Il grande prestigiatore

(Concerto di Magie)

Atto unico di

Salvino Lorefice


PERSONAGGI

Mister Chicago, il Prestigiatore
Moglie del prestigiatore
Narratore

Nota dell’autore: I titoli delle canzoni sono indicativi: sono stati inseriti a titolo esemplificativo per dare risalto alle interruzioni delle scene e, pertanto, non fanno parte del presente copione. Le compagnie che utilizzano questo copione possono omettere i brani musicali che accompagnano il cambio di scena (ovvero sostituire i brani con altri brani, editi e/o inediti, a scelta della Compagnia utilizzatrice, che se se assume l’onere).
I numeri tra parentesi si riferiscono all’indice dei brani musicali (vedi ultima pagina del presente copione).


SCENA
In scena è presente un tavolo, una culla, un piano cottura. Un pianoforte si trova all’angolo della piccola stanza, che è l’interno di un camper e che, all’occorrenza, si trasforma in un ipotetico palcoscenico, dove si “esibisce” il prestigiatore.

Preludio: Il suono di un pianoforte o di un Sax

    (1) Moonlight serenade


SCENA PRIMA

Sullo sfondo, quasi in penombra, il prestigiatore fa dei movimenti tipici, mescola un mazzo di carte e ne fa un ventaglio; fa roteare un bastone e poi indossa un cilindro tirandone fuori un coniglio di peluche.
Al cessare della musica entra in scena Il NARRATORE; entra quasi in punta di piedi, come se non volesse disturbare né la musica né il prestigiatore. Parla con pacatezza, come se narrasse una fiaba a dei bambini, in realtà si rivolge al pubblico: sta narrando la storia del più grande prestigiatore del mondo.

NARRATORE: Dicono che un prestigiatore sia bravo solo se ha una scrittura.  Mister Chicago  la cercava da sei mesi. Era  fermo, con la mente e con il lavoro: sembrava che tutti gli spettacoli potessero fare a meno dei prestigiatori.
Io ero un suo vecchio compagno di stanza. Eravamo studenti universitari, a quel tempo, tanti anni fa. Un giorno mi dissi “voglio andarlo a trovare”. Mister Chicago, si faceva chiamare quel vecchio birbante! Mister Chicago, il suo nome d’arte. Beh, avevo saputo che era arrivato in città e che viveva nella sua roulotte, insieme alla moglie. 

La moglie di Mister Chicago entra in scena con un neonato in braccio e lo culla, quasi danzando, mentre il pianista suona una melodia. al termine del brano, la donna si siede accanto al marito, anch’egli è seduto, gli occhi spenti, fissi nel vuoto; la donna gli si avvicina, lo accarezza su una spalla.

(2) Feelings


SCENA SECONDA

NARRATORE: Avevano appena finito di cenare. Capii subito che avevano consumato un paio di toast e poca frutta. Subito dopo i saluti, la moglie di Mister Chicago disse che doveva scappare. (pausa.)

La donna si alza, resta ferma a fissare il marito, che non ricambia lo sguardo, sembra contrariato, fissando il vuoto davanti  a se. Dopo pochi secondi la donna esce, risolutamente.                         

NARRATORE: (Indicando col pollice la donna appena uscita) Alle dieci aveva lo spettacolo, all'Acapulco, dove faceva la “ballerina di fila” e dove, “se voleva”, poteva arrotondare lo stipendio sostituendo una… “spogliarellista” (ammicca ironico). 
La donna entra in scena. Pronta per uscire. Si avvicina al marito, timidamente, gli dà un bacio sulla guancia. Gli sorride. Fa freddo, fuori; perciò infila un soprabito, fa “ciao” con la mano al vecchio compagno del marito e… 

NARRATORE: (la didascalia precedente è accompagnata dalla voce del narratore, che inizia subito dopo l’entrata in scena della donna) …E’ pronta per uscire, lei.  Si avvicina al marito… timidamente… gli dà un bacio sulla guancia… gli sorride. (Mentre la donna infila il soprabito:) Fa freddo, fuori; mi fa “ciao” con la mano e…

NARRATORE: “Rientri, stanotte?” le domandò  Mister Chicago.
“Non so” - rispose lei – “dipende da come andrà la serata”. Ancora un semplice “Ciao” e, triste, la moglie uscì. 

 (3) Pugni Chiusi


SCENA TERZA


NARRATORE: Quella sera, uel giorno, anzi quella sera,QMister Chicago fu felice di rivedermi. Mi fece sedere e non mi offrì un wisky o una birra, no. Mi offrì un succo di ananas versandolo da un break di cartone. Ero stato molto legato in passato al mio caro prestigiatore e alla sua - allora - fidanzata. 

(4) John Legend


SCENA QUARTA


NARRATORE: (Musica in sottofondo) Sì, eravamo stati molto legati, eravamo sempre insieme. Ai tempi dei primi anni d'università c'era anche la mia, di fidanzata, Rosy (sorride nostalgico); tutti e quattro ci divertivamo con la spensieratezza della goliardia, senza problemi. Io e Rosy li ammiravamo perché loro due evocavano sempre il futuro. Progettavano di girare il mondo coi loro spettacoli, erano entusiasti, insomma. Si sentivano entrambi artisti, lui e lei, ma si erano iscritti all'università per compiacere le rispettive famiglie. E così,  dopo qualche anno, quando ormai erano già “abbastanza” adulti e avevano accumulato un paio d'anni di fuori-corso, Mister Chicago e la sua ragazza si sposarono. (incredulo, ripete, pausa) Si sposarono! Con i soldi ricevuti come regalo di nozze, con qualche aiuto finanziario dei parentie e un prestito, comprarono una roulotte e un'auto. (Con enfasi) Avrebbero girato il mondo, finalmente! Avrebbero realizzato il loro sogno, diamine! Basta con i piccoli locali di periferia in cui si erano esibiti per fare esperienza. Adesso occorreva realizzare “il” Sogno. Di idee ne avevano. Entusiasmo, anche. Erano sempre sorridenti perché cominciavano ad avere un decente successo esibendosi in qualche locale notturno di Roma, la Capitale. Il guadagno non era tanto ma, per iniziare, bastava. (la musica di sottofondo cessa). Ma poi (con tono allegro), poi, fecero il Grande Salto: una turnèe di un anno a Parigi, Madrid, Londra, Vienna… 

(5) Paris – Lelouch


SCENA QUINTA


NARRATORE: (cambia tono, stavolta è triste) … Il Grande Salto! una turnèe di un anno (alza le spalle, come dire: ben poca cosa). Un anno passa presto: Madrid, Londra, Vienna… Parigi…  E infine di nuovo a Roma. Proprio così: dopo un anno erano al punto di partenza, ossia con poco lavoro, i soldi che cominciavano a finire, e con una bambina. Non prevista. 

 (11) Summertime 


SCENA SESTA


A metà del brano, la moglie di Mister Chicago entra in scena tenendo in braccio un fagottino, un neonato. Si dirige lentamente verso il lato opposto del palcoscenico, dondola il bimbo, si siede per alcuni secondi, le sta cantando una ninnananna. Infine, va ad adagiarlo nella culla ed esce.

NARRATORE: I vecchi impresari avevano favorito la moglie per compassione, e le concessero un lavoro all'Acapulco, una scrittura di tre mesi come ballerina e poche speranze per il futuro. Quanto a Mister Chicago, solo promesse. In un certo mondo dello spettacolo le donne trovano lavoro più facilmente degli uomini. 

(7) Ultimo tango a Parigi


SCENA SETTIMA


NARRATORE: Mi raccontò della sua esperienza all’estero, che non era stata tanto felice come voleva farmi credere. Lo capii, dopo pochi minuti, quando iniziò a parlare, a parlare… con foga, con rabbia… “Vedranno”, mi disse.

(Quando parla in soggettiva, citando il prestigiatore, Il Narratore “diventa” Mister Chicago, mima le azioni che descrive).

Narratore/Mister Chicago: ( mentre parla, indossa dei guanti bianchi, un frac, un cilindro e un bastone…) “Vedranno. Sto preparando un numero che neppure il grande Houdini avrebbe saputo realizzare. Una grande vasca di vetro piena d'acqua. Piena d'acqua e di pesci: tanti pesci, di ogni tipo e dimensione e colore. Mi immergo, in apnea. Muovendomi tra i pesci, saluto la gente da dietro il vetro, sorrido. La vasca viene ricoperta con un lenzuolo, per tre secondi. Uno... due... e tre. Poi... giù il lenzuolo ed io non sono più dentro la vasca. Ma… ma i pesci… i pesci, quelli sì, ci saranno ancora. ‘Dove sarà finito?’ si domanderà il pubblico. ‘Come ha fatto?’ La gente sarà incredula… Affascinata… E io riapparirò qualche metro più in là, in una nuvola di fumo.”

NARRATORE: Parlava con entusiasmo, in un crescendo eccitante, proprio come ai tempi d'oro, quelli dell’inizio, quando aveva trasformato la camera della Casa dello Studente in un palcoscenico in miniatura, proprio come questa roulotte.
    “Si può fare, sai? E' fattibile,” continuava a dire. “Devi credermi,” diceva. Era inarrestabile. Con le sue parole mi descrisse il suo Sogno.
Narratore/Mister Chicago: “Ascolta, non è finita, sai? Mentre sto eseguendo il numero, un'orchestra di quaranta elementi suonerà una musica eccezionale, internazionale, alla Barry White, sì. Soul music,  musica dell’anima. Questo per dare più effetto allo spettacolo.” 

(8) You are the first, the last, may everything


SCENA OTTAVA


NARRATORE: Solo un suono riuscì a fermare il suo progetto: un vagito che proveniva dalla culla, da lì, da quell’angolo della roulotte. Un esserino reclamava la pappa, Maximine. Aveva gli occhi azzurri e il viso paffutello. I capelli d'oro. E un sorriso… un sorriso… Appena il suo papà la sollevò dalla culla, smise di piangere ed emise dei simpatici  gemiti. E si calmò. Ma lui… Lui ne approfittò per continuare a parlare, testardo.

Narratore/Mister Chicago: “Per realizzare questi trucchi e l'intero spettacolo occorre un po' di denaro. Diciamo... cinquantamila... facciamo… anche trentamila! Ma basteranno cinque o sei rappresentazioni e l'intera somma sarà recuperata. Sono in contatto con un impresario che ha promesso di finanziare il numero, sai? L’intero spettacolo. Uno show di Grandi Illusioni da rappresentare in teatri da duemila posti o  anche negli stadi, in estate. Lo intitolerò Concerto di Magie. Attraverserò uno specchio, sotto gli occhi degli spettatori. Farò sparire un elefante portato in scena. Farò volare un pianoforte a coda, mentre lo suono... e tante altre meraviglie. Riempirò i teatri. E anche gli stadi e i palazzetti. Le folle accorreranno al mio Concerto di Magie.” 

 (9)  L’ultimo valzer


SCENA NONA


NARRATORE: (mentre parla, il narratore mima i gesti che va descrivendo) Maximine si fece sentire nuovamente e papà si avvicinò al fornello. Tenendo la bimba con un braccio, accese il fornello con la mano libera, per scaldare il latte. Poi, eseguendo con gesti precisi, già ripetuti tante altre volte, e con l'abilità, manuale e gestuale del prestigiatore, versò il latte dal tegamino nel biberon. Lo accostò al viso per sentirne il calore e, stabilito che la temperatura andava bene, avvitò la tettarella al poppatoio e poi l’accostò alle labbra della bambina che, avidamente, cominciò a ciucciare.

Narratore/Mister Chicago:“Come è bella”, disse. “E pensare che sua madre non la voleva fare nascere. Ci rovinerà le carriere, diceva, ma io non ho ceduto e adesso è con me…” subito si corresse: “…Con noi. E dopo un attimo di indecisione disse:   “Lei non tornerà prima di domani, lo sento. Arrotonderà anche stanotte… Ancora otto mesi di questa vita e potrò produrre da solo il mio spettacolo. E dovranno pagare, per avermi. Sì, dovranno pagare: impresari, agenzie, teatri...” Riemerse la sua rabbia, ricominciò a narrare il suo Sogno. “Tornerò a Parigi e a Madrid e a Londra e a Vienna. E a Roma, nei locali dove mi hanno pagato una miseria. E, se mi vorranno, dovranno sborsare cifre a cinque zeri, stavolta. Sborsare e chiedermi scusa. E sai gli impresari? Dovranno trattarmi coi guanti bianchi.” Mister Chicago guardò la bimba e la smorfia di rabbia e di rancore che gli segnava il viso si trasformò in un sorriso. “E lei, la mia Maximine, continuerà il mio lavoro, quando sarò vecchio.”  (Il Narratore mima il gesto di adagiare la bambina sulla culla. )

(10) Vacanze romane


SCENA DECIMA


NARRATORE: Durante quel suo discorso, non avevo parlato, non avevo osato interromperlo. Non ce n'era bisogno. Sapevo che dovevo solo ascoltare. Del resto, entrambi sapevamo che  dopo la mia laurea in Ingegneria Gestionale avevo sposato Rosy; e sapevamo chi era mio suocero. Ed ora, insieme a mia moglie, amministro la grande ditta di manifattura tessile che fu di mio suocero. Esportiamo in tutto il mondo e i soldi corrono a fiumi. Ero ricco sfondato, come si suol dire. Ma nessuno di noi due osò parlare di tutto questo, ciascuno rimase col proprio destino. Preso dall’enfasi, Mister Chicago cambiò discorso. “Ma non abbiamo neppure aperto il tuo regalo. Sei venuto con un pacchetto, vero? L'ho dato a mia moglie, dove l’avrà buttato? (lo prende da una mensola) Ah, eccolo. Ma non dovevi disturbarti. Lo aprirò insieme a lei, quando tornerà, ti dispiace?” – mi disse. Il lieve cenno della mia testa e il mio sorriso benevolo gli fecero capire che ero d’accordo. Ok, aprilo insieme a lei, acconsentii. E lui sembrò non udirmi e per tutta risposta, senza nemmeno aprire bocca, mi comunicò il suo tormento. Mezzanotte era passato da un pezzo. 

(11) E penso a te


SCENA UNDICESIMA


Narratore/Mister Chicago: “Tornerà, mia moglie. Speriamo che torni. Fa un lavoraccio, poveretta. Ballerina di fila in uno show. A volte sostituisce una collega e fa dei numeri extra. Sono numeri ben pagati, sai? E di solito, verso le tre o le quattro di notte, rientra. E fa piano, per non svegliarmi. Ed io l'accontento e faccio finta di dormire. Non riesco a  dormire pensando a lei che sta lavorando mentre io sto dormendo beato. Se alle tre o alle quattro non è ancora rientrata, allora… allora torna al mattino, alle sette… E' sempre rientrata… Magari alle otto… Presto o tardi è sempre rientrata, no?... Tornerà anche stanotte, sì. Perché non dovrebbe, eh? Sa che ho idee originali, che sono destinato al successo. Le ho già parlato cento volte del mio Concerto di Magie. E lei dividerà con me quel successo. E avrà tutto ciò che desidera. Come prima cosa, niente roulotte: solo grandi alberghi, di prima categoria e appartamenti di lusso.” 

(12) Come vorrei


SCENA DODICESIMA

NARRATORE: Maximine dormiva. Il tempo ci aveva rapiti. Era tardi. Andai via alle tre e un quarto, e ricordai a Mister Chicago – ancora una volta gli ricordai - di aprire subito il regalo. “Il regalo?” mi disse. “Ah, Sì, va bene, va bene,” vagheggiò. Avrei dovuto insistere. Avrei dovuto “costringere”, lui e la moglie, ad aprire il pacchetto quando lei non era ancora uscita: aprendo il mio regalo, un assegno da centomila euro, lei non sarebbe andata a lavorare, quella sera. Non sarebbe andata più a lavorare. Centomila euro cancellano certe necessità: niente extra, per quella notte. E per tutte le notti a venire.

(Il narratore passeggia lentamente, aventi e indietro; lo stesso fa mister Chicago, in senso opposto)

NARRATORE: Era tardi, molto tardi, e la moglie di Mister Chicago non era ancora rientrata. Ma forse, l'avrebbero aperto insieme, il regalo. Al suo ritorno, alle otto del mattino. Forse. Mister Chicago, sua moglie e Maximine… Insieme. Chissà. 

(13) Che resterà del nostro amor

Le luci che illuminano la scena sfumano assieme alla musica. 

BUIO

NOTE

    (1) Moonlight Serenade
    (2) Feelings
    (3)  Pugni chiusi
    (4) John Legend (sottofondo)
    (5) “Paris”: Michel Legrand Claude Leluch 
    (6) Summertime
    (7) Ultimo tango a Parigi
    (8) Barry White (You are the first the last may everything)
    (9) L’ultimo valzer
    (10) Vacanze romane
    (11) E penso a te
    (12) Come vorrei
    (13) Che resterà del nostro amor