IL BINOCOLO DI OZANAM

di

alberto milazzo

 

 

Inerte è l'aria di una stanza vuota,

atta appena a gonfiare la tenda:

si muovono i fiori nel vaso,

una fibra della poltrona di vimini

scricchiola senza che nessuno

ci si sieda.

(La camera di Jacob, V. Woolf)

Flavio - l'inquilino di via Ozanam

Fillida - Sua madre

Marco - Il compagno di Flavio

Tina - L'amante di Marco

Ennio - Il padre di Flavio

Clara - L'amante di Ennio

 

 

Atto Primo

 

 

La storia si svolge in tre luoghi diversi di Milano.

Il primo è l'appartamento di via Ozanam, a Milano. Vediamo solo la stanza che funge da cucina e soggiorno, arredata in modo spartano e dominata da tinte color ghiaccio e bianco. E' stato, come si apprenderà, l'appartamento in cui Ennio si è rifugiato per vivere il suo nuovo sentimento per Clara. Alla morte di Ennio, Flavio, suo figlio, ha deciso di trasferirsi nell'appartamento del padre convinto che quel luogo gli avrebbe insegnato a conoscere e ad amare un uomo che non ha mai visto se non in fotografia e di cui ha sentito solo parlare, e male, da sua madre Fillida.

Qui Flavio vive col suo attuale compagno Marco.

Il secondo luogo è una panchina di una fermata del tram, frequentata da Marco che ogni giorno lì aspetta quello delle sette e trenta che lo porta al lavoro.

Il terzo luogo è il bar latteria dei giardini pubblici che sta al centro del parco e tiene alcuni tavolini per esterno. Vediamo solo uno di questi tavolini in cui si davano appuntamento Clara e Ennio.

 

Le vicende di Flavio e Fillida e di Marco e Tina avvengono nello stesso tempo, ma in luoghi diversi. La vicenda di Clara e Ennio è precedente e la si leggerà come una reveria, un ricordo, giacché al momento dei fatti che raccontiamo Ennio e già morto.

 

E' inverno. Fa molto freddo. Il cielo di Milano è una tavolozza di tinte metalliche e la luce giunge di taglio e ferisce i personaggi come una lama. C'è un'atmosfera sospesa, come sempre accade prima di una nevicata.

 

Scena 1

 

 

L'appartamento di via Ozanam. Interno. Un tavolo da cucina con due sedie. Più in là un fornelletto a gas poggiato su un vecchio mobile. Alcuni arredi. Una mensola con dei fiori in un bicchiere e alcuni portaritratti. In un angolo sta uno specchio da terra. Una finestra schermata da tende bianche sotto la quale sta una poltrona con un grosso cuscino aggiunto alla seduta. Lo si nota perché la stoffa è diversa dalla tappezzeria della poltrona.

In piedi Fillida si stringe nella sua pelliccia. E' annoiata perché Flavio tarda ad uscire dal bagno.

 

 

 

 

Fillida - (Parlando a Flavio che è nell'altra camera)

No, dico, vuoi morire. Si gela qui dentro. Perché non fai riparare quella maledetta caldaia? Non è ragionevole che io sia costretta a portare questa vecchia pelliccia anche in casa. E’ un colpo mortale per la mia schiena. Prima tutte quelle scale e neanche un ascensore; adesso la caldaia rotta. Dì un po', Flavio’ non è che lo stai facendo a posta per liberarti della tua mamma in anticipo?

(Fra sé, come dicendosi che non è impossibile) MMnn.

 

(Si sente un rumore come di tubi che gorgogliano. Fillida ascolta, fa una faccia di sfida, poi riprende a parlare)

 

Cucciolo? Mi senti? Flavio? Sei in bagno? Fa pure con comodo, io non ho impegni...

(fra sé) non ho impegni dal 73.

 

(A Flavio) Metto un po' in ordine.

 

(Dall’altra stanza giunge un rumore di acqua che scorre nella doccia)

 

Guarda che disastro... come fai a sopravvivere senza una donna...

(fra sé) non dico tanto ma almeno una donna delle pulizie. No, lui deve fare tutto da sé. In questo ha preso da me.

 

(Fillida rassettando passa davanti ad uno specchio e vede la sua immagine riflessa. E’ una donna anziana, magra, il viso scarno incorniciato da sottili ciocche di capelli bianchi sfuggiti alla crocchia che li raccoglie sulla nuca. Si intuisce che un tempo deve essere stata una bellissima donna, anche per l’eleganza dei gesti, le mani affusolate, la postura eretta)

 

Fillida – (Allo specchio) Fillida? Sei tu? Buon Dio!

Tu guarda questa pelliccia. Quando l'ho comprata era una volpe, adesso non è che un coniglio tinto. Bisognerebbe seppellirlo. E bisognerebbe seppellire anche me.

(A Flavio) Cucciolo? Flavio? Ti senti bene?

 

 

 

Scena 2

 

Il bar latteria dei giardini pubblici. Paesaggio invernale. Un tavolino di ferro da giardino. Su due sedie di ferro stanno Ennio e Clara. Ennio, un uomo di settanta anni circa, legge il giornale. Clara, cinquant’anni circa, è ancora una bella donna. Siede composta e ben vestita. Qualcosa nel suo aspetto tradisce una certa civetteria adolescenziale che mal s’accorda alla sua vera età.

 

Clara – (A Ennio, che legge il giornale quasi senza accorgersi di Clara)

Ti senti bene? Sei sicuro?

 

(Breve attesa. Poi risponde da sé)

Be’, be’. Dovremmo smetterla di venire in questo posto. Almeno per questi mesi, che sono così freddi. Ma tu sei così attaccato alle tradizioni.

 

(Imitando Ennio)

 

Dove altro vuoi andare, Clara? - dici sempre - lo sai che un posto vale l'altro e allora meglio il buon vecchio bar latteria dei giardinetti, dove ci siamo conosciuti. Almeno lì c'è la storia, la nostra storia.

E io mi lascio convincere. E vengo qua.

Ma almeno in inverno. Dio santo, Ennio, qui si gela.

 

(Ennio scosta il giornale. La guarda. Sembra sul punto di dire qualcosa. Poi ci ripensa e riprende a leggere, nascondendo il viso dietro il giornale)

 

Io vorrei una cioccolata calda. Che dici, Ennio? Prendiamo una cioccolata calda? Oh, come cambia l'umore una bella cioccolata calda. Credo sia più per il dolce che per il caldo; sì, insomma, più perché è cioccolata che perché è calda.

Tu la vuoi?

 

(Ennio non risponde)

 

No?

 

(Silenzio)

 

Ennio, ma sei sicuro di stare bene?

 

 

 

Scena 3

… in via Ozanam.

 

Fillida – (A Flavio nell’altra stanza)

Fa bene qualche volta sentirsi chiedere come stai.

 

(Si sente una musica di tasti da pianoforte)

 

Uh, lo senti? viene da fuori.

 

(Fillida si alza e va alla finestra, inseguendo con gli occhi la melodia, cercando di intuirne la fonte)

 

La-la la-la, questa canzone. Ti ricordi? la suonavano sempre quando eri piccolo. E tu la cantavi così bene. E (buon Dio quanto tempo sarà passato?), ti ricordi di quella volta che ti portai al concorso per voci bianche?

 

(Fillida si volta e tira su la voce per farsi sentire meglio da suo figlio nell’altra stanza. Fa qualche passo, si guarda intorno, persa nei ricordi)

 

Come eri carino nel tuo vestitino blu. Eri così ubidiente.

 

(Fillida prende in mano il ritratto dalla mensola, così, distrattamente. Lo guarda continuando a parlare senza realizzare ancora il soggetto del ritratto)

 

Tutti gli altri bambini non facevano che alzarsi dai loro posti e chi piangeva, chi strillava. Tu niente. Impassibile. Hai aspettato il tuo turno e poi hai cantato. Era la prima volta che ti vedevo sotto le luci di un riflettore. Ma cantavi talmente bene che sarebbe stato un'offesa a Dio non provarci. Ricordi? E fu in quel momento che capii che eri un bambino speciale. Qualsiasi cosa avessi voluto l'avresti ottenuta.

(fra sé) Già qualsiasi cosa

 

(Nascondendo il ritratto di suo figlio col compagno sotto il cuscino della poltrona con un gesto di disappunto)

 

Fillida - (A Flavio) E la foto sul giornale, il giorno dopo?

 

 

 

Scena 4

 

La panchina alla fermata del tram. Marco, un giovane trentenne di bell’aspetto, è seduto. Tina, una ragazza fieramente mascolina, gli ronza intorno.

 

Tina - (A Marco che legge il giornale. Cogliendo uno sguardo di lui come pretesto per attaccare bottone)

Non mi guardi così. Cosa crede che stia a leggere dal suo giornale?

Marco – (Gentile) Se anche volesse...

Tina - Ma non voglio affatto. Lei insinua... (Alludendo alle notizie sul giornale) Niente di nuovo?

Marco - Direi di no.

Tina - Direi di no. Già. Di tram nemmeno l'ombra e niente di nuovo sul giornale. Fantastico.

Marco - Senta se vuole dare un'occhiata...

Tina - A chi?

Marco - Al giornale. Che pagina le interessa?

Tina - Nessuna. Se lei non riesce a trovarci nulla di interessante perché dovrei riuscirci io. Lei non mi conosce è già mi crede stupida.

Marco - Niente affatto.

Tina - Immagino che sia per il sesso.

Marco - Il sesso?

Tina - Ecco, l'ha detto. Il sesso. E' sempre una questione di sesso. Lei crede che io sia stupida perché sono una donna. Se ne è accorto, vero, che sono una donna?

Marco - Non la credo affatto più stupida di me perché è una donna.

Tina - Ah, no? Allora, dica, perché cos'altro mi crede più stupida di lei?

Marco - Non la credo stupida e basta.

Tina - Bene. (Breve silenzio) Adesso, mi dica, perché mi guarda con tanta insistenza?

Marco - Buondio. Io non la guardo... va' bene, sì. Lo ammetto. La stavo guardando.

Tina - E chiuda quel giornale. E' stato già abbastanza scortese da parte sua fingere di leggerlo quando invece mi sbirciava. Non può continuare a tenerlo aperto. O mi darà l'impressione che non voglia veramente parlare con me.

 

(Marco chiude il giornale)

 

Tina - Bene. (Breve pausa) Io credo di sapere perché mi guardava.

Marco - E non vuole dirmelo?

Tina - Per lo stesso motivo per cui mi guardano tutti.

Marco - Tutti la guardano? Deve essere imbarazzante.

Tina - Si fa l'abitudine a tutto. E a volte è di qualche utilità.

Marco - Perché tutti la guardano?

Tina - Lei continua ad essere scortese. Crede forse che scherzi? Crede che sia impossibile che tutti mi guardino?

Marco - Mi scusi, ...

Tina - Tina. Il mio nome è Tina.

Marco - Il mio è Marco.

Tina - Piacere.

 

(I due si stringono la mano e rimangono a studiarsi un istante)

 

Marco - Mi creda il piacere è mio. Ma, vede, con questo freddo... è un incontro così insolito. Io non volevo affatto darle l'impressione di non crederle.

Tina - Tutti mi guardano perché si chiedono se sono una donna.

Marco - Oh. E cos'altro potrebbe essere?

Tina - Un uomo. Come lei.

Marco - (Ride) Adesso è lei ad essere scortese. Non mi giudica abbastanza virile?

Tina - E lei? Mi giudica abbastanza donna?

Marco - Non saprei cosa rispondere.

Tina - Questa è una risposta da uomo. Lei ancora non mi crede. Gliel'ho detto. Non mi stupisce. Ci ho fatto il callo. E' per via delle mie braccia. Ho braccia forti io. Guardi, guardi qui.

 

(Fa mostra dei suoi muscoli)

 

Tina - Le donne hanno braccia sottili. A lei piacciono sottili?

Marco - Direi di no.

Tina - Bene. Immagino che sia, anche, per via di qualcos'altro. Dell'aspetto. Tutta la mia figura ha qualcosa di elegante e maschile insieme.

Marco - Non ho mai creduto che l'eleganza fosse distinta dalla mascolinità.

Tina - Mi diverte pensare a me come ad un uomo molto elegante. E credo che diverta anche molta gente.

Marco - Lei vuol dire un uomo...

Tina - Un uomo con l'eleganza di una donna.

Marco - Sì, credo che questo possa piacere a qualcuno.

Tina - A tanti. Ai più. Persino a lei.

Marco - A me?

Tina - Smetterebbe di parlarmi se scoprisse che sono un uomo con l'elganza di una donna?

Marco - Perché dovrei?

Tina - Io credo piuttosto che non vorrebbe più smettere... di parlarmi.

Marco - Un uomo con l'eleganza di una donna somiglia a...

Tina - A lei. Abbiamo molto in comune noi due. E però io non ho dubbi sul fatto che lei sia un uomo.

Marco - E lo sono.

Tina - Un uomo molto elegante.

Marco - Non così elegante.

Tina - Non aveva detto che non trova incompatibili l'eleganza e la mascolinità. Perché adesso usa quel tono? Ha paura che la sua eleganza minacci la sua mascolinità? Io non ho paura che la mia mascolinità minacci la mia eleganza.

Marco - E infatti lei è ...

Tina - Un uomo molto elegante. E' questo che stava per dire. Ma io sono solo una donna mascolina. Anche se a questo punto credo che lei mi preferisca più come uomo che come donna.

Marco - Come se potessi scegliere.

Tina - Lei guarda il fondo della via. Con questo freddo si saranno gelate le rotaie. Crede che ci toccherà aspettare finché non le scongelano?

 

 

 

Scena 5

… in via Ozanam.

 

Fillida – ( A Flavio nell’altra stanza)

Ce l'ho ancora da qualche parte quell'articolo. Perché io conservo tutto, Flavio. Io mi ricordo. Ricordo tutto. Non come chi va come una locomotiva e dimentica il passato.

(Fra sé) Il fatto è che comincio a scordare anch'io. I ricordi mi sembrano sogni e i sogni mi tengono compagnia come ricordi veri. E a volte mi sembra di avere solo sognato le persone di cui mi ricordo. Ma questo per la maggior parte di loro è un bene: erano tutti dei gran bastardi!

(Di nuovo a Flavio). Ma non per scelta. Quella è l'età. Cucciolo? Flavio? Stai bene?

Flavio – (Finalmente, dall’altra stanza)

Non riesco a sentirti. Sono sotto la doccia.

Fillida – (Fra sé) Ho cominciato scordandomi di andare in chiesa la Domenica... e finirò con lo scordarmi anche di Dio. Be’, che comici lui a ricordarsi di me.

(A Flavio) Vuoi che ti prepari la colazione? Flavio, oggi festa. Te la prepara la tua mamma la colazione. Una bella cioccolata calda. Ci vuole proprio con questo freddo. Che ne dici?

 

(Si avvicina all’acquaio. Apre il rubinetto ma nota subito che non esce acqua calda)

 

Fillida - Maledetta caldaia, hai deciso di smettere di funzionare, eh?

 

 

(La caldaia gorgoglia e Fillida lo interpreta come una risposta)

 

Fillida – (Alla caldaia) Oh, non dirmi che è l’età! Non si smette di funzionare per l’età. Si smette per scelta. Fosse per l’età io avrei smesso da un pezzo. E invece, no. Eccomi qua, in servizio.

 

(La caldaia gorgoglia ancora. Ma questa volta con un suono rapido, quasi uno sberleffo per Fillida)

 

Fillida – (Alla caldaia) Sì, in servizio. Stupida impertinente vecchia caldaia. Cioccolata calda con o senza di te.

 

 

 

 

Scena 6

…al bar.

 

 

Clara - (Davanti la sua cioccolata calda)

Io non capisco come fai a resistere. Ne vuoi un po'? No? Guarda che ti fa bene qualcosa di caldo. Per quanto… questo vento freddo fra i capelli mi fa sentre leggera. Ti piacciono ancora i miei capelli? Avresti potuto farmi più complimenti se avessi voluto. Da giovane me ne facevano tutti. Ai miei capelli andavano l’ammirazione degli uomini e l’invidia delle donne. Se mi avessi conosciuto allora…

 

(Ennio borbotta qualcosa)

 

Ennio. Non fai che bofonchiare, ultimamente. Io stento a capirti. Perché non fai uno sforzo in più di quando in quando. Così posso capire anch'io quello che dici.

 

(Ennio fa un verso da dietro il giornale. Clara fa una faccia annoiata)

 

Ennio - Il borbottio è quanto di più vicino ad una conversazione un uomo della mia età possa sperare di avere con una donna della tua. Ed è un bene. Bisognerebbe coltivare il borbottio in luogo della conversazione. Sono sicuro che si otterrebbero risultati più soddisfacenti.

Clara - Sono d'accordo con te. Io, infatti, ti preferisco quando borbotti. Ma purtroppo me ne accorgo solo quando parli.

 

(Tirando un lungo sospiro)

 

Che splendida giornata. E' la cioccolata che me la fa sembrare splendida. E l'aria è così fredda che potrebbe nevicare. Tu che dici, nevicherà? Oh, che bello sarebbe. Una bella nevicata come non ne vedo da anni. E la città che si copre lentamente di bianco e si placa. Però non potremmo più rimanere qui, all'aperto. Non abbiamo più l'età. E' già tanto se riesco a non farmi congelare il culo da questa panca di ferro. (Ride)

 

 

 

Scena 7

… in via Ozanam

 

Fillida - (seduta davanti la sua cioccolata)

Si gela.

 

(Entra Flavio con un accappatoio e i capelli bagnati. E’ un giovane di ventotto anni circa, magro, zigomi pronunciati, elegante. A suo modo somiglia a Fillida)

 

Fillida – (Guardandolo sconvolta)

Buon Dio, ma cosa hai fatto?

Flavio – (Tutto d’un fiato, non lasciandole il tempo di replicare)

Quello spettacolo è stato un incubo. Io ero immobile perché ero paralizzato dalla paura. Tu mi ci portasti a forza e io tremavo al pensiero di dovere salire sul palco. Il vestito era più piccolo di due misure, te l'aveva dato non so che amica, e la camicia mi stringeva il collo. Te lo dissi, lasciamo il colletto aperto. Ma tu no, ci volevi una farfallina. E così cantai impiccato e appena finii di cantare mi misi a vomitare. I camerini erano inavvicinabili, c'era vomito ovunque. Non capisco perché hai dovuto conservare i ritagli di quel maledetto giorno.

Fillida - Casa hai fatto? Buon Dio, cosa hai fatto hai capelli?

Flavio - Li ho tinti. Scuriti.

Fillida - Ma perché, perché? Avevi dei capelli così belli. Da bambino mi fermavano tutti. Che bel bambino biondo, dicevano. Poi ti sei scurito. Eri di un castano chiaro. Be’, vuoi saperlo? era già difficile vederti castano, ma così neri... buon Dio.

Flavio - A me piacciono. Fa bene cambiare ogni tanto. E poi non mi sembra una cosa così grave. Possiamo parlare d'altro?

Fillida - E di che parliamo? Ti sei già fatto vedere in giro così?

Flavio - Sì.

Fillida - E la gente cosa dice?

Flavio - Quello che dice sempre, mamma. Niente.

Fillida - Ma io non sono la gente. Io sono tua madre. E se mi avessi chiesto ti avrei sconsigliato. Ma tu mai, mai che stessi a sentire tua madre. Tutto di testa sua. Perché? Forse che la mia opinione vale meno degli altri?

Falvio - Perché non ti togli la pelliccia.

Fillida - Perché si gela e tu te ne vai in giro per casa coi capelli bagnati.

Flavio – Come sta la tua schiena? Ti avrò detto mille volte di non venire fin qua. Tutte quelle scale senza ascensore.

Fillida – Come vuoi che stia? Chiedilo a lei. A me non chiedi mai niente. Dì come stai e non come sta la tua schiena; sembra che ti interessi della mia vicina e non di me.

Flavio – E va bene, Fillida. Come stai?

Fillida – Io sto bene. Sei tu che stai male con quei capelli.

Flavio – (scocciato) Vado ad asciugarli.

Fillida – E la cioccolata?

 

 

 

Scena 8

...alla fermata del tram. Tina si ripassa il trucco e armeggia col rossetto.

 

Tina - Non ti spiace, vero, se mi trucco? Ad alcuni uomini dà fastidio. Come se il solo vedere una donna che si trucca minasse la loro virilità.

Marco - Affatto. Lo trovo affascinante.

Tina - Caro Marco. Queste che per le altre donne sono armi di seduzione per me sono... un lavoro, ecco. Devo lavorare per la mia immagine di donna.

Marco - Non hai bisogno del rossetto.

Tina - Questa è bella. E chi non ne ha bisogno? L'ingenuità degli uomini.

Marco - Tu, Tina. Mi piacevi di più senza rossetto.

Tina - Ci diamo del tu da qualche minuto e mi dai già consigli di bellezza? Credi che non sappia cosa piace agli uomini?

Marco - Io non lo so cosa piace agli uomini.

Tina - Di' un po': ma sei un uomo tu?

Marco - (Ride) Ho sempre creduto di esserlo.

Tina - Credere non basta. Io non credo di essere una donna. Lo sono.

Marco - Sei una magnifica donna.

Tina - E tu un magnifico uomo.

Marco - Una magnifica donna che non ha bisogno del rossetto.

Tina - Vuoi che me lo tolga?

Marco - Lo faresti?

 

(Tina si toglie il rossetto passandosi la mano sulla bocca. Le rimane una strisciata rossa sul viso come da clown)

 

Tina - (A Marco che ride per lo sbafo del rossetto) Cosa c'è? Cos'hai da ridere?

 

(Tina prende lo specchietto dalla borsa e, a quella vista, comincia a ridere anche lei)

 

Marco - (Cercando di contenersi) Scusa. Scusa, Tina.

Tina - Non sono tanti gli uomini a cui ho permesso di ridere di me.

Marco - Scusami. Ti prego. Eri così buffa.

Tina - Adesso tocca a te.

Marco - A me?

Tina - Io ho fatto qualcosa per te e devi ricambiare.

Marco - Io? Come?

Tina - Hai voluto che togliessi il rossetto per te e l'ho fatto. Adesso io voglio che tu metta il rossetto per me.

Marco - Il rossetto? Io?

Tina - Proprio così. Il rossetto.

Marco - Qui? Alla fermata del tram? Tu vuoi che io metta il rossetto?

Tina – Ma non c’è un’anima. O hai paura di metterlo male? Faccio io.

 

(Tina passa il rossetto sulle labbra di Marco e poi si scosta per guardarlo)

 

Marco - (Dopo un breve silenzio) Come sto?

Tina - Non lo so.

Marco - Voglio vedermi. Dammi il tuo specchietto.

Tina - No.

Marco - Per favore.

 

(Tina gli allunga lo specchietto. Marco si guarda. Si passa un dito sul labbro inferiore. E' come ipnotizzato e non smette di guardarsi)

 

Marco - Adesso sono un uomo col rossetto. (Ci Pensa un po' su, poi ride)

Tina - Credo stia meglio a me che a te.

Marco - Lo credo anch'io.

Tina - E allora lascia che me lo riprenda.

 

(Tina bacia Marco sulle labbra lasciandolo impietrito. Poi si scosta e i due rimangono a guardarsi negli occhi)

 

 

 

Scena 9

...in via Ozanam.

 

Fillida - (A Flavio che è nell'altra stanza, dalla quale arriva un rumore di asciugacapelli)

Hai miei tempi si tingevano solo le donne. O forse no. Lo fai per sembrare più giovane? Non c'è niente di male a nascondere l'età. Io ho cominciato che ero ancora una bambina, quando sei nato tu. Ci ho messo un po' prima di dire che ero tua madre. Ero così giovane. Dicevo, è il mio fratellino. E la gente se la beveva. Ero così carina, una brava ragazzina che portava a spasso il suo fratellino appena nato. Abbiamo imparato insieme cosa vuol dire fare una famiglia. Tu e io...

 

(Su una mensola Fillida trova il binocolo di Ennio)

 

Tu guarda. Questo lo riconosco. Era il binocolo di tuo padre. Così hai conservato solo questo. Hai fatto bene. Cosa altro volevi conservare. Forse neanche il ricordo.

 

(Ricordando e guardando fuori dalla finestra col binocolo)

 

Si metteva così, con le gambe aperte, i piedi ben piantati per terra e teneva stretto quest'affare come fosse il suo dannato uccello. Dio, come lo odiavo. Quando guardava fuori con questo coso era insopportabile. Sembrava che lo facesse apposta. Voleva dire: è inutile che parli, io non ti ascolto, non sono già più qui, sono lontano, laggiù, dove mi porta il binocolo.

 

(A Flavio)

 

Il palazzo di fronte si vede benissimo. Deve essere un albergo. Ma tu te ne ricordi, cucciolo? E' per questo che l'hai conservato? Ti ricordi di tuo padre con questo coso in mano? No, non credo che tu possa ricordare. Eri talmente piccolo quando se ne andò. E fu un bene. Tanto se ne era già andato da un pezzo. Da quando aveva portato in casa questo stramaledettissimo binocolo.

 

(Guardando ancora fuori dalla finestra)

 

Sì, è decisamente un albergo. E' questo che faceva tuo padre, qui dentro? Spiava nelle vite degli altri. Nelle camere dell'albergo di fronte?

Flavio - (Uscendo dal bagno con alcuni vestiti in mano che comincia ad indossare)

Non lo faccio per ringiovanirmi. Non sono vecchio abbastanza. Tu trovi che mi ringiovaniscano?

Fillida - No, per niente.

Flavio - Ti costa così fatica farmi un complimento?

Fillida - Hai una struttura ossea molto bella. La hai presi da me. Saremo due magnifici scheletri quando verrà il momento... (realizzando che fino ad adesso non è riuscita a fargli un vero complimento) il nero dei capelli li mette in risalto.

Flavio - Grazie. (Indossando un maglione)

Fillida - Buon Dio. Hai delle foto di prima della tintura? Vorrei rivederti.

Flavio - C'è quella sul camino.

 

(Cerca la foto che Fillida ha nascosto prima)

 

Ma dov'è? Marco è così disordinato.

Fillida - Devo averla messa via per sbaglio io, mentre facevo ordine.

Flavio - Non è necessario.

Fillida - Cosa?

Flavio - Che tu mi stia dietro così.

Fillida - Ho solamente messo in ordine.

Flavio - (urlando) Non ho bisogno di te.

 

 

Scena 10

…al bar.

 

Clara - Ieri, ricordi? ho accompagnato quella mia amica a prendere la sua nipotina che usciva da scuola. Be’, mi sei mancato.

 

(Ennio non si muove)

 

No, dico, ho detto che mi sei mancato. Non sono cose che si dicono tutti i giorni. Dico a te, bavoso d'un vecchio. Non ti fa nessun effetto sentirti dire che mi sei mancato? Come se fosse facile. Alla nostra età chi ti dice più cose del genere. Dovresti essere contento. E invece te ne freghi. Ah, ma aspetta. Aspetta che sia finita anch'io sotto terra come tutte le altre e poi vedrai se sarai ancora così burbero. A proposito, quante ne hai seppellite? Uh, non dirmelo. Tanto, che differenza fa?

Ennio – (Guardandola, finalmente) Hai un bel vestito.

Clara – (Briosa) Te ne sei accorto. Non sapevo se indossarlo. Ancora qualche anno fa mi cadeva perfettamente. Poi ho pensato, diamine, se non lo metto adesso, quando? Ti piace?

Ennio - E' un bel vestito.

Clara - Che magnifica giornata. E questo è sempre un bel posto. Anche in inverno. Anche con una giornata così.

 

Scena 11

…in via Ozanam

 

Flavio - Scusa.

Fillida - E' una giornata così fredda. Si dicono cose col freddo, qualunque cosa per non pensare che si gela.

Flavio - Bevi tu la cioccolata. Io non ne ho voglia.

Fillida - Ma dovrai pur mangiare qualcosa. Sei tutto pelle e ossa. Quand'eri piccolo eri così paffuto. Potevo affondare la faccia nelle tue guance e prenderla a morsi. L'avrei mangiata quella faccia. E guardati adesso. Somigli sempre di più a tuo padre. Cucciolo, sei sicuro di stare bene?

Flavio - Benissimo. La cioccolata è buona?

Fillida - A me piace il tè.

Flavio - Peccato. Me l'ha regalata la vicina.

Fillida – (Improvvisamente euforica) Com'è? E' giovane?

Flavio - Perché non la butti via e ti fai il tè?

Fillida - E' giovane?

Flavio - Te lo faccio io.

Fillida - Non voglio il tè; voglio sapere se è sposata.

Flavio - Non sto cercando moglie.

Fillida - Vivere da soli.

Flavio - Ho Marco.

Fillida - E' così triste vivere da soli. Io lo so bene. Quando tuo padre se ne andò e ci lasciò soli, l'unica salvezza fosti tu. Non ce l'avrei mai fatta senza di te.

Flavio - Ero piccolo.

Fillida - Sì, ma intelligente. Tu capivi tutto. Io ti raccontavo tutto, di me e tuo padre. E tu stavi a guardarmi, zitto zitto, con quegli occhi intelligenti. Poi sei cresciuto e hai dimenticato. E adesso sei venuto a vivere qui. Nel suo appartamento. Io non capisco ancora perché l'hai fatto. Venisti qua per il suo funerale. Non vedevi tuo padre da secoli. Oh, non per colpa mia. Per me potevi andare a trovarlo quando volevi. Sei stato tu. Non hai mai voluto. E quando è morto hai deciso di venire a vivere fra i suoi ricordi. Quand'eri piccolo era tutto più semplice. Ma adesso chi ti capisce. E lui, Marco, quando torna?

Flavio - Stasera. Tardi.

Fillida - Abbiamo un po' di tempo allora. Di nuovo noi due. Io e te. Forse se stiamo ancora da soli, insieme, riusciremo a capirci, come quando eri piccolo.

Flavio - Stavo zitto perché non capivo, non perché ero d'accordo con le cose che dicevi. Quanto sei stupida. E' semplice, no? Mi usavi come confidente per i tuoi problemi di cuore, come avrei potuto non assecondarti? E quando sono cresciuto ero il confidente dei tuoi problemi di letto. Io ero tuo figlio.

Fillida - Eri l'unica persona che mi stava vicino, che mi voleva bene.

Falvio - Ero tuo figlio. Ero un bambino.

Fillida - Se una madre non parla col proprio bambino... con chi dovevo parlare? Con tuo padre? Con un mulo che non faceva che stare zitto e guardare fuori dalla finestra con quel binocolo? E' stata una fortuna che se ne sia andato. Ma il vero miracolo è che sia morto.

Flavio - A volte avrei preferito che te ne fossi andata tu.

Fillida - Ero una bambina anch'io.

 

 

 

Scena 12

…al bar.

 

Clara - Poi si era fatto tardi. Così ci siamo salutate. Io ho preso di qua e lei e la sua nipotina di là. Be’, non ci crederai. Sai che è successo? La mia amica è rientrata a casa e ha trovato suo marito morto, in cucina. Capisci? Così, senza un preavviso. Pare che la mattina non si fossero nemmeno parlati. Lei era uscita presto e lui ancora dormiva.

Ennio - Cosa dovevano dirsi?

Clara - Niente, ma così... almeno un saluto.

Ennio - Hanno passato la vita insieme. Chissà quante volte si saranno salutati.

Clara - Il solito cinismo. Be’, consolati. Nessun saluto il giorno che te ne andrai.

Ci si abitua così tanto, eh? Che smettiamo anche di salutarci.

 

Scena 13

...alla fermata del tram.

 

Tina - (Come per togliersi dall'imbarazzo del bacio) Brr. Che freddo che fa. Io dico che nevicherà. A te piace la neve, Marco? Io la adoro. Certo, preferisco guardarla dalla finestra di casa mia.

Marco - Dov'è casa tua?

Tina - Sono domande da farsi? Tutti uguali gli uomini. Basta un bacio e vogliono subito sapere dove abiti. Be’, tanto ormai... abito lì. Quella finestra là, in alto.

Marco - Proprio davanti questa fermata del tram. Non farai che guardare il tram che passa.

Tina - E chi ci sale su.

Marco - E da lì hai visto anche me?

Tina - Qualche volta.

Marco - Io prendo sempre il tram qui.

Tina - Sempre, tranne oggi. Di tram nemmeno l'ombra e io sto gelando.

Marco - Hai un appuntamento?

Tina - Ma no. Sono venuta qua perché a casa mi annoiavo. E perché mi sembrava che ti annoiassi pure tu. Io ti vedevo... tutto solo... su questa panchina...

Marco - Ah, mi vedevi?

Tina - Sì, ti vedevo. E non indagare oltre.

Marco - E chi indaga?

Tina - Tu, indaghi. Indaghi e guardi. Non fai che guardarmi.

Marco - Sei la prima donna che guardo veramente.

Tina - Questa devo averla già sentita.

Marco - Devi credermi.

Tina - Sto gelando. Deve essere per i miei pantaloni. Una donna coi pantaloni. E' per quello che mi guardi. Ho sempre portato i pantaloni. Io li adoro, tu no? Piacciono anche a te. E non solo a portarli. Ti piace sorprenderti a guardare fra le gambe di un paio di pantaloni da uomo... indossati da una donna. Ti intriga il mistero, il dubbio. Ammettilo.

Marco - Stai tremando.

Tina - Nevicherà.

Marco - Il lavoro è saltato.

 

 

 

 

 

 

Scena 14

…in via Ozanam.

 

Fillida - (guardando fori dalla finestra col binocolo) Neanche un tram. Di' un po': l'hai fatto per assomigliare a tuo padre?

Flavio – (Finendo di vestirsi) Cosa?

Fillida - I capelli. Tingerteli di nero. Tu hai sempre somigliato a me. Non metterti strane idee in testa. (fra sé) Almeno non più di quelle che hai già.

Flavio - Bevo io la tua cioccolata.

Fillida - Hai un'aria triste. E' questa casa lo sento. Ma perché ti ostini a vivere qui?

Flavio - E' la nostra casa. E ci stiamo bene.

Fillida - Volevi andare a vivere da solo. Lo capisco. Prima o poi lo fanno tutti. Ma proprio in casa di tuo padre, morto?

Flavio - Non è colpa mia se mio padre è morto.

Fillida - Cosa vorresti dire che è colpa mia? Da quando se ne andò non ebbi più alcuna notizia di lui. E se non era per te e per questo appartamento... (calmandosi e cercando di essere carina) Io non ci sto bene qua. Usciamo? Chissà cosa non faceva qui dentro, quel maiale. E adesso tu. Lascia che ti dica una cosa, Flavio, stai attento a questa casa. Certi luoghi si portano dentro lo spirito di chi li ha abitati. Usciamo. Dai, cucciolo. Andiamo a divertirci. Affrontiamo questo tempo maledetto. Magari nevicherà.

Flavio - Hai detto che non ci sono tram.

Fillida - E chi se ne frega. Andiamo a piedi.

Flavio - Ma tu ti stanchi in fretta. La tua schiena...

Fillida - No, se ci sei tu con me. Non puoi stare chiuso in casa tutto il giorno a guardare il mondo da quel binocolo. Cosa speri di ottenere?

Flavio – veramente è Marco che non fa che usarlo. E’ lui che mi ha convinto a tenere il binocolo. Ne è ossessionato. Si mette lì, alla finestra, proprio come hai detto tu e guarda il palazzo di fronte. L’albergo di via Ozanam.

 

 

 

Scena15

 

...al bar.

 

Clara - E' così romantico questo posto. Oh, non farti strane idee, vecchio. Cosa speri di ottenere portandomi in un posto così romantico? Vuoi incantarmi con questi stratagemmi? E' roba buona per una ragazzetta. Io non ci casco più. Quand'ero giovane ero così stupida e dicevo di no ad ogni appuntamento. E adesso che ho un appuntamento sono troppo vecchia per godermelo. Così ero stupida allora e lo sono ancora adesso. Ma perché continuano a ripetere che da vecchi si diventa saggi? Io non voglio essere saggia. Vorrei fare delle follie. Che me ne faccio della saggezza? Non è per la saggezza che mi alzo dal letto la mattina. Ma perché sono pazza. Solo la pazzia ci aiutare a rimanere vivi alla nostra età. La saggezza la lascio ai giovani. Io voglio solo essere felice. Allora come adesso. Sai cosa mi renderebbe felice? Una bella fetta di torta con le meringhe. Posso prendere una fetta di torta con le meringhe? Qui è così buona. Beh, veniamo sempre qui e non è che ne sappia tanto di come la fanno da altre parti. Ma perché rischiare?

 

(Ennio va a prenderle la torta)

 

Vai a prenderla? Che caro.

 

(Clara accende una sigaretta, si guarda intorno. Prende la sua borsetta e tira fuori uno specchietto da cipria. Si guarda. Si riavvia i capelli.)

 

Non è più tempo di riflettori. Meglio questa pallida luce invernale. Meglio queste nuvole lattiginose e non mi spiace neanche la nebbia. Non riuscirei più a vivere al sole. Mi prende l'ansia al pensiero dell'estate. Il sole è implacabile. Non ama le lusinghe, i piccoli trucchi di una donna della mia età. Di una vecchia.

 

(Richiude lo specchietto con uno scatto di rabbia e lo ripone in borsetta)

 

E non mi inviti neanche a casa tua, vecchio bavoso. Al tempo dei riflettori e delle passerelle non facevano che invitarmi a casa. Ho dovuto scoprirlo da me che abiti in via Ozanam. Ma non te l'ho mai detto. Sembrerebbe che voglio invitarmi da sola. Bavoso d'un vecchio. E però sarebbe stato divertente. Quante cose avrei potuto raccontarti di quella via. Quanti ricordi.

 

(Entra Ennio)

 

Ennio - La torta è finita. Mi spiace.

Clara - Non importa. Volevo che facessi qualcosa per me. E l'hai fatto. Alla mia età può bastare. O almeno questo è quello che ci raccontiamo. Bene, immagino che si sia fatto tardi e che tu voglia rincasare.

Ennio - Piano piano. Non ci corre dietro nessuno.

Clara - Già. Piano piano.

 

 

Scena 16

 

...alla fermata del tram.

 

Tina - Non vorrai passare tutta la mattina seduto in questa fredda panchina ad aspettare un tram che non arriverà mai? Potresti venire a casa mia. E' così vuota quella stronzissima casa. Le manca un uomo che legga il giornale.

Marco - Che ore sono?

Tina - Le dieci, credo. Non ho l'orologio.

Marco - A quest'ora anche casa mia è vuota.

Tina - La mogliettina esce a fare la spesa?

Marco - Qualcosa del genere.

Tina - Dovevo saperlo che c'era di mezzo una moglie da qualche parte.

Marco - Non è una moglie.

Tina - E chi se ne frega. Tanto non dobbiamo fare le presentazioni. Lei non è la moglie e io non sono l'amante. (Ride)

Marco - Andiamo?

 

Scena 17

 

...in via Ozanam.

 

Flavio - Lascia qui la tua pelliccia. Ti do un cappotto dei miei.

Fillida - Hai scritto qualcosa di buono?

Flavio - Non lo so.

Fillida - Come puoi scrivere qualcosa di buono stando chiuso in questa casa. Hai bisogno di farti una bella risata. Qui è una tomba. Uno scrittore ha bisogno di aria, di gente. Non di un cannocchiale intriso del lerciume di un uomo morto.

Flavio - Ecco il cappotto. E' di Marco, ma è più la tua misura.

Fillida - Non voglio mettere quel cappotto.

Flavio - Ma ti scalderà più di quella vecchia pelliccia.

Fillida - A me piace la mia vecchia pelliccia.

Flavio - Non so come faccia a piacerti. Cade a pezzi.

Fillida - Ci sono un mucchio di cose che a te piacciono e a me fanno orrore, giovanotto. Ma sto zitta io.

Flavio - Tu zitta? Quando? Dai qui.

 

(Fillida cambia la sua pelliccia col cappotto di Marco)

 

Fillida - E' suo questo cappotto?

Flavio - Sì. Ma non gli spiacerà se lo prendi tu.

Fillida - Sei sicuro?

Flavio - E poi non se ne accorgerà. Te l'ho detto. Ritorna stasera tardi. Noi saremo a casa prima.

Fillida - Andiamo a farci una colazione decente.

 

 

Fine Primo Atto

 

 

 

Atto Secondo

 

IL Binocolo Di Ozanam

Gli stessi luoghi del primo atto. Ma adesso Fillida e Flavio sono al bar, Tina e Marco in via Ozanam, Clara e Ennio alla fermata dell'autobus.

Ancora le vicende di Fillida e Flavio e di Tina e Marco sono contemporanee, mentre la vicenda di Ennio e Clara è un flash-back.

 

 

 

Scena 1

L'interno del primo atto.

 

Tina – (Guardandosi intorno, un po’ imbarazzata) Fa quasi più freddo qui che fuori.

Marco - Scusa. La caldaia è rotta.

Tina - Perché non la fate aggiustare?

Marco - E' rotta da sempre. Noi ci siamo abituati.

Tina - Noi? Tu e la tua mogliettina?

Marco - Non c'è nessuna mogliettina. Te l'ho detto.

Tina - (Trovando la pelliccia di Fillida) Ah, no. E questa pelliccia? Tua non è di certo.

Marco - Stai tremando.

Tina - Non ho pellicce io.

Marco - Aspetta.

Tina - Cosa stai facendo?

Marco - So come scaldarti. Togliti le scarpe.

 

(Marco va all’acquaio e riempie un catino di acqua calda)

 

Tina - Sapevo che mi avresti chiesto di togliermi qualcosa ma non pensavo che cominciassi dalla scarpe.

Marco - Toglile e non fare tante storie. (Le mette i piedi nel catino di acqua calda) E' troppo calda?

Tina - E' perfetta. Perfetta.

 

(La melodia del pianoforte risuona nell’aria)

 

Tina - C'è qualcuno che suona. Lo senti?

Marco - Sì, non sono ancora riuscito a capire da dove venga.

Tina - E' così ...malinconico. Una canzone triste. Io non voglio essere triste. (Urlando) Ehi, tu? Vuoi smetterla di suonare questa lagna? Suona qualcosa di allegro.

(Si alza rovesciando l'acqua per terra)

Marco - Attenta. Cazzo. (Marco corre a prendere uno straccio)

Tina - Scusa. Cazzo. (Si ritrovano entrambi chini sul pavimento ad asciugare l'acqua e si baciano)

 

Scena 2

Arrivando al bar all'aperto del primo atto.

 

Flavio - Cazzo, che freddo.

Fillida - Non frignare. Cosa vuoi che ti faccia un po' di vento freddo. Alla tua età avrei potuto rotolarmi nuda nella neve. Se qualcuno me ne avesse dato l'occasione. Non farti sfuggire nessuna occasione, cucciolo. Già, ma che te lo dico a fare. Come se avessi mai perso un treno tu. Ecco, fermiamoci qui.

Flavio - Ti rendi conto che è l'unico bar all'aperto in zona. E che non ce ne sono altri perché fa troppo freddo per stare fuori.

Fillida - Ma io amo questo tempo. Mi sveglia i sensi. Dicono che il freddo uccide i vecchi. Meglio così. Se devo morire voglio che sia in un posto come questo, con l'aria fredda come adesso. Perché devo essere sveglia quando muoio. Non voglio perdermene nemmeno un pezzettino della morte. Ho passato la vita a pensarci e ad aspettarla e adesso che non manca molto voglio gustarmi lo spettacolo dalla prima fila.

Flavio - Non stai morendo.

Fillida - Oh, sì. Lentamente. Da quarant'anni circa. Ho cominciato a morire quando se ne andò tuo padre. A quel bastardo piaceva il freddo. Ci piacevano le stesse cose. Almeno credevo. Vorrei una bella tazza di tè. La prendi con me?

 

Scena 3

Interno casa di Marco e Flavio.

 

Marco e Tina si baciano. Si trascinano sul pavimento dell'appartamento, togliendosi i vestiti. Marco si alza in piedi per finire di svestirsi. Tina sente dietro la schiena qualcosa e raccatta il binocolo con cui si mette a guardare Marco, per gioco. Marco si paralizza.

 

Marco - Smettila, posalo subito.

Tina - E' per guardarti meglio, Cappuccetto Rosso.

Marco - Ho detto di posarlo.

Tina - D'accordo, d'accordo. Ma torna qua.

Marco - No. Io non ce la faccio in questa casa.

Tina - E' per via del freddo? Torna qua; ti scaldo io.

Marco - Non è il freddo. E' questa casa e quel binocolo.

Tina - E' tuo?

Marco - No. E' del vecchio padrone di casa. Cazzo, tu che mi guardi con quel binocolo. E' come avere puntati addosso gli occhi di suo padre.

Tina - Era la casa del padre di tua moglie? Ho indovinato?

 

(Marco la guarda senza rispondere)

 

Sei così fragile. E' questo che mi piace di te.

 

(Marco rimane immobile. Tina cambia tono per togliersi dall’imbarazzo)

 

Sarà meglio asciugare quel lago che abbiamo fatto.

Marco - Non c'è nessuna moglie.

Tina - Ma sì, sì. Come vuoi tu. Trova uno straccio per quel pantano. Faccio io.

Marco - Non c'è nessuna moglie ti dico.

Tina - E va bene. Non ti scaldare così. La scopata è andata in vacca, ma quella incazzata dovrei essere io.

Marco - Io vivo qui col mio compagno.

 

Scena 4

La panchina alla fermata del tram.

 

Clara – (A Ennio che sta in piedi, accanto a lei) Ogni giorno un passo in meno. E' così che conto la strada che mi separa dalla fine. Ogni giorno mi fermo un passo prima. Finirà che non ce la farò ad alzarmi più dal letto. E quello sarà il mio ultimo passo. Tu ci sarai per il mio ultimo passo? Lo vuoi fare con me, brutto vecchio bavoso che non sei altro? E non startene lì in piedi, come fossimo due estranei. Siediti, accanto a me. Alla tua età non dai più scandalo se ti stringi ad una vecchia signora come me.

Ennio - Clara?

Clara - Sì, è proprio una splendida giornata. Adoro quando mi chiami per nome.

Ennio - Tu sai che non posso venire a casa con te.

Clara - Manca solo la neve. Ma arriverà vedrai.

Ennio - Però aspetto che arrivi il tram con te.

Clara - E' questo silenzio che mi fa sperare. Nevica solo se c'è un silenzio perfetto.

 

Scena 5

Al bar

 

Flavio - Il binocolo non è l'unica cosa che conservo di lui.

Fillida - Oh, cucciolo. Ti prego. E' una così bella giornata. Siamo usciti da quella casa. Possibile che tu sia così ossessionato. Dimentica tuo padre. Non c'era niente di buono in quell'uomo.

Flavio - Non volevo dirtelo. Ma Marco dice che faccio bene se...

Fillida - Questo posto è un'oasi nel caos. Qui sembra che non possa succedere niente di male. E' per questo che mi piace. Sarebbe piaciuto anche a tuo padre. Scommetto che ci veniva spesso… C'è un silenzio perfetto.

Falvio - Mamma, ho trovato delle lettere in casa. Sono di papà. Alcune sono indirizzate a me, altre a te. Dovresti leggerle (Le allunga un pugno di vecchie lettere)

Fillida – Un silenzio perfetto per la neve (come ripetendo una filastrocca che protegga dalla pura).

 

Scena 6

…in via Ozanam

Marco e Tina si sono rivestiti.

 

Tina - (guardando fuori dalla finestra col binocolo) Non si vede altro che il palazzo di fronte. L'albergo.

Marco - Lui lo usava per questo.

Tina - Per guardare l'albergo? Spiava nelle camere? Era un guardone.

Marco - Spiava in una camera. Una sola.

Tina - Quale?

Marco - Terzo piano. La quarta da destra.

Tina - Ha le tende chiuse.

Marco - Ormai lei non c'è più.

Tina - Spiava una donna.

Marco - Era una modella. Bellissima.

Tina - E il padre di...

Marco - Flavio.

Tina - Il padre di Flavio se ne era innamorato.

Marco - Quando lei veniva a Milano viveva in quella camera. Terzo piano, quarta da destra. E lui mollò tutto, la famiglia, Flavio; comprò questa casa per poterla guardare.

Tina - Da casa mia la fermata del tram si vede benissimo. Ma con un binocolo così potrei vederti meglio, quando te ne stai lì, da solo, ad aspettare.

Marco - Si chiuse qui dentro e non fece che guardarla per anni.

Tina - Vuoi dire che non si incontrarono mai? Non la invitò mai a cena? La amava a distanza. Dalle lenti di questo binocolo.

Marco - No. Cominciarono a frequentarsi, ma erano ormai vecchi. Si vedevano in un bar nel parco. Parlavano di niente. Prendevano qualcosa da bere. Si facevano compagnia.

Tina - Ma lei sapeva che lui la aveva aspettata per così tanto tempo?

Marco - No. Lui non glielo disse mai. E le nascose anche questa casa e la sua famiglia. Non le raccontò mai di sé e del binocolo.

Tina - Come si chiamavano?

Marco - Clara e Ennio.

 

 

Scena 7

…al bar.

 

Fillida - (Finendo di leggere le lettere) Clara. E’ così che si chiamava dunque.

Flavio - Stai bene?

Fillida - Sei gentile a chiedermelo.

Flavio - Forse non è stata una buona idea. Infondo è una storia passata. Ma io avevo bisogno di capire. Tu no?

Fillida - Io mi chiamo Fillida. Te lo ricordi ancora come mi chiamo? Fammi un favore, cucciolo. Vuoi? Non chiamarmi più mamma. Il mio nome è Fillida.

 

Scena 8

…in via Ozanam.

 

Tina - Guarda. Comincia a nevicare.

Marco - Fa vedere (raggiungendola e prendendole il binocolo).

 

I due si trovano vicini e rimangono a guardarsi in silenzio.

 

Scena 9

…alla fermata del tram.

 

Clara - Ennio, non verrò domani.

Ennio - lo so.

Clara - E questo cosa vuol dire? che ti dispiace? Perché se è così proprio non lo dai a vedere. Questa storia è una follia. Amanti alla nostra età… Potrebbe essere l'ultima volta che ci vediamo.

Ennio - Potrebbe

Clara - Mi piace stare con te al bar del parco. Faccio tante storie ma alla fine mi piace. E non vedo l'ora di rincontrarti lì. Ecco. L'ho detto io per te. Sono ancora così ingenua. Non faccio che seminare figuracce. A che serve vivere tanto se poi non riesci ad evitare almeno le figuracce? Forse serve ad imparare ad infischiarsene. E io bisogna che me ne infischi. O non riuscirei ad incontrarti ancora in quel bar. Sei ancora vivo? O questo freddo ti ha paralizzato quel po' di cervello che ti rimane, vecchio bavoso?

Ennio - A volte penso a mio figlio. Vorrei sapere come sta.

 

Scena 10

... in via Ozanam

 

Tina - Devo andare.

Marco - Ti accompagno.

Tina - E' dietro l'angolo. Sopravviverò.

 

 

(Tina gli allunga il binocolo per renderglielo)

 

Marco - Il binocolo. Portalo via. Te lo regalo.

Tina - Un regalo? Per me? Non posso.

Marco - Ma sì. Ecco. Prendilo. E poi lo faccio più per me che per te. Quel binocolo mi ossessiona. Mi sta allontanando da Flavio.

Tina - E lui cosa dirà?

Marco - Penserò a qualcosa.

Tina - Per guardarti meglio, Cappuccetto Rosso.

Marco – (imbarazzato) Già.

 

(Ridiventando seria)

 

Tina - Allora, ciao.

Marco - Ciao.

Tina – (Si ferma. Si volta, lo guarda)

Tu lo ami?

Marco – chi può esserne certo?

Tina - Certo che lo ami. (Improvvisamente allegra) E io che ci avevo quasi creduto. Alla storia del binocolo.

 

Scena 11

Sotto casa di Marco e Flavio.

 

Flavio - Le lettere vuoi tenerle tu?

Fillida - Sì, ma non portarmi più in questo bar.

Flavio - Almeno fino alla prossima primavera.

Fillida - Tuo padre scriveva molto bene. In questo hai preso da lui.

Flavio - Credi?

Fillida - Oh, faceva bene un mucchio di altre cose. Ma non sono cose da dirsi a un figlio. Scrivi, Cucciolo. Scrivi questa storia. Di tuo padre e me. Questa è una magnifica giornata.

Flavio - Vieni su. Vediamo se la caldaia ha ripreso a funzionare.

Fillida - Posso fare quelle maledette scale solo una volta al giorno. Non so come facesse tuo padre a vivere in un palazzo senza ascensore. Magari è schiattato anche per questo. Io non voglio morire per una stupida rampa di scale. E il cappotto?

Flavio - Me lo renderai un'altra volta.

Fillida - A Marco non dispiacerà.

Flavio - Mi inventerò qualcosa.

Fillida - Tu gli vuoi bene?

Flavio - E' la prima volta che me lo chiedi.

Fillida - Rispondi e non fare tante storie.

Flavio - Sì.

Fillida - E lui? te ne vuole?

Flavio - Credo di sì.

Fillida - Già. Non è facile per nessuno. Vuoi un consiglio? Non dirmelo tanto te lo do lo stesso. Se aspettassi che fossi tu a chiedermi dei consigli avrei smesso di darteli secoli fa. Butta quel binocolo. Lo so, di consigli sbagliati te ne ho dati tanti. Ma questo è un buon consiglio. Buttalo e mettiti a scrivere. Adesso vado, sembra che cominci a nevicare.

Flavio - Mamma...

Fillida - Scrivi. Una volta volevi diventare un grande scrittore, no? (Flavio la guarda quasi commosso)

Fillida - Ah, falle un sorriso.

Flavio - A chi?

Fillida - Alla vicina.

Flavio - Che vicina?

Fillida - Quella della cioccolata. L'hai già dimenticata? Falle un sorriso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Atto Terzo

Quest’ultimo atto è in realtà un breve epilogo.

Se il regista lo vorrà potrà fare una pausa per il pubblico fra il primo e il secondo atto, non fra il secondo e il terzo; piuttosto concederà il breve tempo necessario agli attori per spostarsi da un angolo della scena ad un altro.

 

Scena 1

 

Interno casa di Marco e Flavio. Marco, seduto sulla poltrona vicino la finestra, sta rullando una sigaretta. Flavio, alle sue spalle, è appoggiato alla cucina, visibilmente nervoso.

 

Flavio – Allora, hai fatto?

Marco – Quasi.

Flavio – Mmnn

Marco – Sei sicuro di volere provare? Non fumi più da… quanto?

Flavio – Due anni.

Marco – Due anni.

Flavio – Mi aiuterà a riflettere… o a distrarmi. Mi aiuterà comunque. Così non resisto. Devo fare qualcosa.

Marco – Perché non ti siedi? Leggi un libro? Fai una doccia?

Flavio – Mi è venuta voglia all’improvviso. Magari alla prima boccata mi viene la nausea…

Marco – Magari.

Flavio – Anche tu, però…

Marco – Cosa?

Flavio – Te ne stai lì a rullare…

Marco – E’ quasi pronta.

Flavio – Sì, ma te ne stai lì…

Marco – Me lo hai chiesto tu.

Flavio – Me lo hai chiesto tu…

Marco – Insomma, cos’hai?

Flavio – Ti ho detto di mia madre…

Marco – Non è possibile che Fillida ti riduca sempre in questo stato.

Flavio – Non mi riduce in nessuno stato. E poi oggi è diverso dagli altri giorni. Abbiamo parlato…

Marco – Non fate che parlare.

Flavio – Di te.

Marco – Ecco, pronta.

 

(Gli allunga la sigaretta. Flavio rimane immobile a guardarlo)

 

Marco – Te la accendo io?

Flavio – Non ti scomponi mai.

Marco – Scusa?

Flavio – Non hai mai fatto un commento. Io davvero non so cosa pensi.

Marco – Di Fillida?

Flavio – Di Fillida, di me… di mio padre!

 

(Marco si accende la sigaretta. Nel silenzio fa un lungo tiro)

 

Marco – Ci penso spesso.

Flavio – Sì?

Marco – A tuo padre.

Flavio – Anch’io.

Marco – E’ strano perché non l’ho mai conosciuto.

Flavio – Potrei dire lo stesso.

Marco – Eppure è come se, in qualche modo, lo conoscessi… intimamente.

Flavio – E’ questa casa. Vivere qui, fra le sue stanza, le sue cose… Fillida dice che Ennio, prima di andarsene, passava tutto il suo tempo alla finestra, a gambe larghe, con il binocolo in mano.

Marco – Come me.

Flavio – Fillida dice che facciamo male a vivere qua.

 

(Marco tira un altro po’ di fumo)

 

Flavio – Marco, Facciamo male a stare qua?

Marco – Hai paura che me ne vada?

Flavio – No… rimaniamo?

Marco - Mi sembrava che ti facesse piacere… che ne avessi bisogno.

Flavio – Rispondimi.

Marco – Credi veramente che tuo padre fosse una persona cattiva?

Lo credi veramente?

Flavio – Ha lasciato mia madre e me per venire a stare in quest’appartamento da solo. Solo, capisci?

Marco – Già.

Flavio – E per cosa? Per guardare un’altra donna, da lontano. Spiarla con un binocolo da una finestra. Senza mai avere il coraggio di incontrarla, di parlarle. Se almeno l’avesse fatto. Un tradimento come tutti gli altri. Anche Fillida, poter dire: "Erano così innamorati che…", che ne so. Quando due si amano un po’ li giustifichi anche se non li approvi. Guarda cosa fa Fillida con coi due…

Ma spiare da una finestra? E’ una cosa che continua a darmi i brividi.

Marco – Ma alla fine l’ha incontrata.

Flavio – Così scrive. Ma da vecchio, che ormai era facile e il disastro era compiuto. Non poteva più rimediare.

Marco – Tu non sei lui.

Flavio – E però…

Marco – Cosa?

Flavio – Era mio padre. Tu credi che fosse pazzo?

Marco – Non arriverei a tanto. E poi io… in qualche modo lo ammiro.

Flavio – (Lo guarda a lungo) Detesto che tu lo abbia detto.

Marco – Ma lo penso. Quanti hanno il coraggio di mollare tutto? Una casa sicura, il lavoro, una famiglia che ti ama… ma che non ti basta. E senti che hai bisogno di altro, che ogni giorno sei sempre più ingabbiato. Sempre più padre, sempre più marito. E invece avresti voglia di essere altro. E allora tuo padre che fa? Molla tutto per niente. Mollare per una vita migliore quello sono capaci tutti. Passa un treno, un lavoro migliore, qualcuno che ti fa sentire che ti ama alla follia e ti mette in crisi. Ma mollare tutto per niente? Per un sogno?

Flavio – Non è morale.

Marco – E’ quello che dice Fillida.

Flavio - Ma non lo è.

Marco – Ennio non la amava e forse, non ha fatto a tempo ad amare neanche te. La morale non c’entra.

Flavio – Ennio non ha mai amato nessuno. Nemmeno quella donna dall’altra parte della strada.

 

(Flavio va verso la poltrona; si siede. Da sotto il cuscino viene un rumore di vetro che si rompe. Un attimo di imbarazzo. Flavio si alza, scosta il cuscino)

 

Flavio – Il nostro ritratto.

 

(Flavio guarda Marco. C’è un intesa profonda nei loro occhi, come non succedeva più da tanto. Si sorridono poi dicono insieme – Fillida! E cominciano a ridere. Flavio passa la sigaretta a Marco che fa l’ultimo tiro.)

 

 

 

Scena 2

 

(La fermata del tram. Tina siede pensierosa con la sua borsa in mano. Fillida le si avvicina, la studia. Poi le si siede accanto e attacca bottone)

 

Fillida – E’ molto che aspetta?

Tina – (Rispondendo senza guardare) Una vita.

Fillida – Non si abbatta, cara. Sarà il freddo. In giornate così si è fortunati se non si ha fretta Ed io ho smesso secoli fa di avere fretta.

 

(Tina alza gli occhi e la guarda)

 

Sì, davvero. Guardo le cose accadere. Ho imparato. Con l’età. Tanto niente va mai come ci si aspetta. Conviene sedersi e stare a guardare. Tanto qualcosa succede sempre. E se non hai aspettative tutto può essere una sorpresa. Una vera sorpresa.

Tina – (Riabbassando gli occhi sconfortata) Già.

Fillida – E con questo non voglio dire che si vive meglio. Faccio la vecchia saggia ma …. Oh, mi creda, cara, sono ben distante dall’esserlo. Perché anche delle sorprese si può rimanere delusi. Anche quando non ci si aspetta niente forse ci si aspetta qualcosa.

 

(Tina si alza, tira fuori dalla borsa il binocolo che le ha appena regalato Marco e con questo scruta il fondo della strada)

 

Tina – Niente. Di tram nemmeno l’ombra E non si vede un’anima.

 

(Fillida rimane un attimo senza parole alla vista del binocolo. Poi tenta di reagire e di fare l’indifferente)

 

Fillida – Aspetterò comunque. Ancora un po’. Sono così stanca. Questa maledetta schiena. Non ce la farei ad andare a casa a piedi adesso.

Tina – E’ molto lontano.

Fillida – I giovani… Mia cara, le distanze cambiano con l’età. Per lei potrebbe essere dietro l’angolo.

Mio figlio vorrebbe obbligarmi a non uscire di casa, per via della mia schiena…ma quel momento arriverà comunque, no? Perché anticiparlo?

Tina – Suo figlio le vuole bene.

Fillida – Probabilmente è l’unico uomo che me ne abbia mai voluto.

Tina – Già.

 

(Fillida e Tina si sorridono, per un attimo complici)

 

Fillida – Prima la guardavo. Ma sa che mio figlio ha un binocolo uguale al suo?

Tina – Un… binocolo?

Fillida – Identico a quello con cui prima studiava l’arrivo dei tram.

Tina – Il binocolo.

Fillida – Andiamo, lei è troppo giovane per lasciarsi istupidire dal freddo. Il suo sembra proprio il binocolo di via Ozanam. Mio figlio vive lì adesso. Dio solo sa perché… e non manca tanto al momento in cui il Creatore dovrà spiegarmelo a quattrocchi. A lei piacciono i binocoli, cara?

Tina – Non lo so. Credo.

Fillida – Io li detesto.

Tina – Possono tornare utili.

Fillida – In montagna forse. Ma in città? Lei avrà i suoi buoni motivi per tenerne uno in borsa, ma io ho sempre diffidato di chi tiene un binocolo in un appartamento di città.

Tina – Io non… spio la gente.

Fillida – Ma certo che no, mia cara. Sebbene a tutti prima o poi possa capitare di spiare accidentalmente qualcuno. Ma, no. Non mi riferivo a nulla di sessuale, se è questo che intendeva.

Tina – Ah, no?

Fillida – Un binocolo, per come la vedo io, è un filtro che distorce la realtà. Ti dà l’illusione, ti fa sembrare più vicino ciò che in realtà è lontano. A volte tanto lontano da essere totalmente fuori dalla nostra portata.

Tina – Che male c’è in questo?

Fillida – Che si smette diguardare ciò che si ha intorno. Diventa un vizio: il più delle volte, lontano, non c’è niente. Lei è una cara ragazza. Perdoni gli sproloqui di una donna della mia età. Credo che mi manchi una giovane donna con cui parlare.

Tina – Non sono una brava ragazza.

Fillida – Oh, ma certo che lo è. Alla sua età si possono fare tante sciocchezze, ma io so riconoscere una brava ragazza quando la vedo. La vicina di casa di mio figlio ad esempio…

Tina – E questo non è mio. (Alludendo al binocolo)

Fillida – Se anche lo fosse? Non è tenuta a dirmi nulla del suo binocolo. Scusi se le sembro pettegola… ma lei è fidanzata?

Tina – Cosa?

Fillida – Vorrei presentarle mio figlio. Sa, quello del binocolo. Vede, avete già qualcosa in comune… io spero che ne abbia delle altre.

Tina – Io adesso devo andare.

Fillida – Ma non c’è nessun tram in vista.

Tina – Non importa. Non stavo aspettando il tram. Abito nel palazzo difronte.

Fillida – Non vuole che le lasci l’indirizzo di mio figlio?

Tina – No.

Fillida – E’ un vero peccato. Le sarebbe piaciuta, ne sono sicura.

Tina – Sono troppo mascolina.

Fillida – Ci sono anche uomini femminili.

Tina – Troppo mascolina per suo figlio.

Fillida – Chissà che non sia un punto a suo vantaggio.

Tina – La smetta.

 

(Tina fa per andarsene, lasciandosi dietro la tristezza di Fillida. Poi decide di fermarsi ad ascoltarla; e torna indietro)

 

Fillida – Ma perché? Perché la gente non ama come vorrei che amasse. Io sono brava. Mi creda. Ho sempre avuto fiuto io. Da ragazzina me lo dicevano in tanti. Ho fatto fiorire molti fidanzamenti da giovane. E tutti dicevano, Fillida ha fiuto per fare le coppie. E poi guardi che disastro. Che ne è del mio intuito.

 

Tina – (accovacciandosi ai piedi di Fillida) Suo figlio sta bene come sta.

 

 

 

Scena 3

… al bar.

Clara è seduta al solito tavolino. E’ da sola. Si ripassa il trucco. Di quando in quando allunga lo sguardo come a cercare Ennio. Che però non arriva. Poi, seccata, richiude lo specchietto da cipria e lo mette in borsa.

Si riavvia i capelli. Si alza, lascia dei soldi sul tavolo.

Clara – Bavoso d’un vecchio!

(Fa per andarsene)

 

Scena 4

Interno casa di Marco e Flavio.

I ragazzi sono usciti. Sul tavolino vicino la poltrone sono rimasti la cornice rotta e il binocolo. Le luci si affievoliscono lentamente fino ad inquadrare soltanto i due oggetti sul tavolino. Si sente il rumore della caldaia che sembra quasi uno sbadiglio. La luce si spegne di botto.

Fine

Redatto a Milano

Giugno, 2001, l’uno.