TUTTI I GIORNI SI ALZA UN CUCULO BEATO CHI SE
LO CUCCA
Commedia Brillante In due atti di
Giuliano Angeletti
PERSONAGGI:
IL MARCHESE FELICINO PARODI
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI
IL BARONE QUINTAVALLE
IL NOTAIO ANJELLO ARGUAGLJA
DON PIATELETO
CARLIN DE MONTEBELO
ARTURO CORAZZONI
GIAZERA
ZENOBIO
VENANZIO
IL CARABINIERE REALE
TRE MEZZADRI
IL POSTINO
LO STRILLONE
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI
RISORTA
ANNINA
ARMIDA
ROMILDA
RUBINA
MARIA
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 1
IL NOTAIO ANJELLO ARGUAGLJA, ANNINA
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI
(Il notaio Anjello Arguaglja ansante si dirige verso il palazzo del Visconte
Mosconi)
(Bussa - Annina va ad aprire)
ANJELLO ARGUAGLJA:
Annina io devo urgentemente parlare con il vostro signore
ANNINA:
Il mio signore sta riposando! E non vuole essere disturbato
ANJELLO ARGUAGLJA:
Vi prego andate a svegliarlo!
ANNINA:
Volete che vada a svegliarlo! Ma siete andato fuori di senno
ANJELLO ARGUAGLJA:
Si ve ne prego
ANNINA:
Io non ho l’ordine di svegliarlo
ANJELLO ARGUAGLIA:
Fatelo, ve ne prego … se no ne avrete da lamentarvi
ANNINA:
In questo caso vado, ma la responsabilità è tutta vostra
ANJELLO ARGUAGLJA:
Fidatevi dite che la colpa è mia …
ANNINA:
Vado ma … dico di voi …
(Annina va a svegliare il Visconte mentre il notaio gira nervoso)
SCENA 2
IL NOTAIO ANJELLO ARGUAGLJA
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI
(Entra in scena il visconte con la camicia da notte ed imbestialito)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(inferocito)
Arguaglia, pezzo di un plebeo come vi permettete di svegliare il sonno di un
giusto
ANJELLO ARGUAGLJA:
(titubante)
Signor Visconte !Ho delle brutte nuove da darvi …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(ad alta voce)
Illustrissimo … voi dovete chiamarmi illustrissimo, cosa è successo … diamine
cosa è successo … spero che avrete interrotto il mio sonno per qualcosa di
importante
ANJELLO ARGUAGLJA:
(titubante)
E successo …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Mi hanno rubato il grano …
ANJELLO ARGUAGLJA:
NO
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(preoccupato)
È fallita la mia banca …
ANJELLO ARGUAGLJA:
No gli affari vanno bene
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(preoccupato)
I miei prestiti, qualcuno non ha pagato
(feroce)
datemi il nome (furioso) io stesso, vado a stritolarlo…
ANJELLO ARGUAGLJA:
No tutti pagano i vostri interessi del quattrocento per cento …
voi siete veramente un grande usuraio
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(arricciandosi i baffi)
E me ne compiaccio …
(soddisfatto)
sono come mio nonno …
buon sangue non mente …
Allora cosa è successo …
ANJELLO ARGUAGLJA:
È successo …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(feroce)
Hanno avvelenato i miei cani! Sono stati quei bastardi di plebei
ANJELLO ARGUAGLJA:
No i vostri cani stanno bene….
(Il Visconte Mosconi prendendo il notaio per il bavero)
Hanno violentato mia figlia
ANJELLO ARGUAGLJA :
Vostra figlia sta benissimo
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(deluso)
Che peccato … ma non la vuole proprio nessuno la mia piccola Adelina
ANJELLO ARGUAGLJA :
No! E’ successo …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(felice)
È scoppiata la guerra … e voi mi avete svegliato perché è scoppiata la guerra,
la guerra si che è una bella notizia …noi nobili ci guadagniamo con la guerra …
invece …
(sarcastico e rivolto ad Arguaglia)
voi cialtroni
(ride)
invece andate a morire …
(irato)
farabutto voi mi avete svegliato per la guerra …
imbecille … voi siete un imbecille ..
ANJELLO ARGUAGLJA :
E successo …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(feroce)
Ditemi cos’è successo o v’ammazzo con le mie mani
ANJELLO ARGUAGLJA:
Sapete che io dormo poco …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Non mi interessa cosa, fate voi di notte
ANJELLO ARGUAGLJA :
Questa mattina di buon’ora è venuto un plebeo e ha firmato per una successione
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(deluso)
E voi mi avete svegliato per una scemata simile …
Vi denunzio … vi mangio tutto … vi faccio ritirare la licenza …
il mezzadro vi faccio fare
ANJELLO ARGUAGLJA:
No … non ci sarebbe stato nulla di strano …
io ho passato il foglio e il giovane ha firmato
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(sarcastico)
Avrà firmato con una croce … come può firmare un miserabile e rozzo analfabeta …
le bestie non firmano
ANJELLO ARGUAGLJA:
No … ha firmato con nome e cognome
(Il Visconte Mosconi inferocito da un colpo al vaso di fiori che è su tavolo)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(feroce)
Non è possibile non può aver imparato a scrivere, i plebei sono tutti analfabeti
…e devono rimanere ignoranti questi animali da soma …
loro sono inferiori … sono dei muli … vi sarete sbagliato ….
voi avete bevuto
ANJELLO ARGUAGLJA:
No … ecco ho portato qua l’atto … il suo nome è Tonino
Il Visconte Mosconi
Tonino quel farabutto, e chi è quel bracciante … quel tarlo … quella rogna
…bisogna bloccarlo… bisogna sopprimerlo come un cane arrabbiato … bisogna
strangolarlo nel sonno … quel bandito …
ANJELLO ARGUAGLJA:
Io direi di convocare tutti i nobili e il clero
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Voi direte
(irato)
… niente … sono io che devo decidere voi avete il sangue plebeo …
ANJELLO ARGUAGLJA:
Certamente, signore …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Convocheremo i nobili e il clero …
pensate voi a tutto e non dite niente a nessuno, altrimenti vi rimando a zappare
la terra
(feroce) e poi .. Eccellentissimo Visconte ecco come dovete chiamarmi .
ANJELLO ARGUAGLJA:
la prossima volta … vi chiamerò Ecceletissimo Visconte
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Un contadino che sa leggere e far di conto non si era mai visto
(feroce)
Ignoranti devono restare i contadini … sono dei muli … da che mondo e mondo i
muli non devono pensare ma solo lavorare
ANJELLO ARGUAGLJA:
Animali si sono animali …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(feroce) Quello debbo dirlo io …
Quello zotico potrebbe diventare un sobillatore un reazionario, un
rivoluzionario e soverchiare l’ordine predefinito da Dio...
e poi anche voi notaio … siete un animale … ora
Bisogna convocare il fior fiore della nobiltà… e prendere una decisione …
pensate voi a preparare le missive
ANJELLO ARGUAGLJA:
Anche il clero …. eccellentissimo
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Il clero prima di tutto
ANJELLO ARGUAGLJA:
Non vorrei eccellentissimo che la causa di tutto questo, sia quel pretino di
Vezzano basso Don Piateleto, dicono che abbia strane idee per la testa
ANJELLO ARGUAGLJA:
Non credo! S.E. Monsignor Perfetti non manderebbe mai a Vezzano un prete
sobillatore … indagheremo
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Non credo …. Lo devo dire … io non credo… non voi che siete un mio servo … e poi
… indagheremo … lo dico io
ANJELLO ARGUAGLJA:
Faremo un' indagine a tappeto, ogni casolare, ogni stalla, ogni fienile sarà
passata a setaccio per far si che il cancro non si propaga
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Si ! Bisogna fare in modo di estirparlo alla radice … io farei una convocazione
con i nobili più in vista e dopo una assemblea generale dove si stilerà un
comune verbale .. che avrà come esito la soppressione di quello zotico infamante
ANJELLO ARGUAGLJA:
Devo avvisare i Carabinieri Reali
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
I Carabinieri Reali … No ! questa non è una legge del Regno, ma una legge della
Nobiltà che è nata prima dell’ Italia.
(Arguaglja esce di scena rimane il Visconte Mosconi che si risiede al tavolo
prende delle carte ed esce di scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 3
ARMIDA, ANNINA
(Annina esce dalla porta e incontra Armida)
ANNINA:
Annina dove andate cosi a buon passo
ARMIDA:
Devo andare a pulire la canonica, perché la perpetua è andata alla Cornia a
trovare sua sorella e allora vado ad aiutare Don Piateletò
ANNINA:
Ma è vero che Don Piateleto, ha le mani lunghe
ARMIDA:
No … è un santo
ANNINA:
E’ un santo di quelli buoni … c’è sempre un via vai di donne in quella canonica
è la perpetua non c’è mai …
(a voce bassa)
dicono anche che ha un bel cordone sotto la tonaca …
ARMIDA:
Non offendete il buon nome di Don Piateleto, pettegola e zoticona io ci vado
solo io a dare una mano in chiesa …
ANNINA:
Lasciamo perdere… la sapete la nuova del Visconte
(Le due si parlano nell’orecchio e ridono)
ARMIDA:
Non vi preoccupate … non dico niente a nessuno
(Armida esce di scena Annina torna in casa)
(bussano alla porta, Annina va ad aprire ed entra, il Barone Flugenzio
Quintavalle, il Marchese Parodi)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 4
IL BARONE QUINTAVALLE, IL MARCHESE FELICINO PARODI
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI, ANNINA
(Bussano alla porta)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Sbrigatevi andate ad aprire e fate entrare i miei ospiti, senza fare cerimonie
inutili e soprattutto senza salamelecchi andate alla svelta … via … via e poi
lasciateci soli … andatevene in paese da vostra sorella o a strapparvi il collo
dove vi pare: basta che ve ne andate …lasciate solo da bere …
ANNINA:
Eccellentissimo nobile ho lasciato per i vostri illustri ospiti, caffè, rosolio
e vino ed anche del cognac francese e della vostra grappa
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Andate ad aprire … ed andatevene subito… la servitù per quanto, fidata … non è
mai fidata abbastanza … il sangue non mente …
(Annina va ad aprire)
ANNINA:
Prego signori il mio mobilissimo padrone vi aspetta …
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Di che umore è?
ANNINA:
Pessimo
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Allora è del suo umore
(I due nobili entrano)
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Buona giornata signor Visconte
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Che questo giorno vi sia propizio nobil’uomo
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Se fosse un buon giorno io non vi avrei mai chiamato … entrate
(I due nobili in unisono) Possiamo
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Entrate che aspettate … diamine … servitevi bevete quello che volete … ma non
aspettatevi di essere serviti perché ho lasciato libera la servitù per tutta la
mattinata
(i nobili devono e si siedono)
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Ma cosa è successo Mosconi vi ha morso una tarantola
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Calmatevi! Cosa è successo di tanto grave
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Una catastrofe
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
non capisco sul bollettino non è riportato un che!
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Di gravissimo non credo i mercati vanno bene
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Ma cosa è successo di tanto grave
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Siamo alla fine … presto tutti i nostri privilegi scemeranno e noi …
eletti finiremo sul lastrico
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Calmatevi, sarete certamente male informato, tutti i
nostri affari hanno avuto un notevole incremento
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Siamo rovinati …siamo rovinati
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Non affliggetevi! Io in qualità di primo cittadino, è mio dovere essere al
vostro servizio
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Se avete bisogno di un prestito, o qualsiasi altra cosa io sono a vostra
disposizione
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
No … finanziariamente per ora e per volontà di dio gli affari vanno bene
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Avete allora una delusione d’amore
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
un puttaniere della vostra specie disperato per una donna, cose da non credere
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Peggio molto peggio
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Visconte cosa sta succedendo! Io non vi ho mai visto così
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Adesso vi racconterò
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Raccontate qui siamo tra amici
(Il Marchese Felicino Parodi e il Barone Quintavalle)
Vi ascoltiamo
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Questa mattina di buon ‘ora è venuto a svegliarmi il notaio Arguaglja, dicendomi
che era venuto in nottata un contadino con un foglio di successione
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
E allora
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
(sorridente)
E voi siete preoccupato per una simile banalità
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Purtroppo il contadino ha presentato il foglio al mio fido notaio e ha firmato
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
(ridendo)
Firmato …avrà firmato con una croce, come volete che firmi un contadino
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
I nostri contadini sono tutti analfabeti
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(grida)
Noo ! Nooo! Quel bifolco ha letto ed ha firmato con nome e cognome
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Non è possibile … quei bifolchi sono tutti analfabeti
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Il contadino è un essere inferiore e deve vivere nell’ignoranza, come un animale
da soma, il notaio avrà sbagliato … il notaio era ubriaco
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
No non era ubriaco … purtroppo… quel contadino sa leggere e far di conto
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Ma questo è un danno irreparabile
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Il cancro va estirpato alla radice
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Bisogna sopprimerlo
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Bisogna tagliargli le mani
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Bisogna dargli gli otto giorni
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Bisogna trovare il modo per condannarlo all’ergastolo
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Bisogna sopprimerlo
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Si i bifolchi devono essere e rimanere bifolchi, tuttavia qualcuno della nobiltà
o del clero ha tradito la giusta causa
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Non sarà per caso stato quel pretino che per una gonnella è capace di vendere
tutta la curia
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Non può essere stato lui … a combinare questo misfatto posso metterci le mani
sul fuoco …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Per me è stato quel pretino di Vezzano Basso
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Se fosse lui lo farei subito trasferire
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Bisogna convocare tutta la nobiltà e prendere una decisione comune… ho stillato
un serie di nomi che voi tutti approverete … con un plebiscito
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Possiamo almeno vedere l’elenco dei nomi
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Ecco l’elenco:
(lo passa al Barone che legge ad alta voce)
Il Barone Flugenzio Quintavalle, Il Marchese Felicino Parodi,La Contessa
Adelaide Mosconi, la Baronessa Ombretta Riccobaldi, Don Piatèleto, il notaio
Anjello Arguaglja, il Conte De Carolis
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
(perplesso)
Il Conte De Carolis … sicuro ma …
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
(perplesso)
Non era morto …
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Si … ne sono certo sicuramente è morto
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Si si … è morto ancora ho in tasca il suo epitaffio scritto da un poeta ,
Angeletti quello dei Carobi
(E lo legge)
Il conte Pellegro De Carolis, giusto tra i giusti, ha lasciato questo mondo … la
nobiltà tutta piange la sua assenza
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Ho ancora un credito da lui di mille lire … conservo ancora la ricevuta del
prestito, la terrò come perenne ricordo, no anzi la distruggo, perché un nobile
come lui non venga infamato.
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
A ricordarlo da vivo era un truffatore, un opportunista, anzi era un vero
tamburo
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Era un pover’uomo … mi faceva pena
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Lasciamo stare i morti e pensiamo ai vivi
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Ma è morto veramente ? indagheremo
(a bassa voce)
Sentite io ho deciso di convocare la nobiltà a casa mia separatamente, per
essere più discreti perché la segretezza è tutto ..
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Io invece convocherei tutta la nobiltà nel solito momento
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Chi comanda qua
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Voi
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Per me va bene tutto
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Va bene … ho detto così per dire
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Trovato il contadino lo facciamo arrestare
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
E con che capo d’accusa
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Ci perso io ..
Adesso andatevene … devono venire gli altri
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Ma come non ci fate neppure sedere
IL BARONE FLUGENZIO QUINTAVALLE:
Possiamo almeno bere un goccio
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
No … non più … è tardi … deve arrivare gente e non vi devono vedere … andate poi
vi faccio sapere …
(Il marchese, il barone escono di scena)
Entrano in scena Don Piateleto, Adelaide Mosconi e Ombretta Riccobaldi
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 5
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI,
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI, DON PIATELETO
(Adelajde Mosconi E Don Piateleto entrano in scena di forza, la donna infuriata
prende il cugino per un’orecchio)
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
(infuriata e rivolta al cugino)
Disgraziato, delinquente, rovina famiglie, non ti ridò più un centesimo, sei
peggio di un serpente … non prenderai più un soldo da me
DON PIATELETO:
Imbecille di un uomo … lasciate stare la contessina
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Non ho fatto niente … non ho fatto niente
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Siete un fallito, un approfittatore, un opportunista, un reietto
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Abbiate pietà non ho fatto niente … gli affari di famiglia vanno bene
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Sono io che dirigo tutto, voi non siete in grado di fare un 0 con un bicchiere
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Cos’ho fatto … cos’ ho fatto
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Rivoglio le mille lire che vi ho prestato e vi siete mangiato al gioco con un
prelato che è in questa stanza
DON PIATELETO:
Solo per opere di bene … solo per opere di bene
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Alla Suprema … silenzio … voi siete andato alla casa di tolleranza Don
Piateleto, lo sanno tutti …
DON PIATELETO:
si … ma per salvare le pecorelle
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Si le pecorelle della madama
DON PIATELETO:
Non lo direte per caso al Vescovo
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
No perché c’era anche lui
DON PIATELETO:
Meno male
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Vergognatevi Don Piateleto, tradirmi con una meretrice
DON PIATELETO:
Vi voglio sempre bene … quello è stato un peccato … la colpa è tutta del
visconte …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Don siete falso come Giuda, siete stato voi … l’idea della suprema era vostra …
DON PIATELETO:
Mia… ma siete matto, io sono un ministro di dio
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Voi non vi permettete non do più soldi né a voi né alla chiesa e vi trovo una
perpetua
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Si trovateci una perpetua stagionata, così si leva da scorazzare per Vezzano
DON PIATELETO:
Non ne voglio di perpetue, io voglio solo che due volte alla settimana una donna
giovane venga a fare le pulizie in canonica
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Furbo il pretino
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Datemi le mille lire anzi datele al curato per i poveri e adesso sottospecie di
visconte ditemi, la causa di questa convocazione
DON PIATELETO:
Grazie donna di buon cuore
(Ed il curato prende i soldi)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
È la catastrofe … è la fine … la nobiltà è giunta all’ecatombe
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Non mi sembra proprio, la speculazione ha incrementato le nostre casse
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Non quello … non quello
DON PIATELETO:
La gente di Vezzano si è allontanata da dio
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Con un prete come voi per forza
DON PIATELETO:
Ma se alla Messa domenicale e alle feste comandate faccio sempre il pieno di
gente
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Di donne
DON PIATELETO:
Uomini … meno ne vengono …e …meglio è
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(cambia discorso)
Sono rovinato … sono rovinato
DON PIATELETO:
Confidatevi con il vostro curato
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Chissà cosa ha combinato questo serpente
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Un contadino, sa firmare e forse far di conto
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
E allora … è tanto che lo so … e cosa c’è di strano
DON PIATELETO:
È solo una povera pecorella smarrita
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Quello lì va soppresso, diventerà un sobillatore e noi nobili e il clero perderà
il suo potere
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
L’unico che perderà il potere sarete voi! Imbecille
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Lo perderemo tutti! Qualcuno ha tradito
DON PIATELETO:
Io no… sono rispettoso delle leggi del signore io… se loro imparano a leggere,
si fanno delle domande, le domande, richiedono risposte, le risposte … sono
quelle che sono … è meglio un analfabeta, lo dice anche sua Eccellenza, un
analfabeta … va in paradiso … un contadino con penna e calamaio, infangato dalle
false dottrine può diventare, dio mi perdoni, un socialista … e finire dannato a
patire pene dell’inferno… mio fratello Mario Piateleto mai e poi mai ha preso
una penna in mano … e ancora firma non fa per vantarsi con una bella croce
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Mai avrà preso un una penna ma dicono che ha un buon pennello no cugina … non
sarete mica per caso stata voi
(La contessa tenta di aggredire il visconte, ma Don Piateleto la frena)
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Brutto tamburo … come vi permettete … io vi distruggo, io vi mangio tutti i
soldi che avete farabutto … e non finisce qui … e quanto a Piateleto … non solo
non ha imparato a leggere e scrivere ma è diventato ancora più ignorante … non
sono mica scema io
DON PIATELETO:
Farabutto …disgraziato senza dio … offendere un donna pia e onesta come la
confessa, chiedetegli scusa altrimenti scrivo a S.S. e vi faccio scomunicare
imbecille… andiamo via contessa da questa casa dimenticata dal signore …
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Andiamo via … mio bel curato… andiamo via … da questo malvivente che non ha
rispetto neppure per una donna
(mentre se ne va da una borsettata a Visconte che si accascia sul tavolo, il
prete lo benedice e abbracciando la contessa)
DON PIATELETO:
Cara contessa che colpo da maestro, cosa avete nella borsa
(E la contessa ridendo apre la borsetta e tira fuori un mattone
Il prete e la contessa escono di scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 6
ANNINA,
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Ho la testa rotta, ma cosa mi ha colpito, mi sembra che mi sia crollato addosso
il castello … sono tutto rintronato
ANNINA:
Comandi signor padrone
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Annina andate dal notaio e dite a lui di venire in palazzo con le mappe
catastali …
(Annina esce di scena, il visconte si accascia al tavolo toccandosi la testa …
fuori dalla porta)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 6
RISORTA,
CARLIN DE MONTEBELLO
(dialogo tra Carlin de Montebello e sua moglie Risorta)
(Risorta stende una tovaglia sul palcoscenico e vi depone, pentole, brocche,
fiaschi, piatti, suo marito è poco interessato, piuttosto alticcio, pensa
piuttosto a bere)
RISORTA:
Carlin, questo piatto vale 20 centesimi in contanti o 2 galline ovaiole. Questa
caffettiera 1 Lira o 5 conigli, i bicchieri 10 centesimi, i fazzoletti 20
centesimi o 1 coniglio l’uno … fatevi pagare e segnatevi tutto e non bevete …
CARLIN:
No non bevo e mi segno tutto
RISORTA:
Datemi il libretto che controllo tutto,
(Carlin da alla moglie il libretto in cui sono segnati tutti i crediti del
venditore ambulante)
RISORTA:
Il Marchese Parodi mi deve 20 Lire
Il Visconte Mosconi 30 Lire
Il Barone Quintavalle niente ha pagato tutto a me, lo cancello.. Venanzio 10
Lire, Adelaide Mosconi 5 Lire, Annina 20 centesimi, Armida 10 centesimi, Ligagia
30 centesimi, Corazzoni 10 Lire di addobbi funebri, da lui non vi fate pagare
porta male, Don Piateleto 40 Lire ma con lui ci scontiamo in messe … il conte De
Carolis 1000 Lire pace all’anima sua … che il signore l’abbia in gloria
strappiamo questi fogli e tutti i debiti … però per compensare la perdita,
aumentiamo tutti i prezzi di 5 centesimi a tutti gli altri… capito e fatevi
pagare lazzarone … imbecille di uomo
(Carlin alticcio e sempre tracanando vino)
Si si moglie non vi preoccupate, tutti i soldi rientreranno … sarò più duro di
un sasso del Vara …tutti … pagheranno tutti … se non pagano li sfondo tutti …
(E mostra al pubblico il pugno minaccioso)
Mi farò pagare e anche con gli interessi … si con gli interessi
RISORTA:
E guardate bene di farvi dare fino all’ultimo centesimo, perché se voi ritornate
senza soldi io vi farò maledire il giorno in cui mi avete conosciuto, io Carlin
o Gotin come vi chiamano vi spello come un coniglio e la vostra pelle la vendo a
Giuliano quello della banda per farci un tamburo … stupido che non siete altro …
CARLIN:
No … non preoccupatevi adesso vado … vado… subito di corsa
RISORTA:
Mi raccomando state attento al Visconte Mosconi, non fidatevi di Ligagia , né di
Venanzio, nè del Visconte. neppure del conte
CARLIN:
E di chi devo fidarmi … allora
RISORTA:
Di chi vi fa vedere i soldi
CARLIN:
Ho capito, ho capito …
(Risorta mette tutta la mercanzia in una tovaglia, la piega ed il marito è
pronto a partite entrambi escono di scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 7
ANJELLO ARGUAGLJA,
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI
(Dialogo tra il notaio Arguaglja e il Visconte Mosconi)
(Il Visconte Mosconi è in casa che legge il giornale, entra il notaio)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Siete in ritardo come al solito come tutti i plebei
ANJELLO ARGUAGLJA:
Ho fatto del mio meglio
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Avete portato le mappe catastali
ANJELLO ARGUAGLJA:
Sempre al vostro servizio
(Il notaio apre la mappa e la illustra al suo padrone)
ANJELLO ARGUAGLJA:
Ecco vedete … Vezzano è diviso tra i vostri possedimenti, quelli del marchese
Parodi, del barone Flugenzio Quintavalle e quelli di Adelaide Mosconi. Le
proprietà della Mosconi sono il doppio delle vostre.
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Questo lo so … A me interessano le mie proprietà
ANJELLO ARGUAGLJA:
Voi nel territorio di Vezzano avete possedimenti nella Cornia, a Valeriano, a
San Prospero, meno che in questo punto che è ancora di proprietà del Conte De
Carolis … ma è un terreno che non da investimento ed è questa riga che vedete
sulla carta è il passo.
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
voglio il terreno del conte
ANJELLO ARGUAGLJA:
Ma è più la spesa che l’impresa, è un pietraio
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Lo voglio, costi quel che costi, il conte è morto … accertatevi qualcuno dovrà
saldarmi i suoi debiti … non sono mica bravo come il barone Quintavalle io …avrà
un erede …convocatelo … ma prima accertatevi che sia veramente morto … dopo
inviate una convocazione a casa sua qualcuno si farà vivo … o lui … o un erede …
o il nuovo proprietario … adesso devo andare … fate tutto voi … guadagnatevi il
pane una buona volta
ANJELLO ARGUAGLJA:
Si signor padrone
(Il Visconte esce di scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 8
ANJELLO ARGUAGLJA,
ANNINA
(dialogo tra il Notaio Arguaglja ed Annina)
ANJELLO ARGUAGLJA:
Io il mio padrone non lo capisco, non comprendo il nesso, quel terreno non è
produttivo, ma lui lo vuole …lo vuole… per principio … io non ci spenderei
neppure un centesimo … ma lui comanda ed io eseguo. Il conte dovrebbe essere
morto, sono mesi che non lo vede nessuno, sua moglie Ernestina con i figli di
primo letto è andata a Torino dai parenti, tuttavia morto o non morto devo fare
le mie indagini e convocare in questo studio tutte le persone che hanno avuto a
che fare con lui: e quindi, Arturo Corazzoni (caratellin), Giazera, Don
Piatèleto , Rubina e Romilda
(Il notaio scrive i nomi prepara le cinque lettere e chiama Annina)
ANJELLO ARGUAGLJA:
Annina
ANNINA:
Vengo quanta fretta
ANJELLO ARGUAGLJA:
Signorina consegni queste missive a Caratellin, a Giazera, a Don Piatèleto, a
Rubina e a Romilda
ANNINA:
Dovete dividermele, perché solo il pretino sa leggere e scrivere, gli altri
conoscono solo il valore dei soldi
ANJELLO ARGUAGLJA:
Mi scusi signorina, facciamo così: quella con il fiocco bianco a Rubina, quella
con il fiocco rosso a Giazera, quella con il fiocco rosa a Romilda e quella con
il fiocco nero a Caratellin
Rubina tocca ferro e il notaio si tocca sotto, Annina esce dalla porta e
incontra il becchino che passa con il campionario
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 9
ARTURO CORAZZONI (Caratellin),
ANNINA
(dialogo tra Corazzoni ed Annina)
ANNINA:
Arturo meno male che vi ho trovato
ARTURO CORAZZONI:
( sfregandosi le mani)
Avete avuto un lutto in famiglia
ANNINA:
(facendo le corna)
No! Stiamo tutti bene
ARTURO CORAZZONI:
(sfregandosi le mani)
Allora qualche vostro vicino, forse qualche vostro vicino, forse Giovanni che ha
sempre mal di stomaco
ANNINA:
No urgentemente vi aspetta il notaio nello studio del visconte
ARTURO CORAZZONI:
Se mi aspetta vado … magari ha qualche parente che sta male
(Annina esce di scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 10
ARTURO CORAZZONI (Caratellin),
ANIELLO ARGUAGJIA
(dialogo tra Corazzoni e il Notaio Arguaglja)
(Arturo bussa alla porta dello studio del notaio)
ARTURO CORAZZONI:
Signor notaio! Posso entrare
ANJELLO ARGUAGLJA:
(con autorità)
Entrate … sedetevi … e bevete un goccio
(Arturo si siede e beve)
ARTURO CORAZZONI:
In che cosa posso servirvi, ho portato con me il campionario
(E lo mostra)
ANJELLO ARGUAGLJA:
(toccandosi sotto)
Non mi interessa, mi interessa piuttosto il Conte Ettore De Carolis
ARTURO CORAZZONI:
È vivo?
ANJELLO ARGUAGLJA:
(con autorità)
Sono io che lo chiedo a voi, è vivo o no ?
ARTURO CORAZZONI:
(pensieroso)
io … se la memoria non m’inganna gli avevo venduto una cassa, bellissima di
mogano, rivestita con velluto rosso e con un cuscino di pizzo bianco, una dimora
così il conte non l’ha mai avuta , anzi visto che sono qua potete approfittarne
anche voi vi faccio lo sconto, visto che siete ancora in buona salute
ANJELLO ARGUAGLJA:
(toccandosi sotto)
Non mi interessa parlatemi degli ultimi giorni del conte
ARTURO CORAZZONI:
(pensieroso)
Il conte dopo aver rischiato di sposare quella poco di buono ed ammazza mariti
di Romilda, ha sposato Ernestina, la moglie di Agostino, quella che è rimasta
vedova tre anni con due figli, ma le cose non sono andate bene infatti lei con
la prole ….è andata a stare dalla cognata a Torino, anche lei vedova e il signor
conte animo sì buono e gentile rimasto solo …. dicono che sia morto di
crepacuore, morto sì ma previdente….. ha fatto un figurone, con la mia cassa.
ANJELLO ARGUAGLJA:
Ma non l’aveva buttata dal poggiolo … insomma l’aveva distrutta
ARTURO CORAZZONI:
(pensieroso)
Sì ma io l’ho recuperata, ripulita e riconsegnata al legittimo proprietario,
sono il titolare una impresa seria io.
ANJELLO ARGUAGLJA:
Ma il funerale … quando c’è stato?
ARTURO CORAZZONI:
Non so … pagato è stato pagato,ma non è stato fatto dalla mia ditta. Io gli
avevo prenotato la Banda Puccini, i piagnoni, i…. cavalli … ma lui….
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Ma voi allora non sapete niente!
ARTURO CORAZZONI:
No …
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Andatevene ora ed uscite da questa casa
ARTURO CORAZZONI:
(alterato)
Che modi … volete almeno prenotarvi un cassa … vi posso fare un buon prezzo
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Aria … via … via … beccamorto
ARTURO CORAZZONI:
(alterato)
Me ne vado, tanto è solo questione di tempo, prima o poi ve lo preparo anche a
voi un bel viaggio …
(Arturo esce di scena, accompagnato dalle corna del notaio)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 11
GIÀZÉRA,
ANIELLO ARGUAGJIA
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato e tra se e se)
Questi beccamorti, non ti lasciano mai in pace, neppure da vivi …
(Bussano alla porta entra Giàzéra)
GIÀZÉRA:
Posso entrare
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Cosa aspettate, alla svelta il tempo è denaro
GIÀZÉRA:
(titubante)
Signor notaio perché mi avete mandato a chiamare, avete bisogno dei miei servigi
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
No! ho bisogno di una informazione
GIÀZÉRA:
(titubante)
Servo vostro
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Smettetela con le reverenze, io non sono bravo come il visconte io sono una
bestia
GIÀZÉRA:
(titubante)
Un cane
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Non ho capito, cosa avete detto!
GIÀZÉRA:
(titubante)
Un verme
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Cosa avete detto!
GIÀZÉRA:
(titubante)
Un leccaculo, un ruffiano
Ditemi cosa volete sapere
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Il conte De Carolis, parlatemi di lui … è morto sì o no ?
GIÀZÉRA:
(orgoglioso)
Il conte sì che era un uomo di buon gusto, e previdente: gli ho preparato una
lapide con un granito di primo ordine, striato in grigio e con inciso un
cappello d’alpino, ricordo del suo glorioso passato al fronte per glorificare la
Patria in armi, sulla parte sinistra ha preteso ed avuto in rilievo la medaglia
che gli venne conferita sul Carso
ANJELLO ARGUAGLJA:
(sarcastico)
Era la medaglia della prima comunione
(ride)
Il conte non ha mai combattuto sul Carso
(ride)
E neppure dalle altre parti e non l’ha mai fatto l’alpino:
(tira fuori un foglio )
qui c’è scritto esonerato per insufficienza toracica. Voi avete scritto il falso
GIÀZÉRA:
(orgoglioso)
Io non sono tenuto a sapere
(ad alta voce)
io sono pagato per lavorare e poi sulle lapidi ci incido quello che mi dicono,
su di voi io… invece scriverei
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Sto par di balle … il conte è vivo o morto …
GIÀZÉRA:
(titubante)
Non so … la mia lapide al cimitero non c’è …però ci sono alcune fosse senza nome
.. non vorrei che la mia lapide così bella e fatta con tanta passione … quel
energumeno se la sia giocata e lui si sia fatto seppellire con una misera croce
di legno e senza l’intaglio di un nome
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
È capace di tutto quel farabutto … allora voi non sapete niente .. accomodatevi
.. all’uscita e alla svelta
GIÀZÉRA:
(titubante)
Avete bisogno di qualcosa
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Niente andate via … via
(Giàzéra esce di scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 12
DON PIATELETO, RUBINA, VENANZIO
ANIELLO ARGUAGLJIA, IL CARABINIERE REALE
(entra Don Piateleto, Venanzio e Rubina, Rubina è incinta)
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Entrate cosa aspettate
(Venanzio togliendosi il cappello)
Posso
RUBINA:
Al vostro servizio
DON PIATELETO:
Facciamo presto che non ho tempo
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Ma dove avrete da andare perdigiorno
DON PIATELETO:
Queste sono cose che non vi riguardano, I sono un ministro del signore non un
ruffiano del visconte
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Ruffiano io proprio no … io faccio il mio dovere
VENANZIO:
Sempre a discapito della povera gente come noi
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Questo non è il momento per le lamentele.
Parlatemi del vostro parente, tale conte Ettore De Carolis
È vivo o morto
RUBINA:
Da quando si è sposato Ernestina,non ci ha più degnato di uno sguardo
VENANZIO:
Prima ogni volta ci chiamava o bussava alla nostra porta,
ora non ci considera neppure parenti
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Rispondete alla mia domanda! È vivo o morto
DON PIATELETO:
Ma andate all’anagrafe, invece di disturbare gli onesti lavoratori, ogni minuto,
ogni ora persa è denaro per il signore
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Voi siete proprio la persona meno indicata a parlare di lavoro
E poi l’anagrafe è andata a fuoco, è bruciato tutto l’archivio, sarà stato
qualche contadino sovversivo
VENANZIO:
Sempre la colpa ai poveracci
RUBINA:
Noi siamo timorati di dio
VENANZIO:
Sarà stato un sigaro acceso uno di quelli che fumate voi signori a bruciare
tutto non un contadino
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
I contadini sono gente infame… allora io scrivo, che visto le testimonianze
della Signora De Carolis Rubina,sorella dello scomparso maritata con Venanzio
Castano di professione mezzadro, di Corazzoni Arturo di professione (becchino)
di Seremedi Vinello ( vulgo Giazera ) di professione marmorino e di Don
Piateleto curato di Vezzano inferiore. i suddetti certificano, con il comandante
della stazione RRCC la scomparsa ma non l’atto di morte. Adesso firmate tutti
con una bella croce, meno il curato per lui una firma per esteso
DON PIATELETO:
Mettete una croce cari parrocchiani
(E tutti mettono una croce)
ANJELLO ARGUAGLJA:
(alterato)
Bravi adesso consegno tutti gli scritti al visconte,
buona maternità Rubina e complimenti al padre
VENANZIO:
Grazie
DON PIATELETO:
Grazie
ANJELLO ARGUAGLJA:
(confuso)
Ma insomma chi è il padre
VENANZIO:
Sono io il padre
DON PIATELETO:
Sono io il padre
ANJELLO ARGUAGLJA:
(confuso)
Ma insomma Rubina chi è il padre!
RUBINA:
No non lo so, si mettano d’accordo tra di loro, io non ho studiato
DON PIATELETO:
E poi cosa vi interessa chi è il padre
ANJELLO ARGUAGLJA:
(confuso)
Facevo così per dire
DON PIATELETO:
Allora … non state a dite
ANJELLO ARGUAGLJA:
Volevo dire che il figlio … speriamo sia maschio, perché il vostro signore il
Marchese Parodi ha giustamente bisogno di braccia giovani, perché il povero deve
spaccarsi la schiena per permettere al ricco di diventare sempre più ricco
VENANZIO:
Mio figlio deve nascere libero
RUBINA:
(piangendo)
Mio figlio schiavo come noi
DON PIATELETO:
Mio figlio non sarà servo di nessuno solo del signore
VENANZIO:
Bravo curato
RUBINA:
Bravo curato … vi voglio bene curato
DON PIATELETO:
io sono un buon padre
ANJELLO ARGUAGLJA:
Siete dei sobillatori io chiamo le guardie
RUBINA:
(piangendo)
VENANZIO:
(Venanzio picchia il notaio)
Delinquente, disgraziato ruffiano
(Il notaio cerca di ripararsi dai colpi)
(Don Piateleto picchia il notaio)
DON PIATELETO:
lurido cane senza dio offendere così una creatura de signore,
mio figlio non è un mulo e non diventerà un cafone
(Anjello Arguaglja grida)
ANJELLO ARGUAGLJA:
Guardie guardie aiuto
(Interviene il Carabiniere Reale)
IL CARABINIERE REALE:
Avete bisogno signor notaio
DON PIATELETO:
IL Notaio non ha bisogno di niente solo di confessarsi andate pure
IL CARABINIERE REALE:
E queste grida
DON PIATELETO:
Sono grida di pentimento
(Il Carabiniere Reale esce di scena)
DON PIATELETO:
Noi adesso ce ne andiamo … e se io sento che di questi fatti ne fa vece … al
visconte io scrivo a S.E. Cardinale Perfetti e a S.S. S.S. io lo farò
scomunicare in modo che sprofondi nel più profondo dell’inferno offendere così
mio figlio
ANJELLO ARGUAGLJA:
(grida)
No .. no pietà l’inferno no
DON PIATELETO:
(soddisfatto di se e rivolto a Rubina)
Visto la chiesa come tutela i suoi figli
(Rubina abbracciandolo)
RUBINA:
Grazie mio curato
VENANZIO:
Grazie curato … la Chiesa deve difendere i propri figli
(Ed escono di scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 13
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI, ANJELLO ARGUAGLJA
(Entra il visconte Mosconi)
ANJELLO ARGUAGLJA:
Bentornato padrone
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Questa è casa mia, entro ed esco quanto mi pare …
avete risolto il problema
ANJELLO ARGUAGLJA:
Sono duri e cialtroni i contadini, quella miserabile plebaglia non merita altro,
bastonati vanno bastonati a sangue, sono duri ma Anjello Arguaglja è ancora più
duro … mi sono messo lì e
(Mostra i pugni)
Con la forza gli ho costretti a cantare
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Allora pezzente ditemi se è morto
ANJELLO ARGUAGLJA:
Non … so
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Non lo sapete… miserabile io vi distruggo
ANJELLO ARGUAGLJA:
Ho fatto del mio meglio
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(feroce)
Avete fatto del vostro meglio, si vede che voi siete un plebeo infame e quelli
sono del vostro sangue, non meritate niente ma io vi ammazzo con le mie mani e
vi do in pasto ai cani
ANJELLO ARGUAGLJA:
Ragioniamo
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(feroce)
Mandategli una missiva provate ad invitare il conte o eredi a palazzo … provate
così … io adesso vado … mi farò sentire
ANJELLO ARGUAGLJA:
Ossequi signor visconte
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
(feroce)
Non meritate neppure un saluto carogna
(Il visconte e il notaio escono di scena)
(Si sente Il canto del cuculo)
SCENA 14
ROMILDA, ARMIDA
(entrano Romilda e Armida)
ROMILDA:
Come va Armida, avete visto che tempo
ARMIDA:
C’è un caldo soffocante, non si sa dove stare
ROMILDA:
Un calore, ho un calore addosso che non mi passa
ARMIDA:
Lo so che non vi passa, e lo sanno tuttI
ROMILDA:
Cosa sanno tutti, io sono sempre stata sfortunata
(E piange)
ARMIDA:
Sfortunata, forse con gli uomini ma i vostri defunti mariti vi hanno lasciato
una cospicua rendita
ROMILDA:
Si ma quanto ho sofferto, gli ho tutti ancora nel cuore
ARMIDA:
E nel portafogli
ROMILDA:
Cosa volete dire … cosa insinuate
ARMIDA:
Niente, volevo dire che tra i fogli ho il santino di Don Piatèleto, povero
Curato, un così bel ragazzo che ha sposato il Signore
ROMILDA:
Piuttosto le signore, cosa ci fate sempre voi in canonica
ARMIDA:
Poveretto, Don Piatèleto, non ha neppure la perpetua
ROMILDA:
Non la vuole la perpetua, le perpetue sono troppo vecchie
ARMIDA:
Ci vado io a darle una mano
ROMILDA:
E che mano, voi … non fatemi parlare
ARMIDA:
Cosa volete dire …
ROMILDA:
Niente … avete sentito i signori
ARMIDA:
Ho sentito, sono tutti nervosi
ROMILDA:
Cosa volete, al visconte ci manca una donna, ed anche al notaio, ed hanno anche
una posizione
ARMIDA:
Volete ammazzare anche loro
ROMILDA:
Io non ammazzo nessuno (e piange) non ci posso fare niente se mi sono morti, voi
invece siete fortunata
ARMIDA:
Fortunata io, Giovà, quando viene a casa dai campi, corre da Concòn all’osteria
, va a fare la partita poi si ubriaca e viene a casa e per un non nulla mi
picchia, e io devo stare zitta, e poi ci sono i figli che gelosi si picchiano
tra di loro, sono una povera disgraziata io … sapessi quanti pianti mi faccio in
silenzio al camino … ti invidio Romilda …
ROMILDA:
Certo che nessun uomo, ha avuto il coraggio di mettermi le mani addosso … ma se
qualcuno osasse la pagherebbe cara
ARMIDA:
Io non so reagire … nessuno mi capisce solo Don Piatèleto è comprensivo
ROMILDA:
State attenta che non vi comprenda troppo bene
ARMIDA:
Lui è bravo, è gentile … lui
ROMILDA:
Ho capito com’è … adesso devo andare riverisco
ARMIDA:
Riverisco
(Entrambe escono di scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 15
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI,
IL MARCHESE PARODI
(Entra Adelaide Mosconi, passeggia ed incontra il Marchese Parodi)
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Buon giorno signor marchese
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
si inchina e bacia la mano alla nobildonna…
Ogni giorno è un gran giorno quando vi incontro
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Marchese come siete galante, voi siete un vero nobile … la nobiltà e le buone
maniere sono state bandite in questa società dove dominano i plebei e i falsi
nobili, inteso come gente che non merita il blasone
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Intendete il conte De Carolis, pace all’anima sua …
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Anche mio cugino il visconte Mosconi, metto dentro la lista… quel buono a nulla
…e cosa si è messo in testa quel pazzo …
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Intendete il fatto del contadino che sa leggere … e fare di conto …
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
No quel pazzo, vuole il terreno di De Carolis
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
(sghignazzando)
Ma se non vale … un centesimo, è tutto in discesa, e per di più è una pietraia
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Lo vuole per principio …. Quel vigliacco degenere… accecato dalla cupidigia …
avido del denaro altrui … il mio,
bisogna che lo tengo d’occhio …
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
(indica Annina che passa)
Ecco Annina, meglio di lei, comunque, io non vi ho detto niente, e voi non avete
bisogno di consigli
(Il marchese rimane in scena ma si colloca a lato del palcoscenico e guarda
dalla parte opposta ignorando l’incontro tra Adelaide, Annina e Zenobio)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 16
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI,
IL MARCHESE PARODI, ANNINA, ZENOBIO
(passa Annina)
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Annina dove andate così di fretta
ANNINA:
Signora, ho premura ho delle commissioni da fare
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Che tipo di commissioni
ANNINA:
Non posso dirvelo … il mio padrone
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Non potete dirlo … io sono Adelaide Mosconi
ANNINA:
Veramente non so … non posso
(La contessa da dei soldi alla donna di servizio)
ANNINA:
Io ve lo dico … ma mi raccomando
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
sono cose private
(Annina parla nell’orecchio alla contessa)
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Fetente, impertinente e presuntuoso, la pagherà quel buono a nulla
ANNINA:
Adesso devo andare
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Andate pure a fare il vostro dovere
(Zenobio scappellandosi)
ZENOBIO:
Buona giornata signora
Adelaide Mosconi
Voi si che siete un giovane rispettoso, i vezzanesi dovrebbero essere tutti come
voi invece …
ZENOBIO:
Troppo gentile signora
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Il collegio vi ha fatto bene, vi ha insegnato le buone creanze, vi ha dato un
minimo d’istruzione che può rendervi utile nella vita … e tutto grazie alla
bontà del vecchio conte
ZENOBIO:
Che iddio l’abbia in gloria
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Adesso devo andare … riverisco
(Zenobio ed Annina)
Riverisco Signora
(Ed esce di scena senza salutare il marchese Parodi sentendosi trascurato esce
anch’esso entra Venanzio)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 17
VENANZIO, ANNINA, ZENOBIO
ANNINA:
Venanzio, complimenti presto diventerete papà … e come sta Rubina
VENANZIO:
Rubina sta bene, il pancione cresce
ZENOBIO:
Presto nascerà il primogenito del nostro Venanzio
VENANZIO:
Speriamo che sia maschio almeno da una mano nei campi, abbiamo bisogno di
braccia nel podere, e soprattutto speriamo che sia sano
ANNINA:
Da due come voi deve essere sano per forza
VENANZIO:
Dalla luna sembra che sia davvero un maschio
ANNINA:
Ma che maschio, la luna dice femmina
VENANZIO:
Basta che sia in buona salute, adesso venite che andiamo a bere da Concon
all’osteria
ZENOBIO:
Andiamo, si andiamo
ANNINA:
All’osteria io … non posso devo andare a fare una commissione per il mio padrone
… e poi una donna sta male all’osteria
ZENOBIO:
Andiamo noi, ho proprio voglia di un bicchiere
VENANZIO:
Si andiamo
(Ed escono di scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 18
IL MARCHESE PARODI, ARTURO CORAZZONI
(Entra di nuovo il marchese, passeggia e incontra Arturo)
(Il marchese Parodi è solo in scena)
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Ma guarda queste donne, prima ti ungono come l’olio di una lampada, poi per un
niente non ti guardano più in faccia, ma lo sapevo … me lo avevano riferito che
Adelaide era così e lo sapevo che non dovevo pretendere niente, ma almeno un po’
di creanza … un tempo quando la nobiltà dominava il mondo queste cose non
sarebbero successe, invece ora siamo in mano del dio denaro, comandano ora solo
i commercianti e i contadini che mondo è questo … che mondo
(Entra Arturo Corazzoni)
ARTURO CORAZZONI:
Signor Marchese, come va
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Bene e voi
ARTURO CORAZZONI:
Benissimo ma potrebbe andare meglio
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Avete problemi di salute
ARTURO CORAZZONI:
Noi … voi piuttosto
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
(toccandosi)
No … no per fortuna
ARTURO CORAZZONI:
Ma siete sicuro di stare bene
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
(toccandosi)
Non mi lamento
E voi piuttosto, il lavoro come va
ARTURO CORAZZONI:
Il lavoro male, non muore più nessuno
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
(toccandosi)
E Marietto che stava male
ARTURO CORAZZONI:
Si è ripreso, tutta colpa di quei tre
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
(toccandosi)
Quei tre!
ARTURO CORAZZONI:
Il Dottor Bordigoni, il Dottor Vinciguerra e quel suo assistente quel dottorino
di Colasanti, loro sono stati la mia rovina
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
(toccandosi)
Non preoccupatevi che il buon Dio prima o poi qualcheduno chiamerà
ARTURO CORAZZONI:
Prima o poi … ma devo pur mangiare io … volete comprare io adesso vi faccio lo
sconto
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
(toccandosi)
No sarà per un’altra volta …
(E scappa inseguito dal becchino fuori dal palcoscenico nel pubblico)
(si sente il canto del cuculo)
FINE 1 ATTO
(si sente il canto del cuculo)
SI SPENGONO E SI ACCENDONO LE LUCI
2 ATTO
( casa del conte De Carolis)
SCENA 1 (19)
IL CONTE DE CAROLIS
(si sente il canto del cuculo)
(Monologo del Conte De Carolis)
(il conte Ettore De Carolis gira nervoso per la stanza)
Come sono ridotto, ma guarda un nobile come me, ostaggio della plebaglia, sono
finiti i bei tempi, quando i mezzadri facevano a gara per portare al loro
signore, il maiale più grasso, l’agnello più bello, il vitello più grasso. Ora
tutti pensano solo al denaro, il denaro ai franchi. Come si è ridotto, l’essere
umano, anche i contadini, i mezzadri, tutti pensano solo o a fregarti il
raccolto, o a nascondere nei poggi l’uva per farsi i caratelli di nascosto, o
addirittura a comprarsi il terreno. E anche i nobili, dove sono i nobili di una
volta, quel farabutto di Mosconi, Parodi poi pensa solo a costruire barche e
mettere su consorzi alimentari, Quintavalle è un imbecille, quanti soldi gli ho
fregato a quel buono a nulla, Adelaide Mosconi pensa solo ai giovanotti, come è
finita in basso la nobiltà
(Romilda entra in casa del conte)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 2 (20)
IL CONTE DE CAROLIS - ROMILDA
ROMILDA:
Posso entrare, signor conte
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Entrate … entrate …
E …raccontatemi subito le nuove del paese
ROMILDA:
Annina … la servetta del Visconte Mosconi ha raccontato ad Armida, mentre andava
alla funzione
(interrompe)
ma lo sapete che a Vezzano dicono che Armida se la fa con Don Pìateleto e
addirittura un parrocchiano ha fatto una riserva scritta a Sua Eccellenza per
ricondurre quel prete scellerato nella strada del signore… ma il vescovo non ha
detto e né fatto niente
(perplessa)
strano che per S.E. vada bene così, lui che è così un uomo retto e timorato di
dio.
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Per il vescovo va bene così, perchè dicono che sono in combutta, si
spallleggiano l’uno con l’altro, non fatemi dire
ROMILDA:
Ditemi … quello che sapete
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
No non vi dico niente … maledetta boccaccia
ROMILDA:
E io non vi racconto niente
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
E io rompo i patti
ROMILDA:
E a me, non interessa, dopo tutto io non sono come le altre donne di vezzano che
sono tutte pettegole e criticone … so quello che dicono di me …
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Che siete come una mantide, prima vi fate sposare e poi, vi fate fare un bel
lascito e dopo ammazzate i mariti e ne avete già accompagnati a San Siro due.
ROMILDA:
(piangendo)
Anche voi credete a queste maldicenze,
e poi non è vero
altrimenti mi sarei fatta sposare anche da voi.
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Ci avete provato in passato, quando eravate in combutta con quel Professorone,
ma io non ci sono cascato, non dormo mica dai piedi io.
ROMILDA:
Sposare voi era mettersi in casa una cambiale,
ho fatto bene ma ora dovete rispettare i patti.
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Figuriamoci, se il visconte Mosconi si confonde con una come voi, ma tirate
piuttosto ai soldi di Parodi che mi è anche antipatico, tanto se muore …
marchese più o marchese meno le cose non cambiano, basta che non fate morire
quel polpastrone di Quintavalle, sapessi quanti soldi gli ho fregato
(E ride, intanto si sente parlare, fuori dalla finestra)
La plebaglia, la plebaglia.
Adesso Romilda nascondetevi da qualche parte insomma non fatevi vedere dai miei
mezzadri, che sono solo dei buoni a nulla e dei criticoni…
(Romilda si posiziona a lato della finestra)
non lì allontanatevi dalla finestra ho detto.
(a bassa voce)
Vi vedono
(Il conte suona una campanaccio e i tre mezzadri si posizionano sotto la
finestra)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 2 (20)
IL CONTE DE CAROLIS – TRE MEZZADRI
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Plebaglia, zoticoni, briganti, siete in ritardo come sempre, cosa volete da me,
sanguisughe, fetenti plebei io mi levo il pane d’in bocca per voi e voi
chiedete, protestate e pretendete, ecco cosa siete voi … infami … cosa volete
per venire e disturbare il vostro nobile signore
IL PRIMO MEZZADRO:
Noi vorremmo dirvi
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Signor conte, noi vorremmo dirvi
IL SECONDO MEZZADRO:
Signor conte, noi vorremmo dirvi
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Cosa buon villico
IL TERZO MEZZADRO:
Non possiamo seminare
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Come non potete seminare
IL PRIMO MEZZADRO:
Noi non abbiamo da seminare
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Come … non avete da seminare
IL SECONDO MEZZADRO:
Se non ci comprate le semente noi non possiamo seminare e se non possiamo
seminare noi non possiamo raccogliere
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Brutti delinquenti, come fate a seminare se non avete le sementi.
IL TERZO MEZZADRO:
Date i soldi, andiamo dal consorzio, compriamo le sementi e andiamo a seminare.
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Darvi i soldi, ma siete matti, io i soldi ve li ho dati l’anno scorso e dovevate
farveli durare.
IL SECONDO MEZZADRO:
Erano 50 cent. E con pochi franchi non si mangia pane, noi vogliamo i soldi per
le semente.
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Io soldi non ve ne do.
IL PRIMO MEZZADRO:
E noi non andiamo.
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Voi andate e le sementi.
IL SECONDO MEZZADRO:
E le sementi.
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Rubatele … al consorzio, fate finta di litigare, rovesciate i sacchi e le
rubate.
IL PRIMO MEZZADRO:
E se ci prendono
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Non vi prende nessuno e adesso andate, perché io voglio vedere coltivato ogni
metro della mia terra, altrimenti vi do lo sfratto capito.
IL PRIMO MEZZADRO:
Dei suoi sassi
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Voi coltivate,e non pensate … e adesso cari sudditi, il vostro signore vi fa un
omaggio.
(Sottovoce chiama Romilda e si fa passare le noci e tira le noci dalla finestra
ai braccianti)
Prendete pezzenti, ecco il dono del conte per voi e per i vostri figli, adesso
andate.
(I disgraziati raccolgono le noci, ringraziano genoflettendosi ed escono di
scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 3 (21)
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS – ROMILDA
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Disgraziata, rovina famiglie: mi avete fatto gettare le noci buone, quelle marce
sono nell’altro sacco.
ROMILDA:
E mi sarò sbagliata
(Il conte esce e vicino alla finestra cerca di recuperare qualche noce)
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Niente, niente quei morti di fame hanno fatto fuori tutto, non ce ne è rimasta
una, niente.
(ritorna in casa)
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Romilda disgraziata volete la mia rovina
ROMILDA:
Tutto per due noci
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Noci o non noci è il principio che conta ora … andatevene
ROMILDA:
Vado, vado ma prima devo darvi una missiva.
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Una missiva da chi, io sono morto.
ROMILDA:
Se volete la riporto indietro, tanto è del visconte Mosconi.
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Datemela … cosa aspettate
(la legge ad alta voce)
La S.V. e invitata nell’augusto palazzo del Visconte Mosconi per importanti
comunicazioni che la riguardano.
(soddisfatto)
Il visconte si che mi considera,
si vede chiaramente che è proprio …
un nobile vecchio stampo,
si vede proprio che è di un’altra pasta.
ROMILDA:
ma se non lo potevate vedere
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Avevate capito male, ed adesso, le buone maniere dicono che l’ospite, invitato e
per giunta nobile deve presentarsi con un dono, prendetemi un pezzo di
argenteria
ROMILDA:
Non vi ricordate, l’avete data a Centurio il macellaio per quelle costate di
manzo
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Prendetemi quel tappeto persiano che è nel mio studiolo
ROMILDA:
Lo avete dato ad Angiò quello dal frantoio, per quell’olio
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
E non era neppure buono
Cosa c’è rimasto allora
ROMILDA:
Due patate
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Portatele al mio cospetto
(Romilda porta le due patate, il conte le pesa con le mani e sceglie la
peggiore)
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Incartatemi questa, tanto basta solo il pensiero
(Romilda incarta la patata e riconsegna a Romilda l’altra)
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Adesso andatevene ma prima riportate a posto questa patata
ROMILDA:
Ricordatevi il patto
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Andatevene
(Romilda esce di scena)
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
(tra se e se)
Il patto, Romilda vuole sposare il visconte Mosconi, e se dovesse sposarlo
davvero, una ricca vedova in più e un nobile di meno a Vezzano.
(Il conte esce di scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 4 (22)
CARLIN DE MONTEBELLO – VARI ATTORI
CARLIN DE MONTEBELLO:
(imbonitore si rivolge al pubblico mostrando la mercanzia)
Uomini, donne di Vezzano… è arrivato Carlin …venite a vedere … le ultime cose …
venite a vedere … che roba
Vengono tutti gli attori e le attrici meno, il conte De Carolis, il notaio e
Quintavalle, tutti prendono, nessuno paga,Carlin indaffarato cerca di segnare
quello che riesce a ricordarsi…tutti gli attori escono di scena, rimane solo
Carlin che recupera la merce invenduta la depone nel mandillon e si avvia verso
l’uscita, quando incontra il conte De Carolis che prende una caffettiera la
paga, ma poi gli sfila i soldi dal taschino del panciotto e se li riprende
truffando il povero mercante che nel suo libretto segna la merce come pagata, il
conte ed il mercante escono di scena.
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 5 (23)
CARLIN DE MONTEBELLO – RISORTA
(Carlin torna a casa ed a casa seduta al tavolo si siede accanto alla moglie
Risorta)
RISORTA:
Disgraziato di un uomo, sottospecie di imbecille
fatemi vedere che cosa avete venduto a Vezzano
(il mercante apre il fazzoletto sul tavolo e fa vedere la mercanzia invenduta)
RISORTA:
Sottospecie di farabutto, dovevate vendere anche questa scodella che è una vita
che non riesco a piazzare… siete proprio un buono a nulla, buono solo a bere dei
bicchieri,
fatemi vedere ilo libretto.
(Carlin tira fuori il libretto)
RISORTA:
Rovina famiglie, non vi ha pagato nessuno, neppure con il baratto …. Via hanno
preso per il suonato di turno sottospecie di imbecille, io non ho sposato un
uomo ma un sambuco, fatevi rispettare una buona volta se non ci fossi io che
porto i pantaloni a voi vi avrebbero mangiato anche le braghe, e a quest’ora vi
troverebbero a dormire sotto un ponte.
Fatemi un po’ vedere hanno comprato tutti, proprio tutti, il marchese Parodi, il
Visconte Mosconi, Romilda, Annina, Armida, Maria, di questi non ne perdo neppure
uno, ci penso io, ci penso io, farò vedere a tutti chi è la Risorta.
Ho perso solo quelli del Conte De Carolis …
(Carlin fa dei gesti, ma è brillo…)
Cosa vuoi ubriacone, cosa vuoi da me relitto, ha letto, ha letto e senza cena,
farabutto.
(Carlin cerca di parlare, ma si sdraia sul tavolo)
Ecco cosa mi tocca fare
(Risorta prende il libretto dei debiti del conte e lo strappa)
L’unico che tra Vezzano, Valeriano, Ceparana, Bolano e Montebello che mi ha
fregato è stato il Conte De Carolis, che è andato a morire pur di non pagare, ma
il suo conto lo pagano gli altri, non dormo mica dai piedi io.
(Continua a strappare il libretto)
(In quel momento si alza come rinsavito Carlin)
CARLIN DE MONTEBELLO:
Il conte è vivo e mi ha pagato
(E si fruga dentro la tasca per cercare i soldi che non trova)
RISORTA:
Il conte è morto e sepolto, e voi dovreste bere meno bicchieri, maledetto il
giorno che vi ho sposato … delinquente
CARLIN DE MONTEBELLO:
Il conte è vivo e mi ha pagato… lo giuro …
RISORTA:
Pezzo di un ubriacone, questa è un’altra delle vostre scuse …
CARLIN DE MONTEBELLO:
Mi ha comprato un tegame e mi ha messo i soldi nel taschino…
RISORTA:
Ciarlatano di un marito … dimostratelo
(Carlin mima il conte mentre infila i soldi)
RISORTA:
È vero … così lo può fare solo il conte … è vivo … è vivo … e voi avete permesso
che distruggessi il libretto … farabutto a letto e senza cena disgraziato.
Maledetto il giorno che vi ho sposato, adesso devo pensare io a risolvere tutto.
(Carlin e Risorta escono di scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 6 (24)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI, ANNINA,
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS
(casa del Visconte Mosconi)
(Il conte con in mano la patata marcia, bussa)
ANNINA:
Prego signor conte, il mio padrone è nel suo studio
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
È nervoso
ANNINA:
Come sempre, e voi come state
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
E voi! Come mi trovate
ANNINA:
Ma non eravate morto
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Ho forse l’aria di un morto
(La voce del visconte interrompe la scena)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Per me era meglio che eravate morto, e voi Annina andatevene via per un paio
d’ore e lasciateci soli, dobbiamo parlare in privato.
ANNINA:
Si signor Visconte
(Annina esce di scena)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Sedetevi
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Grazie, io signor visconte vi ho portato questo umile omaggio, per ringraziarvi
della vostra ospitalità
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
E cosa, mi avreste portato.
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Una squisita patata del mio podere,
prendete questa è una leccornia,
provate a mangiarla bollita
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Non mi importa della vostra patata
(la prende e la getta via)
Io vi ho convocato, perché voi avete un podere al centro dei miei possedimenti
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Si, e allora
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Mi interessa e lo voglio
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Io non lo vendo …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Io non ho detto che lo voglio comprare, lo voglio e basta
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Come sarebbe
(E il visconte tira fuori tutti gli incartamenti)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Voi avete nei miei confronti, più debiti che capelli in testa, ed io non ve li
ho condonati con la vostra presunta morte, adesso sono tutti scritti qui …
(mostra un quaderno)
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Ma io sono morto … e i morti …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Se non firmate, io vi ammazzerò … e non solo non mi potranno neppure incriminare
… perché … per lo stato siete morto
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Almeno datemi qualcosa
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Cento lire ed in più vi risparmio la galera, raccontando alla nobiltà che ha
pagato il vostro trasporto funebre che si è trattato di un disguido, così non
dovrete rimborsare niente ad alcuno.
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Va bene
(fa l’atto di firmare ma)
Qualcuno bussa alla porta
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 7 (25)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI, ANNINA,
IL MARCHESE FELICINO PARODI,
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS,
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI,
GIAZERA
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Avanti … avanti … avanti
(entrano il Marchese Parodi ed Adelaide Mosconi)
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Cosa ci fa il conte qui …non era morto
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Bentornato conte cosa ci fate a colloquio con quel delinquente di mio cugino
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Signor Conte siete vivo
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Sono vivo … vivo
(e si tocca)
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Ma se sono venuto al vostro funerale.
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Parliamo d’altro
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
No! Ho il diritto di sapere, ho pagato una cospicua cifra per il funerale, ma se
ora non siete morto rivoglio i miei soldi
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
No … magari quei soldi serviranno in futuro quando lascerò questa terra.
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
No rivoglio i miei soldi, e voi contessa pretendete la restituzione dei vostri.
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Io lo sapevo che c’era qualcosa di losco, io non ho cacciato una lira.
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Avete conservato le ricevute
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
No
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
E allora non vi restituisco neppure un centesimo
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Voi conte siete un truffatore, un farabutto.
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Un farabutto che vi ha fregato tutti, bravo conte voi si che siete in gamba,
anche se fregare loro è come rubare un dolcetto ed un bimbo
Visconte, pezzo di un somaro, cosa mi avete convocato a fare per farmi vedere il
conte, che avevo già visto o per qualcosa d’importante
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Per quella facenda del contadino, sono quasi a capo del problema
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Al rogo va condannato quel plebeo
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Allora voi ci avreste convocato per queste panzane
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
No
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
E allora!
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Aspettate voglio organizzare per la nobiltà
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Che cosa
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Voi non siete in grado di organizzare niente
(Bussano alla porta, entra Giazera)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Giazera entrate vi aspettavo
GIAZERA:
Posso
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Entrate e alla svelta
GIAZERA:
Buona serata … signori in cosa posso servirvi …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Noi vorremmo fare … una grande mangiata di pesci, ed io ho pensato a voi
(E tutti i nobili in unisono, bravo visconte, questa si che è una sorpresa)
GIAZERA:
No … mi dispiace, io non vado più a pescare di frodo, adesso ho messo su
famiglia, ho un’attività avviata … no non posso
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Come non potete, e voi vi rifiutate di eseguire un ordine del vostro sindaco
GIAZERA:
No non posso,il guardiapesca,in passato mi ha già arrestato tre volte
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Voi osereste rifiutarvi
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Fate bene a non fidarvi
GIAZERA:
No … non posso … non posso
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Fidatevi, se vi prende il guardapesca … ci penso io a mettere a posto le cose …
e poi siate certo che vi offrirò un posto nel consultorio del consiglio …
GIAZERA:
Ma se lo sa Maria … mi ammazza …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Non lo saprà mai … tanto agite di notte
GIAZERA:
Davvero mi dareste dopo un posto nel consultorio comunale
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Parola di sindaco
Tutti i nobili dicono ( fidatevi è il primo cittadino, fidatevi )
GIAZERA:
Allora … mi fido … e se per caso mi prendono
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Ci penso io, non preoccupatevi
GIAZERA:
mi avete promesso un posto in consultorio
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Parola di sindaco e di nobile … dopo … dopo… adesso andate.
GIAZERA:
Riverisco
(Giazera esce di scena, rimangono in scena i nobili)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Che ingenuo babbeo
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Per un attimo ho sospettato, che volesse inserire nel consultorio comunale un
plebeo!
(e ride)
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Con gli scemi ci fanno la fiera diceva il mio illustre prozio eroe del
risorgimento
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Ma ricordatevi che solo uno scemo può fregare un furbo, grazie per la cena, ma
io non accetto
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Io accetto
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Vi convocherò io, appena arriveranno i pesci
(Tutti escono dalla stanza ma vedendo Risorta e suo marito Carlin cercano di
rientrare)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 8 (26)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI, RISORTA,
IL MARCHESE FELICINO PARODI,
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS,
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI,
CARLIN DE MONTEBELLO
RISORTA:
Dove andate puffaioli, disgraziati rovina famiglie
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Io dovrei andare … sono il sindaco
RISORTA:
Voi non andate da nessuna parte
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Io vado
RISORTA:
Voi potete, siete l’unica che pagate sempre in contanti
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Avete qualcosa di nuovo
RISORTA:
Ho della seta stupenda, viene da Firenze …
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Fate un salto a palazzo
RISORTA:
Non mancherò, ma prima devo sbrigare qualche faccenda
(Adelaide Mosconi esce di scena)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Anch’io devo andare … sono il sindaco e sono pieno di impegni
RISORTA:
Prima pagate i debiti
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Io non ho debiti
RISORTA:
Non avete debiti voi!
(E prende il Visconti per l’orecchio)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
No … no… no …
RISORTA:
Pagate… pagate …farabutto
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Attualmente sono a corto di spiccioli
RISORTA:
Non avete liquidi, allora io mi prendo, questo, questo … e questo
E prende dei suppellettili e li passa a suo marito ubriaco
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Io allora vado
RISORTA:
Voi non andate, fermo dove siete altrimenti vi distruggo
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
In questo caso aspetto
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Lasciatemi passare devo andare
RISORTA:
Delinquente, puffaiolo, state fermo e non vi muovete altrimenti vi spacco la
testa
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Che cosa ho fatto di male
RISORTA:
Poco di buono, vi siete finto morto per non pagarmi i debiti ma ora facciamo i
conti e anche con gli interessi disgraziato
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Quanto vi devo
RISORTA:
Mille Lire
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Va bene ma io voglio vedere gli scritti .carta canta
RISORTA:
Gli scritti non li ho più li ho bruciati, eravate morto
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
E voi fareste pagare un morto … vergognatevi
RISORTA:
Ma prima eravate morto ed ora siete vivo
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Ma sono morto o sono vivo e i miei debiti
RISORTA:
Li ho bruciati, ma ora li pagate
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Non posso pagavi perché non ci sono gli scritti
RISORTA:
Gli scritti … ohi me … gli scritti
(Mosconi e Parodi ridono)
RISORTA:
Cosa avete da ridere, con voi facciamo i conti dopo
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Lasciatemi passare ho fretta
RISORTA:
E me chi mi paga
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Il Marchese Parodi ed il sindaco
(Parodi e i sindaco dicono NOOO)
(ll Conte De Carolis esce di scena)
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Lasciatemi andare ho premura
RISORTA:
Voi non andate da nessuna parte, pagate e poi fate quello che volete
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Tanti problemi per pochi spiccioli
RISORTA:
Voi avete trecento Lire di debito più il debito di De Carolis
Diviso in due tra voi e il sindaco mille Lire, cinquecento a testa
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
No quello no
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
No
RISORTA:
Si pagate altrimenti sfascio tutto
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Tanto non è roba mia
RISORTA:
Ma la testa si
(E mostra il matterello)
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Preferisco pagare, ma non ho contante
RISORTA:
Fate un assegno, il sindaco invece paga con suppellettili
(E prende piatti e forchette e le passa al marito)
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Ecco l’assegno, ma siete una megera non capisco come ha fatto a sposarvi il
povero Carlin
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Carlin deve essere proprio un santo a sopportare una come voi
RISORTA:
Come vi permettete io da giovane ero una bella donna
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Da giovane giovane
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Forse quando eravate in fasce
RISORTA:
Cosa volete dire, io ho avuto un sacco di corteggiatori
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Uno Carlin, ed era ubriaco
RISORTA:
Smettetela voi, avete pagato
E allora andatevene … offendere così una signora
Maleducato
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Si ora me ne vado
(Il Marchese e il Visconte escono di scena, , Risorta e Carlin
Rimangono)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 9 (27)
DON PIATELETO, ARTURO CORAZZONI,
ARMIDA, ANNINA,
ROMILDA, RISORTA,
CARLIN DE MONTEBELLO
RISORTA:
( gridando)
La Risorta …. è arrivata la Risorta
non state a scappare
tanto vi prendo tutti e tutte
se portate franchi
vi faccio lo sconto
altrimenti portate cose per il baratto
ANNINA:
Signora Risorta, non ho soldi però posso fare scambio merce
Vi ho portato due zucche dall’inverno va bene
RISORTA:
Sono un po’ poco ma siete giovane e vi faccio un po’ di sconto … tieni
CARLIN DE MONTEBELLO:
(Carlin sempre ubriaco prende le zucche)
RISORTA:
Avete per caso visto Romilda, e Corazzoni
ANNINA:
No
RISORTA:
Se le vedete datemi una voce
(E regala alla ragazza un fazzoletto)
RISORTA:
Mi raccomando, è importante
ANNINA:
Non preoccupatevi
(Annina esce di scena, entra in scena Armida)
ARMIDA:
Buona giornata, Risorta come và
RISORTA:
Bene ma sono convinta che se voi mi pagate il debito, starei meglio …
ARMIDA:
Sono venuto apposta per pagare e con i soldi
RISORTA:
Con i soldi e dove li avete trovati i soldi
ARMIDA:
Li ho trovati … non li volete
RISORTA:
Si … li prendo, sono solo novanta Lire ma ditemi siete sempre a fare la perpetua
a Don Piateleto
ARMIDA:
Si … e con lui mi trovo bene, meglio che con mio marito
RISORTA:
Ci credo … ecco il resto
(Entra Don Piateletò)
DON PIATELETO:
Armida … Armida hanno rubato le elemosine
ARMIDA:
Che disgrazia le elemosine
RISORTA:
E quanto erano in soldi
DON PIATELETO:
Cento Lire
ARMIDA:
Bisogna fare qualcosa
DON PIATELETO:
Andrò dai Carabinieri Reali
ARMIDA:
Aspettate per carità
RISORTA:
A proposito di soldi, quanto mi dovete voi per la porpora rossa
DON PIATELETO:
Ora purtroppo non posso pagarvi,posso solo pagarvi in messe
RISORTA:
(civetta)
In messe più una bella confessione, vengo con voi in sacrestia, ho peccato tanto
… vede Don Piateleto sono
una peccatrice
DON PIATELETO:
Non ho tempo
RISORTA:
Neppure se regalo alla Chiesa, centoventi Lire
DON PIATELETO:
Voi si che siete una donna pia
RISORTA:
Mi farete accendere anche il vostro candelabro
DON PIATELETO:
Certamente, venite in sacrestia quando avete risolto le vostre faccende
ARMIDA:
Non vi confonderete per caso con una donna simile
DON PIATELETO:
E’ dura la vita del curato … ci sono tante pecorelle smarrite
(Don Piateleto Armida escono di scena, entra Annina di corsa)
ANNINA:
Risorta … Risorta … ho visto Romilda e Arturo che salivano verso il Borgo, ma
poi vi hanno visto e hanno cambiato strada e stanno scendendo dall’ospedale
RISORTA:
Grazie Annina, adesso andate, ci penso io
ANNINA:
Buona giornata Risorta
RISORTA:
Buona giornata, voi si che siete una brava ragazza
(Annina esce di scena)
RISORTA:
Corazzoni, Romilda venite subito altrimenti vi spello come un coniglio
(Romilda e Arturo Corazzoni sentono ed a malincuore entrano in scena)
RISORTA:
Corazzoni, come state …
ARTURO CORAZZONI:
Bene
RISORTA:
E voi Romilda
ROMILDA:
Non c’è male
RISORTA:
Arturo i trasporti come vanno
ARTURO CORAZZONI:
E’ un momentaccio, non muore più nessuno
Gli affari non vanno molto bene
RISORTA:
Il vostro debito invece aumenta
ARTURO CORAZZONI:
Cosa posso farci
RISORTA:
Come volete pagare
ARTURO CORAZZONI:
Veramente … non so
RISORTA:
Pagate …
ARTURO CORAZZONI:
Quando morirete vi posso offrire il trasporto
(Risorta facendo il segno delle corna)
E se morite prima voi
ARTURO CORAZZONI:
Vi lascio un foglio con su scritto che chi rileva l’attività deve pagare il
debito
RISORTA:
Per tutti e due
ARTURO CORAZZONI:
Mi sembra troppo
RISORTA:
Sono stata fin troppo onesta, accettate altrimenti vi do fuoco \ al carro
funebre
ARTURO CORAZZONI:
Accetto accetto preparo subito il foglio
(scrive e lo consegna a Carlin chè è sempre ubriaco)
Arturo esce di scena
(Romilda cerca di andarsene)
RISORTA:
Romilda dove andate
ROMILDA:
Da nessuna parte
RISORTA:
Il vostro debito, la signora, ha comprato lana pura, lino e seta e non ha dato
una Lira, no anzi solo un acconto … se non pagate vi stacco la testa dal collo e
la faccio rotolare fino in Lozzana
ROMILDA:
No aspettate, adesso non ho soldi … ma appena mi risposo prendo i soldi di mio
marito e vi ripago di tutti i debiti come le altre volte
RISORTA:
Non posso mica aspettare tutte le volte che vi muore un marito
ROMILDA:
Però vi ho sempre pagato
RISORTA:
Ma se il prossimo che sposerete è povero in canna
ROMILDA:
Non sposo poveracci io
RISORTA:
E chi vorreste sposare
ROMILDA:
Io avrei pensato nel sindaco il Visconte Mosconi
RISORTA:
Non ha soldi lui!
ROMILDA:
Li ha, dovete vedere il suo conto in banca
RISORTA:
Spilorcio, mi ha fregato … ma la ripaga
ROMILDA:
Va bene così
RISORTA:
Si ammazzatelo quel pidocchio, come gli altri due ammazzatelo e spennatelo, però
mi date, cinquanta Lire di più per il disturbo visto che il vostro nuovo e
prossimo marito mi ha fregato …
(Risorta, Carlin e Romilda escono di scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 10 (28)
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS,
VENANZIO, RUBINA, ZENOBIO,
(Casa del Conte De carolis,il conte è seduto entrano Zenobio, Venanzio e Rubina)
VENANZIO:
Possiamo entrare
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Entrate pure … tanto ormai sono alla fine
RUBINA:
Cosa dite fratello
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Sono rovinato
ZENOBIO:
Rovinato voi, ma scherziamo
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
E’ vero purtroppo
Cosa vi spinge fino a casa mia
RUBINA:
Siamo venuti per parlarvi
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Non ho voglia, non adesso … ma parlatemi del bambino
VENANZIO:
E’ bellissimo, vi abbiamo portato la foto
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Dove avete trovato i soldi del fotografo
RUBINA:
Li abbiamo trovati
ZENOBIO:
(parlando della foto)
Guardate che bello, è tutto Rubina
RUBINA:
E’ tutto Venanzio
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
E’ tutto Don Piateleto
ZENOBIO:
In effetti, un pochino si assomiglia
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Penso che non sarete venuti a trovarmi per farmi vedere la foto del bambino
ZENOBIO:
No
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
E allora
RUBINA:
Zenobio vorrebbe parlarvi
VENANZIO:
Di una cosa importante
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Cosa ci sarà di tanto importante, e poi da un contadino
ZENOBIO:
Il contadino che sa leggere e scrivere sono io
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
(alterato )
Disgraziato, delinquente, io vi ammazzo
(Stramazza sulla sedia)
E come avete fatto ad imparare
ZENOBIO:
Merito di vostro padre, il conte padre
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
(alterato )
Merito di mio padre, e chi siete voi
ZENOBIO:
Io sono il figlio di Richetto, il mezzadro di vostro padre
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Quello che è morto sotto il carro
ZENOBIO:
Salvando la vita al suo padrone, il quale per sdebitarsi iscrisse il figlio del
suo salvatore, al collegio a Firenze, pagando sempre la tratta
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Ecco dove sono finiti i miei soldi
VENANZIO:
I vostri soldi sono finiti al casino
RUBINA:
I nostri soldi sono finiti al tavolo da gioco
ZENOBIO:
Col tempo, io mi sono formato, sono diventato un maestro elementare … e tutto
grazie a voi ed io vorrei sdebitarmi
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Io non voglio niente da voi
RUBINA:
Accettate
VENANZIO:
Io accetterei
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Sono nobile io … non accetto niente
ZENOBIO:
Io volevo darvi cento Lire a voi e cento Lire a vostra sorella
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
In questo caso accetto
ZENOBIO:
Bene … bene
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Cento Lire mi sembrano un po’ pochi … facciamo duecento
ZENOBIO:
Va bene centocinquante Lire e va bene così
VENANZIO:
Accettate
RUBINA:
Noi accettiamo, che animo nobile che siete Zenobio
Nostro figlio ve ne sarà eternamente grato
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Va bene Zenobio accetto, purtroppo non ho niente da offrirvi
VENANZIO:
Ho portato io il vino e brindiamo
(Si alzano i calici e brindano, e adesso andiamo all’osteria tutti escono di
scena)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 11 (29)
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS, IL MARCHESE FELICINO PARODI, IL VISCONTE ALFONSO
MOSCONI, GIAZERA, IL CARABINIERE, MARIA
(Casa Mosconi, entrano in scena il Visconte Mosconi, il Marchese Parodi,il Conte
De Carolis)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Entrate … presto arriveranno i pesci
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Meno male ho proprio voglia di farmi una mangiata
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Anch’io muoio dalla voglia… e attenzione per ….per quanto riguarda il contadino
che sa leggere e far di conto, sono riuscito a sapere il nome,
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Ai ferri bisogna metterlo, condannarlo alle pene più severe e gettare via la
chiave
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Il suo nome è …
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Fatemi il piacere, ma come potete avere ricevuto delle informazioni affidabili
voi che vi siete finto morto per non pagare i vostri debiti, anzi approfittando
del buon cuore della popolazione di Vezzano e della nobiltà … qualsiasi sia il
nome che farete sarà una delle vostre solite fandonie
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
E’ vero cosa volete … raccontare voi avete solo nella vostra vita raccontato
delle grandi frottole
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Vi dico che quel contadino è Zenobio
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Zenobio, quel bifolco non ha ne arte né parte, proprio lui
Non potevate raccontarla più grossa …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Siete il solito imbecille, lo siete sempre stato ed ora lo siete di più …
smettetela altrimenti vi allontano da casa mia, e sopratutto dalla mia tavola …
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
In questo caso rimango in silenzio
(In quel momento si sente un botto,
si vede Giazera fuggire e rifugiarsi in casa del Visconte Mosconi portando con
se i pesci ed inseguito dal Gendarme che lo coglie sul fatto)
GIAZERA:
Signor Sindaco ecco i pesci, solo che ci sono dei problemi
IL CARABINIERE:
Ecco Giazera colto sul fatto, cinque anni non ve li toglie nessuno
GIAZERA:
Signor gendarme, i pesci è vero li ho presi io, ma su commissione del
Signor sindaco
(Il Visconte e tutti i nobili dopo un attimo di silenzio)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Plebeo ignorante, zotico ed impertinente, come osate accusare il primo
Cittadino, di avere infranto la legge, gendarme
Portatelo via, prima che lo ammazzo con le mie mani
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Infame di un contadino, la testa dovrebbero tagliarvi
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Infangatore della nobiltà, portatelo via questo infame che pur di scagionarsi
arriva alle cose più infide
GIAZERA:
Non volevo io tirare la bomba nel fiume, sono stati loro, il sindaco e il
Marchese, loro volevano fare una mangiata di pesci
IL CARABINIERE:
Andiamo … andiamo … questi contadini sono proprio vili
GIAZERA:
Ascoltatemi … ho detto la verità … la verità ..
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Portatelo via … questo malfattore e gettate via la chiave … domani vengo in
caserma a sporgere querela , verso questo delinquente che ha osato infangare il
mio nome e quello della nobiltà …
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Sporgerò denunzia anch’io, contro questo miserabile
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Anch’io, mai e poi mai nessuno aveva infangato il sacro, nome della nobiltà
IL CARABINIERE:
Va bene … venite nelle ore d’ufficio
(Il Carabiniere lega le mani a Giazera ed escono entrambi di scena)
(i nobili accompagnano l’uscita di scena di giazera con un coro di ingiurie)
8entra in scena Maria moglie di Giazera con un scopa entra in casa del Visconte
e prende tutti a bastonate)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 12 (30)
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS, IL MARCHESE FELICINO PARODI, IL VISCONTE ALFONSO
MOSCONI, MARIA
MARIA:
Disgraziati, delinquenti … approfittatori avete rovinato mio marito, lo avete
mandato in galera e siete stato voi e la vostra mandragola, affamatori del
popolo
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Noi … non c’entriamo niente …
MARIA:
E’ stato tutta colpa vostra … ma io vi ammazzo tutti
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Noi non possiamo nè essere complici, nè pagare le colpe di vostro marito
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Vostro marito, è inutile negarlo, è un poco di buono, capace solo di infrangere
le regole ed è giusto che sia stato arrestato
(Maria nel sentire ciò rincara la dose e comincia a menare colpi con la scopa)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Aggressione … aggressione
MARIA:
Beccati questo …questo …
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Aiuto … Guardie … Guardie
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Aiuto …Aiuto …
(Entra il Carabiniere che lega ed arresta la donna, la quale esce di scena
accompagnata dagli insulti dei nobili)
(I nobili rimangono in scena … entra il notaio)
(si sente il canto del cuculo)
SCENA 13 (31)
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS, IL MARCHESE FELICINO PARODI, IL VISCONTE ALFONSO
MOSCONI, ANJELLO ARGUAGLJA,
IL POSTINO
ANJELLO ARGUAGLJA:
Posso entrare
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Entrate che diamine
ANJELLO ARGUAGLJA:
Sono venuto per la mangiata, devo anche comunicare che il Barone Flugenzio
Quintavalle non può essere presente perché oppresso da un impegno impellente
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Tanto non si mangia
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Non c’è più da fidarsi dei plebei
ANJELLO ARGUAGLJA:
Perché … raccontatemi
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Giazera è un buono a nulla si è fatto arrestare
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Plebeo, imbecille a lui non chiederò più niente
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Ed ora cosa mangiamo
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Niente … andiamo tutti a casa e rimandiamo
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
E no ci avete invitato e rimaniamo
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
All’osteria no …piuttosto me ne vado a casa, io non mangio con i plebei
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Ma mangiare, è mangiare
(In quel momento arriva il postino)
IL POSTINO:
Posta … posta …
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
C’è qualcosa per me
IL POSTINO:
No
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
E per me
IL POSTINO:
No … c’è posta per il Conte De Carolis
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Per me … ma non mi scrive mai nessuno
ANJELLO ARGUAGLJA:
Per me, c’è qualcosa
IL POSTINO:
Si … questa missiva
(aprono le lettere ,il postino esce salutandoe tutti rispondono al saluto)
ANJELLO ARGUAGLJA:
Quante pratiche da sbrigare, e tutte urgenti.
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
(Il Conte De Carolis legge ed euforico salta di gioia)
Sono stato scelto … sono stato scelto, la nobiltà italiana ha scelto me, per
rappresentanza per il viaggio inaugurale del Titanic, sono stato scelto, io nel
viaggio inaugurale del transatlantico, io e non voi.
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
E uno scandalo, perché lui e non io
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Sono indignato, lo maritavo io
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Io sono un vero nobile, voi siete delle calcine
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Ma se non avete neppure, ne i soldi, né i vestiti adatti
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Non siete in grado di andare
ANJELLO ARGUAGLJA:
Io vi consiglio di vendere l’invito
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
No… mi arrangierò
ANJELLO ARGUAGLJA:
Ma obiettivamente non avete la possibilità economica, vendete il biglietto
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Non vorrei venderlo … ma se lo vendo devo farci un sacco di soldi
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Io vi offro mille Lire
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Io vi offro mille e venti Lire più Lozzana
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Io vi offro mille Lire più il terreno che ho al Piano
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Io vi offro mille e venti Lire più Lozzana più la Cobbia
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Ma pensate quanti affari potete fare, a bordo ci sono in crociera tutti i più
grandi industriali americani ed inglesi, mi tengo il biglietto
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Aggiungo la casa in San Giorgio
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Io mi arrendo
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
A malincuore ma accetto
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Notaio SCRIVETE …
ANJELLO ARGUAGLJA:
Scritto ed adesso firmate
(I due firmano)
(si sente il canto del cuculo)
(Escono tutti di scena si sente il suono della sirena)
SCENA 14 (32)
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS, IL MARCHESE FELICINO PARODI, IL VISCONTE ALFONSO
MOSCONI, DON PIATELETO,
LO STRILLONE,LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI,ARTURO CORAZZONI, ANJELLO ARGUAGLJA,
(rientrano in scena i nobili in casa del marchese parodi, sentono lo strillone)
LO STRILLONE:
Giornali, giornali … il transatlantico, più grande del mondo è affondato, il
Visconte Mosconi disperso in mare … Vezzano in lutto
Tutti i nobili si affollano attorno allo strillone e comprano il giornale e dopo
tutti
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Povero Visconte, ha fatto una brutta fine
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Certo a ricordarlo da vivo, era un aguzzino
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Era un buono a nulla,e riguardo all’eredità io sono l’unica erede per cui
DON PIATELETO:
La chiesa prima di tutto, una parte dei soldi aspettano a me
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Non aveva un gran ch’e … però
ARTURO CORAZZONI:
Voleva un gran funerale …
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
Ma non si può fare un funerale senza il corpo
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Per questo possiamo farlo lo stesso
IL MARCHESE FELICINO PARODI:
E chi paga!
IL CONTE ETTORE DE CAROLIS:
Con i suoi soldi
DON PIATELETO:
Anche una bella funzione, in suo ricordo tanto paga lui
ANJELLO ARGUAGLJA:
Un pò di soldi anche per me, non esiste testamento
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Allora tutti i soldi sono miei, ma non ne ho bisogno a me mi bastano gli
immobili e per il resto pensateci voi notaio
ANJELLO ARGUAGLJA:
Ma non si può …
LA CONTESSA ADELAIDE MOSCONI:
Si può … si può … lui era come un cuculo , il cuculo è un uccello che non
costruisce nido, ma che approfitta dei nidi altrui, e il piccolo che nasce si fa
accudire da la madre adottiva, scalzando dal nido i figli legittimi … dividetevi
i suoi soldi
ANJELLO ARGUAGLJA:
Non potrei, ma se insistete posso fare un falso testamento e rendere …
beneficiari per quanto riguarda il contante, il Conte De Carolis, Il Marchese
Parodi, Don Piateleto, e il sottoscritto
ARTURO CORAZZONI:
Ed io
ANJELLO ARGUAGLJA:
Va bene scusate … IO aggiungo
DON PIATELETO:
Comunque una bella funzione la facciamo
(in quel momento si sente sparare e compare il visconte Mosconi
che minaccioso punta l’arma verso i suoi amici)
IL VISCONTE ALFONSO MOSCONI:
Delinquenti disgraziati, beccamorti …facevate i conti senza l’oste io sono vivo
… vivo e vegeto
TUTTI :
(ma noi credevamo)
Voi credevate male … mi hanno rubato il biglietto, e in galera mi hanno messo
per un mese prima di riconoscermi ma ora sono tornato per interrompere questa
squallida riunione dove vi dividevate i miei averi,
ma sono vivo e per vostra disgrazia vi ammazzerò tutti, ad uno ad uno, cosa
avete da dire… avanti cantate
e tutti gridano: viva il Visconte Mosconi tornato in mezzo a noi, viva la sua
grande bontà bevete … bevete signor Mosconi
il visconte si commuove e tutti lo abbracciano.
SIPARIO