IL CIBO DELLA FELICITA'
Commedia in tre atti di Fabio Bertarelli
Personaggi:
Il presidente di un piccolo stato
La segretaria del presidente
La madre del presidente
Il generale dell'esercito
Il capogruppo del partito dei Viola
La capogruppo del Movimento Donne Rosa
Il professore del Centro Ricerche Speciali
L'aiuto del professore
L'assistente del professore
Antonio - inserviente del Centro Ricerche
Due agenti segreti
Alcuni inebetiti
A T T O P R I M O
La scena rappresenta uno studio sobrio ma elegante, con mobili di pregio come si addice ad una persona di grado elevato. Nella parete di fondo vi è l'armadio-libreria con le ante a vetri e a lato, nell'angolo, una bandiera azzurro-oro. In quella di sinistra una finestra con una ricca tenda ed in quella di destra la porta d'ingresso con a fianco, nella parete, un mobile bar. Al centro della stanza un massiccio tavolo-scrittoio con una poltrona e due poltroncine.
All'apertura del sipario la scena è vuota. Suona il telefono. Entra la segretaria trafelata e va a rispondere.
SEGRETARIA - Pronto... Sì, buongiorno, sono la segretaria... Il presidente non è ancora arrivato... dica pure a me... Conferma per oggi... Sì, va bene, va bene... Riferirò... Buongiorno, professore... (Riattacca)
(Abbracciando la spalliera della poltrona) Pinuccio... amore mio... Tu hai tante cose importanti da pensare, ma pensa anche un pochino a me, alla tua Pinuccia. (accarezza la poltrona) Lo so, tu non hai fiducia nelle donne, ma io sono diversa perché ti voglio bene, tanto bene... (Si siede con atteggiamento trasognato sulla poltrona e vi si abbandona sussurrando alcune frasi appassionate) Amore, amore mio... Come si sta bene tra le tue braccia... Come mi piace il tuo profumo... Ah, le tue mani calde. Pinuccio mio, se tu mi amassi come io ti amo!
PRESIDENTE - (entra e si ferma un istante, poi con tono dolce) Buon giorno, presidentessa.
SEGRETARIA - Oh! (Si alza di scatto dalla poltrona e si porta a lato della scrivania) Mi scusi, presidente.
PRESIDENTE - Le piace stare seduta sulla mia poltrona, vero?
SEGRETARIA - Mi dà tanto calore.
PRESIDENTE - (le si avvicina, le fa appoggiare il capo sulla sua spalla e le accarezza i capelli) Lei deve avere pazienza se le nostre strade ancora non convergono.
SEGRETARIA - (solleva il capo e quasi piangendo) Io l'amo presidente, io l'amo... (Scoppia in singhiozzi ed esce di corsa)
PRESIDENTE - Anche per oggi lo sfogo affettivo della mia segretaria è terminato. Per fortuna è una scena che si ripete una sola volta al giorno e ho notato soltanto di primo mattino. Forse è il residuo degli inappagati desideri amorosi della notte che deve esternare. Povera ragazza, è intelligente, brava, bella, avrebbe dovuto innamorarsi di una persona che l'avesse potuta ricambiare, ma purtroppo l'amore è cieco e lei si è invaghita di me. Peccato che mi sia indifferente... Comunque mi conviene tenerla così, a temperatura tiepida... per poter disporre di una segretaria fidata, docile, brava. Il che per uno della mia posizione significa molto. (Chiama la segretaria attraverso il citofono) Signorina, può venire da me, per favore?
SEGRETARIA - (entra. Ha un'espressione serena) Sì, presidente.
PRESIDENTE - (alzando gli occhi dal giornale) Che c'è in agenda oggi? Vediamo se è stata così brava da aver lasciato una discreta pausa per il nostro drink.
SEGRETARIA - Sembrava una mattinata tranquilla, ma è arrivato il generale che ha preteso con insistenza di essere messo in lista addirittura per primo. A questo punto dipenderà da lei se riuscirà a liquidarlo in fretta.
PRESIDENTE - Il generale? Che vorrà ancora questo seccatore?
SEGRETARIA - Non lo so. Come gli è consentito dal regolamento ha chiesto udienza senza specificarne l'oggetto.
PRESIDENTE - Perché non gli ha detto che ero occupato, che non desideravo vederlo, che mi ha seccato! Il motivo della sua visita lo conosco bene, viene a chiedere i soldi per il suo esercito. E' proprio come un bambino che gioca con i soldatini di piombo e ogni tanto chiede alla mamma qualche spicciolo per comprarne di nuovi.
SEGRETARIA - E lei lo accontenti. (Celiando) Non le fa tenerezza?
PRESIDENTE - Tenerezza... E' solo un uomo ridicolo. Sempre impettito e rigido, si sposta con movimenti meccanici, sembra un burattino mosso dai fili del burattinaio. Per fortuna ho scoperto il suo lato debole: è vanitoso. Invece dei soldi gli conferisco una nuova onorificenza e lo faccio ugualmente contento. Con una medaglia ogni tanto posso fare affidamento sulla sua devozione e lealtà.
SEGRETARIA - Poi c'è il professore. Ha telefonato personalmente per confermare che verrà questa mattina.
PRESIDENTE - Questa mattina? Spero che sia riuscita ad avere tutte quelle informazioni che le avevo chiesto sul suo conto. Devo assolutamente sapere come mi dovrò comportare con lui!
SEGRETARIA - Sì, sì... Sono riuscita a sapere tramite la sua assistente, mia amica, che ha un modo veramente strano di comportarsi con i suoi interlocutori. Pensi, mi ha detto che siccome è convinto che la maggior parte della gente ha poco cervello, vede tutte le teste come fossero delle zucche e quindi obbliga tutte le persone che parlano con lui a portare un cappello: se ne sono sprovvisti, fa mettere loro uno qualsiasi (risolino) anche da donna! Per me è proprio matto o si diverte a ridere alle spalle di quei poveretti che gli capitano a tiro. Non so però, se anche con lei oserà comportarsi così e se lei si presterà al gioco.
PRESIDENTE - Accidenti! Se me lo avesse detto ieri avrei provveduto... (Si guarda intorno) E adesso?
SEGRETARIA - Non si preoccupi, le presterò il mio cappellino. E' così sobrio che non la renderà troppo ridicola.
PRESIDENTE - Fosse almeno di carnevale! Ma gliela farò pagare.
SEGRETARIA - Se mi permette di esprimere un mio giudizio direi che potrebbe essere tutta una tattica per disorientare i suoi interlocutori perché ho saputo, sempre dalla sua assistente, che in genere alla fine della sceneggiata, offre le sue scoperte dietro compensi sostanziosi, sia in soldi che in onori.
PRESIDENTE - Ah! Va bene. Dunque, poi quali sono gli altri impegni per la mattinata?
SEGRETARIA - C'è la riunione con gli architetti per il progetto della costruzione del nuovo palazzo presidenziale.
PRESIDENTE - Ah, quella banda di incapaci! Sono senza fantasia, senza idee. Ci vuole qualcosa di grande!
SEGRETARIA - Eppure sono i migliori che abbiamo. Dicono che i fondi stanziati non permettono di più.
PRESIDENTE - I migliori! Puah! Essi mascherano la loro incapacità con la scusa che i fondi stanziati non permettono di più. Resta il fatto che non ce n'è uno dei progetti che mi hanno sottoposto che valga la pena di prendere in considerazione. Carta straccia! Eppure avevo detto chiaramente che volevo un palazzo presidenziale monumentale e... inedito al tempo stesso... Qualcosa che esprimesse grandiosità, potenza... in uno stile avveniristico... Questo io volevo. Mi rimandi l'appuntamento a domani, non ho voglia di guastarmi la giornata. E faccia intendere loro che esprimo già fin d'ora tutta la mia disapprovazione e che forse affiderò l'incarico del progetto ad uno straniero così correranno a casa a spremersi le meningi. Ah, ah, voglio proprio divertirmi alle loro spalle, voglio tenerli sulla corda, vedremo se partoriranno qualcosa degno della mia persona!
SEGRETARIA - Va bene, ci penserò io.
PRESIDENTE - Poi, c'è altro?
SEGRETARIA - (guardando nell'agenda) E' invitato all'inaugurazione di quella mostra di prodotti artigianali.
PRESIDENTE - No, non ho tempo. Invii un bel telegramma. Se altri dovessero chiedere udienza per questa mattina dica che è impossibile. Grazie signorina, può andare.
La segretaria esce ed il presidente si mette a sfogliare i giornali.
PRESIDENTE - Io questi giornalisti li riduco sul lastrico. Ci sono solo cinque articoli che riguardano la mia persona. Io voglio...
SEGRETARIA - (attraverso il citofono) Signor presidente, c'è sua madre.
PRESIDENTE - La faccia entrare, subito.
MADRE - (entra e con espressione affettuosa) Ciao, bambino mio.
PRESIDENTE - Ciao, mammetta.
MADRE - Anche oggi sei imbronciato?
PRESIDENTE - Guarda, (gli mostra il giornale) mi hanno messo sì in prima pagina, ma appena poche righe. Così si illustra l'opera e la figura di un presidente?
MADRE - Accontentati, bambino mio! Non puoi pretendere di avere -ogni giorno- il tuo nome nella prima pagina del giornale e a caratteri cubitali. (Lo bacia e poi si siede)
PRESIDENTE - Il giornale è la finestra della popolarità ed io voglio esservi sempre affacciato.
MADRE - Voglio, voglio... Fin da piccolo hai sempre voluto tutto. Non facevo in tempo a soddisfare un tuo desiderio che ne venivi fuori con un altro. La colpa è stata mia perché ti ho viziato troppo. Vero, Pinuccio?
PRESIDENTE - Tu mi hai trasmesso il desiderio di salire in alto, sempre più in alto. Ecco il motivo del mio "voglio". Ora sto per spiccare il salto decisivo per quello che considero il vero traguardo finale e tu mi devi aiutare.
MADRE - E dove vorresti arrivare, figlio mio, più di presidente?
PRESIDENTE - Ti sembra che l'essere presidente di questo stato mi sia del tutto gratificante? Io voglio salire di più, di più!
MADRE - Ma come di più?
PRESIDENTE - Di più, mammetta. (Si alza in piedi e dopo una pausa, in atteggiamento solenne) Voglio diventare il padrone del mondo.
MADRE - Ma Pinuccio! Hai sempre voglia di scherzare.
PRESIDENTE - Mamma, non sto affatto scherzando. Io voglio diventare il padrone del mondo. (Le si avvicina e le circonda le spalle con le braccia)
MADRE - Ma Pinuccio! Ti rendi conto di ciò che dici? Questa è un'altra infatuazione assurda come quando ti eri intestardito di prenderti... quella donna in moglie.
PRESIDENTE - (distaccandosi da lei e mettendosi a passeggiare nervosamente) Sono stato ingannato da quel visino che ti rassomigliava tanto. Come potevo pensare che dentro era un covo di serpi!.
MADRE - Io te l'avevo sconsigliata, ma tu non mi hai voluto dare ascolto: "Mammetta è proprio uguale a te, ha lo stesso tuo visino... La voglio sposare, la voglio sposare..."
PRESIDENTE - Sembrava una santarella e invece era una donnaccia. Chissà cosa pretendeva da me! Quando è andata via sbattendo la porta di casa, sai cosa m'ha detto? "Impotente! Vai a dormire con la tua mammina!" Che sgualdrina! Io che ero abituato al tuo affetto, ad essere coccolato dalle tue mille attenzioni. Ha inzozzato tutto, quella...
MADRE - Dobbiamo comunque darle atto che senza troppo chiasso se ne è andata per sempre da te, da noi. Eppure se avesse saputo apprezzarti per la tua intelligenza, per la tua sensibilità... ma non pensiamoci più. E' stata una stupida e una presuntuosa: credeva di poter strappare con la sua bellezza e quattro moine un figlio alla madre! Ha causato invece solo un trauma per tutti e lei ne è uscita sconfitta. Ben le sta!
PRESIDENTE - Era destino che dovevamo restare così, io e te, mammetta. (L'abbraccia ancora poi torna dietro alla scrivania) Ora ti chiedo di aiutarmi per realizzare quest'ultimo mio desiderio: diventare il padrone del mondo.
MADRE - Eh? Ma ti rendi conto di quello che dici? Padrone del mondo?... Io non capisco cosa intendi diventare... Un capo carismatico? Un leader? Con quali idee... e con quali mezzi? Eh, Pinuccio?... (Lo guarda in viso notando la sua espressione esaltata e dura al tempo stesso) Hai una espressione che mi fa paura. Tu quando vuoi una cosa non ti fermi di fronte a niente, ti prende come una sete, una follia.
PRESIDENTE - Mamma, io voglio diventare il padrone del mondo in senso assoluto, totale.
MADRE - Prova a ragionare: che differenza pensi che ci sia tra l'essere a capo di questa piccola comunità o di milioni o miliardi di uomini? L'ebrezza del comando è sempre la stessa. Accontentati della tua posizione. Io ho paura per te, Pinuccio, perché quello che ti proponi di diventare, non è attuabile e poi ti esporrebbe a mille pericoli. A te sembra tutto così semplice mentre è un'assurdità, un capriccio.
PRESIDENTE - Mamma!...
MADRE - (ha un gesto di insofferenza) Pinuccio... Ma su, via! (E fa l'atto di andarsene)
PRESIDENTE - (la prende per un braccio e la rimette seduta) Mamma, siediti e ascoltami bene: Sono arrivato ad essere il presidente di questo paese. Una bella posizione certo, ma non mi sento pienamente realizzato. Conosco l'arte della politica e del governare e so utilizzare a seconda dei casi la diplomazia, l'autorità e perfino la spregiudicatezza se occorre. Conosco il modo di spostare i singoli uomini come pedine nella scacchiera dei posti di potere per disporre indirettamente di tutte le leve del comando ed il modo di assoggettare le masse anche con la forza di una dialettica roboante ed illusoria. Queste doti, con quell'arma infallibile che è l'alimento 17, mi permetteranno di realizzare il mio sogno: diventare il padrone del mondo. Se finora i tentativi per realizzare questa meta sono sempre falliti è perché è stato usato cocciutamente il mezzo sbagliato: la forza delle armi. Io dovrò solo convincere il professore di portare a termine gli studi per la produzione dell'alimento 17. Mi vestirò da buffone se lo pretenderà, lo coprirò d'oro, gli elargirò onori. Il resto verrà da sé.
MADRE - Chi è questo professore? E che cos'è l'alimento 17?
PRESIDENTE - Sono l'uomo ed il mezzo che mi permetteranno di realizzare il mio sogno.
MADRE - Si tratta di un'arma potente?
PRESIDENTE - No, ti ho già detto che non userò la forza delle armi.
MADRE - (sospira) Se vorrai davvero tentare questa impresa e conoscendoti, so che niente e nessuno ti potrà fermare, devi promettermi almeno che userai solo mezzi legali e più che leciti e che non ci sarà il minimo spargimento di sangue.
PRESIDENTE - Sì sì, stai tranquilla, te lo prometto. (Estasiato) E quando sarò diventato il capo incontrastato di tutta la terra, mi farò costruire sotto una cupola immensa un trono alto alto, tutto d'oro. Da apposite fenestrature della cupola entreranno raggi di luce che mi illumineranno e vedrò giù in basso una moltitudine di sudditi acclamanti e a me sottomessi. Accanto al mio trono ne farò innalzare un altro anch'esso alto alto tutto d'argento sul quale siederai tu, mammetta!
MADRE - (scherzando, come rivolgendosi a un bambino) Che bella favola!
PRESIDENTE - Non sarà una favola. Io già vedo noi due seduti lassù sui nostri troni. Io in quello d'oro e tu in quello d'argento.
MADRE - Il mio trono non mi servirà; io sarò diventata vecchia o forse sarò già morta. Anche per te allora saranno passati gli anni più belli e forse vorresti una cosa che non potrai più avere: una vita da vivere. Dammi ascolto, vivi la tua vita vicino a tua madre e sii felice accontentandoti di essere già padrone di questo lembo di terra.
PRESIDENTE - Questa è la sapienza dei deboli, dei rassegnati. Io sono forte e vedrai che raggiungerò quello che considero il mio vero traguardo finale.
MADRE - (seria) Se questa è la tua volontà, io come madre, ti sarò sempre vicina sia nel bene che nel male. Ma promettimi ancora che non farai stragi o crimini contro l'umanità. Me lo prometti, figlio mio?
PRESIDENTE - Te lo prometto. (Bacia la madre) Grazie, mammetta.
Ora ascolta il discorso che farò domani alla comunità per l'anniversario della mia elezione e dimmi se può andare bene. Lo sai che sei la mia consigliera infallibile.
MADRE - Non hai bisogno di nessuna consigliera, bambino mio, sei così bravo. Comunque ti ascolto volentieri. (Lo guarda con adorazione)
PRESIDENTE - (legge) In questa solenne ricorrenza proclamiamo che il fine della nostra attività di governo è quello di far raggiungere al popolo la piena felicità. Tutte le classi saranno adeguatamente coordinate ed integrate affinché il loro contributo non sia la semplice somma dei relativi apporti, ma...
Suona il citofono. La segretaria annuncia il generale.
PRESIDENTE - (all'apparecchio) Lo faccia accomodare.
GENERALE - (entra, si irrigidisce sull'attenti e fa un saluto marziale sbattendo i tacchi) Signor presidente...
PRESIDENTE - Prego, riposo.
(Alla madre) Mamma, ci vediamo oggi a casa. Ora se non ti dispiace devo parlare con il generale.
MADRE - Sì, figlio. Arrivederla, signor generale.
Il generale le bacia la mano e poi la saluta militarmente. La madre esce dopo aver salutato affettuosamente il figlio.
PRESIDENTE - (con aria seccata) Si accomodi e mi dica.
GENERALE - (si porta davanti alla scrivania rimanendo però in piedi) Signor presidente, volevo farle presente la insufficienza numerica e la scadente qualità del nostro armamento. (Porge alcuni fogli al presidente) Ecco l'inventario con la situazione attuale e le richieste di adeguamento per raggiungere un minimo di efficienza operativa.
PRESIDENTE - Le ristrettezze di bilancio, caro generale, non ci hanno permesso di assegnare alla difesa i necessari stanziamenti.
GENERALE - Ho saputo che gli stanziamenti sono stati totalmente tagliati. E' una cosa inammissibile!
PRESIDENTE - C'erano alcune priorità, generale, lei mi capisce...
GENERALE - La prima priorità, signor presidente, è la difesa! Sappia che questo stato di cose ha fatto crollare il morale delle truppe.
PRESIDENTE - Lo alzi, generale. Non vorrà farmi credere che uno come lei non sia in grado di tenere alto il morale dei suoi soldati.
GENERALE - Beh... Affiorano nei nostri soldati segni di disaffezione e addirittura di menefreghismo.
PRESIDENTE - Le posso suggerire un rimedio che noi politici usiamo con successo in molte occasioni? Inventi una festa in onore di qualcuno o di qualcosa ed in quella occasione distribuisca medaglie e attestati a tutti.
GENERALE - Beh, potrebbe essere un buon sistema. Che ne dice di medaglie grandi in proporzione al grado?
PRESIDENTE - No, semplifichi. Faccia coniare medaglie tutte uguali e ne dia una a testa per evitare disparità che potrebbero creare malumori. Oppure faccia una cosa più semplice e dall'effetto sicuro: nomini tutti generali.
GENERALE - Tutti generali? Lei vuole scherzare, suppongo. Perché se anche i soldati diventassero generali che esercito ne verrebbe fuori? Io, poi, che grado dovrei assumere?
PRESIDENTE - Lei non ha bisogno di incentivi perché il suo morale è abbastanza alto. Non è vero?
GENERALE - Certo, io non perdo la mia forza d'animo nemmeno di fronte ad eventi gravissimi anzi, sono proprio le difficoltà che rinforzano ed elevano il mio morale.
PRESIDENTE - E' quello che le dicevo poc'anzi. Lei ha il morale altissimo e quindi non ha bisogno di nessuna promozione. Rimanga generale.
GENERALE - Beh... vedrò di far leva sullo spirito di corpo e sul patriottismo.
PRESIDENTE - Bravo generale!
GENERALE - Comunque, signor presidente, sappia che bisogna provvedere subito al potenziamento del nostro esercito perché attualmente non è in grado di difendere il paese.
PRESIDENTE - (ironico) Senta, generale: che ne dice di creare un corpo di bellissime soldatesse? Se un esercito nemico invadesse il nostro paese gli mandiamo contro queste splendide fanciulle che avranno armi più che idonee per sgonfiare anche il più acceso spirito bellicoso. Eviteremo così la conquista e la spoliazione del nostro paese, anche se non potremo evitare la conquista e la spoliazione delle nostre avvenenti soldatesse.
GENERALE - Per carità! La costituzione di un simile corpo segnerebbe la nostra fine, signor presidente. Se un potenziale nemico venisse a sapere che a contrastarlo fosse un esercito di belle ragazze, ci attaccherebbe anche domani, se non oggi stesso.
PRESIDENTE - Generale, lei non ha bisogno di consigli di alcun genere perché è maestro del suo mestiere e gode della nostra più completa fiducia. Continui a fare il suo dovere come lo ha sempre fatto ed il paese, riconoscente, conierà per lei una nuova grande medaglia che le verrà solennemente consegnata alla prossima festa delle forze armate.
GENERALE - Grazie, signor presidente. (Sbatte i tacchi) Cercherò di essere degno con tutte le forze di questa nuova medaglia. Mi permetto comunque di insistere sulla richiesta di un potenziamento dell'esercito.
PRESIDENTE - Generale, la sua preoccupazione è anche la nostra. (Prendendo l'inventario) Esaminerò la sua relazione e cercherò di porvi i dovuti rimedi. Arrivederci generale.
GENERALE - Grazie, signor presidente. Sempre ai suoi ordini.
Saluta con cipiglio militaresco ed esce.
PRESIDENTE - (ridacchia) Sapevo che facendo leva sulla sua vanità l'avrei fatto contento e così è stato. Se sapesse che sono stato io che ho tagliato tutti i finanziamenti per l'esercito mi prenderebbe a cannonate. Ah, ah! Ma poverino, è così ingenuo da non capire l'evolversi delle cose: ritiene ancora che siano le armi a difendere uno stato. (Straccia l'inventario del generale e lo getta nel cestino) I soldi che avrebbero dovuto servire per l'esercito, caro generale, li darò tutti al professore per far portare a termine i piani di produzione dell'alimento 17. Quella sarà l'arma che mi permetterà, non di difendere il paese, ma di conquistare il mondo. (Ride sarcasticamente) Sarà un'arma che compirà il suo effetto senza stragi, senza sangue, senza rovine. Ah, ah... (Ride ancora)
La segretaria attraverso il citofono annuncia il professore.
PRESIDENTE - (all'apparecchio) Lo faccia entrare subito.
Il professore entra accennando goffamente un saluto. Si mette una mano davanti agli occhi e si siede di fianco, quasi voltando le spalle al presidente.
PRESIDENTE - Le dispiacerebbe, professore, di girarsi? La sua nuca è bella, ma...
PROFESSORE - E' la sua invece che è brutta. Non posso soffrire la vista della sua testa, mi sembra una zucca! Se la copra se vuole che mi giri.
PRESIDENTE - Con che cosa?
PROFESSORE - Si metta un cappello!
PRESIDENTE - (parla attraverso il citofono) Signorina, mi scusi, ho bisogno di un cappello, veda di procurarmelo...Sì, me lo porti.
SEGRETARIA - (entra con in mano un cappellino da donna) Ho questo, signor presidente. Non so, può andare bene?
PRESIDENTE - (si mette il cappello) Come sto?
SEGRETARIA - Benissimo! (Soffoca una risata)
PRESIDENTE - Grazie signorina, può andare. (La segretaria esce) Ora, professore, può girarsi. Ho coperto la zucca.
PROFESSORE - Oh...oh... (ride) E' veramente ridicolo. Se si potesse vedere. Ih, ih, ih!
PRESIDENTE - Io non mi vedo pertanto non mi disturba. Se non si sente ancora a suo agio, non so, mi debbo mettere i guanti?
PROFESSORE - Perché i guanti? Ha qualcosa da rimprovere alle sue mani?
PRESIDENTE - Così, facevo per dire. Posso allora entrare in argomento?
PROFESSORE - Finalmente!
PRESIDENTE - Lei professore, deve riprendere gli studi per portare a termine i piani di produzione dell'alimento 17.
PR0FESSORE - No, è impossibile. Ho accantonato il progetto 17 per motivi che ritengo tuttora validi.
PRESIDENTE - La comunità di cui sono presidente, per la propria sopravvivenza, ha bisogno dell'alimento 17. I suoi studi, le sue intuizioni, la sua genialità, che hanno contribuito tante volte al progresso dell'umanità, questa volta risplenderanno di luce perché permetteranno agli uomini di vincere i mali di sempre.
PROFESSORE - (battendo ironicamente le mani) Bravo! (Con tono sprezzante) Parolaio inconcludente, bocca generatrice di suoni disarticolati se non nella melodia della retorica. Se pensa di farmi cambiare idea con simili discorsi, si sbaglia. Pertanto me ne vado. (Fa l'atto di alzarsi)
PRESIDENTE - Si segga, prego. La possibilità che questa comunità sopravviva è nelle sue mani. Se ha il coraggio di andare vada pure, ma il suo nome verrà esecrato per l'eternità.
PROFESSORE - Come mai la comunità è ridotta in questo stato di miseria? Di chi è la colpa, secondo lei?
PRESIDENTE - Della carestia, del ristagno economico, della...
PROFESSORE - La colpa è soltanto del popolo! Sì, del popolo che ha dato fiducia a voi parolai e venditori di fumo, capaci soltanto di illuderlo con le vostre chimere, mentre ha relegato gli uomini di scienza in un cantuccio solo perché mettevamo la gente di fronte ai problemi reali. Siamo stati addirittura considerati dei pazzi perché leggendo e meditando sui libri infallibili del sapere cercavamo di mettere in guardia dai pericoli che voi, improvvisati nocchieri, non eravate in grado di evitare, indirizzando anzi la prua proprio su quelli. Ora che la nave, cozzando contro la dura realtà, sta naufragando, lei supplica noi di salvare proprio quelli che per la loro inettitudine meriterebbero di colare a picco negli abissi!
PRESIDENTE - (si toglie il cappello per detergersi il sudore) Sì, sì. Ha perfettamente ragione.
PROFESSORE - (con stizza) Si rimetta il cappello, che vuole contaminarmi?
PRESIDENTE - (rimettendosi il cappello) Mi scusi, professore. Se vuole, oltre al cappello, sono pronto a mettermi i tacchi a spillo, una maschera, a vestirmi da buffone, ma lei deve portare a termine i piani dell'alimento 17.
PROFESSORE - Ah, sarebbe disposto a questo? A fare il buffone? Come, lei, un presidente? Ah, Ah! Capisco che i piani del progetto 17 le interessano molto ed in fondo passare da buffone di fronte ad un solo uomo è un prezzo più che accettabile, ma sarebbe disposto ad affacciarsi domani da quella finestra durante la cerimonia ufficiale con quel cappellino da donna?
PRESIDENTE - (dopo una pausa di riflessione) Sì, lo farei.
PROFESSORE - Va bene, va bene. Il cappello che le ho fatto mettere mi è servito per capire che lei è disposto a tutto pur di ottenere il suo scopo. Ora se lo può togliere.
PRESIDENTE - (si toglie il cappello e dopo un sospiro) Ora che ci siamo finalmente chiariti porterà a termine il progetto 17?
PROFESSORE - No!
PRESIDENTE - (con tono duro) Non le conviene mettersi in contrasto con il potere, ci pensi bene. Lei sta lavorando attualmente ai progetti 70 e 71 e sa benissimo che tali progetti non - servono - a - niente -. Le sono stati commissionati, su mia proposta, e le vengono pagati profumatamente in quanto è considerato uno dei nostri. Se si ostinasse ancora nel suo rifiuto... mi capisce...
PROFESSORE - (sarcastico) Che cos'è un ricatto?
PRESIDENTE - Assolutamente! E' un modo come un altro per dire che dobbiamo vicendevolmente aiutarci. A questo punto voglio essere anche più chiaro: sono disposto a darle tutta la cifra che lei vorrà chiedermi, non una lira in meno. Le va bene?
PROFESSORE - Lei, quando vuole, sa essere più concreto di un matematico. Comunque non è un problema di prezzo.
PRESIDENTE - E di cosa, allora?
PROFESSORE - (con tono sofferto) Ma si rende conto di cosa mi chiede? Il progetto dell'alimento 17 venne accantonato, come ben lei sa, perché le scimmie appena alimentate con esso avevano dato segni di appannamento dei loro istinti salvo quelli fondamentali. E se anche nell'uomo provocasse la morte di alcune cellule del cervello o la loro disattivazione? Non le sembra fondato il motivo del mio rifiuto?
PRESIDENTE - Un "certo appannamento" lei dice? Le sembra sul serio un fatto talmente grave da farne un caso di coscienza?
PROFESSORE - Quando l'uomo perde anche solo in parte le sue facoltà intellettive e vive di soli istinti, scende nel gradino inferiore degli esseri viventi, quello degli animali.
PRESIDENTE - Via, non drammatizziamo. Lei ha sempre sostenuto che si trattava di una perdita parziale delle facoltà intellettive. Ma i vantaggi, caro professore? Il ciclo di riproduzione dell'alimento è talmente rapido che basteranno 100 ettari di terreno per produrre il fabbisogno alimentare di una comunità di 100.000 persone. Assenza assoluta di ogni forma di inquinamento e soprattutto vi sarà in eterno cibo a volontà senza più lavoro in quanto la riproduzione è automatica. Se perdiamo... (Un colpettino di tosse) Se perdono qualche cellula del cervello, pazienza. E' una perdita ampiamente ricompensata.
PROFESSORE - Perché ha corretto "se perdiamo" con "se perdono"?
PRESIDENTE - Le non si offenderà se le dico che come scienziato ha una visione troppo limitata delle cose. Deve dare atto a noi, responsabili della cosa pubblica, del possesso di una visione panoramica e lungimirante dei problemi. Se tutti perdessimo un po' del nostro cervello chi rimarrebbe a fare da guida? Se invece io, lei ed i rappresentanti dei settori chiave rimanessimo in possesso di tutte le facoltà mentali, potremmo responsabilmente guidare le masse. Per noi basterà un piccolo appezzamento di terreno sul quale coltivare quegli elementi tradizionali che serviranno per alimentarci. Capisce che non sono un irresponsabile?
PROFESSORE - (frastornato) In poche parole lei cerca di convincermi che anche la peggiore scoperta se bene applicata è cosa ben fatta.
PRESIDENTE - La sua non è una "peggiore scoperta". E' il risultato di studi che portano al progresso di un popolo e quindi altamente meritevole. Si preoccupa per alcuni risvolti negativi? Lei avrà solo il grande merito scientifico. Noi, e solo noi, saremo i veri responsabili dell'uso buono o cattivo che se ne farà.
PROFESSORE - lei dice anche qualcosa di giusto, ma se permette vorrei rifletterci su.
PRESIDENTE - Riflettiamo insieme, in due potremo approfondire meglio il problema e arrivare prima alla conclusione. Per far luce sul suo dubbio, analizziamo cosa succederebbe in una ipotetica società in cui gli uomini avessero attutite alcune facoltà mentali; sarebbero senza dubbio ridotti per primi gli istinti negativi propri dell'uomo come l'odio, l'invidia, la sopraffazione. Verrebbero di contro ad essere esaltati quelli essenziali per la sopravvivenza e la procreazione finalizzati alla continuità della specie. Avendo inoltre cibo a sufficienza, gli uomini perderebbero la naturale carica aggressiva e sarebbero più docili, più tranquilli ed alla fin fine più felici. Vagherebbero in ozio sui verdi prati, nella quiete della campagna, nel fresco dei boschi. Una volta stanchi si sdraierebbero poi al sole a ritemprare le membra. Le sembra proprio un quadro catastrofico tutto questo? quasi quasi sono tentato anch'io di perdere un po' del mio cervello! Lei che ne dice, professore?
PROFESSORE - Oggi l'uomo non ha più questa carica aggressiva per procurarsi il cibo perché, seppure con fatica, ha di che nutrirsi.
PRESIDENTE - Ma quell'istinto di conservazione insito nell'uomo fin dalla sua comparsa sulla terra che lo rendeva aggressivo e violento, gli è rimasto pressoché intatto fino ai nostri giorni sopravvivendo alla civilizzazione e alle leggi e si manifesta con azioni socialmente dirompenti sia da parte dei singoli che di gruppi spinti dal miraggio del potere, del possesso e del prestigio. Ecco l'opportunità di addormentare un po' quel pericoloso istinto atavico.
PROFESSORE - Ma non sarebbe più giusto correggere gli effetti negativi dell'istinto con la ragione e non distruggere anche il buono per eliminare il cattivo?
PRESIDENTE - Le sembra così facile? La violenza è così radicata nell'uomo da resistere ad ogni sano principio morale, etico, sociale... Se sapesse quante energie spendiamo in tal senso! Cerchiamo di prevenirla con la forza e la paura delle leggi, con la pressione dei mezzi di informazione, con i tabù, ma il sistema che ha dato finora i migliori risultati è lo scarico controllato di essa attraverso diversivi dell'opinione pubblica come i movimenti ideologici, gli avvenimenti sportivi, le campagne di opinioni e soprattutto amplificando i fatti e fatterelli che toccano la sfera dei sentimenti. Le industrie ci aiutano nell'opera di smorzamento di questa carica aggressiva creando in continuazione nuovi prodotti e nuovi bisogni che costringono gli uomini ad un affannoso inseguimento di tali feticci del benessere distogliendo i loro cervelli da altre scelte. Anche la scuola ha un compito importante in questo campo: imbrigliare i cervelli più pericolosi, che sono quelli dei giovani, con un lavoro mentale che essi accettano perché ritengono si tratti di autentico sapere e che invece sono in genere nozioni fine a se stesse. Purtroppo ogni tanto qualche cervello sfugge superando tutte le reti imbriglianti e protettive. Se si tratta di pochi, riusciamo a neutralizzarli con metodi più o meno "persuasivi". Se si tratta di molti si hanno movimenti che dietro ad ideologie perverse portano allo scoppio di moti violenti ed in ultimo alle guerre.
Se con l'alimento 17 possiamo raffreddare questa pericolosa carica esplosiva, come fa a sentirsi in colpa? Dovrebbe considerarsi, come il monumento che le faremo attesterà, il più grande benefattore dell'umanità.
PROFESSORE - Quello che a me sembra un delitto contro il genere umano, per lei, se ho ben capito, costituisce addirittura un bene. Mi stupisce constatare che lei vuole che la gente perda singolarmente e collettivamente la facoltà di pensare e diventi un innocuo gregge di pecore. Vorrebbe anche che perdesse la facoltà della parola e comunicasse belando?
PRESIDENTE - Non esageriamo, professore. Se la perdita di qualche cellula del cervello è il prezzo che la gente deve pagare per raggiungere uno stato di quiete o addirittura la felicità oltre che per disporre di cibo abbondante, acquisito senza lavoro, si tratta di un prezzo irrisorio anche perché indolore.
PROFESSORE - Io non mi sento di assumere questa responsabilità.
PRESIDENTE - Certo, professore. Una apposita commissione emetterà un parere motivato circa gli effetti della sua somministrazione sotto l'aspetto morale, sociale, etico, ecc. Dopodiché la responsabilità della decisione finale sarà soltanto nostra. E lei avrà soldi, tanti soldi.
PROFESSORE - Non è un problema di soldi.
PRESIDENTE - Capisco. Ha ragione. Lei vuole la gloria, vero? Ed io le darò la gloria. Le farò innalzare un monumento qui, al centro della piazza principale. (Lo fa salire sopra una sedia come fosse il piedistallo) La gente alzerà gli occhi con espressione grata, benedicendola. I posteri vedranno scolpito nel marmo l'uomo che con la sua scoperta ha permesso la sopravvivenza della nostra comunità. Capisce che cosa le sto offrendo? L'immortalità!!
PROFESSORE - Lei, lei, vuole far leva...
PRESIDENTE - Sul suo senso di responsabilità, professore. E allora se mi promette di portare a termine i piani di quell'alimento io le prometto che appoggerò con tutte le mie forze la sua candidatura al... (Lo guarda sottecchi) Indovini! Al più ambito premio mondiale: l'UNIVERSAL ! Sì, glielo assicuro. Io ho la possibilità di farle ottenere l'UNIVERSAL per la chimica! Capisce?
PROFESSORE - Presidente...
PRESIDENTE - Niente, non mi dica niente. Lei si merita tutto questo. Ora avrà subito i soldi. Il monumento e la designazione all'UNIVERSAL appena mi consegnerà i piani dell'alimento 17. Va bene?
PROFESSORE - (annuisce) Sì!
Il presidente chiama con il citofono la segretaria.
SEGRETARIA - (entra) Sì, signor presidente.
PRESIDENTE - Signorina, accompagni il professore e gli faccia consegnare dall'ufficio competente un mandato di riscossione in bianco. In bianco, ha capito? Il suo cappello, signorina. Grazie.
(Al professore) Le auguro fin d'ora buon lavoro, professore. Arrivederla.
Il professore e la segretaria escono.
PRESIDENTE - (con un sospiro di sollievo) Un osso duro questo professore, comunque è fatta.
Ora devo studiare bene il modo di incastrare i signori del "no" ovverosia i capi dell'opposizione. Io li chiamo i signori del "no" perché si oppongono testardamente a tutte le proposte di legge presentate dalla maggioranza. Questa volta, se il mio intuito non mi tradisce, voglio barare con loro. Chissà che non ci cadano? (Chiama la segretaria attraverso il citofono)
SEGRETARIA - (entra) Dica, signor presidente.
PRESIDENTE - Ho bisogno del capogruppo dei Viola e della capogruppo delle Rosa. Me li può rintracciare?
SEGRETARIA - Li vuole subito?
PRESIDENTE - Sì, ho urgente bisogno di parlare con entrambi.
SEGRETARIA - Il capogruppo dei Viola è in commissione agricoltura nella sala delle riunioni e quella delle Rosa in commissione problemi sociali, di sotto. Li debbo proprio far chiamare?
PRESIDENTE - Sì, le ho già detto e li faccia entrare immediatamente. (La segretaria esce)
(Con tono seccato) Dover rendere conto di tutto all'opposizione. Andando avanti di questo passo l'opposizione è di fatto maggioranza perché senza il suo consenso non si va più nemmeno alla toilette! Ma se il mio piano dovesse andare in porto, gliene faccio fare una scorpacciata dell'alimento 17 fintanto che il loro cervello non si sarà ridotto ad una capocchia di spillo. Arroganti, presuntuosi...
SEGRETARIA - (attraverso il citofono) Presidente, c'è il capogruppo dei Viola.
PRESIDENTE - Lo faccia accomodare subito.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - (accigliato) A che cosa debbo questa urgente convocazione? Non sarà mica uno dei soliti trucchetti della maggioranza per far passare in commissione quella scandalosa leggina sulle zucche?
PRESIDENTE - No, si tranquillizzi, la congedo subito. Volevo solo sottoporle una proposta di legge di particolare importanza che merita il suo parere prima che la formalizzi per l'approvazione.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Da quando si è scoperta questa vocazione democratica?
PRESIDENTE - Cosa c'è di tanto importante in commissione agricoltura che la tiene così sulle spine?
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Una proposta della maggioranza che grida vendetta in quanto offende certi principi diventati un patrimonio comune. Per innalzare il prestigio della nostra agricoltura nel mondo, si vuole divulgare con gretto orgoglio nazionalistico la notizia che, attraverso una serie di innesti felici, siamo riusciti ad ottenere la zucca più grossa. Diremo "no" con tutte le nostre forze ad una simile proposta perché mentre nel mondo si tende ad ottenere zucche tutte uguali, noi ci vantiamo di aver ottenuto la zucca più grossa. In questo modo ammettiamo implicitamente che nel nostro paese ci sono anche zucche piccole se non piccolissime. Zucche grosse e zucche piccole non sono più ammesse al giorno d'oggi, sono retaggio di un passato ormai sepolto per sempre. Ecco perché ci opponiamo in modo duro, deciso, inflessibile, totale!
PRESIDENTE - Senta, all'interno delle zucche grosse vi è lo stesso numero di semi che in quelle piccole?
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - (colto impreparato) Beh, di questo veramente non sono informato.
PRESIDENTE - Mi meraviglio che uno come lei si limiti ad analizzare i problemi in modo così superficiale.
SEGRETARIA - (attraverso il citofono) Presidente, c'è la capogruppo delle Rosa.
PRESIDENTE - La faccia accomodare subito.
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - (entra rossa in viso) Buongiorno. Cosa si complotta qui in "camera caritatis"?
PRESIDENTE - La vedo accaldata, signorina, forse la temperatura del locale ove è riunita la commissione per i problemi sociali è eccessiva?
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - La temperatura è tale che il locale è arroventato. Come fa lei, capo di una giunta di imbecilli, a permettere la discussione di una legge che dovrebbe ormai essere sepolta nel più profondo cassetto di un archivio storico? La maggioranza vuole mantenere in vita un privilegio medievale maschilista con il quale si permette all'uomo, che vuole sposarsi, la facoltà di scegliersi liberamente la propria donna. Noi ci opponiamo in maniera costruttiva facendo una controproposta: gli uomini che vorranno prendere moglie dovranno farne domanda ad un apposito ufficio il quale provvederà con giudizio insindacabile ad assegnar loro la compagna. Per ragioni di giustizia anche le donne che vorranno prendere marito dovranno inoltrare domanda a questo ufficio che assegnerà loro il compagno.
PRESIDENTE - Umm... E se un uomo si vedesse assegnata una donna brutta potrebbe rifiutarla?
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - E' ora di finirla con le donne belle e le donne brutte: le donne sono donne e basta!
PRESIDENTE - Vedo che avete grossi problemi da dibattere nelle commissioni, pertanto vengo immediatamente al motivo per cui vi ho convocati. Dopo lunga meditazione sono giunto al convincimento che sia bene accantonare definitivamente il progetto di alimentare i nostri concittadini con quel ritrovato scientifico di cui si parlò qualche tempo fa. Se sarò confortato dal vostro consenso potrò inserire la relativa proposta di legge nell'ordine del giorno del prossimo consiglio.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Si tratta di quell'alimento che si riproduceva automaticamente senza più il lavoro dell'uomo?
PRESIDENTE - Esatto, proprio quello.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - No, no, no! Questa è la nostra ferma risposta. Non si può accantonare un progetto che potrà dare al popolo il pane senza più il sudore della fronte.
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - E' mai possibile che appena si intravede la possibilità di migliorare il tenore di vita della gente si fa di tutto per intralciarne l'attuazione? L'alimento 17, così mi pare si chiami, libererà la donna dalle fatiche domestiche pertanto diremo "no" al suo accantonamento.
PRESIDENTE - siccome sembra che esso attenui -di poco- le facoltà intellettive di chi ne fa uso, pensavo fosse preferibile gente che lavori ma intelligente, piuttosto che gente fannullona ma inebetita.
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Scuse, sempre scuse. La verità è che volete che il popolo lavori, che il popolo si sacrifichi, che il popolo soffra e che la donna sopporti il peso più gravoso. Tale alimento potrà essere il riscatto a millenni di privazioni e pertanto dovrà entrare a far parte del vitto della gente; altro che accantonarlo definitivamente! (Al capogruppo dei Viola) Lei, collega, è d'accordo?
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Sono d'accordissimo. Anzi lei, presidente, ne acceleri l'attuazione pratica e noi appoggeremo l'approvazione rapida della relativa legge.
PRESIDENTE - Se questa è la vostra opinione vedrò di tenerne conto. Ritornate pure al lavoro nelle commissioni e che il vostro contributo in quelle sedi sia costruttivo e nell'interesse del popolo come lo è stato ora in questo incontro. Grazie di nuovo.
Il presidente accompagna i capigruppo alla porta, poi tira un sospiro di sollievo e va a sedersi sulla poltrona.
PRESIDENTE - Come volevasi dimostrare! Se avessi detto che volevo approvare un simile tipo di alimentazione si sarebbero opposti mentre, conoscendoli,... E' giusto che li chiami i signori del "no"? (Chiama la segretaria attraverso il citofono) Signorina... Sì, sì.
SEGRETARIA - (entra) Finalmente, ecco i nostri cinque minuti.
PRESIDENTE - Finalmente sì... oggi ce li meritiamo proprio. Prepari da bere.
SEGRETARIA - Il solito?
PRESIDENTE - Sì, il solito.
Entrambi davanti al mobile bar brindano.
PRESIDENTE - Cin cin, Pinuccia.
SEGRETARIA - Cin cin Pinuccio.
A T T O S E C O N D O
La scena rappresenta un laboratorio di chimica. Nella parete di fondo c'è un armadio a vetri con dentro provette, alambicchi, strumenti tecnici e a fianco la porta del retro laboratorio. Nella parete di sinistra c'è la finestra e su quella di destra la porta d'ingresso. Un po' a sinistra vi è la scrivania del professore corredata di una poltroncina e due sedie. Vicino alla parete uno scaffale pieno di libri e riviste messi alla rinfusa. Al centro e un po' in fondo un bancone per gli esperimenti con sopra provette, alambicchi, computer e apparecchiature elettroniche.
Il professore è seduto in poltrona e parla all'aiuto e all'assistente. Ha un'aria stanca e preoccupata.
PROFESSORE - Ora che abbiamo terminato lo studio dell'alimento 17, vorrei sentire da voi a che punto sono le ricerche sull'antidoto. Anche se sono un po' stanco, dobbiamo parlarne assolutamente al più presto. E' della massima urgenza.
ASSISTENTE - Ma lei non sta bene, professore. Ha un aspetto così affaticato. Non ha riposato questa notte?
PROFESSORE - Purtroppo no: faccio sempre lo stesso orribile sogno.
AIUTO - Perché non si rivolge ad uno psicanalista?
PROFESSORE - A che fare? Frugherebbe nei meandri del mio cervello e non ci capirebbe nulla perché nessuno sa chi comanda qui dentro. (Indicando la testa)
AIUTO - (ironico) Chi vuole che vi comandi? Lei.
PROFESSORE - Eh, credo proprio di no! Né quando dormo e tanto meno da sveglio. Se fossi il padrone del mio cervello non farei di notte quel sogno ed ora non avrei quella visione allucinante sempre davanti agli occhi: in una luce grigiastra vedo una moltitudine di uomini con la testa di serpente che si combattono con pungiglioni iniettandosi una sostanza che trasforma i loro corpi in una massa viscida e fumante che si spande per terra. Sopra questa palude quei mostri si dimenano e ondeggiano nell'intento di schivarsi e di colpirsi.
AIUTO - Veramente una visione apocalittica!
PROFESSORE - Sarebbe niente se non sentissi anche una forza irresistibile che mi spinge verso quel groviglio di corpi immondi. Quando sto per essere inghiottito da quella massa viscida ed i mostri mi stanno per colpire, chiamo aiuto, ma non mi esce nessun suono perché sono impietrito dal terrore. Questo è il presagio di una catastrofe incombente. (Si prende la testa tra le mani) Mi sembra di impazzire.
ASSISTENTE - Lei è stanco. In questi ultimi tempi ha lavorato troppo.
PROFESSORE - Non è questo il motivo, è inutile nasconderlo. A che serve ingannarci? Il vero motivo è che non dovevo portare a termine i piani di produzione dell'alimento 17.
AIUTO - Ha solo bisogno di distendersi un po', professore. Conosco un localino niente male. Ci andremo a passare la serata e vedrà poi come dormirà meglio!
PROFESSORE - Ho rifuggito certe distrazioni anche quando ero giovane per dedicarmi allo studio ed alla ricerca scientifica. Ora poi, alla mia età...
AIUTO - Ma no, professore, via! Andiamo tutti! (All'assistente) Ci verrà anche lei vero, signorina?
ASSISTENTE - No, grazie, ho da fare.
PROFESSORE - Lasci stare, dottore. Chi meglio di me conosceva gli effetti nocivi che avrebbe prodotto nel cervello l'alimento 17? Ebbene, per vanità, ho acconsentito a portare avanti il progetto, ma prima che sia troppo tardi debbo trovare la forza di distruggere tutto, tutto! (Dà una manata sulla scrivania e manda in frantumi alambicchi e provette) L'umanità non può correre questo rischio.
AIUTO - Lei si sente colpevole di cosa? Colpevole di avere scoperto un alimento che cancellerà per sempre il flagello della fame? No certamente. La sua è quella che si chiama "crisi da scoperta" e cioè la preoccupazione per il cattivo uso che se ne potrà fare. Ma vedrà che appena l'umanità comincerà a goderne i frutti, lei riconquisterà la sua serenità ed avrà i massimi riconoscimenti.
ASSISTENTE - Sì, forse occorre un po' di calma e nello stesso tempo è necessario accelerare al massimo gli studi per la scoperta dell'antidoto. Prima, quando dicevo che questa sera avevo da fare, era per questo motivo.
PROFESSORE - (all'assistente, con interesse) Ha intravisto qualche spiraglio per arrivare alla soluzione?
ASSISTENTE - Tutti gli esperimenti sono concordi nell'attribuire alla sostanza 350 contenuta nell'alimento 17 la responsabilità delle lesioni al cervello prodotte sulle scimmie. Ma allo stato attuale non sono ancora riuscita a separarla perché ha una struttura così complessa da vanificare ogni tentativo.
PROFESSORE - (all'aiuto) I suoi studi, dottore, a che punto sono?
AIUTO - Io sono ancora allo stato teorico. Sto seguendo il metodo inverso. Cerco di trovare una sostanza capace di proteggere dall'attacco della sostanza 350 le cellule del cervello chiudendole come in una corazza. Sto cercando cioè di risolvere il problema dal punto di vista immunitario.
PROFESSORE - Oh, benissimo, continuate pure il vostro lavoro. Io scendo un momento a prendermi un buon caffè e fare due passi. Sì, sì... ho bisogno di pensare.
ASSISTENTE - Aspetti professore, l'accompagno. Anch'io ho bisogno di un buon caffè.
Il professore e l'assistente escono.
AIUTO - (sarcastico, apre un libro) Sgobbiamo allora, il capo ha ordinato di portare avanti il lavoro. A noi il lavoro, a lui gli onori. Al prossimo Simposio Internazionale di Chimica sarà lui che terrà la relazione sull'alimento 17 e se ne attribuirà completamente la scoperta, mentre noi dovremmo essergli grati se ci permetterà di battergli le mani. Sono stanco di questa situazione. Se lui non vuol capire che è ora che si metta un po' da parte per darmi un certo spazio, sarò costretto a dargli una bella spintarella. Basta che non faccia il pazzo di distruggere i piani. Penso che non lo farà, ma... sarà bene non correre rischi. (Chiama al telefono) Pronto?... Sì, sono XX 50. La sua sigla per favore?... Non ho capito bene il numero, lo vuol ripetere per favore?... Sì, va bene. C'è anche CR 15?... Ah, è d'accordo su tutto?... Va bene. I piani sono completi, ora sono in cassaforte... Oggi?... Ora?... Ora, no. Il capo è uscito un attimo con la signorina e potrebbe tornare da un momento all'altro... Avete fretta? Venite qua intorno e tenete d'occhio l'ingresso. Quando saranno usciti tutti, voi... Sì, esatto, io mi trattengo e possiamo fare tutto con più comodo... Sì, per il compenso come d'accordo... il vostro appoggio... sì, sì. Allora aspettate che escano tutti... Sì. (Riattacca il ricevitore e chiama l'inserviente) Antonio!
ANTONIO - (entra proveniente dal retrolaboratorio) Comandi, dottore.
AIUTO - Stai male? Hai un'aria così depressa, un coloraccio.
ANTONIO - Preoccupazioni, dottore, solo preoccupazioni. Sono assillato dai creditori e non ho una lira.
AIUTO - (ridacchia) Ti costa mantenere i vizietti, vero?
ANTONIO - Invece di fare dell'ironia, mi potrebbe prestare qualche soldo.
AIUTO - (sornione) Si potrebbe vedere...
ANTONIO - (categorico) Se si tratta di fare la cavia, allora no, eh?
AIUTO - L'alimento 17 deve essere provato pure sull'uomo e la sperimentazione è anche questa.
ANTONIO - No, no! Ne ho abbastanza di tutte le vostre belle parole: la scienza, il bene dell'umanità... Perché non lo sperimentate su voi stessi?
AIUTO - Sai che mi hai suggerito proprio una bella idea? Proviamo l'alimento 17 sul professore.
ANTONIO - Sul professore? No, sul professore, no! Che, siamo matti?
AIUTO - Se lui ha inventato l'alimento 17 e ne vuole la gloria, dovrà pure rischiare qualcosa, non ti pare? (Insinuante) Tutte le mattine tu porti al professore un bicchier d'acqua con la medicina per l'ipertensione. Ebbene, non ti sarà difficile aggiungere una porzione dell'alimento 17 allo stato liquido.
ANTONIO - No, io una cosa del genere al professore non mi sento di farla.
AIUTO - Peccato! Questo bel mazzettino era per te. (Gli sventola davanti al viso un bel mazzetto di soldi)
ANTONIO - (fa per afferrarlo poi si ritira) E se diventasse mezzo rimbecillito come le scimmie? E se morisse?
AIUTO - Tu sei un furbacchione, vuoi alzare il prezzo, eh? E va bene. (Aggiunge altri soldi ai precedenti e glieli porge)
ANTONIO - (prendendoli) E' sicuro che non ci saranno conseguenze?
AIUTO - Quali conseguenze? E se anche ci fossero diremo che noi non ne sappiamo niente. Diremo che sarà stato lui a provare su di sé la sua invenzione.
ANTONIO - (con voce lamentosa) Ho paura, io non voglio finire in prigione.
AIUTO - Ma se siamo solo noi due a saperlo! Tu non dirai niente a nessuno, io ti giuro che non dirò niente a nessuno, allora?
ANTONIO - (tergiversando) E se il professore si accorgesse dal sapore che nella medicina ho aggiunto l'alimento 17?
AIUTO - E' impossibile. La medicina per l'ipertensione ha un sapore così sgradevole che non si accorgerà assolutamente di nulla. (Prende un misurino dell'alimento 17 da una bottiglia e lo porge ad Antonio) Se farai un buon lavoro di soldi te ne darò altrettanti.
ANTONIO - Lei perché mi dà tutti questi soldi? (Come gli venisse un barlume di intelligenza) Che vantaggio ne ricava?
Suona il citofono. Antonio va a rispondere.
ANTONIO - (all'apparecchio) Il professore non c'è. Sì, tornerà fra poco... Sì, c'è il dottore... Ci vuole parlare?... Aspetti ora chiedo. (All'aiuto) Dottore, è il generale. Chiede se può salire perché vorrebbe parlare con lei.
AIUTO - Che salga.
ANTONIO - (al citofono) Sì, salga pure.
AIUTO - Allora siamo d'accordo, eh? Vai, vai pure.
Antonio, dopo un cenno d'assenso, esce verso il retrolaboratorio.
GENERALE - (entra, sbatte i tacchi e saluta con la mano alla visiera) Buon giorno, dottore. Mi scuso se sono un po' invadente. Ho urgente bisogno di parlare con il professore, ma dato che lui ora non c'è, posso conferire intanto con lei?
AIUTO - Se posso esserle utile io.
GENERALE - Certo! Devo avere certi piani da quel pazzoide. Scusi la mia franchezza, ma noi uomini d'arme usiamo gli aggettivi che centrano il bersaglio come un buon colpo di cannone. In quanto a lei, mi risulta che è un bravo ricercatore. Appena otterrò i fondi necessari doterò l'esercito di un grande laboratorio ove si studieranno nuove armi e avrò così interessanti proposte da farle.
AIUTO - Una finalità poco nobile, mi sembra!
GENERALE - Beh, a me la scienza serve per inventare nuove armi che mi diano la gloria, a lei la scienza serve per ottenere la gloria e quindi i soldi. Se togliamo la gloria che è patta, il suo scopo le sembra tanto più nobile del mio?
Rientrano il professore e l'assistente. Il professore vedendo il generale assume una espressione di disappunto.
PROFESSORE - Cosa fa lei, qui, nel mio laboratorio?
GENERALE - Debbo parlarle solo un momento, professore.
PROFESSORE - Sono occupatissimo. E poi non ho voglia di ascoltarla.
GENERALE - Le ordino di essere cortese con me.
PROFESSORE - Ma si può sapere cosa vuole?
GENERALE - (quasi all'orecchio) I servizi segreti mi hanno riferito che lei ha ultimato lo studio di un alimento capace di sfamare il mondo intero.
PROFESSORE - Allora? E' qui per farmi la proposta di aprire un ristorante in società?
GENERALE - Ho bisogno di conoscere le caratteristiche di questo nuovo alimento.
PROFESSORE - (con disprezzo) Non la facevo così curioso, generale!
GENERALE - La mia non è curiosità. Come garante della difesa debbo conoscere le caratteristiche di questo nuovo alimento e gli eventuali vantaggi per utilizzarlo come... (un attimo di incertezza) rancio delle truppe.
PROFESSORE - Le sembro il tipo che rivela i segreti delle sue scoperte a chicchessia?
GENERALE - Secondo lei io sarei un chicchessia? Non sa leggere i gradi, io sono il generale e le ordino di consegnarmi immediatamente i piani del nuovo alimento.
PROFESSORE - (senza scomporsi) Devo anche mettermi sull'attenti? (Cambiando tono) Smorzi la sua arroganza ed esca con le sue gambe, prima che la butti fuori.
GENERALE - Se la mette sotto questo tono sarò costretto ad usare la forza.
PROFESSORE - Ma quale forza vuole usare? Dato che i muscoli sono comandati dal cervello i suoi sono atrofizzati.
GENERALE - (con stizza) Non le permetto! Userò l'esercito, i carri armati.
PROFESSORE - lei non userà niente. Questo alimento mi è stato commissionato dal presidente ed i relativi piani, quando sarà il momento, li darò a lui.
GENERALE - Come, li rifiuta a me per darli al presidente? Ma non vede queste medaglie, queste decorazioni? Sono la ricompensa ad atti di valore, a sacrifici, a tante campagne militari. Sono il riconoscimento ad una vita interamente dedicata al paese. Il presidente cosa ha sul petto? Niente! E lei...
Suona il citofono.
PROFESSORE - (risponde) Chi? Il presidente?! Lo faccia salire.
GENERALE - Chi viene, il presidente? Perché lo ha fatto salire? Io non voglio che mi trovi qui.
PROFESSORE - Di che cosa ha paura? Lei ha il petto pieno di medaglie. Affronti il presidente, se vince ne guadagnerà un'altra.
GENERALE - (si guarda intorno) Questo è un complotto. Mi nasconda o gliela farò pagare cara.
PROFESSORE - E' un peccato coprire quella divisa superdecorata, ma se non si vuole far vedere... Prenda quel grembiule dall'attaccapanni, lo indossi e si metta a far finta di lavorare là sul bancone vicino alla mia assistente.
Il generale esegue e si mette goffamente a far finta di lavorare.
PRESIDENTE - (entra) Buon giorno, professore.
PROFESSORE - (indicando una sedia) Si accomodi, presidente.
PRESIDENTE - Caro professore, le promesse, per noi uomini di governo, sono più delle scritture fatte davanti al notaio. Come vede (Gli sottopone un disegno) ecco il bozzetto del suo monumento che, se le piace, faremo immediatamente innalzare al centro della piazza principale.
PROFESSORE - (esamina il bozzetto, soddisfatto) Sì, mi piace. La realizzazione sarà a grandezza naturale?
PRESIDENTE - Più grande! Dovrà essere un monumento degno di lei. (Sottovoce) Ho bisogno, professore, dei piani dell'alimento 17. Mi è stato riferito che sono terminati.
PROFESSORE - Sì, sono terminati, ma, come d'accordo, vorrei prima mettere a punto l'antidoto per neutralizzare gli effetti nocivi di tale alimento.
PRESIDENTE - Non mi sento tranquillo. Sono a conoscenza che molti si danno freneticamente da fare per carpirle quei piani. Tanto per metterla in guardia le dirò che i più interessati sono i capigruppo delle opposizioni e soprattutto il generale.
Il generale travestito da chimico lascia cadere una provetta che si infrange a terra.
PROFESSORE - E stia attento lei. Prenda lo straccio e pulisca bene in terra. (Al presidente) E' un testone quello là.
PRESIDENTE - (si volta a guardare) Che strana somiglianza con il generale. C'è qualcosa... non so... la parte della testa. Forse i grandi testoni si rassomigliano tutti!
Il generale fa cadere una nuova provetta che si infrange anche questa a terra.
PROFESSORE - (irato) Ma che fa lei? Mi sta demolendo tutto il laboratorio! Ma vada via, vada via! Via, via!
Il generale esce con il viso un po' di traverso per non farsi riconoscere dal presidente.
PRESIDENTE - Le dicevo, professore, che quei piani mi servono per sottoporli ad una apposita commissione che ne studierà tutti gli aspetti sociali, civili, etici, ecc., secondo gli accordi presi. Mi serviranno soprattutto come documentazione per proporre la sua candidatura al premio UNIVERSAL...
PROFESSORE - (dubbioso) Sono ancora così combattuto. E un alimento pericoloso. Non mi sento ancora pronto.
PRESIDENTE - le confermo che sarà messo in produzione solo dietro un suo preciso ordine. Lei non si fida di me, vero? Eppure ho dimostrato di essere di parola. Le avevo promesso il monumento ed il monumento sorgerà; le ho dato l'assegno in bianco; ho già raccolto molti assensi per la sua candidatura all'UNIVERSAL. Non può tirarsi indietro, ormai!
PROFESSORE - Lo so, lo so. Sono nelle sue mani!
PRESIDENTE - Non abbia timore. Mi dia i piani. Le garantisco che saranno al sicuro nelle mie mani.
Il professore va alla cassaforte, prende una cassetta contenente un microfilm e la porge al presidente.
PROFESSORE - Ecco i piani. Giuri che ne disporrà liberamente solo dopo che avrò scoperto l'antidoto.
PRESIDENTE - (prendendo i piani) Lo giuro! Le do la mia parola di presidente. Arrivederci.
PROFESSORE - Arrivederci. (Quasi implorando) Mi raccomando...
Il presidente annuisce ed esce.
PROFESSORE - (si siede pensieroso, poi chiama Antonio) Antonio.
ANTONIO - (entra) Comandi, professore.
PROFESSORE - La medicina, per favore. (Rivolto all'aiuto e all'assistente) Dottoressa, dottore, volete venire un momentino qua che facciamo il punto sulle ricerche dell'antidoto?
Si siedono tutti.
ASSISTENTE - Non vorrei intromettermi in merito alla sua decisione di consegnare la copia dei piani scientifici dell'alimento 17 al presidente, ma, se permette che sia franca, le dico che è stata una leggerezza che potrà costare cara a tutto il genere umano.
PROFESSORE - il presidente mi ha dato la sua parole, anzi ha giurato.
ASSISTENTE - Non voglio sembrare cattiva, ma le parole ed i giuramenti dei politici valgono forse qualcosa?
ANTONIO - (entra e porge un bicchiere al professore) Ecco la sua medicina, professore. (Scambia con l'aiuto un'occhiata di assenso)
Il professore beve la medicina con dentro mescolato l'alimento 17.
PROFESSORE - La ricerca dell'antidoto che state portando avanti seguendo criteri diversi, ci permetterà di avere importanti parametri di confronto. E' questo un fatto importante. Vorrei suggerirvi, inoltre, una nuova via di ricerca che fra poco vi dirò. Mi mancano soltanto alcuni calcoli. (Prende un foglio di carta e si mette a scrivere)
AIUTO - (al professore) Faccia, faccia. (All'assistente, ironico) Tanto, al punto in cui siamo, se l'UNIVERSAL costerà qualche migliaio di inebetiti, poco male.
PROFESSORE - Eh? (alzando la testa) Poco male? Come? (Si rimette a scrivere)
ASSISTENTE - (all'aiuto) Non mi sembra il caso di fare dell'ironia su un argomento che dovrebbe far riflettere.
AIUTO - Ma perché lei vede le cose in maniera così pessimistica?
ASSISTENTE - Mi meraviglio di lei che prende le cose così alla leggera.
AIUTO - Ma è lei che ne fa un dramma! Come tutte le donne, del resto. Lei ha una visione troppo limitata delle cose.
ASSISTENTE - Ah! Io sarei limitata? E lei allora? Qualche migliaio di inebetiti, dice? Ma sarà una catastrofe!
L'aiuto che fa un gesto come per mandarla al diavolo. Nel frattempo il professore ha assunto un atteggiamento distaccato e sembra totalmente indifferente al battibecco fra i suoi collaboratori. Al termine di questo lascia cadere la penna e si ferma interdetto a guardarsi le mani.
PROFESSORE - (sorride con fare inebetito e voce gutturale) Dunque... il log-ar-itmo di... (Contando con le dita) Uno... due... due... Uno... due... dopo, dopo... che c'è dopo il due?
ASSISTENTE - (premurosa) Professore, si sente male?
PROFESSORE - (indica nel foglio un calcolo. E' agitato) Qui, logarrr... Uno... due... due... dopo... che c'è?
AIUTO - (sarcastico) Tre!
PROFESSORE - Già, certo... tre. (Di nuovo contando con le dita) Allora, uno... due... uno... due...
ASSISTENTE - (ad Antonio con tono investigativo) Antonio! Che medicina hai dato al professore?
ANTONIO - La solita, dottoressa.
ASSISTENTE - Non dire bugie. Riconosco i sintomi: hai dato al professore l'alimento 17, eh? Confessa, disonesto.
ANTONIO - Io ho dato la solita medicina. (All'aiuto) E' vero dottore?
AIUTO - A me chiedi cosa hai dato al professore? Che vuoi che ne sappia?
ASSISTENTE - (prendendo per un braccio il professore e aiutandolo ad alzarsi) Via, via professore, venga via con me. Non c'è tempo da perdere. (Guardando i suoi interlocutori con disprezzo) Non l'avrei mai creduto... Perché l'avete fatto? (Urlando) Perché? Vi denuncerò... Delinquenti, vigliacchi! (Scoppia a piangere) Andiamo, professore, la porto in ospedale.
L'assistente esce sorreggendo il professore.
ANTONIO - La dottoressa ha capito tutto. Se mi denuncia alla polizia?
AIUTO - Tu dirai che non è vero ed io confermerò. Non ti potranno fare niente perché non ci sono prove.
ANTONIO - (preoccupato) Dottore, potrei andare a casa, non mi sento tanto bene. Ah, se mi vuole dare i soldi che mi aveva promesso.
AIUTO - Quelli che avevo te li ho dati tutti. Gli altri fra qualche giorno. Va', va' a casa e stai calmo che non ti succederà niente.
Antonio visibilmente preoccupato, esce.
AIUTO - (si siede sulla poltrona del professore e parla tra sé) Di quello che ho fatto al professore non mi pento perché ha dato ancora una volta la dimostrazione esatta del suo egoismo: scambiare i piani di un alimento pericoloso per l'umanità per immortalare il suo nome! Non si è voluto smentire, è stato egoista fino in fondo, ma la sua resa dei conti è arrivata. Era sempre e solo lui che si attribuiva tutto il merito degli studi e delle scoperte. E noi collaboratori? Bestie da soma sempre pronti a trainare il carro del suo trionfo. Se avesse fatto maturare anche noi sul piano scientifico assegnandoci dei settori di ricerca in modo che avremmo potuto ottenere le nostre piccole porzioni di gloria; se ci avesse insomma trattato da collaboratori e non da subalterni, ora potrebbe reputarsi con orgoglio di essere il capo di una scuola di ricercatori e fregiarsi giustamente del titolo di Maestro.
Suona il citofono.
AIUTO - (all'apparecchio) Ah, sì. Salite pure.
Entrano il capogruppo dei Viola e la capogruppo delle Rosa.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Salve, XX 50. Cosa è successo al professore, si è sentito male? L'abbiamo visto uscire e poi salire in macchina sorretto dall'assistente.
AIUTO - Ha ingerito l'alimento 17. Forse l'ha voluto provare su di sé.
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - E lo dice con quella faccia da angioletto. Che carogna!
AIUTO - Che intende dire?
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Lo sa benissimo.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Prima sono usciti da qui il generale ed il presidente. Che volevano?
AIUTO - Visto che voi non avete troppi soldi, ho voluto sentire cosa offre la concorrenza.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - (con disprezzo) Mi fa venire la voglia di strozzarla.
AIUTO - Non le conviene, le potrò essere anche in futuro molto utile.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Allora vogliamo concludere?
AIUTO - Eh, quanta fretta!
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Dottore, noi stiamo consumando un'azione poco lecita; pertanto prima portiamo a termine la cosa e meglio è.
AIUTO - Volete chiarirmi meglio i termini di quell'offerta che mi avete fatto per telefono?
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Siccome il denaro che le offriamo non le basta, siamo disposti ad aiutarla nella sua carriera.
AIUTO - Avete qualche incarico da offrirmi?
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Per il momento no, ma...
AIUTO - Ma, cosa? Se volete effettivamente aiutarmi nella carriera vi dovete impegnare a farmi ottenere la nomina a direttore di questo Centro di Ricerche Avanzate.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Ma lei ci sta chiedendo troppo. Le nomine poi sono di esclusiva competenza della maggioranza perciò...
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Fintanto che c'è il professore poi...
AIUTO - Mi risulta che con la maggioranza concordate l'assegnazione dei posti secondo il coefficiente -uno a me e due a te- Mi sbaglio? Quando ci sarà da assegnare questa poltrona dove sto già comodamente seduto, la farete cadere nel vostro coefficiente e quindi l'assegnerete a me. Il professore, signorina, può essere fin d'ora considerato in pensione.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Lei è bene informato in qual modo viene gestito il potere.
AIUTO - Solo voi pensate di avere i confidenti? Per giungere al traguardo si è costretti anche a percorrere strade piene di fango che insudiciano fin sopra i capelli, ma non c'è da preoccuparsi perché una volta alla meta bastano un bagno ed un abito pulito per ritornare di nuovo candidi. Anche voi chissà quante volte sarete stati costretti ad abbandonare la via maestra.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Il nostro è un duello nel quale la scelta delle armi compete alla maggioranza.
AIUTO - Non intendevo riferirmi alla lotta che ingaggiate con la maggioranza per avere incarichi di potere, ma al traguardo per voi rappresentato dalla conquista del vertice del raggruppamento politico al quale appartenete perché esso è il vero vertice del potere, indipendentemente dall'appartenenza alla maggioranza o minoranza. Ogni gruppo è come una piramide di cui siete la cima e i componenti le pietre; più saranno le pietre più la piramide sarà alta. Io mi considero fin d'ora una pietra delle vostre piramidi, una pietra d'angolo, però!
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - (dopo un'occhiata d'assenso con la collega) Siamo d'accordo, quella poltrona sarà sua.
AIUTA - Ah, penso sappiate che l'alimento 17 ha qualche effetto negativo. Prudenza quindi, se lo vorrete utilizzare.
L'aiuto va alla cassaforte a combinazione, la apre, prende una cassetta registrata dei piani e la dà al capogruppo dei Viola. Questi consegna un mazzetto di soldi.
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Un momento! Come facciamo ad essere sicuri che questo è il microfilm proprio dell'alimento 17.
AIUTO - Dovete fidarvi, d'altro canto non potete pretendere che vi rilasci un attestato di autenticità. Anche i vostri soldi non potrebbero essere falsi? E la promessa che questa poltrona sarà mia? Siamo pietre delle stesse piramidi ed è nostro interesse che siano legate da ottimo cemento.
I capigruppo dei Viola e delle Rosa escono.
AIUTO - (si rilassa sulla poltrona, soddisfatto. Poi telefona) Ciao Baby, sono io. Ci vediamo questa sera?... Sei arrabbiata?... E' già più di una settimana che non ci vediamo?... Veramente ho avuto tanto da fare... No, non dire questo, saprò farmi perdonare, vedrai... Allora ti passerò a prendere per la cena. Quel localino dell'ultima volta va bene?... Ho proprio bisogno di un po' di distensione... D'accordo, sarò puntuale. Ciao.
L'aiuto esce spegnendo la luce. Dopo qualche tempo a scena buia entrano due agenti segreti che si fanno strada con la luce di una torcia elettrica.
1° AGENTE - Il generale questa volta non potrà lamentarsi di noi. Abbiamo fatto buona guardia ed appena sono usciti tutti eccoci già all'opera.
2° AGENTE - Perché sei così ingenuo? Hai subito lasciato il biglietto da visita.
1° AGENTE - Perché?
2° AGENTE - Perché hai dichiarato candidamente di essere qui a rubare i piani per conto del generale. Se ci sono delle microspie siamo belli e fregati.
1° AGENTE - Ma quali microspie? Questi sono uomini di scienza e nemmeno pensano a certe cose.
2° AGENTE - Potrebbe averle installate il controspionaggio. Devi essere prudente. Ora cerca di individuare la cassaforte.
1° AGENTE - (dopo avere un po' cercato con l'ausilio del metal detector) Ecco la cassaforte. E' a combinazione.
2° AGENTE - Reggi la torcia, che faccio il numero. Speriamo che ci abbiano dato quello giusto.
Mentre il secondo agente sta aprendo la cassaforte si odono dei passi che si stanno avvicinando alla porta. Gli agenti, spenta la torcia, si preparano ad accogliere convenientemente il malcapitato. Entra l'assistente ed accende la luce. Uno degli agenti le chiude la porta dietro le spalle mentre l'altro le si para minaccioso davanti.
ASSISTENTE - Chi siete? Che volete?
2° AGENTE - Quello che volevamo lo stavamo per prendere se non arrivavi tu a scocciarci.
ASSISTENTE - No! Non toccate i piani dell'alimento 17!
2° AGENTE - Sta' zitta. (Le dà uno schiaffo)
ASSISTENTE - Per carità! Quell'alimento è pericolosissimo, vi consiglio di lasciarlo stare. Altera il cervello! Renderà l'umanità idiota!
2° AGENTE - Siamo qui per prendere quei piani e non per ascoltare lezioni di morale. In quanto a te sei capitata in un brutto momento. Ti conviene star buona.
ASSISTENTE - Che volete dire? Non mi fate del male.
2° AGENTE - (avvicinandosi minaccioso) Potresti essere una testimone pericolosa. Siamo costretti ad eliminarti, sai?
ASSISTENTE - No! Io devo continuare la ricerca sull'antidoto! Datemi questa possibilità ve ne prego. E poi, uccidetemi pure.
I due agenti segreti avanzano verso la ragazza che indietreggia fino a trovarsi con le spalle al muro.
ASSISTENTE - (urlando) No! (Si copre il viso con le braccia)
A T T O T E R Z O
L'ambiente è lo stesso del primo atto.
PRESIDENTE - (ritto dietro la scrivania con altezzosa baldanza) Il mio sogno può dirsi ormai realizzato. L'alimento 17 ha prodotto i suoi effetti deleteri nei cervelli degli uomini che, nell'euforia della irrazionale felicità, hanno travolto governi e governanti permettendo al mio esercito la conquista territoriale di tutte le nazioni del globo senza sparare nemmeno un colpo di fucile, ed a me di diventare il padrone del mondo. (Prende dal cassetto un rotolo di carta da disegno e lo distende sopra la scrivania) Maestoso, importante e superbo l'edificio con la sala del mio trono. Sarà la più grande costruzione del mondo con le sue quattro immense facciate orientate secondo i punti cardinali, quasi a testimoniare che il mio potere si irradia ai quattro angoli della terra. Una cupola immensa tutta ricoperta d'oro! Risplenderà come il sole e sotto di essa si eleverà il trono altissimo anch'esso tutto d'oro ove siederò per esercitare la mia maestà sui milioni di sudditi prosternati sul pavimento a fare il loro atto di sottomissione. Ah, ah! Sentire osannare il mio nome e inebriarmi della loro adorazione...
SEGRETARIA - (entra, trafelata) presidente.
PRESIDENTE - (sovrappensiero) Sì...
SEGRETARIA - Mi ascolti, presidente: mia madre, i miei familiari hanno mangiato quel cibo maledetto ed hanno perso la ragione. Vanno e vengono senza mèta come automi, pronunciano solo poche parole sillabando e ridono quasi in continuazione senza motivo. (Piange)
PRESIDENTE - Beh, che fa, piange? Non deve preoccuparsi così perché essi hanno raggiunto la felicità. Per questo li vede sorridere.
SEGRETARIA - Ma lei vuole scherzare! Sarebbe imperdonabile se lo dicesse sul serio.
PRESIDENTE - Sono stati liberati per sempre dalla fatica, dalla miseria, e soprattutto dall'egoismo.
SEGRETARIA - Presidente! Mi dica che sta scherzando. Si rende conto di come si sono ridotti tutti quei poveretti che hanno mangiato quel cibo?
PRESIDENTE - (va alla finestra e guarda fuori) Certo! Eccoli laggiù, sono i miei felici sudditi.
SEGRETARIA - Ma che dice! Quelli non sono affatto felici sudditi, ma uomini che avendo perso la ragione sono diventati simili alle bestie.
PRESIDENTE - (scherzando) Bestie? le ripeto che sono i miei felici sudditi ed io il loro beneamato capo.
SEGRETARIA - Lei è pazzo!
PRESIDENTE - Come si permette? Io sono sanissimo.
La segretaria esce e ritorna subito dopo spingendo dentro lo studio del presidente alcuni uomini con atteggiamento da ebeti che si mettono a girovagare per la stanza pronunciando poche e incomprensibili frasi sconnesse.
SEGRETARIA - Eccoli i suoi felici sudditi, li osservi bene. Come può sentirsi il capo di questi poveretti senza più cervello? Semmai il loro mandriano o il loro pastore o qualcosa del genere.
PRESIDENTE - Lei vuole sminuire la posizione che ho raggiunto quasi le dia fastidio, ma si metta bene in testa che io sono il capo dei capi: io sono ormai il padrone del mondo.
SEGRETARIA - (pacatamente) Le ho voluto così bene da elemosinare il suo amore e sentirmi felice appena me ne dava qualche briciola. E ancora per amore sto cercando di farle capire che potrà essere veramente il padrone del mondo solo se i suoi sudditi ritorneranno ad essere uomini normali. Non c'è che una possibilità: trovare l'antidoto. Sapevo che l'assistente del professore stava mettendone a punto uno, ma è scomparsa. Mi aiuti a ritrovarla.
PRESIDENTE - (interrompendola) Cosa?! Quella dottoressa stava mettendo a punto un antidoto?
SEGRETARIA - Perché è così allarmato? (Lo guarda stupita, poi capisce) Allora è vero, è stato lei!
PRESIDENTE - Ebbene? Se si meraviglia può anche andare via perché mi ha proprio seccato. (Cinico) L'ho tollerata per tanto tempo ingoiando ogni giorno come una medicina la sua pillola d'amore perché mi faceva comodo averla come cieca collaboratrice. Ora non mi serve più, se ne vada pure al diavolo! Chissà cosa voleva che ne facessi del suo amore? Avrei potuto con esso conquistare il mondo? L'amore è il sentimento dei deboli, non mi si addice. Io ho usato l'arma che mi è più congeniale: l'inganno. Come vede non mi ha tradito nemmeno questa volta.
SEGRETARIA - (indietreggia di alcuni passi) Lei è un essere spregevole! Ora mi spiego il motivo dell'incontro con il professore ed il mandato di pagamento in bianco. Ma il professore non ci farà più niente con quei soldi: è stata la prima vittima della sua invenzione. Se la sua arma è stata l'inganno, le mie saranno l'amore e la speranza. Lei non conosce la forza di queste armi. Lei crede di essere il più forte? Poveretto!
Addio, presidente, il suo cuore arido e di ghiaccio la condannerà alla solitudine ed al rimorso. Addio.
La segretaria esce ed il presidente fa un gesto di sollievo.
PRESIDENTE - (rivolto agli uomini inebetiti) Finalmente mi sono liberato di quella noiosa! Non riuscivo più a sopportarla, ero arrivato alla saturazione. Dovevo farle capire una volta per tutte che era giunto il momento di togliersi di torno.
Gli uomini inebetiti continuano a girare per la stanza senza prestare minimamente attenzione a quello che dice e quello che chiede il presidente.
PRESIDENTE - Carissimi, ora il vostro presidente scenderà in piazza tra i suoi sudditi felici. Volete venire anche voi?... No?... Non importa. (Esce)
Gli inebetiti ballonzolano farfugliando frasi sconnesse. Uno di loro apre un cassetto della scrivania e prende un mazzetto di banconote.
1° INEBETITO - Sol-di... sol-di... (Li offre agli altri) Pren-di... pren-di...
Gli inebetiti si divertono a gettare le banconote prima in aria e poi dalla finestra mentre continuano a far chiasso e a ballare.
Entrano il capogruppo dei Viola e la capogruppo delle Rosa.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Il presidente non c'è. Altri poveretti anche qua dentro, mi fanno una pena.
1° INEBETITO - (indicando ai suoi simili la capogruppo delle Rosa con l'indice) Don-na... don-na...
Gli inebetiti si avvicinano alla capogruppo delle Rosa cercando di abbracciarla.
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Lasciatemi! Andate via, via!
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - (perentorio) Andate via! Lasciatela! Via, andate via, via. (Sospingendoli anche con le mani riesce a mandarli fuori mentre la capogruppo delle Rosa turbata, si riassetta il vestito)
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Che maniere! Ma sono dei pazzi!
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Hanno perso ogni freno inibitorio, perciò agiscono seguendo solo l'istinto. Che vogliamo fare, aspettiamo il presidente o ce ne andiamo?
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Io ritengo che dovremmo aspettarlo. Ci dovrà dire cosa pensa di questa catastrofe e quali iniziative intende prendere per rimediarla. Sempre che non abbia fatto anche lui quella fine.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Non ci pensi neanche, è un uomo troppo scaltro. Sarà più lucido che mai e come in altre occasioni anche da questa saprà ricavarne i massimi vantaggi.
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Ho visto la sede del partito di maggioranza completamente vuota così pure non ho scorto nessuno qui nel palazzo. Che abbiano anche loro mangiato quell'alimento?
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Potrebbero essere rimasti vittime della loro voracità. Mangiavano e mangiavano sempre e di tutto; si saranno abbuffati con quel cibo abbondante e gratuito, figurati!
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Anche i nostri, purtroppo, non si sono tirati indietro. La voce subito sparsa che quel cibo, seppure annebbiando un po' il cervello, dava una piacevole euforia, ne ha permesso questa rapida diffusione indistintamente tra tutti.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Sarà poi vero che dà questa piacevole euforia?
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Penso di sì. Quando riusciamo ad ottenere qualcosa che abbiamo tanto desiderato, perché ci sentiamo felici? Perché abbiamo liberato il cervello da quel pensiero che ci assillava. Siccome quel cibo rende il cervello vuoto da qualsiasi desiderio, non è da escludere che possa dare la felicità.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Se è così non possiamo biasimare quelli che se ne sono cibati. Che motivo avevano di rifiutare la felicità, per giunta gratuita? D'altra parte la nostra azione è sempre stata diretta alla conquista di migliori condizioni di vita creando perciò nella gente un obiettivo da raggiungere a qualsiasi costo.
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Ammesso che il fine sia lo stesso, non sono d'accordo sui mezzi per raggiungerlo.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Le strade sono diverse. La nostre passano attraverso la conquista del potere e dei relativi privilegi per raggiungere la felicità. E' una strada lunga, tortuosa, a volte senza sbocco, e spesso senza fine. Loro hanno preso la scorciatoia. Ecco tutto.
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Solo il traguardo raggiunto con l'ideale può dare la vera felicità.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Ideale! E' una parola che è stata troppo sbandierata e farcita con paroloni come democrazia, partecipazione, libertà che le hanno fatto perdere il suo alto e concreto significato...
Si sentono in lontananza un suono stonato di chitarre e alcuni canti disarticolati.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - (guarda dalla finestra) Ecco! Laggiù! Un gruppetto di militanti Viola... Sembra che vogliano cantare, ma emettono solo suoni gutturali. Che squallore!
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Quelle là vicino ai portici sono attiviste Rosa. Anzi, erano...
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Ora che fanno? Si stanno alzando le gonne e addirittura si spogliano e gli uomini le abbracciano, le baciano...
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - La nostra militanza politica è terminata. Non abbiamo più niente da rivendicare, niente da raggiungere.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - La colpa è soprattutto nostra. Sicuramente si nutrono di quel cibo prodotto dalle nostre cooperative. Abbiamo fatto un errore imperdonabile consegnare a queste i piani che abbiamo estorto all'aiuto del professore.
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Abbiamo lottato con loro e per loro. Se abbiamo sbagliato dobbiamo pagare. Anche noi mangeremo l'alimento 17.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA . Parliamo prima con il presidente per sentire come pensa di porre rimedio a questa catastrofe.
Entrano l'aiuto ed il professore inebetito. Poco dopo, Antonio.
AIUTO - Vi ho trovato finalmente. Vi ho cercato per tutta la città.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Avete scoperto qualche altra diavoleria nel vostro maledetto laboratorio?
AIUTO - Dovrete prima tener fede ai vostri impegni. Sono qui per ricordarvelo.
PROFESSORE - I mo-stri... i mo-stri... sal-va-mi... aiu-to... aiuto... (Si aggrappa all'aiuto, supplicandolo)
AIUTO - (scostandolo seccato) Vai via, vai via! Qui non ci sono i mostri! (Ai capigruppo) Avevate promesso che in cambio dei piani dell'alimento 17 mi avreste fatto ottenere...
Entra Antonio infuriato.
ANTONIO - (all'aiuto prendendolo per un braccio) Anche questa volta aveva cercato di sfuggirmi, ma non c'è riuscito. Tanto io non la mollo finché non mi avrà dato i soldi che mi aveva promesso. Li voglio, ne ho bisogno!
AIUTO - (ad Antonio) E lasciami! Li avrai, li avrai. Ora vattene, non vedi che sto parlando con questi signori? (Ai capigruppo) Mi avevate promesso di farmi nominare capo del Centro Studi e Ricerche ...
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - (va verso la finestra. All'aiuto) Venga, venga a vedere.
ANTONIO - (seguendo l'aiuto. Quasi gridando) Io voglio i soldi, subito!
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - (indicando gli inebetiti giù nella piazza) Guardi il risultato delle vostre scoperte. Che ne fa di quella nomina? A che le serve la carriera? Ha visto?
Entra il presidente. Si ferma di scatto contrariato nel vedere tante persone nel suo ufficio.
PRESIDENTE - Che ci fate tutti voi nel mio ufficio?
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Io e la mia collega volevamo conoscere quali iniziative intende prendere per combattere questa immensa catastrofe che si sta abbattendo sul nostro paese.
PRESIDENTE - Catastrofe? Quale catastrofe?
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - (andando verso la finestra) Venga, venga a vedere.
ANTONIO - (All'aiuto) Io voglio i soldi che mi spettano, e subito! Capito?
PRESIDENTE - (ad Antonio) Vuole i soldi? Che soldi? Ma scusi lei chi è? (Riconoscendo il professore) Professore? Lei?...
PROFESSORE - (con espressione inebetita) Eh, eh... Eh, eh... a-mi-co... a-mi-co... io... io...
PRESIDENTE - Sì, sì, professore...
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - (dalla finestra al presidente) Venga, venga a vedere, presidente.
Il presidente sospinto anche dalla capogruppo delle Rosa va alla finestra e guarda verso la piazza.
PRESIDENTE - Ebbene? Dov'è quella che chiamate una catastrofe? Il popolo ha raggiunto la felicità. Ha cibo a volontà senza dover più lavorare. Non era quello che anche voi chiedevate nelle vostre rivendicazioni partitiche? Se questa è una catastrofe...
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Ma la gente ha perso l'uso della ragione.
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Ma quelli là sono completamente nudi, uomini e donne! Ce ne sono alcuni che fanno addirittura l'amore, così in mezzo alla piazza. E' uno scandalo!
PRESIDENTE - E' naturale. Quando hanno fame, mangiano; quando hanno voglia di fare l'amore, fanno l'amore.
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Ma si accoppiano a caso. Non sono nemmeno marito e moglie.
PRESIDENTE - (rivolto al capogruppo dei Viola) Anche lei è scandalizzato?
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Scandalizzato è dir poco. Sono inorridito!
PRESIDENTE - Quello che mi meraviglia è la vostra incoerenza. Fino a ieri avevate fatto battaglie per la liberalizzazione dei costumi e mi accusavate di miopia e di attaccamento ai superati valori della morale se cercavo di arginare le vostre istanze. Ora dovreste gioirne.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - le nostre lotte erano dirette a distruggere certi tabù che limitavano alcune libertà della gente.
PRESIDENTE - (in crescendo) Volevate abbattere tutti i tabù e, come vedete, sono stati abbattuti; volevate che ci fosse cibo a volontà e, cibo a volontà c'è; volevate diminuire la fatica e della fatica non c'è più bisogno: questa è la catastrofe?
CAPOGRUPPO DELLE ROSA - Dalle sue parole sembra di capire che lei è contento di una situazione del genere, come fosse stata lei a provocarla.
PRESIDENTE - Cercate come al solito di scaricare le vostre colpe sugli altri. Dove si produce l'alimento 17? Nelle vostre cooperative.
CAPOGRUPPO DEI VIOLA - Per carità, non è il momento di parlare di colpe. L'importante ora è di trovare il modo di riprendere il controllo della gente.
PRESIDENTE - Ecco il senso della catastrofe di cui parlavate prima. Quando manovravate la gente con le vostre assurde teorie, con i vostri slogans ed avevate ampi consensi allora tutto andava bene. Ora che non vi ascoltano più venite a lamentarvi da me. Trovate altre teorie capaci di far presa su di loro. Non vorrete certo che sia io a suggerirvele.
Si sente la voce del generale fuori campo che impreca contro gli inebetiti che gli intralciano il passo.
GENERALE - fatevi da parte, fate largo, come vi permettete? Non vedete che sono il generale! Volete che vi sbatta dentro? Via di qua!
PRESIDENTE - Accidenti, quel burattino è ancora vivo e lucido!
GENERALE - (entra insieme ad alcuni uomini inebetiti che si divertono a prenderlo a spinte. Prova a fare un saluto con sbattuta di tacchi, ma uno spintone più forte lo manda fin quasi alla scrivania. Gli inebetiti sorridono sgraziatamente) Vi accuso di vilipendio!
PRESIDENTE - (rivolto agli inebetiti) Via, lasciatelo stare!
GENERALE - Mi scusi, presidente, se non mi sono fatto annunciare, ma la sua segretaria non c'è.
PRESIDENTE - Dica generale.
GENERALE - Ho terminato la dislocazione dei nostri presìdi in tutti i punti strategici della terra onde intervenire prontamente a sedare qualsiasi velleità nazionalistica o principi di ribellione. (Con tono dispiaciuto) Le debbo comunicare però, signor presidente, che molti soldati hanno mangiato quel cibo e purtroppo non sono più idonei.
PRESIDENTE - Non si preoccupi più di tanto perché il suo compito, ora, è di vegliare solamente sul mantenimento dell'ordine pubblico in quanto non vi è al mondo che un esercito: il nostro. E pertanto le guerre saranno d'ora in poi impossibili. Per i suoi servigi, generale, sarà insignito della più alta onorificenza cui uomo possa aspirare: "Custode della pace". Tale decorazione le verrà consegnata nella prossima festa militare in forma solennissima.
GENERALE - Sono confuso e commosso. Grazie, presidente. Voglio vedere se con tale decorazione quei marrani là (indicando gli inebetiti) si permetteranno di sbarrarmi il passo o addirittura di insolentirmi.
PRESIDENTE - Avrà tutto un altro prestigio, non ne dubiti.
Entra la segretaria, trafelata.
SEGRETARIA - Generale, finalmente l'ho trovata. E' tanto che la cerco.
GENERALE - Mi dica.
SEGRETARIA - Ho saputo che tiene prigioniera l'assistente del professore. Deve liberarla, subito! Stava mettendo a punto un antidoto per neutralizzare gli effetti di quel cibo. E' l'unica speranza che abbiamo di salvare tutti questi poveretti.
GENERALE - Ah, veramente?
SEGRETARIA - (al generale) Non c'è un secondo da perdere.
PRESIDENTE - (al generale) Lei non libererà quella donna senza un mio personale ordine. Non prima comunque di un regolare processo.
SEGRETARIA - Un processo? Di quale colpa l'accusa? (Al generale) Generale, non le dia ascolto. E' un sadico, la liberi prima che sia troppo tardi.
PRESIDENTE - (al generale) Se trasgredirà a quanto le ho appena ordinato, le strapperò tutte le medaglie e le onorificenze con queste mie stesse mani.
SEGRETARIA - (al generale) La scongiuro, non vorrà mica prendere gli ordini da un pazzo?
PRESIDENTE - (alla segretaria) Stia attenta a come parla. Le potrebbe costare molto caro.
GENERALE - (alla segretaria) Ho giurato fedeltà al paese. Non posso tradire un ordine del suo presidente.
PRESIDENTE - (al generale) Ben detto, generale! Ricompenserò la sua fedeltà con un'altra medaglia.
Si odono di lontano dodici rintocchi. E' mezzogiorno. Antonio parla sempre più concitatamente con l'aiuto, il professore a tratti sorride e a tratti sembra terrorizzato da qualcosa, mentre gli uomini inebetiti sillabando le parole pap-pa... pap-pa... stringono in un cerchio i presenti escluso il presidente che è dietro la scrivania e li spingono con forza ed in modo brusco fuori della stanza come per condurre anche loro a mangiare l'alimento 17.
PRESIDENTE - (sogghigna soddisfatto fregandosi le mani) Bravi, bravi sudditi miei. Portateli a pranzo con voi e rimpinzateli dell'alimento 17 fino a farli scoppiare. Ah, ah, che risate! Vedrai il generale come sarà buffo... E i capigruppo? Ah, ah, che risate! E io? Io rimarrò senza rivali... (si pavoneggia) e sarò il vero, grande, unico, padrone del mondo!
Entra la madre. Ha l'aria dimessa di chi è prostrato nel morale. Cammina con fatica, si avvicina alla scrivania, vi si appoggia affranta ed aspetta che il figlio la degni di attenzione.
PRESIDENTE - Mammetta! (Va per abbracciarla)
MADRE - No, non avvicinarti e non chiamarmi più madre.
PRESIDENTE - (meravigliato) Mammetta? Che ti prende?
MADRE - Non hai visto come è ridotta la tua gente? E tu te ne stai qui come se niente fosse.
PRESIDENTE - Quelli stanno bene, sono felici.
MADRE - Felici? Quelli sono diventati tutti idioti.
PRESIDENTE - Ti dico che sono felici.
MADRE - Devi aiutarli, devi riportarli alla ragione. Tu sei il principe buono. Sguaina la spada e sconfiggi il male che si è impossessato della tua gente.
PRESIDENTE - Ti prego, non è più tempo di favole! Te ne sei servita per tanto tempo per addormentare il mio cervello, così da tenermi lontano dalla realtà. Mi regalavi un'infinità di giocattoli, ma non mi permettevi di avere un amico. Mi hai concesso di avere una moglie solo perché eri convinta che mi avrebbe poi umiliato e permesso a te di offrirmi la spalla su cui piangere. Ora sono un uomo che vuole vivere la sua vita fino in fondo.
MADRE - Non è vero, non è vero quello che dici! Ti ho amato come nessun'altra cosa al mondo.
PRESIDENTE - No, tu sei solo stata un mostro di egoismo.
MADRE - Se ho sbagliato, ho sbagliato in buona fede. Se sono stata egoista è stato per il troppo bene che ti ho voluto. Le tue parole hanno trafitto il mio cuore, ma io ti perdono anche questo.
PRESIDENTE - (freddo) Ti ho detto che voglio rendermi autonomo da te, che voglio vivere la mia vita.
MADRE - Sì, sì, certo. Ora però, come madre, ti chiedo questo: fai qualcosa per la tua gente.
PRESIDENTE - Forse non ti rendi conto che è arrivato il grande giorno?
MADRE - Cosa vuoi dire?
PRESIDENTE - Sono riuscito a realizzare il mio sogno.
MADRE - Sì, sì, certo. Però ora cerca di fare qualcosa per ridare la ragione a quei poveretti. Il gioco è bello quando ha dei limiti.
PRESIDENTE - Non devi preoccuparti, ti ho già detto che quelli stanno bene così.
MADRE - Hai intenzione di rimanere impassibile di fronte a tanta tragedia? Hai intenzione di lasciarli in quello stato?
PRESIDENTE - Certo!
MADRE - Non puoi, Pinuccio, non puoi. Fallo almeno per me.
PRESIDENTE - Non mi chiedere una cosa impossibile.
MADRE - Anche se credi di non poter riuscire devi almeno tentare.
PRESIDENTE - Loro devono rimanere così, comunque non ti fare scrupoli perché stanno bene, sono felici. Ora devi scacciare questo velo di tristezza perché è tempo di festeggiare. Tuo figlio è diventato il padrone del mondo! Ti rendi conto? Non sei contenta?
MADRE - (lo guarda preoccupata) Padrone del mondo?
PRESIDENTE - Non ci credi?
MADRE - (indicando fuori della finestra) Padrone di quei deficienti, vorrai dire! Tu sei pazzo, figliolo mio!
PRESIDENTE - Io pazzo?
MADRE - Solo credendoti tale io potrei trovare una giustificazione alla tua insensata megalomania.
PRESIDENTE - Non ti permetto di insultarmi. Il mio piano è stato così perfetto che mi ha fatto arrivare al vertice del potere senza colpo ferire rispettando anche la promessa che ti avevo fatto. La chiami pazzia questa?
MADRE - (inorridita) Allora sei stato tu l'artefice di tutta questa tragedia.
PRESIDENTE - Strana, la tua meraviglia. Non credevi che ne fossi stato capace, vero?
MADRE - (affranta dal dolore) Maledico il giorno che ti ho concepito! Maledico le mie viscere che hanno generato un mostro!
PRESIDENTE - (freddo) Fai attenzione mammetta che non sono più succube della tua volontà.
MADRE - Cosa? Vuoi intimorirmi?! Non ti permetterò di persistere nella tua follia e danno di questi poveretti.
PRESIDENTE - Non potrai farci niente. Non hai più nessun potere su di me.
MADRE - Devi rinsavire, non ti permetterò... a costo di... Dovrai passare sul mio cadavere!
PRESIDENTE - Cosa vuoi impedirmi, tu? Non vedi che sei una povera vecchia?
MADRE - (implorante) Pinuccio?... Figlio... (Gli si getta al collo come ultimo atto d'amore) Figlio mio...
PRESIDENTE - Levati! Niente mi sarà più da ostacolo, nemmeno tu! (Con un violento strattone si libera della madre che cade a terra priva di sensi e dopo averle scavalcato il corpo, si porta verso la finestra, la apre ed inizia il discorso dell'investitura)
"Per la prima volta nella storia, sui pennoni di tutto il mondo, sventola una sola bandiera: la bandiera azzurro-oro del nostro paese. Con orgoglio affermiamo che non si è trattato né di una conquista imperialistica, né neocolonialistica, ma della plebiscitaria scelta delle genti di tutte le razze di seppellire per sempre l'illusorio e ottuso mito del nazionalismo, responsabile di conflitti e di guerre fra i popoli, e di sottomettersi a noi quale segno di riconoscenza per la nostra liberalità nell'aver fornito il cibo della felicità.
A me e solo a me spetta di diritto lo scettro di comando su tutti i popoli e il titolo di "Padrone del mondo".
Dal basso sopraggiungono fischi, urla, risate e rumori confusi. Si spalanca la porta ed entra un gruppo di inebetiti che afferrano e sollevano il presidente come per portarlo in trionfo e fanno alcuni giri per la stanza. Lo lanciano anche in aria due o tre volte, ridendo.
PRESIDENTE - Grazie miei cari sudditi, grazie... Il vostro entusiasmo...
Gli inebetiti si dirigono verso la finestra.
PRESIDENTE - Ahi, piano! Mettetemi giù! Ma che fate? No, no!
Gli inebetiti gettano il presidente dalla finestra e continuano a ridere e a danzare per la stanza mentre dal basso salgono urla e grida più forti che coprono le invocazioni d'aiuto del presidente.