guardarlo lo calma)

Entra Don Saro. Turi gli va incontro con il bambino. Si fissano, finché il giovane se ne va.

 

 

E VENNE IL TEMPO DI IMMACOLATA CONCEZIONE


Ha luogo una processione.

IMMACOLATA CONCEZIONE ~ E mi ficiru santa. Perché li ho guardati negli l’occhi pâ prima vota. Picchì gli ho detto che cu mia putevanu piangere e ridere e di nuovo chianciri e arristari omini[200]. Perché loro volunu fari a guerra e c’hannu u mari dentro agli occhi ca ni voli anniari tutti[201]. Senza speranza io non c’arrestu[202]. Iu vogghiu tramutari u mari[203]. Ci voglio cuntari comu tutti l’uccelli u scancianu pô cielu[204]. Perché loro n’o sannu ca si vedono specchiati sopra di iddu e ci parunu autri uccelli ca volanu chiù vicinu o cielu[205]. E l’uccelli n’a fannu a guerra[206]. Non s’abbianu sopra di iddi stissi[207]. Non s’ammazzanu. Perché u sannu che nel cielo c’è posto pi volari pi tutti pari l’uccelli do’ munnu[208]. Iu senza speranza non c’arrestu. Ci vogghiu ’nsegnari l’amuri. L’amuri ca sacciu fari iu. Come quannu ci munciti i minnuzzi ai vostri capri e ci pigghiati tutt’u latti. Tu ce ne devi lasciare sempre un po’. T’appigghiari solo quello ca ti servi[209]. Picchi a capra c’avi autri figghi e il suo latte c’ha bastari pi tutti pari. E nuatri c’avemu l’occhi pi vaddari e ci putemu fari tutt’i cosi cu ’st’occhi[210]. Ci putemu fari l’amuri e scanciarini i lacrimi ca ’sto mari ci fa buttare, quannu u sali entra di intra e voli cancellari tutt’i cosi[211]. Ma i nostri occhi non si ponnu cancillari picchì su’ fatti per durare fino a quannu hann’addurari[212]. E se addiventanu ciechi e picchì hanno vistu abbastanza e si volunu arripusari[213]. Allora tu cuntaci ’na storia e facci sentiri u culuri di l’amuri ca non c’è sale che lo può cancillare[214]. Senza speranza l’amuri non ci po’ arristari. E mi ficiru santa picchì iu non c’addumannavu nenti[215]. Picchì u me’ nomi scritto accanto a quello di loro gli dà la pace. Iu sugnu cà ad aspettarvi. Senza voialtri non sugnu nenti[216]. Munciti. Munciti u me’ latti[217]. Munciti fotti. Iu non mi stancu e non mi stancherò mai. U me’ nomi è Amuri. Iu sugnu Immacolata. Immacolata Concezione.

 

 

EPILOGO: QUANNU A TRISTIZZA E A SUFFERENZA NON CI SARANNU CHIÙ


TURI ~ (con in braccio il bambino) «Colapisci non turnava chiù e o so’ postu, ’na matina, u lignu vinni a galla ca era tuttu incendiatu do’ focu di l’Etna[218]. A Principessa, mischinedda, non fineva di chianciri[219]. Senza muoversi, arristau a chianciri davanti o mari fino a quannu muriu di sofferenza[220]. L’imperatore allora, per ricordarla per sempre, ci fici ’na statua a so’ figghia, ca taliava u mari aspittannu o so’nnamuratu[221]. E dà ci seppilliu a so’ figghia[222]. Si dice ca davanti la statua se un innamuratu chiuri l’occhi[223], po’ sentiri a Principessa chianciri. E di Colapesce? Si dice ca iddu arristau d’assutta a sorreggere la Sicilia picchì visti ca da colonna sinni stava calannu e che ogni iornu senti a so’ Principessa chianciri do’ funnu do’ mari[224]. Si dice ca quacchi vota, quannu a senti chianciri fotti, ci tremanu i iammi do’ dispiaciri[225] a Colapisci e per un po’ la Sicilia trema. Iddu sapi ca a so’ Principessa ancora u sta aspittannu[226]. E alcuni dicono che Colapesce, potrà tornare sulu quannu a tristizza e a sufferenza non ci sarannu chiù, e a so’ Principessa finirà di chianciri. Mah. Io penso che iddu, starà d’assutta pi sempri».

 


Fine


*****


Note di parafrasi


1 Non so come fare.

2 Sono tutti morti.

3 E ci cambiavo ogni giorno l’acqua.

4 Così quella maledetta peste se ne poteva andare.

5 Ho preso un coltello.

6 Ho dovuto ammazzarli.

7 E ora piango tutte le notti.

8 La mia stalla è vuota e non mungo più.

9 Perché ogni mestiere ha la sua dignità.

10 Ma io senza le mie capre non sono più niente.

11 Mi hanno detto che avete una capra bianca e sana.

12 Potrei cambiare la mia sorte e ricominciare la mia vita di nuovo.

13 Voi avete qualcosa che potrebbe giovare di più a me, ma io ho qualcosa che potrebbe fruttare meglio a voi.

14 Prendetevela.

15 Non le è mancato mai da mangiare.

16 Lasciate perdere.

17 Parla poco.

18 Solo questo.

19 Agli uomini potrebbe piacere una creatura semplice come lei.

20 Ne sa poco di queste cose dell’amore e del piacere, ma con la vostra guida potrebbe imparare tutto.

21 Scambio.

22 Posso tornare a lavorare e a essere uomo.

23 Fatemi vedere.

24 Le dobbiamo insegnare.

25 Ma, a me, che mi raccontate?

26 Non domandano.

27 Parlare.

28 Ha due tette che sembrano due meloni.

29 Le prenderei a morsi.

30 I capelli le arrivano al sedere.

31 Li riempierei di baci.

32 Sono le prostitute migliori!

33 Dolci.

34 Non lavorano.

35 Fartele.

36 Ascoltami, non pestare i piedi a nessuno.

37 Lo sai che solo di te mi posso fidare.

38 La fortuna per te ha voluto che mia moglie non mi desse neanche un figlio maschio.

39 Hai conosciuto.

40 La creatura migliore del mondo.

41 Come un fuoco che ti fa accendere tutto quanto.

42 Ma non è questo che voglio raccontarti.

43 Voglio comprarle qualche bel gioiello.

44 Prendere.

45 Mi sembrerebbe quasi un incesto se tu la conoscessi meglio.

46 L’amore delle carni è meglio che uno soltanto della famiglia lo conosca.

47 Ma so bene.

48 Le cose che fa lei sono stregonerie.

49 Si vede che lei.

50 Come ti guarda negli occhi.

51 A me hanno detto che quando qualcuno è un po’ “allallato” (ritardato).

52 Cattivo.

53 Ti spaventi?

54 Che ti faccio provare un grande piacere!

55 Dicendo.

56 S’impastano.

57 Ma qua, pure di notte mi sembra, da queste tue parti…

58 Con tutta la gente che fai entrare e uscire dalla tua porta.

59 Ci credo. Più che voci, urla.

60 Si diverte molto.

61 Offesa.

62 E invece a me dici che ti ricordo tuo padre?

63 Siamo qui per parlare?

64 Che ne so…

65 La conoscono tutti.

66 Io voglio sentire la tua voce.

67 Era l’ultimo dei suoi fratelli e viveva a Messina con la sua famiglia.

68 Vicino al mare egli viveva.

69 Il pesce.

70 Perché a lui piaceva molto stare a mare.

71 Lui si buttava in acqua e stava ore e ore sott’acqua a tenere il fiato.

72 Una volta tornò con una murena che ancora si muoveva tutta, poi la rigettò in acqua.

73 Sua madre andò fuori di testa e gli disse: “Disgraziato, noi qui moriamo di fame e tu getti via il pesce?”.

74 Se questo mare ti piace molto più della tua famiglia allora rimani pesce, nell’acqua!

75 E sembrava che questa maledizione della madre si volesse avverare.

76 Sempre di più.

77 Che Dio la benedica.

78 Di solito so che a quest’ora non ci sono altri clienti.

79 Forse prendeva aria… con il caldo che c’è.

80 Non si possono raccontare le cose che abbiamo fatto. Di sotto e di sopra e da dietro e davanti. Come lei non ce n’è!

81 Ma perché, qua abbiamo gli ebrei?

82 Per me Concetta è la migliore.

83 Quella disgraziata.

84 Ma mia moglie l’ho fregata.

85 Da me?

86 Ma per questo allora Concetta fa sempre odore di mandarini! Me la mangio tutta, infatti.

87 Mi vengono in sogno tutti i suoi buchi.

88 Profumo.

89 Potrebbe essere buona per mio figlio Tonino?

90 C’era Colapesce che voleva andare al largo in mare, no?

91 Colapesce si era infilato dentro un pesce grande e questo pesce nuotava e lui aspettava che s’allontanasse.

92 E nel frattempo era arrivato al largo.

93 Quando Colapesce si stufò, dall’interno del pesce stesso, gli tagliò la pancia.

94 E tornò di nuovo in acqua e si trovò sopra una nave antica con queste cose che luccicavano.

95 Piano piano.

96 Se le porta a casa.

97 Lo portò.

98 Parlavano.

99 E la madre

100 Vado nel punto più alto del paese.

101 E se tu la prendi, mentre che affonda sott’acqua, te la puoi tenere.

102 Ma di caldo, che m’accendo proprio.

103 Ma chi ci vede…

104 Abbiamo un’ora.

105 Io mai mi sono sentita così.

106 Bambini.

107 Ci sono quelle per fare i piccoli… e quelle da mangiare.

108 Ma poi perché me lo domandi?

109 Vattene!

110 E tu per me sei diventata come un fantasma che viene tutte le notti per torturarmi e darmi il tormento.

111 Senza neanche guardarmi in faccia una volta, gli occhi tuoi li ho fissi nella mia testa e sembra vogliano scrivere la mia storia.

112 Che vuoi da me?

113 Ci sono storie e storie su di te che corrono veloci come le mani che si poggiano nel tuo ventre.

114 Hai toccato tutti in paese, meno che me.

115 Che stai aspettando proprio me.

116 Il tuo canto arriva alle mie orecchie.

117 Ma questa scemenza mi fa tremare tutte le gambe.

118 Sto correndo lontano.

119 E non mi prendi.

120 Ma più corro e più la tua porta è vicina.

121 M’hai lasciato senza speranza.

122 Ho preso un coltello per distruggere l’immagine tua che mi vedo davanti.

123 Ma mi manca la forza e con quel coltello immagino tutto il tempo di strapparti le vesti e di cucirtele di nuovo addosso.

124 Questo tormento dovrebbe durare in eterno per l’anima mia.

125 Ti ho disegnato un posto accanto a me, nel mio letto.

126 Stregoneria.

127 E perché se è una stregoneria, io adesso cerco il tuo nome in tutti gli angoli del paese come se fosse argento vivo?

128 Se adesso ti sto lontano, il tuo nome diventa ancora più grande e mi schiaccia tutto.

129 Perché non esiste divieto più mortale di quello che c’imponiamo noi stessi.

130 Tu mi cammini dentro le orecchie.

131 Il tuo nome è troppo grande, non si può contenere.

132 Lo voglio chiudere dentro le mura della tua stanza.

133 Quella stanza piena piena.

134 Ti voglio guardare da lontano per quello che sei, come una montagna che si guarda dal mare.

135 Se scappo e corro forte, tu diventi ancora più grande.

136 E io ora solo se ti tocco, forse, ti posso allontanare.

137 Cancellerei.

138 E se poi piccola, come una pulce, ti ritrovo nella mano mia?

139 Per davvero.

140 Ma non è che lo possiamo fare sempre.

141 Così.

142 Pensavo “scema”… mi dicono sempre.

143 Certe volte penso, Concetta, che tutti quanti dovrebbero essere scemi come te.

144 Non vorrei che tutti fossero come te.

145 È giusto che tutti quanti siamo diversi.

146 Non ci sarebbe.

147 Tutti quanti.

148 Sai che ti dico.

149 Che ho fatto proprio bene ieri sera.

150 Perché tu sei di tutti e non appartieni proprio a nessuno come le capre che non conoscono padroni.

151 Ma io non sono una capra come te, mi stai capendo?

152 M’hai scocciato.

153 Raccontala ai tuoi Tonino, Angelo, Pietro e a tutti quelli che bussano alla tua porta.

154 Con tutti quelli che vengono qua.

155 Mezzo paese è stato in mezzo alle tue cosce.

156 Dovresti saperle queste cose… Dovevi controllarlo questo fatto.

157 Ti svegli o no?

158 Santa pace a me e a quando non ti lasciai con tuo padre, che sei cosa da stare solo in mezzo alle capre.

159 Queste minchiate che escono ogni secondo.

160 A distanza di vent’anni quella femmina mi fa ancora uscire pazzo.

161 È rimasta incinta.

162 La creatura più perfetta del mondo.

163 Prete.

164 Te l’ho messo io questo danno nella pancia.

165 Là.

166 E passarono le settimane.

167 E disse a suo padre che quella doveva essere.

168 Grandi.

169 E ce n’è un’altra che sta tra Messina e Catania, proprio sotto il vulcano, che s’è consumata tutta.

170 Se la sta mangiando un fuoco.

171 Portami questo fuoco.

172 È molto spaventata.

173 Tanto in una qualche maniera si deve morire.

174 Mi porto un pezzo di legno e con quello spero, senza bruciarmi, di tornare con il fuoco.

175 E al mio posto sopra l’acqua c’è solo il legno.

176 Vuol dire che io resto lì sotto perché sono morto.

177 E sposati con qualche altro bel principe.

178 Ormai sono due.

179 Questo era il mio posto e il mio solo. Non mi appartieni più?

180 Non sono più una capra da scannare.

181 Non voglio vedere nessuno.

182 Senza parlare.

183 Forse non ci capiamo.

184 Capriole che ora con te non posso fare.

185 Mi spruzzo i mandarini addosso.

186 Si eccita quando gli faccio la barba.

187 Quando la guardo negli occhi.

188 Piangiamo.

189 «Figlio mio non piangere che solo non sei mai. / Il mio petto caldo ti culla tutta la notte. / Figlio mio riposati io non ti lascerò. / Anche quando fa buio ti proteggono i miei occhi. / Ascolta la mia voce, sta cantando come il vento, / asciugandoti il pianto nel sonno. / Figlio mio da questo silenzio il giorno nascerà. / quando il primo uccello senza paura fischierà. / Tramontando e sorgendo come un fiore crescerai / Sempre caldo questo petto troverai».

190 Tu ora appena esci, le togli questo bambino e le dici che è morto.

191 Lo prendi e lo porti da qualche parte, basta che lo togli davanti ai miei occhi.

192 Io non ho padri.

193 Ascoltami.

194 Puoi farcela, devi restare sveglia, forza.

195 Speriamo che torni vivo.

196 Altri dicevano: “Muore. Muore di sicuro… Di sicuro non torna”. E aspettarono.

197 I giorni… e qualcuno se ne andava.

198 Le settimane.

199 Passarono i mesi… e restò solo la principessa.

200 Perché gli ho detto che con me potevano piangere e ridere e di nuovo piangere e restare uomini.

201 Perché loro vogliono fare la guerra e hanno il mare dentro gli occhi che ci vuole annegare tutti.

202 Senza speranza io non ci resto.

203 Io voglio tramutare il mare.

204 Voglio raccontargli come tutti gli uccelli lo scambiano per il cielo.

205 Perché loro non sanno che si vedono specchiati sopra di esso e pensano siano altri uccelli che volano più vicini al cielo.

206 E gli uccelli non fanno la guerra.

207 Non si gettano sopra loro stessi.

208 Perché lo sanno che nel cielo c’è posto per volare per tutti quanti gli uccelli del mondo.

209 Ti devi prendere solo quello che ti serve.

210 E noi abbiamo gli occhi per guardare e possiamo fare tutto quello che vogliamo con questi occhi.

211 Ci possiamo fare l’amore e scambiare le lacrime che questo mare ci fa buttare, quando il sale entra dentro e vuole cancellare tutte le cose.

212 Ma i nostri occhi non si possono cancellare perché sono fatti per durare fino a quando devono durare.

213 E se diventano ciechi è perché hanno visto abbastanza e vogliono riposarsi.

214 Allora tu raccontagli una storia e fagli sentire il colore dell’amore che non c’è sale che lo può cancellare.

215 E mi fecero santa perché io non gli ho domandato niente.

216 Senza voialtri non sono niente.

217 Mungete il mio latte.

218 Colapesce non tornava più e al suo posto, una mattina, il legno venne a galla ed era tutto incendiato dal fuoco dell’Etna.

219 La principessa, poverina, non finiva di piangere.

220 Rimase a piangere davanti al mare fino a quando non morì di sofferenza.

221 Fece fare una statua della figlia che guardava il mare aspettando il suo innamorato.

222 E là ci seppellì sua figlia.

223 Chiude gli occhi.

224 Rimase di sotto a sorreggere la Sicilia perché ne vedeva calare la colonna e, dal fondo del mare, sentiva ogni giorno la sua Principessa piangere.

225 Si dice che qualche volta, quando la sente piangere forte, gli tremano le gambe dal dispiacere.

226 Lui sa che la sua Principessa ancora lo sta aspettando.