E BRAVO D’ANNUNZIO !
monologo con musiche di
Pietro de Silva
Sala Buia .Una voce spettrale con sottofondo di musica terrificante comunica al pubblico un inquietante esperimento.
VFC
Gentili ospiti vogliate cortesemente porre la vostra graziosa attenzione a questa calda e soporifera voce fuori campo.(quella di George Clooney...per intenderci...)
Questa sera vorremmo turbare la vostra sensibilità in maniera devastante e definitiva.
E’ pertanto assolutamente obsoleto farvi osservare che nessuno potrà sottrarsi a questo inquietante esperimento evocativo.
Vogliamo solo la vostra collaborazione...niente di più.
Più d’uno fra i presenti resterà probabilmente segnato per sempre da questa sessione medianica.
La psiche dei più sensibili risulterà irrimediabilmente devastata,qualcuno cambierà connotati fisici...altri...i più...da questa sera e per tutto il resto della loro vita ,per il trauma subìto,ragioneranno come un impiegato del catasto.
Questa prolusione mi sta oltremodo snervando,pertanto se non volete avere danni ancora più devastanti,come la metamorfosi genetica che vi farà assomigliare ad un armadillo in calore,seguite attentamente le mie indicazioni.
Questa sera con il vostro aiuto e con la sola forza della vostra volontà avrete l’opportunità di materializzare di fronte ai vostri increduli sguardi un entità incorporea di un epoca assai distante dalla vostra.
Chiudete gli occhi....ho detto chiudete gli occhi...respirate profondamente...voglio sentire il vostro respiro affannoso...di più...ancora di più...bravi così....ora pensate intensamente ad un personaggio del passato che vi sta a cuore...o che vi sta sul cazzo...non importa...bene sento pulsioni positive...la maggior parte dei vostri pensieri converge verso un punto ben definito nella direttiva del vostro sguardo...ecco potete aprire gli occhi...qualcosa di impalpabile ed etereo si materializza sotto i vostri sguardi gonfi di stupore...(poi a parte come se si rivolgesse ad un barista)Enzooooooo ...è mezzora che t’ho chiesto un cappuccio al vetro e la macchina è ancora spenta!
Vuoi che te parto de testa...?(Ad libitum la voce infuriata come in allontanamento impreca frasi irripetibili verso il suo interlocutore)
NEL FRATTEMPO GRADATAMENTE APPARE DI FRONTE AL PUBBLICO IL VATE VESTITO DA PILOTA COME SE FOSSE REDUCE DALLA MISSIONE SU VIENNA.
Gabriele:
(Ancora non resosi conto di essersi materializzato in un teatro del terzo millennio,guarda verso la quinta come se rimirasse il suo velivolo)
Il mio biplano...perdiana...ha invero bisogno di una mano di coppale...dopo tante imprese non è dabbene che si palesi nella sua vetustà indecorosa! (Rivolgendosi ad un suo immaginario assistente) Pantaleone!Cribbio...non vedi che la fusoliera a delle crepe che ne minano la stabilità?E considerato che dobbiamo nostro malgrado soffermarci per fare rifornimento,provvedi a tarare il manometro e il giroscopio prima che sopraggiunga con oltraggiosa solerzia il vespro da ponente.
(Si accorge del pubblico e manifesta un notevole stupore)
Ma non capisco...sono invero preda di autentico stupore...dove mi loco? (A Pantaleone in quinta)Chi sono costoro che mi squdrano basiti ed enfi di costernazione?Come mai non si scorge la volta celeste?Non c’era invero oltre quella poltroncina purpurea là in fondo il colle di S.Giusto...?Quale artifizio avviluppa la mia fertile mente?Mi state giuocando un brutto tiro?Volete gabbarmi?Chi ha ordito questo sortilegio?
DAL FONDO SALA IL TECNICO LUCI URLA VERSO D’ANNUNZIO:
Ma come cazzo parli!?
Il Vate:
Santi numi!Chi è che si erge contro la mia persona con siffatta insolenza!Insomma qualcuno mi illumini...?(Si rivolge ad uno spettatore della prima fila)Lei individuo curioso con abiti stravaganti sa dirmi dove mi loco?
....(lo spettatore qualsiasi risposta darà fornirà comunque lo spunto all’attore per agganciarsi con questa risposta)
Un teatro ?E cosa ci faccio costì...devo occupare Fiume domattina prima che albeggi e beffare Buccari posdomani!
(Poi come colto da improvvisa illuminazione)
Non posso credere a questa sapida evidenza...trasecolo e mi sento preda di deliquio sento vacillare il mio già precario equilibrio (Barcolla).
(Si siede esausto ed Urla in quinta)
Pantaleone... un cordiale...dell’assenzio...suffumigi di citronella...!
Qualcosa che mi risollevi da questo bizzarra prostrazione!
Non è la prima volta invero che vengo evocato...perchè mi avete distolto dalle mie occupazioni ultraterrene...!?
E poi mai di fronte ad un uditorio così numeroso...sono solito rimaterilizzarmi di fronte ad un ben più esiguo numero di astanti...solitamente tre o quattro esangui signori riuniti intorno ad un tavolo a tre gambe che ondeggiano in stato di trance...
Comprendo...non è tempo di vaghezza...
Dovrò di nuovo ripercorrere la mia travagliata e gloriosa esistenza per appagare la vostra famelica curiosità...e sia...
(incomincia ad annusare l’aria e ha l’espressione di chi percepisce un odore non gradevole...che proviene da una donna in prima fila)
CANTA DI COLPO
(la musica dovrebbe evocare delle atmosfere alla Ottorino Respighi rivisitato.Canta come improvvisamente catturato dallo splendore e dal fetore di questa signora in prima fila)
FETOR CHE AVVILUPPI L’ALMA E IL CORE
(Introduzione Musicale)
Co’ le nitide chiome diffuse su’l seno spaventoso
ne’l vespero placido, fanciulla, da me tu orgasmi
e sembri divina scendente da’l florido Olimpo,
di fetido vapore cinte le membra lievi…
affumichi l’aere d’afrori immensi.
Or il tuo seno turgido enfio di sudore espande
un sentore osceno che fa vacillare invero!
Il tuo sguardo m’infonde ne’l seno un dolce languore
pari al tuo fetore, solo disio de l’alma:
lavarsi musa ti par così inconsueto?
Suvvia or fallo non indugiar ancora.
Da marsiglia provvidi saponi
son fatti alla bisogna
libera il poeta da tal supplizio e gogna!
i tuoi baci mi danno pe’ nervi un fremito lungo,
e d’un etereo foco m’empion le vene…
or su detergiti e
fà rifiorir quest’avvizzito pene.
Odi gli augelli che parlan d’amore fra i rami?
Parlan di te, mio fiore, de le bellezze tue.
tenendosi lontani
dal mesto odor di bue che emani.
Vedi que’ raggi là giù che si frangon su’l mare?
Que’ raggi, illusa ti indican il punto
ove dovrai annegare.
Com’è bella quest’ora!… Mi sento la mente serena,
e il cor mi palpita di desiderî strani.
avrei voglia donzella di sbatter
le tue membra su tre o quattro divani
Vedi: s’io fossi una bella farfalla fulgida d’oro,
sui tuoi glutei bianchi vorrei batter l’ale
se non avessi questo orrendo lezzo da maiale.
Se fossi un lume d’aurora o di sole morente,
ti monterei selvaggiamente in mezzo a questa gente.
Se fossi una rosa di maggio appena sbocciata,
ti risparmio la rima assai scollacciata…
ma non nascondo o creatura sì pervasa da immane flatulenza
che di te si può far tranquillamente senza.
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(torna in sè e spiega l’improvvisa svolta canora)
Non me ne voglia dolce creatura,son sempre stato incline a naseggiare distrattamente e stasera,complice il caldo torrido di questi lumi infernali (indica i fari sulla americana) mi è giunto questo olezzo inquietante che mi rammenta le carogne donde si strusciano i cani lungo il sentiero.
Ordunque parlavansi di me e del mio splendore...
Chi fui lo sanno anche i villani dell’ultima fila.
Ma è bene ripercorrere la mia esistenza per chi ancora non fosse al corrente delle mie imprese letterarie,umane e patriottiche.
Sgusciai dal ventre di mia madre...(a uno del pubblico)in che anno ci troviamo protervo signore?
(il signore dirà 2003)
...dunque sono trascorsi la bellezza di 140 anni...non è cosa di poco conto...esattamente in Pescara il 12 marzo del 1863 .Venni alla luce in un battibaleno,....per via di questa mia capoccetta...pelatina...la volta cranica nel corso della mia travagliata esistenza ospitò una parvenza di capigliatura per ben pochi lustri...era questa la mia forma ideale...da pupo ,da giovinetto adulto e da vecchio satrapo assatanato .
Con il crine sul capo d’altronde risultavo follemente antiestetico e assai poco italico. La boccia sferica invece trasudava eroismo ,tipico della genie maschia della mia illustre famiglia.Studiai tosto a Prato...”tosto” non nel senso di “subitaneamente”...ma proprio “tosto”...!Ovverossia mi feci un deretano non indifferente chinato sui libri a divorare avidamente pagine e pagine della lettaratura universale. dimorai poi a Roma e a Firenze un continuo peregrinare fra i genitali del cavallo di Marcaurelio al Campidoglio e quelli del David di Michelangelo alla Signoria.Mi recai in volontario esilio, per qualche tempo in Francia,.Rammento un sapido aneddoto...nel 1910 i campanelli del mio appartamento sito in Parigi non funzionarono più e io mi dissi:”Per diana...qui alla bisogna ci vorrebbe Marconi!” dissi questa facezia ed esplosi in una fragorosa e scoppiettante congerie di risa belluine.Contorcendomi come un equino imbizzarrito!Un mio fidato amico trasalì e si recò immantinente dal prodigioso inventore che in un battibaleno era presso la mia abitazione in maniche di camicia per ripararmi la suoneria del mio pied a terre!
Marconi elettricista!!!
Probabilmente se avessi danneggiato la mia automobile si sarebbe precipitato d’ oltralpe Henry Ford...com’è bizzarra la vita...!
Molte signore hanno riso forsennatamente quando mi dispiegavo con queste esilaranti narrazioni.
(Alla signora di prima) Ne conviene dolce e procace signora fetida della prima fila?
(poi di nuovo al pubblico)
Tornato nei patri lidi fui fra i primi tra coloro che spinsero la nazione a intervenire nella guerra e, combattutala con grande valore in terra, sul mare e nel cielo, mi ritrassi dopo l'impresa di Fiume, del 12 settembre del ‘19 nella solitudine di Gardone, in una villa, il Vittoriale, che divenne casa, museo, e tempio sacro delle memorie eroiche.Dove troneggiava e troneggia tuttora un catafalco ove mi giacevo con compiacenti signore per tentare amplessi improbabili.
Io vestito da mesto cadaverino ,aspetto che mi era congeniale,con le mani incrociate sul petto disteso nella cassa fra guanciali di raso viola,avevo sul mio funereo viso una lastra di vetro sovra la quale queste giunoniche signore defecavano con violenza e virulenza...era una sensazione paradisiaca.
(poi al pubblico)
Più tardi se qualcuna fra le presenti volesse prestarsi...
Molto si disse sulle mie perversioni e inclinazioni oscene.Non tutto corrisponde al vero...come quella fola per la quale io mi feci spezzare una costola per accartocciarmi su me medesmo al fine di suggere il mio membro in fase erettile!
Niente di più folle e inesatto miei signori!
Io sì tentai d’abbrancare la mia prodigiosa verga con la bocca prensile ,ma vi riuscii ,dopo mille estenuanti tentativi...durati sei mesi, solo con l’ausilio di una perpetua prospera che ogni mattina si poggiava con tutto il peso del suo corpo sulla mia schiena...fino a raggiungere dopo immani fatiche ,l’esito tanto vagheggiato.
Anch’ella per ricompensa volle assaggiare la mia propaggine virile ma fu messa brutalmente alla porta da un famiglio nerboruto per aver osato tanto.
Comunque per i suoi servigi ventennali ,in segno di riconoscenza la feci incaprettare nel fienile in groppa ad una giumenta gravida.
La perpetua godette in modo inusitato e le sue urla furono intese sino a Salò.
Un altra fola riguarda i miei presunti e ripetuti rapporti con i volatili...quanta nequizia e falsità nei miei confronti...!Si vociferò che avessi legato con poiane ,anatre,struzzi e addirittura martin pescatori!
Solo perchè adoravo il mercante in fiera!E simile carta...il martin pescatore per l’appunto...mi fu propizia a più riprese durante le festività natalizie!
certo...qualcosa corrisponde al vero riguardo a tali calunnie ...ma riguarda un volatile di poco conto..
La verità è solo che ebbi la fortuna di conoscere nel pollaio antistante la tenuta ,durante un impietoso e gelido autunno...un compiacente e grazioso gallinaceo che ricambiò le mie attenzioni di poeta melanconico.
Escogitai uno stratagemma degno di un raffinato seduttore.
prego... i più sensibili...a turare i padiglioni auricolari...i più maliziosi possono tranquillamente tenerli spalancati...
ebbene posi la dolce gallinetta con il capo pieno di bargigli sull’orlo di un cassetto semiaperto della mia scrivania...quindi la feci mia da tergo...e nel momento culmine del piacere....serrai il cassetto sul suo grazioso collo piumato!
Ottenendo un effetto strepitoso .il piumato per il trauma serrò l’orifizio e io raggiunsi il culmine del piacere urlando come un beduino che corre all’impazzata verso Addis Abeba!
Sò d’aver turbato la sensibilità degli astanti...ma non credo di meritare la vostra acrimonia...chi di voi non sogna o non ha sognato di avere fra le mani ...che sò...un procione...una marmotta...per poterne abusare selvaggiamente...
(Crolla di colpo privo di sensi su un signore della prima fila)
Per Giove...un mancamento...nonostante la mia provvisoria forma umana ,quando vengo evocato talora vengo colto da questi improvvisi sbandamenti...comprendete la mia ibrida condizione...un po' forma eterea...un po' fauno in calore..un po' vecchio rattoso..un po' vate..un po' cadaverino ambulante...insomma non è usuale per me trovarmi in verticale ,dopo decenni steso in un loculo...
(si annusa)
mi perdoni dolce signora per averle attribuito quel vago sentore di ratto fognario...forse era un lezzo che proviene da me medesmo...le porgo le più vive scuse e non se ne abbia a male...si conservi prospera come le conviene da par suo...Troia!
...(Guarda sconvolto la signora per la gaffe...) Non me ne voglia non mi riferivo alla sua persona...(poi fra sè)...per quanto...!
Intendevo rammentare a tal proposito i versi che dedicai ad una donna che mi ricorda le sue floride fattezze...i versi suonavano così...:”Troia!Tu che desti i natali al provvido Anchise genitor d’Enea straziata dalla furia di Agamennone e infin dalla possanza d’Alessandro Magno...Troia tu fosti infausta ,funesta e disonesta e meritasti questa...” e le assestai una mazzata fra capo e collo...d’altronde ,l’infame s’era soggiaciuta nottetempo con uno stalliere.Lei capisce non potevo soprassedere.
Questo agile e veloce poemetto non fu certo dei migliori...anzi a dirla tutta faceva defecare non poco...ma la mia vena poetica si palesò assai presto.
Fui vate in tenera età ,ancora giovinetto, mi rivelai con un volumetto di versi, “Primavere”, che il Chiarini lodò e presentò al pubblico urlando per la strada:”Il giovin Gabriele parmi un talento,parmi un vero vate,parmi un promanazione di una divinità romana...ecco :il D’Annunzio parmi Giano!”
Io lo sottrassi all’ira della folla,che voleva linciarlo per questa infelice allocuzione,il poveretto per un bisticcio di parole voleva paragonarmi alla grande divinità Romana...Giano!Venerato come creatore del mondo,Dio degli Dei,non identificabile con nessun altra divinità ellenica!Come a dire:mi sembra simile a Giano...venne fuori purtroppo questa accostamento caseario che onestamente non c’entrava un emerito pene con la mia produzione poetica!Pareva quasi una bestemmia “D’Annunzio parmigiano!”
Lo cassai dalla mia folta rubrica di amici ed estimatori e lo mandai a svernare nell’alto Lazio in un canile.
Non v’ha dubbio ,miei accorti e devoti astanti ,che in vita fui circondato mio malgrado da petulanti e noiosi adulatori...ma nonostante la mia vanità e dissolutezza non fui mai incline a pavoneggiarmi per le moine che sentivo in continuazione sul mio conto.
L’unica passione che mi distoglieva da tale adorazione era la mia folle e smisurata passione per le vestali,per il variegato universo femminile.
Si disse che Ulisse era accorto,pertinace,scaltro tessitore di inganni...tutte qualità che io ho sempre possedute...mi mancò per un certo periodo un altra dote di Ulisse ,quella consacrata nell’ultimo epiteto omerico:Espugnatore di città!
Dopo l’impresa fiumana io fui anche tale!
Ma Ulisse non ebbe certo la mia dote precipua ...dote che mi rese celeberrimo oltrecortina...intendo oltre Cortina d’Ampezzo...non fu Espugnatore di Vulve...e per Vulva intendo quel fiore talvolta odoroso di glicine talaltra intriso di aroma di ratto...comunque quel pertugio attraverso il quale passano i sogni come un filo di seta nella cruna dell’ago.
Nel ‘22 dissi alla mia adorata Eleonora:”Io sono come Wagner...deggio dormire allacciato come un ramarro accanto alla sua amante...non potrei dormire altrimenti.”
Essendo peraltro simile al ramarro come aspetto...ciò non mi risultava difficile!
Dopo qualche istante mi ritrovai attanagliato nelle sue dolci braccia vestito da Pantalon de bisognosi e lei da Fedra...non riuscivo a raggiungere l’orgasmo senza questi accorgimenti...amavo peraltro che mentre lei si giaceva sull’ampio e profondo letto damascato mi narrasse qualche favola di Esopo,
tipo “il lupo e la torda “e che alla fine dell’amplesso,mi ringraziasse inchinandosi dopo il mio applauso e serrasse un siparietto sulla mia verga imbarzottita!
Questi li definirei vezzi d’artista...
Invero non ebbi in vita una gran considerazione dell’altro sesso per quanto ne fossi follemente attratto.
Avrei(alla signora della prima fila)dolce e procace spettatrice attenta ed eccitata dal mio sguardo da fauno...dicevo...avrei alcuni pensieri da esternare sul vostro conto...io ritengo che agli occhi di un uomo che non sia innamorato come un puledro,una donna vista senza veli,a meno che non possegga proporzioni divine...è sempre orrendamente ridicola.
Senza nulla togliere alla delizia delle vostre forme..ma ai nostri tempi...parlo degli anni ‘20...le femmine avevano dei fianchi talmente vistosi che potevi tranquillamente stenderci i panni...
e dei glutei ,che quando le possedevi da tergo ,avevi l’impressione di montare una bufala di Sondrio...che per i neofiti presenti in platea...sono fra le bufale più pesanti del creato!
Il secondo pensiero riguarda la durevolezza di un rapporto...io sostengo che se la sincerità è la base dell’affetto...la menzogna e il lievito indispensabile dell’amore!
Mi sono dichiarato con tutto il mio ardore a donne di cui non mi fotteva una benedetta ciufola..miravo espressamente e unicamente allo sfintere anale e ad ogni sorta di orifizio contemplato nel corpo umano.
la terza considerazione riguarda le vegliarde...molte signore che hanno superato la soglia dei cinquanta e sono convinte di averne quaranta ,si illudono di essere amate per le proprie qualità fisiche...e quest’illusione per loro non ha prezzo...in realtà le mentecatte non sanno di essere sfatte e fatiscenti come melanzane devastate dalla muffa e che il declino è irreversibile e ineluttabile.
...Vero...signora che si nasconde in terzultima fila...????!!
A mio avviso,la donna oltre i cinquanta,è buona solamente per essere schiaffeggiata e posseduta sull’arenile di Ostia lido nei momenti di depressione violenta.
Una costante delle donne che si sono piegate adoranti sotto il mio tenacissimo involucro maschio ,era una irritante renitenza ad orgasmare.
Sarò più esplicito:Per me la vulva è pari ad un mitilo...non a caso ha lo stesso aspetto e talvolta il medesimo sapore.
Tutti i mitili una volta sbollentati tendono ad aprirsi e a mostrare il proprio frutto all’avventore appassionato...pertanto non concepisco che sotto i pressanti colpi del mio italico fallo non giungano a più miti consigli,contraendosi selvaggiamente.
Per cui sovente ,non persuaso a darmi per vinto, alcune amanti invero tiepide ,le percuotevo sul basso ventre con quello che definivo il “guiderdone” o “ricompensa”...praticamente un mazzuolo di dimensioni giurassiche.
Talvolta notando che anche a questa guisa non ottenevo l’effetto agognato,mi cimentavo a martoriare le ovaie con un frollino...purtroppo l’esito era infausto...la maggior parte di esse passava immantinente nel mondo dei più.
Non me ne voglia signora della quartultima fila che mi guarda in cagnesco....ho passato un infanzia piuttosto tormentata e in età matura ho inseguito il piacere e la gloria per mitigare il dolore del ricordo dei primi anni della mia travagliata esistenza.
Pochi sanno fra i presenti,immagino, che da giovinetto ero afflitto da un incipiente gibbosità dovuta al fatto che passavo la maggior parte delle ore chino sui libri a studiare da mane a sera.
La mia genitrice me la corresse accortamente con un ingegnoso artifizio...:mi costringeva a camminare dalle sei del mattino fino al desinare ,per due anni consecutivi, con un candelabro sul capo e una carota nell’ano.
Dopo due anni di immensi sacrifizi divenni miracolosamente diritto come un fuso...ma irrimediabilmente devastato da ragadi luciferine.
CANTA DI COLPO COME UN INVASATO
“LA MESTA CANZONA DEL VECCHIO RATTOSO”
Il mio corpo si disfa
e da giovin garbato
fui tramutato in vecchio rattoso
assatanato.
nella fanghiglia i giunchi hanno
l’odore delle persiche mezze e delle rose passe
del miele guasto e della morte.
Son pronto per la cassa
non v’ha alcun dubbio
vedete voi stessi
Le braccia si fan sempre più corte
or tutta la palude è come un fiore
lutulento che il sol d’agosto cuoce
passeggio ormai ricurvo
con i piedi in un par di cioce
Ammutisce la rana se m’appresso
mi scruta negli occhi come a dir
sant’iddio chi è questo depresso?
Le bolle d’aria salgono in silenzio
se non volete che soccomba datemi un po’
d’assenzio.
Non so che dolcigna afa di morte
sì sconcallo...aprite quelle porte.
Il corpo avvizzisce
la mano ancor funziona
rimembrando le sue curve lisce
vado ancor su e giù per un ora buona.
A sera tarda sdraiato esausto
sotto il pergolato resto
a rimirar le stelle
con un par de calamari sotto agli occhi
e un vago sentor
di fetor d’ascelle.
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Perdonate questa mia improvvisa impennata lirica... i miei biografi presenti in sala si sono sicuramente resi conto che in questi primi versi e di più in quelli del “Canto novo”, apparso nel 1882, è palese l'efficacia che sul di me ebbe la poesia del Carducci, nelle mie prime raccolte di novelle.
Parliamo ordunque della mia torrentizia produzione letteraria ...con l’ausilio se mi consentite di uno degli astanti...(va verso il pubblico e preleva un signore in prima fila,al quale dà volta per volta dei fogli con i titoli delle sue opere .Titoli che il disgraziato di turno leggerà ad alta voce)
prego..mentecatto legga pure...
Spettatore
:“Terra vergine”, “Il libro delle Vergini”,”la Vergine incaprettata” “San Pantaleone”
Il Vate:
...bravo...anche se la dizione vacilla clamorosamente...queste opere furono poi riunite nelle “Novelle della Pescara”, sentii l'influsso dei naturalisti nostri ...prego...(Porge al disgraziato un altro foglietto)
Spettatore:
...Verga , Capuana ,Libero Bovio ,Peppino Tango ,Giggino Greco ,Pasquariello e dei francesi Maupassant e Flaubert ;
il Vate:
Basta uomo fasullo dal corpo improbabile!...in altre opere, che composi in anni più maturi...(Porge un altro foglio)
Spettatore:
liriche e romanzi, Intermezzo di rime, L'Isotteo e la Chimera, Elegie romane, Odi navali,il trasgressivo e conseguente Chiodi anali, Poema paradisiaco, Il piacere, il dispiacere ,Giovanni Episcopo, Franco Alpestre,Gino Lavagetto,L' innocente, il presunto colpevole,il colpevole fino a prova contraria...
Il Vate:
che purtroppo vendette pochissime copie...vada avanti uomo sciatto..
Spettatore:
Il trionfo della morte, Le vergini delle rocce,I Satiri negli anfratti,Il capro votato agli dei,Il tomino fermentato, Il fuoco...
Il Vate:
in tutte queste mie opere direi che è palese in diverso grado l'influenza dei parnassiani e simbolisti francesi, dei preraffaellisti inglesi, del Tolstoi e del Dostoiewscki e di altri ancora...compreso mio cognato,grande cantore ed esteta caduto in disgrazia per un ernia devastante che prese il sopravvento sul suo corpo orrendamente avvizzito.
Ero insomma intriso di letteratura alta ma tutti i motivi ed atteggiamenti altrui li trasformai con la potenza della mia arte e ad essi diedi l'impronta inconfondibile della mia immensa personalità.
Scaturì allora un opera tuttora inedita dal titolo eloquente. “Il mito avvolge la mia anima e tutti gli altri vadano pure a farsi fottere”.
per la collana “narratori esangui” della Mondadori.
(Si accorge che lo spettatore è ancora in piedi accanto a lui)
Voi uomo inutile e nefasto siete ancora presso la mia persona...vi prego svanite e non accostatevi più al sommo Vate...(Lo ricaccia in platea)
Voi comuni mortali vi renderete conto che l’esser passato attraverso tante esperienze letterarie e il fatto che ognuna di esse aveva dato origine ad opere d'indiscusso valore artistico, fecero pensare ch’io fossi indifferente al contenuto e devoto soltanto al culto della forma.
Quanto di più errato...non a caso tuttora se andate in Romagna e vi recate presso un pizzicagnolo vi chiederà :”Gradisce due etti di forma?”,termine volgarissimo che in quei lidi sta a significare formaggio.
Immaginate come il termine si caduto in un accezione casearia e bovina.
Nel riminese si considera pertanto il divino Gabriele devoto alla forma ...al pecorino al caciocavallo!
Unica passione della mia anima si credette essere una voluttuosa sensualità; unico mio ideale la bellezza, che domina gli occhi, i sensi, la mente, che meraviglia e non commuove.
Io ...!!! Io che palpavo i lombi delle mondine friulane e smucinavo con la mano a coppa sotto le ampie gonne delle olivare mentre sulla scala agitavano gli olivi.
Quella era pura commozione!Quanta nequizia e quanta calunnia sul mio conto!
Non ero soltanto il sacerdote della bellezza esteriore, avevo fatta mia la teoria del superuomo del Nietzsche, venni definito da alcuni accorti estimatori “il supervate” “Il culturista del verso” “Il bicipite dell’endecasillabo”.
mi sentivo ...ed ero indubbiamente...un forte, un dominatore, un essere privilegiato, che non poteva e non doveva essere costretto nei Limiti angusti e tradizionali della morale e del diritto, e dovevo abbattere le vecchie barriere e anche le vecchie rattrappite per raggiungere mète nuove. Cosce fresche e odorose di melograno e carrubba.
Attraverso la dottrina del superuomo ..o supervate...definita da me medesmo “quadriga imperiale”, i cui pilastri sono i cinque “falerati corsieri: Volontà, Voluttà, Orgoglio, Istinto e Arrazzamento”, sulle quali audacemente trapassai i termini d'ogni saggezza, attraverso questa dottrina,il supervate, io cercai me stesso e mi ritrovai in ogni eroe dei miei romanzi e del mio teatro, in Andrea Sperelli, in Tullio Hermil, in Giorgio Aurispa, in Corrado Brando, in Claudio Cantelmo, in Stelio Effrena,in Enzino Santercole,in Ciccio Busacca,in Mimmo Casarazzi in Totò Zazzariello e in mille altri...
Dalla dottrina del superuomo derivano più o meno i lavori drammatici da me creati all’uopo ...(Chiama sul palco un altro disgraziato) venga lei...ho un allappamento linguale...praticamente la lingua fa mappa col palato e ho bisogno di un bicchier d’acqua di fonte stemperata con oppio magrebino...(beve un liquido nerastro ...coca cola...)
Leggete voi omino insulso:
Spettatore:
Sogno d'un mattino di primavera, Sogno d'un tramonto d'autunno,Sogno di Trombarmi una massaia di Conegliano, La città morta, La Gioconda, La gloria, La Francesca da Rimini, La Figlia di Jorio...
Il Vate:
Che è a detta dei miei esegeti e dello stesso Mario Moretti è il mio capolavoro drammatico...(Allo spettatore) continua poveraccetto...
Spettatore:
La fiaccola sotto il moggio, Più che l'amore potè la passera, Fedra, La Nave, Il Ferro, il legno,il compensato,il Truciolato...
Il Vate:
già “Il Truciolato”...Indubbiamente una delle vette poetiche della mia immensa produzione ...(allo spettatore) su questo poemetto Arredamenti Aventino ci fecero una fortuna!
(Allo spettatore)Continuate pure ...essere spregevole...
Spettatore:
“Forse che sì forse che no” “Forse ce la si fa forse ci si ritira”
Il Vate:
...Quest’opera ammetto che non fu delle più felici...(Allo spettatore)andate avanti...cribbio!!!
Spettatore:
“La Leda senza cigno””La Leda con il cigno””La Leda sotto al cigno”
Il Vate:
Una delle opere segnate dal un tormento erotico senza pari... (Allo spettatore...spedendolo in platea)
prego rientri nei ranghi dei mediocri d’animo...e non si faccia più vedere dall’umanità intera!
Altre mie opere teatrali, ma di diversa ispirazione sono “Le martyre de Saint Sébastien”, una specie di mistero sacro,del quale anch’io ammetto di non aver capito granchè, “La Pianelle” e “La Parisina”...opere inutili destinate all’oblio..che in effetti creai mentre evacuavo dopo libagioni eccessive .
Tutte opere pubblicate da Mondadori nella collana “Malati di mente”.
Invece alcune meditazioni filosofico-estetiche ,definite “pallosissime” dai miei detrattori ,le trovate nella “Contemplazione della Morte”, nella “adorazione dei feretri ammuffiti”nel “Notturno” e nelle “Faville del Maglio”, dove a onor del vero trovai accenti nuovi ...che purtroppo non ebbero seguito...ad esempio oltre al inflazionatissimo “Perchè” e “Cioè” aggiunsi altri accenti :“Checchè” “Imperciocchè” “Chicazz’è” uno dei pochi epiteti che a più di sessantanni dalla mia dipartita ancora vive...specialmente nei sobborghi delle zone più degradate d’Italia.
D’altro canto avevo una semplicità di espressione che derivava da una maggiore sincerità spirituale. , Ero rapito dalla volta celeste ,dai miti greci ,dagli altari istoriati,dalle donne pie e devote che spaventavo vestito da miserello negli anditi angusti e bui delle cattedrali gotiche.Più che alla prosa delle mie novelle e dei miei romanzi, che pure vantano pregi grandissimi, e alle scene delle mie opere drammatiche, che ne vantano non meno grandi, devo la mia gloria poetica alle “Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi (Maia, Elettra, Alcione, Merope ,Franco Rapizza ,Ettore Scuccimarra)” dove esaltavo la bellezza della natura, le gloriose tradizioni della patria, come la sagra del cinghiale di Norcia ,le grandi imprese patriottiche, le speranze per l'avvenire e il saldo del conto corrente...che nel’36 non era molto diverso dall’odierno ,infatti si appellava: corrente conto.
Delle “Laudi” il più celebrato è il terzo volume, “Alcione”, da cui fu tratto ,negli anni a venire dopo la mia dipartita,il famoso cinema a luci rosse...tanto caro al Cardarelli e allo stesso Montale .
Nel mio “Alcione” i gioielli migliori sono La morte del Cervo, assai breve invero:si narra di un cervo che corre e muore per essere inciampato su una pigna,infatti ebbe notevoli stroncature,comunque gradevole come storia,seguono quindi sempre nell’Alcione :L'otre, La sera fiesolana, Bocca d'Arno,tratta di una pompinaretta di Fiesole,che ebbi la fortuna di frequentare nei miei anni giovanili, La famosa pioggia nel pineto, che tutti i presenti hanno recitato a voce alta alle reali scuole medie...vero...?Somaro della seconda fila che mi guardi basito?Son sicuro che ne rammenti l’Incipit:
(Lo spettatore ammutolisce e D’Annunzio lo redarguisce con i primi versi della notissima poesia)
Taci! Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie lontane...
(Se lo spettatore la conosce D’Annunzio commenta)
Bravo...non avrei immaginato considerato l’aspetto bovino che deturpa il vostro volto!
(Se lo spettatore non la sa...lui la declama e poi commenta)
Recatevi meschino presso un frantoio maremmano e fatevi pressare insieme alle olive salmastre, siete buono solo ad essere spalmato sul pane bruscato!
(Poi al pubblico)
Della mia partecipazione alla Grande Guerra e dell'impresa di Fiume, le quali comprovano come la poesia eroica scaturisse dall'intimo del mio spirito, sono pregevoli documenti le orazioni e i messaggi “Per la piú grande Italia”, “i Discorsi de la Riscossa”, “L’esortazione allo smitragliamento senza remore”,”le Preghiere”,” La beffa di Buccari” e anche “ la Beffa di Capodanno”...una mia opera minore nella quale narravo di una facezia a danno di un compatriota al quale feci saltare sotto i piedi un tracco a sua insaputa.
“Da non dimenticare “lo Statuto per la reggenza italiana del Carnaro” e le prose “Per l' Italia degli Italiani” ripubblicate con altri scritti sotto il titolo di “Il libro ascetico della giovane Italia”.
Dal quale trassi le notissime orazioni “Per un Italia ancora più italiana di quella che è” “Italiani si nasce non si diventa””Lei non sa chi sono io”...ma all’epoca era disdicevole il “Lei” quindi quest’opera dovette essere ribattezzata “Voi non sapete chi sono io...ma ve lo dirò più tardi”.
“Il suolo italico non va oltreggiato oltremodo” e “Traccerò il solco e voi seminate dietro di me” discorso che fece letteralmente impazzire la popolazione di Fiume,nel quale dissi queste testuali allocuzioni “Fiume agli italiani e Fiumara allo straniero”una sorta di scambio...poichè Fiumara in Calabria ,era ed è infestata da personaggi volgarissimi,intendevo fare questo scambio...che disgraziatamente non andò in porto perchè mi vennero delle intolleranti coliche renali che mi costrinsero ad un ritiro presso la Capponcina la mia dimora dove solevo espellere le pietraie dai miei ureteri intasati.
La Capponcina...!Quanti ricordi...quante amanti...!Ognuna con un soprannome...almeno 14 di esse le ricordo in maniera vivida...allora..vediamo sul mio taccuino....(Sfoglia un libricino...poi fra sè) Don Giovanni...non puoi competere...
Cominciamo!
Allora:
la Brooks detta cinerina...amava farsi cospargere di cenere e lapilli durante l’amplesso...morì ustionata.
La Levibrunner detta Venturina, Vidalita, Nidiola, Balkis, Dolceamara ...infatti la cospargevo di miele tibetano e China Martini leccandola fino all’annebbiamento dei cinque sensi.
Soffrì di eritema per tutto il resto della sua breve vita.
La Stampa ...non il quotidiano beninteso...la gloriosa Stampa...curioso...delle mie amanti...tranne la Duse non conobbi mai il loro nome di battesimo...le chiamavo per cognome come a scuola...e poi me le incaprettavo nei tini o nei fienili...
la Stampa...dicevo... la sopprannominai Coré ... perchè aveva sempre fretta di andarsene e sovente dopo una fellatio sconvolgente avvinghiata come una seppia al mio fallo adunco ,mi chiedeva ossessivamente “C’orè?”...e io snervato le rispondevo “E l’ora che te ne vai a fan...”vi risparmio il resto...questa frettolosa durò poco...per disfarmene le regalai un oriuolo di infimo valore comprato da un rigattiere berbero.
Seguì la Leoni o meglio Barbarella storia inconsistente dimenticabilissima ...rammento tre o quattro pompe volanti.
Seguì a ruota la Golubeff insulsa come un suino.Quindi la Gravina o meglio Moriccia...per il fatto che aveva il crine color dell’inchiostro e una vaga aria da moritura...buona per gli amplessi nella bara di glicine.
La Harduin ...detta Mariella, Yella, Duchessina ...passai un infinità di disgrazie accanto a lei...me ne liberai a calci alla fine della seconda guerra mondiale.
Invece non male la Mancini o Giusini, Amaranta, Maria Dastro...per lei non trovai un soprannome adeguato...ma le feci venire l’ernia a più riprese a forza di montarla come una cavalla malata.
Invece definirei di ordinaria amministrazione le seguenti vaiasse...la Azoyer(Aélis) la Ossani (Febea)la
Rudini (Nike)
La Zucconi (Elda, Lalla) notevolissima invece la Baccara o Smikrà, Sirenetta, Rosafosca...amavo vestirla metà cefala e metà pianta di rose.Facevamo l’amore su un letto di sarde salate:Fu una passione che rasentava la follia...fu l’unica che mi mandò a farmi fottere colpendomi violentemente con una cernia.
E codeste sono solo una parte infinitesimale della foltissima schiera di prede adoranti!
(DALL’ARIA DEL DON GIOVANNI,D’ANNUNZIO NE CANTA UNA VERSIONE TUTTA SUA)
Madamina, il catalogo è questo
Delle chiappe che montai da par mio
un catalogo è quel che ho fatt'io;
Osservate, leggete con me.
In Trieste novecento sessanta
In Romagna quattrocento e e trentuna;
Cento in umbria in Marocco nessuna
Ma in Friuli son già trentatre
V'han fra queste contadine,
pompinare
cittadine,
V'han contesse, baronesse,
Marchesine, e sei vaiasse.
E v'han donne d'ogni stazza,
D'ogni forma, d'ogni età.
Nella bionda ebbi l'usanza
Di lodar la zizza appesa,
Nella bruna la costanza,
solo quando era distesa.
Vuol d'inverno la grassotta,
Vuol d'estate la mignotta
È la grande maestosa,
La piccina e ognor focosa
Delle vecchie fo conquista
Pel piacer di porle in lista;
mia passion predominante
È il troione principiante.
Non mi picco se sia gnocca
Se sia cozza , se sia bella;
Purché porti la gonnella,
Voi sapete quel che fo
me le ingroppo un altro po'
me le ingroppo un altro po'....
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(poi fra sè)
Don Giovanni...dileguati...!
(Di nuovo al pubblico)
Ma colei che mi piegò e mi avviluppò fu soltanto lei...l’unica,irripetibile,magnifica divina creatura...Eleonora detta Ghisola, Ghisolabella...per il fatto che le offrivo prima di carpirla ,un amaro Isolabella sul ponte della Ghisolfa.rapporto estenuante...capirete...per fare l’amore ovunque ci trovassimo dovevo recarmi a Milano sul suddetto ponte e offrirle un amaro...altrimenti lei non mi schiudeva quella che amavo definire la fossa delle Marianne.
Un altro soprannome che le diedi...dopo che ci lasciammo con grande dolore fu “Perdita”...conscio del fatto che la feci soffrire in modo inusitato e che probabilmente non l’avrei più avuta fra le mie braccia glabre e lattigginose.
Eleonora nacque nel 1858 ...era di cinque anni più grande di me...si spense relativamente giovane a sessantasei anni...io le sopravvissi appena 14 anni e quindi anch’io resi l’anima al Signore.Quanto mi furono gravidi di rimorsi quei 14 anni che mi restarono da vivere....
Lei nacque a Vigevano da una famiglia di attori girovaghi ,il padre recitava le novelle di Maupassant ai cani pieni di zecche e la madre raccoglieva i soldi vestita da Gibbone o Macaco...ora non ricordo bene.
Leonora raggiunse la popolarità come attrice nel 1878 al Teatro dei Fiorentini di Napoli.Recitava il monologo di Lady Macbeth e come bis concedeva Scapricciatiello e Te voglio dà nu vaso n’coppa ‘e capille nire nire.
Alcuni incauti spettatori le chiedevano persino la mossa!!!!
Ma la Duse,dedita alla grande prosa,non la concesse mai.
Per quanto la leggenda volle che il medico che l’assistette al capezzale,la implorò....e la Divina concesse la mossa ,un attimo prima di esalare l’ultimo respiro! Il medico applaudì ed Eleonora si chinò come per ringraziare e schiattò di colpo...ma non si sa tutto questo corrisponda al vero!
Ma torniamo agli anni del suo splendore...a quando non era ancora incartapecorita.
La splendida Eleonora ventenne...pensate...allora aveva già avuto un figlio dalla relazione con Martino Cafiero e una figlia, dal matrimonio con l'attore Tebaldo Cecchi, il quale abbandonò l'infedele moglie o Troione come lui stesso ebbe a dire in un intervista rilasciata al Mattino di Napoli nel 1885, dopo le scandalistiche relazioni con altri uomini della
scene, quali Flavio Andò e Arturo Dotti (ancora minorenne...quasi un infante). Insomma Eleonora ..avrete compreso che in quel periodo amava scapricciarsi e imbufalirsi come un bisonte in calore.
Dal 1883 Leonora godette del sostegno di Arrigo Boito, che la raccolse sofferente alla fine
della relazione con me ...nel 1904.
Il primo incontro con Leonora risale al viaggio veneziano del 1894, organizzato da Angelo Conti e Adolfo
De Bosis con la Valtur...in compagnia di Georges Hérelle, ma i biografi datano al 26 settembre
del 1895 l'inizio della relazione amorosa che, non senza interruzioni, si
protrasse per più di otto anni.I biografi non amano mai farsi i peni propri...cribbio!Saprò ben io il giorno che la conobbi...?O qualche mentecatto deve in maniera postuma e del tutto arbitararia apporre la datazione del nostro primo incontro! ?
Santi Numi!
Leonora ebbe un'importanza fondamentale
per tutta la mia opera letteraria. La relazione fu trasfigurata
da me medesmo nel Fuoco, non senza le critiche degli amici e ammiratori della Duse.
Come dite voi nella modernità...in circostanze simili?(Avvicina l’orecchio ad uno del pubblico e ripete il suggerimento ad alta voce)”La gente non si fa mai li cazzi sua...”.?Un epiteto curioso..mi par di arguire da suddetta affabulazione che avete dell’astio nei confronti degli amici della Duse...come me del resto...
Ci fu uno spiacevole contrattempo nella nostra relazione e per favorire la riconciliazione con Leonora in seguito alla rottura
dell'autunno 1896, quando le anteposi Sarah Bernhardt per la rappresentazione francese della Ville morte, scrissi per blandirla il Sogno d'un
mattino di primavera, seguito dal Sogno d'un tramonto d'autunno,e il già citato dianzi : “Sogno di trombarmi una massaia di Conegliano.”Questa ultima opera invece di riavvicinarmela la indispettì non poco e mi fece pedinare per tutto il Triveneto da Ermete Zacconi,in quel momento disoccupatissimo.Temeva che veramente avessi una tresca con una donna di facili costumi a Conegliano.
Rimasi visibilmente turbato dalla presenza di Zacconi ogni volta che transitavo in Veneto.Un giorno lo affrontai a muso duro e lui mi disse per scusarsi del suo atteggiamneto da piattola ,che era in Tournee casualmente nelle stesse località ove io dimoravo.
Gli risposi a brutto muso:
“Caro Zacconi,dica pure a quella petulante donna malinconica che non ne posso più della sua gelosia ossessiva e voi levatevi dal pene e levatevi questo ridicolo abito da mesto fraticello!”
L’idiota mi pedinava camuffato da frate...!Lo presi a schiaffi con i miei guanti in cuoio fino a Belluno!
Tornò sulle scene solo sei anni più tardi...dopo una terrificante convalescenza.
Ma torniamo a noi ... molte mie opere risentono della convivenza con la Duse:la Gloria, La Gioconda e La Francesca da Rimini.
Fu fonte di ispirazione per i miei capolavori ...mi fu riconoscente per questo...una sola volta mi tradì...artisticamente intendo...la trovai in un parco mentre leggeva avidamente “Natale in casa Cupiello!”
Fu un caso....portavo a passeggiare la mia levriera nana Artemide ,lungo un Viale alberato ,quando sentii distintamente la battuta:”Lucariè...Te piace ‘o presepe?”...
Avevo sentito parlare di questo napoletanello...questo Edoardo de Filippico e avevo avuto sentore di queste battute con cui infarciva le sue operine tragicomiche...ma mai avrei immaginato di cogliere la Mia Eleonora mentre cercava di mandare a memoria quelle battutacce da teatro vesuviano!
Infuriato non esitai e la colpii con tutto il volume di Natale in casa cupiello...sul capo!Svenne...
Ebbi un momento di disorientamento e rimorso per averle inferto tanta violenza...ma quando rinvenne mi resi conto che il mio agguato proditorio fu assai propizio.
Non a caso una volta rinvenuta per il trauma dimenticò completamente tutto il contenuto dell’opera e il nome stesso di quel fetido autore partenopeo.
Ma mi trattò gelidamente per il vistoso papagno che le avevo procurato fra capo e collo.
Ero deciso a non perderla!
Dal marzo del 1898, per avvicinarmi alla dimora di Settignano,
dove Eleonora abitava, affittai l'attigua villa trecentesca La
Capponcina,così battezzata perchè era infestata di capponi nell’immenso parco...infatti ogni mattina mi alzavo alla buon ora e imbracciavo la mia spingarda a pompa per abbattere quei grassissimi volatili che assediavano la meravigliosa villa.
Si moltiplicavano a dismisura e nel giro di pochi mesi restarono solo due esemplari che abbattei colpendoli con un enorme vaso di gerani che scaraventai addosso alle bestie,poichè avevo finito le munizioni.
La villa la arredai secondo mio gusto:teschi di monaci tibetani alle pareti,parati damascati violacei,moccolotti ovunque,incensiere e personale dall’aspetto cadaverico.
Per queste mie passioni di arredamento funereo notavo che la mia servitù si grattava i genitali in continuazione ogni volta che mi distraevo...questo mi snervava non poco...
Negli anni successivi,
seguìi Eleonora solo saltuariamente in tourné in Italia e all'estero,
consolandomi con altre amanti durante la sua assenza .
Nel 1904,la tragedia...
in seguito all'ennesimo episodio di gelosia, Ele mi abbandonò dicendomi di avermi sacrificato gran parte delle proprie risorse umane
e finanziarie.
Rimasi molto male...rimasi proprio di sterco!
Ero molto orgoglioso e tenni duro...ero deciso a non risentirla mai più ,ma nel 1909, dopo cinque anni di silenzio, ripresi a scriverle ,tramite un piccione viaggiatore,che anche se male in arnese arrivava comunque a destinazione e faceva la sua romantica figura...in una missiva le proponensi vanamente la rappresentazione della Fedra e la parte della fata turchina in una mia rivisitazione della nota favola dei Tre porcelli.
Pensavo che questo ruolo per delle rappresentazioni in delle matinee per le scuole medie di Albenga potesse allettarla e di conseguenza riavvicinarla alla mia persona. Purtroppo, per volontà di Eleonora, il carteggio
fu distrutto, ad eccezione di frammenti rimasti alla figlia Enrichetta.
L'ultimo casuale incontro fra noi risale al 1922, due anni prima della sua dipartita, seppi tramite amici che versava in condizioni economiche diperate,dapprima le mandai un vaglia col solito piccione...purtroppo il piumato fu abbattuto sul Carso da un cacciatore che se lo mangiò crudo e incassò la congrua somma alle Poste.
Allora mi precipitai da Eleonora e la aiutai in loco
nei suoi travagli finanziari degli ultimi anni di vita.
Che potrei dire di questa appassionante relazione con la Duse...?...”Donne e motori...gioie e dolori”...motto che coniai dopo la turbinosa relazione con la Divina...Comprendo che possa sembrare riduttivo sintetizzare dieci anni di relazione con simile affermazione,ma penso che della nostra intensa e travagliata storia d’amore non resti nient’altro che la testata bruciata della mia Isotta Fraschini.
Tutto nacque da quella volta che ebbi la malaugurata idea di prestare la vettura ad Eleonora per recarsi insieme alla collega Adelaide Ristori al Teatro Tersicore di Abbiategrasso per ritirare il premio Mascheretta greca.Un premio di infimo valore,ad entrambe consegnarono una mascheretta in carton gesso con sovrascritto “Brave ... continuate così...”. Una sola maschera per tutte e due le attrici.Un premio micragnosissimo...
Mi telefonò infuriata dall’albergo dicendo che sarebbe rientrata il giorno seguente e che la Ristori non voleva nemmeno smezzare la benzina.
Sulla strada del ritorno la tragedia...mentre Eleonora imbestialita per il premio correva all’impazzata sulla camionale ,incominciò ad inveire contro la Ristori che pretendeva la fetida mascheretta tutta per sè!Si accapigliarono...
Cappottarono e fusero la testata...una catastrofe.
La riempii di insulti telefonicamente e le feci ritornare a casa entrambe a bordo di un mietitrebbia.
Una volta di fronte a me distrussi la mascheretta a forza di sputi,la Ristori la raccattò piangendo e se la pose sul viso dicendomi sprezzante:”per un testacoda non si tratta così una grande attrice” le diedi un manrovescio e caracollò come un bisonte malato sul selciato.
Eleonora per il terrore nel frattempo si era dileguata...io per ripicca ebbi una fugace relazione con una Mugnaia del Cilento con due bocce da paura...
Comunque Ele mi è rimasta nel cuore e fra le vaiasse che hanno popolato la mia frenetica vita sentimentale devo dire che Ella rimane comunque un punto fondamantale della mia tormentata esistenza.
(Al pubblico) Abbiate la compiacenza di scusarmi miei devoti e contriti astanti ma considerato che anche per stasera ho ripreso la mia forma umana ,devo assolutamente concedermi una pausa con questo narghilè birmano....(ad uno del pubblico) prego...provi pure...(gli porge un tubicino per aspirare le essenze afrodisiache) non abbia timore...vi è solo dell’oppio,dell’assenzio e una punta di amannita phalloides...delizioso...
(D’Annunzio incomincia per gli effetti del fumo inalato a dare numeri e ad emettere borborigmi ancestrali ,una volta riavutosi ricomincia il racconto)
(Sconvolto dai fumi vede doppio e dice al pubblico)
...curioso...siete aumentati...e la sala si è allungata...cosa ci fà presso l’ingresso quella Madonna in croce...?!!!
Orbene riprendiamo il percorso accidentato della mia gloriosa esistenza...per i pochi sventurati che ancora non lo sanno...io fui eroe...già fin dal ‘18! Ed esattamente il 10 e l’11 febbraio: colpii l'opinione pubblica con 'La Beffa di
Buccari': il siluramento di un piroscafo austriaco nella baia di Buccari,
a bordo di tre Mas, con una trentina di uomini guidati da Costanzo Ciano.Dopo aver colpito è affondato un piroscafo austriaco ,lanciai nottetempo nella baia di Buccari in Iugoslavia tre bottiglie tricolori con un messaggio di scherno...il messaggio era il seguente:”Abbiamo violato i vostri confini...vi abbiamo gabbato uomini pavidi di Buccari!L’austroungarico è stato affondato grazie alla nostro coraggio”
Queste tre bottiglie le raccolse uno scaricatore il quale disse in slavo qualcosa che assomiglia molto all’odierno...(prende un vocabolario Slavo Italiano e traduce) ....”Che cazzo me ne frega a me...”
Comunque l’impresa era riuscita...sapevamo che potevamo spingerci oltre frontiera...valicare i nostri angusti confini per affermare l’orgoglio e l’audacia degli Italiani!
A Marzo dello stesso anno presi il comando della I Squadriglia navale di siluranti
e partecipai sempre con Costanzo Ciano conte di Cortellazzo e babbo di Galeazzo ...eviti quel signore in sesta fila rime sconce...grazie...!
Dicevo partecipai a nuove missioni navali...siluravo qualsiasi cosa si muovesse repentinamente all’orizzonte...tanto che Ciano mi redarguì dicendomi:”D’Annunzio...si limiti a lanciare bottiglie...ai siluri ci sono io!”Non vi nascondo che restai interdetto...anche perchè quando ero infante mi dilettavo a silurare con le biglie i soldatelli di stagno di tutta l’armata napoleonica ,nella mia stanza da letto.
Comunque quando il conte Costanzo si appisolava io lanciavo siluri a vuoto per ripicca.
In Maggio mi misi in proprio,sentivo impellente la necessità di bombardare qualcuno senza essere controllato,infatti formai la Squadra San Marco e partecipai ad azioni
di attacco e ricognizione, come il bombardamento di Pola...ricordo ancora che dal mio biplano urlavo verso gli abitanti della città,annessa all’Austria:”Pola ribellati allo straniero”e lanciai con le mie stesse mani,perdendo il controllo del velivolo,diverse bombe sull’Anfiteatro dove Eleonora in quell’esatto istante recitava “Le Troiane”...capirete ...non avevo digerito il fatto che quattordici anni addietro mi avesse lasciato come un allocco!
Seguì la gloriosa epopea viennese che grosso modo se non ricordo male si snoda attraverso queste date...dunque...devo consultare il mio prezioso taccuino...sì...ecco...2 agosto: primo tentativo di volo su Vienna ...rientro in sede immediato per svuotamento catetere...bè...può capitare!Avevo cinquantacinque anni e una vescica che non era proprio al meglio della forma...8 agosto: secondo tentativo...rientro causa candele sporche....praticamente mi ero sollevato da terra di soli dieci metri e arrivai nei pressi di Vienna inseguito da uno stormo di galline infuriate...urgeva ritorno in sede!
Il giorno successivo,il 9 di Agosto raggiunsi finalmente in volo Vienna, lanciando sulla capitale
nemica 40.000 volantini con un mio testo italiano che grossomodo diceva:”Arrendetevi per Diana senza fare tante storie”...questi volantini non mi costarono nulla perchè in calce c’era la pubblicità di un callifugo portentoso che non a caso dopo l’impresa vendette l’ira di Dio in tutta l’Austria!
Comunque lanciai nella stessa impresa anche altri 350.000 volantini con un
testo di Ojetti in lingua tedesca.Tornai in un tripudio di festa...ma mi rimase il tarlo del contenuto di questi altri 350.000 volantini e ...non conoscendo il tedesco me lo feci tradurre e seppi che Ugo Ojetti invece di esortare alla resa gli austriaci esortava la moglie austroungarica a tornare a casa,dopo che era fuggita con un camionista di Klagenfurt!
Raggiunsi immantinente Ugo Ojetti a Firenze e senza fargli profferire sillaba gli staccai un testicolo con un colpo di fioretto.
Lo ricordo ancora in una pozza di sangue che mi implorava urlando come una jena:”Gabriele...la palla...rendimi la palla”.
Inoltre dopo l’impresa viennese mi giunse un epistola infuocata da parte di Sigmund Freud,invito quel signore con l’aria saccente a leggerne il contenuto (trascina un disgraziato sul palco)prego inetto legga la lettera che mi scrisse Freud:
Spettatore:
Esimio Cavalier D’Annunzio,
la sua fama ha travalicato i confini ed è giunta fino a noi.
Volevo informarla che parte dei suoi volantini,ed esattamente ventimila,sono finiti nel comignolo della mia residenza viennese,hanno provocato un intasamento della canna fumaria e un attizzamento mostruoso del fuoco che Hilde ,la mia governante, stava accendendo.
Hilde è stata investita da una fiammata che ne ha trasfigurato il volto per sempre,adesso assomiglia a Quasimodo il mostro di Notre Dame e non posso tenerla con me,poichè è indecoroso avere nella servitù una donna così raccapricciante.
Io vorrei capire perchè siete andato in fissa con noi austriaci,capisco la difesa del suolo e il patriottismo ma voi avete decisamente rotto il c.... e per voi non intendo “Voi italiani” ma “Voi Gabriele” .
Io comunque vorrei aiutarla ad uscire da questo incubo e da queste manie di persecuzione.Può venire nel mio studio a farsi curare ,pazzo cronico,i giorni feriali 8 - 13 solo su appuntamento
Verrucktenstrasse 22 Vienna.
P.S. Se ne ha bisogno ,porti con se il cuscino ,poichè il mio lettino da analista ne è sprovvisto.
Distinti Saluti
Sigmund Freud.
Il Vate:
(Allo spettatore)
Dizione pessima...ma il senso è arrivato lo stesso...
resti qui mi servirà a breve...si metta lì discretamente senza fare controscene o caccole...poichè il protagonista sono io...
(Poi al pubblico senza mandar via lo spettatore)
Mi recai da Freud un paio di mesi dopo ,sotto mentite spoglie a Vienna per farmi curare dal padre della psicanalisi.Mi vestii da Arlecchino...ma diedi molto nell’occhio e rischiai di essere scoperto per l’eccentricità del travestimento.
Freud mi accolse freddamente e mi fece stendere con uno sgambetto ,sul lettino.
Mi ipnotizzò col pendolo,dicendo :a me gli occhi please!
Rimasi stupefatto per il metodo piuttosto squallido di approccio psicanalitico ma crollai come una somara in catalessi.
Una volta riavutomi chiesi a Freud cosa avessi detto sotto ipnosi e lui mi rispose :”1500 scellini!”
Voleva essere pagato subito e poi avrebbe parlato!...Il venale!
Sborsai l’enorme somma e finalmente mi disse cosa aveva scatenato il mio livore contro gli austriaci.
In stato di catalessi avevo confessato che nella mia prima infanzia ,mio padre per turare una falla nella colonna fecale del cesso fece fondere dall’idraulico tutta la mia regia armata italica di stagno e saldò il buco da cui fuoriusciva letame a litrate.
Io bimbo non mi resi conto di nulla e addebitai la perdita della mia armata ad un attacco notturno dei soldatini austriaci che tenevo in un cassetto vicino alla scarpiera.Da allora odiai per tutto il resto dell’esistenza i crucchi oltrefrontiera.
Freud mi accompagnò sulla soglia non prima di aver preteso una copia della mia opera “il Piacere.”
Un mese dopo l’illustre medico mi scrisse la seguente lettera...(Allo spettatore) prego uomo inutile...
Spettatore:
“Esimio Vate,ho letto tutto d’un fiato la sua opera IL PIACERE e ho provato un certo turbamento...per non dire eccitamento o infoiamento taurino ...ebbene devo confessarle che alla fine della lettura ...mi sono sparato un tremone...
Il Vate:
...sì....si è masturbato....! Vada avanti...non indugi...
Spettatore:
....mi sono sparato un tremone ...guardando la foto di Madam Curie in guepiere che fa degli esperimenti con i sali d’uranio.
Distinti saluti
Suo Sigmund
Il vate:
In effetti la mia opera solo a leggerla provoca un imbarzottimento bestiale dei genitali...provi a leggere qualche brano del PIACERE e vedrà che piacere...prego...
(Gli porge il libro il Piacere...lo spettatore legge...)
Spettatore:
E nei baci, che dolcezza profonda! Ci sono bocche di donne le quali paiono accendere d'amore il respiro che le apre. Labbra carnose come bistecche di vitellone .Le invermigli un sangue ricco più d'una porpora o le geli un pallor d'agonia, le illumini la bontà d'un consenso o le oscuri un'ombra di disdegno, le dischiuda il piacere o le torca la sofferenza, portano sempre in loro un enigma che turba gli uomini intellettuali e li attizza fino a farli schizzare.
Io ti ricoprivo il petto, le braccia, la faccia, con i fiori, opprimendoti. Tu risorgevi continuamente, porgendo la bocca, la gola, le palpebre socchiuse. E poi smanettavi come una manovala di Moncalieri.Fra la tua pelle e le mie labbra sentivo le foglie fredde e molli. Se io ti baciavo il collo, tu rabbrividivi in tutto il corpo, e tendevi le mani per tenermi lontano. Poi cedevi e mi sballottavi la cefala fino a farla diventare pesante come un soprammobile in marmo di Carrara.Oh, allora... Avevi la testa affondata nelle palle...le mie s’intende..., il petto nascosto dalle rose, le braccia nude sino al gomito; e nulla era più amoroso e più dolce che il piccolo tremito delle tue mani pallide sul mio tronco a forma di sequoia... Ti ricordi?
Il Vate:
(Allo spettatore) Ecco già vi vedo a disagio a stare in piedi...vedo un discreto promontorio sui vostri pantaloni di fustagno ...Potete dileguarvi nella massa fauno meschinello...(lo spettatore torna in platea)
Ma torniamo alle mie glorie.
Accantonai le missive di Freud e una volta in Patria tornai a godermi gli allori della mia impresa che comunque ebbe un notevolissimo successo!Mi valse infatti la medaglia d'oro,che venne commutata nella promozione a ufficiale dell'Ordine militare di Savoia.Sul petto brillava una medaglia con su scritto “Savoiardo ad honerem”...questo ambito riconoscimento fu motivo di scherno per i miei detrattori...visto che con i Savoiardi si fà un noto dolce ed io ero noto alle pubbliche cronache come un libertino...così per scherno mi chiamavano tutti “Tiramisù”.
Il più impertinente fu il cavalier Niscemi mio dirimpettaio che mi urlava dal balcone di fronte:”Savoiardo de sta’ minchia!”...lo colpii con una doppietta mentre stendeva i panni...purtroppo lo lisciai...lui per orgoglio si ritirò nell’appartamento dicendo:”Non mi hai fatto niente...non mi hai fatto niente!”ma vidi distintamente il suo orecchio destro sul tendone del fruttivendolo sottostante...da quel giorno non lo vidi più. il successivo 24 ottobre: iniziò la grande offensiva lanciata dal generale Diaz che si
concluderà con la la battaglia di Vittorio Veneto Durante le operazioni,condussi la mia squadriglia tre volte sul nemico.Il generale si complimentò ma non comprese questi tre voli sul nemico a vuoto ,gli spiegai che volevo far vedere agli austriaci come facevo le piroette in aria.
Si sfilò un guanto e mi colpì sul prepuzio sfidandomi a duello.
Gli concessi una delle mie troione e lui dimenticò come per incanto il piccolo screzio.
Le ultime imprese
mi valsero la promozione a tenente colonnello e la medaglia d'oro, consegnatami
personalmente dal Duca d'Aosta che alla fine della cerimonia mi disse all’orecchio:”se vuole altre medaglie gliene posso vendere un paio della collezione di mio padre a prezzo stracciatissimo...”
Questa volta lo colpii io con un guanto, il duca si indispettì e mi rese la pariglia sfilandosi le calze a rete e colpendomi sul viso...si rese conto della gaffe fatta in pubblico e fu radiato dal regio esercito e declassato da duca a valletto...praticamente quello che apre le tende e dice : “Sua maestà il Re!”
A novembre finirono le ostilità; nel corso della guerra venni decorato con sei medaglie d'argento, due d'oro, una di bronzo, la Croce di Ufficiale dell'Ordine Militare di Savoia ,tre promozioni per meriti
di guerra e una stella da sceriffo!
Ero talmente pesante che non riuscivo a spostarmi per uscire da casa.
Un giorno esasperato mi sbarazzai di tutta quella chincaglieria e misi una canottiera...quella a mezze maniche...come la chiamate adesso...?
(Uno del pubblico dirà:una T shirt)
Ecco bravo ...una T shirt...un paio di calzoni corti e uscii per la maratona Gorizia Pordenone sfanculando tutti.
Non ero sicuramente domo...e per domo intendo rassegnato e sollevai l'opinione pubblica contro le decisioni prese da Wilson e dagli Alleati alla Conferenza di Parigi, ribadendo l'italianità
di Fiume e della Dalmazia .
Alcuni amici mi consigliarono di battermi per avere Cannes italiana che a loro avviso era molto meno merdosa di Fiume...e non avevano tutti i torti... ma ormai ero famosissimo per Fiume e sarebbe stato uno sputtanamento orrendo spostarsi sull’altro versante solo per fini climatici...
Bè sono in dirittura d’arrivo e confesso che mi state irritando con la vostra curiosità morbosa...leggo nei vostri sguardi una domanda che percorre tutta la sala...i miei rapporti con lui...(Si riferisce a Benito) come potete osservare da queste immagini i rapporti non furono dei migliori...(Si vede proiettata su un velatino una colluttazione fra D’Annunzio e Mussolini...)
Questo fu l’impietoso epilogo dei nostri contrastati rapporti...ma fu ingrato nei miei confronti perchè io nel bene e nel male fui l’ispiratore di immagini propagandistiche del fascismo fatte di gagliardetti,pugnali,teschi,saluti romani e frasi impetuosamente retoriche!
Io ho coniato:”Ricordati di osare sempre” il mitico “Memento audere semper”...
è mio anche
“A noi”
”colpire forsennatamante e fuggire immantinente”
“Picchia il tuo rivale fino a farlo boccheggiare”
“Veloci ed invisibili siamo i sommergibili”
“Ogni lasciata è persa”
“Chi va con lo zoppo impara a zoppicare”
“Piove governo ladro”
“Meglio un giorno da eroi che cento da pecora”
“Meglio un uovo oggi che una gallina domani”
“Spranga senza pietà chi cammina ricurvo”
e via di questo passo...
fui un oratore immenso fin dal 1915!
IN MAGGIO, sulle piazze d'Italia solo gli studenti volevano la guerra. Mi ascoltarono affascinati quando rientrato dall'estero dopo 5 anni di fughe per evasione
fiscale, ebbi il mio momento di gloria. Incitai con la retorica e lo spirito
nietzschiano a "vivere pericolosamente" le "radiose giornate di Maggio",
accusai GIOLITTI di essere un "traditore della Patria". Nietzsche fu molto più cauto si limitò a dire "vivere ipoteticamente"...affermazione pavida!Invece il mio “Vivere pericolosamente” eccitò la fantasia delle folle!
Era molto più diretto ...meno ambiguo!
Uno studente mi si avvicinò chiedendomi cosa volessi dire esattamente !Schiaffeggiai il ragazzo di fronte a seimila persone per essersi avvicinato troppo alla mia persona e per non aver capito una ciufola della mia infuocata arringa!
Per me era un concetto ardito:praticamente significava vivere secondo regole rischiosissime.Era il periodo che inventai il motto “Il pericolo è il mio mestiere”.
Vivere pericolosamente significava ad esempio schivare un tram all’improvviso o sbeffeggiare un gendarme lanciandogli della ricottella sulla nuca per poi sparire all’orizzonte.Oppure allontanarsi aggrappato ad una ciambella al largo di Fiumicino per tentare di riguadagnare la riva col mare avverso o sparare alle gambe di una vecchia per poi sottrarsi al tentativo di linciaggio della folla inferocita!
Insomma un motto che incitò molti giovani a sposare la causa dell’interventismo senza remore.
Mi si riga ancora il volto di lagrime quando ricordo quel
discorso a Quarto in favore della guerra,
a me erano legati quei fasci di azione rivoluzionaria
il cui compito essenziale era di condurre la campagna interventista e che
contenevano quel complesso di nazionalismo, di reazione e di
antisocialismo che ritroveremo poi nei fasci del 1919.
Non a caso fu proprio l’anno in cui di passaggio a Roma un signore infingardo mi apostrofò dicendomi “Ah fascio!”
Diversi anni più tardi ,nel 1922,ed esattamente Il 3 di AGOSTO a Milano viene assediato Palazzo Marino, sede del Comune a maggioranza
socialista, da parte di squadre fascistissime confluite da tutta la Lombardia a grappoli di quattrocento a gruppo,urlando eia eia,anch’esso inventato da me,per spaventare la turpe contadinaglia.
La magistratura non intervenne ,molti giudici si nascosero con il loro martelletto sotto le panche dei tribunali dicendo all’unisono:Esce la corte!
il Corriere della Sera quasi giustifica
l'occupazione. Mi ricordo ancora il titolo:”Convergono energumeni sulla città meneghina...ben vengano!”, di passaggio in città, intervenni arringando
la folla.Montai un panchetto con delle sediuole che mi furono proprizie alla bisogna.
All'ingresso di Palazzo Marino troneggiavano tre grandi lettere PNF sormontate
da un fascio ,una scure e un pene eretto! sui tetti e sul balcone sventolava una grande
bandiera tricolore, con un petto villoso al centro,il mio!! Oltre ai capi squadristi di Milano, Mantova, Pavia,Monza est,
sul balcone c ‘ero io!!. Arringavo la folla con un megafono che avevo sottratto a Blasetti mentre
girava :”Picchiatori sul Po”
Di solito il mio linguaggio era ampolloso, ma questa volta la dichiarazione fu tronfia più del solito ,stentorea e perfino sorprendente:
“Oggi sento di essere io l’Italia. E anche un pezzo di Canton Ticino.Oggi sento legittimamente di esprimere
la speranza, la fede, la carità,la volontà di tutto il popolo nostro. Di allargare le frontiere sino al casello di Lucerna.
Oggi che ho le promesse di tutte le forze vive della Patria, non a caso mi hanno appoggiato diverse associazioni di culturisti unti d’olio,posso incamminarmi sulla
via sicura delle sue fortune saturate di Grandezza ,di Gloria e di Marisa...che di suo ha dato tanto alla patria e soprattutto a me quando di notte mi sentivo terribilmente solo!
LItalia sarà salvata da me, ho un moschetto nelle mutande e un fioretto nella giubba e già diversi velivoli nemici girano al largo,perlomeno dalla mia tenuta.
Attorno a me confluiscono le forze che
oggi, separate e sbandate, scherzano con la morte e con la rovina. “
Ma ...ahimè ero io stesso, che stavo scherzando con la mia rovina!Un momento di bollette arretrate da far paura!
Fu quello l’anno che coniai il motto :Scherza con i fanti e lascia stare i fanti.Inventai anche lo schiaffo del soldato e il gavettone di piscio,ma mi resi conto che stavo scivolando nella depressione.
Nitti conscio di ciò e approfittando di questo mio momento di sbandamento(anche lui non aveva capito né il sottoscritto né Mussolini) dimenticando
tutte le maledizioni che gli avevo lanciato tramite il Mago di Arcella, mi propose un intesa con
Benito. Il mio progetto era di fare una Marcia su Roma, con dei tamburelli per dare più nell’occhio ,di
giungere allo scioglimento della Camera, entrando a Montecitorio con una bomba carta lanciata in mezzo alle cosce dei parlamentari durante la merenda e di far seguire una dittatura di tre
ore, ristabilire con questa l’ordine, e indire libere elezioni. Con un solo candidato:Il sottoscritto!
Era da
quando avevo abbandonato Fiume che avevo queste idee.
Un incontro fu fissato per la metà agosto in Toscana, nella
villa del barone Romano Avezzana. Dopo le consultazioni su dove indirizzare l’Italia, io e il conte Avezzana,ci saremmo sbizzarriti nel Foyer del Troiaio,una camera il cui pavimento era cosparso di donnine nude sorridenti.Già pregustavo la bisboccia ,purtroppo pochi giorni prima, il 14 agosto
ebbi un singolare incidente nella mia villa al Vittoriale: accusavo diverse fratture e versavo in gravi condizioni per la caduta da una finestra. La
verità non si seppe mai; ma alcune confessioni a mezza bocca dei presenti,fatte a mezza bocca perchè quasi tutti colpiti da ictus ,oltre a sussurri di servitori e segretari, raccontarono dell’irruzione di una squadraccia, che
dopo avermi afferrato per la collottola mi buttarono giù dalla finestra forse per
evitare qualche ambizione di troppo che a loro avviso stavo tramando con chissà
chi, sacavalcando Mussolini per diventare Re e farmi incoronare a Castrocaro.
O forse era veramente un incidente. Il trauma fu tale che io stesso non seppi ricostruire ciò che mi accadde veramente,forse stavo innaffiando i gerani col rosolio o cercando di volare con un nuovo modello di ombrellone aviofilo.
1922!!!In quell’anno apparivo come l'unica figura in grado di contrapporsi a Mussolini nella sua
scalata al potere, sarei apparso patetico se avessi voluto agire da solo,e purtroppo per nulla pericoloso per il Mussolini di quell’agosto 1922, quando ormai
con un forte consenso- aveva già deciso cosa fare nei successivi giorni. Ovverossia di non prendere il potere con la forza, ed infatti non ebbe bisogno di usarla.
Gli bastò minacciare di farlo ...Strabuzzava gli occhi per spaventare il Re e gli appariva ai piedi del letto per indurlo a diventare capo del governo!Benito mi temeva...Il futuro duce temeva molto la mia capocella priva di peli...temeva volessi emularlo,avevo una capoccetta più affusolata,meno cafona e tozza e già mietevo consensi...
. Formalmente, Mussolini divenne presidente
del consiglio in maniera del tutto costituzionale, dopo la nomina del Re persuaso da un paio di ferocissimi strabuzzamenti delle palle oculari di Benito.
Sopravvenne l’autunno ,l’11 OTTOBRE incontrai segretamente Mussolini, nel tentativo
di riallacciare i rapporti fattisi piuttosto ostili dopo che mi avevano scaraventato dal balcone a calci nel culo.
Cosa ci dicemmo rimase un mistero.Non trapelò nulla da quelle quattro pareti...oggi posso dirvi che gli chiesi il perchè di quell’aggressione.
Benito si scusò goffamente dicendo che non aveva nulla da spartire in quell’episodio increscioso.
Ma non mi convinse ,poichè nel salutarmi cordialmente sulla soglia della porta mi fece smanganellare sui polpacci da alcuni suoi scherani nascosti dietro gli ampi tendaggi.
Dolorante chiesi il perchè di quell’ulteriore assalto,Mussolini mi disse testualmente:”I miei squadristi temono per la mia incolumità e attaccano chiunque si avvicina troppo alla mia persona.”
Fu abbastanza persuasivo se immediatamente dopo non mi avesse sferrato un violentissimo calcio nei coglioni prima di salire sulla mia vettura.
Insomma i nostri rapporti da allora non furono dei migliori.
il successivo 2 DICEMBRE - dopo aver incontrato il duce ,Gino Baldesi del sindacato ,incontrò anche me per parlare di una normalizzazione delle agitazioni operaie . La soluzione per il Duce era quella di colpire le masse in agitazione sparando ad altezza d’uomo...io propendevo per una linea più morbida ovvero quella di sfiorarli con i colpi e farli saltare sparando per terra.
Successivamente si formò a Milano il Comitato per la costituente sindacale, di cui fanno parte Rinaldo
Rigola detto Rinaldo in campo, Alceste de Ambris dell'Unione italiana del lavoro e
esponenti dei gruppi sindacali dannunziani. Mussolini prese le distanze
da questo progetto, visto il mio diretto coinvolgimento,
ancora una volta individuato come unico possibile offuscatore della sua
immagine di leader,fu quello il periodo che Benito incominciò a guardarmi in cagnesco e assunse quella tipica espressione infuriata con il labbro in fuori che manteneva anche di notte per spaventare moschini e tafani che l’assediavano senza dargli tregua.
Io ero l’unico vessillo di difesa del suolo italico...non certo quel romagnolo tarchiato e guitto!
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CANTA DI COLPO
Là dove Druso un dì passò, io ci ritornerò.
La vetta dell'Italia col mio pene difenderò.
E guai a chi dal Brennero la ceppa sposterà:
Bolzano e l'Alto Adige Italia resteran.
Lassù, lassù, lassù noi resterem,
a trombar massaie e montanare.
Lassù, lassù, lassù noi resterem:
sì, sì, noi resterem!
Bianco è il color del nostro cefalo quaggiù
E rosso è il viso quando il vate sta per schizzar,
e verde è la bile di chi non quaglia de sei mesi o più
per dimostrar che il tricolor non si cancella più!
All'armi, all'armi ondeggiano
alte le insegne nere.
Fuoco! perdio, sui barbari,
sulle vendute [americane, britanne, rosse] schiere.
Già ferve la battaglia
al Dio dei forti, osanna!
la baionetta in canna
è giunta l'ora di pugnar!
Non deporrem la spada
non deporrem la spada,
finchè sia schiavo un angolo
dell'itala contrada.
Non deporrem la spada
non deporrem la spada,
finchè dall'Alpi al mare
non sventoli il tricolor.
IMPAZZISCE E CANTA UNA CANZONACCIA NAPOLETANA
Tricolor tricolor tricolor
come la pizza
arde il cor quando m’attizza
napoletanella bella
vottammoce a Marechiare
faccimocce sballottare
dall’onde tricolor!
Tricolor tricolor tricolor
cò culo appizzato
‘ncopp ‘o scoglio appiso
te voglio ‘nchiappettar
sapisse quanto tiempo
c’aspetto stu mumento
napoletanella bella
vulesse mmò azzuppar
Tricolor tricolor tricolor
mmieze ‘e cosce
t’ho mettesse
senza fatte rifiatar
(Si rende conto della vaiassata della canzone e appare mortificato)
Perdonate questo mio exploit partenopeo...un momento di nostalgia per i gioiosi momenti di erotismo consumato nelle mie innumerevoli alcove.
Mi ritiro...sento svaporare la mia momentanea parvenza umana...siete stati gradevoli e di molta compagnia...
SENTE CHE PARTE DEL SUO CORPO SVANISCE.
LA LUCE SU GABRIELE DIVENTA SEMPRE PIU’ FIEVOLE...
Gabriele:
(Al pubblico) Dite ai vostri nipoti di evocarmi di nuovo fra cinquanta ... sessanta anni... da queste parti...una noia mortale...
au revoir mes bon amies...
BUIO
MUSICA