Il cibo del re
di
Laura Bucciarelli
ATTO UNICO
Personaggi:
Milady, donna, circa 60 anni
Principessa, donna, circa 20 anni
Morgana, donna, circa 60 anni
La scena è divisa in due ambienti: in uno c'è una scrivania, una sedia girevole e un pc portatile; nell'altro, una poltrona.
Scena I
Milady, seduta alla scrivania, usa il pc. Principessa le sta accanto.
MILADY – Cinquecento, duecento, duecento, cento, cento, qui manca qualcosa, siamo fuori tariffa, oppure c'è qualcosa in più, ma ci credo poco. Devo rifare i conti. Conti, conti, conti.
Ognuna ha la propria specialità, tu non ne hai ancora una. La fate facile. Pensate di sapere tutto, che l'esperienza non conti niente. Essere giovani non basta. Cinquecento, bene. E poi cinquanta. È proprio il minimo. Prendere il minimo non va. Chi è stato? Devo indagare.
PRINCIPESSA – Non ho dormito stanotte eppure ho sognato.
MILADY – Non importa quello che ti piace fare, importa quello che sai fare bene. E io ancora non lo so. Non ti puoi permettere di avere scarse attitudini e competenze limitate e poi devi avere una specialità, l'ho già detto? Meglio, non è mai abbastanza. Qualcosa che ti rende unica, capisci cosa intendo? Qualcosa che ti definisce. Qualcosa da scrivere nel tuo profilo.
PRINCIPESSA – Posso scegliere il colore dello smalto?
MILADY – No, deve essere abbinato al vestito e i vestiti li scelgo io.
PRINCIPESSA – Sai cosa ho sognato?
Principessa si siede sulla scrivania.
MILADY – (sottovoce, scorrendo una lista sul monitor) Cinquecento, duecento, duecento, cento, cento, cinquanta, cinquanta, cinquanta. Qui andiamo bassi, troppi cinquanta.
PRINCIPESSA – È andata così. All'inizio è apparsa vicino all’occhio sinistro, ma poi non c’era più. L’ho cercata, ma non c’era più per fortuna, poi è scesa sul collo e c’è rimasta un bel po’. Non usciva sangue. Sai cos'era? Era solo una macchia rossa. Poi non c’era più. L’ho vista sulla spalla destra e poi vicino all’orecchio sinistro. Era piccola, si vedeva a malapena, non se ne sarebbe accorto nessuno. Sono cose che possono succedere a tutti comunque non si vede, nemmeno un po’, mi sono detta. L’ultima volta che l’ho vista era qui, proprio alla base del collo, al centro e, se ci fosse ancora, la vedrei ma non c’è, comunque, ecco, anche quando c’era, non si vedeva granché cioè io la vedevo ma gli altri no, non credo, mi sa che non la vedeva nessuno. Ora potrebbe essere ovunque, mi sono detta.
MILADY – Tutti questi cinquanta fanno impressione.
PRINCIPESSA – Ascolta. Quella macchia rossa che viaggiava sulla mia pelle... ho iniziato a chiamarla: "Ehi! Ehi!" Non sapevo fare di meglio. Allora è apparsa su un ginocchio. Ero nuda, te l'avevo detto? Forse no, ma chi ci fa caso? È apparsa su un ginocchio e si è aperta, ma non come una ferita, piuttosto come un'arancia, in due parti. Ha perso alcune gocce di liquido trasparente. L'ho assaggiato, sapeva proprio di arancia! E poi ha parlato. Aveva delle piccole labbra, proprio come due spicchi d'arancia. Ha detto... vuoi sapere quello che ha detto?
MILADY – Sto facendo i conti, arriva al dunque.
PRINCIPESSA – Non lo so. Parlava una lingua incomprensibile. Quello che capivo è che aveva urgenza di dirmi qualcosa e non ci riusciva e io ho messo una mano tra le due parti, proprio in mezzo all'apertura. Ho chiuso gli occhi. E poi mi sono svegliata.
MILADY – Tutte paturnie incomprensibili, altro lingue incomprensibili... se ti fosse capitato di vivere in quei posti, dove so io, che le ragazze le vendono come schiave o le fanno sposare a dodici anni, che poi è lo stesso, (pausa. Conta in silenzio) non avresti queste fantasie.
PRINCIPESSA – (allontanadosi dalla scrivania) Perché tu quei luoghi li conosci, vero? Li hai frequentati. Hai comprato a buon prezzo?
MILADY – Non ti permettere. Io non faccio certe cose. Lo sai bene, lo sai.
PRINCIPESSA – Non so molto, conosco solo i sogni. Quello era un sogno, non una fantasia. (pausa) Forse qualcuno ti ha comprato, invece? Magari è così... sì, ecco, ma chi ti ha venduto? I tuoi genitori? Sei stata rapita? O forse era un'usanza del tuo paese? Dove le bambine servono a poco, non producono, danno solo problemi, costano troppo.
MILADY – Sogno, fantasia, tu sai le differenze?
PRINCIPESSA – Forse se dicessi la preghiera della buonanotte...
MILADY – Sogneresti meno.
PRINCIPESSA – Avrei la risposta. L'ispirazione. (pausa) Dovresti pregare anche tu, sai? Penso che ti farebbe bene. Ah, già, stai già pregando: cinquanta, cento, duecento, cento, cinquanta, cinquanta, amen, cinquanta, cento, cinquecento, amen.
Milady si avventa contro Principessa. Si ferma poco prima di toccarla. Rimangono vicinissime per un po', finché Principessa si stacca.
PRINCIPESSA – Voglio sapere il mio nome. È tanto che ci penso. Posso sapere il mio nome?
MILADY – Il nome lo scelgo io.
Milady torna alla scrivania.
PRINCIPESSA – Non mi hai detto qual è.
MILADY – (con una smorfia) Per ora sei "Principessa". Quando sapremo cosa sai fare avrai un nome che ti definisce... forse.
PRINCIPESSA – Il nome che mi definisce?
MILADY – (sottovoce) Ci sono troppi cinquanta. Mi fanno paura.
PRINCIPESSA – Il mio nome è scritto da qualche parte.
MILADY – Il tuo nome non è tuo, il tuo nome è mio.
PRINCIPESSA – Come fa a essere tuo se è il mio?
MILADY – Non pensare solo perché sei mia figlia... devi impegnarti il doppio. Forse dovrei insegnarti qualcosa di nuovo, di particolare. Qualcosa che ti renda unica. Devo sempre fare tutto io, i conti, le prenotazioni, il sito. Gli abiti, il trucco, tutto io. Ho lasciato che facessi le tue esperienze. Evidentemente ho sbagliato.
PRINCIPESSA – Tu il mio nome lo sai e devi dirmelo, non quello che mi definisce, ma l'altro, quello vero. Non mi hai mai chiamato per nome. Eppure sono "tua" figlia. E il "mio" nome, quello sì, mi renderebbe unica.
MILADY – (sbrigativa, si alza di scatto) Dobbiamo andare adesso.
PRINCIPESSA – Ti devo parlare.
MILADY – Non abbiamo tempo, io lavoro sai, mi prendo cura di tutto, io, e anche tu lavori anche se sembri in vacanza tutto l'anno. Se ti avessero rapito e venduto non avresti scelta.
PRINCIPESSA – Ancora con questo mercato? Allora è qualcosa che ti ossessiona? Qual è il tuo segreto mammina? Comprare o vendere? O entrambe le cose? Sei tu che scegli? E a te, chi ti ha scelto?
MILADY – (silenzio)
PRINCIPESSA – Mi sento stanca.
MILADY – Dobbiamo andare.
PRINCIPESSA – Ma io voglio riposare.
MILADY – Non puoi. Se qualcuno mi chiede di te, non possiamo rifiutare. (fra sé e sé) Continuano a chiedere di te anche se non capisco il motivo.
PRINCIPESSA – Se qualcuno "ti" chiede di me, non "possiamo" rifiutare.
MILADY – (cerca di blandirla) Ti cercano in molti, sarà questa tua aria... senti, domani ci prendiamo un'ora e andiamo a prendere quelle scarpe.
PRINCIPESSA – Che me ne faccio se praticamente non cammino, non esco mai. Per questo sono stanca. Ti devo dire una cosa.
MILADY – Un bel massaggio rilassante allora, due ore tutte per noi. Massaggio, pulizia del viso...
PRINCIPESSA – Dimmi il nome, il mio.
MILADY – Nessuno deve saperlo.
PRINCIPESSA – Non lo dirò a nessuno. Dove sono i miei documenti?
MILADY – Al sicuro.
PRINCIPESSA – Non puoi nasconderli. (pausa) Non li prendo, te lo prometto, è solo per il nome.
MILADY – Se te lo dicessi, prima o poi te lo faresti scappare. Lo diresti a qualcuno, non lo faresti apposta. Ti verrebbe naturale. (pausa) Se non ho mai usato il tuo nome, è solo per proteggerti.
PRINCIPESSA – Tutti sanno che sono tua figlia.
MILADY – Non è vero. Non dirlo mai.
PRINCIPESSA – Ma lo sanno.
MILADY – Nessuna mi da i problemi che mi dai tu. Per questo tutti pensano... sanno... che sei mia figlia. È logico, i figli danno problemi, i genitori si prendono i problemi dei figli. La devi smettere con le tue fantasie.
Silenzio.
PRINCIPESSA – Ieri sera ero in casa da sola.
MILADY – Certo, ti sei inventata... come i bambini per non andare a scuola.
PRINCIPESSA – Non c'era niente da mangiare. Ho tolto il miglio dalla vaschetta. L'ho lavato molto accuratamente con acqua fredda, messo a scolare, tostato con olio d'oliva, cotto in acqua bollente per venti minuti. Questa è stata la mia cena.
MILADY – Senti, me lo racconterai un'altra volta, dobbiamo andare.
PRINCIPESSA – Secondo me ti interessa.
MILADY – Non abbiamo tempo per le tue fantasie. (fra sé) E poi sono preoccupata per tutti quei cinquanta. (ci ripensa) Di quale miglio stai parlando?
PRINCIPESSA – L'ho trovato sul fondo della gabbia, l'ho raccolto. Seduta sul balcone, con un grembiule da cucina, gli ho staccato le piume, una ad una. (pausa) Ho pensato che potremmo appendere il suo ritratto in bagno. Lo guarderò facendo la doccia, quando sono più fragile, farò finta di piangere confondendo acqua e lacrime sul mio viso. (Milady sembra inorridita) Beata te, mi dicono spesso, me lo dici anche tu. Beata te, echeggiava il suo canto. (canticchiando) In tempo di carestia ho pensato solo alla mia sopravvivenza come il peggiore dei carnefici. Tutti i beata te non erano ancora colati sul pavimento...
MILADY – (si avventa contro Principessa) L'hai ucciso! Hai ucciso il mio piccolino! L'unica mia consolazione, sei un mostro, un vampiro succhiasangue!
PRINCIPESSA – (con molta serietà) L'ho trovato rigido rigido sul fondo della gabbia. Le piumette sono per te, gliele ho tolte per te, le ho tenute per te.
MILADY – Era questo che volevi dirmi?
PRINCIPESSA – No.
MILADY – Te ne approfitti perché non ci sono mai, non faccio che lavorare per te, per noi. E fare conti e prendere appuntamenti e rispondere a tutte quelle telefonate. E controllare controllare controllare.
PRINCIPESSA – (sempre con molta serietà) Avrei trovato una soluzione, non volevo farti preoccupare.
MILADY – Ah sì? E quale? Gli hai tolto le piume, a quell'esserino che non faceva male a nessuno. La mattina ci parlavo e mi rispondeva cantando e mi chiamava, mi chiamava quando non mi vedeva...
PRINCIPESSA – Ma se ero sempre io a dargli da mangiare. Gli ho fatto una foto, la faccio incorniciare.
MILADY – (sull'orlo delle lacrime) Io non ho abbastanza tempo. (riprende subito il controllo) Dimmi quello che volevi dirmi. Forza.
PRINCIPESSA – Attenta non sarà una fantasia, mammina.
MILADY – Perché, l'assassinio del mio piccolo è una fantasia?
PRINCIPESSA – No, mammina, è morto di freddo. Era freddo freddo, un pezzo di marmo.
MILADY – Il sadismo è la tua specialità? È questo che vuoi dirmi?
PRINCIPESSA – Sono incinta.
MILADY – Impossibile.
PRINCIPESSA – (ridendo) Finalmente il tuo lato ironico mammina!
MILADY – L'hai fatto apposta.
PRINCIPESSA – (ride)
MILADY – (apre la bocca, fa un gesto di rabbia, poi riprende rapidamente il controllo) Ti prendo un appuntamento.
PRINCIPESSA – No.
MILADY – Telefono subito.
PRINCIPESSA – No.
MILADY – E che vorresti fare, andare in un consultorio?
PRINCIPESSA – Voglio tenerlo.
MILADY – Solo perché davi da mangiare a un canarino, non vuol dire che-
PRINCIPESSA – Voglio farlo nascere e dargli un nome. Voglio chiamarlo per nome.
MILADY – Tutto qui? Pensi che basti? A far crescere qualcuno, dargli da mangiare, educarlo, punirlo, ricompensarlo, consolarlo, accarezzarlo, schiaffeggiarlo...
PRINCIPESSA – Avrà un nome da me. Avrà parole.
MILADY – Secondo te bastano le tue chiacchiere, le tue fantasie, i tuoi sogni. Grazie a me non ti manca niente. Non hai imparato proprio niente da me.
PRINCIPESSA – Ho imparato molto. Stai zitta, stai al tuo posto. Non fare niente se non ti è richiesto esplicitamente. Non muoverti fuori dalla tua stanza. Ricalca le tue orme, non tracciare altri sentieri. Non andare dove non sei stata invitata. Non dire una parola in più. Non chiedere, non chiamare, non dubitare. Non dimostrare affetto, non rivelare emozioni. Se non ci riesci, dimentica. Quello che senti non ha importanza e, il più delle volte, è falso. Non credere, non piangere, non ti lamentare, non disturbare. Non fare analisi, non sapere niente, fingi.
Stai zitta, stai al tuo posto. Non imparare, non rimpiangere. Dormi, ascolta, mangia.
Stai zitta, stai al tuo posto. Vedrai che passerà.
Silenzio. Milady cammina avanti e indietro. Principessa sorride, ride fra sé.
MILADY – Avrai cibo e alloggio per i mesi della gravidanza. Poi ricomincerai a lavorare e mi riprenderò quello che mi devi. Il marmocchio non sarà un mio problema. In nessun caso. E prega che non si dimentichino di te nel frattempo. Di ragazzine ce ne sono a fiumi. Se non guadagnerai abbastanza, tu e il tuo animaletto ve ne andrete. (pausa) Adesso... prendo l'appuntamento o no?
PRINCIPESSA – Fai come vuoi.
MILADY – Brava. Per oggi rimani qui. Me la vedo io. Mando un'altra. Solo oggi. (esce)
PRINCIPESSA – (si assicura che Milady se ne sia andata, poi sottovoce) Quella notte, quando lui è arrivato, una rana verde lucido e oro trasparente mi ha infilato la lingua in gola. Mancano pochi mesi, mi ha detto. La fine dell'anno sarà condita da salse all'aglio e funghi trifolati. Cucchiai pieni di maionese saranno spalmati sulle mie lenzuola e io aspetterò grondante latte condensato dalle mie narici, le mutande inchiodate alla pelle, i peli arrotolati intorno ai chiodi. Ci metterò più di una notte a prepararmi. (pausa) Ma infine, mamma, saprai riconoscermi lo stesso. Tu così bella e scura in volto. Con i tuoi capelli composti, le mollette a trattenerli, una a destra, una a sinistra, i tuoi occhi bruni, la pelle liscia, le labbra anemiche, impolverate di farina. Mi offrirò di portarti vassoi di carne cruda farcita di agrumi, foglie di acero e fango rosso di cipolla fermentata. Come sei bella, mia madonna della morte dell'anima, come vorrei essere parte di te come lo sono stata un tempo, ma io sono più leggera dei tuoi giorni ciechi, trascorro come un fantasma nei tuoi corridoi tappati. Ti dico un addio d'amore, distillato e puro come il frutto di una quercia. Il cibo dei maiali, mamma, il cibo del re.
Buio.
Scena II
Luce. Milady, da sola.
MILADY – Stanotte, il martello l'ho preso solo per il chiodo. Il chiodo fisso diresti tu. In realtà volevo solo attaccare al muro il quadro del mio piccoletto, con le piume attaccate di nuovo, una ad una. (pausa) Ho rotto tutte le finestre. Non potevo fare a meno delle finestre, però almeno entra un po' d'aria, un po' d'aria, almeno allargo i polmoni, entra il vento e non sbatte niente, volano le tende, entrano le foglie e anche le spine e io tremo tutta e mi concentro e mi dico che non è freddo, che è freddo ma devo rilassare le spalle: se mi espongo al vento e decido di non avere freddo, non avrò freddo e così io non ho freddo, non ho mai freddo. Non rimango sul fondo della gabbia, non rimango. (pausa. Prende fiato) Sono la malattia che hai avuto, principessina. (pausa) Tutto è rimasto a metà. Niente mi completa, niente ti completa. (pausa) Dovevi raccontarmi tutto di me e non omettere nulla poiché tutti hanno una vita di piccole pratiche inutili e io faccio di mestiere il cambio di stagione. Riempio l'armadio degli umani alla velocità della delusione. E perdonami se non sono stata all'altezza delle tue fantasie. Mi sembra un'ottima idea quella di andare a dormire adesso. (pausa) Avevo degli obblighi verso di te. Obblighi da tradurre in possibilità, obblighi in posizioni pestilenziali tipo porgimi l’altra guancia che sono qui o mena il can per l’aia che sei sotto il mio tetto. Obblighi privi di offese, fiumi ghiacciati, bambini stesi ad asciugare sulle altalene. Obbligo di raccattare tutti gli obblighi. Principessina, cercami i codici d’onore dei gelatai, dei tabaccai e dei macellai. Dei fiorai, fruttivendoli pervertiti all’ikebana. Di tutti quelli che hai incontrato. (pausa) Vorrei andare a dormire ma mi batte in testa tutto quello che ho contato ieri e oggi e ieri e oggi e ieri e quello che conterò domani sta nella manica della giacca da cui nascono assi di carte truccate per le mie migliori occasioni mondane. Quelle che ti sei persa. (pausa) Ho un negozio grande come un circo. E ci sei stata anche tu. Avrei dovuto darti più consigli. Guidarti di più. Cosa mettere, cosa fare, come muoverti, come usare gli altri. Sì, sono la medusa che tu immagini, che pietrifica ogni slancio candido.
La tua pretesa di sapere. La tua pretesa di tenere in vita una vita.
Ho imparato la tua lingua, te ne sei accorta? Te l'ho rubata. Da quando te ne sei andata, nessuno mi lascia in pace. Ti cercano, ti vogliono e ancora non so perché. I tuoi documenti non ci sono più, principessina. Per me, ho fatto una carta d'identità nuova. Ho un altro rettangolo di plastica colorata che si aggiunge alle varie tessere di appartenenza e riconoscimento che possiedo. Le vorrò tutte con me, nella bara. Saranno le uniche cose che troveranno quando dovranno rivoltare la terra per spostare le mie ossa e, allora come adesso, non sarò io a essere riconosciuta, chiamata e risarcita per i punti che ho accumulato e i crediti che penso di poter vantare. Eppure continuo a dire che quando tornerai, mi prenderò quello che mi devi. Tutti i giorni in cui sei mancata. Tutte le ore.
Ho imparato la tua lingua, te ne sei accorta? Parlo a modo tuo. (pausa) Come fotografa di nulla, ho registrato ogni minimo spostamento della tua anima. Le tue cellule, come carta da parati della mia camera, condiscono la tua assenza. Il silenzio del tuo nome. Il tuo nome scritto e non detto. Chiedere a un carnefice di correre a salvarti, principessina, non è un'idea.
Buio.
Scena III
Principessa, dal lato della poltrona, cammina avanti e indietro con una neonata in braccio.
PRINCIPESSA – Si chiama Teresa, si chiama Laura, si chiama Anna, si chiama Margherita, si chiama Rosa, piccola Rosa, piccola Rosa. Quanto ci ho messo a trovare il nome giusto, eh? Rosa, ti aprirai al mondo. Avrai colore e profumo. Lunghi capelli, morbidi come petali.
Morgana entra di corsa con due buste della spesa in mano.
MORGANA – Lasci tutte le porte aperte?
PRINCIPESSA – Ti aspettavo. Il campanello infastidisce Rosa.
MORGANA – Fammela vedere.
PRINCIPESSA – No, dorme.
MORGANA – La guardo solo, mica te la rubo.
PRINCIPESSA – Abbassa la voce.
MORGANA – Va bene, va bene, principessine!
PRINCIPESSA – Hai notizie?
MORGANA – La tua Milady è impazzita, sbaglia tutti gli appuntamenti, non gliene frega più niente nemmeno dei soldi. E nemmeno di noi. I vestiti, i trucchi, gli aggeggi, i cosi, insomma - dopo tutto sto tempo ancora non riesco a dirlo - i giochetti insomma. Si dimentica tutto, lei pensa solo a te, impazzisce per te. Non credeva che te ne andavi. Pensava che metteva tutto a posto.
PRINCIPESSA – Se le dici dove sono...
MORGANA – Ma che sei matta? Ma se glielo volevo dire, glielo avevo già detto. No? Ma anche te, alla fine è tua madre. Se non era tua madre pensavo che era innamorata di te. Da quando la conosco...
PRINCIPESSA – Voglio stare sola.
MORGANA – Me ne vado, principessa, me ne vado.
PRINCIPESSA – Che mi hai portato?
Morgana posa a terra le buste.
PRINCIPESSA – Domani torni?
MORGANA – (uscendo) Torno, torno. Metti a posto la spesa.
Principessa si siede sulla poltrona, canticchiando qualcosa alla bambina. Si addormenta. Buio.
Scena IV
Principessa ancora sulla poltrona. Luce tenue. Morgana entra di corsa.
MORGANA – Buongiorno, principessine!
Silenzio.
MORGANA – (scuotendo Principessa) Non fai che dormire, sveglia! Ti ho portato la colazione.
PRINCIPESSA – Ah sì?
MORGANA – Mi farai tenere in braccio la bambina mentre mangi?
PRINCIPESSA – Non c'è bisogno, grazie.
MORGANA – Non la puoi tenere sempre appiccicata a te! Dai, voglio tenerla... un giorno ne avrò una anch'io.
PRINCIPESSA – Davvero?
MORGANA – Oh, non sentirti meglio di me. Capito? Hai fatto le stesse cose di merda, siamo state negli stessi posti di merda. (pausa) Io l'ho sempre voluta. Una bambina. Certo, io non c'ho avuto la mammina a vegliarmi e a prendermi gli appuntamenti migliori. Mammina sceglie, ti evita il peggio, ma non mi voglio arrabbiare, c'ho la pressione.
PRINCIPESSA – Non è veramente mia madre.
MORGANA – Sì, vabbè.
Morgana si accorge che le buste sono ancora per terra.
MORGANA – Potevi sistemare la spesa almeno.
PRINCIPESSA – Non so dove mi ha preso, mi ha rapito, mi ha comprato. Ha deciso di essere mia madre e di insegnarmi "tutto". Tutto il suo mondo.
MORGANA – Questa è una balla troppo grossa anche per me.
PRINCIPESSA – Ha i miei documenti da qualche parte.
MORGANA – Ecco perché mi stai appresso, vuoi che li rubo eh? (ride) Smettila con 'ste stronzate. Fai peccato se neghi tua madre.
PRINCIPESSA – Peccato in bocca a te. (ride) La parola, la parola peccato.
Morgana ride.
PRINCIPESSA – Non mi ha mai chiamato per nome.
MORGANA – Certo, sei la sua principessina (ride) e la principessina di tutti! Lei continua a dire che tutti ti vogliono! E a noi ci prende a calci.
PRINCIPESSA – Istinto materno.
Ridono entrambe.
MORGANA – La faccenda del nome è vera?
PRINCIPESSA – Certo.
MORGANA – Possibile che non le è mai sfuggito, mai una volta?
PRINCIPESSA – Mai una volta da quando ne ho memoria.
MORGANA – Cara Principessina, mi sa che il nome te lo devi mettere da sola, come ho fatto io. Anzi, io sono stata aiutata. Me l'ha regalato un tipo, ha detto che ero pericolosa come una Fata Morgana, dice che è una roba che ti fa vedere quello che non c'è.
PRINCIPESSA – Un miraggio, si chiama miraggio, è un effetto ottico, il nome viene proprio da una fata mitologica.
MORGANA – Vedi che ne sai un sacco? Tu hai letto un sacco, mica come me. Trovati un nome anche tu. Così sai chi sei. Insomma, lo decidi tu chi sei. E decidi anche che fai. Insomma, non sei sola adesso.
PRINCIPESSA – Voglio stare sola.
MORGANA – Me ne vado, principessa, me ne vado. E sistema quella roba. E mangia.
PRINCIPESSA – Domani torni?
MORGANA – (uscendo) Torno, torno.
Scena V
Principessa cammina avanti e indietro con la neonata in braccio. Entrano Morgana e Milady.
Lungo silenzio. Morgana rimane in disparte.
MILADY – Così sarebbe quella. (indica la bambina) Sembra già grande.
PRINCIPESSA – Non abbastanza per te.
MILADY – (osservandola da capo a piedi) Sei cambiata.
PRINCIPESSA – Non vado più bene? Lo sospettavo. Allora puoi andare, non ti servo più.
MILADY – Sei sciatta. Hai perso la poesia.
PRINCIPESSA – Ho perso la voce, sì. Tutti i pensieri, le fantasie, come dicevi tu. Sei venuta a vedere di persona eh? La tua spia ti ha raccontato. Di come vivo, come mi vesto, che sto sulla poltrona tutto il giorno. Ad aspettare. Aspetto che arrivi il latte e il latte arriva. Tu non la devi guardare Rosa. Voltati! Voltati! Non la puoi guardare. Cosa sei venuta a fare? Vuoi sapere cosa ho sognato stanotte? E tu (a Morgana) non avrai pensato che non lo sapessi?
Morgana alza le spalle.
MILADY – Voglio sapere come tiri avanti.
PRINCIPESSA – Lo sai. Quella gallina (indica Morgana) mi porta i tuoi soldi.
Silenzio.
MORGANA – Tu sei la principessa.
MILADY – Zitta.
PRINCIPESSA – Ma no, ha ragione.
MILADY – Non potevi stare da me con la bambina. Non era vita per te comunque.
PRINCIPESSA – Dicevi che tutti mi volevano. Ho sempre fatto quello che era consono al mio ruolo, al mio lignaggio.
MILADY – Non sono qui per chiacchierare. Ecco la tua natura, ti perdi. Sono qui per i documenti. Non li ho più ma puoi rifarli quando vuoi. Io sono tua madre. Tu sei la mia famiglia. Vai in comune e risolvi. Pensavo che lasciarti un dubbio sarebbe stato meglio, che ti saresti sentita libera di andare via. Ma sei rimasta, hai continuato a rimanere aggrappata. Quel maledetto nome...
PRINCIPESSA – Non mi interessa più.
MILADY – E anche adesso rimani, ti prendi i soldi per la tua Rosellina. Anche adesso mi succhi il sangue.
PRINCIPESSA – Tu non chiamarla! Sei responsabile e devi pagare. Con il tuo sangue, i tuoi amati soldi. Cinquecento, duecento, cento, cinquanta, cento, cento, duecento, cinquanta, cinquanta...
MILADY – Potevo lasciarti perdere.
Principessa ride.
MILADY – Mi restituirai tutto.
PRINCIPESSA – Non tornerò. Ce la farò da sola. Rosa ha bisogno di un mondo diverso dal tuo. Io lo costruirò. Senza freddo, senza pane secco, senza semi rancidi, senza torri, senza pozzanghere, senza fiocchi dietro la schiena, senza pizzi, senza tanga, senza profumo chimico, senza saponi alla vaniglia, solo bolle, solo pois, colline, peonie, antenne paraboliche per prendere la luna.
MILADY – Adesso sì, ti riconosco. È ora che me ne vada. Fai come ti ho detto. Recupera il tuo prezioso nome.
PRINCIPESSA – Ti ho detto che non ha più importanza.
MILADY – Forse per te, ma per la bestiolina...
Milady esce. Principessa crolla sulla poltrona. Tiene Rosa in braccio.
MORGANA – Non è andata male, hai avuto quello che volevi. Lei ha avuto un bel pensiero, t'ha fatto il regalo per la nascita. T'ha battezzato. (ridacchia) Ora vuoi stare sola, lo so. Vado, vado. Mi devi chiedere se domani torno. Va bene, non me lo chiedi. Torno, torno.
Morgana esce.
PRINCIPESSA – Stanotte, Rosa, stanotte il mondo cambierà. Saremo unite nelle stelle.
Dormi, dormiamo insieme. Questo momento, portiamolo via. Portiamo con noi una canzone per il silenzio della notte. Portiamo un saluto puro, pulito, distillato come il frutto di una quercia, il cibo dei maiali, il cibo del re.
Questo letargo da principesse ci salverà. Intorno a noi non cresceranno rovi, ma petali di rosa, come te.
Principessa stringe Rosa forte, molto, troppo forte.
Buio.