GIAMBATTISTA PERGOLESI

di

Fabio Bertarelli

 

ATTO PRIMO

In una piccola parte a sinistra del palcoscenico, Pergolesi, seduto su di una poltrona, sta componendo lo Stabat Mater alla spinetta. Sulla parete c’è il quadro della Madonna Addolorata. In tutto il resto del palcoscenico è raffigurato il lato di una chiesa. Nel primo altare c’è il fonte battesimale. 

PERGOLESI – (canticchia mentre compone seguendo l’ispirazione) Stabat Mater dolorosa/juxsta crucem lacrimosa/dum pendebat Filium…

Entra il suo amico e maestro Giuseppe De Majo. Gli si avvicina silenziosamente e gli rimane accanto in ascolto senza parlare.

PERGOLESI – (se ne accorge, smette di comporre e lo saluta calorosamente) Ah! De Majo, mio caro amico, come sono felice di vedervi. Grazie per essere venuto a farmi visita.

DE MAJO – Caro Pergolesi, mi dispiace di aver interrotto la vostra ispirazione. Che musica solenne, piena di sentimento… Cosa state componendo? 

PERGOLESI – E’ uno Stabat Mater. 

DE MAJO – Però, a mio parere, è troppo triste per il vostro stato. Vi conferirebbe di più qualcosa di allegro. Dov’è quel Pergolesi che ci ha deliziato tante volte con le sue belle pagine di musica giocosa? 

PERGOLESI – Volete dire che il mio genere è quello della Serva Padrona? 

DE MAJO – Non offendetevi, ma avete bisogno di un qualcosa di allegro per sollevare il vostro spirito. Qua, fatemi provare. (accompagna alla spinetta l’aria di un pezzo allegro della Serva Padrona. Pergolesi sorride) Vedete che va meglio? Vi ho visto con una espressione così triste che mi sembra rispecchi più che mai il vostro animo afflitto. 

PERGIOLESI – Vi sbagliate, maestro. E’ quello che sto scrivendo adesso che mi eleva lo spirito. Vedete quel quadro? (Indica il quadro della Madonna Addolorata) E’ la mia musa. Sto lavorando sul testo dello Stabat Mater di Jacopone da Todi. Debbo mantenere un impegno. Come penso che saprete, nella chiesa di San Luigi a Palazzo tutti i primi venerdì di marzo si espone il Santissimo Sacramento e si canta lo Stabat Mater di Scarlatti. I confratelli della Vergine de’ Dolori, desiderosi di cambiare, mi commissionarono un nuovo Stabat. Maestro, purtroppo ho davanti a me poco tempo e non posso fare a meno di adempiere la promessa già fatta nell’anno precedente, di terminare questo meschino lavoro che pure mi hanno lautamente pagato 10 ducati e che io credo fermamente non valga 10 baiocchi.

Riprende qualche altro accordo della prima strofa come se gli fosse venuta una nuova ispirazione. 

PERGOLESI – Stabat Mater dolorosa/ juxta crucem lacrimosa/ Dum pendebat filius… 

DE MAJO – (attende che Pergolesi smetta di suonare) Ma quale poco tempo! Vi trovo in discreto stato e fra non molto vedrete, vi rimetterete in salute. Amico, fatemi sentire ancora…

Pergolesi riprende a suonare. De Majo si siede e rimane assorto in ascolto, poi come commosso si copre il volto.

DE MAJO - Nessun’altra musica mi è mai penetrata così intimamente nell’anima; capolavoro di espressione, di sentimento e di gusto. In esso tutte le passioni più tenere dell’anoma sono espresse con inimitabile perfezione. Quella soavità nella mestizia e nel dolore profondo, mi hanno costretto a coprire il volto per nascondere le lacrime dalla grande commozione. E’ il più toccante accento che sia mai uscito dalla penna di un musicista. E’ il poema del dolore. Un grido vivo e profondo. Continuate a comporre perché, credetemi, state facendo un capolavoro.

PERGOLESI – Vi ringrazio, amico carissimo, ma sento le forze che mi stanno abbandonando. Chiedo soltanto alla mia protettrice (indica il quadro della Madonna Addolorata) che mi dia da vivere il tempo per terminare questo Stabat Mater, il suo lamento di madre.

DE MAJO – Su, su, Pergolesi, non siate così pessimista. Chissà quanto tempo avrete per scrivere tante cose belle… Via questi brutti pensieri! Parlatemi piuttosto di voi. 

PERGOLESI – Carissimo maestro, sono nato 26 anni fa in una cittadina delle Marche…

Si oscura questa parte del palcoscenico e si accende la luce nel resto della scena con il fonte battesimale. 

Musica adatta al rito. Entra da una parte il sacerdote e dall’altra parte il padre e la madre del musicista ed i due padrini con l’infante in braccio. Tutti si avvicinano al fonte battesimale.

SACERDOTE – (ai genitori) Che nome volete che sia dato al bambino?

GENITORI – Giovanni Battista.

SACERDOTE – Giovanni Battista, quid petis ab Ecclésia Dei?

PADRINI – Fidem.

SACERDOTE – Fides quid tibi Praestat?

PADRINI - Vitam aetérnam.

SACERDOTE – Giovanni Battista, abrenuntias sàtanae?

PADRINI – Abrenuntio.

SACERDOTE – Et omnibus opéribus eius?

PADRINI – Abrenuntio.

SACERDOTE – Et omnibus pompis eius?

PADRINI – Abrenuntio.

SACERDOTE – Giovanni Battista, credis in Deum Patrem onnipoténtem, creatorem caeli et terrae?

PADRINI – Credo.

SACERDOTE – Credis in Iesum Christum, Filium eius unicum, Dominum nostrum, natum e passum?

PADRINI – Credo.

SACERDOTE – Credis et in Spiritum Sanctum, sanctam Ecclésiam catholicam, Sanctorum communionem, remissionem peccatorum, carnis ressurrectionem, et vitam aeternam?

PADRINI – Credo.

SACERDOTE – Giovanni Battista vis baptizari?

PADRINI – Volo.

SACERDOTE – (Leva con un cucchiaio dal fonte l’acqua battesimale e la versa tre volte in forma di croce sul capo del bambino dicendo) Giovanni Battista, ego te baptizo in nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.
(Scrive poi nel registro delle nascite) A dì 4 gennaio 1710; nella Chiesa Cattedrale di S. Settimio di Jesi, Gio. Batt.ta figlio di Francesco Andrea Pergolesi e di donna Anna Vittoria consorte, di questa città, nato la notte antecedente a ora 10. Fu battezzato da me Marco Capogrossi curato. Padrini furono gli ill.mi signori, sig.re Gio. Battista Francolini, e sig.a Gentilizi né Sig.ri Honorati.

Esce il sacerdote dalla parte da cui era venuto ed escono i genitori ed i padrini del battezzato dall’altra parte. La scena si oscura e ritorna l’illuminazione su Pergolesi e De Majo.

DE MAJO – Ecco spiegato perché siete conosciuto anche con il nome di Jesi. E’ il nome della vostra città di nascita. Dove si trova Jesi?

PERGOLESI – E’ una cittadina delle Marche. Un’infanzia difficile la mia. Una famiglia povera e piena di lutti. Io ero di complessione debole e di salute malferma, ma ben disposto agli studi. Ero felice soltanto quando potevo suonare. 
Le mie doti vennero apprezzate al punto che alcuni benefattori trovarono la possibilità di mandarmi a studiare musica qui a Napoli e venni ammesso al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, come ben sapete.

Si oscura la parte della scena con Pergolesi e De Majo e si illumina la scena con la chiesa. Si vede il maestro di musica che dirige un coro di ragazzi del conservatorio. I ragazzi sono vestiti con la sottana rossa e la zimarra azzurra svolazzante ai bordi. È presente all’esecuzione musicale anche il direttore del conservatorio.
Si sente la bella voce di uno del coro che canta da soprano.
Termina la prova. 

DIRETTORE – (al maestro) Complimenti maestro! Ottima esecuzione. Che bella voce ha quel ragazzo che cantava da soprano. Volete chiamarlo per favore.

MAESTRO – Pergolesi, venite qui, subito!

Il ragazzo si avvicina e saluta

DIRETTORE – (A Pergolesi) Bravo! Come vi chiamate?

PERGOLESI – Mi chiamo Giambattista Pergolesi. 

DIRETTORE – Bravo, avete un’ottima voce. Continuate a studiare. Ora andate pure con gli altri. (Pergolesi esce)

DIRETTORE – (Al maestro) Ottima la voce di questo vostro allievo. Una voce bianca che bisogna conservare. Sarebbe un vero peccato fargliela cambiare con la pubertà. Con un lungo e accurato studio acquisterà anche una maggiore potenza e sarà capace di ogni virtuosismo. Che dite?

MAESTRO – Sì, certamente.

DIRETTORE - Sarebbe quanto mai opportuno avviare già da ora questo vostro allievo ad una brillante carriera di soprano.

MAESTRO – Pensate che sia da far evirare?

DIRETTORE – Potremmo trarre un doppio vantaggio: avviare il ragazzo ad una sicura carriera e ricavarne buone entrate anche per l’Istituto.

MAESTRO – Ma come accetterà una simile menomazione?

DIRETTORE – Accetterà, accetterà! Prospettandogli una brillante carriera e soprattutto i lauti guadagni che riuscirà a ricevere accetterà anche questa diciamo… menomazione. Parlategliene. Con garbo, mi raccomando.

MAESTRO – Mi state mettendo in un grande imbarazzo, signor direttore. Io sono un maestro di musica e ho qualche riserva per questo genere di… trattamenti.

DIRETTORE – Via, via questi scrupoli! In fondo diamo al ragazzo un brillante avvenire. Brillante, sì, perché le voci di un soprano sono sempre più richieste e pagate. Inoltre sappiamo che possono essere sostenute soltanto da uomini, pertanto…

MAESTRO – Eppure se si potessero inserire delle donne nell’organico del coro, la musica se ne avvantaggerebbe. Si potrebbero avere tante tonalità che oggi sono inimmaginabili. 

DIRETTORE – Ma che dite? Far cantare le donne? Lo sapete bene che il Papa Clemente XI ha ordinato che nessuna donna deve imparare la musica e tantomeno il canto. Ecco perché dobbiamo sostituire le voci di donna in chiesa e in teatro con quelle dei ragazzi. Mi pare più che logico…

MAESTRO – Io non capisco che male ci sia se a cantare da soprano sia una donna.

DIRETTORE – Il Papa l’ha spiegato bene il perché! Ha detto infatti che una donna che canta sulla scena e intende ciò nonostante preservare la sua virtù è simile a quel tizio, che vorrebbe saltare nel Tevere senza bagnarsi i piedi. Capite, ora?

MAESTRO – Perdonatemi, ma non capisco. Il musicista deve utilizzare tutte le fonti dei suoni. Sia quelle degli strumenti che quelle delle persone. Gli uomini, anche gli evirati, non potranno mai coprire l’intera gamma che possono coprire le donne.

DIRETTORE – Allora intendete non dare seguito alle parole del Papa? A questo punto sono costretto ad ordinarvi di convincere quel vostro allievo… (così parlando si allontanano lentamente dalla scena)

Si illumina la zona ove sono Pergolesi e De Maio.

DE MAJO – Io non posso vedervi così affranto su quella poltrona. Come amico sento il dovere di aiutarvi a vincere questa malinconia che debilita non solo il vostro spirito, ma il vostro corpo. Conosco una locanda dove c’è molta allegria. Posso invitarvi a cena? 

PERGOLESI – Grazie amico, ma non ho né la forza né lo spirito. Questo male mi ha ridotto una larva.

DE MAJO – Dovete riscuotervi! Dovete trovare la forza di vivere! Tanti amici aspettano il vostro ritorno a Napoli. Voi siete un grande artista, un grande musicista, colui che ha saputo meglio interpretare la nuova drammaturgia rivoluzionando il melodramma! Colui che è l’inventore del buon gusto, di un nuovo rapporto tra la parola e la musica…

PERGOLESI - (tossendo, affannato) Vi prego, maestro, non merito tanta adulazione. 

DE MAJO – Mi dispiace se pensiate che le mie parole siano parole di adulazione. Esse sono sincere. Non solo avete una bella voce; voi siete un ottimo violinista ed un bravissimo compositore. Tralasciamo gli oratori e altre composizioni che possiamo considerare compiti da svolgere nell’ambito del conservatorio, ma avete scritto anche tante opere di grande successo, una messa e… Siete voi l’autore del Salve Regina, del Salustia, del Frate innamorato, della Serva padrona, un modello di canto, di unità, di melodia, di dialogo e di gusto…

PERGOLESI – Voi avete scritto delle opere memorabili: Il vecchio avaro, La milorda, La baronessa ovvero gli equivoci… 

DE MAJO – Sì, sì, anch’io ho cercato, modestamente, di dare lustro alla scuola musicale napoletana. 
Caro Pergolesi dobbiamo goderne i frutti. Perciò dovete fare di tutto per guarire. Io voglio aiutarvi. Aprite il vostro cuore e scacciate tutto ciò che vi fa star male. 

PERGOLESI – (tossisce ancora) Il mio male è la tisi.

DE MAJO – Non è per caso un più generico crepacuore? Sappiamo che siete tornato a Napoli dopo l’insuccesso a Roma della vostra opera, l’Olimpiade, distrutto nel morale e incrinato nel fisico tanto da renderlo fragile e traballante. 

PERGOLESI – Sì, una brutta serata che non dimenticherò facilmente… Un lancio di vegetali tra gli sghignazzi dei plebei e le perfide risatite di alcuni colleghi. Prostrato e affranto, fui colpito in pieno viso da un’arancia che mi fece accasciare accanto al clavicembalo sulla pedana da cui avevo diretto l’orchestra. Mi hanno profondamente offeso.

DE MAJO – Dovevate dare ascolto all’amico Francesco De Feo che vi aveva messo in guardia dai cattivi propositi dei colleghi invidiosi che tramavano per far fallire la vostra rappresentazione. 

PERGOLESI – Sì, è,vero, dovevo dare ascolto all’amico De Feo. 

DE MAJO – Inoltre quelle toccanti melodie non potevano essere comprese da un pubblico senza cuore, dagli imbellettati vagheggini, da quella società tutta artificio, apparenza, mollezze, ampollosità. Bah! Ognuno ha la musica che si merita!
Comunque, caro Giambattista, un musicista deve mettere in conto anche qualche insuccesso e deve trovare immediatamente la forza per superarlo. A voi la forza l’avrebbe dovuta dare l’immediato successo ottenuto dal Flaminio.

PERGOLESI – Vi posso assicurare che questa malattia non è stata la conseguenza di quell’increscioso episodio, ma dalla tisi.

DE MAJO – Amico mio, vorrei credervi, ma io vi conosco troppo bene: la verità è che state facendo un sublime inaudito sforzo per lenire un altro dolore: Quello di un disgraziato amore. Non è così? Uno sforzo del quale soltanto l’animo di un grande artista può essere capace, ma quell’anima rimane straziata, affranta e piena di tormenti così da distruggere anche il corpo. 

PERGOLESI – (sospirando) Cosa sapete di questo amore? 

DE MAJO – Quello che si dice in giro.

PERGOLESI – E che cosa si dice in giro?

DE MAJO – Di un amore sfortunato che vi sta tormentando. Comunque al vostro amico De Majo dovete aprire il cuore affinché io possa aiutarvi. Io ero presente la sera che avete diretto al cembalo nel regio teatro di san Bartolomeo la Serva Padrona. Un successo, ricordate? Una esplosione di battimani, di complimenti… Voi trattenevate a stento le lacrime per la commozione. Mi pare di vedervi ancora mentre vi asciugavate gli occhi con un fazzoletto di seta. Fiori, fiori, tanti fiori piovevano sulla scena. E tra i tanti un fascio di rose cadde proprio ai vostri piedi. Era della giovane Maria Spinelli, la bellissima vostra allieva, che amate e dalla quale eravate riamato e che vi esternava il suo amore con quel mazzo di fiori.

PERGOLESI – (commosso) Sì, una serata indimenticabile. 

DE MAJO – Io quella sera ho gioito doppiamente per voi. Per il successo della vostra opera e per quel segno d’amore.

PERGOLESI – (quasi trasognato) Maria… un angelo… Ricordo la prima volta che la vidi. Ero stato assunto per insegnarle musica. Quando si metteva alla spinetta ed io le ero accanto sentivo un profumo di petali di rosa salire e inebriare il mio animo. Lei mi guardava. Le note erano ormai quelle d’amore. Sfiorava con le dita candide i tasti e una musica divina ci avvolgeva.

DE MAJO – Perché poi un amore così grande è svanito tanto miseramente?

PERGOLESI – Miseramente, dite? Tutt’altro. Quella sera a teatro era presente anche il principino Carafa che aveva chiesto la mano della mia allieva ed era stato respinto. Lo stizzoso nobile, vedendo la ragazza gettare a me quel mazzo di fiori come segno d’amore, ebbe a dire: “Maria non potrà mai sposare quello squattrinato maestro di musica. Chi vivrà vedrà!”

DE MAJO - E’ stato allora quel Carafa che ha intralciato il vostro amore? 

PERGOLESI – (sospira) Proprio così! Qualche giorno dopo si presentarono a Maria i tre fratelli con le spade sguainate e le dissero: “Se fra tre giorni non sceglierai come sposo un uomo tuo pari per altezza di nascita, con queste tre spade trafiggeremo a morte quel maestro di musica che ti ama, e che tu ami.” E dopo averle lanciato questo terribile avvertimento partirono. Dopo tre giorni essi ritornarono dalla sorella e lei disse loro di aver prescelto come sposo un Essere sublime, Iddio. Domandò la povera ragazza di andare monaca a Santa Chiara e chiese che la messa di monacazione l’avessi diretta io. Così è tutto finito. (Si copre il viso e singhiozza)

Si accende la scena grande e si celebra la monacazione della nobile Maria Spinelli.
Sull’altare ricoperto da una tovaglia di finissimo lino con frange merlettate, sono deposti un velo e una mantellina perfettamente ripiegati, una corona di rose bianche intrecciate a foglie verdi un cero e un anellino d’oro. 
Un inginocchiatoio è collocato di fronte all’altare.
Musica dalla “Messa romana”. Entra il Vescovo poi il piccolo corteo che accompagna Maria. La monacanda si inginocchia. Ai due lati dell’inginocchiatoio, in piedi, la madre superiora e la maestra delle novizie. Si accende il cero. Suona una musica sacra. Il Vescovo da inizio alla cerimonia religiosa.

VESCOVO – Da quaesumus, Domine, is famulabus tuis, quas virginitatis honore dignatus es decorare, inchoati operis consummatum effectum: et, ut perfectam tibi offerant plenitudinem, initia sua perducere mereantur ad finem. Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: Qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum

TUTTI – Amen.

MADRE SUPERIORA – (Al Vescovo) Reverendissime Pater, postulat sancta mater Ecclesia catholica, ut has praesentes vingines dignemini benedicere et consecrare ac Domino nostro Iesu Christo, summi Dei Filio, desponsare.

VESCOVO – Scis illas dignas esse?

MADRE SUPERIORA – Quantum humana fragilitas nosse sinit, credo et testificor illas dignas esse.

VESCOVO – Auxiliante Domino Deo et Salvatore nostro Iesu Christo, eligimus has praesentes virgines benedicere et consecrare ac Domino nostro Iesu Christo, summi Dei Filio, desponsare
(rivolto alla monacanda) Vultis in sanctae virginitatis proposito perseverare?

MONACANDA – Volo.

VESCOVO – Promittis te virginitatem perpetuo servare?

MONACANDA – Promitto.

VESCOVO – Deo gratis. Vultis benedici et consecrari ac Domino nostro Iesu Christo, summi Dei Filio, desponsari?

MONACANDA – Volo.

VESCOVO – Ut praesente ancilla tuas benedicere digneris.

TUTTI – Te rogamus, audi nos.

VESCOVO – Ut praesente ancilla tuas benedicere et sanctificare degneris.

TUTTI - Te rogamus, audi nos.

Si intona il Veni Creator Spiritus.

VESCOVO – Vultis persistere in sancta virginitate, quam professae estis?

MONACANDA – Volo.

VESCOVO – (Ponendo il velo sul capo della monacanda) Accipe velamen sacrum, quo cognoscaris mundum contempsisse, et te Christo Iesu veraciter humiliterque, toto cordis annisu, sponsam perpetualiter subdidisse, qui te ab omni malo defendat et ad vitam perducat aeternam.

TUTTI – Amen.

VESCOVO – (infila l’anello nell’anulare destro della monacanda) Desponso te Iesu Christo, Filio summi Patris, qui te illaesam custodiat. Accipe ergo annulum fidei, signaculum Spiritus Sancti, ut sponsa Dei voceris, et, si ei fideliter servieris, in perpetuum coroneris. In nomine Patris et Filii, et Spiritus Sancti.

TUTTI – Amen.

VESCOVO – (posa la corona di rose sul capo della monacanda) Accipe coronam virginalis excellentiae, ut, sicut per manus nostras coronaris in terris, ita a Christo gloria et honore coronari merearis in caelis. Per eundem Christum Dominum nostrum.

TUTTI – Amen.

VESCOVO – (porge il breviario alla monacanda) Accipe librum, ut incipiatis Horas canonicas et legatis Officium in Ecclesia. In nomine Patris, et Filii, et Spititus Sancti.

TUTTI Amen. 

La monacanda prende una candela accesa e accompagnata dalla piccola processione delle suore, salmodiando esce dalla chiesa, mentre una musica sacra accompagna il corteo. 

Si accende poi la luce ora tenue nell’angolo ove sono Pergolesi e De Majo

DE MAJO – Vi chiedo di farmi ascoltare qualche altro pezzo dello Stabat.

PERGOLESI – (canticchia accompagnandosi alla spinetta) Quando corpus morietur/ fac ut animae donetur/ Paradisi gloria. 

DE MAJO – Pergolesi, amico mio, state toccando la cima più alta della creazione musicale, il canto dell’estasi, il grido drammatico e giubilante dell’animo che si ricongiunge a Dio. Pergolesi, amico mio, una musica commovente. Vi renderà famoso…

PERGOLESI – Se vi piace tanto, posso donarvi lo spartito?

DE MAJO – Non potete farmi regalo più gradito. 

De Majo prende lo spartito offertogli da Pergolesi poi lo abbraccia a lungo ed esce. Pergolesi si abbandona sulla poltrona e piano piano la luce si spegne.

Si accende la luce nella scena. Arriva un gruppo di persone vestite a lutto che portano a spalla la bara con il corpo di Pergolesi. La bara viene posta a terra. Musica per cerimonia funebre.
Il sacerdote invoca la divina misericordia per il defunto. Ne asperge il feretro con l’acqua benedetta e lo incensa. Viene celebrato un breve Ufficio liturgico per il morto.

SACERDOTE - Giovanni Battista, nel paradiso ti portino gli angeli; alla tua venuta ti accolgano i martiri e ti conducano nella città santa di Gerusalemme. Ti accolga il coro degli angeli e possa tu avere coll’antico mendicante Lazzaro eterna requie. Io sono la resurrezione e la vita: chi crede in me, sebbene sia morto, vivrà; e chiunque vive e crede in me non morrà in eterno. 
Et ne nos inducas in tentationem.

TUTTI – Sed libera nos a malo.

SACERDOTE – A porta inferi.

TUTTI - Erue, Domine, animam eius.

SACERDOTE – Requiescat in pace.
TUTTI – Amen.

SACERDOTE - Domenie, exaudi orationem meam.

TUTTI - Et clamor meus ad te veniat.

SACERDOTE - Dominus vobiscum.

TUTTI – Et cum spiritu tuo.

SACERDOTE – Absolve, quaesumus, Domine, animam famuli tui Giovanni Battista Pergolesi ab omni vinculo delictorum, ut defunctus speculo tibi vivat, et, quae per fragilitatem carnis humana cenversatione commisit, tu venia misericordissimae pietatis absterge. Per Christum Dominum nostrum.

TUTTI – Amen.

SACERDOTE – Requiem aeternam dona ei, Domine

TUTTI – Et lux perpetua luceat ei.

Al suono di un requiem viene aperta una botola ed il corpo viene fatto scivolare dentro.




ATTO SECONDO


Al centro della scena c’è il monumento a Pergolesi coperto con un panno bianco. A lato c’è un piccolo palco per le autorità che presenzieranno la cerimonia dell’inaugurazione.

BANDITORE – (attraversa lentamente il palco) Cittadini, oggi alle ore 11 nella piazza delle Grazie sarà inaugurato il monumento a Giovan Battista Pergolesi. Partecipate numerosi… Cittadini, oggi alle ore 11 nella piazza delle grazie sarà inaugurato il monumento a Giovan Battista Pergolesi. Intervenite numerosi… Cittadini, oggi alle… (sfuma)

Entrano alcuni cittadini.

CITTADINO COLTO – (rivolto agli altri cittadini entrati con lui) Finalmente! Era ora! Sapete da quant’è che se ne parla? Dal 1870, cioè da quasi quarant’anni. 

ALTRI CITTADINI – Eh, Da quarant’anni?

CITTADINO COLTO - Sì, da quasi quarant’anni! Nel 1872 il prof. Francesco Agostinelli donò al Municipio un disegno di un progetto di un monumento a Pergolesi e nel 1873 Antonio Scorcelletti, proprio sulla base dei disegni del prof Agostinelli, modellò in creta e ricavò in gesso un bozzetto del progetto del monumento. 

CITTADINO DEL CONTADO – Scusate, in non sono di qui e quindi non ho seguito bene la questione, perciò vi chiedo: perché c’è voluto tutto questo tempo per realizzare il monumento?

CITTADINO COLTO – Dopo un periodo di entusiasmo generale le composizioni pergolesiane vennero quasi tutte o quantomeno sparirono dalla pratica musicale corrente. In tutte le Marche nel corso del 700, furono effettuate solo tre esecuzioni: “La Serva Padrona” nel 1739 a Fermo; “La Morte di san Giuseppe” nel 1741 nella cattedrale di Senigallia; e un intermezzo della “Sallustia” nel 1794 al teatro di Pesaro.

ALTRO CITTADINO – E a Jesi nessuna esecuzione delle sue musiche?

CITTADINO COLTO – Purtroppo anche nella nostra città ci fu in quel periodo come un vuoto culturale che mise in oblio anche la sua musica. 
Solo dopo il 1860 con l’annessione delle Marche al Regno d’Italia si assiste a Jesi ad un rinnovato interesse per l’illustre cittadino fortemente influenzato dallo spirito nazionalistico e dal culto delle glorie patrie. 
Nel 1880, finalmente, fu eseguito lo Stabat al teatro della Concordia e nel 1883 detto teatro venne intestato al Pergolesi.
In questi anni gli esponenti della cultura jesina scrivevano nelle loro pubblicazioni con toni appassionati del progetto di erigere un monumento a Pergolesi. Si sono quindi formati diversi comitati per l’erezione del monumento, ma i problemi finanziari non ne hanno mai consentito la realizzazione. Sono stati sollecitati il Governo, gli Istituti musicali e tutti i Municipi d’Italia, ma senza risultato. Poi, finalmente, attraverso contribuzioni adeguate, è stato possibile procedere alla sua realizzazione. E’ stato bandito un concorso ed è stato prescelto il progetto dell’artista Alessandro Lazzarini che ha proposto un gruppo scultoreo di immediata lettura allegorica. E oggi verrà finalmente inaugurato. 

ALTRO CITTADINO – L’importante è l’essere finalmente giunti al compimento di quest’opera che onora il grande musicista nostro concittadino. A proposito del monumento, voi che mi sembrate un uomo di cultura, cosa ne sapete? E’ degno del grande genio? 

CITTADINO COLTO - Ho sentito commenti entusiastici di questo monumento. Si parla di una vera opera d’arte.

ALTRO CITTADINO – Un momento! Fra poco lo vedremo e giudicheremo perché io invece ho sentito tanti pareri contrari. (confidenzialmente) Si parla di una donna nuda che desta scandalo… In certi ambienti si sta organizzando una manifestazione di protesta.

CITTADINO COLTO – Una manifestazione di protesta? Non ne sono al corrente. Quando? Per oggi? 

ALTRO CITTADINO - Non lo so, ma potrebbe anche essere per oggi.

CITTADINO COLTO – (costernato) Questo significa rovinare la cerimonia dell’inaugurazione.

ANCORA UN ALTRO CITTADINO – Anch’io ho saputo che c’è gente che sta organizzando questa contestazione… (si portano in disparte parlottando a bassa voce)

Entrano alcune donne.

1° DONNA – Poveretto! Morire a 26 anni di tisi… Eh, purtroppo una malattia che non perdona…

2° DONNA – Si dice invece che sia morto per eccessi giovanili. 

1° DONNA – Chiacchiere! Ho letto che Pergolesi era dotato di un convinto spirito religioso, che nel conservatorio si comportò con somma costumatezza e modestia, non mai associandosi con giovani suoi compagni, che non fossero adorni di retti costumi. La verità è che era cagionevole di salute fin da bambino tanto che si dovette provvedere a farlo cresimare, quando contava appena diciassette mesi, senza rispettare la norma che tale sacramento può essere somministrato al confirmando solo dopo che abbia compiuto il sesto anno di età, nel timore che non sopravvivesse a lungo. 

3° DONNA – Sì, sì, anch’io ho saputo da un professore che conosce la storia che a Pergolesi si era manifestata, quand’era piccolo piccolo, l’affezione polmonare che gli avrebbe poi impedito anche lo sviluppo normale della gamba sinistra.

2° DONNA – Io le ho riferito soltanto quello che ho sentito dire. 

3° DONNA – La gente a volte fa certe maldicenze per il gusto di sparlare… Un povero ragazzo che si trova distante dalla famiglia, senza affetti è logico che si prenda qualche distrazione… Parlare però di eccessi giovanili mi sembra esagerato… Bisogna poi sapere che nell’ambiente degli artisti il rapporto con le donne è più amichevole, più cameratesco e spesso la gente confonde l’amicizia con chissà quali atti licenziosi. 

1° DONNA – Brava, hai detto proprio bene! Io ripeto che non è giusto gettare schizzi di fango su questo giovane. Certo non sarà stato un santo, ma ci sono le prove della sua malattia congenita. 

2° DONNA – Eh, via! Non vi scaldate. Se un giovane si concede qualche scappatella mica significa infangarlo.

3° DONNA – Se quel professore ha detto che fin da piccolo ha avuto una affezione polmonare, è probabile che questo male l’abbia poi portato alla tomba. Mi pare logico.

Il gruppetto delle donne si porta da un lato della scena seguitando a parlare.
Riprendono a parlare gli uomini.

CITTADINO COLTO – Ritornando al monumento diciamo che il ritardo è riconducibile oltreché alla carenza dei mezzi e delle risorse, alla dimensione provinciale se non periferica della nostra città sul piano culturale. Noi jesini, siamo chiusi, gretti… Altre città fanno a gara per onorare i loro figli migliori e questo serve a dar loro lustro, mentre noi… 

ALTRO CITTADINO – Il fatto è che Pergolesi a Jesi c’è stato da bambino poi è andato a Napoli ed è mancato quindi quel legame filiale tra la lui e la città. Il monumento infatti è stato sentito da alcuni come un dovere, un modo di sdebitarsi nei confronti di colui che ha onorato la città, da altri come una esibizione, un modo di esaltarsi. Soltanto i cittadini più illuminati, più colti, più lungimiranti hanno contribuito alla sua realizzazione per onorare uno dei suoi figli migliori. 

CITTADINO COLTO – Scuse, scuse! Pergolesi, anche se lontano dalla sua città per i motivi che sappiamo, ha sempre serbato memoria del luogo di origine tant’è che si faceva chiamare “Jesi”. E Pergolesi è e rimane sempre presente nella memoria cittadina anche se in maniera discontinua nel suo manifestarsi a motivo degli alti e bassi della vita culturale a Jesi.
Sono d’accordo nel dire che il monumento a Pergolesi era proprio necessario perché ogni città onora i suoi figli migliori. E’ inoltre un modo non solo per onorare il genio ma anche per dare pubblicità alla nostra città. 

ALTRO CITTADINO – Gli jesini, poi, hanno un carattere riservato che prende il nome di “ritrosia”. Sono cioè restii a far conoscere anche i loro lati positivi, come timorosi di cedere ad altri qualcosa che appartiene a loro quasi abbiano paura che altri se ne possano impadronire. 

CITTADINO COLTO – Oggi, finalmente, possiamo dire di esserci scrollati di dosso questa “ritrosia” perché sono convinto che il monumento segni una pagina importante per valorizzare Il genio Pergolesi e la città che gli ha dato i natali.

Entra il sindaco accolto da un applauso e sale sul piccolo palco per il discorso accompagnato anche dall’artista Lazzarini. Entrano anche alcuni giornalisti.

SINDACO – Cittadini di Jesi, nella gioia del sogno realizzato dimentichiamo volentieri la diffidenza che circondò l’opera nostra, le ostilità che sorsero sul nostro cammino, le piccole competizioni e le piccole miserie che tentarono di turbare quella serenità che ci eravamo imposti. Finalmente siamo qui per l’inaugurazione del monumento al nostro concittadino Giovanni Battista Pergolesi nel duecentesimo anniversario della sua nascita avvenuta nella nostra Jesi. La città tutta ha voluto questo monumento, opera dell’insigne prof. Alessandro Lazzarini, affinché la memoria del genio jesino sia imperitura e meglio non potrà attestarsi ai posteri la civiltà dei presenti che con un monumento degno di tanto uomo.

Squilli di tromba ed i monumento viene scoperto.

Applausi da parte della folla qualche esclamazione di meraviglia per la donna nuda. 

SINDACO - Cittadini, con l’inaugurazione di questo monumento noi, sindaco di Jesi, a nome di tutti i cittadini, intendiamo onorare la memoria di un figlio della nostra città che con il suo genio ha toccato le più alte vette nel campo musicale. Intendiamo inoltre che questo monumento serva a perenne memoria del nostro concittadino Giovan Battista Pergolesi, insigne musicista.

Fra gli applausi della folla il sindaco si ferma a parlare con i presenti. Si formano dei crocchi di gente che commenta.

GIORNALISTA – (rivolgendosi al Lazzarini) Maestro, complimenti per il bel monumento. Cosa l’ha ispirato nel fare questa composizione?

LAZZARINI – Sarebbe stato troppo riduttivo mettere sopra un piedistallo la semplice statua del Pergolesi.

GIORNALISTA – Ci spieghi per cortesia l’allegoria che ha voluto rappresentare nel monumento. Sa, alcuni critici dicono che sembra un “fermacarte”…

LAZZARINI – I critici? Evidentemente non hanno capito il significato. Osservate il fluire dell’acqua nella tazza: sta a significare la perenne sorgente di vita. Al vertice sorge la statua del musicista che piegato sulla condizione umana, trionfa su di essa attraverso la fama del suo genio creativo. Il suo incedere è quasi di danza, verso la figura maschile piegata sul violino che rappresenta il suono, e l’altra, femminile, che rappresenta il canto, piena di grazia di gentilezza come rapita in estasi dall’armonia della di lui musica. Non è geniale? E quel breve cenno della mano a battere il tempo di insondabili melodie dalle quali Pergolesi sembra attratto come per fascinazione. Pensate ancora che sia un fermacarte?

CITTADINO – Ma quella donna nuda…

LAZZARINI – Ho sentito, sì, qualche polemica in merito a quella figura. Ma il canto è grazia, gentilezza, armonia… Chi meglio di una donna poteva rappresentare allegoricamente il canto? Il canto è qualcosa che eleva lo spirito come la vista di una bella donna.

Il giornalista prende appunti sul suo taccuino. 

ALTRO CITTADINO – Qualcuno ha parlato di scandalo. 

LAZZARINI – Eh, addirittura? Penso che gli jesini siano maturi al punto da non ricadere nel puritanesimo quando si mettevano i mutandoni anche alle gambe dei tavoli. Guardiamo quella donna con gli occhi aperti all’arte e non velati da falsi moralismi.

GIORNALISTA – Maestro, a chi vi siete aspirato nel modellare la figura del Pergolesi?

LAZZARINI – Non escludo una certa influenza del romanticismo artistico…

SINDACO – (A Lazzaroni) Maestro, venga…

Lazzaroni ed il sindaco se ne vanno. Una coppia si sofferma davanti al monumento. Lei è piuttosto grassottella con un seno un po’ cascante.

SIGNORA – (Al marito, risentita) Emilio, per tutta la durata della cerimonia non hai fatto altro che guardare quella donna…

SIGNORE – Quale donna?

SIGNORA – Non fare l’ingenuo! Quella del monumento.

SIGNORE – (sorridendo) Non sarai mica gelosa di una figura in pietra?

SIGNORA – Ho notato che la guardavi con una intensità… In mia presenza poi… Nemmeno fosse così bella… Quel seno è piccolo, e direi piatto. Il mio in confronto è molto più attraente anche se non è più quello che avevo a diciott’anni.

SIGNORE – (mogio) Ma certo, cara… tu sei molto più bella.

SIGNORA – Ti prego di non prendermi in giro. L’hai detto con un tono che mi offende. 

Una beghina che era vicino ed aveva ascoltato il colloqui si intromette.

BEGHINA – Signora, volete scusarmi se mi intrometto, ma io penso che noi donne dovremo protestare per questo scandalo. Come si fa a mettere in mostra in una pubblica piazza una donna nuda? Con quella posa lasciva, poi? Crea, come mi è sembrato di capire, scontri tra i coniugi, non è vero? Pensate poi l’effetto sui giovani… E’ una vergogna! Noi donne dobbiamo coalizzarci per rimuovere questo scandalo. Dovremmo proporre di scalpellare quella indecente immagine o tutt’al più farla ricoprire.

SIGNORE – Ma no, no… Io direi… 

Continuando a parlare si allontanano un po’.

CITTADINO – E’ vero che Pergolesi era brutto? Si dice che fosse tarchiato, con il ventre prominente, una gamba vistosamente più piccola dell’altra, un viso dai tratti marcati e i contorni del naso e della bocca addirittura grossolani.

CITTADINO COLTO – Esiste, è vero, una caricatura di Pier Leone Grezzi che lo ritrae con la pancia, i tratti sgraziati del viso e una gamba invalida, ma si tratta di una caricatura e come tale accentua i difetti che nella realtà potevano essere nemmeno percepibili. 

CITTADINO – Ma qual’era il suo vero aspetto?

CITTADINO COLTO – Purtroppo non abbiamo alcun ritratto di Pergolesi. 

CITTADINO – E allora come ha fatto l’artista a rappresentarlo?

CITTADINO COLTO – Certamente un’immagine manierata, di fantasia come si faceva nel periodo acuto del nostro romanticismo artistico Con quella figura idealizzata l’artista ha interpretato l’immaginario collettivo nell’ambito dell’iconografia pergolesiana.

CITTADINO – Volete dire che l’artista l’ha rappresentato di gradevole aspetto interpretando il modo che ha la gente di immaginare gli uomini illustri, anche belli fisicamente.

CITTADINO COLTO – Che senso aveva rappresentarlo brutto, anche considerando che una caricatura non può far testo?

CITTADINO – Voi che siete un artista che ne dite del monumento?

ARTISTA – Sì, bellissimo… e bellissimo mi pare l’incedere, quasi di danza, del Pergolesi verso il suono e il canto, con quel breve cenno della mano a battere il tempo… 

CITTADINO – (rivolgendosi ad un musicologo) E lei, professore, che ne dice della validità delle opere di Pergolesi?

MUSICOLOGO – I giudizi sulla sua opera da parte di grandi uomini di cultura e di musicisti illustri sono positivi o addirittura entusiastici. Sentite: (tira fuori dalla tasca un foglietto e legge) Tanto per citarne alcuni: Il primo dello Stabat Mater è il duo più perfetto, più toccante che sia uscito dalla penna di un musicista - Rousseau; Un semplice intermezzo come la Serva Padrona di Pergolesi trovava tanto plauso e tanto successo – Goethe; Avrei dato tutta la mia musica, se mi fosse dato di comporre lo Stabat di Pergolesi – Donizetti; L’Orfeo è tra i più perfetti modelli del suo genere – Choron; Udendo lo Stabat fui commosso fino alle lacrime. Nel suo genere quella musica raggiunge l’ultima bellezza – Rossigni; Al concerto ho sentito tra le altre cose lo Stabat di Pergolesi: musica prodigiosamente bella – Mazzini. Che ne dite, eh?

CITTADINO – Allora tutti concordi nel ritenere Pergolesi un genio della musica?

MUSICOLOGO – Non proprio tutti. Un suo denigratore fu il dottissimo musicista Padre Giovan Battista Martini il quale mette in risalto le affinità stilistiche dello Stabat con la Serva padrone negando al primo la dignità della vera espressione religiosa. Secondo questo Padre Martini le due composizioni hanno lo stesso carattere, eccetto alcuni pochi passi. In ambedue si vedono lo stesso stile, le stesse, stessissime delicate e graziose espressioni. Di conseguenza, una musica adatta ed esprimere sentimenti burleschi e ridicoli come quella della Serva Padrona, non potrà mai essere acconcia ad esprimere sentimenti pii, devoti e compuntivi. Di conseguenza lo Stabat Mater è incapace di esprimere una atmosfera spirituale.

CITTADINO – Voi condividete questa critica?

MUSICOLOGO – Assolutamente no! Pur riconoscendo come alcuni hanno detto una certa monotonia nella forma, posso affermare che l a musica dello Stabat è perfettamente adatta a compungere, attivissima ad esprimere il dolore e il pianto ed è immortale, sacra, oserei dire divina! 

La scena si oscura e il monumento scompare, poi di nuovo si illumina lentissimamente di una luce irreale appena azzurrina. Sulla scena c’è ora Pergolesi vestito completamente di bianco e Maria Spinelli vestita di una semplice tunica bianca lunga fino ai piedi molto leggera. Ad un lato della scena c’è una spinetta e uno sgabello. Maria fa alcuni passi verso Pergolesi poi si inginocchia, gli prende la mano e gliela bacia.

MARIA – Maestro mio! 

PERGOLESI - (rialzandola) Ora starete sempre con me nella luce di Dio. Siamo stati separati nella nostra vita terrena ma ora la nostra gioia non avrà più fine. 
Maria, ora che abbiamo sciolto i legami con il mondo, posso chiedervi alcune cose di voi, di noi…

MARIA – Anch’io voglio sapere tante cose di voi. Ora che non siamo più materia, ma puro spirito, possiamo finalmente aprire le nostre anime e dirci tutto quello che in terra non abbiamo avuto il modo o il coraggio di dirci. 

PERGOLESI – Ditemi, allora, quali sentimenti avete veramente provato per me? Perché avete scelto di monacarvi?

MARIA – Carissimo Giambattista, la musica è stata per me un messaggio che riempiva la mia anima di una grande gioia fino a sentire una attrazione e un trasporto verso l’uomo che suonava quelle meravigliose note. Aspettavo il vostro arrivo, seguivo le vostre lezioni. Il cuore di una giovane, quale io ero, è cosi indifeso di fronte a quell’atmosfera paradisiaca che la musica sa a volte creare. Voi eravate il messaggero di tutto questo. Un giorno toccaste la mia mano per guidarla sui tasti della spinetta. Ebbi un tuffo al cuore perché era meraviglioso suonare insieme la stessa melodia. Tante volte, nella quiete del chiostro, ho avuto la sensazione di sentire quel contato e questo mi turbava, ma al tempo stesso mi confortava e mi dava la forza di sopportare la dura vita monacale. Vi sentivo parte della mia vita… Era amore quel sentimento meraviglioso che era nato nel cuore di una fanciulla ancora giovane e sognante? Certamente era un sentimento purissimo. Purtroppo i miei fratelli mi hanno contrastata. Volevamo impormi le loro scelte e allora io decisi di sposare nostro Signore Gesù Cristo.

PERGOLESI – Debbo confessarvi che anch’io vi ho voluto tanto bene. Contavo i giorni, le ore, i minuti che ci separavano dalla lezione successiva perché ardevo dal desiderio di vedervi, di parlarvi, di stare un po’ insieme a voi. Ogni nota che scrivevo, ogni brano che componevo, lo dedicavo a voi. Eravate la mia musa. 
La mia morte morale avvenne quando mi deste la notizia che non ci saremmo più potuti rivedere. 

MARIA – Anch’io, quando i miei fratelli mi imposero di non vedervi più, sono come morta dentro. E per non tradire il nostro amore che doveva rimanere integro e puro, che ho deciso di sposare Gesù. Solo l’amore per Lui ha potuto soppiantare i sentimenti che ave avuto per voi. 

PERGOLESI – Perché mi costringeste a dirigere la messa per la vostra monacazione?

MARIA – Volevo la vostra presenza il giorno in cui stavo per abbandonare il mondo e la musica che avreste suonato per me sarebbe stata il vostro dono per la mia monacazione. Non è stato forse così?

PERGOLESI – Sì, certo! Io di voi ho serbato fino alla fine dei miei giorni il dolce ricordo del vostro viso, della vostra voce, della vostra figura. La vostra morte poi è stata anche la mia morte.

MARIA – Siete morto per l’amore che sentivate per me? 

PERGOLESI – Con la vostra morte è morto il mio spirito. Il mio corpo è morto poco dopo. 

MARIA – Ecco perché abbiamo meritato il Paradiso. Soltanto chi sulla terra vive di puro amore è degno del Signore.

PERGOLESI – Ho tanto sofferto per la vostra molte che ho chiesto al Signore di prendere subito anche me ed egli dopo un anno mi ha esaudito… 

MARIA – Dovevate ancora scrivere tanta sublime musica 

PERGOLESI – E dovevo provare il dolore immenso per la vostra morte per poter scrivere lo Stabat.

MARIA – Avete sofferto troppo per causa mia..

PERGOLESI – Sapete, quando mi fu annunciata la vostra morte per tre giorni ho pianto, chiuso nella mia stanza, giorno e notte… La terza notte ho chiesto infine a Dio di darmi il dono di poter descrivere con la musica il dolore e l’amore umani. Mi sono addormentato e vi ho sognato. Ho sognato che eravate ai piedi di una grande croce con il capo e le spalle coperte di un velo nero, come la Madonna Addolorata e cantavate un canto dolcissimo e dolente che penetrava nel più profondo dell’anima. Quando mi sono risvegliato avevo tutta la musica in testa ed ho cominciato a scriverla come un pazzo… e… (le cade ai piedi e le abbraccia le ginocchia, singhiozzando) Voi, mia Musa, voi mio bene, mia luce! Avete guidato la mia mente. 

MARIA – Non dite più niente perché so già tutto. Io avevo chiesto a Dio di aiutarvi ed Egli mi ha esaudita. (lo solleva) Alzatevi, fatemi sentire ancora, vi prego, quella musica divina. Venite…

Lo guida verso la spinetta. Pergolesi si siede ed inizia suonare lo Stabat. Maria gli rimane accanto. Lungo le quinte entrano prima De Majo e poi tutti gli altri attori che hanno partecipato alla rappresentazione. 
La musica della spinetta si affievolisce mentre prende corpo quella suonata dall’orchestra.
Sincronizzata con il sipario che si chiude lentamente, la musica diminuisce di volume fino a cessare completamente.