ASSI SCONNESSE SU STRUTTURA ASCENDENTE.

di

Alberto Bassetti

 

 

Il boccascena è chiuso da una rustica costruzione di assi di legno, greve ed accostate senza precisione, fino all'altezza dei due terzi. Quattro occhi scrutano dalle fessure, illuminati.

 

 

A Ho fame. (pausa) Vorrei mangiarli.

 

B Chi?

 

A Loro!

 

B Loro?

 

A Quelli lì, seduti davanti a noi.

 

B (ride) Attento: sono loro che ci mangiano!

 

A Macché: io ho più fame di loro... Non abbiamo niente, qui; loro invece sono grassi. Voglio mangiarli!

 

B Dovrai ucciderli tutti, prima.

 

 

Lunga pausa.

 

 

A Chi sono?

 

B Non lo vedi?

 

A (insistendo) Allora?

 

B Gente.

 

A Cosa vogliono?

 

B Guardare.

 

 

A Guardare chi?

 

B Altra gente.

 

 

Pausa.

 

 

A Quale gente?

 

B Gente che si muove, parla, litiga. Però, su un palcoscenico.

 

A Cos'è un palcoscenico?

 

B Un luogo. Qualcuno dice sia un luogo della mente, una metafora. Altri, che è semplicemente una serie di assi di legno.

 

A (i suoi occhi si illuminano. Sobbalza, cambia posizione scrutando da un'altra feritoia, seguito dalla luce) Allora noi siamo su un palcoscenico? Perché queste, sono assi (le batte, come bussando) di legno!

 

 

Pausa

 

 

B Forse.

 

A Forse?... Ma se è così, quelli, sono qui per guardare noi!

 

B Sì, ma tanto non possono vederci. Credono di poterlo fare: ma noi siamo rinchiusi, ricoperti da questa parete. Protetti.

 

A E loro, lo sono?

 

B Loro? A loro non serve protezione: sono liberi. Di alzarsi, andarsene.

 

A Dove?

 

B Che ne so'?... A casa loro.

 

A E com'è fatta: 'casa loro'?

 

B Beh... Una porta... Dentro, tante porte... Muri, tanti muri.

 

A Allora è come qua.

 

B No, è diverso.

 

A Perché: i loro muri non sono di legno?

 

B No: sono più duri, più resistenti. Mattoni, cemento.

 

A Ma allora è peggio... (ride) Stanno peggio di noi!

 

B No, perché loro possono uscire, quando vogliono, da lì, o da qualunque altro posto.

 

A E dove vanno?

 

B Te l'ho detto: dove gli pare!

 

 

Pausa.

 

 

B Qualcuno viene qui...

 

A Chi?

 

B I migliori. I peggiori.

 

A Perché?

 

B Vengono perché ci amano. Vengono perché ci odiano.

 

A Sono scemi. Non lo sanno neanche loro.

 

B Tu, tu sei scemo. Tu, lo sai perché sei qui?

 

 

A No, non lo so.

 

 

Pausa.

 

 

A Però, non sono scemo.... Io non posso andarmene: sono costretto a stare qui!

 

B Non è vero!

 

A No? Allora voglio andarmene.

 

 

Da un colpo ad una tavola che cade; mostrando, dietro, un pezzo di struttura metallica, e la sua gamba. Lui si inchina, per meglio osservare. Ora mostra perciò la sua intera faccia.

 

 

A Lo vedi?... E' così: ci sono le sbarre. Prigionieri!

 

B Macché hai visto le assi? Basta un calcio!

 

A (toccando la base dell'intelaiatura) Ma questo è metallo. (Prende a scuoterlo) Fissato: non si sposta!

 

B Volontà: non ci vuole nulla, come per le assi.

 

A Nulla? Allora provaci, fallo tu!

 

B Perché? Io non voglio andarmene. Io osservo. Qui dietro: protetto. Sto bene.

 

A Stai bene? (si rialza. Sono di nuovo solo quattro occhi).

 

B Non lo so, ma vivo. Sopravvivo.

 

A Chi ti protegge?

 

B Nessuno. Questa barriera.

 

 

A Questa barriera ti limita. cosa o persona: chi ci protegge ci limita.

 

B Finché non cambia nulla, nulla può succedermi. Non voglio cambiare, rischiare... Di perdere.

 

A Il nulla che ora abbiamo.

 

B Quello che loro ci danno. Qui, sono al sicuro.

 

 

Pausa.

 

 

A Ma invece già succede qualcosa: invecchio. Sarò diventato vecchio, e non avrò visto niente, fuori. Non succede mai nulla, quassù.

 

B Neanche altrove. E' solo illusione.

 

A E la tua: paura!

 

B Paura? Guarda! (dà col braccio un colpo ad un'asse ad un metro e mezzo circa di altezza. Essa cade) Vedi? (ironico, ripete la frase dell'altro) "Non succede mai niente"... Guarda, come muovo il braccio! Anzi, guarda: tutt'e due, le tiro fuori tutt'e due: (sporge le braccia oltre le sbarre) guarda come si muovono, fluttuano nell'aria, libere, oltre la grata... Lievi, magiche. (le sue braccia illuminate compiono movimenti coordinati) Io, io sono libero: posso muovermi! Guardali, guarda loro, davanti a noi: non possono muoversi, non possono farlo. Si provassero a tirare su le braccia, a muoverle così: non potrebbero! Urlassero! (urlando) Urlassero come faccio io: aaaaahhhgghh!!! Non possono, non possono farlo! Loro: gli schiavi! (gesticola ancora per diversi secondi, in silenzio; poi, le braccia cadono giù come quelle di una marionetta, ancora contro le assi).

 

 

Lunga pausa.

 

 

A Perché non possono farlo?

 

B Per le convenzioni. Per le regole. Te li immagini lì, seduti: mettersi ad urlare, ad agitar le braccia? (prende a muovere le proprie come una marionetta)

 

 

A Ah ah! (breve risata) Certo sarebbero buffi... (serio) E noi, lo siamo ... Buffi?

 

B Sì, ma noi possiamo esserlo... Dobbiamo.

 

A Io voglio esser serio!

 

B Sarebbe peggio: tanti ci provano, si prendono troppo sul serio e .... Vogliono essere 'realisti', ma non si può... Se stimo quassù...

 

A Io voglio essere quel che sono: dire solo cose vere!

 

B Che qui suonerebbero false, perché noi... Un tempo, ci chiamavano 'hypocrites'... Sono le nostre regole... Loro ne hanno alcune, noi altre.

 

A Tutti, tutti con queste regole. Allora accordiamoci: noi, loro. Abbattiamole!

 

B Ma noi le abbiamo già infrante, quelle regole, le loro regole. Infatti siamo qui!

 

A E così ora ne abbiamo ancora di più.

 

B Ma altre.

 

A Infrante... Chiaro! E' per questo... La punizione... E' per questo che siamo qui?

 

B Anche.

 

A Allora non voglio infrangere più niente, me ne frego! Voglio solo andarmene, via!

 

B Dove?

 

A Dovunque.

 

B Hai prenotato?

 

A Cosa?

 

B Qualsiasi cosa! Qualsiasi posto ove tu voglia recarti: fuori, è così ... D'altronde è come qui da noi: ci vuole la prenotazione.

 

 

Pausa.

 

 

B (deridendolo) Non hai prenotato. Perciò, non puoi andare da nessuna parte.

 

 

Pausa.

 

 

A E invece sì: ho prenotato.

 

B Dove?

 

A Lontano.

 

B (ride, comprendendo il 'bluff') Non sai uscire da queste mura, lo vedi?

 

 

Pausa.

 

 

A (frenetico) E invece sì: esco! (con calci e pugni butta giù altre assi).

 

 

Dietro l'intelaiatura metallica s'intravede la vuota struttura dal palcoscenico. Ora un lato è parzialmente scoperto, soprattutto in basso.

 

 

A (aggrappandosi alle sbarre di metallo giunge ad affacciarsi oltre la barriera, in altro per cui ne vediamo quasi solo viso e gambe) Ora, il mondo è mio!... (guarda la platea) Voglio scendere tra loro, nel mondo!

 

B (anch'egli spostandosi sul lato più scoperto, guardando il pubblico) Loro non sono il mondo. Questo è il mondo: qui! Siamo noi, il mondo!

 

A Parole.

 

 

B Parole? E allora: sai loro cosa sono? Manichini: sono solo dei manichini.

 

A Forse. Ma sono sempre persone.

 

B (ride) No, no: non dicevo per disprezzarli. E' la verità: sono dei manichini, sagome, pupazzi... E' tanto tempo che il mondo, là fuori, non esiste più.

 

A (colpito) Come?... Non sono come noi... Persone?...

 

B No: è tanto tempo che nessuno veniva più.

 

A Perché?

 

B Forse si annoiavano. Oppure erano distratti, (scrollando le spalle) ma tanto ora... Te l'ho detto: il mondo non esiste più.

 

A Il nostro mondo, vuoi dire?

 

B (con naturalezza) Il mondo.

 

A Vuoi dire che fuori... Non esiste... Più? (urla) No!!! (sembra voler salire ancora mentre B gli si aggrappa alle gambe cercando di riportarlo giù) Lasciami! Voglio saltare: giù.

 

B Ti spezzerai. Ti ammazzerai. Scendi. Da questa parte.

 

A Non ho paura: guarda. (arrampicandosi, monta a cavalcioni sulla struttura) E' facile.

 

B Certo che è facile. Si può fare. Ma non ce n'è bisogno.

 

A (guardando sotto un po' preoccupato) E' un po' alto.

 

B Scendi. C'è un cancello nella struttura. Basta togliere le assi.

 

A Non ci credo. Scendo da qui (scavalca e sta aggrappato con le mani dalla parte esterna della parete, penzolando verso la platea) Basta fare il salto.

 

B (affacciandosi tra le grate, guardandolo dal basso). Non farlo.

 

 

A Perché?

 

B Perché. Vogliamo ricominciare tutto daccapo? Con le spiegazioni?

 

A (allarmato) No. Figurati, poi: io fatico molto più di te!

 

B Questo è da dimostrarsi! Credi che sia divertente star qui così, con la testa tra questi ferri? Se solo scivoli, se cadi: mi uccidi. Potresti fracassarmi la testa.

 

A Togliti. Tirati dentro.

 

B Resterei solo.

 

A E allora? (pausa) Vieni con me.

 

B Non posso. Dove? Te l'ho detto che il mondo non esiste. Solo fantasmi, fuori. Manichini. Pupazzi.

 

 

A torna a sedere sul limite della struttura.

 

 

A Menti: la quassù vedo bene. (osserva la platea) Alcuni si muovono. Sono esseri umani. Veri, come noi.

 

B Noi?... Neanche noi siamo veri. Noi: manichini, pupazzi, burattini, maschere.

 

A Sì, invece: siamo veri. Perché possiamo anche noi cambiare, mutare. Ribellandoci, uscendo.

 

B No, non si può.

 

A E' così che restiamo schiavi! Credendo, convincendoci di esserlo! Ma ora cambierà. (ridiscende, dalla parte interna dal palcoscenico)

 

B Che vuoi fare?

 

A Ora lo vedrai. (prende a far cadere ad una ad una le assi della struttura) Aiutami.

 

 

B (rialzandosi, lo aiuta a togliere le assi rimaste, ma senza convinzione). Siamo ancora in tempo. Uscire allo scoperto è pericoloso.

 

A Ma necessario.

 

 

Le assi sono state tutte tolte.

 

 

A Ora, non c'è più bisogno di spiare. Possiamo vederlo, il mondo.

 

B Credi che quello sia il mondo? E' solo l'altra parte della nostra stessa gabbia.

 

A Già: ma questa gabbia io la lascio. Addio.

 

B Come?

 

A Aprendo la porta.

 

B (urla) E come?

 

A (deciso) L'hai detto tu, che c'è una porta. (lo afferra per il bavero).

 

B E' vero, la porta c'è ... Chiusa!

 

A (scuotendolo) Aprila!

 

B E come potrei?

 

A (lascia la presa. Per la prima volta parla 'recitando', grave) Aprila, o presto morrò qui sopra, appestato dal lezzo della tua putrefazione.

 

B (si rialza, riprendendosi) Il cancello è lì. (indica verso sinistra).

 

 

A va verso la parte d'inferriata indicata. Osserva la struttura e nota una serratura.

 

 

 

A Qui! (prova a scuotere) Non s'apre!

 

B C'è una chiave, fuori. Ora che non ci sono più le assi di legno, puoi vederla, e girarla.

 

A Ma come sai queste cose?

 

B Tutti lo sappiamo: è naturale, basta ragionarci su... Se così non fosse, saremmo davvero carcerati.

 

A E non lo siamo?

 

B (scrollando il capo) Tu non ragioni: sei solo istinto.

 

A Sì?... E allora fuori, liberiamolo questo 'istinto'! (tocca l'esterno trovando subito la chiave: la gira, spinge il piccolo cancello) Si apre... E' aperto! (si gira a guardare B). Dai, vieni.

 

 

Lunghi secondi d'immobilità.

 

 

C Dove andate? (gli altri lo guardano, senza rispondere) Se uscite di qui, saprete poi ritornare? Potrete, poi, ritornare?... O girerete invano, fuori nel mondo e nel peccato, per giacere poi, infine affranti, sui gradini di questo luogo di culto, la cui porta sarà ormai chiusa, per voi?... Eppure Iddio, nella sua infinita grazia, saprebbe ancora accogliervi, tra le sue braccia. Ma se cadendo nel peccato, là fuori, perirete... Non vi sarà stata grazia, perdono... Su di voi, dannazione! (breve pausa) Fuori di qui, non c'è salvezza per nessuno... (si slancia sulla grata restandovi aggrappato, asimmetricamente) Bruciare gli eretici non è peccato. E voi... Già pronti, sulle tavole di legno... Giocate col mondo ma il mondo non è vostro, no: è di Dio! ... Su di voi, dannazione! I teatranti, i teatranti sono un pericolo: presentano un mondo falso, inventato, diverso da quello da quello del Nostro Signore!... Potrebbero... Ma non serve più chiudere i teatri... Se li son chiusi da soli! Stanno zitti. O parlano. Straparlano. Così va bene. (nel dire queste parole si muove, come ruotando attorno al proprio ombelico, restando il più possibile parallelo al terreno) Il teatro non deve uscire per le strade, parlare del mondo, perché? Significante, contenuto ... (ha pronunciato le ultime due parole con scherno. Adirato, urla) La 'Festa dei pazzi', mai più: un buffone osannato! "Semel in anno, insavire licet". Un buffone che prende il posto di un vescovo: mai più! Di un papa: mai più! (urla, quasi con sofferenza) Su di voi, dannazione!.

 

 

 

Continua ancora a ruotare su se stesso come un ragno sulla propria tela, restando con le gambe verso l'altro, immobile; appeso per i piedi, reggendosi a testa in giù. La tonaca gli è quindi ricaduta addosso, lasciando scoperta la parte inferiore del suo corpo; scoprendo perciò sotto l'abito talare una tuta mimetica militare; ai piedi pesanti anfibi.

 

 

C Perché 'to play': giocare! ...Giocare e recitare: la stessa parola. Gli inglesi... Giocare, ma giocare è un gioco pericoloso, in questo mondo così pericoloso... Fuori, la gente non gioca; non scherza! Si parla, ma si sa quel che si dice? Nulla è scritto di quel che si dice, laggiù. Non è come quassù: basta imparare una parte, che c'è, stabile, scritta! (si sfila la tonaca restando appeso a testa in giù, teso, come su un impossibile 'attenti!') Ma anche qui da noi c'è un codice; ben scritto, chiaro, libero perché libero da fraintendimenti e deformazioni: preciso, infallibile, uno! Il mondo della disciplina, del comando, della gerarchia. (ha pronunciato quest'ultima frase con dolcezza, quasi tenera e commossa partecipazione. Ora invece urla) E se c'è un traditore, fucilatelo! (breve pausa) Perché il gioco più bello è quello che ci rimette in gioco, tutti, in tutto. Ma non per metafora, no: in realtà. Giocare con la propria vita, o meglio: le vite degli altri... Come soldatini... Avanti, avanti, avanti avanti avanti sempre avanti!!! E se c'è un traditore, fucilatelo!

 

 

Con un colpo di remi salta a terra, e prende a muoversi carponi, strisciando poi fino alle sbarre. Guarda la platea.

 

 

C Perché anche lì, il pericolo; anche lì, il nemico. (forte) L'ho visto, quello laggiù! (indica qualcuno in platea) Ha una bomba in tasca: vuole distruggere! Perché, perché tutto ciò? Se anche i cittadini perbene comincino ad usare le armi, a distruggere... Che sarà di noi? (pausa. Si rialza e scruta da vicino, con severità, i due) Che sarà di noi, della nostra Arma? Noi possiamo farlo, soli! Non uccidiamo per nostro tornaconto, ma per ordine superiore. Per un valore più altro: lo Stato. Noi: i sacrificati del dovere. I Patrioti. Noi: sacrificati per missione divina. Noi...

 

 

A e B indietreggiano, come disgustati, avviandosi all'uscita. Si girano, sembrano decisi ad imboccare la porta, quando la voce di C passa dal tono severo ad uno più caldo: addirittura dolce, suadente.

 

 

C Noi, che sacrifichiamo la nostra vita, per voi... (si apre la tuta, lasciandola cadere ai propri piedi, mostrandosi così in sottoveste nera, calze scure. E ancora gli anfibi) Figli, figli di questo Dio... di questa Patria... Di questa Madre... Che tutto trascura, per voi... Per proteggervi. Vostra madre, io: che son qui ora, ma che c'ero anche prima; prima di voi, perciò prima del mondo. (con slancio sofferto) Ahimè vi perderete! Io sono il porto, io la culla. Volete abbandonarmi, lasciarmi? Per cosa? Venite qui, non lasciatemi... (i due non si muovono. Lei resta con le braccia aperte; le riabbassa) Devo... Venire io? Ma sono vecchia, non posso muovermi. (comincia a camminare verso di loro, a piccoli passi, con difficoltà, poiché è impacciata dalla tuta che ancora le cinge le caviglie, Gli è vicino, cerca di accarezzarle i volti, I due si ritraggono, verso l'interno del palco. C ne approfitta per farsi sulla soglia, schiena al pubblico) Sfuggite alla vostra madre... (sorride, amara) Perché sono vecchia, ora: ma quando eravate piccoli, vi cullavo. (si accoccola e prende a muoversi come se tenesse in mano un lattante) Adesso siete grandi, belli. Volete altro, è logico... Cosa volete? (piano, sconsolata) Ahimè, vi perderete! C si risolleva, Scalcia via la tuta dai propri piedi, dopo averne tirato fuori di tasca un paio d'occhiali da sole scuri che indossa, ed un rossetto con un piccolo specchio. Si trucca, ora girata verso il pubblico, incorniciata dalla soglia

 

 

C Ecco cosa volete: credete non lo sappia? (si gira verso i due, che la osservano. Toglie anche la sottoveste, restando in mutande, calze e reggiseno. I due non sono spaventati, forse inorriditi, e si lanciano sulla struttura, arrampicandosi verso l'alto, a fuggire) E' questo che volete, questo di cui avete bisogno... Una donna: amare, liberarvi.

 

 

I due si ritraggono, C prende a salire. Insetti sulla tela. Quando il ragno tocca, l'insetto riprende a muoversi. Ormai A e B son giunti al limite: scavalcano, gettandosi a proscenio, scoperti, faccia alla platea. Sbilanciati dal salto, spauriti dall'aver compiuto l'atto, si aggrappano con le mani alla grata, Osservano la platea, scrutandola spaventati. Si girano verso l'interno, aggrappati alla struttura, dando le spalle al pubblico. Si vede C raccogliere la tuta, la sottana, togliere gli occhiali, uscire con lenti passi all'indietro, dal fondo da cui era entrato. A e B si voltano nuovamente verso la platea, ed i loro occhi sono spalancati dalla paura. Senza staccarsi dalla grata, procedeno verso la porta. B è già rientrato, mentre A sembra esitare, ma solo un attimo. Rientra, richiude il cancello con gesto veloce, quasi frenetico, girando la chiave, ancora sul lato esterno; la estrae, mostrandola all'altro con un cenno. B assente col capo, l'altro esita.

 

 

B Fallo.

 

 

A si accosta alla grata, gettando via la chiave. Si gira verso l'altro.

 

 

A (allargando le braccia) Ormai, per sempre.

 

 

La grata, dividendosi al centro, si apre scorrendo lateralmente. Ora la visuale è completamente libera; il palcoscenico spoglio. A è ancora nella stessa posizione; B è invece caduto in terra, attonito, a guardare. Avvisa l'altro con un gesto; questi si gira, ancora a braccia larghe. A sgrana gli occhi sbalordito. Poi abbozza un sorriso, via via sempre più aperto, come a volere imbonire il pubblico. B va ad accucciarsi dietro le sue gambe come per nascondersi. Invece prende a far capolino: sul viso ha una maschera. A guarda ora il pubblico ora B, che però si ritrae, invitandolo ad uscire, come temendo di fare brutta figura. Dopo diverse esortazioni si accorge della maschera e, spaventato, fa un salto all'indietro. Allora B, ormai allo scoperto, prende ad agitarsi con movenze arlecchinesche alternate a lenti movimenti, forse ispirati a certa danza indiana, ma comunque antichi, arcaici, lontani nel tempo e nello spazio. Si accosta così ad A, offrendogli una tradizionale maschera da commedia dell'arte. Questi, esitante, la indossa, come ansioso di coprire anch'egli il proprio viso allo sguardo del pubblico. Prende a muoversi anche lui in modi differenti: dapprima Pulcinella, poi coi passi lunghi e maestosi che riteniamo essere propri alla tragedia greca.

 

 

A (in latino) Salutem primum iam a principio propitiam mihi atque vobis, spectatores, nuntio. Quaeso ut beniguas accipiatis auribus. Nunc argumentum accipite, atque animum advortite.

 

B (raggiungendo l'altro a proscenio, parlando con movenze dolci e vivaci da Colombina, completamente sfalsate rispetto al ritmo pesante delle sue parole) Uè, ma che 'ssai diciendo?... Ch'è ssata, 'na mazziata?... Tiengo 'nu male 'e capa: m' afarresti 'na tazzuriella 'e ccafè?

 

 

A (sgranando gli occhi dietro la maschera, a proscenio fissando il pubblico, sporgendosi il più possibile col busto verso di esso. Piano, con voce fredda) Ora, non usciremo più.

 

B (fissando il pubblico, sporgendosi in avanti il più possibile) No, mai più.

 

 

Immobili, mentre sfuma la luce.

 

 

 

SIPARIO.