DISSèNTEN
di
Gabriele Paolocà
© 2014. Tutti i diritti sono riservati
PERSONAGGI:
Signor
Dottor
Un Tribuno
Tre cessi. Uno a destra, uno al centro e uno a sinistra.
Tre cessi a schiera, separati da una parete divisoria “immaginaria” ma aperti sopra.
Si accende la luce nel bagno di sinistra. Dottor è in piedi, si infila dei guanti di plastica rossi e ispeziona il cesso.
Si accende la luce nel bagno di destra. Signor è in piedi, si infila dei guanti di plastica rossi e ispeziona il cesso.
Dottor finisce l’ispezione, si toglie i guanti e fuma.
Signor finisce l’ispezione, si toglie i guanti e prova a cagare.
Rumori. Si accorgono l’uno dell’altro.
Signor si ritira su i pantaloni.
DOTTOR: Di nuovo qui.
SIGNOR: Già…
DOTTOR: Siamo stati chiamati di nuovo.
SIGNOR: Già. Di nuovo… Hai controllato…?
DOTTOR: Certo.
SIGNOR: A fondo?
DOTTOR: Certo. Perché, tu no?
SIGNOR: Il giusto, ecco…
DOTTOR: Tutto, devi controllare. Dentro e fuori.
SIGNOR: Ma ti pare che mettono una cimice nell’acqua? fa interferenza.
DOTTOR: La conosci la prassi. Prima del colloquio controllare. Dentro e fuori. È la regola.
SIGNOR: Ma io ho la camicia nuova, non si può fare un’eccezione…?
DOTTOR: Non si può.
SIGNOR: Non lo diciamo a nessuno.
DOTTOR: Controlla, non voglio finire nella merda per colpa tua.
SIGNOR: Vedi che la pensi come me! Neanch’io voglio finire nella merda!
DOTTOR: Controlla!
SIGNOR: D’accordo, d’accordo. Controlliamo… (mentre cerca)
ma ti pare possibile che, dopo tutto quello che ho fatto per arrivare
dove sono arrivato, debba trovarmi in una situazione del genere.
Capisco che la privacy va rispettata, ma pure il diritto di non
vaccinarsi contro il colera non è mica una cosuccia da niente…
controlliamo… controlliamo! Guarda qua… guarda che schifo… ma ti pare
possibile… anni di studio, decenni! Perché io sono uno che ha studiato,
hai capito, uno che ne ha fatta di strada e non lo dico tanto per dire,
ci sono i certificati, gli attestati, scripta manent…
DOTTOR: E merda volant! Trattieni il fiato che è meglio.
SIGNOR: Ma non è normale… qui c’è puzza di carogna andata a male! Ma che si mangiano questi tribuni? (Pausa) Ehi… sto parlando con te…
DOTTOR: Cosa?
SIGNOR: Come fanno i tribuni a cagare questa roba qua?
DOTTOR: I tribuni? E chi sarebbero questi tribuni?
SIGNOR: Sei impazzito?
DOTTOR: (a bassa voce) Hai finito di controllare?
SIGNOR: Ma sì che ho finito!
DOTTOR: Non devi mai nominare i tribuni prima di aver finito di
controllare! Mai! Non si deve sapere che frequentano un posto come
questo.
SIGNOR: E va be’… è un cesso come un altro!
DOTTOR: Ti faresti guidare da uno che si riunisce qua dentro?
SIGNOR: Certo. L’importante è che prima di guidarmi si sia ben lavato
le mani. E poi che male c’è: le migliori idee vengono sempre cagando. (Ride)
Anche io, sai, quando decisi d’intraprendere la carriera di giornalista
ero proprio su uno di questi cosi qua. Mi alzai in piedi e dissi:
“Mamma, voglio fare il giornalista! Da adesso in poi lavorerò con la
carta stampata”. E lei mi fece: “Va bene figlio mio, però prima lavora
bene con la carta da culo ché le mutande te le lavo io!” (Ride)
DOTTOR: Smettila…
Signor ride.
Smettila…
Signor ride.
DOTTOR: Smettila o faccio rapporto!
SIGNOR: Ma che rapporto! Stavo scherzando… stavo solo scherzando…
DOTTOR: Non c’è niente da scherzare. Siamo qui per la riunione, solo per questo.
SIGNOR: Hai ragione… cosa vorranno da noi stavolta? Ti sei fatto un’idea?
DOTTOR: Non mi faccio idee, eseguo.
SIGNOR: Qualunque cosa vorranno chiederci, ce la caveremo alla grande
proprio come l’ultima volta. Siamo stati bravi l’ultima volta, non è
vero amico mio?
DOTTOR: Amico mio? Scusa, abbiamo mai pranzato insieme io e te?
SIGNOR: No, però…
DOTTOR: L’unica cosa che condividiamo io e te è la sottomissione. È il
non sapere se ci spaventa di più questo potere che ci schiaccia o la
nostra infinita capacità di sopportarlo. Questa è l’unica cosa che
condividiamo io e te.
Pausa.
SIGNOR: Però siamo stati bravi l’ultima volta. Sì che lo siamo
stati. Senza il nostro aiuto questa volta i tribuni non ce l’avrebbero
fatta a convincerli. La gente non se la sarebbe bevuta… il danno era
grosso. Coprire quel casino è stato un lavoro da maestri del
depistaggio.
DOTTOR: Qual era il danno? Io non l’ho neanche voluto sapere.
SIGNOR: Disastro ambientale. Scarico di sostanze tossiche quaranta
volte superiore alla media… L’intera produzione di barbabietole da
zucchero sottoposta a rischio contaminazione… ma adesso… puff! Tutto
dimenticato. Grazie al nostro gioco di squadra la gente già non ci
pensa più.
DOTTOR: Applicazione della teoria terroristica e affossamento delle
prove a carico dei tribuni. Azione collaudata da secoli. Niente di
speciale insomma. Chi è stato tirato in mezzo stavolta?
SIGNOR: Stavolta se la sono presa con i turchi ottomani!
DOTTOR: Ah già. Son tornati all’operazione “Crociate”.
SIGNOR: Già! Il vecchio stile non muore mai! (Abbozza un’imitazione di Umberto Bossi post ictus) “Tutta la colpa è di quei terún dei turchi ottomani! Sono loro i contaminati, non le nostre floride barbabietole da zucchero!” (Ride) E la gente ci casca sempre… ma come vi è venuto in mente?
DOTTOR: L’idea è dei tribuni, non del mio reparto. Sai come funziona,
loro hanno l’idea e noi la rendiamo regola. È la procedura.
SIGNOR: No, il merito è anche vostro. Grazie a questa nuova normativa
antiterrorismo il vostro reparto è entrato definitivamente nella
storia! Voi siete degli artisti, altro che legislatori!
DOTTOR: D’accordo. Tutto nella norma, niente di nuovo.
SIGNOR: Già, tutto nella norma.
DOTTOR: Com’è andata a finire?
SIGNOR: Tutto sotterrato come al solito.
DOTTOR: Intendo con le barbabietole da zucchero.
SIGNOR: Be’, ecco, se fossi in te eviterei di comprare dolci per i
prossimi mesi. Solo per stare tranquilli. Lo dico per i tuoi figli…
DOTTOR: Non parlare dei miei figli qua dentro!
SIGNOR: Scusa… non volevo… (Pausa) Anche il mio reparto ha fatto la sua porca figura. Immagino avrai letto…
DOTTOR: No, non ho letto.
SIGNOR: Ma come! Siamo riusciti a smuovere tre quarti della stampa nazionale! Tre quarti! Non è roba da poco!
DOTTOR: Bravissimi…
SIGNOR: Grazie! I nostri affiliati aumentano. E questo dimostra una
cosa fondamentale: l’importante non è dare la notizia giusta,
l’importante è darla con stile! E in quanto a questo, i nostri giornali
non temono rivali. Ma come hai fatto a non leggere nulla… tre quarti
della stampa nazionale…
DOTTOR: Non ne ho avuto modo. Ho avuto parecchio da fare in questi giorni.
SIGNOR: Sì, ma tre quarti della stampa nazionale…
DOTTOR: Non ho avuto tempo di leggere niente…
SIGNOR: Sì, ma tre quarti…
DOTTOR: Un cazzo di niente!
SIGNOR: D’accordo, non urlare. Hai sempre questo vizio di alzare la voce…
DOTTOR: È già tutto molto difficile. Non ti ci mettere anche tu. (Pausa) Perché non arrivano…
SIGNOR: Fa paura qui vero? Io mi sto cagando sotto dalla paura! (Ride) Hai capito la… (Pausa) Scusa, ma non sono abituato. È da poco che sono salito di livello.
DOTTOR: L’avevo capito.
SIGNOR: Da cosa?
DOTTOR: Altrimenti sapresti come ci si comporta.
SIGNOR: E come ci si comporta?
DOTTOR: Per esempio, si sta zitti e si aspettano gli ordini!!
SIGNOR: Va bene, va bene… (Pausa) Posso chiederti una cosa?
DOTTOR: Cosa?
SIGNOR: È una cosa bella?
DOTTOR: Eh?
SIGNOR: Dico, è una cosa bella che abbiano chiamato proprio noi? Tu
sarai abituato ma per me è la prima volta. Devo essere fiero di me?
DOTTOR: Eh, come no…
SIGNOR: Infatti lo sono. Sono molto fiero di me. Posso chiederti una cosa?
DOTTOR: Cosa?
SIGNOR: Ci diranno cose importanti? Cosa ci dobbiamo aspettare?
DOTTOR: Il peggio, quando i tribuni ti chiamano qua sotto, sempre e solo il peggio ti puoi aspettare.
SIGNOR: Perché i massimi vertici si riuniscono qui sotto?
DOTTOR: Perché più sale il livello e più scende la dignità.
SIGNOR: Non mi sembra ti piaccia molto il tuo lavoro.
DOTTOR: Fatti i cazzi tuoi!
Pausa.
SIGNOR: Posso chiederti una cos…
DOTTOR: …Smettila! Smettila di
fare domande! Non è il posto adatto per fare domande! Togliti
quest’abitudine di fare domande! E non lo dico per me, lo dico per
loro. Questi stronzi le hanno abolite le domande!
SIGNOR: Non parlare così dei tribuni.
DOTTOR: Perché?
SIGNOR: Qualcuno potrebbe sentirti…
DOTTOR: Hai controllato, no? Non c’è nessuna cimice, posso dire quello che voglio.
SIGNOR: Chi ti dice che sei al sicuro… Scusa, abbiamo mai pranzato insieme io e te?
Pausa.
DOTTOR: Stronzetto, puoi andare a dire quello che ti pare. Lo sanno
benissimo come la penso. A loro interessa il mio lavoro mica il mio
pensiero. E loro apprezzano il mio lavoro, lo sai perché?
SIGNOR: Perché?
DOTTOR: Perché mi faccio i cazzi miei! Perché non sto lì a impicciarmi
del lavoro degli altri! Non m’importa di quante leggi col mio nome
sopra hanno approvato. È pericoloso: parlare troppo nel nostro lavoro
non è permesso. Io faccio il mio lavoro e basta, a me non importa di
ciò che non mi attiene, anche perché altrimenti…
Rumori. Qualcosa si avvicina.
SIGNOR: Altrimenti cosa?
DOTTOR: Silenzio!
Rumori.
SIGNOR: Altrimenti cosa?
DOTTOR: Altrimenti dovrei aprire gli occhi e rendermi conto del baratro che abbiamo creato.
Rumori. Qualcosa è lì.
Chi hanno mandato stavolta?
SIGNOR: Il coordinatore dei tribuni.
Rumori che salgono ossessivamente, profumo d’apocalisse.
Si interrompono in un boato.
Si accende la luce nel bagno centrale. Un Tribuno è girato di spalle che piscia.
UN TRIBUNO: Carissimi! Avete controllato?
SIGNOR: Tutto regolare.
DOTTOR: Tutto nella norma.
UN TRIBUNO: (finisce di pisciare. Si sgrulla l’arnese. Si gira) Ma vi pare possibile che tre emeriti signori come noi debbano riunirsi in un letamaio come questo?
SIGNOR: A me non dispiace. Si respira una certa aria di…
UN TRIBUNO: Una certa aria di…?
SIGNOR: Una certa aria di…
UN TRIBUNO: Merda!
SIGNOR: Già già, di merda…
UN TRIBUNO: Ah, e quindi ti fa schifo.
SIGNOR: Be’ ecco…
UN TRIBUNO: Quindi intendi dire che i tribuni sono gente di merda.
SIGNOR: Non intendevo dire questo…
UN TRIBUNO: Quindi intendi dire che l’intera organizzazione è un’organizzazione di merda.
SIGNOR: No, non intendevo dire questo…
UN TRIBUNO: E allora cosa intendevi?! (Pausa. Scoppia in una grassa risata)
Ma stai tranquillo! Al collegio dei tribuni si sta giustappunto
discutendo di questo. Perché io ve lo assicuro, signori miei, in
postacci di questo tipo non ci voglio più mettere piede. I prossimi
incontri li faremo in mezzo alla piazza! Discorrendo amorevolmente col
gelato in mano! Alla faccia di tutti questi spioni zozzoni che non si
fanno mai…
DOTTOR e SIGNOR: I cazzi loro!
UN TRIBUNO: Appunto.
SIGNOR: Forse è meglio qualcos’altro…
UN TRIBUNO: Cosa?
SIGNOR: Forse è meglio lasciare da parte il gelato per i prossimi mesi, per via delle barbabietole…
UN TRIBUNO: Ma come?! Tutti i giornali dicono che c’è da stare tranquilli. È stata tutta colpa dei turchi ottomani, no?
SIGNOR: Be’, noi sappiamo che…
UN TRIBUNO: Cosa? Cos’è che sai? Sai qualcosa che io non so?
SIGNOR: No signore, io so quello che voi mi dite di sapere.
UN TRIBUNO: Io so quello che so, se tu sai quello che io so non puoi sapere cose che io non so.
Pausa.
Oppure pensi che non so quello che so?
SIGNOR: Non intendevo dire questo…
UN TRIBUNO: E allora cosa intendevi? (Pausa. Scoppia in una grassa risata)
Ma stai tranquillo! Se non vuoi il gelato ti regalo una cesta piena di
noci di cocco, così te le tiri in testa ogni volta che perdi
un’occasione buona per starti…
SIGNOR: …Zitto.
UN TRIBUNO: Appunto! (A Dottor) E questo qua? Perché non dice niente? Cos’è, non ti piace il gelato? Ma come, i tuoi figli ne vanno pazzi. (A Signor) Mi sbaglio?
SIGNOR: No, no! Lo adorano!
UN TRIBUNO: Il biondino va pazzo per cocco e stracciatella mentre Anna,
la piccola Anna, lei prende solo fragola e banana. A tua moglie non
piace il gelato, lei preferisce il salato…
DOTTOR: Lascia stare la mia famiglia.
UN TRIBUNO: Era una battuta…
DOTTOR: Non era divertente.
UN TRIBUNO: Perché fai così?
DOTTOR: Aspetto ordini.
UN TRIBUNO: Giusto. Una formichina operosa sei tu. Una formichina che però, se solo volesse, potrebbe anche mordere… (A Signor) Non è vero, lumachina? Lumachina, parlo con te! Cos’è, non ascolti?
SIGNOR: Ah mi scusi. Credevo si riferisse a…
UN TRIBUNO: Vedi che non ascolti? L’ho appena detto: lui è una
formichina e quindi tu sarai una lumachina. Ci vuole tanto a capire?
Potrebbe mordere sì o no?
SIGNOR: Be’, io credo che il suo sia un territorio molto delicato, è difficile…
UN TRIBUNO: Potrebbe o non potrebbe?
SIGNOR: Potrebbe…?
DOTTOR: Ho sempre fatto tutto quello che mi avete chiesto. Non puoi avere niente da ridire sul mio operato.
UN TRIBUNO: Sì che posso. Certo che posso. Lumachina, dice che non posso.
SIGNOR: Dice che non può.
UN TRIBUNO: Posso o non posso?
DOTTOR: Non può.
UN TRIBUNO: Ma certo che posso!
DOTTOR: Non può.
UN TRIBUNO: Proprio non posso?
SIGNOR: Proprio non può?
DOTTOR: Non può.
UN TRIBUNO: Sicuro che non posso?
SIGNOR: Sicuro che non può?
DOTTOR: Non può, non può e non può!
Pausa.
UN TRIBUNO: Però ho potuto…
SIGNOR: Sì, ha potuto…
UN TRIBUNO: Ah ecco. Ho potuto.
SIGNOR: Indubbiamente ha potuto.
UN TRIBUNO: Grazie lumachina.
SIGNOR: Dovere.
DOTTOR: Perché ci hai chiamato qui?
Pausa.
UN TRIBUNO: Hai sentito qualcosa lumachina?
SIGNOR: Ha detto perché ci hai chiamati qui…
UN TRIBUNO: Chi? Io non ho sentito niente…
DOTTOR: La formichina ha parlato. Perché ci hai chiamato? Cosa dobbiamo fare stavolta?
UN TRIBUNO: Continuo a non sentire niente. Tu hai sentito qualcosa lumachina?
SIGNOR: Ho sentito qualcosa?
UN TRIBUNO: Non hai sentito niente.
SIGNOR: Non ho sentito niente.
UN TRIBUNO: Grazie lumachina.
SIGNOR: Dovere.
UN TRIBUNO: Il tuo intervento è sempre fondamentale.
SIGNOR: Veramente?
UN TRIBUNO: Certo!
DOTTOR: Dicci perché ci ha chiamato!
SIGNOR: Non ho sentito niente neanche stavolta!
UN TRIBUNO: Tu sei uno dei migliori, lumachina.
SIGNOR: Veramente?
UN TRIBUNO: Certo. Anche se sei appena arrivato, so che stai facendo un gran lavoro lì dove lavori tu… al reparto…
SIGNOR: Informativo!
UN TRIBUNO: Ecco sì… come procede?
SIGNOR: Siamo arrivati a coprire tre quarti della stampa nazionale. Tre quarti…
UN TRIBUNO: Non è roba da poco.
SIGNOR: No, non lo è! Ormai quasi tutti stanno appoggiando il nostro stile.
UN TRIBUNO: Ottimo.
SIGNOR: E tutto grazie alla poesia del nostro scrivere, allo Styling accattivante dei nostri giornali.
UN TRIBUNO: Giusto.
SIGNOR: Scoop da indossare in tutte le situazioni.
UN TRIBUNO: Chiaro…
SIGNOR: Una notizia che non sporca e non macchia.
UN TRIBUNO: Bene lumachina…
SIGNOR: Una impaginazione accattivante.
UN TRIBUNO: D’accordo lumachina…
SIGNOR: Pubblicità luccicanti.
UN TRIBUNO: Basta lumachina!
DOTTOR: Perché ci hai chiamato qui?
UN TRIBUNO: Non ancora. Hai fatto quelle modifiche che t’avevo chiesto?
DOTTOR: Quelle alle revisioni amministrative o quelle agli atti procedurali per l’inclusione della normativa…
UN TRIBUNO: Formichina!
DOTTOR: Hai ragione, scusa… Quelle scritte con la penna nera o quelle scritte con la penna blu?
UN TRIBUNO: Blu! Quelle con la blu!
DOTTOR: Sì, è tutto pronto. Perché ci hai chiamato qui?
UN TRIBUNO: Non ancora.
DOTTOR: Perché?
UN TRIBUNO: Boh, così.
DOTTOR: Non siamo tutti alle vostre dipendenze.
UN TRIBUNO: Che stupido. Certo che lo siete.
DOTTOR: No… io per esempio tra poco ho da fare.
UN TRIBUNO: Cosa?
DOTTOR: Ho un’udienza.
UN TRIBUNO: Per difendere il terzo tribuno.
DOTTOR: Già…
UN TRIBUNO: E poi?
DOTTOR: Ho una riunione.
UN TRIBUNO: Con il settimo tribuno?
DOTTOR: Già…
UN TRIBUNO: Già… Forse sei un po’ troppo alle nostre dipendenze, forse
è questo il tuo problema. Dovresti occuparti di altro. Hai qualche
hobby?
DOTTOR: Non infilarti nella mia vita. Non farlo.
UN TRIBUNO: È compito di ogni tribuno preoccuparsi per la propria famiglia.
DOTTOR: È la mia famiglia. Non la tua.
UN TRIBUNO: No. È la nostra famiglia e lo sai.
DOTTOR: Smettila.
UN TRIBUNO: I bambini come stanno?
DOTTOR: Non farlo.
UN TRIBUNO: Sai che posso… Mattia non è vero? Il biondino si chiama così?
DOTTOR: Sissignore…
UN TRIBUNO: E Anna? La piccola Anna che dice?
DOTTOR: Non si chiama Anna…
UN TRIBUNO: Come?
DOTTOR: Io non ho una figlia di nome Anna…
UN TRIBUNO: Ma smettila.
DOTTOR: Sissignore. Io non ho una figlia di nome Anna.
UN TRIBUNO: Sei proprio sicuro?
DOTTOR: Io so quel che dico.
UN TRIBUNO: Non me la fai mai vedere, forse è per questo che non ricordo il nome di tua figlia.
DOTTOR: Io non ho una figlia. Anna è il nome di tua figlia. Sei contento?
UN TRIBUNO: Sei proprio sicuro?
DOTTOR: Perché ci hai chiamati qui?
UN TRIBUNO: Rispondimi…
DOTTOR: Perché ci hai chiamati qui?
UN TRIBUNO: Rispondimi…
DOTTOR: Perché ci hai chiamati qui?!
UN TRIBUNO: Rispondimi!
DOTTOR: Sissignore è la tua!
UN TRIBUNO: E a tua moglie piace il salato!
DOTTOR: Sì le piace.
UN TRIBUNO: Altroché se le piace, ne va pazza!
Pausa.
SIGNOR: È molto carino qui dentro… le pareti sono pitturate veramente bene… danno proprio un senso di…
DOTTOR: Morte!
SIGNOR: Di morte. Sì, sì… appunto…
Pausa.
UN TRIBUNO: Formichina, ti devi rassegnare. Qua dentro sono io che gioco con i bottoni.
DOTTOR: Le istruzioni sono nel mio cassetto però. Idiota.
UN TRIBUNO: Fai pure formichina! Sfogati, lamentati quanto ti pare. (A Signor)
Impara lumachina: l’insolenza è giusta se segregata qui. Qua ve la
possiamo concedere. È questo il posto migliore per espletarla. E anche
l’unico che ti è concesso, formichina.
Luce solo su Dottor.
DOTTOR: (parole vomitate nel cesso) Maledico il giorno in cui ho messo piede qua dentro maledico tutto dalla prima pisciata in poi maledico il giorno in cui vi ho voltato le spalle e voi me l’avete messo nel culo maledico la mia decisione di non girarmi e di restare lì fermo sodomizzato da questa paura per il niente maledico voi e i vostri figli me e i miei figli maledico aver creduto di poterli proteggere i miei figli e di poterli perdonare i vostri figli maledico mia moglie che sorvola maledico mia moglie che ci ride su maledico questa capacità di farsi scorrere tutto addosso maledico questo mio dissenso comodo da tirare fuori il sabato sera e da rinascondere il lunedì mattina e maledico tutta questa merda che era la vostra merda vostra non mia tutta questa era la vostra merda non mia non mia non mia!
Luce solo su Signor.
SIGNOR: (canta adagiato sul cesso, come fosse una diva sdraiata su un pianoforte a coda)
Giacomino il ditino alzò
dritto in aria lo sventolò
così forte che il muro crollò
e una scheggia lo dilaniò
Giacomino il tuo nome svetta
sull’insegna di qualche piazzetta
ai posteri ricorderai
meglio stare lontano dai guai.
Pausa.
UN TRIBUNO: Miei cari insettini, al collegio dei tribuni abbiamo avuto un’idea rivoluzionaria. È stato avviato un progetto che riporterà tutto alla giusta normalità. Una grande iniziativa che ci permetterà finalmente di debellare il male di questo secolo: la miscredenza. Finalmente saremo liberi di tagliare i ponti col passato. E, perché no, anche liberi di tagliare le vostre piccole testoline! (Pausa) Era una battuta! (Sale sul cesso)
Parte una fanfara stonata e caciarona. Aria di festa. Signor tira coriandoli, Dottor suona una trombetta di carnevale.
(Come se parlasse a una platea) Come potremmo! Come
potremmo! Guardatevi indietro! Cosa ha fatto il collegio dei tribuni
per tutti voi in tutti questi anni? Per tutti, tutti voi. Guardate
quest’uomo! Fatti vedere lumachina! Dillo! Dillo a tutti cosa ti dissi
quella sera!
SIGNOR: Prendimi la mano!
UN TRIBUNO: Prendimi
la mano! Così gli dissi a questo qui, vi rendete conto? E figurarsi se
dopo la sua non avrei preso la mano di ognuno di voi! C’eri anche tu
formichina, a te tutto il braccio t’ho preso, che non te lo mollavo
più, ti ricordi? Io presi tutti per mano, tutti i tribuni fecero in
modo di prendere più mani possibili. E ci siamo voluti bene, un bene…
ma un bene…
DOTTOR: (schernendolo) Incommensurabile.
UN TRIBUNO: Ecco sì, incommensurabile! Bello, mi piace. Un bene
incommensurabile. E ci siamo divertiti, ci siamo divertiti tanto
assieme. Abbiamo trincheggiato, abbiamo ballato, abbiamo confuso amore
e politica, baci e promesse. Non più politici ed elettori ma una cosa
sola, indivisibile, fratelli, amanti, compagni!
SIGNOR: Eh no! “compagni” no!
UN TRIBUNO: Eh no! Compagni no!
DOTTOR: Perché ci avete chiamati qui?
UN TRIBUNO: (a Dottor) Ssst! ancora no, ancora no. (Alla platea) Furono grandi feste. Noi v’abbiamo dato tutto, tutto! Io non ho più niente.
SIGNOR: Veramente?
UN TRIBUNO: (a Signor) È metaforico, lumachina, metaforico… (Alla platea)
Vi abbiamo dato tutto ma non è bastato. Purtroppo qualcuno ha
cominciato a non venire più alle nostre feste e qualcuno si è messo
addirittura a organizzarne delle altre…
SIGNOR: Oramai questa gente non ci fa più paura. Abbiamo sviluppato gli anticorpi… dico bene?
DOTTOR: Perché ci hai chiamato qui?
UN TRIBUNO: Zitto, zitto che questo è il momento cruciale. (La musica si ferma) Continua lumachina.
SIGNOR: La maggioranza ha capito dove stare, ha capito qual è la moda
del momento. E quei pochi rivoltosi rimasti sono innocui…
UN TRIBUNO: Sono innocui?
SIGNOR: Ma sì… sono innocui…
UN TRIBUNO: Sono una macchia indelebile! Ecco cosa sono. Una macchia
che va debellata perché qui stiamo rischiando il cancro della società!
DOTTOR: Arriva al sodo.
UN TRIBUNO: Non interrompermi che ora preparo il collasso emotivo!
La stessa banda stonata ora intona una marcia funebre.
(Piangendo? Questo potrebbe definirsi un pianto?) Il
collegio dei tribuni non può permettersi di sopportare questi affronti.
Cos’hanno le nostre feste che non vanno? Il divertimento ve l’abbiamo
sempre garantito, no? Non ci credete? Dubitate di noi? Noi solo una
cosa vi abbiamo sempre chiesto di fare: di non dubitare… mai! Noi ci
sentiamo offesi.
DOTTOR: Perché ci hai chiamato qui?
UN TRIBUNO: (a Dottor) Ora no! (Alla platea)
Perché questa diffidenza? Noi non la meritiamo, non dopo tutto quello
che abbiamo fatto per voi. Noi ci sentiamo come un padre tradito dal
proprio figlio, come un pastore preso in giro dalle proprie pecore…
DOTTOR: Cosa avete in mente?
UN TRIBUNO: E questo pastore è stanco di perdonare! È stanco di dover tenere sempre a bada l’intero pascolo!
DOTTOR: Insomma, cosa volete fare?!
UN TRIBUNO: Taci formichina!
DOTTOR: Basta con questa commedia! (La marcia funebre se ne va) Andrà bene là fuori, ma non qua dentro. Qua dentro, questo modo di fare è carta da culo!
Pausa.
UN TRIBUNO: (scende dal podio defecatorio) Va bene signori
miei, allora vi parlerò spiccio spiccio. Noi non ce la facciamo più.
Alziamo le mani, issiamo la bandierina bianca, passiamo la parola allo
studio. Noi è dalla notte dei tempi che ci scervelliamo per trovare un
modo per addomesticare, rendere docile e dominare questa bufala
chiamata umanità. Una bufala sì, cornuta, testarda e, diciamocelo,
buona solo per fare le mozzarelle. È dalla notte dei tempi che ci
proviamo. Quando la pellaccia era ancora bella dura ci abbiamo provato
con le decapitazioni, le impiccagioni, le asportazioni, l’escoriazioni,
le mutilazioni… niente. Non andavano bene. “Il corpo è mio, mica è
schiavo vostro” ci gridavano. Si radunavano, occupavano le piazze,
incendiavano i palazzi che noi avevamo costruito per loro. Non li
capivamo. Gli organizzammo feste, gli regalammo santi, martiri, dèi. A
niente servì. E allora ci siamo allontanati, abbiamo cominciato a
guardarli da lontano… eppure… questa bufala dalle mammelle dorate non
riuscivamo a smettere di amarla. E allora che abbiamo fatto? Gli
abbiamo regalato dei pezzettini di carta con le nostre facce disegnate
sopra, affinché, anche se lontani, non si scordassero di noi. E loro,
con quei pezzettini di carta, si sentirono finalmente liberi. Con un
pezzettino di carta inventammo la felicità. E loro che si divertivano a
scambiarli, a barattarli in cambio di altre cose. Autonomi. Me lo
ricordo ancora… inventarono questa parola, loro così sentivano,
autonomi… che carini… però quando i pezzettini di carta finivano,
sempre da noi tornavano. A un certo punto però, i pezzettini di carta
non gli bastarono più. “La crisi, – gridavano – la crisi! Più
pezzettini, più pezzettini per tutti! Per tutti!” E fu allora che ci
rendemmo conto: avevamo creato un branco di drogati, tutti assuefatti
dal pezzettino di carta! E ritornarono in piazza, reincendiarono i
palazzi che noi con tanto amore avevamo ricostruito per loro… una
tragedia! Ritirammo tutti i pezzettini di carta, tutti glieli
prendemmo! Squartammo milioni di materassi, bucammo le tasche ai
bambini, alle signore infilammo le mani nelle reggicoppe. Non gliene
lasciammo neanche uno di pezzettino. Un falò enorme al centro del
mondo, e loro a guardare, a guardare la loro libertà che prendeva
fuoco. E fu mentre li guardavamo piangere che capimmo che quell’amore
era finito, che noi e loro non ci saremmo capiti mai… (Piange? Di nuovo?)
SIGNOR: (anche lui commosso) Non dovete rattristarvi, avete fatto il possibile.
UN TRIBUNO: Lo so lumachina, lo so…
SIGNOR: Che storia commovente…
DOTTOR: Niente di nuovo però. Cosa avete deciso, non è finita qui non è vero?
UN TRIBUNO: (torna improvvisamente serio. Il pianto era una pantomima. Questo tribuno stesso è una pantomima) Già. Ora è tempo di scrivere l’ultimo atto…
DOTTOR: L’ultimo?
SIGNOR: L’ultimo?
UN TRIBUNO: L’ultimo, signori. La scena dell’addio. La scena in cui lui
si gira per l’ultima volta e dice: “Bella mia, francamente me ne
infischio”. Perché, signori, parliamoci chiaro: ma a noi, ma chi ce lo
fa fare di mantenere tutta questa gente qua? Credete veramente che
serva tutto questo po’ po’ di gente per mandare avanti la baracca? Ma
basteremmo noi tre, e una decina di pulsanti e il mondo funzionerebbe
comunque!! Ma io dico e penso: non faremmo prima a rinchiuderli da
qualche parte e a buttare la chiave? Isolarli nelle proprie stanzette e
autorizzarli finalmente a lagnarsi per la propria ansia di vivere?
Pausa.
DOTTOR: Si tratta di questo? È questo che volete?
UN TRIBUNO:
Sissignori, è questo che vogliamo. Da oggi in poi sarà vietato
qualunque tipo di aggregamento, da oggi in poi sarà vietato qualunque
tipo d’incontro, da oggi in poi sarà vietato qualunque tipo di rapporto
che permetta a un essere umano di relazionarsi a un altro essere umano.
Saranno aboliti tutti i diritti di legame. Sarà proibito toccarsi,
guardarsi negli occhi e sarà proibito pure l’uso della parola. A tutti
meno che a noi dell’organizzazione, questo è chiaro. Gli concederemo
solo una cosa: farsi tante foto. Perché lo sappiamo che il rimpianto e
la nostalgia sono le cose che gli piacciono di più.
Pausa.
E allora, cosa ne dite?
DOTTOR: Cosa volete da noi?
UN
TRIBUNO: Quello che vogliamo da voi… Quello che vogliamo è che siano
proprio loro, di loro spontanea volontà, a decidere di adattarsi, senza
resistenze, a questa nuova realtà che gli verrà “concessa”. Ovviamente
se presentassimo subito la proposta per quello che è nessuno
l’accetterebbe mai quindi, grazie al vostro aiuto, noi lavoreremo per
disorientare un po’ gli animi trovando il giusto linguaggio per
alleggerire un po’ il tutto. Tu, formichina. Tu dovrai mettere in campo
le tue abilità da prestigiatore, scrivendo una bella legge
ingarbugliata piena di paroline complicate come piacciono a te. Magari
includi anche due o tre articoli per la tutela della privacy di qualche
categoria a rischio tipo… il sindacato delle anoressiche… il comitato
degli obesi… tutta questa gente che farebbe meglio a starsene a casa
propria. Scrivi che lo facciamo per loro, così includiamo anche un po’
di sociale che stanno tutti più contenti.
SIGNOR: Sarà una grande prova per il mio reparto informativo.
UN TRIBUNO: Una grandissima prova! I tuoi giornali dovranno essere i
nostri portabandiera. È grazie a loro che noi dovremo far capire
l’importanza dello starsene da soli a casa propria, nella propria
stanzetta, al riparo da terroristi, pedofili, appestati, beduini,
assassini, neri, gialli, rossi, violetti, verdini… i marziani!
L’ufologia! “Abbassate le tapparelle, i marziani ci spiano!”, per dire,
questo potrebbe essere un bel titolo, no? Ma poi, perché no, parlare
anche della bellezza dello starsene da soli a casa, valorizzare quelle
cose che teniamo solo per noi, chiuse al riparo nella solitudine della
nostra stanzetta… “Elogio della masturbazione!” “Riscopriamo il
solitario!” Sissignori, sono questi i titoli che vogliamo! Insomma,
signori, rendete questa legge un regalo, la dimostrazione che i tribuni
si sono appropriati di un loro sacrosanto diritto: il diritto di
rendere felici. (Esce)
SIGNOR: E allora non dobbiamo perderci d’animo. Posso scrivere il primo
editoriale stasera stessa, sarebbe già pronto per le uscite di domani
mattina… No? Troppo presto?
DOTTOR: Ci concede tempo il bastardo. Vuole farci scegliere.
SIGNOR: Scegliere? Noi?
DOTTOR: Stavolta è diverso, se ne sono accorti anche loro di aver
toccato il fondo. E io non ci sto. Stavolta ho deciso di non seguirli.
SIGNOR: Che stai dicendo? non si può.
DOTTOR: Chi dice che non si può?
SIGNOR: Non si può, nessuno può.
DOTTOR: Io lo farò.
SIGNOR: Non lo farai, hai paura.
DOTTOR: Di cosa?
SIGNOR: Di andare dall’altra parte.
DOTTOR: Te l’ho dimostrato che non ho paura di dire quello che penso.
SIGNOR: Qua dentro non hai paura, dove ti è concesso. Qua dentro ti
permettono di bestemmiare quanto vuoi, tanto poi basta tirare lo
sciacquone e lo stronzo scende giù. Ma là fuori non lo farai. Là fuori
nessuno lo fa.
DOTTOR: Stavolta è diverso, questa qui è merda vera, merda che è arrivata al limite! Dopo questa non si torna più indietro.
SIGNOR: Ma stai tranquillo! Hai sentito, no? Noi dell’organizzazione ci
salveremo. Con il nostro linguaggio gli addolciremo la pillola. Lo sai,
la gente lo ama il nostro linguaggio e noi li bombarderemo con il
nostro linguaggio. Fregatene degli altri, pensa ai tuoi figli.
DOTTOR: Povero illuso.
SIGNOR: Che dici?
DOTTOR: Dico che sei un illuso, che fai tenerezza. Dopo questa legge
non avranno più bisogno di niente, neanche del tuo linguaggio.
SIGNOR: Che dici, come ti permetti. Il linguaggio è il verbo che li guida.
DOTTOR: Il linguaggio è la scusa che li rende schiavi.
SIGNOR: Esatto, intendevo la stessa cosa…
DOTTOR: Ormai non ce ne sarà più bisogno. Stanno per appenderlo al muro il tuo linguaggio, definitivamente.
SIGNOR: Non è vero, non possono.
DOTTOR: Tutto possono.
SIGNOR: Questo no! Li abbiamo addomesticati col nostro linguaggio, lo adorano.
DOTTOR: Non gli è stato più concesso altro.
SIGNOR: Esatto, intendevo la stessa cosa…
DOTTOR: Dopo questa legge non avranno più bisogno di niente, neanche del tuo linguaggio.
SIGNOR: E noi a cosa serviremo?
DOTTOR: Noi non serviremo più.
SIGNOR: Tu menti!
DOTTOR: No che non mento! Una volta inscatolati nelle loro case
butteranno la chiave… I tuoi giornali e le mie leggi non serviranno più
a nessuno. Sarà la vita stessa a diventare menzogna. E io non ci sto…
stavolta non ci sto! Ti conviene fare lo stesso… diserta…
SIGNOR: Eh?
DOTTOR: Diserta!
SIGNOR: E che vuol dire?
La parete divisoria scompare. Dottor e Signor si guardano negli occhi.
Durante il monologo Dottor si dirigerà verso il cesso di Signor.
DOTTOR: Io conosco una storia. È la storia di uno schiavo, un
vecchio schiavo. Che un giorno finalmente decise di attentare alla vita
del suo padrone. Si preparò a quell’uccisione come se niente fosse,
come se quella fosse l’unica azione che avesse mai compiuto da quando
era nato. Dopo cena entrò nella camera del suo padrone e lo aspettò lì.
Per gioco si mise la vestaglia di lino che trovò sul letto, si tolse le
scarpe e si mise a ballare. Sorrideva. In quel momento il padrone entrò
nella camera, lo schiavo non si accorse di niente e lui ebbe tutto il
tempo di studiare quella strana figura che si presentava ai suoi occhi.
Era la prima volta che vedeva quel vecchio ballare, ma soprattutto era
la prima volta che lo vedeva ridere. Sorrise anche lui e accostò un po’
la porta per non farsi vedere. In quel momento lo schiavo s’accorse di
lui e con uno scatto scomposto si lanciò verso la porta brandendo in
aria il coltello, ma dopo due passi cadde a terra rovinosamente, il
padrone si avventò su di lui e gli sfilò in un baleno il coltello dalle
mani. Fu così che i due si ritrovarono faccia a faccia, l’uno di fronte
all’altro. Per la prima volta, servo e padrone guardarono il mondo con
gli stessi occhi e capirono, finalmente capirono. Il padrone strinse il
vecchio tra le braccia, “Ti prego perdonami…” gli sussurrò
all’orecchio. E fu così che, per la prima volta in tutta la sua vita,
lo schiavo venne messo di fronte alla possibilità di scegliere. È
questo che vuol dire “disertare”: arrivare ad avere quella possibilità,
la possibilità di scegliere.
SIGNOR: Cosa fece lo schiavo?
DOTTOR: Non lo so, la storia finisce qui.
SIGNOR: Credi che anche a noi sia concesso scegliere?
DOTTOR: Io credo di sì. Ma dobbiamo volerlo insieme, insieme ce la faremo.
SIGNOR: I tribuni non ce lo permetteranno.
DOTTOR: I tribuni sono niente senza di noi. Tu hai smosso tre quarti della stampa nazionale.
SIGNOR: Tre quarti…
DOTTOR: Non è roba da poco.
SIGNOR: No, non lo è. Hai ragione, questa legge è disumana. Non possiamo permetterla. Non sarà facile.
DOTTOR: Lo so.
SIGNOR: Ci minacceranno.
DOTTOR: Lo so.
SIGNOR: Come reagiremo?
DOTTOR: Non lo so, per me è la prima volta.
SIGNOR: Anche per me…
DOTTOR: Lo capiremo.
SIGNOR: Sì, lo capiremo… Disertare?
DOTTOR: Disertare.
SIGNOR: Mi piace questa parola, chissà perché è caduta in disuso?
Rumori raggiungono il loro apice, Un Tribuno riappare nella sua cella. Le celle tornano a essere divise. Dottor resta imprigionato nella cella di Signor.
UN TRIBUNO: Spero abbiate approfittato per concedervi del tempo.
SIGNOR: Non il tempo necessario, forse c’è bisogno di più.
UN TRIBUNO: Un grande o un piccolo bisogno?
SIGNOR: C’è un grande bisogno.
UN TRIBUNO: Ah, ti capisco. Anche io, se non ho silenzio assoluto attorno, è difficile che riesca a cagare.
SIGNOR: Non si tratta di questo.
UN TRIBUNO: Allora sei uno di quelli che la fa solo nel cesso di casa.
Guarda, anche io ero come te ma poi, per colpa di questo mestiere, mi
sono abituato a farla ovunque. Però ora dovrai rimandare lumachina,
perché è tempo di decidere e alla svelta ché ho voglia di lavarmi le
mani e tornare all’aria aperta. Quindi, tu che le conosci le mie mani,
che le tieni così bene, hai capito benissimo il tuo lavoro. Risparmiami
il fiato e dimmi subito sì.
SIGNOR: Ecco… Io non ho ben capito il mio ruolo…
UN TRIBUNO: Cosa?
SIGNOR: Ecco… io dovrei…
UN TRIBUNO: No no no, tu il condizionale lo devi buttare al cesso. Tu devi.
SIGNOR: Devo cosa?
UN TRIBUNO: Lumachina?
SIGNOR: Devo cosa?
UN TRIBUNO: Vuoi veramente che mi ripeta? Lumachina tu dovrai sparare
cazzate! Riempire di merda ovunque e lasciargli solo lo spazio per
boccheggiare! Solo questo ti chiedo e ti ho sempre chiesto.
SIGNOR: E poi?
UN TRIBUNO: Poi?
SIGNOR: Quando il gregge avrà compreso, quando tutti avranno accettato
di restare soli… Cosa ne sarà del nostro lavoro, a chi servirà più?
UN TRIBUNO: Non è richiesto che tu ti faccia queste domande.
SIGNOR: Mi preoccupo per il dopo.
UN TRIBUNO: Il dopo non deve importarti! È stato abolito il dopo!
SIGNOR: Sì, ma secondo me…
UN TRIBUNO: Tu non puoi avere idee! “Divieto assoluto di radunarsi”, questo è l’unico concetto che devi tenere a mente!
SIGNOR: Sì ma…
UN TRIBUNO: Tienilo a mente!
SIGNOR: Io diserto! (Pausa)
Io diserto. Ero con voi quando l’organizzazione ha fatto i suoi primi
passi. Ero con voi quando abbiamo innalzato le nostre bandiere e siamo
rimasti lì per ore a guardarle sventolare e a farci venire il mal di
testa. Sono passati tanti anni da quel giorno, anni di successi, di
braccia tese, è da allora che vi tendo la mano. Ho scontato sulla mia
pelle tutte le difficoltà che ci sono volute per raggruppare questo
grande pascolo… ma ora ce l’abbiamo fatta. Io ho smosso tre quarti
della stampa nazionale! Tre quarti… non è roba da poco…! Abbiamo creato
qualcosa in cui potessero credere, una strada da seguire e adesso ci
credono, la maggioranza ci crede, io stesso ci credo! Abbiamo insegnato
loro l’arte della moderazione, li abbiamo convinti a non preoccuparsi,
a starsene tranquilli al loro posto. Abbiamo reso la sottomissione una
moda, un trend da seguire per essere tutti uguali. L’uguaglianza, non è
forse questo che gli avevamo promesso? E ce l’abbiamo fatta. Nessuno è
più libero. Ma almeno la parola libertà, almeno questa lasciamogliela.
Non permettiamo che cada in disuso. I tribuni regnano incontrastati,
non c’è bisogno di questa legge. Io non ci sto. Stavolta non ci sto! Io
diserto.
Pausa.
UN TRIBUNO: Formichina. Formichina ora tocca a te. Tu che hai avuto più tempo. Ora tocca a te.
DOTTOR: (sempre nella cella di Signor) Stavolta è diverso.
Di nuovo le pareti scompaiono. Un Tribuno guarda Dottor negli occhi.
UN TRIBUNO: Ah, ora capisco. Di nuovo quel vizietto formichina? Ma lo vuoi capire che la parte del contestatore non fa per te?
DOTTOR: Stavolta è diverso…
UN TRIBUNO: È pericoloso il gioco che fai, molto pericoloso.
DOTTOR: Stavolta è diverso…
UN TRIBUNO: Stavolta per colpa tua un altro innocente sarà costretto a rimetterci.
DOTTOR: Io non ci sto. Te lo dico. Stavolta non ci sto.
UN TRIBUNO: Ho incontrato tua moglie giù nei corridoi. Era assieme ai
tuoi due figli. Il biondino e Anna, la piccola Anna. Non sta bene
lasciarli aspettare in un postaccio come questo.
DOTTOR: Non mettere in mezzo…
UN TRIBUNO: Anna! Tutta sua madre… le somiglia come una goccia d’acqua. (Pausa) Allora formichina, quanto ti serve per fare quello che ti ho chiesto?
Dottor gli si avvicina. I due sono a un palmo di naso. Tutto potrebbe accadere.
Pausa.
Dottor torna al suo cesso. Tornano le divisioni tra le celle.
DOTTOR: Una settimana è più che sufficiente.
UN TRIBUNO: Bene formichina! Ora ho proprio bisogno di lavarmi le mani, vieni con me?
I due escono. Luce solo su Signor.
I rumori ritornano. Indomiti. Liberi d’agire.
Giusto il tempo di percepire la fine di un uomo e poi…
Buio.