FALCONETTA
di
Giovanni Spagnoli
XII Quadri – Scena unica
Personaggi:
LA MORA
SGHIGO
FALCONE
UN MERCANTE
IL PASSATORE
GHIACCIOLO
MATTIAZZA
LASAGNA
CARRERA
IL MARCIO
UN DOTTORE
SOLDATO
CAPORALE
ZAMBELLI
FALCONETTA
UN CANTASTORIE
UN BARBIERE
AGONIA
Avventori,Briganti, Sbirri.
Anno: 1858
Primo Tempo
I° Quadro
(Interno di un’osteria romagnola del secolo diciannovesimo. L’arredamento è
costituito da lunghi tavoli, panche e alcune sedie. A destra la porta
d’ingresso; al centro, sul fondo, il camino con il paiolo appeso alla catena; a
sinistra due porte: una è quella della cucina, l’altra si apre sulla scala che
immette al piano superiore, ove si presume siano le camere da letto. Trecce
d’aglio e salumi pendono dalle travi del soffitto.
E’ una piovosa serata del 1858. La Mora sta contrattando con un mercante
ambulante di stoffe. Falconetta, una bambina di cinque-sei anni, zampetta fra i
tavoli. Sghigo, seduto accanto al camino, assiste con aria sorniona alla disputa
che si sta svolgendo fra la Mora e il Mercante).
MORA – Il fustagno non m’interessa. Questo poi non è nemmeno gran che. Se non
avete altro…
MERCANTE – Come no? Questo sacco è il pozzo delle meraviglie, basta affondarvi
una mano e…oplà! Guardi questa mussolina. Ha mai visto nulla di simile? Non è
una meraviglia, una delizia degli occhi degna di figurare nel corredo di una
dama? Ma che dico una dama? Di una regina! Lo guardi, lo guardi con comodo. Ho
capito subito, appena sono entrato, che lei è una donna dal palato fino.
MORA – (Alla figlia) Sta’ buona Falconetta. (Al Mercante) Chiacchiera ne avete,
ma se pensate di incantarmi, avete sbagliato indirizzo. (Alza la tela contro la
luce, ne osserva la trama, ne saggia la consistenza) Non è di prima qualità,
comunque…
MERCANTE – Non è di prima qualità? Ma lei, padrona, vuol farmi veramente torto.
Questo è puro cotone che viene dalla Mesopotamia. La osservi meglio, la prego:
mussola fina come bava di ragno e soffice e profumata come vento di marzo. E lei
avrebbe il coraggio di affermare che non è di prima qualità?
MORA – Quanto viene?
MERCANTE – Se dovessi venderlo per il valore effettivo, dovrei chiedere due
scudi il braccio, ma lei mi è stata subito simpatica e voglio farle un regalo:
tre soldi il braccio.
MORA – Se i vostri regali sono tutti così, non avete certo intenzione di
rovinarvi con i regali che fate. (Getta la stoffa sul tavolo) Due soldi…e sono
anche troppi.
MERCANTE - Gesù! Due soldi? Dieci centesimi per un braccio di questa meraviglia?
Ma, padrona, ha guardato bene? L’ho pagata io tre soldi a un giudeo di Ferrara,
che starà ancora maledicendomi perché gliel’ho quasi rubata. No, no, padrona, se
parla così vuol dire che non conosce il valore della mussola.
MORA – Può darsi, ma conosco il valore del mio denaro. (A Falconetta) Vengo
subito, Falconetta, stai un po’ buona, su. (Al Mercante) Due soldi.
MERCANTE – Vergine santa, ma lei mi vuole rovinare! Santa Lucia mi accechi in
questo momento se non l’ho pagata io tre soldi, e lei la vorrebbe per meno?
Senta padrona, io non intendo guadagnarci, ma nemmeno rimetterci. Non sono
anch’io un cristiano? Avrò diritto di mangiare tutti i giorni? Gesù, ma dove mi
hai fatto capitare? Senta, facciamo così: lasciamo stare la mussola e posi i
suoi begli occhi su questo velluto. (Glielo prova addosso) Con un abito così
farebbe crepare d’invidia l’Imperatrice d’Austria.
MORA – Mi serve della mussola per il corredo di mia figlia. Se non volete
darmela…
MERCANTE – Ma se sono qui apposta per servirla!
MORA – Sei braccia, tredici soldi.
MERCANTE – Diciotto, padrona, diciotto.
MORA – (Si rivolge a Sghigo) Voi, Sghigo, cosa ne dite? Se gliene do quattordici
sono troppi?
SGHIGO – La stoffa non è il mio genere. Fosse una botte di vino…Ma poi non hai
certamente bisogno di me, te la cavi benissimo da sola.
MERCANTE – Sa cosa le dico? Vada la barca dove va il battello, se proprio vuole
la mia rovina, rovina sia. Diciassette e non ne parliamo più.
MORA – Quattordici. (Fa per andarsene)
MERCANTE – (La trattiene) Arrivi almeno a quindici.
MORA – Va bene, quindici soldi. Però la misura la faccio io, voi avete le
braccia troppo corte.
MERCANTE – Madonna del Carmine! Ma se oggi stavo a letto, non ci guadagnavo?
MORA – (Misura la stoffa) Una…due…tre…quattro…cinque… sei. Tagliate. (Il
Mercante va per tagliare) Più su, più su, volete tagliarmi le unghie?
MERCANTE – Guardate bene questa faccia perché qua dentro non la vedrete più.
MORA – Mi spezzate il cuore. (Toglie dal corsetto un fazzoletto annodato e gli
conta i soldi) Ecco quindici soldi. E non state a lamentarvi, che anche per oggi
l’affare l’avete fatto.
MERCANTE – (Insaccando la mercanzia) Ma quale affare? Quale affare? Sei braccia
abbondanti di mussola che valgono almeno venti soldi, vendute per quindici e lei
lo chiama affare? Se tutti i miei clienti fossero come lei, potrei legarmi una
pietra al collo e buttarmi dal ponte sul fiume.
MORA – (Si avvia verso la cucina) Vieni Falconetta. (Al Mercante) Vi fermate a
mangiare?
MERCANTE – (Dopo aver guardato fuori dai vetri della finestra) Per forza, fuori
sembra la notte che iniziò il diluvio universale. Poi, quando sarà il momento di
pagare il conto, contratterò anch’io come ha fatto lei. Cosa c’è da mangiare?
MORA – Stufato di lepre.
MERCANTE – Non sarà gatto?
(La Mora esce, seguita da Falconetta)
SGHIGO – Fate male, buon uomo. Se volete andare d’accordo con la Mora, non
dovete mai prenderla di punta.
MERCANTE – Che si sia offesa?
SGHIGO – Non credo per così poco. Però, fossi in voi non insisterei.
MERCANTE – (siede al tavolo di Sghigo) E’ una donna in gamba. Manda avanti tutto
da sola?
SGHIGO – Meglio di un uomo.
MERCANTE – Me ne sono reso conto. (Alludendo al tempo) Ma qui da voi, piove
sempre così forte?
SGHIGO – Quando piove forte, si. Un po’ meno quando pioviggina.
MERCANTE – Zac!... Me l’aspettavo sa la coltellata. Il romagnolo non perdona. Se
uno niente niente abbassa la guardia, lo fate subito secco. Guai a volgervi le
spalle.
SGHIGO – Non vi facevo così ombroso.
MERCANTE – E’ che non mi va di essere preso in giro.
SGHIGO – Però se vi fanno mangiare gatto al posto della lepre, scommetto che non
siete in grado di capirlo.
MERCANTE – Può darsi. Ma questo cosa c’entra?
SGHIGO – Caro lei, per evitare di essere presi in giro, prima di tutto bisogna
guardare bene dove si mettono i piedi. O non si mangia lepre, oppure si sa qual
è la differenza.
MERCANTE – E’ una parola.
SGHIGO – La differenza sta tutta nella spalla. L’osso della spalla della lepre è
rotondo, mentre quello del gatto è a punta.
MERCANTE – Sicuro?
SGHIGO – Se non è stato cambiato in questi giorni…
MERCANTE – Anche oggi ho imparato qualcosa. Avrò guadagnato poco con la padrona,
ma nella vita bisogna sapersi accontentare. Dico bene?
(La Mora entra, serve la cena ed esce)
SGHIGO – E adesso che cosa state facendo?
MERCANTE – (Allarmato) Come cosa sto facendo? Mangio.
SGHIGO – Venite forse da un paese dove si mangia senza bere?
MERCANTE – (Capisce l’antifona) Padrona!.. Una bottiglia di vino!
SGHIGO – (Suggerisce) Sangiovese.
MERCANTE – (Verso la cucina) Sangiovese!
SGHIGO – (c.s.) E due bicchieri.
MERCANTE – (c.s.) E due bicchieri.
SGHIGO – Questo è il modo di ragionare!
MERCANTE – Al mio paese si dice che chi beve da solo si strozza.
SGHIGO – Anche qui, anche qui. E’ un buon proverbio. (Arriva Falconetta con un
vassoio su cui sono bottiglia e bicchieri) E brava Falconetta. Sei già una
donnina. (Le dà un buffetto su una guancia e la bambina corre via ridendo).
MERCANTE – Mi levi una curiosità. Come mai quella bambina ha un nome così
insolito? Falconetta! E’ la prima volta che lo sento.
SGHIGO – Si chiama Falconetta perché…E’ una storia molto lunga.
MERCANTE – Non le va di raccontarla?
SGHIGO – Potrebbe anche andarmi. Il problema è che una bottiglia, in due , penso
sia poca per reggere tutto il racconto.
MERCANTE – Se non basta ne faremo venire un’altra. E se non basta nemmeno
quella, un’altra ancora. Se non smette di piovere, penso che dovremo passare qua
tutta la notte. E poi, mi piacciono le storie raccontate accanto al camino
acceso, sono…
SGHIGO – Più calde?
MERCANTE – Diciamo più confidenziali. Forza, racconti.
SGHIGO – Uhm…Se non c’è problema per il liquido…(Si versa da bere) Salute!
(Tracanna) Dunque, dovete sapere che sei o sette anni fa…Avete mai sentito
parlare del Passatore?
MERCANTE – Come no? Stefano Pelloni detto il Passatore. L’ho visto disteso su un
carro mentre portavano il suo cadavere in giro per i paesi, affinché la gente
vedesse con i propri occhi che era veramente morto. E molti non ci credevano lo
stesso. Tutti San Tommaso! Ma che gente siete voi romagnoli, che non vi
arrendete all’evidenza nemmeno davanti alla morte? (Fruga nel piatto) Qual è
l’osso della spalla?
SGHIGO – (Glielo indica) Quello.
MERCANTE – (Lo solleva e lo osserva) E’ rotondo, quindi posso star tranquillo?
(Sghigo lo guarda sornione di sottecchi) Allora, questa storia del Passatore?
SGHIGO – Non è la storia del Passatore, è la storia di Falconetta, Però c’entra
anche il Passatore. (Beve) Dunque, una notte di sei o sette anni fa…(Buio).
II° Quadro
(La stessa scena, qualche anno prima. Alcuni avventori stanno terminando una
partita a carte)
I° AVVENTORE – E’ inutile, con te non si può giocare, hai una fortuna che fa
schifo.
II° AVVENTORE – Ma che razza di ragionamenti fai? Se vinco io sono fortunato, se
vinci tu sei bravo.
MORA – Gente, s’è fatto tardi.
AVVENTORI – Andiamo, andiamo. Buonanotte, Mora. Buonanotte… (Escono)
(La Mora porta via i bicchieri, pulisce sui tavoli. La porta si spalanca ed
entra il Passatore, seguito dagli uomini della sua banda).
PASSATORE – Mora, amore mio! (La prende fra le braccia e la fa piroettare)
MORA – (Tenta di liberarsi) Lasciami…Lasciami…Mi fai girare la testa! (Nel
frattempo entrano tutti, allegri e rumorosi. Uno, ferito a una spalla, lo fanno
sedere con cautela) Lasciami, dunque! (Il Passatore le scocca un bacio su una
guancia e la lascia libera) Ma guarda un po’ sto matto! Ma che cosa ti prende?
(Si rassetta le vesti)
PASSATORE – Vergognati! Si salutano così gli amici? Bella accoglienza! Dopo aver
camminato per ore, con gli sbirri dietro il culo, arriviamo qui stanchi morti,
magari anche solo per farti un saluto, e tu ci ricevi strillando come un’aquila
“Lasciami, lasciami”? Quasi quasi me ne vado.
MORA – Lascia perdere, Stefano, conosco la manfrina. Quando mi vieni a trovare
mi fa sempre piacere, ma tu, santamadonna, tutte le volte mi salti addosso come
un gatto in amore! Datti una calmata, su.
PASSATORE – E’ il sangue, Mora. Quando ti vedo mi ingorga le vene, come un fiume
in piena e io perdo la testa
MATTIAZZA – (Duro) Vogliamo darci un taglio? Siamo venuti per mangiare o per
sentire delle stupidaggini?
GHIACCIOLO – (Alla Mora) Intanto, porta da bere.
MORA – Cos’è tutta sta fretta? I gendarmi vi hanno messo il pepe nel culo? O vi
stanno addosso? Guarda Stefano che se i gendarmi stanno sulle vostre peste, a
mangiare è meglio che andata da un’altra parte.
PASSATORE – Tranquilla Mora, i gendarmi li abbiamo seminati da un pezzo. Ci
avrai con te tutta la notte.
MORA – Tutta la notte?
PASSATORE – Perché, avresti il coraggio di rifiutare l’ospitalità a un gruppo di
poveri pellegrini, che per giunta sono anche tuoi amici?
MORA – E dove vi metto? Sai bene che il posto per tutti non ce l’ho.
PASSATORE – Il posto ce lo faremo. Tanto per cominciare, io potrei dormire nel
tuo letto insieme a te. Non è a due piazze?
MORA – Di sopra c’è soltanto un’altra camera. Per dormire farete i turni.
GHIACCIOLO – Non preoccuparti, ci arrangeremo.
MORA – Se vi va di dormire sulle sedie…
LASAGNA – E ti pare poco? Delle volte ci tocca dormire in piedi, come cavalli.
MORA – (Si accorge del ferito) E quello cos’ha fatto?
PASSATORE – Quello chi? Ah, il Falcone. Ha preso una palla in un braccio.
MATTIAZZA – Non era meglio se la prendeva nella testa?
FALCONE – Ma va in galera! Non l’avrò mica fatto apposta.
MATTIAZZA – Apposta o no, io dico che un ferito è sempre un peso. Se dipendeva
da me, invece di perdere del tempo per portarti fino qui, ti avrei lasciato là e
tanti saluti. Per causa tua, gli sbirri non ci hanno presi per un pelo, porca
vacca!
GHIACCIOLO – Ce lo terremo in mente se dovesse capitare a te.
MATTIAZZA – Cosa siamo diventati la Confraternita degli Ospedalieri? Qui ognuno
deve legarsi le scarpe da solo.
MORA – Se continuate a discutere, questo muore qui. Non vedete quanto sangue sta
perdendo?
PASSATORE – Lasagna, va’ a cercare un dottore e portalo qua.
LASAGNA – Mo perché proprio io? Manda il Marcio, che è più pratico di questi
posti. Io non saprei nemmeno dove andare.
PASSATORE – Forza, Marcio, tocca a te.
MORA – (Al Marcio) Lo sai dove abita, vero? Subito dopo il mulino c’è un
sentiero…
MARCIO – (Arrabbiato) Lo so, lo so! Vacca boia, devo sempre correre per gli
altri, io! (Esce)
MATTIAZZA – Anche il dottore! Perché non facciamo venire anche i papalini,
addirittura?
PASSATORE – (Indicando Falcone) Qualcuno lo porti di sopra.
(Due della banda lo portano via)
MORA – (Stappa bottiglie e serve da bere. Mentre passa accanto al Passatore,
questi la prende per un braccio e tenta di baciarla. Lei si libera dolcemente ma
con decisione) Ascolta Stefano, finchè si scherza si scherza, ma se fai così
rompiamo subito l’amicizia.
CARRERA – Chi rifiuta è sazio.
MORA – Te bada ai tuoi fagioli.
LASAGNA – Sei ombrosa come una puledra. Le puledre ombrose sono sempre state la
mia passione.
GHIACCIOLO – Com’è che una bella mora come te non ha ancora trovato qualcuno che
se la sposi?
MORA – E se fossi stata io a non volere quel qualcuno?
CARRERA – A me mi sa che il biroccino non l’hai voluto e la carrozza non è
passata.
MATTIAZZA – (Batte un pugno sul tavolo) Ma porca vacca, volete finirla, si o no?
E’ un’ora che siamo qui e ancora non si mangia. Cos’è che vogliamo fare?
PASSATORE – (Alla Mora) Vai, vai a preparare da mangiare, altrimenti Mattiazza
perde il lume della ragione e allora sono guai per tutti. Quello non ci sta mica
con la testa. Intanto noi facciamo i conti. (La Mora va in cucina. Il Passatore
vuota sul tavolo il contenuto di una sacca, monete e gioielli, e comincia a
dividere il bottino. Quando ha terminato chiama) Mora, vieni qua. (La Mora
entra) Questo è quello che ti dobbiamo per stanotte, il solito scudo a testa.
Questa è la mia parte e la metti dove sai tu. Questa è la parte del Falcone,
gliela darai quando starà meglio.
MORA – Non avrai intenzione di lasciarlo qui, vero?
PASSATORE – Dimmi tu come possiamo fare a portarcelo dietro in quelle
condizioni. Noi per salvare la pelle dobbiamo andare sempre di corsa, questo lo
capisci?
MORA – Ma io non posso tenerlo qui. Non puoi farmi questa carognata. Questo è un
porto di mare, gente d’ogni risma che va e viene a tutte le ore. Mi dispiace,
Stefano, ma qua non può stare.
PASSATORE – Allora, se non c’è un altro modo… Ghiacciolo! Domattina, prima di
andare via ammazza il Falcone.
MATTIAZZA – Era ora!
GHIACCIOLO - Perché poi dovrei ammazzare il Falcone?
PASSATORE – La Mora non può tenerlo, con noi non può venire…
MORA – Stefano, tu lo sai che basta una spiata per mettermi al muro.
PASSATORE – Cara Mora, chi ha paura degli spini non deve girare scalzo. Se si
viene a sapere che stanotte siamo stati qui, ti mettono al muro comunque,
Falcone o non Falcone.
(Scaraventato dentro dal Marcio, entra il dottore)
DOTTORE – (Rivolgendosi alla Mora) Lei è testimone che sono stato costretto con
la forza.
MARCIO – Se non la smetti di rompere i coglioni, lei sarà testimone che ti ho
tagliato la gola.
DOTTORE – (c.s.)Lei mi conosce, sa che non ho mai fatto niente di male. Ho
moglie e figli…
PASSATORE – Allora và su e fai il tuo dovere.
DOTTORE – Non so nemmeno perché mi abbiate fatto venire.
PASSATORE – Di sopra c’è un ferito. Curalo e scordati subito d’averlo mai visto.
Intesi?
(Sospinto dal Marcio, il Dottore infila la porta delle scale)
MATTIAZZA – (Al Passatore) Dì…Non avrai mica intenzione di lasciarlo andare?
LASAGNA – Mattiazza ha ragione. Ci ha visti tutti, sa che siamo qui…Potrebbe
correre a fare la spia.
MORA – Sicuro! Ma perchè no? Cosa costa una vita? Ammazzate anche lui…e l’altro
che è ferito e non può camminare. Poi ammazzate anche me. Ammazzateci tutti! E
quando non ci sarà più nessuno, ammazzatevi tra voi , come animali. In fondo è
l’unica cosa che sapete fare bene, no?
MATTIAZZA – La sua vita contro la nostra, c’è poco da scegliere.
MORA – Ma che male vi ha fatto? In questo momento è di sopra che cerca di
salvare uno dei vostri e voi pensate di ucciderlo appena verrà giù da quella
scala. Devi essere ridotto ben male Passatore, se ti tocca togliere di mezzo
anche quelli che ti danno una mano.
MATTIAZZA – Ma la vuoi capire che ci sei dentro fino al collo anche te, come
tutti noi?
GHIACCIOLO – Lasciarlo andare sarebbe un rischio troppo grosso.
MORA – Se non ci fosse chi vi aiuta, a quest’ora non sareste qui, vi avrebbero
già presi da un bel pezzo.
MATTIAZZA – Io conosco due modi per chiudere le bocche: i soldi e il coltello,
però il coltello è più sicuro e più economico.
PASSATORE – Volete finirla con tutte 'ste smanie? Cosa dobbiamo fare lo decido
io e basta. Tu, Mora, porta da mangiare. (La Mora esce) E voi smettete di
frignare come bambini impauriti. Quello che si deve fare sarà fatto.
MATTIAZZA – Stiamo seminando tracce dappertutto. Prima, quello là che ha
lasciato una striscia di sangue da Faenza fino qui; adesso questo qua che ci ha
visti in faccia uno per uno…
PASSATORE – Se non ti va quello che decido io, puoi sempre farti una famiglia
per conto tuo. Però adesso smettila di rompere le devozioni.
(Entra il Marcio)
MARCIO – Il Falcone cerca la sua doppietta. L’ha presa qualcuno?
GHIACCIOLO – E’ qui, toh, dagliela. (Porge al Marcio la doppietta, ma il
Passatore la afferra al volo e la osserva con interesse).
PASSATORE – Sarei pur curioso di sapere come fa uno come lui ad avere una
doppietta come questa. Vale un capitale.
LASAGNA – L’avrà presa dov’era senza chiedere il permesso a nessuno. Comprata,
no di sicuro.
MATTIAZZA – Una volta credo d’aver capito che si tratta di una vecchia eredità…
GHIACCIOLO – Io gliel’ho detto al Falcone che andare in giro con un’arma come
quella è un azzardo, ma lui è di testa dura. E’ troppo bella, troppo ricamata,
salta subito agli occhi. Non sono molti quelli che se la possono permettere.
PASSATORE – Uhm…E’ come una firma, una volta vista non te la scordi più. Il
Falcone farebbe bene a buttarla via. (Porge l’arma al Marcio) Allora, sto
dottore non ha ancora finito?
MARCIO – (Allontanandosi) Quasi. Lo stava fasciando. (Esce)
(La Mora serve fumanti tagliatelle, fra esclamazioni di gioia da parte dei
banditi)
GHIACCIOLO – (Smette di mangiare e si porta una mano all’inguine, mollando
un’imprecazione)
PASSATORE – Cosa c’è?
GHIACCIOLO – Mi fa una male…Me lo taglierei.
PASSATORE – Ecco, bravo, un castrato è proprio quello che ci manca.
GHIACCIOLO – Ho provato di tutto, perfino gli impacchi con il remolo, che dicono
che rinfresca. Rinfresca 'sti due! Mi sembra di averlo sulla graticola.
PASSATORE – Sei pur voluto andare con l’Isotta. L’Isotta, l’Isotta…e l’Isotta ti
ha impestato. Ti sta bene. Vuoi pur sempre fare di testa tua. Valà che un’altra
volta ci stai più attento.
GHIACCIOLO – Mi ha rovinato.
PASSATORE – Balle! Ti ha insegnato a stare al mondo.
GHIACCIOLO – Se mi capita a tiro, la impalo come fanno i turchi, com’è vero Dio!
PASSATORE – Adesso mangia e non pensare all’Isotta, o le tagliatelle ti vanno di
traverso.
LASAGNA – Sono buonissime. (Alla Mora) Se sei brava a fare l’amore come sei
brava a fare le tagliatelle, a letto devi essere la fine del mondo.
MORA – Ti piacerebbe saperlo, eh? Ma è una voglia che non ti levi, perché la
Mora tu non la cucchi.
LASAGNA – Peggio per te, non saprai mai cos’è il vero amore.
MORA – E per impararlo dovrei venire a scuola da te? Povero baluba!
LASAGNA – Sei una cavallina ombrosa ma io saprei domarti. Se arrivassi a
metterti il morso, ti farei diventare tenera come un formaggio squaquerone.
MORA – Sogna, sogna che ti fa bene.
MATTIAZZA – Cos’altro c’è da mangiare?
MORA – Ho messo sul fuoco delle braciole.
CARRERA – Vada per le braciole. Però se fossi in te aggiungerei anche un paio di
metri di salsiccia, non si sa mai.
(Entra il Dottore seguito dal Marcio)
PASSATORE – Allora?...
DOTTORE – Ho fatto quello che ho potuto in queste condizioni. Ora dorme, ma
dovrà stare a letto almeno tre o quattro giorni, anche di più se è possibile.
MARCIO – Dovevate vedere, gli ha cavato la palla dal braccio con le pinzette.
Patrocchiava dentro la ferita…(Fa una smorfia di disgusto) M’ha fatto uno schifo
che m’è andata via la voglia di mangiare.
DOTTORE – Ha perduto molto sangue, ma guarirà bene. Ogni tanto però dovrebbe
essere medicato.
GHIACCIOLO – Per quello non preoccuparti, qualcuno ci penserà.
DOTTORE – (Desidera andarsene) Allora…
PASSATORE – Allora, cosa?
DOTTORE – Se non c’è altro…vorrei tornare a casa.
PASSATORE – A casa ci andrai quando avrai finito. Qui c’è ancora bisogno di te.
DOTTORE – Un altro ferito?
PASSATORE – Questo è una vittima dell’amore .Le sai curare le ferite dell’amore?
DOTTORE – Di che cosa si tratta, di uno scolo?
PASSATORE – Vedi un po’ tu. Dai, Ghiacciolo, mostra al dottore dove ti ha
colpito l’Isotta.
LASAGNA - Farebbe meglio a farsi curare la vista, non sa distinguere una donna
seria da una puttana.
GHIACCIOLO – Io non gli faccio vedere proprio un bel niente.
PASSATORE – Ma se fino a due minuti fa smadonnavi con le bave alla bocca per il
male che ti fa. Dai, non fare lo stupido, tirati giù i calzoni.
LASAGNA – Te Mora non guardare,potresti cadere in tentazione.
(Ghiacciolo, con le spalle volte al pubblico, si sbottona i pantaloni. Il
Dottore gli siede davanti, osserva, palpa, scuote la testa).
DOTTORE – E’ proprio ridotto male, molto male.
LASAGNA – (Si allontana disgustato) Che mi venga un accidente! Giuro che non
mangerò più salsiccia finché campo.
DOTTORE – (Prende qualcosa dalla borsa) Ora lo medico alla buona, non ho con me
tutto l’occorrente. Ma dovrà farsi curare sul serio, non è uno scherzo.
PASSATORE – (A Ghiacciolo) Ah, senti, testone? Se non ti facevi vedere, andava a
finire che un giorno o l’altro lo perdevi per strada.
(Durante la medicazione Ghiacciolo si lamenta).
MARCIO – Me, se una donna me lo rovina in quella maniera, gli sparo in bocca.
(Terminata la medicazione, il Dottore si alza, chiude la borsa, ripone gli
occhiali. Un silenzio).
MORA – (Cerca di rompere l’imbarazzo) Vuole bere qualcosa, dottore?
DOTTORE – La ringrazio, ma preferirei tornare subito a casa, i miei staranno in
pensiero.
PASSATORE – (Lo sospinge) Va’, va’. Ma non scordare che se vuoi morire nel tuo
letto, dipende soltanto da te. Le lingue lunghe hanno la vita corta. (Il Dottore
si allontana a testa bassa) Ciàpa. (Gli allunga alcune monete)
DOTTORE – Non devo avere niente.
MARCIO – (Lo ferma) Se il Passatore ti dà dei soldi, non devi rifiutare. E
accendi una candela alla madonna, che una fortuna così non ti capiterà mai più.
GHIACCIOLO –Se avrai vita a campare, questa la potrai raccontare ai tuoi nipoti.
Hai visto in faccia il Passatore che ti ha anche pagato. Devi essere nato
proprio con la camicia.
MATTIAZZA – Adesso che avete parlato tutti, te ascolta me. Se ti scappa, anche
solo per sbaglio, una mezza parola su quello che hai visto stasera, il pezzo più
grosso che metteranno nella tua bara sarà un’ orecchia. Hai capito bene?
DOTTORE – Non dubiti. Per certe cose ho la memoria buona. (Prende i soldi ed
esce).
PASSATORE – Forza Mora, portaci qualche cos’altro da mangiare, non vedi che
stiamo morendo di fame?
(La Mora esegue e tutti tornano allegri e rumorosi. Buio).
III° Quadro
(Stessa scena del I°. Il Mercante e Sghigo continuano la loro conversazione).
SGHIGO – (Chiama) Mora! Qua ci vuole un’altra bottiglia,
se non la porti tu manda tua figlia!
MORA – (Entra con in mano un’altra bottiglia) Ehi, Sghigo, abbiamo già fatto
sette e mezzo? Attento a non sballare.
MERCANTE – Cosa vuol dire padrona, che è ora che andiamo tutti a dormire?
MORA – No, no, per me potete stare qui anche fino a domani mattina. E’ lui che
ha fatto sette e mezzo. Quando comincia a parlare in poesia, vuol dire che è più
di là che di qua.
SGHIGO – (Alza il bicchiere colmo di vino e declama, con la lingua leggermente
impastata) Vino vinello
tanto buono e tanto bello,
tu provieni da un luogo fresco
e mi fai parlar tedesco.
MORA – (Al Mercante) Visto? Se continua a bere, tra un’ora non ricorderà più
nemmeno come si chiama. (Torna in cucina).
SGHIGO – Faccio così per farla ridere, ma non sono ubriaco. Per quello che ho
bevuto…
MERCANTE – Oddio…Vogliamo dire che avete bagnato il becco abbondantemente?
SGHIGO – Questo, volendo, possiamo anche dirlo, ma che sia ubriaco, proprio no.
(Pausa) Dunque: il giorno dopo il Passatore e la sua banda fecero fagotto e
prima che il sole si levasse, scivolarono fra i canneti e si dispersero per la
campagna.
MERCANTE – Ma, secondo lei, il Passatore era davvero il brigante gentiluomo che
dice la gente?
SGHIGO – La gente, caro il mio uomo, vede quello che vuol vedere e capisce
quello che vuole capire. E’ la storia dei miracoli. Voi ci credete ai miracoli?
MERCANTE – (Indeciso) Mah!...
SGHIGO – Bene, c’è gente che se non credesse ai miracoli non avrebbe nemmeno la
forza per campare. La vita è carogna, per qualcuno è una buona madre, per altri
è una cattiva matrigna. E molti, se non avessero la speranza di qualche
miracolo, non avrebbero il coraggio di tirarla fino in fondo. (Pausa) Può darsi
che il Passatore fosse quello che dicono e può darsi di no. Ognuno è padrone di
vedere le cose come gli fa più comodo.
MERCANTE – E quella storia che toglieva ai ricchi per dare ai poveri?
SGHIGO – Io credo che fosse tutta una favola. Una favola che i ricchi avevano
paura che fosse vera e i poveri, invece, pregavano che fosse vera. Ma chi ruba,
secondo il mio poco capire, lo fa solo per il suo tornaconto. E poi, qualche
briciola cade da qualsiasi tavola, no? Ma ormai che importanza può avere che la
gente lo credesse così o cosà? Stiamo parlando di uno che sta facendo concime
per i cavoli da un mucchio di tempo.
MERCANTE – Pace all’anima sua.
SGHIGO – Appunto.
MERCANTE – (Vedendo che Sghigo sta per appisolarsi) E Falcone?
SGHIGO – Ah, si!...La Mora non ebbe il cuore di farlo ammazzare da Ghiacciolo…Si
prese l’incarico di ospitarlo finchè non fosse guarito.
MERCANTE – Quindi, restò qui.
SGHIGO – E dove se no?
MERCANTE – Già, dove?
SGHIGO – Un po’ per compassione, un po’ per…chi lo sa? Fatto sta che fece per
lui quello che non avrebbe fatto nemmeno sua madre. Ogni giorno lo medicava, lo
aiutava a mangiare, la notte si alzava per andare a sentire se aveva la febbre…
MERCANTE – E naturalmente un bel giorno se ne innamorò.
SGHIGO – Piano, piano. Voi la Mora mica la conoscete.
MERCANTE – Ma come, non se ne innamorò?
SGHIGO – Certo che se ne innamorò.
MERCANTE – E allora?
SGHIGO – Dovete sapere che la mamma della Mora, ai suoi tempi, aveva perso la
testa per un sergente francese che era di guarnigione da queste parti. E quando
il sergente ricevette l’ordine di portare i suoi mustacchi da un’altra parte,
lei stava già contando le lune.
MERCANTE – Cose che capitano. Nelle faccende d’amore, non sempre chi semina
aspetta il raccolto.
SGHIGO – Appunto. Falcone era un bandito e un giorno o l’altro sarebbe andato
per la sua strada, per questo la Mora non voleva innamorarsi di lui. Non voleva,
ma si può impedire al cuore di battere? (Con commozione) Si può dire al proprio
cuore “Fermati vecchia carcassa?”
MERCANTE – Ma di chi sta parlando?
SGHIGO – (Fa con la mano un gesto vago) Quando tutti e due furono cotti per
bene, il resto venne da solo.
(Buio)
IV° Quadro
(E’ mattina. La Mora sta strofinando sui tavoli con uno straccio. Dalla porta
della scala entra Falcone: è pallido ed ha un braccio al collo. La Mora si gira
di scatto)
MORA – (Burbera) Ah, siete voi.
FALCONE – Ho provato ad alzarmi, ma ho paura che sia ancora troppo presto. Mi
gira la testa.
MORA – Non dovevate venire di sotto, meno vi fate vedere e meglio sarà per
tutti.
FALCONE – (Si siede) Per la miseria, come ve la prendete! Pensare che ho fatto
tutta questa fatica solo per stare un po’ con voi.
MORA – Avete fatto una fatica inutile, perché io ho da fare e non ho tempo da
perdere con le sciocchezze.
FALCONE – Avevo intenzione di fare quattro chiacchiere, ma se per voi devo
essere come l’ortica, me ne torno da dove sono venuto.
MORA – Ormai ci siete, restate pure. La mattina non viene mai nessuno. Però che
sia la prima e l’ultima volta, quando sarà il momento ve lo dirò io.
FALCONE – State tranquilla, appena mi sentirò meglio vi toglierò il disturbo.
MORA - Nessun disturbo, il Passatore m’ha pagato in anticipo.
FALCONE .- Così, tutto quello che avete fatto per me, l’avete fatto solo perché
siete stata pagata?
MORA – Perché, se no? Mando avanti un’osteria, io, mica l’ospedale dei poveri.
(Gli mette davanti una tazza di latte).
Falcone – Non ho fame.
MORA – Non importa, mangerete lo stesso. Siete ridotto da far paura. Non vedete
che non avete nemmeno la forza per stare in piedi?
FALCONE – Anche questo è compreso nel prezzo?
MORA – Uffa, quante storie!
FALCONE – (Sorseggiando dalla tazza) Quanti anni avete, Mora?
MORA – Perché, se ve lo dico mi calano?
FALCONE – Andiamo, non chiudetevi sempre come un riccio. La cortesia non ha mai
fatto venire la pellagra a nessuno.
MORA – Se per voi è cortesia chiedermi l’età…
FALCONE – Ah, beh, se la prendete come un’offesa, dirò parola torna indietro.
MORA – Ne ho trentadue. State meglio adesso che lo sapete?
FALCONE – Ve ne davo di meno. Li portate bene.
MORA – Troppo bene, infatti non me ne cade nessuno. (Gli porge un pezzo di pane)
Mettete un po’ di pane in quel latte, se volete che abbia più sostanza.
(Falcone tenta di spezzare il pane ma avendo una sola mano libera, incontra
qualche difficoltà. La Mora lo osserva sorridendo, poi glielo spezza lei).
FALCONE – Vedete? Se non ci foste voi morirei di fame.
MORA – La ferita come va?
FALCONE – Mi prude.
MORA – Bene. E’ segno che sta guarendo.
FALCONE – (La cinge alla vita con un braccio) Avete proprio tanta fretta che me
ne vada?
MORA – (Si libera) Nessuno vi manderà via finchè non sarete guarito. Ma dopo:
aria! Siete un cliente troppo pericoloso.
FALCONE – Sentite Mora…
MORA – (Allontanandosi) Quante chiacchiere! Mangiate su, prima che si raffreddi.
FALCONE – Volevo dirvi che ho deciso di non tornare più con il Passatore.
MORA – Questi sono affari vostri.
FALCONE – In questi giorni ho avuto il tempo di pensare a un mucchio di cose. La
pallottola che m’ha fermato è stata un avvertimento. M’ha fatto capire che devo
cambiare strada, prima che sia troppo tardi e se non voglio lasciare la vita
sulla riva di un fosso.
MORA – Io credo che avreste potuto pensarci anche un po’ prima.
FALCONE – Forse, se on mi fossi fermato qui, questo pensiero non mi sarebbe
venuto. Cosa volete, inchiodato lassù, nel letto, ho avuto modo di ragionare su
quello che ho fatto e su quello che mi aspetta. Vi giuro che una vita come
questa la rifiuterebbe anche un cane. Mi piacerebbe avere una casa, una donna,
una famiglia…
MORA – Se i sogni pagassero il dazio, la gente sognerebbe di meno.
FALCONE – Sono stanco di correre. Invece di scappare giorno e notte, sempre con
la paura di una schioppettata traditrice, vorrei fermarmi, stare a casa mia,
riposarmi accanto al focolare e mangiare un piatto di minestra in santa pace.
MORA – (Gli mette davanti un formaggio) Mangiate anche un po’ di formaggio, se
volete guarire alla svelta. (Mentre si allontana, Falcone le scioglie il nodo
del grembiule) Vi avverto che la gente manesca non mi è mai piaciuta.
FALCONE – Siete una curiosa donna. Avete un cuore grande così ma non volete
dimostrarlo. Di che cosa avete paura?
MORA – Paura io? Di chi? Di voi, che fate l’amore con la febbre e stentate a
stare in piedi? Deve ancora nascere l’uomo che dovrà farmi paura.
FALCONE – Allora ve lo dico io chi è che vi fa paura. A voi fa paura la Mora, il
sangue infuocato che ha nelle vene e che non gli dà tregua. Ne avete paura
perché è una donna piena di sentimento e voi pensate che il sentimento sia
qualcosa di cui ci si debba vergognare.
MORA – Poveretto! Voi non sapete quello che dite. Parlate solo perché avete la
bocca e per dare aria alle gengive.
FALCONE – Parlo così perché so che siamo uguali: due alberi percossi dalla
tempesta della vita, che hanno bisogno di appoggiarsi uno con l’altro per non
essere stroncati. Anch’io, come voi, so cosa vuol dire non avere nessuno con cui
confidarsi, nessuno che ti metta un braccio intorno alle spalle quando sei
stanco, nessuno che ti capisca solo guardandoti negli occhi, nessuno che ti
faccia sentire in sua compagnia anche quando non c’è, nessuno da aspettare e che
ti aspetti. E’ vita questa, Mora? (La Mora, di spalle, sta a capo chino davanti
alla a finestra) Mentre ero di sopra, vi sentivo camminare qua sotto e mi
piaceva di immaginarmi che foste la mia donna che mi stava aspettando. Delle
volte pensavo “Chissà se in questo momento, anche lei mi sta pensando”. Perché,
sapete, era l’unica cosa che desideravo veramente. Voi non potete immaginare il
sollievo che provavo quando mi mettevate una mano sulla fronte per sentire se
avevo la febbre. Avrei voluto che quei momenti non finissero mai, che la febbre
non mi abbandonasse. Non ridete, era un modo come un altro per restarvi accanto.
Se fossi guarito troppo presto (Si alza e le va vicino) non avrei avuto la
possibilità di dirvi quello che sento per voi. (La gira dolcemente e la bacia.
Essa non oppone resistenza, poi lo abbraccia con passione e gli restituisce il
bacio. Buio)
V Quadro
(Sghigo beve beato, mentre il Mercante, che ha finito di cenare, si netta i
denti con uno stecchino)
MERCANTE – Ah, l’amore, l’amore!...
SGHIGO – Amore? Può darsi. Però in questo caso io direi qualcosa di più, anche
se non mi viene la parola.
MERCANTE – Passione?
SGHIGO – (Con la mano fa un gesto come dire “Quasi ci siamo”) Eh…Eh…
MERCANTE – Passione travolgente?
SGHIGO – Se questo è il massimo…Comunque, ci siamo capiti. Una cotta che non la
prende nemmeno il cefalo sulla graticola. Se lei non c’era, lui camminava su è
giù come un matto. E quando lui andava a caccia, gli piaceva sparare qualche
colpo ogni tanto, lei diventava intrattabile. Dovevate vederla in quei momenti.
Se qualcuno gli chiedeva da bere, lei era capace di servirgli una braciola di
castrato. (Sorride) Povera Mora, l’aveva presa proprio grossa. Per lei al mondo
esisteva soltanto il suo Falcone, e per lui non c’era che la Mora. (Sospira) Ma
il Signore, dei contenti in questa valle di lacrime non ne vuole. Io penso che
qualche volta si diverta a rovinare le cose più belle.
MERCANTE – Non dica così. Quello che Dio ci dà non è mai troppo.
SGHIGO – Se è per quello, ci dà anche la rogna.
MERCANTE – Voglio dire che non sta a noi giudicare il troppo e il troppo poco.
Sappiamo bene che la felicità non è di questo mondo.
SGHIGO – Perché, voi credete che ci sia nell’altro?
MERCANTE – Chi lo può dire?
SGHIGO – Io penso che se ci fosse davvero, la gente ci andrebbe più volentieri.
Invece vedo che tutti, anche gli uomini di chiesa, cerchiamo d’andarci il più
tardi possibile. Anzi, sono convinto che se dipendesse da noi non ci andremmo
per niente.
MERCANTE – E’ il mistero dei misteri, caro Sghigo. D’altra parte, non pensa che
la vita sarebbe soltanto una grossa fregatura, se tutto dovesse finire dov’è
cominciato?
SGHIGO – Secondo me, a pensarci bene, sotto sotto, la fregatura c’è in ogni
modo.
MERCANTE – (Si alza e va a guardare fuori della finestra) Se continua questo
tempo infame, dovrò decidermi a restare qui anche a dormire. (Si scalda al
fuoco, stropicciandosi le mani, poi torna a sedere e si versa da bere) E così,
Falcone, da uccello da preda si trasformò in un ruspante domestico. E’ così?
SGHIGO – (Lo sguardo perso nel vuoto) Già. (Buio)
VI Quadro
(La Mora sfaccenda e canta qualcosa sotto voce. Entrano due sbirri: un soldato
austriaco e un caporale papalino)
SOLDATO – (Ubriaco) Ponciorno Mora. Io sempre felice di te federe.
MORA – Pensa un pò che io invece, quando ti vedo sono contenta come se vedessi
passare il funerale di un mio parente.
SOLDATO – Ja, ja…Tu sempre molto centile e molto pella. Tu tare noi molto fino,
ja? Molto, puono fino.
MORA – Niente vino. Non servo vino agli ubriachi.
SOLDATO – Tu tare fino!
CAPORALE – E’ inutile, Mora. Questa è gente che quando sente l’odore del vino
non ragiona più.
MORA – Poi, quando sono ubriachi del tutto, pretendono di mettermi le mani
addosso. Conosco la storia.
CAPORALE – Cosa ci vuoi fare? Comandano loro. Dài, valà, porta del vino sennò
questo qui è capace di sfasciarti il locale.
MORA – Con tanti guai che abbiamo per conto nostro, ci mancavano solo i
tedeschi. (Serve il vino. Il soldato le afferra una mano)
SOLDATO – Tu freulen ti pricanta. Qui pricanta essen…manciare und
slafen…tormire, ja?
MORA – Se non mi lasci quella mano, ti sbatto una ciabatta sulla faccia, com’è
vero Dio.
CAPORALE – Bono, bono camaraden. La Mora è gut, il vino è gut, tutto è gut. Bevi
e smettila di rompere le tasche. Trinken,trinken camaraden.
SOLDATO – Tu nix camaraden, tu saise.
MORA – Cos’ha bestemmiato stavolta?
CAPORALE – Ha detto che sono una merda. (Al tedesco, alzando il bicchiere) Che
ti venga un canchero!
SOLDATO – (Sillabando con fatica) Cosa fuol tire…ti…ti fenga…
CAPORALE – Vuol dire salute…prosit! Voi dire prosit, noi dire che ti vanga un
canchero.
SOLDATO – Ah, ja, ja! Prosit! (Stentatamente) Ti fenga…un …ganghero!
CAPORALE – A te, a te! Magari due! (Bevono)
SOLDATO – (Alla Mora) Tu sapere tofe essere pricanta. To molto federe pricanta.
MORA – E daglie! Io nix vedere briganti. Io qualche volta vedere porci.
SOLDATO -…?
CAPORALE – Suinen…maialinen. Come si dice? (Grufola come un maiale) Capito?
SOLDATO – Schwein! Tofe essere schwein?
MORA – Se guardi nello specchio, uno lo vedi subito.
SOLDATO – (Cattivo) Tove essere schwein?
CAPORALE – Mora, per piacere… (Al soldato) Schwein caput…Caput, capito? (Alla
Mora) Tira fuori qualcosa, sennò questo qui ti fa un macello. (Al soldato) La
mora dice se noi volere mangiare schwein. (La Mora gli sbatte una salsiccia
sotto il naso)
SOLDATO – Nein wurst. Nein, nein. Niente wurst, niente manciare. Trinken, solo
trinken. Tu tare altro fino. Fino gut, Mora nix gut. Mora fraulein ti pricanta.
MORA – La Mora non è la fraulein di nessuno.
CAPORALE – Lascia stare, Mora. Un altro bicchiere e partirà per il mondo dei
sogni. Prosit!
SOLDATO – (Ormai più di là che di qua) Ti fenga…ti fenga…(Beve e poi si
addormenta di schianto)
CAPORALE – Cosa ti dicevo? Adesso non lo svegliano nemmeno le cannonate.
MORA – E russa anche, quel porco.
CAPORALE – E’ un povero disgraziato anche lui. Lontano da casa, dalla famiglia,
in un paese straniero, non credere che sia facile. Anche loro vanno dove li
mandano: oggi qui, domani chissà dove…Non serve prendersela con loro.
MORA – Io non me la prendo con nessuno, basta che mi si lasci in pace. Mando
avanti un esercizio, quando sono pagata, sono in pace con tutti.
CAPORALE – Anche con il Passatore?
MORA – Cosa c’entra adesso il Passatore?
CAPORALE – (Dopo una pausa) Sai Mora cosa si dice in giro? Si dice che il
Passatore, più d’una volta, si sia fermato a mangiare qui, da te.
MORA – Chi lo dice?
CAPORALE – Si dice…Dovresti saperlo anche tu che spesso le chiacchiere
fioriscono prima dei mandorli.
MORA – Questa è un’osteria. La gente va e viene in continuazione. Cosa volete
che sappia io?
CAPORALE – Si dice anche che lui e la sua banda qualche notte l’abbiano passata
sotto questo tetto.
MORA – Si dice, si dice! Si dicono tante cose! Se dovessi dar retta a tutte le
chiacchiere che si fanno starei fresca. Può anche darsi che il Passatore qualche
volta sia venuto qui, chi lo può dire? Io non lo conosco. Non potrò mica
chiedere a tutti quelli che entrano se sono il Passatore?
CAPORALE – Eh, Mora! Tu sei furba e credi di saperla lunga, ma c’è chi la sa più
lunga di te. Non credere che basti alzarsi presto la mattina, per essere la
prima. Per presto che sia, quando ti affacci alla finestra vedrai che qualcuno
si è alzato prima di te.
MORA – Non ci ho mai fatto caso. Domani proverò a star su un po’ prima.
CAPORALE – Scherza, scherza…(Pausa) Vedi, Mora, ormai il Passatore ha i giorni
contati. E quando arriverà il suo momento, ci sarà molta gente che si morderà le
mani per averlo aiutato.
MORA – (Cerca di volgere la cosa in scherzo) Ehi, caporale, cosa vi prende? Oggi
ce l’avete con me? Fate certi discorsi…Sembra perfino che abbiate un rospo
incastrato nella gola, che non voglia andare né su né giù. Beveteci sopra,
chissà che non si decida a passare.
CAPORALE – Eh, Mora, Mora…Tu non immagini nemmeno quanta gola possa fare una
taglia di mille scudi. Mille scudi e un po’ di paura, fanno cantare le persone
come tanti usignoli. E noi scriviamo. Loro cantano e noi scriviamo. Sai che con
questo sistema abbiamo rimediato delle liste di nomi lunghissime? Nomi di tutta
gente che in qualche modo ha avuto a che fare con il Passatore e che, presto o
tardi, avrà delle sorprese poco belle, questo te lo posso garantire. Adesso poi,
il Governo ci ha mandato un Capitano, un marchigiano, un certo Zimbelli, con
l’ordine di togliere di mezzo il Passatore a ogni costo. Praticamente gli hanno
dato carta bianca. E lui sai cosa fa? Prende tutti quelli che aiutano il
Passatore e li spiccia alla svelta davanti a un muro. La chiama tattica della
terra bruciata…Mille scudi a chi aiuta noi e una palla in fronte a chi aiuta il
Passatore.. Io saprei da quale parte stare, tu no?
MORA – Cosa volete che m’importi quello che fa il vostro Capitano? Lui fa il suo
lavoro, io il mio.
CAPORALE – Io dico che l’ha pensata proprio bene. Il bello è che questo discorso
vale anche per i briganti della banda del Passatore. Se uno si presenta e dice
quello che sa, se la cava a buon mercato, ma se aspetta che lo prendiamo noi, ci
puoi scommettere che passerà un brutto quarto d’ora.
MORA – Quello che non capisco è perché siate venuto proprio da me a raccontarmi
tutte queste cose.
CAPORALE – Così, per fare due chiacchiere in amicizia. Tu dici che con il
Passatore non hai niente a che fare e io ne sono tanto e poi tanto contento. Ma,
caso mai tu conoscessi qualcuno che l’ha aiutato, faresti bene a dirgli di stare
all’erta, perché in quelle liste ci potrebbe essere anche il suo nome. Adesso è
meglio stare lontano dal Passatore, è come se avesse la peste.
MORA – Avrà anche la peste però, che sappia io, ha fatto anche del bene.
CAPORALE – Ascolta Mora, se a qualcuno ha dato dei soldi, l’ha fatto soltanto
per il suo interesse, non certo per bontà d’animo. Paga la gente perché tenga la
bocca chiusa, semina scudi per avere le spalle coperte nelle sue malefatte. Ma
ti sei mai chiesta da dove vengono quegli scudi? I morti che sono costati?
MORA – (Con affanno) E voialtri vi siete mai chiesti come fa certa gente ad
avere tutti questi soldi? Ve lo siete mai chiesti? Sapete che ci sono dei
cristiani che quando si alzano la mattina non sanno se quel giorno potranno
mangiare? Sapete che c’è gente che muore di fame e altri che su quella miseria
ingrassano come maiali? Non sono ladri quelli, come e più del Passatore?
CAPORALE – Andiamo Mora, come se tutti i ricchi fossero ladri!
MORA – Però com’è che in galera ci vanno solo i poveri?
CAPORALE – E cosa credi che si possa risolvere facendo quello che fa il
Passatore? Non cambia niente, cara Mora, i signori rimangono signori e i poveri
rimangono poveri. L’unica differenza è qualche morto in più.
MORA – (Si passa sulla fronte il dorso di una mano, come se avesse sostenuto un
grosso sforzo) Lo so, lo so…Scusate. Comunque non conosco nessuno ed è una
faccenda che non mi riguarda.
CAPORALE – Io il mio dovere l’ho fatto.
MORA – Vi ringrazio, ma non era necessario.
(Dalla porta d’ingresso entra Falcone: doppietta a tracolla, alcuni volatili
uccisi, appesi alla cintura. Alla vista degli sbirri rimane interdetto sulla
porta. La Mora, dopo un attimo di incertezza, tenta di uscire dall’imbarazzo).
MORA – Vieni, vieni avanti. (Al Caporale) Questo è mio cugino. (Gli uomini si
salutano in silenzio) E’ stato molto malato ed è venuto in campagna per
respirare un po’ d’aria buona. (A Falcone) Cos’hai preso? Belle queste starne!
Portale in cucina che stasera le facciamo allo spiedo. (Falcone si muove verso
la cucina)
CAPORALE – Un momento. (Falcone si ferma) Posso vedere quella doppietta?
(Falcone se la toglie da tracolla e gliela porge) Un’arma
magnifica…straordinaria…(Osservando l’arma la punta verso Falcone che,
istintivamente, fa un passo indietro) I cani a testa di lupo…Le canne
ricamate…Veramente magnifica. Sarà costata un capitale.
FALCONE – Si tratta di un’eredità.
CAPORALE – (Gliela rende) Un pezzo unico. Scommetto che in tutta la Romagna non
ce n’è un’altra uguale. (Falcone va in cucina) O no? Forse un’altra c’è. Pare
che uno della banda del Passatore abbia una doppietta con le canne ricamate e i
cani a testa di lupo. Proprio come quella. Quando si dice la combinazione! Un
barbiere di Cotignola, che è stato sotto il suo tiro per più di mezz’ora, ha
avuto tutto il tempo per vedere da vicino sia l’arma che chi gliela puntava
addosso. Capirai, stare faccia a faccia con un bandito che ti punta una
doppietta sullo stomaco…
MORA – Stavolta, Caporale, state prendendo lucciole per lanterne. Il mio cugino
non c’entra un fico secco con la vostra storia.
CAPORALE – Non ho detto che c’entri. E’ solo un pensiero che come è venuto a me,
potrebbe venire anche a qualcuno che i tartufi non s’accontenta di annusarli. Ma
tu sei una ragazza sveglia e quello che ho inteso dire l’hai capito benissimo,
vero?
MORA – Come no? Vi siete spiegato benissimo. Ma, dico, il vostro amico cos’ha
intenzione di passare qui anche la notte?
CAPORALE – (Scuote il Soldato) Franz!...Oh Franz! Svegliati! (Il Soldato si
sveglia sacramentando) E’ ora d’andare…Andare, capito? Andare…Raus, raus!
SOLDATO – (Si alza barcollante e insonnolito) Ja, ja, antare…
CAPORALE – Tutte le volte la stessa storia. Si ubriaca e io devo sudare sette
camicie per riportarlo in caserma.
SOLDATO – Ciao, Mora…Meine lieben…
MORA – Si, si, ti saluto anch’io. (Gli sbirri escono)
Falcone!...Falcone!...(Falcone entra) Hai sentito?
FALCONE – Quello non l’ha mica bevuta la storia del cugino che è venuto in
campagna a respirare aria buona.
MORA – Devi buttare via quel fucile. Dammelo che ci vado io a buttarlo nel
fiume.
FALCONE – E’ inutile. Ormai sanno che ce l’ho io.
MORA – Sei te quel bandito di Cotignola? (Cenno di assenso di Falcone) La mia
Madonna! E adesso come facciamo?
FALCONE – Bisogna che vada via di qui. Non c’è altro da fare.
MORA – Sei matto?
FALCONE – Ascolta, Mora…
MORA – Non voglio nemmeno sentirne parlare. Ci sarà pure un altro modo per…
FALCONE – Quel caporale ha riconosciuto la doppietta, se mi mettono a confronto
con quel barbiere per me è finita. Questo lo capisci, vero?
MORA – Io capisco solo che lontana da te non ci sto.
FALCONE – Non c’è un’altra strada, almeno per un po’ di tempo. Quando le acque
si saranno calmate, tornerò e staremo sempre insieme..
MORA – Se vai via, pianto tutto e vengo con te. (Si accoccolano sulla pietra del
focolare).
FALCONE – In due non andremmo lontano. L’unica possibilità che ho di cavarmela è
di darmi alla macchia. Ascolta Mora, se arrivano a prendere il Passatore, dopo
può darsi che si calmino. Io non ho ammazzato nessuno, ma se mi prendono adesso,
hai sentito quello che ha detto quel caporale? Dopo, magari, potrebbero
accontentarsi di darmi qualche anno di galera, adesso non mi farebbero neanche
il processo.
MORA – Abbiamo avuto solo due mesi per stare insieme. Meno di così…
FALCONE – Non possiamo farci niente. Non siamo noi che diamo le carte, noi
dobbiamo giocare quelle che ci hanno dato, belle o brutte che siano. (Buio).
VII Quadro
(Sghigo e il Mercante, seduti davanti al camino, fumano: Sghigo la pipa, il
Mercante il sigaro. Il silenzio è rotto soltanto dal rumore del vento e della
pioggia che batte sui vetri della finestra. Sghigo si alza e va a prendere
bottiglia e bicchieri che erano rimasti sulla tavola. E’ piuttosto malfermo
sulle gambe).
SGHIGO – Fermati o passegger ch’è giunta l’ora
di bagnare il becco a casa della Mora.
Ferma i tuoi passi stanchi e posa il sacco
che qui onorerai Venere e Bacco.
MERCANTE – Devo dire che se siete tanto in gamba da poter onorare Venere allo
stesso modo che onorate Bacco…
SGHIGO – Una volta, caro voi, una volta. Per cavalcare certe puledre ci vogliono
ginocchi forti, i miei pare abbiano preso il ballo di San Vito.
MERCANTE – E quando Falcone lasciò la Mora, dove andò a rifugiarsi?
SGHIGO – (Fa con la mano un gesto vago) Mah…Nelle Valli di Comacchio,
penso…oppure nella pineta di Ravenna. Chi lo sa? Sapete che non gliel’ho mai
chiesto?
MERCANTE – E la Mora?
SGHIGO – Aveva sue notizie da gente che ogni tanto arrivava qui, come per caso,
venendo da chissà dove.
MERCANTE – Ma era già incinta?
SGHIGO – Macchè incinta!
MERCANTE – E Falconetta, allora?
SGHIGO – (Osserva contro luce i contenuto della bottiglia) Con un’altra
bottiglia forse ci arriveremo.
MERCANTE – Fortuna che la cantina della Mora è ben fornita, altrimenti non avrei
mai sentito la fine della storia.
SGHIGO – Dai e dai, una mattina ammazzarono il Passatore. Lui che era tanto
furbo, si fece prendere in un paretaio, come un fringuello. Quando lo portarono
via era pieno di buchi che pareva un colabrodo.
MERCANTE – L’ho visto, l’ho visto.
SGHIGO – Io no, non mi va di guardare la morte in faccia.
MERCANTE – Ma come è morto veramente?
SGHIGO – Di sicuro ha smesso di respirare.
MERCANTE – Qualcuno dice che si è suicidato quando, circondato dalle guardie, ha
capito di non avere più scampo.
SGHIGO – Può darsi. Però sarei curioso di sapere come ha fatto a uccidersi da
solo, dato che mi è stato detto che i buchi delle pallottole li aveva tutti
nella schiena.
MERCANTE – Uno l’aveva anche nella testa.
SGHIGO – Lo so, lo so. Ma quello gliel’hanno sparato dopo, quando era già
disteso per terra, quasi morto.
MERCANTE – Allora, secondo voi come sarebbe andata la faccenda?
SGHIGO – Un’altra volta, un’altra volta. Questa è un’altra storia, che merita
una bevuta tutta intera, da sola. Dunque, morto il Passatore, tutti pensavano
che la faccenda fosse finita lì. Tutti lo pensavano, ma non Zimbelli.
MERCANTE – Il comandante delle guardie papaline.
SGHIGO – Bravo, il comandante dei papalini. A lui, il Passatore non gli bastava.
Per fare bella figura doveva fare piazza pulita di tutta la banda. Zimbelli è
uno che se fosse nato cane sarebbe stato un buon cane da caccia. Non
s’accontenta della prima selvaggina che scova, anche se si tratta di selvaggina
di tutto rispetto. Basta, per farla corta, nel giro di un paio di mesi fece
fuori quasi tutta la banda: il Marcio, Dumandone, Lasagna, Anguillone,
Lazzarino…Tutti i giorni i suoi sbirri ne fucilavano qualcuno, specialmente
nelle piazze dove c’era il mercato. Zimbelli non si limitava ad ammazzarli,
com’era suo dovere, no! Voleva che la gente vedesse con i suoi occhi cos’era
capace di fare. Il suo Vangelo era l’esempio. E allora, giù con le fucilazioni
in pubblico. Dell’intera banda del Passatore, solo due briganti gli erano
scappati dalla mani: Ghiacciolo e Mattiazza. Lui era furbo, ma loro sembravano
più furbi di lui. Quando era sicuro di trovarli in un posto, loro se l’erano
filata già da un pezzo. Gli scivolavano dalle mani, come anguille, lo facevano
diventare matto, ma non li mollava. Finché dai e dai, anche loro caddero nella
trappola. (Buio)
VIII Quadro
(I tavoli sono pieni di avventori: alcuni giocano a carte, altrui osservano il
gioco, altri ancora bevono appartati, in silenzio. Agonia si aggira ubriaco fra
i tavoli).
MORA – Su, Agonia, non è ancora ora che andiate a casa? Non avete bevuto
abbastanza per stasera?
I° AVV. – Agonia ha un orario ben preciso. Se torna a casa prima del solito, non
ci vuol niente che trovi il letto occupato da qualcun altro.
II° AVV. – Che cosa vuoi farci? Sua moglie è una donna generosa ed ospitale, non
sa rifiutare il suo letto a nessuno.
I° AVV. – E poi, le corna non fanno mica male, vero Agonia? Non si sentono
nemmeno.
II° AVV. – Le corna sono come i denti: fanno male quando spuntano, ma poi
aiutano a mangiare.
MORA - Ma lasciatelo u n pò in pace! Che colpa ne ha lui se sua moglie è fatta
così?
AGONIA – (Alla Mora) Lascia che dicano, lascia che dicano, ci sono abituato.
Ridono delle disgrazie degli altri per non parlare delle loro.
(Entra un Cantastorie: tapparella fino agli occhi, chitarra a tracolla. Si
guarda intorno, come chi entra per la prima volta in un ambiente sconosciuto, si
srotola lentamente la tapparella e si siede a un tavolo appartato. La Mora gli
si avvicina per prendere l’ordinazione).
CANT. – Siete voi la Mora?
MORA – Si, perché?
CANT. – Ho delle notizie per voi.
MORA – (Si porta una mano al petto) Falcone!
CANT. – Mi ha mandato a dirvi che sta bene e che non stiate in pensiero per lui.
MORA – Quando torna?
CANT. – Questo non lo so.
MORA – Adesso dov’è?
CANT. – Questo non posso dirvelo. M’ha fatto promettere di non dirlo a nessuno,
nemmeno a voi. (Le porge una lettera) Mi ha dato questa per voi.
MORA – (Prende la lettera e la nasconde nel corsetto) Grazie. Adesso vi porto da
bere.
I° AVV. – (Al Cantastorie) Scusate, ma voi non siete quello che va nelle piazze
a raccontare storie?
CANT. – E voi come fate a saperlo?
I° AVV. – Faccio il sensale, giro anch’io per le piazze. Vi ho visto parecchie
volte, ero a Meldola quel giorno che doveste scappare quando arrivarono le
guardie.
CANT. – Cose che capitano nel mio mestiere.
II° AVV. – Perché dovette scappare? Aveva rubato qualcosa?
I° AVV. – Macché rubato! Il fatto è che stava raccontando la storia del
Passatore.
II° - AVV- . E non si può?
CANT. – Non che non si può. E’ vietato persino parlarne.
II° AVV. – Beh, qui non siamo in piazza e tra noi non ci sono né spie né
poliziotti. Se volete, potete raccontare tutto quello che vi pare.
CANT. – (Alla Mora) Posso?
MORA – Però se viene qualcuno…(Fa segno di tagliare corto).
I° AVV. – Te, Agonia, sta di guardia.
CANT. – (Si alza in piedi e comincia a raccontare, accompagnandosi con accordi
di chitarra)
Fra i famosi e terribili briganti
di cui talvolta umanità si lagna
fra venturieri storici e fra quanti
gettaronsi rabbiosi alla campagna
nessuno al mondo d’uguagliar si vanti
colui che scorrazzando la Romagna
e il bolognese, fece ai monsignori
provar più volte orribili dolori.
Colui chiamato Stefano Pellone
di soprannome detto il Passatore
era figlio di quei che tre corone
porta e toglie all’inferno il peccatore.
UNA VOCE – E chi sarebbe quello delle tre corone?
ALTRA VOCE – Il Papa, no?
CANT. - Dato segretamente a Vincendone
e a Nicoletta per salvar l’onore
della Duchessa D’Alba, illustre dama,
che sempre pura conservò la fama.
UNA VOCE – Ma se lo sanno tutti ch’era figlio di quello che ha il traghetto sul
Lamone. Cosa c’entra questa Duchessa D’Alba?
ALTRA VOCE – Mo sei proprio ignorante, veh! Questa è una leggenda, mica una
storia vera.
CANT. - Ho detto Vincendone, era costui
navalestro sul limpido Lamone
a Faenza vicino, e la di lui
consorte Nicoletta, un’affezione
si grande prese per la prole altrui
che ciaschedun pensava, e con ragione,
che veramente avesse partorito
ella medesima il giovanetto ardito.
(Beve. Applausi).
I° AVV. – (Al Cantastorie) Scusate, io l’ho sentita altre volte e so che è molto
lunga, non potreste raccontarci i pezzi più belli? Quello, per esempio, di
quando fece quella fattura al prete che era diventato l’amante della sua
ragazza?
CANT. – (Lo asseconda) Ma il prete Don Frediano diventato
era intanto Vicario Generale,
e con malizia infame avea saputo
dare a Carmela il velo monacale
nel chiostro di Fognano, indi di Pluto
superando l'iniqua arte infernale,
operare in modo che la poverina
gli fosse sottomessa concubina.
UNA VOCE – Brutto vigliacco! Ecco quello che sanno fare i preti!
CANT. - Una sera la vaga giovanetta
attendeva l’amante seduttore
nella sua bella e bianca cameretta
ed ecco che un lievissimo rumore
l’orecchio le percuote, ella con fretta
accorre alla finestra ebbra d’amore
e accoglie il prete, appena l’è vicino,
con un soave e tenero bacino.
UNA VOCE – Brutta schifosa!
CANT. - Ma quando presso il letto avea seco
un colloquio gentil pieno d’ardore
- Ora di morte è giunta, io ve l’arreco! -
Grida una voce e tosto il Passatore
apparisce con volto scuro e bieco
e pieno di terribile furore,
subito pel collo il prete afferra
e senza sforzo lo rovescia in terra.
ALCUNE VOCI – Bene! Bravo! Ecco come vanno trattati i preti!
CANT. - Quindi prese le forbici affilate
che la monaca avea sul comodino
- Scegli! – Grida furente. – O lacerate
aver le membra come un agnellino,
o dammi il naso! Cessa le sguaiate
preghiere, brutto pezzo d’assassino!
Per te sono alla strada, or non v’è caso:
qui bisogna lasciare vita o naso!-
UNA VOCE – Il naso? i coglioni gli doveva tagliare! Lo doveva castrare quella
carogna!
ALTRA VOCE – Mo allora non hai capito proprio niente! Ha detto il naso per fare
la rima, no?
I° AVV.- La volete smettere? Lasciate che vada avanti!
CANT – E’ qui che viene il bello!
E aiutato da Donnola, ex forzato,
ch’era frattanto entrato dal balcone,
recise al prete il membro designato,
quindi col suo terribile vocione
disse alla monachella – Ho destinato
che tu debba mangiar questo boccone,
apri la bocca, perdio! – Quella tremando
obbedisce all’orribile comando.
Quindi spingendo a calci nel groppone
il prete innanzi, andò giù per le scale
cantando ad alta voce una canzone
fetente di bordello o luogo tale.
Le monache a quel chiasso, in convulsione,
dicevano – E’ lo spirito infernale
che fa la guerra al convento e agli Statuti
di nostra Santa Fede…Iddio ci aiuti! –
(Applausi e commenti)
I° AVV. – La morte! La morte, che è il pezzo più bello!
MORA – Andiamo, andiamo che s’è fatto tardi.
I° AVV. – La morte e poi basta.
MORA – Voi Agonia state attento, veh! Non addormentatevi.
AGONIA – Chissà perché a me la sete mi fa venire un gran sonno.
(Risate. La Mora gli porta da bere)
CANT. – Dunque, il Passatore aveva ricevuto una lettera anonima che l’invitava a
recarsi in un certo capanno da caccia, dentro il quale avrebbe dovuto trovare un
ufficiale tedesco insieme con la sua amante. Ci andarono lui e Ghiacciolo, ma
era una trappola.
Spuntava il giorno e già su quell’altura
i due banditi in una capannetta
in attesa di comica avventura
stanno aspettando il vago e la diletta.
A un tratto a traverso una fessura
veggono il lampo di una baionetta
poi quello di cent’altre, onde i banditi
gridano ad alta voce – Siam traditi!-
Ma morir non volendo invendicati,
afferrando i fucili saltano fuore,
si lanciano furenti sui soldati
gridando sempre – Infamia al traditore!-
Ma ferito da colpi replicati
cade infin sui ginocchi il Passatore,
però non cede e molti papalini
manda ancora del mondo oltre i confini.
Stando alla fin per rimanere oppresso
una pistola afferra e con vigore,
non volendo morir che per se stesso,
l’accosta al petto e si trapassa il cuore.
Così perì tradito in quel recesso
l’ardito e leggendario Passatore,
rivolta al cielo l’orgogliosa faccia,
spirante sempre orribile minaccia.
Monsignori e prelati a tal novella
correvano festosi e giubilanti.
Per più mattine in questa chiesa e in quella
con gran fervore a ringraziare i Santi.
Nel convento la casta monachella
il Te Deum intonava ed altri canti
così con Ave, Paternostri e Gloria,
del gran brigante terminò la storia.
(Applausi. Grida di “Bravo!”, ecc…)
AGONIA – Arriva la forza!
(Ognuno torna alle proprie occupazioni. Entra il Caporale)
CAPORALE – Guarda, guarda quanta gente! Non sapete che è vietato riunirsi più di
tre persone per volta?
MORA – Ma caporale! Questa è un’osteria! Santiddio, non potrò mica mandar via la
gente!
CAPORALE – (Le fa cenno di stare calma) Tra poco comincia il coprifuoco, quindi
sarebbe meglio che quando comincia, ognuno fosse a casa sua, magari accanto a
sua moglie. A meno che, qualcuno, domattina non voglia veder sorgere il sole da
dietro le sbarre. (Lentamente l’osteria si vuota. Solo il Cantastorie è rimasto
seduto al suo posto) E voi?
CANT. – (Gli porge le carte d’identificazione) Sono arrivato oggi, per la fiera.
CAPORALE – (Legge le carte) Cantastorie. E che storie andate raccontando?
CANT. – (Alza le spalle) Quella di Pia De’ Tolomei, di Paolo e Francesca…
CAPORALE – (Continua a leggere le carte) Siete di Ravenna, eh? E dove avete
intenzione di dormire stanotte?
CANT. – Qui, dato che fuori c’è un cartello con su scritto “Osteria con
alloggio”.
CAPORALE – (Gli rende le carte) Se siete stanco per il viaggio, non fate
complimenti.
CANT. – (Capisce l’antifona) Stavo proprio per andare a letto. Buona notte.
MORA – Vi accompagno col lume. (Mentre la Mora ed il Cantastorie sono di sopra,
il Caporale annusa intorno, più per abitudine che per necessità. La Mora
rientra) Siete contento che mi avete mandato via tutti i clienti?
CAPORALE – Ho bisogno di parlare con te e non volevo nessuno tra i piedi.
MORA – Volete bere?
CAPORALE – Adesso lascia stare. Dopo, caso mai.
MORA – Allora…cos’avete da dirmi?
CAPORALE – (Alludendo al Cantastorie) Ti ha portato delle buone notizie di
Falcone?
MORA – Che notizie? Cosa vi salta in mente?
CAPORALE – E’ inutile che cerchi di fare la furba. Sappiamo bene che Falcone, di
tanto in tanto, ti manda sue notizie per gente che sembra capitata qui per caso.
MORA – Se ne sapete più di me, che cosa andate cercando?
CAPORALE – Vedi che se vuoi ragioni? Cerchiamo di capirci. Adesso Falcone non ci
interessa più. Se volessimo, sta tranquilla che non faremmo una gran fatica a
prenderlo: ci basterebbe allungare una mano. Ma, ripeto, non ci interessa.
MORA – Ho capito, ho capito che non vi interessa, non sono mica sorda. Ma io
cosa c’entro?
CAPORALE – Sta’ calma, non c’è bisogno che t’arrabbi. Ho detto che Falcone non
ci interessa, ma potrebbe anche interessarci. Dipende. E potresti interessarci
anche tu. In fondo, tutti e due avete avuto a che fare con il Passatore e, che
sappia io, non c’è stata ancora nessuna amnistia. Tu, magari, visto che non hai
fatto gran che, potresti cavartela con qualche annetto di prigione, ma Falcone
no. A lui gli dovremmo fare la festa. Queste sono cose che sai benissimo anche
te, vero Mora?
MORA – Dite tutto voi. Voi ve la cantate, ve la suonate…
CAPORALE – Qualcuno che ti vuole male ha fatto anche il tuo nome e quello di
Falcone, ma il capitano Zambelli non ha voluto sapere niente. “Macché, macché”
ha detto, “quelli sono pesci piccoli. Quando getto la rete voglio pescare pesci
di ben altro calibro”.
MORA- Ha detto così? Ringraziatelo da parte mia.
CAPORALE – Non basta, Mora. Questa volta non basta dire grazie.
MORA – Insomma. Si può sapere che cosa volete da me?
CAPORALE – Aiutaci e noi ti aiuteremo.
MORA – Aiutarvi? E a fare che cosa?
CAPORALE – Zambelli vuole Ghiacciolo e Mattiazza.
MORA – (Alza le spalle) Per me può andare a prenderli anche subito.
CAPORALE – In giro ci sono rimasti solo loro due. Se arriviamo a prendere anche
loro, della banda del Passatore non se ne parlerà mai più. Zambelli lo faranno
colonnello, Falcone potrà tornare da te e chi s’è visto s’è visto. Non ti pare
una bella prospettiva?
MORA – Più che altro mi sembra un indovinello. Se non vi spiegate per bene, io
non ci ho ancora capito niente.
CAPORALE – Andiamo Mora! Eppure sei una ragazza intelligente. Cerca di fare uno
sforzo. Tu hai ancora della roba del Passatore. (La mora cerca di protestare, ma
egli la previene) E’ inutile che neghi, tanto sappiamo benissimo come stanno le
cose. Tutte le volte che il Passatore si fermava qui, oltre allo scudo a testa
per il vitto e l’alloggio per sé e per la banda, ti lasciava in deposito dei
soldi. Soldi che poi sarebbe passato a ritirare quando ne avesse avuto bisogno.
Non credere che lo facesse soltanto con te, lo faceva con tutti quelli che lo
aiutavano.
MORA – A me non mi ha lasciato niente.
CAPORALE – Mo allora sei proprio di testa dura! Non capisci che sono qui per
aiutarti? Vuoi che ti dica dove lo tieni nascosto il malloppo del Passatore?
Dentro un buco nel muro nella tua camera da letto, dietro l’armadio.
MORA – (Esasperata) E se lo sapete, allora che cosa cercate? Si, è vero, mi ha
lasciato dei soldi, ma io non potevo non prenderli. Quando venivano qui
quattordici o quindici banditi armati fino ai denti, avrei voluto vedere voi al
mio posto. Che cosa potevo fare?
CAPORALE - Avresti dovuto denunciarli quando era il momento. Ma ormai questa è
acqua passata. Ghiacciolo sa che quei soldi sono ancora là e presto o tardi
verrà a prenderli. E’ con l’acqua alla gola e quei soldi gli sono necessari come
l’aria. Quando verrà ti costringerà a darglieli e la tua situazione agli occhi
di Zambelli si farà insostenibile. Ghiacciolo e Mattiazza hanno una grossa
taglia sulla testa, aiutarli sarebbe come andare a mettersi davanti al plotone
d’esecuzione.
MORA – E secondo voi, cosa dovrei fare? Dire che quei soldi non li ho più?
Allora voi non li conoscete. Quelli a tagliarmi la gola, ci metterebbero meno
che voi a sputare per terra. No, no, se è questo l’aiuto che volete da me,
potete scordarvelo. Se vengono a prendere quei soldi, basta che se ne vadano
alla svelta, non solo glieli do, ma gliene do anche dei miei.
CAPORALE – Ascolta Mora. Se quando vengono noi siamo informati, balleranno la
quadriglia che comanderemo noi. Tu non devi far niente. L’importante è sapere
quando saranno qui.
MORA – Sorvegliate la casa, chi vi dice niente?
CAPORALE – Sorvegliare la casa non servirebbe. Hanno il naso fino. Se sospettano
che siamo da queste parti, prendono il largo e dopo chi li piglia più? Tu dei
solo avvisarci quando sarà il momento.
MORA – Ah, no! Io dovrei fare la spia? Stavolta, caro il mio caporale, avete
proprio sbagliato indirizzo.
CAPORALE – Guarda Mora che si tratta di due assassini pericolosi.
MORA – Ma nemmeno se si trattasse del diavolo in persona.
CAPORALE – Ma non capisci che se li prendiamo, Falcone potrà tornare e voi
potrete stare tranquilli per tutto il resto della vostra vita? Quando mai ti
capiterà un’altra occasione del genere? Tu e Falcone contro Ghiacciolo e
Mattiazza. Non è un cambio vantaggioso?
MORA – Che razza di carogna che siete.
CAPORALE – Dovresti ringraziarci invece. Ti sto offrendo una vita tranquilla in
cambio di due delinquenti che non meritano nessuna compassione. Credimi, non
vale la pena avere degli scrupoli per gente come quella.
MORA – Adesso non sono poi mica tanto sicura che i delinquenti siano solo loro.
CAPORALE – Comunque, queste sono le condizioni.
MORA – E’ una vigliaccata, ecco che cos’è.
CAPORALE – Pensaci su. Ma se devo dire la verità, per te mi sembra un buon
baratto. Facciamo così: quando mi manderai una bottiglia di vino, vorrà dire che
loro sono qui. Però, non tentare di fare la furba, saresti la prima a
rimetterci.
(Il Caporale esce. La Mora resta a fissare la porta dalla quale è uscito. Buio)
IX Quadro
(E’ notte inoltrata. Gli ultimi avventori salutano ed escono. Nell’osteria
rimangono la Mora, che agucchia accanto al camino, e Sghigo addormentato con la
testa fra le braccia, in un tavolo d’angolo. Un silenzio. Poi la porta si
spalanca ed entrano due individui avvolti fino agli occhi nelle tapparelle. La
Mora ha un sussulto, Sghigo continua a dormire)
GHIACCIOLO – (Scoprendosi) Siamo noi, Mora. Non avere paura.
MORA – (Sorpresa) Ghiacciolo? E lui chi è?
GHIACCIOLO – E’ Mattiazza. Abbiamo aspettato che andassero via tutti. Siamo là
fuori da un’ora. (Si accorge di Sghigo) E quello?
MORA – Niente, niente, è Sghigo. Ubriaco e dorme della grossa. Ma voi com’è che
siete qui?
GHIACCIOLO – Non preoccuparti, andiamo via subito.
MORA – Lo sai che vi cercano dappertutto?
GHIACCIOLO – (Si siede) Lo so, lo so. Dobbiamo stare bene attenti dove mettiamo
i piedi. Morto il Passatore, tutti quelli che prima ci aiutavano adesso ci
scansano. Massa di carogne! E se possono, corrono subito a fare la spia.
MATTIAZZA – Quando c’erano dei soldi da prendere, non ce n’era mica uno che si
tirasse indietro, veh!
GHIACCIOLO – Il Passatore diceva “ Soldi e paura tengono le bocche cucite. E
aveva ragione, perdio!
MORA – Volete bere?
MATTIAZZA – Più che altro, vorremmo mangiare, sono due giorni che non mettiamo
niente sotto i denti. Ma c’è da fidarsi di quello lì?
MORA – Quando è ubriaco non lo svegliano nemmeno le cannonate. Vi preparo subito
da mangiare. (Serve da bere) Intanto bevete.
GHIACCIOLO – (La ferma) Mora, noi ci fidiamo di te.
MORA – E perché non dovreste fidarvi?
GHIACCIOLO – Ti ricordi le risate, quando venivamo qui tutti insieme? E quella
volta che ti lasciammo il Falcone? A proposito, dov’è andato a finire?
MORA – (Si stringe nelle spalle) Mah…Appena guarito se n’è andato e non ne ho
saputo più niente. Credevo che fosse tornato con voi.
GHIACCIOLO – Non l’abbiamo più visto nemmeno noi.
MATTIAZZA – Sarà andato con qualcun altro. Non c’era mica solo la nostra banda.
GHIACCIOLO – Però, come quella del Passatore non ce ne saranno mai più. Solo noi
siamo stati buoni di tenere per quattro ore un paese come Forlimpopoli, senza
ammazzare nessuno. E Brisighella? E Cotignola? Se Stefano fosse ancora al mondo…
MORA – Eri con lui quando l’hanno ammazzato? (Ghiacciolo accenna di si col capo,
mestamente) Ma com’è che vi siete fatti prendere in quel modo?
MATTIAZZA – Il momento del coglione capita a tutti quanti.
GHIACCIOLO – Mo smettila! Il fatto è che qualcuno ci ha visto da lontano entrare
in quel capanno e, che gli venisse un canchero, è corso subito a fare la spia.
Quando ci siamo accorti di averli tutti addosso, non c’era più niente da fare.
Io non so nemmeno come ho fatto a scappare. A lui invece gli hanno messo una
palla in una gamba, poi un’altra nella schiena…E quando era già steso per terra,
che non poteva più muoversi, gli hanno sparato nella testa.
MORA – Povero Stefano. E adesso cosa contate di fare?
GHIACCIOLO – Cosa vuoi che facciamo? Abbiamo una taglia sulla testa e non
possiamo fidarci di nessuno. Cercheremo di passare in Toscana, poi si vedrà. Là
non comanda mica il Papa, come in Romagna.
MATTIAZZA – Però ci vogliono dei soldi.
GHIACCIOLO – Stefano te ne aveva lasciato parecchi. Ce li hai ancora?
MORA – Si capisce che li ho ancora. Aveva detto che un giorno o l’altro sarebbe
tornato a prenderli…poi le cose sono andate come sono andate…Se li volete, sono
vostri.
MATTIAZZA – Dove li tieni?
MORA – Di sopra, nella mia camera da letto, dietro l’armadio.
GHIACCIOLO – Lo sa nessuno che li hai?
MORA – Chi vuoi che lo sappia? Quando Stefano me li ha dati, qui c’eravate
tutti, ma non è venuto nessuno a cercarli.
MATTIAZZA – Tirali fuori, che vogliamo andare via.
MORA – Andateci voi a prenderli. Io, intanto, vi preparo da mangiare. C’è un
buco nel muro dietro l’armadio.
MATTIAZZA – (Sospettoso) Perché non ci vai te?
GHIACCIOLO – Dai, Mattiazza, lascia perdere. Se c’è l’armadio da spostare, vuoi
fargli fare anche questa fatica? Dopo mangiamo un boccone e tagliamo la corda
alla svelta.
(Ghiacciolo e Mattiazza vanno di sopra, Sghigo alza la testa)
SGHIGO – Non hai ancora capito che ti stai mettendo nei guai fino al collo?
MORA – Avete sentito tutto?
SGHIGO – Se escono da quella porta, quei soldi sono la tua condanna.
MORA – E che cosa potevo fare?
SGHIGO – Dovevi dire che non li hai più. Cosa ne sanno loro? Se gli sbirri li
prendono e scoprono che gli hai dato dei soldi, ti mettono subito al muro senza
farti nemmeno il processo.
MORA – Vadano per la loro strada, non voglio averli sulla coscienza.
SGHIGO – Non si tratta di coscienza, si tratta della tua pelle. Già che eri
compromessa con il Passatore e te la sei cavata per un pelo, adesso vorresti
rischiare la vita per quei due?
MORA – Non posso tradirli, si sono fidati di me.
SGHIGO - Mora, non fare la bambina. Quelli sono due delinquenti che ad ammazzare
un cristiano ci mettono meno di un amen. Lo sai, no? Sono venuti da te perché
non potevano fare in un altro modo, non perché si siano fidati. Chi te lo dice
che una volta avuti i soldi non ti facciano star zitta per sempre? Dammi retta,
dobbiamo avvisare gli sbirri.
MORA – No, non voglio.
SGHIGO – Ma è l’unico modo che hai per salvarti. Non hai niente da spartire con
loro. Lo sai che Ghiacciolo, a Cotignola, ha ammazzato due poliziotti disarmati,
soltanto perché l’avevano riconosciuto? E Mattiazza? Lo sanno tutti che non ha
il cervello a posto e che si diverte a lavorare con il coltello sui disgraziati
che ammazza. Cosa pretendi, che dicano grazie perché li hai aiutati? Te resta
qui, ci vado io a chiamare gli sbirri. Cerca di farli star qui ancora per un
po’. (Si avvia, ma sulla porta si ferma) Il fatto è che se mi vedono ubriaco,
gli sbirri sono anche capaci di non credermi.
MORA – (Dopo qualche esitazione, gli porge una bottiglia di vino) Portate questa
a quel caporale che viene sempre qui, lui capirà.
SGHIGO – (Prende la bottiglia e le stringe le mani) Non aver paura, vedrai che
andrà bene tutto, sta’ tranquilla. Cerca di trattenerli più che puoi. Ci vuole
un po’ di tempo per arrivare alla caserma e tornare indietro.
MORA – Andate, andate, prima che ci ripensi.
(Sghigo esce. La Mora mette sulla tavola pane, formaggio, salame e vino.
Rientrano i due banditi: hanno recuperato il denaro e sono allegri).
MORA – Allora, li avete trovati?
GHIACCIOLO – Sono anche di più di quello che credevo. Con questi possiamo stare
tranquilli per un bel pezzo.
MATTIAZZA – Dai, mangiamo, che voglio andar via subito. (Si mettono a tavola con
appetito) Mora, com’è che gli sbirri ti hanno lasciata stare? Sono andati da
tutti, ma non da te.
MORA – Come vuoi che faccia a saperlo? Loro non sono venuti e io non sono andata
a cercarli. Volete dell’altro formaggio?
GHIACCIOLO – E quel dottore che medicò me e Falcone, l’hai più visto?
MORA – Ci siamo incontrati qualche volta per strada, ma lui ha fatto finta di
non conoscermi.
MATTIAZZA – Pensa che sono andati perfino dall’Ortolano, che in casa sua ci
siamo andati due o tre volte in tutto, e qui non sono venuti per niente.
Mah…sarà!
GHIACCIOLO – Meglio così, no? E’ stata la nostra fortuna.
MATTIAZZA – Mah…Io alla fortuna ci credo poco.
MORA – Che strada avete deciso di prendere per andare in Toscana?
GHIACCIOLO – Vedremo…Non abbiamo ancora deciso se sia meglio andare verso
Firenze o verso Arezzo. Ma credo che prenderemo per Arezzo. Le strade sono meno
battute…e poi a Verghereto conosco qualcuno che, se può, una mano ce la darà
volentieri.
(Mentre Ghiacciolo parla, la Mora si è avvicinata alla finestra e sbircia nel
buio)
MATTIAZZA – Aspetti qualcuno?
MORA – (Colta in fallo) Chi, io? Chi vuoi che aspetti a quest’ora?
MATTIAZZA – Allora non stare davanti alla finestra. Mettiti qui, vicino a me.
GHIACCIOLO – (A Mattiazza) Ma che cosa ti prende? Non vorrai mica avere dei
sospetti sulla Mora?
MATTIAZZA – Io ho campato fino adesso perché non mi sono mai fidato di nessuno.
E ti dico che lei ha qualche cosa da nascondere. Guarda come trema.
GHIACCIOLO – (Alla Mora) Cos’hai fatto? Sei bianca come una pezza lavata.
MORA – Ho paura. Non posso non aver paura, con due banditi in casa…
GHIACCIOLO – Non è mica la prima volta.
MORA – Adesso è un altro paio di maniche. E se la casa fosse sorvegliata?
GHIACCIOLO – Sta’ tranquilla, abbiamo guardato bene prima di entrare. Finiamo di
mangiare e poi non ci vedrai mai più.
MATTIAZZA – (Si accorge della scomparsa di Sghigo) E quello che era lì, dov’è?
MORA – Chi, Sghigo? L’ho svegliato intanto che voialtri eravate di sopra e l’ho
mandato via. E’ solo un povero ubriacone.
MATTIAZZA – (Terribile) Uhei, Mora!...
GHIACCIOLO – Sta calmo, Mattiazza, non è successo niente. La Mora ha creduto di
far bene. Quello dormiva quando siamo arrivati e lei l’ha svegliato che noi non
eravamo qui. Quindi, non ha visto niente.
MATTIAZZA – E chi ti garantisce che non sia andato a chiamare la forza?
MORA – Sghigo? Ma se era tanto ubriaco che avrà fatto fatica a trovare la strada
di casa sua.
MATTIAZZA – (A Ghiacciolo) Te fai quello che ti pare, io me ne vado alla svelta.
MORA – (Butta un’occhiata fuori della finestra e trasale) Scappa Ghiacciolo,
scappa!...
(I due banditi rimangono un attimo interdetti. La porta si spalanca ed entrano
gli Sbirri con i fucili spianati. Mattiazza, con un salto agguanta il suo e
spara al lume, mandandolo in frantumi. Nel buio si vedono lampi di spari e si
odono urla di dolore. La battaglia dura alcuni secondi).
UNA VOCE – Fate luce!...Portate le torce!...
(Vengono portate delle torce accese. In terra giacciono morti Ghiacciolo e
Mattiazza, uno sbirro si comprime un braccio ferito. La Mora, livida e con gli
occhi sbarrati, è presso il camino)
SGHIGO – (Accorre) Mora!...Mora, stai bene? (La Mora lo abbraccia e si lascia
andare in un pianto convulso).
CAPORALE – (Osserva i corpi dei banditi) Sono loro: Ghiacciolo e Mattiazza.
Portateli via! (I corpi dei banditi vengono trascinati fuori) Hai fatto un buon
lavoro, Mora. C’è anche una taglia che…
(Sghigo non lo fa finire, gli fa cenno di andarsene. Il Caporale esce a testa
bassa. Rimangono alcuni gendarmi che illuminano la scena con le loro torce. Poi
anche loro, uno ad uno, escono. Buio)
X Quadro
(Sghigo ed il Mercante sono ancora seduti accanto al focolare. Il vino e l’ora
tarda hanno creato un’atmosfera di sonnolenza)
MERCANTE – (Sospira) Questi sono tempi da lupi, per sopravvivere siamo costretti
a mangiarci uno con l’altro.
SGHIGO – Magari fossimo tutti lupi!...Purtroppo fra di noi ci sono anche degli
agnelli. E sono i primi a essere sbranati.
MERCANTE – Siete molto affezionato alla Mora, vero? E’ lei l’agnello che più vi
sta a cuore.
SGHIGO – (Cerca di sviare il discorso) Io credo che il Signore, nella sua
infinita saggezza, quando ha costruito l’uomo ha fatto un grande sbaglio. Se
invece di fargli la bocca qui, gliela faceva qua (Si tocca la sommità del capo)
non avrebbe tenuto qualche litro in più?
MERCANTE – (Si guarda attorno) Sembra niente ma, parlando parlando, ci siamo
fatto fuori una mezza dozzina di bottiglie.
SGHIGO – Mai contare i cadaveri dei nemici! Sono quelli che rimangono che ci
devono preoccupare.
MERCANTE – Ma se considerate il vino un vostro nemico, com’è allora che lo amate
tanto?
SGHIGO – (Al bicchiere che solleva davanti agli occhi) Sei la mia rovina…ma ti
perdono. (Beve)
MERCANTE – (Dopo una pausa) E così l’agnello si prestò a fare da esca per far
cadere in trappola i due lupi affamati.
SGHIGO – Che cosa poteva fare? Mangiare per non essere mangiati. Sono sicuro che
è una regola che rispettate anche al vostro paese.
MERCANTE – Ammetterete che non fu un gran bel gesto.
SGHIGO – Quando non si può fare nient’altro, si fa quello che si può.
MERCANTE – Potete rivoltare la frittata come volete, ma si trattò di un vero e
proprio tradimento.
SGHIGO – Voi siete troppo furbo, per il mio carattere. Vi auguro di non trovarvi
mai nella condizione di dover fare una scelta per salvare la pelle.
MERCANTE - Per me il tradimento resta sempre un’azione infame.
SGHIGO – Nessuno può dire quello che farà finché non l’avrà fatto. Chi ha la
pancia piena pensa che si vergognerebbe a chiedere l’elemosina, ma la fame,
quasi sempre è più forte della vergogna.
MERCANTE – Se permettete, in questo caso la fame non c’entra proprio per niente.
SGHIGO – Ve l’ho già detto, voi siete troppo furbo per il mio carattere.
Vorreste contare i denti che ho in bocca, ma per questa strada non vi vengo
dietro. Mi fermo e mi metto a sedere.
MERCANTE – Andiamo, andiamo! Non avevo nessuna intenzione di offendervi. Ho solo
espresso un pensiero a voce alta.
SGHIGO – Fareste bene a ricordare che solo il coperchio sa cosa bolle dentro la
pentola.
MERCANTE – (Alza il bicchiere) Salute?
SGHIGO – (Alza il suo) Salute.
(Bevono)
MERCANTE – Però Falconetta deve ancora arrivare.
SGHIGO – E’ per la strada. Dopo tutto quel cataclisma, la Mora mandò a dire al
Falcone che per lui non c’era più nessun pericolo e che poteva tornare a casa.
Lustrò il pavimento, mise la casa in ordine come se dovesse venire il prete a
benedire…E un bel giorno Falcone comparve su quella porta. Un paio di mesi dopo
Falconetta era in viaggio. (Buio)
XI Quadro
(Sghigo e Falcone giocano a scopa. Entra la Mora)
MORA – Io esco.
FALCONE – Dove devi andare?
MORA – (Maliziosa) In un posto…
FALCONE – Cos’è, un segreto?
MORA – Non è un segreto, vado dal dottore.
FALCONE – Stai poco bene?
MORA – No, no, sto benissimo. E’ solo che voglio essere sicura di una cosa…
FALCONE – T’accompagno?
MORA – Tu resta qui a far compagnia a Sghigo. Non so il tempo che ci metterò,
farò il più presto possibile.(Esce).
FALCONE – Vorrei sapere che cosa ci va a far dal dottore, se non è ammalata.
SGHIGO – Secondo me è incinta.
FALCONE – Incinta?
SGHIGO – Non c’è mica da farsene caso, sono cose che succedono alle donne.
FALCONE – Ma no! Me l’avrebbe detto.
SGHIGO – Non ha detto che va dal dottore perché vuol essere sicura di una cosa?
Di che cosa volete che voglia essere sicura?
FALCONE – Incinta…Intendiamoci, mica che mi dispiaccia! Un bambino o una
bambina, adesso, sarebbe proprio quello che ci vuole. Intanto che aspettiamo
vogliamo berci su?
SGHIGO – Per me…Non ho mai detto di no.
(Mentre Falcone prende bottiglia e bicchieri, entra Zambelli seguito da quattro
sbirri e il barbiere)
ZAMBELLI – Chi di voi è Giuseppe Serantini, detto Falcone?
FALCONE – (sorpreso) Io.
ZAMBELLI – (Al barbiere) E’ questo l’uomo?
BARBIERE – (Indeciso) Mi sembra…Ma non sono mica sicuro.
ZAMBELLI – E’ lui o non è lui?
BARBIERE – E’ passato tanto tempo…Mi sembra…Però potrei anche sbagliarmi.
ZAMBELLI – (Agli agenti) Cercate il fucile, Via! (Gli sbirri cominciano a
cercare, uno va di sopra) E voi chi siete?
SGHIGO – Diletti Antonio, ma tutti mi chiamano Sghigo. Sono un amico di…
ZAMBELLI – E naturalmente siete all’oscuro di tutto, vero?
SGHIGO – Non so nemmeno di che cosa state parlando.
ZAMBELLI – (Indica Falcone) Costui faceva parte della banda del Passatore e voi
non lo sapevate? Qua nessuno sa mai niente, solo io devo sapere tutto. E so
tutto, grazie a Dio! (A Falcone) Voi, oltre ad altri misfatti, il giorno 17
gennaio 1850 avete partecipato all’invasione di Cotignola, nel corso della quale
vennero assassinati due militi della Guardia Civica. Avete qualcosa da dire in
proposito?
FALCONE – Posso solo dire che non ho mai ucciso nessuno. Se sapete tutto,
saprete anche questo.
ZAMBELLI – Certo, certo. I due militi, disarmati, furono vigliaccamente
assassinati dal Passatore e da Ghiacciolo, suo degno compare, con diciotto, dico
diciotto pugnalate. Voi, che avete assistito all’efferato omicidio, cosa
facevate in quel momento? Stavate a guardare. (Urla) Allora, questa doppietta
salta fuori?
SBIRRO –(Entra con in mano la doppietta) Eccola, signor capitano.
ZAMBELLI – Finalmente! (Mostra il fucile al barbiere) Questo lo riconoscerete,
spero. E’ lo stesso con cui vi ha tenuto sotto tiro?
BARBIERE – (Osserva la doppietta) Il fucile è questo. Ne sono sicuro.
ZAMBELLI – (A Falcone) Giuseppe Serantini, vi accuso formalmente di
partecipazione a banda armata, rapina continuata ed aggravata, saccheggio,
concorso in omicidio plurimo, eccetera eccetera. Gli altri reati vi verranno
notificati in carcere. (Ai militi) Portatelo via.
(Falcone esce, scortato dagli sbirri)
SGHIGO – Ma Capitano…Alla Mora era stato promesso che se vi avesse aiutati a
prendere Ghiacciolo e Mattiazza, il Falcone l’avreste lasciato stare.
ZAMBELLI – Voi dite?...Benché sia provvisto di un’ottima memoria, non ricordo
d’aver mai fatto promesse del genere.
SGHIGO – Sarà stato qualcuno dei vostri a promettere per voi.
ZAMBELLI – Bene, se ha promesso mantenga. Sappiate comunque che il Capitano
Zambelli non scende a patti con nessuno. Io i delinquenti li arresto e basta.
SGHIGO – Povera Mora.
ZAMBELLI – Quanto a quella signora che sembra starvi tanto a cuore, vi autorizzo
ad informarla che non l’arresto per complicità con quel bandito, soltanto per
riguardo alla sua condizione: mi ripugna fucilare una donna. (Esce)
(Sghigo siede sconsolato. Passa qualche minuto, la luce si attenua a significare
che nel frattempo si è fatto sera. Da fuori si sente la voce della Mora che
chiama)
MORA – Falcone!...Falcone!...(Spalanca la porta) Falcone!...(Lo chiama su per le
scale) Falcone!...(Vede la faccia di Sghigo e si ferma senza fiato)
SGHIGO – Sono venuti a prenderlo e te l’hanno portato via.
MORA – (E’ stravolta, non sa cosa dire. Si lascia andare su una sedia, lo
sguardo fisso nel vuoto) Sono incinta, Falcone…Sono incinta…(Scoppia in
singhiozzi. Buio).
XII Quadro
(Sghigo e il Mercante fumano in silenzio)
SGHIGO – Falcone lo fucilarono dieci giorni dopo nella piazza del mercato di
Lugo.
(Entra la Mora, con in braccio Falconetta, si siede accanto al camino e si
prepara ad addormentare la bambina. Si sente solo il rumore della sedia che
dondola, mentre si chiude lentamente il sipario)
FINE