Banchetto di sangue
(sotto il segno dei Borgia)
di
Roberto Agostini
con la collaborazione di Daniela Coelli
Dei musicisti stanno accordando gli strumenti. un cerimoniere li esorta ad
affrettare la preparazione, poi si rivolge al pubblico ribadendo alcune regole:
MUSICA
Cerimoniere: (lui e lei)
Illustrissimi gentiluomini e gentil donne vi ringraziamo della vostra
partecipazione al gran banchetto che si terrà tra non molto nelle fastose sale
di questa corte e per l’occasione vorremmo sprecar qualche parola cominciando da
quello che potrebbe a molti parer frivolo: cioè quello che io stimo che si
convenga di fare, per potere, in comunicando et in usando con le genti, essere
costumato e piacevole e di bella maniera: con ciò, non istà bene grattarsi
sedendo a tavola, e nel medesimo tempo voglia l’uomo guardarsi dallo sputare e
se pur si fa, facciasi per acconcio modo. Io ho più volte udito che si sono
trovate delle nationi così sobrie che non isputavano già mai: ben possiamo noi
tenercene per breve spatio! Dobbiamo anco guardarci di prendere il cibo si
ingordamente che perciò si generi singhiozzo o altro spiacevole atto, non istà
medesimamente bene a fregarsi i denti con la tovagliuola e meno col dito, che
sono atti difformi; nè risciacquarsi la bocca e sputare il vino in palese; nè in
levandosi da tavola portar lo stecco a guiso d’uccello che faccia il suo nido, o
sopra l’orecchia come barbieri, è gentil costume.
1) canto di apertura per presentazione vivande e inizio banchetto.
Cerimoniere: (lui)
Come prima portata saranno serviti:
involtini di polpa di cappone fritti e ricoperti di zucchero; quaglie, polpette
e fegati di cappone arrostiti, fagiani arrosto con arancie spaccate, zuppa di
cipolle con sfogliatelle di pinoli, code di trote in carpione con limoni
tagliati, barbi fritti, dentici in brodetto e anguille in pasta reale....
Lei:
“ s’io avessi le lingue a mille a mille
E fussi tutto bocca, labra e denti,
io non direi le laudi dell’anguille....
chi s’intendesse di geometria
vedrebbe ch’all’anguilla corrisponde
la più capace figura che sia.
Tutte le cose che son lunghe e tonde
Hanno in se stesse più perfezione
Che quelle ove altra forma si nasconde,
eccenè in pronto la dimostrazione
chè’ buchi tondi e le cerchia e l’anella
son per le cose di questa ragione.
Vivace bestia che nell’acqua cresce
E vive in terra e in acqua, e in acqua e in terra,
entra a sua posta ove la vòle, et esce,
quant’un più con la man la stringe e serra.
Cerimoniere: (lui)
.....non istà bene fare atto alcuno per lo quale altri mostri che gli sia
grandemente piaciuta la vivanda o’l vino, che sono costumi da tavernieri e da
Cinciglioni!
Cerimoniere (lei) come tornando in se.
_ Non istà bene abbandonarsi a guisa di porci col grifo nella broda, non levar
mai alto il viso e mai non rimuover gli occhi, e molto meno le mani dalle
vivande; e con ambedue le gote gonfiate, come se si sonasse la tromba o si
soffiasse nel fuoco, non mangiare, ma trangugiare, imbrattandosi le mani poco
meno che fino al gomito; conciare in guisa le tovagliuole che le pezze delle
latrine sono più nette, con le quali tovagliuole anco molto spesso non ci si
vergogna di rasciugare il sudore che, per lo affrettarsi e per lo soverchio
mangiare, gocciola e cade loro dalla fronte e dal viso e d’ intorno al collo, et
anco di nettarsi con esse il naso, quando voglia ne viene...Veramente questi
così fatti non meritarebbono di essere ricevuti, ma doverebbono essere scacciati
per tutto là dove costumati uomeni fossero...
LUI :
....come in quel famoso monasterio quel monaco di età matura.... Aveva costui,
don Pomporio si chiamava, un piatello, al quale aveva posto il nome oratorio di
devozione, e a misura teneva sette gran scutelle di minestra. E oltre il
companatico, ogni giorno, sia desinare come a cena, l’ empiva di broda o di
qualche altra sorte di minestra, non lasciandone pur una minuzia andare a male.
E tutte le reliquie ch’agli altri monaci sopravanzavano, quantunque lorde e
sozze fusseno, nientedimeno tutte, come affamato lupo, le divorava. Ma quanto
più li monaci lo correggevano, tanto maggiormente li cresceva l’animo di
aggiunger la broda al suo oratorio, non curandosi di riprensione alcuna. Aveva
il porcone una virtù in sé, che mai si corocciava; e ciascuno contra di lui
poteva dir ciò che li pareva, ché non l’aveva a male. Avenne ch’un giorno fu al
padre abbate accusato; il quale, udita la querela, fecelo a sé venire; e
dissegli:
“ Don Pomporio, mi è sta’fatta una gran conscienzia de’ fatti vostri, la quale,
oltre che contiene gran vergogna, genera scandolo a tutto il monasterio.”
Rispose don Pomporio:
“ e che opposizione fanno contra me questi accusatori? Io sono il più mansueto e
il più pacifico monaco che nel vostro monasterio sia; né mai molesto né do
impaccio ad alcuno, ma vivo con tranquillità e quiete, e se d’altrui sono
ingiuriato, sofferisco pazientemente, né per questo mi scandoleggio.”
Disse l’abate:
“ parvi questo lodevole atto? Voi avete un piatello non da religioso, ma da
fetente porco, nel quale, oltre l’ordinario vostro, ponete tutte le reliquie che
sopravanzano agli altri; e senza rispetto e senza vergogna, non come umana
creatura, né come religioso, ma come affamata bestia, quelle divorate. Non vi
fate coscienza, grossolano e uomo da poco, che tutti vi tengono il suo buffone?”
Rispose don Pomporio:
“ e come, padre abbate, deverei vergognarmi? Noi siamo alla condizione di quelli
che portano le zerle dietro le spalle; perciò che ogn’un vede quella del
compagno, ma non vede la sua. S’ancor io mangiasse di cibi sontuosi, come i gran
signori fanno, certo io mangerei assai meno di quello ch’io fo. Ma mangiando
cibi grossi, che agevolmente si digeriscono, non mi par vergogna il molto
mangiare.”
L’abbate, che con buoni capponi, fasciani, francolini e altre sorti di uccelli
col priore e altri amici sontuosamente viveva, s’avide del parlare ch’aveva
fatto il monaco; e temendo che apertamente non lo scoprisse, l’assolse,
imponendogli che a suo bel grado mangiasse: e chi non sapeva ben mangiare e
bere, il danno fusse suo.
2) Canzone
Cerimoniere: (lei e lui)
Seguiranno poi, come Seconda portata, dei bei polpettoni ripieni accompagnate da
salsicce bianche in padella, animelle di vitello fritte e spolverate di zucchero
e cannella, capponi alla tedesca in vino dolce con macis, pasticci casalinghi di
piccioni, carpioni fritti, rombi in pezzi, code e zampe di gamberoni fritte con
aceto sopra, pasticci d’uova di trota, pasta di mandorle alla napoletana
e....Trionfo di patè a guisa di gran bertuccia con contorno d’uve grossissime
san colombiane.
Fiammetta
Io, se permettete avrei a dire qualcosa di vero e ardente...parola di Fiammetta
de Michelis che modestia a parte conosce bene gli uomini di ogni ceto, e di
frati ho avuto modo di frequentarne molti , uno di questi , gran mangiatore, era
un vecchio grimo, grinzo, rancio, alto, grosso e con una pancia gonfia come il
ventre di una vacca gravida. Si imbriacò di me; e io della sua borsa; e potendo
tanto godere del piacere amoroso, quanto delle croste del pane uno sdentato, si
(s)passava in toccarmi, in biasciarmi e in popparmi; nè per tartufi né per
carciofi potè mai drizzare il palo; e se pur pure lo alzava un poco , tosto
ricadeva giuso, non altrimenti che un lumicino che non ha più olio, che mentre
mostra di raccendersi si spegne, né gli giovava menare né rimenare né dito nel
fischio né sotto i sonagli! Ma mangiare questo si, che il vecchio frate sapea
fare....ingoiava in un sol boccone un piccione arrostito o bollito, divorava
venti capponi e sorbiva quattrocento uova! Il nostro frate o monaco che fosse,
schiattò, si dice, dopo aver trangugiato l’abito di un venditore ambulante,
tutto impiastricciato di grasso. Sulla sua tomba gli lasciai questo epitaffio:
Qui giace un frate forte in ghiottoneria, forte in bestialità esternamente un
porco, internamente un putridume finchè visse; adesso un fetore di cimitero! Non
accordargli ne acqua santa né acqua benedetta, né preghiera, viandante; ma
soltanto se vuoi fare cosa gradita alla sua anima, versa sulla sua tomba un po’
di vino. Ogni altra cosa sarebbe perduta; perché egli ebbe poca fede quantunque
simulasse la pietà; ma era per sfuggire ad una fatica peggiore, fra i suoi
fratelli fu più un buffone che un compagno e frequentò più la cucina che la
sagrestia, amava scherzare col bicchiere in mano per dire tutto in una parola,
votò la sua anima al fuoco, il suo nome alla vergogna. Perciò se non vuoi cader
morto, vattene in fretta viandante da questa bianca croce di pietra.
Ma il mondo della chiesa non è soltanto questo...ve ne era uno, ad esempio, che
conobbi in vaticano...non era proprio un frate..anzi era un duca si chiamava
Cesare ma tutti lo chiamavano il duca di Valentino ed era assai generoso...fu
l’unico a prendermi il cuore .....mi fece invitare assieme ad altre cinquanta
femmine, alcune erano di basso rango, è vero, diciamo “da lume”, ed altre del
tipo....“onesto”..come me; ma sulla bellezza nostra non si poteva discutere.
Eravamo tutte della stessa zona, tra via dei Coronari e tor di nona...ci fecero
portare in carrozza vestite da uomini fin dentro la santa sede. Poi...
Cerimoniere: (lui)
Schernire non si dèe mai persona, quantunque inimica, perché maggior segno di
dispregio pare che si faccia schernendo che ingiuriando, sia che le ingiurie si
fanno o per istizza o per alcuna cupidità: si, che dello ingiuriato si fa alcuna
stima e dello schernito niuna o picciolissima. Et è lo scherno un prender la
vergogna che noi facciamo altrui a diletto sanza pro alcuno di noi, per la
qualcosa si vuole nella usanza astenersi di schernire nessuno. Similmente chi si
ride d’alcuno sformato o malfatto o sparuto o picciolo, o di sciocchezza che
altri dica fa la festa e le risa grandi, e chi si diletta a far arrossire
altrui: i quali dispettosi modi sono meritatamente odiati.
3) Aria buffa.
Cerimoniere (lui e lei)
Terza portata: pernici arrosto con salsa reale , conigli tortore e capponi
ripieni alla lombarda, piccioni casalinghi ripieni con cedri tagliati, le parti
migliori di alcuni pesci arrostiti con zucchero e cannella, pesciolini fritti
coperti di salsa dolce con pinoli canditi, trota in brodetto alla comacchiese,
lamprede arrosto con salsa, tortino di castagne.
4 /A) canzone sul tradimento (prima parte)
Cesare Borgia
.....mi ricordo ancora quando una domenica dopo aver cenato, io, sua santità e
Lucrezia stessa, vedemmo danzare cinquanta cortigiane con gli scudieri e i
servitori, le facemmo arrivare vestite da perfetti “gentiluomini” per non dare
nell’occhio...ma poi, una volta nude, si mostrarono in tutta la loro infinita
bellezza........furono piazzati simmetricamente dei candelabri a terra , e si
sparse sul pavimento una quantità di castagne, che le cinquanta donne, sempre
nude , dovevano raccogliere camminando a quattro zampe fra le fiaccole ardenti.
Il papa Alessandro e Lucrezia, che guardavano questo spettacolo dalla tribuna,
incoraggiavano con applausi le più agili e le più svelte che ricevettero in
premio molte giarrettiere ricamate, molte scarpine di velluto e molti berrettini
di stoffa d’oro e di pizzo. Tra di loro ve ne era una particolarmente bella e
astuta...si chiamava Fiammetta e i suoi occhi promettevano una voluttà
inimmaginabile, la sua voce era flautata e sapeva cullarti nell’irrealtà....le
regalai una sciarpa di seta color porpora e avvicinando la bocca vicino al mio
orecchio, bisbigliando, mi disse “sai, questa stoffa rossa ha sugellato qualcosa
di profondo tra noi, più profondo dello stesso sangue e più forte del sigillo
che il papa pone sulle carte che donano vita o morte a suo piacimento”.....non
la dimenticai facilmente e da quel giorno la feci chiamare spesso e io stesso
tornai a trovarla molte volte....Un regno era finito a Firenze con la morte di
Lorenzo il magnifico e uno nuovo a Roma era alle porte...era quello di Rodrigo
Borgia con l’investitura di Alessandro sesto... mio padre....le nomine erano gia
state eseguite: c’erano i nuovi cardinali; mia sorella Lucrezia non venne alla
cena, preferì rimanere in disparte...Pagato il prezzo della loro simonia e
vendute le cariche vacanti, il papa scelse quelli che doveva avvelenare. Il
numero fissato fu di tre, uno vecchio e due nuovi. Invitammo i prescelti in una
vigna situata vicino al vaticano. Fin dal mattino avevamo mandato servitori e
maggiordomi per i preparativi e io in persona avevo consegnato al cantiniere di
sua santità due bottiglie di vino mescolato a quella polvere bianca che
assomigliava allo zucchero e di cui spesso avevo gia provato le proprietà
mortali, raccomandandogli di servire quel vino solo quando glielo avessi
ordinato e solo alle persone che gli avrei indicato! Il cantiniere aveva posato
quel vino su una credenza , raccomandando ai valletti di non toccarlo per
nessuna ragione perché era un vino riservato al papa.
Verso sera ,Alessandro sesto usci a piedi in vaticano, sotto l’appoggio del mio
braccio e ci dirigemmo, assieme al cardinal Carafa, verso la vigna dove la cena
ci attendeva, siccome faceva un gran caldo e la salita era piuttosto erta, il
papa si fermò un momento per riprendere fiato. In quel momento, toccandosi il
petto, si accorse di aver dimenticato nella sua camera una catena che era solito
portare e da cui pendeva un medaglione d’oro che rinchiudeva un’ostia
consacrata, aveva preso quell’abitudine per la profezia di un astrologo che gli
aveva assicurato che né ferro né veleno avrebbero avuto presa su di lui finchè
avesse portato sul suo corpo un’ostia consacrata . non potendo restare senza il
suo talismano , ordinò a monsignor Carafa di correre subito al vaticano e gli
spiegò in che posto l’aveva lasciato, affinché glielo portasse immediatamente.
Poi, siccome la camminata gli aveva messo sete , si girò verso un valletto e gli
chiese da bere; anche io assetato , gli dissi di portare due bicchieri. Per una
strana coincidenza , il cantiniere era appena andato in vaticano per prendere
delle belle pesche che erano state offerte al papa quel giorno stesso e che lui
si era dimenticato di portare. Il valletto si rivolse dunque al vice cantiniere,
che sua santità e monsignor il duca di Romagna avevano sete e chiedevano da
bere. Il vice cantiniere, sapendo che le due bottiglie di vino messe da parte
erano riservate al papa, ne prese una , e afferrati i due bicchieri da un
vassoio versò quel vino....fu così che tutti e due , io e sua santità bevemmo
senza dubitare che fosse avvelenato.
4/B) canzone sul tradimento (seconda parte)
5) Canzone straniera sul brindisi. (spagnola)
Cerimoniere: (lui)
sconvenevol costume è anco, quando alcuno mette il naso in sul bicchier del vino
che altri ha a bere, per cagion di fiutarlo, anzi non vorre’io che egli fiutasse
pur quello che egli stesso dee bersi, poscia che dal naso possono cader di
quelle cose che l’uomo ave a schifo. Nè per mio consiglio porgerai tu a bere
altrui quel bicchier di vino al quale tu arai posto bocca et assaggiatolo, salvo
che egli non fosse teco più che domestico.
lo invitare a bere ( la qual usanza, si come non nostra, noi nominiamo col
vocabolo forestiero, cioè “ far brindisi”) è verso di se biasimevole e nelle
nostre contrade non è ancora venuto in uso, si che egli non si dee fare; e, se
altri inviterà te, potrai agevolmente non accettar lo invito e dire che tu ti
arrendi per vinto, ringraziandolo, oppure assaggiando il vino per cortesia,
sanza altamente bere.
Cerimoniere: (lei) nervosamente
Quarta portata: piccioni casalinghi a pezzi, pernici in brodo grasso, porchette
di latte arrostite, barbi alla griglia con salsa, passerotti fritti caldi con
arance spaccate, aguglie fritte, tortine di frumento all’anice e canditi,
pasticcio di vitello giovane, lombata di manzo arrosto con salsa alla tedesca.
Cerimoniere: (lui)
non istà bene che altri si adiri a tavola, che che si avenga; et adirandosi no’l
dee mostrare, ne del suo cruccio dee fare alcun segno, e massimamente se tu arai
forestieri a mangiar con esso teco, perciò che tu gli hai chiamati a letizia, et
ora gli attristi; con ciò sia che, come gli agrumi che gli altri mangia, te
veggente, allegano i denti anco a te, così il veder che gli altri si cruccia.
Cerimoniere: (lei) (mansueta)
Quinta portata: capretti ripieni arrostiti,capponi in pasta, piccioni ripieni
alla lombarda arrosto con salsa francese, lucci al sale ricoperti con salsa
gialla, trote al vino alla ungherese con fette di pane, rombi fritti coperti di
salsa e mostarda, sarde fritte con arance e zucchero, pasticci di pasta reale
ripieni di riso alla turca, frittelli ricoperti di zucchero. Vino francese.
6) canzone francese (delicata)
Cerimoniere : (lei)
Si dèe sapere che gli uomini sono molto vaghi della bellezza e della misura e
della convenevolezza e, per lo contrario delle sozze cose e contraffatte e
difformi sono schifi: e questo è spetial nostro privilegio, chè gli altri
animali non sanno conoscere che sia né bellezza né misura alcuna; e perciò, come
cose non comuni con le bestie, ma proprie nostre, debbiam noi apprezzarle per se
medesime et averle care assai.
Poesia ironica sull’amata (lui)
Chiome d’argento fino, irte e attorte
Senz’arte intorno ad un bel viso d’oro;
fronte crespa, u’mirando io mi scoloro,
dove spunta i suoi strali amore e morte;
occhi di perle vaghi, luci torte
da ogni obietto diseguale a loro,
ciglie di neve, e quelle ond’io m’accoro,
dita e man dolcemente grosse e corte;
labra di latte, bocca ampia, celeste,
denti d’ebano rari e pellegrini;
inaudita ineffabile armonia;
costumi alteri e gravi: a voa, divini
servi d’amor, palese fò che queste
son le bellezze della donna mia.
Cerimoniere: (lei)
Vuole essere la bellezza unicità e la bruttezza per lo contrario è molteplicità,
si come tu vedi che sono i visi delle belle e delle leggiadre giovani, perciò
che le fattezze di ciascuna di loro paion create pure per uno stesso viso; il
che nelle brutte non adiviene, perciò che , avendo elle gli occhi per aventura
molto grossi e rilevati, e’lnaso picciolo e le guancie paffute, e la bocca
piatta e’l mento in fuori, e la pelle bruna, pare che quel viso non sia di una
sola donna, ma sia composto d’i visi di molte e fatto a pezzi.
7) Canzone con tema d’amore.
Cesare Borgia
......nel frattempo il cardinal Carafa, trovata la catena d’oro col medaglione ,
la prese e uscì di corsa per portarla al papa. Quando arrivò, la cena era
servita e sua santità stava per mettersi a tavola con i suoi commensali. Appena
lo vide , il papa, pallidissimo, fece un passo verso di lui; Carafa gli porse il
medaglione ma, nel momento in cui il pontefice allungava la mano per prenderlo,
con un grido cadde riverso in preda a violente convulsioni. Qualche minuto dopo,
mentre avanzavo per portargli aiuto, anche io fui colto dallo stesso malore:
l’effetto del veleno era stato più rapido del solito perché io stesso ne avevo
raddoppiato la dose e siccome eravamo molto accaldati quando l’avevamo bevuto,
la sua potenza era aumentata. Fummo trasportati in vaticano e ognuno sistemato
nel proprio appartamento; da quel momento non ci saremmo più rivisti....non
appena al letto, sua santità, fu colto da una febbre violenta che non fu vinta
né da emetici, ne da salassi ; sicchè ben presto gli fu somministrata l’estrema
unzione. Tuttavia la sua forte costituzione , che sembrava aver ingannato la
vecchiaia , combattè otto giorni contro la morte . dopo quegli otto giorni di
agonia , morì senza aver nominato una sola volta, me, o Lucrezia...aveva
settantadue anni e aveva regnato per undici anni.....dopo la sua morte si trovò
questa epigrafe scritta sulla pietra: “vendit alexander claves, altaria,
christum. Emerat ille prius, vendere jure potest” cioè: “Alessandro ha venduto
le chiavi , gli altari e il cristo. Aveva il diritto di venderli poiché li aveva
comprati”
8) canzone requiem latino
Fiammetta
(fiammetta srotola una pergamena chiusa da un’importante sigillo rosso di cera
lacca e ne legge il contenuto)
“Mia dolce Fiammetta, ricordo ancora quando per mirarti meglio passavo sotto la
tua finestra, sapendo di trovarti affacciata, non potendo fermarmi con la
carrozza per non compromettermi, io non rinunciavo alla tua vista; mi ero fatto
costruire una grata sopra il tetto e dando ordine al cocchiere di passare più
lentamente che poteva, alzavo il viso e riuscivo a vederti e ad ingoiare la tua
immagine per tenerla dentro più a lungo possibile, perlomeno fino a quando non
ci saremmo rivisti...ma adesso perdonami se non mi sentirai...forse per molto
tempo, ci sono cose più grandi di noi che a volte ci sovrastano e sul quale pare
non possiamo ribellarci..devo risolvere le mie pene corporali e tribolazioni che
affliggono in questo momento la mia testa e le mie povere membra mortali, ma non
ti ho dimenticato e ho fatto in modo che la chiesa di S. Agostino, la tua
preferita, assieme anche alla casa tutta! (dalla quale ti affacciavi)
divenissero tue per sempre, così finalmente potrai sporgerti libera e cantare
come un dolce uccello e volare se vorrai...nel nostro ricordo e per
sempre....tuo C. B.” (Fiammetta richiude la lettera)
9) canzone; gioco musicale.
ritorno canzone/requiem latino: 8/b)
Cesare Borgia:
Io, sia che avessi bevuto meno di quel fatale beveraggio, sia che la mia
giovinezza avesse preso il sopravvento sul veleno, sia infine che, appena
tornato nel mio appartamento, avessi inghiottito un antidoto conosciuto da me
solo, non persi nemmeno per un attimo l’acuta percezione del mio drammatico
stato. Le cure prodigate per il papa erano state le stesse e identiche per me,
però agli emetici e ai salassi, erano stati aggiunti dei misteriosi bagni che io
stesso conoscevo, e che le stesse cure avevano guarito da gli stessi “mali” il
re di Ladislao di Napoli. Nella mia stanza c’erano quattro pali fissati al
pavimento e al soffitto , simili a quel monumentale ordigno su cui i maniscalchi
ferrano i cavalli. Ogni giorno facevo portare un toro. Rovesciato sul dorso e
legato per le zampe ai quattro pali , gli facevo praticare un taglio nel ventre
, taglio da cui venivano estratte le viscere.....poi mi infilavo in quella vasca
ancora vivente, facendo un bagno di sangue. Morto il toro uscivo facendomi
avvolgere da panni bollenti. Dopo abbondanti sudorazioni mi sentivo quasi sempre
molto meglio ma nulla potè permettere al destino di trascinarmi via dal mondo
dei vivi, e dopo mille tormenta e disavventure fui trovato esanime il 1507 , su
un campo di battaglia sconosciuto....in seguito a una scaramuccia col vassallo
di un piccolo re....so soltanto che il mio ultimo pensiero è stato per te..mia
dolce Fiammetta e spero in qualche modo di rincontrarti un giorno...
10) Canzone sulla vita (canzone gioiosa)
Cerimoniere (lei)
Né a festa né a tavola si raccontino istorie maninconose, ne di piaghe ne di
malattie, ne di morti o di pestilentie, ne di altra dolorosa materia si faccia
mentione o ricordo: anzi, se altri in si fatte rammemorationi fosse caduto, si
dèè per acconcio modo e dolce scambiargli quella materia e mettergli per le mani
più lieto e più convenevole soggetto.
Ostriche arance e pere, lattemiele, cialdoni, albume e rosso, d’uovo sbattuto in
coppe....
Cerimoniere (Lui)
...Or m’allegro, or m’attristo, or rido, or gemo,
Di mia pena or m’affliggo, or mi compiaccio,
or m’adiro, or mi placo, or grido, or taccio,
or fuggo, or torno, or mi confido, or temo.
Ora moro, or rinasco, or’oso, or tremo,
or tento sciorre, or lego io stesso il laccio,
or gelo, or ardo, or mi rilevo, or giaccio,
or mi glorio, or mi pento, or cresco, or scemo.
Or me stesso offro ai colpi, or mi difendo,
or notte, or giorno bramo, or vita, or morte,
or chiamo aita al foco, or’io l’accendo.
Or’apro, ora ad amor chiudo le porte,
or piango, or canto, ora rifiuto, or prendo.
...................ma non c’è dolce senza amaro...quest’è la sorte.
Musica (armoniosa paradisiaca)
(Sul finir della canzone, lei, riferendosi alla musica appena sentita)
Fiammetta
Mio unico amore...quante puttane e quanti uomini ho tradito, assassinato e
scornati ai miei dì? Sempre però per difendermi, magari da un corteggiatore
deluso che pur di non ammettere i propri fallimenti si vendicava cercando di
sfregiarmi la faccia, con l’intento di rovinarmi per sempre...Ma se il mio corpo
di molti è stato, soltanto tua sarà per l’eternità la mia anima e tu lo
sai..(come se recitasse una filastrocca)...”.io so togliere il malocchio con
ogni sorta di esorcismi e scongiuri , come mi ha insegnato una vecchia, buona
guaritrice anche lei; so curare le indigestioni, i vermi, so prevenire e curare
il mal di reni, medicare la natura della donna e dell’uomo, liberare dalla
sordità, interpretare i sogni, leggere la fisionomia su una faccia, la
chiromanzia su una mano e pronosticare l’avvenire..”. ti ricordi quando mi
divertivo a raccontarti queste storie? Ebbene niente di tutto questo rappresenta
verità..giuro sulla lampada votiva che c’è sull’altare di S. Agostino che mai ho
potuto usare alcun sortilegio contro nessuno...nessuna tomba profanata , nessun
dente e occhio di morto, nessun imene di donna vergine o ombelicho di bambino e
unguenti malefici...ma ti chiedo ugualmente perdono perché ho paura di
comprendere l’origine del tuo male...avverto una certa tristezza che ti ha
colpito l’animo e una certa stanchezza del corpo.....mi parli di un pallore del
viso e di ulcere non differenti da quelle che si producono di solito dalla
fatica....beh...per questo male che forse temo, io stessa, averti trasmesso e
per il quale anche io ne stò pagando le amare conseguenze, non conosce
rimedio...so soltanto che “il mal Francese” è terribile male ...si dice che
tutto ebbe inizio un giorno in una città, dove molti soldati saccheggiarono case
di poveri e violentarono misere e innocenti donne scannandole senza pietà.
Finito lo scempio un tale volle vendere un materasso per un ducato , e come ebbe
tra le mani la moneta , gli usci un bubbone rotondo come il ducato stesso. Ecco
perché i bubboni di questo male sono rotondi; iniziò così a propagarsi la
malattia, contagiando tutti quelli che toccava, i quali erano subito presi da
dolori misteriosi e terribili. Per questo si dice il signore te ne preservi!
Perché esso è la piaga che il sesto Angelo sparse su quasi metà della
terra...alcuni dissero che l’origine è stato causato dagli stessi soldati che
per ribellarsi alla troppa morte vista e in preda alla pazzia riversarono nelle
condutture dell’acqua delle città, il sangue dei cani e dei lebbrosi...ma che
importa quale è stata l’origine: Dio vuole vendicarsi di troppo
odio!...(Fiammetta inizia a elencare il suo testamento) Oggi 19 febbraio 1512 io
Fiammetta Michaelis detta del duca di Valentino, scrivo stesura del seguente
testamento accolto col benestare della santa chiesa: lascio tutti i mie averi,
una casa, più altre due unite da una torre, una vigna, compresa la cappella
nella chiesa di S. agostino, a mio fratello Andrea Michaelis (mio vero
Fratello!) finchè rimanga in vita, e dopo la di lui morte tutte le mie proprietà
verranno donate ai monasteri Agostiniani di S. Maria della pace, e alla cappella
della concezione della beata vergine e S. Antonio da Padova, situata nella
basilica del principe degli apostoli di Roma nella cappella di papa Sisto; a
condizione che vi vengano celebrate ogni anno due messe per la pace dell’anima
mia e una ciascuno, per quelle di mia madre e mio fratello. E che i miei
desideri vengano rispettati fino a tre generazioni successive dopo la mia
dipartita.
11) Canzone (lamento di Arianna) (lei sola)
Cerimoniere: (lui)
Quantunque, secondo che io udii gia dire ad un valente uomo nostro vicino, gli
uomini abbiano molte volte bisogno di lagrimare come di ridere: e per tal
cagione egli affermava essere state da principio trovate le dolorose favole che
si chiamarono tragedie, acciò che, raccontate ne’ teatri ( come in quel tempo si
costumava di fare ) , tirassero le lagrime agli occhi di coloro che avevano di
ciò mestiere; e così eglino, piangendo, della loro infirmità guarissero. Ma ,
come ciò sia, a noi non istà bene di contristare gli animi delle persone con cui
favelliamo , massimamente colà dove si dimori per aver festa e sollazzo, e non
per piangere: chè, se pure alcuno è che infermi per vaghezza di lagrimare, assai
leggier cosa fia di medicarlo con la mostarda forte...
Lei:...e pezzi di vitello lardellato
Lui: et anco dèe l’uomo costumato
Lei: cotti nel proprio intingolo
Lui: astenersi dal molto sbadigliare
Lei: tacchino di campagna
Lui: oltre le predette cose
Lei: ripieno di castagne di lione
Lui: che par che venga da un cotal
Lei: piatto di cavoli alla tedesca irto
Lui: rincrescimento e da tedio
Lei: di salsicce e coronato di lardo
Lui: e colui che così spesso
Lei: affumicato
Lui: sbadiglia, amerebbe esser di più tosto
Lei: un tacchino tartufato
Lui: in altra parte che quivi
Lei: un pollo di sette libre
Lui: e dèe si l’uomo guardare di cantare
Lei: imbottito di tartufi
Lui: specialmente solo
Lei: finchè diventi uno sferoide!
Lui: se egli ha voce discordata e difforme
Lei: quaglia tartufata
Lui: dalla qual cosa,
Lei: schiacciata a sfera
Lui: pochi sanno che si riguardino
Lei: su crostini imburrati con sapore di basilico
Sottofondo musica in crescendo
Lui e lei (all’unisono in crescendo)
Lui: lei:
....con ciò, io vorrei ribadire ...piccioni casalinghi in salsa
Alcune regole che io stimo si grassa, polpa di faggiani in
convenga di fare: non istà bene crema tedesca, lombata
grattarsi sedendo a tavola; arrosto, zuppa nera con
dobbiamo anco guardarci di mandorle candite, pavoni in
prendere il cibo sìi ingordamente, brodo, capretti ripieni, lucci
non risciacquarsi la bocca, non al sale, capponi in pasta e salsa
sputare. Non istà bene gialla, passerotti fritti caldi,
abbandonarsi a guisa di porci, barbi alla griglia, pasticcio di vitello,
non asciugarsi il sudore in salsa francese, gelatina di
con i tovagliuoli. Schernire non anguille, pernici arrosto, conigli,
si dèe mai persona, sconvenevol tortore e maialini da latte con
costume è anco quando alcuno cedri spaccati, uova di trote con
mette il naso in sul bicchiere del mandorle alla napoletana,
vino, o fiutarlo; poscia che dal cosciotti di capriolo in teglia,
naso posson cader di quelle cose castrato lardellato e scottato
che l’uomo ave a schifo, non istà in padella, tacchino cotto nel
bene che altri si adiri a tavola. Vino e nel proprio sugo, pasticcio
Né a festa né a tavola si raccontino di fegato grasso bagnato in salsa di
Istorie Malinconiose, né di piaghe gamberi e posati su crostini,
o malattie, o di morti o pestilentie, ostriche, arance pere, lattemiele,
non sbadigliare. Et infine, dèe s’ì cialdoni, albume sbattuto in coppa,
l’uomo guardarsi di cantare, biscotti al cioccolato belga, castagne
specialmente se egli ha la voce glassate con panna e spolverate con
discordata e difforme... Polvere di Vaniglia e zucchero....
Fine.