IL DRAMMATURGIDO

Edizione 2021
One man show

di

ANTONIO CARUSO


con
ANTONIO STARRANTINO


Spazio vuoto, una sedia al centro.

PROLOGO

L’AUTORE         
È da un po’ di anni a servizio della mia arte una serva grassa e lenta: si chiama Afasia. È pigra. E fa di tutto per non far mai niente. Per cui passa le giornate sempre in casa, seduta in poltrona davanti alla Tv, a rincitrullirsi passando da un canale all’altro attraverso… “la vita in diretta di uomini e donne che si fanno scherzi d’amore al posto tuo per un posto al sole con la squadra di commesse di cento vetrine che per vivere fa un incantesimo al grande fratello che si becca una febbre d’amore curata dai medici in prima linea che saranno famosi ma sono le iene!” Così durante tutti questi anni è capitato di ritrovarmi in casa personaggi tra i più disparati e disperati, semplicemente perché la mia serva grassa, pur di non alzarsi da quella poltrona, teneva aperto l’uscio di casa. E succedeva di veder apparire sulla porta d’ingresso dello studio personaggi insoliti, anomali, nuovi insomma: padri di famiglia pedofili, preti rapper, figli di genitori divorziati dissociati, genitori scambisti e figli terroristi, casalinghe cubiste e prostitute cubane arriviste… veterocomunisti in porche coupè, transessuali in lamè sposati a uomini di destra che fanno tiri mancini e Mancini che fanno gli allenatori di mucche pazze e pecore clonate… E non potendo evitarli, mi è toccato ascoltare le loro storie, a volte semplicemente osservarli transitare nel loro silenzioso patimento dentro e fuori dal mio studio. Ed è stato grazie alle loro apparizioni che alla fine ho capito. Ho capito che tutti i miei personaggi non valevano uno solo di questi. Anche la mia più alta creazione d’autore non avrebbe potuto competere contro chi irrompeva dai media o dallo schermo di una tv… e cosa ancora più grave: questi personaggi non erano nati tali, ma viceversa erano persone divenute personaggi. E rimanevo col dubbio se tali persone-personaggi fossero veri. La realtà della finzione dei media li aveva offuscati? O resi ancora più luminosi? A cosa credere? Cosa ascoltare? Ogni tanto mi tornavano in mente espressioni di saggezza latina: in media stat virtus… Ma forse quella frase è stata erroneamente tradotta o pronunciata. In media stat virtus… forse… oppure: In media… forma contratta nel tempo ma che in origine stava ad indicare: in mediaset stat virtus! Angosciante scoperta. E allora ho deciso. Ho liberato i miei personaggi, le mie creazioni. Ormai non aveva più senso tenerli lì sul foglio di carta, carcerati. I miei personaggi erano più vivi di quelli transitati nel mio ufficio. Forse meno reali ma più vivi. E allora, tanto valeva regalargliela un po’ di vita. Ora essi sono liberi e incontrollabili. E sono molto arrabbiati col sottoscritto perché reo di averli consegnati ad un’esistenza che loro non chiedevano. E attenzione... questi miei personaggi sono così tutti pieni di questa voglia di esistere, che ad un occhio poco attento potrebbero apparire come simili, come se fossero la stessa persona. Al contrario, voi, con occhio attento, se li vedrete circolare qui, oggi… abbiatene compassione e fingete attenzione… Loro in fondo non volevano vivere in questo mondo e poi non hanno ancora capito se è più finto il loro o l’attuale. 

INGRESSO “PERSONAGGI”
(Entra signore con una valigia, che posiziona dietro la sedia centrale)

ATTORE
Siamo qua in cerca dell’autore… non d’uno qualunque. Portiamo in noi un dramma doloroso… eppure così vivo che oserei definirlo un dramma turgido. Alla vita si nasce in tanti modi, in tante forme: albero o sasso, uomo o donna… E si nasce anche personaggi. Per la verità si potrebbe anche nascere sterco di mucca o vomito di gatto… Ma noi non arriviamo a cotanta sfiga. Noi siamo nati personaggi. Io mi faccio meraviglia della vostra incredulità Non sono forse abituati lor signori a vedere balzar vivi quassù sul palcoscenico, uno di fronte all’altro, i personaggi creati da un autore? Noi invece siamo personaggi vivi, interessantissimi quantunque sfortunatissimi… Nel senso che l’autore che ci creò vivi non volle o non poté poi metterci al mondo dell’arte. Non volle perché si vergognò della propria creazione e non poté perché era alquanto scarso per permettersi di far passare la propria creazione per arte. E fu un vero delitto. Perché chi ha la ventura di nascere personaggio vivo è più fortunato di chi nasce personaggio morto… Volevo dire che chi nasce personaggio vivo non muore più. Morrà l’uomo, lo scrittore, strumento della creazione. Ma la creatura non muore più. E per vivere in eterno non ha bisogno di straordinarie doti o di compiere prodigi. Chi era Sancho Panza? Chi era Don Abbondio?  Eppure vivono eterni, perché ebbero la ventura di trovare una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire, far vivere per l’eternità. In buona sostanza… chi sono Amleto o Petruccio, Enrico IV o Bernarda Alba… La signora Morli, Madre Courage, Il cavaliere di Ripafratta o il signor Puntilla… Chi sono?! Voglio sapere chi sono…? Sono personaggi! Personaggi... personaggi. Noi no. Perché si può esser partoriti da Carlo Goldoni o da Eugene Ionesco, da Bertold Brecht o da Samuel Bechett, da Aristofane o da Macchiavelli… e si può essere partoriti da Emerito Sconosciuto. Ecco, la nostra disgrazia è stata essere partoriti da…Emerito Sconosciuto! Noi vorremmo vivere per l’eternità ma sappiamo che ciò non è possibile. Allora ci contenteremo di vivere per un momento qui ora, con voi, in voi, per voi, tra voi... Qui, insomma. Ed in questo istante che sembrerà una eternità vi racconteremo un po' di noi. E ci farete una cortesia… quando tornerete alle vostre case, domattina… cioè più tardi… farete sicuramente la strada a piedi… anche perché dovrete smaltire la sbornia presa questa sera, spettatori di questo dramma turgido ed indigesto… ecco, il primo cespuglietto di cardi spinosi. Coglietelo per noi e contateli. Tanti cardi spinosi saranno… Ma proprio tanti... tanti. Quanti potremo lanciare addosso al nostro autore… così la prossima volta ci penserà tre volte prima di mettersi seduto a scrivere. Ma sceglietelo bello grosso, mi raccomando! Buona visione cari spettatori…
(Va a scemare la musica e comincia l’attore a canticchiare una canzone dal film Casablanca)

STORIA DI TATIANA

UOMO        
L'ho conosciuta per strada, mi colpì subito...
VOCE DI DONNA 
Scusssaaaaa... che ti sei fatto male???!!! No, perché non so se lo sai ma io c'ho la fissa di portarmi il lavoro a casa... no perché nonsoselosai ma ho cominciato da poco un nuovo lavoro che mi piace una cifraaaaa!!!
UOMO        
Faceva la cubista ed io avevo appena dato una craniata al suo cubo che lei portava a spasso per le vie del centro. Immaginavo tutto di lei, anche il suo nome: Deborah, con l'acca.
VOCE DI DONNA        
No, perché nonsoselosai, ma sono già trentotto secondi che ci conosciamo e ancora non ci siamo   presentati.  No, perché, nonsoselosai... ma io mi chiamo Rachele.
UOMO        
Ci avrei scommesso: il mio sesto senso e mezzo non sbaglia mai: ok, d'accordo, non si chiamava Deborah, ma l'acca c'era: Rac... h... ele.
VOCE DI DONNA        
Io mi chiamo Rachele ma gli amici mi chiamano Gilda... gli amici amici mi chiamano Manola e gli intimi mi chiamano Tatiana, che fa tanto Keglevic.
UOMO        
Sentii in bocca uno strano retrogusto di vodka al melone. La sua voce mi procurava un senso di vertigine... anche perché aveva incollata la sua bocca al mio orecchio sinistro e modulava le sue dolci corde vocali sulle note alte.
VOCE DI TATIANA     
No, perché, nonsoselosai ma io sono una voce famosa... no perché nonsoselosai   ma   la   mia voce se la senti una volta non la dimentichi più. E dimmi che l'hai già sentita...e dimmelodimmelo, dimmelo!
UOMO        
No, non l'avevo mai sentita ma sicuramente non l'avrei mai più dimenticata.  Neanche il mio orecchio sinistro l'avrebbe più dimenticata.
VOCE DI TATIANA     
Sentiii, mi dici se la riconosci: Uh, ah, uh, ah, uh...
UOMO        
Aaah! Era stata una delle voci dell'166. Fu allora che notai i suoi grandi occhi. Aveva "due grandi" occhi, molto espressivi. Mi innamorai subito.  Decidemmo di rivederci al più presto.
VOCE DI TATIANA        
Facciamo tra dieci minuti a casa mia...!?
UOMO        
Molto presto. La vidi allontanarsi col suo incedere elegante, i suoi modi gentili...
VOCE DI TATIANA        
...Testina di rapaaaaa, truzzoooo... e non spingere sai... buzzurrocafonetestadiverza...!
UOMO        
Quella sua essenza di donna delicata, molto femminile.
VOCE DI TATIANA        
E fammi passare quacchero, non vedi che qui c'è una signoraaa!
UOMO        
Già, una vera signora. La vidi salire sul tram, leggiadra.
VOCE DI TATIANA        
Nonsoselosai ma la mammina non te l'ha detto che puzzi come una carogna di animale estintooooo!!!!
UOMO        
La vidi prendere il tram... mi salutava dal finestrino col suo modo etereo... rarefatto.
VOCE DI TATIANA     
Ciaooooo!
UOMO        
Ripensando ai suoi grandi occhi... molto espressivi... osservavo lei prendere il tram e non mi accorsi che il tram prendeva me. In pieno. Un segno del destino. Quella donna doveva essere mia. La trovai poco dopo a   casa sua. Si esercitava sul suo cubo. Volle fare l'amore subito, senza pensarci due volte... ma soprattutto senza scendere dal suo cubo! Tornai a casa con il colpo della strega e una lombosciatalgia. Ma ero contento. Il giorno dopo ci siamo dati appuntamento per parlare e conoscerci meglio. Lasciai a lei la scelta del luogo d'incontro... lo volevo tranquillo, discreto, poco frequentato. Via del buco 17. La via avrebbe dovuto mettermi in guardia. E sapete perché? Provate a fare l'anagramma di buco!?
VOCE DI TATIANA        
...No, perché nonsoselosai ma questa è la discoteca dove lavoro. Ti piace? E dimmi che ti piaceeee? E daiii, dimmelodimmelodimmelooooo!
UOMO        
No. Non mi piaceva ma feci buon viso a cattivo gioco e dissi la più grossa pisellonata della mia vita: "No, perché... questo posto è ganzo forte, cioè mi piace una cifra, cioè, una cifra al cubo." Una cifra, appunto, avrei pagato una cifra per cancellare quella castroneria detta. Poi mi concentrai sui suoi grandi occhi, molto espressivi e mi dimenticai di tutto. La discussione proseguì su di un tasso culturale estremamente elevato.
VOCE DI TATIANA        
No, perché nonsoselosai ma l'acqua tonica mi frizza la testa. Capisci, mi frizza...
UOMO        
La frizzava.
VOCE DI TATIANA        
No, perché, nonsoselosai ma io ho avuto delle storie...
UOMO        
Ma nooo?

VOCE DI TATIANA     
No, perché, nonsoselosai ma con te sarà diverso... cioè, con te voglio chiudere un ciclo.
UOMO        
Mi sentii importante, mi sentii tosto, mi sentii uomo.
VOCE DI TATIANA     
No, perché, nonsoselosai ma io non mi metto con il primo che capita, io ho delle regole ben precise.
UOMO        
Mi confessò che tutte le sue storie avevano avuto un ordine: alfabetico.
VOCE DI TATIANA     
E prima c'è stato Armando... poi Bobo Ciro Dario Erminio Francesco Giulio... poi Hermann Igor Jack Luciano Marcello Nick Osvaldo Paolo...
UOMO        
E poi Quirino, Ruggero, Silvio, Taddeo, Ugo, Vincenzo, Walter, Yosuf - era palestinese - ed infine io Zaccaria. Già, con me si chiudeva un ciclo. Per un po’ quella donna fu soltanto mia. Poi decise che era venuto il momento di aprire un nuovo ciclo: quello dei cognomi in ordine alfabetico. E che sfiga: io mi chiamo Zaccaria Zingarelli! Insomma, era di larghe vedute la mia Tatiana e credeva molto nell'amicizia. In fondo questo a me non dispiaceva, soltanto non capivo quando lei s'impuntava sulle cose. Come quella volta che volle invitare tutti i suoi amici a casa sua. Ovviamente c'ero anch'io.
VOCE DI TATIANA        
Facciamo un partyyyy!?
ZACCARIA     
Volle fare un party. Sì. Con tutti gli amici, sì. Tutti sul cubo. Dopo il primo momento di panico dovuto alle presentazioni, lei disse qualcosa che non avrebbe mai dovuto pronunciare...
VOCE DI TATIANA     
Vi state divertendoooo?!
ZACCARIA    
Volevo mollarle un cazzottone.
VOCE DI TATIANA     
State tutti comooodiiii!?
ZACCARIA   
Fu un intrecciarsi di corpi, di mani, di gambe... Ci si aggrappava alla prima cosa che si trovava… L'importante era non cadere dal cubo. Cominciavo a odiare i solidi, anzi un solido: il cubo. Lei dovette capirlo perché un giorno mi disse:
VOCE DI TATIANA     
E ddaiii, trucido, non fare così che oggi usciamoooo!
ZACCARIA     
Non riuscivo a crederci, lei senza il suo cubo. Andammo prima in un ristorantino esotico... perché lei doveva farmi assaggiare la cucina cubana. Poi mi portò ad una mostra di pittura... pittura astratta... pittura cubista. Cominciavo a soffrire di claustrofobia. Quella storia mi stava decisamente stretta. E avrei voluto vedere voi... in un metro per un metro tutti i santi giorni. Tra noi due non c'era dialogo... e sarebbe stato difficile con la musica che spaccava i timpani.
VOCE DI TATIANA     
Non ti sento...cioè, non ti sento... no perché nonsoselosai ma io non ti sentoooo!!!
ZACCARIA     
Le preparai un cocktail con un veleno che paralizzava all'istante. Per ironia della sorte, ci misi molti... cubetti... di ghiaccio. Lei riuscii a dire soltanto una frase...
VOCE DI TATIANA     
No... perché... nonsoselosai ma io non mi sento... cioè non mi... 
ZACCARIA    
E rimase lì immobile, come una coccinella alla riunione annuale degli elefanti. Per conto mio, quella storia mi aveva segnato profondamente. Mi sentivo strano... mi sentivo diverso. Allora me ne andai a Casablanca. (Nel dire le ultime battute il personaggio aprirà l'impermeabile mettendo in mostra i seni femminili) Oggi mi faccio chiamare Jessica e faccio la ragazza immagine, però ha chiesto un parallelepipedo rettangolare. C'è più spazioooo!!! Ora con permesso vado a farmi un cubano...
(dietro la sedia l'attore  cambia costume)

STORIA DI ADELAIDE        
Adelaide Fiorenza Mario Minghetti: ho tre nomi perché mamma avrebbe voluto tre figli. Trent’anni. Avrei dovuto fare la missionaria, sa?  No, grazie non fumo. Non dovrebbe neanche lei. Lo sa quanti morti ci sono ogni anno per cancro ai polmoni...? Lei dev'essere proprio un tipo disordinato? Lo vedo dalla polvere che tiene sulla sua scrivania. Non le dà fastidio la polvere perché forse lei non è allergico. Se fosse allergico, qui non ci sarebbe più polvere. Questo si chiama "ragionamento logico-deduttivo". Me l'ha insegnato la mamma. La famiglia è importante. Lo sa che i primi tre anni di vita sono fondamentali? Il bambino memorizza quanto gli servirà per il resto della sua vita. Se lei non ha fatto i test non lo saprà mai se è allergico o no, chiaro. Tutti dovremmo fare i test. Mia madre, ad esempio era allergica a mio padre. Al ph della pelle di mio padre. Sa quando uno è allergico al pelo del gatto? Appunto. Comunque mio padre non poteva dormire nella stessa camera con mio madre.  Camere separate. Non le farebbe male tenere con sé un gatto. Un animale in genere favorisce la tenerezza che c'è in noi. Io, mio marito lo riempio di mille piccole attenzioni. Ma questi denti gialli? Non mi dirà che non lava i denti almeno tre volte al giorno, mattina mezzogiorno e sera? È un bel matrimonio il nostro. Lui che rientra stanco dal lavoro ed io appena rientra... via con le scarpe e giù con le babbucce... che metto preventivamente accanto ai   termosifoni... così si scaldano e danno ai suoi piedi stanchi quel confortevole tepore. Poi il giornale e la poltrona... la sua poltrona preferita... che posiziono preventivamente accanto al caminetto, acceso preventivamente, s'intende. Così la poltrona si scalda e dà al suo fondoschiena quel confortevole tepore. E poi il brodino caldo...  con   tutte   le verdure scelte. Mica quello già pronto...!  Verdure fresche, passate... buono buonobuono. Brodo caldo d'inverno e bibita fresca d'estate. Fresca, non gelata. Bisogna evitare le brutte costipazioni.  Sembrano stupidaggini ma le costipazioni sono mortali. La fettina cotta al punto giusto, non bruciata. Il bruciato è cancerogeno. Ma questo sicuramente lei lo sapeva. Non lo sapeva. Prima colazione leggera ma con grinta... Per mio marito preparo una dieta variabile di settimana in settimana, ricca di fibre, proteine. Gliel'ho detto che avrei dovuto fare la missionaria? E non penso soltanto alla sua alimentazione, alla salute, ai vestiti... penso anche al suo lavoro. Lui è un gran disordinato, quasi come lei. Allora io prendo un bel respiro profondo, di quelli diaframmatici, che così posso immagazzinare più aria del normale...  lo sapeva lei che respirando alzando le spalle noi prendiamo soltanto il venticinque percento dell'aria immagazzinabile? Io prendo un bel respiro... sette tempi per inspirare, tre tempi per trattenere e dieci tempi per mandare via l'aria.  E poi rassetto tutto l'archivio suo. Troppa confusione, e allora... carpetta   gialla... documenti fiscali, carpetta arancione... bollette luce gas telefono, pagate... carpetta lilla... bollette luce gas telefono, da pagare, carpetta verde... tasse automobilistiche e assicurazione, carpetta rossa... documenti bancari. È stata dura ma alla fine ce l'ho fatta. Quando lui è rientrato a casa... ciabattepoltronabrodocaldo e... voilà! È rimasto... ecco, bravo, è rimasto proprio come lei: a bocca aperta. Non se l'aspettava. E neanch'io. Non me l'aspettavo.  Non capisco proprio perché si sia voluto affogare nella vasca da bagno, con tutti i sali agli estratti marini.  E poi l'acqua non era neppure alla temperatura giusta. La vuole sapere tutta? Ha lasciato il rubinetto dell'acqua della vasca aperto! E sì che io glielo avevo detto pure: niente acqua per terra che potresti scivolare. Commissario, se è tutto, io andrei. Ho da badare al suo funerale. Devo ancora scegliere la musica più adatta per la banda. La bara, né troppo sobria né troppo kitch, il legno della bara più adatto alle lunghe permanenze nel terreno... il vestito da mettergli. E poi ci sono i fiori. Arrivederci commissario. E non si dimentichi di far pulire per terra. Ho visto che le è caduto un bicchiere... qualcuno potrebbe farsi male con tutto quel vetro in giro. Sa cosa le dico? Lei avrebbe bisogno di una donna come me, senza modestia: Adelaide Fiorenza Mario Minghetti. Gliel'ho detto che ho tre nomi perché mamma avrebbe voluto tre figli?

Nuovo cambio costume.
            STORIA DI KILLER MARGHERITA            
Io ho ucciso per la prima volta a dieci anni. Lui era uno scarafaggio. Nel senso che era scarafaggio proprio, tondo e nero. Io l'ho eliminato. Volevo farlo sentire un verme. Non sapevo come si sentisse uno scarafaggio a fare il verme. Lo ficcai dentro una mela. Morì soffocato… dentro la mela. Non aveva la stoffa del verme. Papà faceva il derattizzatore per conto di una ditta privata... nel senso che la ditta era stata privata di tutto - ragioni fiscali - ma questo papà non lo sapeva. Osservandolo lavorare mi sono reso conto di quanto fosse semplice uccidere. Sono cose che ti segnano. Non chiedo nulla alla vita anche perché io non ho mai chiesto niente a nessuno. È la vita che è venuta sempre a bussare alla mia porta. Io però ‘a futtii: fici livari a potta. (Traduzione: l'ho fregata: ho fatto togliere la porta.) Faccio il killer ma è solo una copertura. In realtà faccio il pizzaiolo al covo di Speady pizza Gonzales, fetente pizzeria di Ciccino Bianchi che però si fa chiamare Franky Gonzales spacciandosi per italomessicano. Un giorno mi sono detto: Se non hai le mani in pasta in qualcosa nella Grande Mela non sei nessuno. Ed eccomi qua a fare il pizzaiolo. E continuo ad accarezzare il sogno americano, lo accarezzo perché io non ci posso parlare. Io non parlo l'americano. Vengo da una famiglia poverissima. Mettevamo i tozzi di pane che ci davano i barboni allo specchio, per moltiplicarli. Poi, però, si è rotto lo specchio. Eravamo tredici figli. Papà e mamma non cenavano mai con noi per lasciarci più cibo. Io non cenavo mai con i miei fratelli perché ci tenevo alla mia salute... ero il tredicesimo... 'u nicu. La vita è una bella gatta da pelare. La nostra vita è stata una brutta gatta spelacchiata. Quando l'abbiamo capito non sapevamo più che diavolo fare: fu così che decidemmo di spelacchiare topi. Amico... è in quei momenti che forgi il tuo carattere, che ti scontri con la brutalità dell'esistenza: a forza di spelacchiare topi abbiamo finito col mangiare gatti... e che minchia: si futtevano tutti i topi...! È la dura legge di vita: topo grosso mangia topo piccolo. È la dura legge della jungla d'asfalto. Un giorno per cercare fortuna sono andato a fare la danza del ventre tra la nona e Park Avenue. Ci sei stato a Park Avenue? Ci devi andare, è bellissima Neva Iorch. Era una zona centrale, mi sono detto, di là ci dovrà passare per forza la fortuna. No. In compenso sono piaciuto tanto ad un culturista... gay, con l'hobby del bricolage, del fai da te. Infatti, lui diceva sempre: fai da te che io non so dove mettere le mani. A Peppì, le mani no... però…!  Un giorno alla pizzeria dove lavoro viene un noto boss che la famiglia avversaria vuole morto... Tony Coppolino.  Famoso sulla 24a ma anche sulla 23a c'è chi se lo fila. Mi dice che vuole mangiare la migliore pizza possibile. E io gli rispondo che deve cambiare pizzeria. Lui ride. E ridiamo!  Allora mi chiede qualcosa per far lavorare i suoi denti. Gli porto un chewngum... 'naciungamma va. Lui s'incazza, gli prende un infarto, e muore. I suoi uomini mi picchiarono selvaggiamente perché mi ritenevano un killer della famiglia avversaria... la famiglia avversaria prima mi manda un pacco regalo per ringraziarmi... amici! Poi mi picchia selvaggiamente perché avevo agito in proprio senza avvisarla. La polizia mi picchiò selvaggiamente perché voleva che facessi tutti i nomi della banda... La stampa e i giornalisti mi picchiarono selvaggiamente perché continuavo a professare la mia innocenza. Loro volevano uno stronzo colpevole con una storia pazzesca, mentre io ero un pazzesco colpevole con una storia stronza! Il proprietario della pizzeria, Ciccino... mi picchiò selvaggiamente... perché avevo fatto troppa pubblicità al locale e così lui era stato costretto a pagare i creditori... e a fare pizze più decenti. Il mio amico culturista... no... lui non mi picchiò. Tutti mi picchiarono, ma lui no… Lui… soltanto… selvaggiamente minchia! Perché quel giorno gli girava così.  Insomma, adesso io mi spaccio per killer, un killer tagliato male. Prendo coppa da tutti ma sono famoso. In fondo quattro costole rotte, un occhio nero, un ferro in una gamba, due gambe ben divaricate, sono il prezzo per la celebrità. Ficcatevelo bene in testa: parola di Killer Margherita. 

cambio costume.

STORIA DI JENNY 

UOMO SEDUTO    
(Prima di sedersi posiziona ai bordi della sedia della carta igienica; ne metta a mo’ di sciarpa un po’ attorno al collo)
Si chiamava Jenny. Veramente quel nome glielo avevo dato io. Era il mese di gennaio... e poi non sono mai stato un tipo fantasioso. E mi piaceva la neve, che non c'entra niente ma lo dico lo stesso. L'ho   conosciuta in clinica. Aveva avuto forti problemi d'identità, di carta d'identità. L’aveva persa. Poco male visto che aveva perso anche la testa e ucciso suo marito. Era quello che si dice "un tipo poco pulito". Lo uccise con il Viakal.  Avrebbe voluto usare la candeggina ma se l'era bevuta tutta la sera precedente, per cancellare le macchie di un’intera esistenza. Le diedero la semiinfermità di mente, forse perché era alta soltanto un metro e cinquanta. Io ero in clinica perché mi ero accorto che la mia vita stava andando su di una pista sbagliata. Avevo scambiato la coca con del bicarbonato. Mi ero liberato lo stomaco ma non la mente. Così avevo deciso di fare un salto nel buio. Spensi la luce e cominciai a saltare al buio. Saltai dalle ore 24.00 alle ore 04.00 del mattino. I vicini chiamarono la neuro. Il giorno dopo non ricordo nulla. Ricordo soltanto che c'era lei. Ci ritrovammo vicini di stanza nella stessa clinica. Il nostro primo incontro fu bellissimo... 
VOCE DI DONNA            
"CIAO, SEI UN BELL'UOMO... COME TI CHIAMI? NON LO SAI? BEH, NEANCHE IO, NON È BELLISSIMO! ... PERCHÉ SEI QUI? NON LO SAI? BEH, NEANCHE IO, NON È BELLISSIMO! ...QUANTI ANNI HAI? NON LO SAI? BEH, NEANCH'IO... NON È BELLISSIMO!!!"
UOMO SEDUTO    
Non è bellissimo?... Mi disse che il nostro incontro era stato il sogno di tutta una esistenza. Poter incontrare una persona con cui condividere già tre cose al primo contatto, per lei era il massimo. E poi la incuriosiva il fatto che io fossi un perfetto sconosciuto. Da piccola la mamma le aveva sempre raccomandato di non accettare caramelle dagli sconosciuti. Lei le aveva sempre ubbidito. Ora però le era rimasta la curiosità... e poiché voleva dare un taglio a tutta la sua vita precedente... mi chiese se avevo caramelle. Io chiesi se i cioccolatini le andassero bene lo stesso. E fu a quel punto che lei mi disse a bruciapelo: 
VOCE DI DONNA
ALLORA CAGA!   
UOMO SEDUTO    
Mi sentii una merda... fui lì lì per voltare le spalle e andarmene, sconfitto, come sempre... ma la sua strana insistenza mi lasciava un fievole barlume di speranza...  
VOCE DI DONNA    
E DAIII... CAGACAGACAGA!
UOMO SEDUTO    
Mi sentivo disorientato, vuoto, senza stimoli. E invece avrei dovuto averne a sentire lei.  
VOCE DI DONNA    
MI PIACE QUANDO FAI LO STRONZO... DAI, FAMMI LO STRONZO... È BELLISSIMO! 
UOMO SEDUTO    
Era una coprofaga. Lo capii quando si mise il tovagliolo attorno al collo e si sedette con in mano forchetta e coltello, accanto a me seduto sulla tavoletta del water. Aspettava. 
VOCE DI DONNA    
ALLORA...!  HO FAME, CHE C'E' DI BUONO OGGI? INVOLTINO O POLPETTONE!?  
UOMO SEDUTO    
Purea di patate. Non batté ciglio. Posò con cura forchetta e coltello e prese da una tasca un cucchiaio. Lì cominciò la nostra storia. Per la prima volta in tutta la mia vita potevo sentirmi merda ed essere felice. Più io mi sentivo merda e più la mia donna era contenta. Se poi la facevo, lei era contenta di più. Fuggimmo dalla clinica il giorno in cui arrivò una squadra di espurgo pozzi neri. Decidemmo di andare a vivere insieme. Purtroppo in questa città non è facile trovare subito una casa. Fummo fortunati. Il monovano che trovammo rispondeva a tutte le nostre esigenze e soprattutto a quelle di Jenny: era un vero cesso. La vita in due fu bellissima, almeno all'inizio. Dove avrei trovato un'altra donna che, come Jenny, si prendeva cura del sottoscritto in maniera totale: mi sentivo protetto, amato, coccolato... caccolato. Al mattino era lei a curarmi, pulirmi, nettarmi. Proprio come si fa con i bimbi. Mi puliva le orecchie, il nasino, gli occhi... Faceva colazione. Si preoccupava della mia alimentazione e mi preparava delle buone tisane… La nostra è stata una storia d'amore regolare, come il mio intestino. Quando qualcosa tra di noi non andava... dieci gocce di Guttalax o la Dolce Euchessina - per me. Ma questa storia non poteva durare in eterno e lei lo sapeva. Volevo capire se nella vita c'era dell'altro oltre che fare lo stronzo. E poi ultimamente lei mi chiedeva sempre di fare il duro e per me non era facile sostenere tale peso. La lasciai. Fu relativamente facile. Una settimana di stitichezza. Fu costretta a tradirmi con un colitico. Lei disse che era stato un colpo di fulmine... io pensai più ad un colpo di reni, e la cosa finì lì. (Si alza dalla sedia molto fiaccato dallo sforzo) Mi sono tolto un peso. 

cambio costume.

STORIA DI EGIDIO CHIRURGO

EGIDIO SQUARTARONE 
(Durante la vestizione canticchia “New York New York”)
(Seguendo lo stesso motivetto…) BISTURI, GUANTI, FORBICI! DEVO OPERARE…! GUANTI, FORBICI, BISTURI…! 
INFERMIERA! VI LICENZIO TUTTI…!  
Salve. Come va, tutti bene? Eh, ma dicono tutti così, poi c’è sempre qualcuno che tanto bene non sta. 
Lei ad esempio (indicando)… oppure lei… o anche lei. Avanti se venite tutti insieme vi faccio lo sconto comitiva: prendo tre... pagano cinque. Nel senso che prendo tre pazienti che pagano cinque mila euro a testa.  Un tempo sarebbe stato ancora più vantaggioso… per me. 
Eh, ma non esistono più quei bei pazienti di una volta: brutti grassi... malati… Oggi stanno tutti bene, sono tutti belli, magri, pieni di vita, di diete sportive, sempre in forma… non mangiano …non bevono …non fumano e sono anche vegetariani.  Che schifo! Salve… State sempre tutti bene? ma peggiorerete... e prima o poi… Da me! Comunque la mia specialità sono le appendiciti. Ogni uomo ha le sue debolezze, Io non posso farci niente se vado di testa per un’appendicite! BISTURI, GUANTI, INFERMIERA…! BASTARDA! Vi FACCIO PERDERE IL POSTO A TUTTI QUANTI IO! Salve.  Mal di testa, lingua sporca: Appendicite! Reumatismi... orecchie che fischiano: Appendicite! Fegato spappolato... polmoni incatramati... catarro... tosse convulsiva: Appendicite! Dio, come mi divertono le appendiciti. Ho scritto di recente un trattato: L’appendicite nella Medicina Estetica. Secondo miei accurati studi, l’appendicite non è semplicemente un fatto patologico ma altresì estetico: è brutta e va tolta subito, a prescindere. Non ci ha creduto nessuno. Com’era bello una volta. Una volta ci avrebbero creduto tutti. La parola di un medico era sacra. Il medico era una sorta di dio che con la sua bacchetta bisturi curava i dolori dell'umanità. Oggi sono tutti informati, sanno tutto, leggono le riviste specializzate, guardano i programmi in tv… vengono avvisati di tutto. Ci provarono anche con me. Ad avvisarmi, dico. Avvisi di garanzia. AVVISATE QUELLE ZOCCOLE DELLE VOSTRE SORELLE! Salve! Sono pure disposto a cedere il mio camice con ancora le macchie o-ri-gi-na-li del mio primo intervento. Un’ appendicite, tanto per cambiare. Che camice quel camice. Vent’anni di onorato servizio. Il primo camice… e anche l’unico. Siamo dei nostalgici noi. Mica siamo senza cuore… senza appendicite sì, ma senza cuore no. La mia appendicite l’ho tolta io stesso… per tenermi in esercizio. Altro che D’Annunzio e la sua costoletta… Ah, quelle belle sale operatorie di una volta, con i ferri arrugginiti perché il primario, grande uomo, grande luminare…  GRANDE BASTARDO! Ci teneva. Quelle sale con i gatti che passeggiavano in attesa delle frattaglie. Gatto grasso: coniglio in agrodolce per un mese a tutti i pazienti. Tutto calcolato, ciclo continuo. Il paziente veniva operato di appendicite. Il gatto mangiava l’appendicite del paziente. Il paziente in convalescenza si mangiava il gatto con l’appendicite. E dopo qualche mese: voilà… il paziente tornava a farsi operare perché gli era ricresciuta l’appendicite. Cioè, non è che gli fosse ricresciuta veramente… magari era solo qualche doloretto intestinale, con tutto quel gatto in agrodolce. Però noi gli si faceva credere che era l’appendicite e lui, il paziente, saggio... COGLIONE… ci credeva. Bei tempi quelli. Salve…! Lei è bianchetto in volto. Dolorini intercostali, flatulenza: appendicite! Bisogna operare subito… bisogna essere operativi… Oh, che sbadato, non mi sono ancora presentato. Dottor Egidio Squartarone, chirurgo. Mi sono laureato a pieni voti all’università di… insomma mi sono laureato. Una carriera costellata di successi. Centocinquanta pazienti operati di… APPENDICITE! Cento di loro si erano affezionati tanto che son voluti ritornare… Sì, perché mi ero dimenticato… IL BISTURI DENTRO. Gli altri cinquanta si sono offesi… STRONZI SACCHI DI MERDA e non sono tornati… più! Eh, vabbè, è la vita! (motivetto “New York New York”) 
…BISTURI, GUANTI, FORBICI! APPENDICITE... APPENDICITE... APPENDICITE... 

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STORIA DI CONCITA    

CONCITA    
(Mentre inizia la vestizione canticchia “Besame Mucho”)
...Per amor di Dio, fate qualcosa...fermateliiii!  Non sanno quello che fanno! Aiutatemi vi prego... bisogna fermarli prima che sia troppo tardi... LUIS SANCHEZ DE RAMIREZ ALONSO ENRIQUEZ DE LA PEGNA… sfiderà…  PABLITO FELIPE JOSELITO ESTUARTE GARCIA MENDOSA MONTERO: duello all'ultimo sangue. E tutto questo accadrà per avere me: CONCITA ESTRELLA MARIA OLIVARES MANUELITA PACHITA GONZALES ELIZONDO.  Oddio, che qualcuno mi aiuti prima che si facciano del male. Si ammazzeranno. Duello all'ultimo sangue. Si ammazzeranno. Ma io li amo entrambi. Che la SANTISSIMA VERGINE DELL'ADDOLORATO MARTIRE DEL BUON CONSIGLIO DELLA SACRA LETTERA DI ADIDAS ci protegga. Eccoli, li sento! Stanno arrivando. Sento passi sulla polvere... sento l'odore della battaglia... Eccoli, li sento. Sono loro.  Nulla potrà fermarli. Vanno decisi incontro alla morte. Morte o morte... non riceverli oggi, non farti trovare, inventa una scusa. Loro non sanno quello che fanno. Sono   come bambini sperduti che non trovano più la strada. Avevano promesso che si sarebbero battuti quando l'orologio del campanile della chiesa di San Bartolomeo Estuan avesse suonato il mezzogiorno... Ho ancora negli occhi i loro corpi, la loro voglia di vita. Sulla pelle ho ancora il sapore dei loro baci. I loro baci profumano di... aglio. Le loro labbra sapevano di tequila e tabacco. Ecco, sento la campana che suona il mezzogiorno. No, campana, non suonare il Mezzogiorno, e tu tempo fermati...!  E non permetter che arrivi quel momento: il momento in cui si troveranno faccia a faccia… LUIS SANCHEZ RAMIREZ ALONSO ENRIQUEZ DE LA PEGNA, contro… PABLITO FELIPE JOSELITO ESTUARTE GARCIA MENDOSA MONTERO. Voglio ricordarli così: con i loro vestiti... sporchi, le loro barbe... ispide, il loro colorito... olivastro, i loro punti neri, i loro brufoli. Ora arriveranno qui, uno di fronte all'altro. A sinistra: UNO. A destra: L'ALTRO. E nel mezzo: IO. No, non posso rimanere qui. Questi secondi sembrano un'eternità. È un tormento indicibile... no, non posso rimanere... Oh, Luis, oh, Pablito... potevate avermi entrambi. Erano amici, amici per la pelle… la mia. E si dividevano tutto come fratelli... fratelli di latte …macchiato. No Luis... no Pablito... non può finire così. Così gettate la vita al vento. Un colpo di pistola, forse due... tre colpi... un intero caricatore… e poi... il silenzio. Avevate deciso che non ci sarebbe stata gelosia tra voi. Perché, perché la vita è così crudele? Eccoli, li sento, sento i passi degli stivali sulla dura polvere del New Mexico... sento l'odore della polvere da sparo...sento il fumo delle pistole ancora calde... sento gli sguardi assetati di odio... sento che sto per mancare... sento che non resisterò alla vista del sangue... sento la  campana che  suona mezzogiorno e dieci… mezzogiorno e dieci… e loro sono in  ritardo…  come al solito... (silenzio) Sento che qui nun se batte chiodo… E i clienti nun vengono manco se gliela regalo.  (tira fuori un panino dalla borsetta e comincia a cantare addentando il panino...) Besameeeee...  besameeeemmmuciooooo! Armà... ma qui ce sta er prosciutto... t'avevo detto de fajè mettere a mortadella! Besame... besamemucio... 
CONTINUA A CANTARE “BESAME MUCHO”
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STORIA DELL'UOMO INVISIBILE

UOMO INVISIBILE        
Quando sono stato concepito, i miei non c'erano con la testa. Non c'erano con il cuore. Non c'erano.  Erano andati al cinema a vedere il ritorno dell'uomo ombra. Poi ci fu il black-out in sala.  Chi ha detto che all'inizio fu la luce? All'inizio fu il buio. Al sesto mese fecero a mia madre un’ecografia... ma le lastre s'impressionarono tanto... non si vedeva niente.  Sono nato un bel giorno di primavera... o forse d'autunno: non lo so c'era l'eclissi. Dopo...  un’infanzia da cancellare.  Infatti è stato bruciato l'archivio comunale... cioè, c'è stato un incendio ma è andato distrutto soltanto il mio fascicolo. Da piccolo ricordo che mi piaceva giocare a mosca cieca. Ma i miei compagni non mi facevano mai giocare perché non c'era gusto: vincevo sempre io. A tavola mia madre non metteva mai il mio coperto. Per poter mangiare ero costretto a segnalare mezz'ora prima tutti i miei spostamenti: mamma sono rientrato... mamma sono in salotto... mamma vado nella mia cameretta...  mamma...  dovrei far pipì... A tredici anni sono stato operato di tonsille. Arrivo in sala operatoria e gli infermieri invertono la   barella...  Il chirurgo entra e guarda: Ragazzi accendete la luce.  Poi comincia a tastare... Ouhe! Questo giovane ha due tonsille grandi come due coglioni: Coglione! La cosa più grave è stato farmeli rimettere...  per la   negligenza degli infermieri che avevano invertito di nuovo la barella, ho rischiato di essere una testa di... in tutti i sensi.  La verità è che sei invisibile sono tutti autorizzati a metterti i piedi in faccia... non conti nulla, non esisti.  Se stai male il dottore non viene. Dopo dieci volte che è venuto a casa dicendo: io non vedo niente, tu non hai niente...perché mi chiami? Infatti adesso non viene più. Neanche io vengo più. Con la mia compagna abbiamo rinunciato al sesso. Cioè... lo facciamo ma soltanto sesso orale, nel senso che io parlo parlo e lei gode con un altro. È una condizione di merda, che poi anche la merda è invisibile, ragione per cui t'incazzi perché ti sembra di essere perennemente stitico. Per trovarmi la compagna ho messo un annuncio sul giornale. Ho scritto che   ero un uomo piacente, ma soprattutto mai oppressivo, invadente...  insomma di me nemmeno si sarebbero accorte: praticamente perfetto per tutte le donne iperstressate di oggi. Lo so, voi pensate che io sia il solito megalomane, che pur di farsi notare si getterebbe nel vuoto... L'ho fatto, mi sono gettato nel vuoto. Ma nemmeno il vuoto si è accorto di me. Infatti, prima era vuoto... ma mentre mi buttavo giù, si è riempito di cemento. Mi sono fatto male. Male dentro, un male che non si vede, ovviamente. Diciamo la verità: questa pattumiera che chiamiamo mondo vive nel culto dell'immagine, dell'apparire...  bravi, complimenti... e le minoranze etniche? Ho conosciuto altri uomini invisibili ed anche donne invisibili e sono tanti, più di quanto immaginate. Come li distinguevo? Glielo chiedevo. Tu che sei uomo o donna?  "Donna". Brava e come ti chiami? "Cateno". Ci sono anche i travestiti invisibili. Ma noi gente invisibile non chiudiamo la porta in faccia a nessuno ... nessuna preclusione morale o etica. Per me possono fare quello che vogliono... tanto, se sono invisibili, io non li vedo. Siamo emarginati, abbandonati da tutti... Allora, noi, gente invisibile, abbiamo deciso di fondare un partito politico per rivendicare i nostri diritti. Ci facciamo forti dell’appoggio di molti parlamentari di altri partiti. Anche se loro esistono, in realtà in Parlamento non li hanno mai visti. Più invisibili di così… Anzi, ora dovrei andare, abbiamo una riunione importante. C’è da votare una proposta di legge del nostro governo ombra da presentare in parlamento. Se dovessero cercarmi dite che mi avete visto. Cosa dovete dire? Che mi avete visto.  
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STORIA DI ROSY NEVROSI

ROSY
...Io una telefonata la dovevo fare: era una questione di principio. No, perché poi io m'impunto sulle cose. Tu gli appuntamenti non li rispetti...? No? Io sì. È una questione di principio. Ma perché tu che vuoi? Io, niente, cioè si: una telefonata. Tu devi telefonare? No? Io sì; è una questione di principio. No, perché, se uno deve telefonare cosa cerca ? Un telefono no? Che funzioni, no? No perché se non funziona non serve a niente. Se tu prendi un appuntamento con un ragazzo e gli dici che prima gli telefoni, poi tu gli devi telefonare. No, perché se non gli telefoni, poi lui ha ragione, dico, è una questione di principio, dico. Ma perché, tu che vuoi? Io niente, cioè sì. Voglio che mi dovete ascoltare, dico, è una questione di principio, dico.  Mi chiamo Rosy Nevrosi. No perché, se una ha un appuntamento e poi non gli telefona, dopo si deve sfogare con qualcuno, dico. È una questione di principio, dico. Mi sono vestita: non lo faccio sempre ma questa volta mi sono vestita. Molto. Non molto vestita ma vestita molto. Moltomoltocasual. Trasandatapelosuperfluoincoltononlavata: fa tendenza dico. Ma, perché, tu che vuoi? Fare bella figura, dico. Molto casual molto: troppo casual. E se non v'interessa ve lo racconto lo stesso: è una questione di principio. Esco molto presto presto per non fare troppo tardi tardi. Faccio due passi a piedi perché sono pocopoco nervosa-sa. Allora meglio fare il giro dell'isolato-to. E sono diventata moltomolto nervosa-sa. Tu sei calma, io sono nervosa-sa. Vedo tante persone distinte cravatteorologisottocchi... incontro tante persone
 strafattestracotterifattericotte, no, perché tu che vuoi? Una sigaretta, no grazie non fumo, prendi una sigaretta?  No, non mangio, hai una caramella?  No, ho smesso. Cerco il telefono-no. Trovo il telefono-no. Sì, no, stanno telefonando col telefono. È giusto. Se c'è un telefono c'è qualcuno che telefona col telefono. Il telefono si usa telefonando-nandoooo. È una questione di principio-pioooo. Aspetto-to. Sonomoltomoltonervosa-sa. Dammi una sigarettacannettasottiletta: no, grazie non fumo. Sono moltomoltonervosa-sa. Il telefono è moltomolto occupato-to. Hai molto da fare, no perché io dovrei telefonare: ho un appuntamento-mento. Occupato-to.  Aspetto-to.
 Sonomoltomoltonervosa-sa. Lo so che lui sarà già
 prontocorazzatoattrezzatodecisoascellodorato. O forse si starà ancora preparando-parando. Aspetta qualcuno e si prepara-para. Aspetta me, aspetto io: dammi 5 euro, no, grazie, non fumo. Forse è meglio che cerco altro telefono. Scendo fino in piazza. C'è altro telefono. Con la scheda. È giusto. Io ho soltanto i gettoni. È giusto. Allora è meglio cercare altro telefono con i gettoni-oniiii. È una questione di principio-piooo! Trovo il telefono con i gettoni. Moltomolto nervosa-sa. Il telefono non prende i gettoni. FFFFFFFSSSS: fuori   servizio. Moltomoltonervosasbracatasudata, do colpopugno alla cabina. Il telefono prende i gettoni, e non li torna più. Moltomoltoinzozzatanervosasudataconfusa-sa... devo cercare un altro telefono, degli altri gettoni. Ho un appuntamento, è una questione di principio-piooooo!  Mi faccio tutto il viale: trovo altro telefono; non ho più gettoni. Compro scheda. Il telefono è solo gettoni. È giusto. Cammino sotto casa di lui; sotto casa di lui ci sarà pure un telefono. Moltomoltosudatasbracatanervosascrematascellodoratalitata... trovo il telefono: Io ho la scheda, lui ha la carta di credito telefonica. La carta di credito telefonica non è la scheda. È giusto. Rompo telefono: è giusto. Penso: visto che
 sonomoltomoltosudatastrematanervosascrematamaleodorata sotto casa di lui...   tanto vale che salgo. Lo so che lui starà aspettando corazzatoprofumatoattrezzatodecisoascellodorato la mia telefonata, però io ho un appuntamento, è una questione di principio-pioooo!  Arrivo da lui, sorpresa: niente citofono. Ma perché, tu che vuoi?  Lui-ehi... Faccio di corsa dieci piani a piedi. No, perché, tu che vuoi? Un ascensore. Busso alla porta. Apre lui, paro io; apre lui: bellonudocapelloquilìlàtuttograndeimmensotanto.  Mi stava aspettando, si vede. È una questione di principio. Mi guarda, lo guardo, mi riguarda...non mi riguarda. Faccia: stupitanervosastrematasudata. Io guardo lui: nervosodubbiosoeccitatosudatotritatopensoso-so. Cioè, non so. Esce da altra stanza altro uomo
 altoimmensonervosoporosomoltomoltonudorgasmatoandato. Tutti e due si prendono per mano e mi guardano. Ma perché, tu che vuoi? Ehm, cioè, no... perché... siccome che non funziona il telefono in piazza... cioè... potrei usare... No, perché, io ormai una telefonata la devo fare: è una questione di principio. Ma perché, tu che vuoi? Un cellulare, quanto costa quello in vetrina??!  
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STORIA DELL’ATTORE 

L'ATTORE        
Ho fame... Uno che ha fame che fa? Mangia. Io no. Faccio l'attore. E non mangio... non mangio perché non ho un lavoro. Ed io dico che non è vero, che il lavoro io ce l'ho: faccio l'attore. Sono un grande, uno shakespeariano. Ma che lavoro fa un attore? Non lo so, perché mi fanno fare tutto meno che l'attore. Farabutti. Avrei potuto recitare l'Amleto. (Si concentra, fa esercizi di voce, tossisce per schiarirsi la voce poi…) "Essenze o non essenze, questo è il dilemma: se sia più nobile soffrigger cardi a strati nell'ortaggiosa frittura o prender ami contro un mare di tonni e conservandoli mettervi limone. Dormire... morire... di fame. E nulla più. E con un sonno dire che poniamo vino alle molli cosce insapore e alle triglie precotte che hanno il formaggio nella carne. È un consummatum da ingoiare a piene mani. Morire, dormire, forse sognare... di mangiare.” (ride) Ho troppa fame per recitare l'Omlet. Pardon: L’Hamlet. Però sono un grande, uno shakespeariano. Nessuno mi fa fare il mio lavoro perché dicono che sono un cane: calunniatori! Io non sono un cane... perché dove c'è un cane c'è sempre un osso... e dove c'è un osso c'è sempre un po’ di carne... e invece ho fame. Ma non mangerò perché sono un grande, uno shakespeariano. Riccardo terzo, atto primo, scena prima: (salta su una sedia) “Ora la cernia dal pesto convinta si è fatta costata succosa sotto questo sale di York! Il mio regno per un caciocavallo!!!” (salta giù imbarazzato) Ho troppa fame... di palcoscenico... ho troppa fame di quinte... uscita in primo, secondo, terzo... frutta e contorno. Datemi una parte, datemi un copione, datemi un panino... col salame. (si siede mestamente) Le ultime proposte che mi hanno fatto non erano alla mia altezza, dovevo rifiutare: "L'utente da lei chiamato è momentaneamente occupato, si prega di attendere grazie... attendere grazie... attendere grazie..." Non li capisco proprio questi copioni così scarni essenziali... questo teatro moderno... ripetevo sempre la stessa battuta... Che pensavano che la dimenticassi?! E poi non c'era dialogo... tutti appena sentivano la mia battuta mi rispondevano allo stesso modo, chiudendomi il telefono in faccia. Io non rifiuto il lavoro duro...  io che ho fatto per dieci anni il bancomat vivente... Due operazioni al posteriore ho dovuto fare... perché la direzione non aveva spiegato che non rilasciavo scontrini. Comunque io non rifiuto la gavetta. La mia più grande interpretazione: un cartello stradale sopra una fogna aperta: grande mimo! E quello sì che era uno sporco lavoro. Sono un grande, uno shakespeariano... Sono un fallito. La faccio finita: dovrò suicidarmi. O perlomeno cambiare mestiere. Mai. Meglio la morte. (nervosamente si sposta, cammina, si ferma) M'ammazzerò domani alle cinque della sera: le cinco de la tarde... l'ora del tè con i biscottini... Allora mi ammazzo domani a mezzogiorno... mezzogiorno di fuoco ...fuoco lento mi raccomando... se no brucia tutto… Ma che sto dicendo...  Non m'ammazzo più. Vuol dire che accetterò l'ultima proposta di lavoro: "Ciao, sono caldo... sarò la tua brioche... mordimi..."  Scusate vado a fare una modifica al copione... 
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STORIA DEL POETA    

POETA    
(entra in scena declamando) “La bocca sollevò dal fiero pasto… la donzelletta che vien da la campagna… nel mezzo del cammin di nostra vita… in sul calar del sole… Ed è subito sera.”  (Si guarda attorno) Si agitano, s’affannano e credono di vivere. Cosa pensano d’ottenere? Sciocchi. Torno a comporre. (Declama e prende appunti) “Silvia rimembri ancor… all’ombre dei cipressi e dentro l’urne, quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi…” Vinco un premio, sicuro. (continua a guardarsi intorno come se cercasse qualcuno) Bisogna compatirli…  Pensano di aver bisogno di vita. E vogliono il palcoscenico. Ma una casa, loro ce l’hanno già. Ed è anche comoda, in quel cassetto, tra una copia di “Questa sera si recita a soggetto” e “Arlecchino servitore di due padroni”. Neanche la compagnia gli mancherebbe. E che compagnia. Un buon vicinato. Un po’ con la puzzetta sotto al naso, ma discreto, elegante, raffinato. Eppure loro no, non si contentano. L’avessero fatto solo per dispetto al loro autore… No, loro la vogliono veramente la vita. La vita qui sopra queste tavole… s’intende.  Non hanno proprio capito che il loro esser qui oggi non è casuale e soprattutto non è merito loro. Dovrebbero farsene una ragione invece di sbraitare e sbuffare. Torno a comporre. “T’amo pio bove, tra quella immensità s’annega il pensier mio. E caddi come corpo morto cade… Ed è subito sera!” Genio… sono un genio!
Questi personaggi vivranno per sempre in un limbo, a metà strada tra l’arte e la vita reale. Ma non potranno accedere né all’una né all’altra delle due strade. Mai troppo reali, perché la vita vera oggi è di gran lunga più ricca di personaggi astrusi, curiosi e matti – loro non potrebbero mai reggerne il confronto. Mai immortali nell’arte, perché per esserlo dovrebbero, ciascuno di loro, avere connotati di immortalità che non hanno – figli di un cruccio dell’autore che vive male il proprio tempo. Essi appartengono troppo al contingente di questa società. Non avranno mai passato né futuro. Vivranno solo di presente.  (riprende a declamare, scrivendo su di un block-notes) “Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia quand’ella altrui saluta… chi vuol esser lieto sia, di doman non c’è certezza!” Per me è diverso. L’autore mi creò atemporale. Sono un poeta. Sono senza tempo e vivrò in ogni dove. Sono fuori da ogni bega, senza vincoli, senza catene…  e senza padroni. Mi libro sopra i miasmi umani e ne contemplo le storture dall’alto tra le nuvole dell’arte. Sono fortunato, sì, lo ammetto. È una gran bella sensazione poter vivere in eterno nella solitudine della contemplazione e della creazione. (silenzio – osserva gli spettatori) Sono un poeta. Non sono un politico né un calciatore… o tantomeno un imprenditore. Sono un poeta. Cos’è un poeta? Un apostrofo rosa tra le parole l’incompreso. Il poeta non dev’essere compreso, capito, applaudito… Il poeta vive di suo… autonutrendosi, senza il benestare d’alcuno. Esiste in quanto poeta. Non scrive per un pubblico il poeta… Scrive per necessità… La penna mi chiama. (declama) “Amor che a nullo amato amar perdona… dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro…”  E così sarà per me… per l’eternità. (SQUILLA UN TELEFONINO – silenzio. Continua a squillare. Il poeta lo estrae da una tasca del suo abito, con visibile imbarazzo) Non so proprio come sia finito tra le mie tasche questo oggetto della società moderna, questo frutto della bruttura del quotidiano… (continua a squillare) Scusate. 
(risponde: SMETTE DI SQUILLARE) Sì? Cosa…? Il capostruttura? A cena domani per concordare quell’intervista in prima serata…?  Il mio intervento dovrebbe essere tra un balletto e uno stacchetto con il comico…? Problemi? Certo che ci sono problemi… Io sono un poeta. E la cultura non si compra con un’intervista in un varietà! Non mi avrete mai! Sono senza padroni io! Cosa? Dovrei improvvisare anche due passi di danza con la soubrette e fare la vendita promozionale di una mortadella?! Ma cosa credete che sia un poeta!? Un poeta è un incompreso! Una Cassandra… un essere speciale…  Dice che anche il presidente vedrebbe bene un mio intervento? Non posso assolutamente. Non se ne parla nemmeno.  Il presidente, dice? Ah, quel presidente… Allora me lo saluti caramente, il presidente… A domani, senz’altro. (Chiude la comunicazione. Ripone il telefonino in tasca.)  Cos’è un poeta? Un apostrofo fucsia tra le parole Link compreso. Infatti digitando www.ilpoeta.it troverete il mio link. Mi sono aperto un piccolo sito per portare, ecco, per così dire, avanti la causa dell’arte. Dopo questa chiamata mi richiama la penna… Torno a comporre… (esce continuando a declamare contento) “Io penso... positivo... perché son vivo, perché son vivo... io penso positivo perché son vivo... ed è subito sera! Sono un genio!

FINE