FATEVI GLI AMICI!... CON LE BUONE MANIERE...
Lezione di comportamento in due atti e tredici canzoni di
Vittorio Amandola
nota: musiche disponibili presso l’autore
(Rumori interni lo spingono in scena)
Sarei quasi tentato a dire che prima regola di un sano rapporto sociale è l’uso sapiente di un buon spazzolino da denti. No, non è così. Tuttavia non trascurate l’igiene della bocca, se volete dimostrare il vostro amore per il prossimo.
(Durante le ultime parole estrae da dietro il sipario uno spazzolino da denti spropositato e lo usa come fosse un microfono)
Tu ed io vicini
e un grosso problema di fiato.
Così vicini
e aspetti che t’abbia baciato...
E pensare,
solo un metro prima
sorridevo
e a un centimetro ora
io lacrimo
e gli occhi mi bruciano!
Tu ed io vicini
e un grosso problema di fiato.
Più ti avvicini
e più sono preoccupato.
Il tuo viso
dolcissimo d’angelo,
nascondeva
un fiato di Satana!
Accidenti!
Ragazzi che roba!
Ma tu attendi
con la bocca quasi protesa
che mi decida
a rompere questa attesa,
ma mi tenti
a inventar scuse strambe
per potere
poi darmela a gambe.
Così vicini
e un grosso problema di fiato.
Mi decido.
Ti do un bacio intrepido
ed affronto
il tuo fiato sapido.
Vicini,
vicini,
vicini...
E un grosso problema di fiato!
(Durante la canzone o ora, appoggia lo spazzolino spropositato in scena, dove dovrà rimanere come tutti gli oggetti che via, via userà)
Citazione: L’avvenire è nel fiuto: Pluto.
L’olfatto non è importante solo per gli animali!
E noi? E questa meravigliosa scimmia che è l’uomo? Anche noi siamo fruitori dei servigi di un naso, quando bello, ben modellato; quando gibboso, adunco, ma sempre personale (Mai riconoscere di avere un brutto naso!).
(Apre Un lato del sipario e compare un cartello illustrato come quelli di anatomia. Esso rappresenta una testa di uomo schematizzata, vista di profilo. All’altezza del naso un pedalino puzzolente. Alcune freccette conducono dal pedalino alle narici e dalle narici al centro del cervello, dove campeggia un “PUAH!!”)
E questo, il naso, nel mentre che compie la funzione vitale dell’inspirazione, adenoidi permettendo, si perita di recepire tutti gli odori che ci circondano, trasmettendo poi le sensazioni al cervello, che le elabora (Indicando il PUAH!).
(Annusando ad ogni aggettivo) Buono. Acre. Fragrante. Passabile. Passito. Ammaliante. Nauseabondo!
Quando però quella sfaticata di Madre Natura ci concede solo un profumo di capra, noi provvediamo a migliorare e completare l’opera con essenze ed estratti. Ma attenzione! Essi completano, non fanno. La sbadataggine o peggio l’incompetenza possono causare brutti scherzi.
Un amico tanto urbano nei modi, quanto selvatico nell’odore, per ovviare a questo inconveniente si buttò nell’uso dei prodotti francesi!
(Estrae dal sipario una damigiana da cinque litri riadattata con uno spruzzatore sul tappo. Premendo la grossa pompa fa il gesto di spruzzarsi)
Per una settimana buona, convinto di usare qualcosa al pari del “Soire de Paris” si cosparse di “Caprice des Dieux”.
Egli venne abbandonato da tutti. Lo ripudiò anche il suo pedicure di fiducia!
Il suo errore? Il “Caprice des Dieux”! Dirà qualcuno. No, il “Caprice des Dieux è ottimo!... Come latticino... La modestia bensì! Se egli avesse modestamente accettato se stesso, gli sarebbe bastato quel piccolo aiuto che avrebbe fatto di lui una persona raffinata, ma...
La modestia è quella cosa
che a parole ognuno ha.
Voi trovatemi, coraggio
chi il contrario vi dirà.
E chi dice sé modesto,
ve lo dice in cor sperando,
che con questo umile gesto
voi l’andiate poi lodando.
“Nel suo piccolo, ma vedi
sì che grande poi che è!”
Egli sogna che lo credi
un modesto si, ma re!
Re, baroni, imperatori,
blasonati, cavalieri,
ladri, preti, truffatori.
Nel lor piccolo i ricconi,
nel lor piccolo i sapienti.
Nel lor piccolo i prelati
umilmente i maggiorenni.
Con lo scettro tra le mani,
con la frusta in mezzo ai denti...
Umilissimi però!
Umilissimi però!
Citazione: “...Nel mio piccolo...” King Kong!
Posso del resto pretendere che qualcuno si consideri men che un dio? Sarebbe uno sforzo inutile.
Tutti hanno di sé la stima più alta!
(Cambio luci. Effetto luminoso di taglio, che dia l’idea di uno di quei fari della polizia per cercare i malfattori nella notte. Si sente un frastuono di sirene ed un acceso conflitto a fuoco di mitra, fucili e pistole)
Il 17 maggio 1931, la City di New York vide la più sensazionale caccia all’uomo svoltasi entro le sue vecchie mura. Dopo settimane di ricerche Crowley lo Sparafucile, il famoso assassino che non fumava e non beveva, era ridotto agli estremi, intrappolato nell’appartamento della sua amante in West End Avenue. Centocinquanta poliziotti assediavano il suo nascondiglio. Avevano issato mitragliatrici su tutti i grattacieli viciniori e per più di un’ora, uno dei più eleganti quartieri di New York rintronò dei colpi delle rivoltelle e dei rat rat rat delle mitragliatrici. Crowley, rannicchiato dietro una sedia imbottita di materassi, sparava incessantemente contro le forze di polizia (spara con la pistola ad acqua), le quali facevano per conto loro una tale baraonda da mettere in dubbio la definizione di “forze dell’ordine” (si alza appena il rumore degli spari). Il tutto, mentre diecimila persone seguivano esultando le sorti dell’impari lotta.
(I rumori cessano e le luci tornano normali)
Ora, come questo Sparafucile, uno dei più pericolosi delinquenti che mai allietassero le cronache della metropoli, come questo Crowley considerava se stesso?
(Ricominciano gli spari di prima e ritorna la luce di taglio)
Lo sappiamo, perché mentre la polizia lo assediava, egli scrisse una lettera, macabro documento chiazzato del sangue delle sue ferite (mentre dice queste parole estrae un foglio, lo scarabocchia con una penna, poi estrae un barattolo di pelati aperto ed un cucchiaio e spalma il foglio di pomodoro)... nella quale diceva: “Sotto i miei panni vi è un cuore stanco, ma gentile, che non farebbe mai male a nessuno”.
(Cessano i rumori, ma rimane la luce)
Quando si venne a trovare comodamente seduto su quella sedia di mogano del carcere di Sing Sing, in attesa di una schicchera da cinquemila volts, credete voi che abbia detto: “Sono qui per i miei assassini?” No. Egli disse: “Sono a questo punto per le cattive amicizie!”.
La morale della favola è questa:
Crowley, lo Sparafucile, quanto a faccia, fregava i bronzi di Riace!
(Ritorno delle luci normali)
Crowley lo Sparafucile
astemio, crudele bandito.
Persona oltremodo gentile,
che ammazza con fare forbito.
Molti ricordano quando
un giorno nel Tennessee,
stava tranquillo sorbendo
la solita tazza di tea.
Al cameriere impacciato,
che si grattava la nuca,
per il tea mal preparato
scaricò addosso un bazooka.
Crowley lo Sparafucile,
caratterino vivace,
persona molto gentile
dal cannemozze rapace.
Pochi ricordano invece,
che col suo fare cortese,
egli cosparse di pece
e dette fuoco a un cinese.
O quando per sfida al Vangelo,
in una via di Chicago,
fece passare un “camelo”
dentro la cruna di un ago.
Crowley lo Sparafucile,
che banditaccio, ragazzi!
Con quel suo fare gentile
faceva cose da pazzi!
Citazione: “Se vuoi vivere tranquillo, non farti mai beccare!” Tex Willer!
Mai negarsi invece la scappatoia dell’autocritica! Non lasciate tempo agli altri di criticarvi! Lo faranno col più acceso sadismo! E a quel punto unica vostra salvezza sarà quella di essere dei masochisti.
Se invece provvederete voi per primi a criticarvi gli altri, grazie a quella meravigliosa dote che è l’ipocrisia: “Ma no! Che dici!” E l’urto, lo screzio, è evitato!
Perché voi credete che sia poco importante evitare gli urti diretti? Il novanta per cento delle litigate potrebbero essere evitate! L’altro dieci per cento è composto dalle litigate sacrosante, perché, come diceva l’Alfieri... “Quando ci vuole ci vuole!”
Vi prego, amici, provate a immaginare,
per caso un signore dietro un angolo,
deciso proprio a farvi divertire,
salti di fuori e faccia “Bubù settete”!
Vi vedo tutti quanti sorridenti,
dicendo: “Guarda lì che mattacchione!”
Costui, vedendo voi sì compiacenti,
rifà di nuovo quell’operazione.
E a questo suo secondo “Bubù settete!”
Restate un po’ sorpresi, ma il simpatico,
vedendo voi ancora lì sorridere,
vi fa la terza volta “Bubù settete!”
Una smorfia di lieve disappunto
vi spira a questo punto in mezzo ai denti,
ma resta franco in volto il vostro riso
e quello lì aqquattato: “Bubù settete!”
Siamo alla quarta e voi già cominciate
al ripetuto vezzo un poco a fremere.
“Cosa vorrà costui lì dietro l’angolo,
che quattro volte ha fatto Bubù settete?”
Prontissimi aspettate già sapendolo,
che la facezia lui vorrà ripetere
e al quinto “Bubù settete!” “E due nove!”
Scusi, signore! Ma proprio ci voleva!
Citazione: Ho sempre adorato la pizza “Quattro stagioni” Antonio Vivaldi
Evitate gli screzi!
Per riassumere in un aggettivo, non siate piccosi! Il piccoso è colui, che quando ha torto si picca di dire che ha ragione, e quando ha ragione si picca di dire che ha ragione!
(Confusione e cicaleccio tipico di un grande banchetto, effetto di luce, che dia l’idea della grandiosità dell’avvenimento, tanta luce insomma)
Una sera, ad un banchetto, il padrone di casa si alzò sollevando con studiata lentezza il calice (pare che avesse provato tre giorni...). Poi, così si espresse: “C’è una divinità che plasma e foggia il nostro destino come noi lo vogliamo”... Il commensale che mi sedeva dirimpetto, “Genesi libro secondo...”.
Amabilmente gli feci notare che si trattava dello Scuotelapera, ma lui ribadì: Bibbia. ............ “Guglielmo Scuotelapera...” E lui freddo come il marmo: “Bibbia”. E io incalzando “Guglielmo Scuotelapera!” Sembravo una spia alle prese con la parola d’ordine. Ma lui impassibile come le tavole dei comandamenti:
(Fine effetto sonoro) “Bibbia!”, “Shakespeare”, “Bibbia”, “Shakespeare”...
Desideroso in cuor mio di conoscerlo in modo biblico, ma con metodi molto brutali, sottoposi la questione ad un caro amico, che mi sedeva accanto e che era uno studioso del grande drammaturgo. Questi, dandomi un’occhiataccia disse: “Bibbia, Genesi, il libro che dite voi...”
Il signore impassibile cacciò un urlo e andò a masturbarsi sotto il tavolo, mentre io, scarso in fair playing, fui preso da un tale delirium tremens, che le lenti a contatto mi scesero fino alle narici.
Al ritorno dal banchetto, il mio caro amico disse: “Amleto! Atto V, scena II...” mentre cercavo le lenti a contatto che mi erano scese questa volta fino alle ginocchia. Quello sciagurato continuò: “Perché dar torto a quel poveretto? Perché mettersi a discutere? Bisogna sempre cercare di evitare gli spigoli!” La mattina dopo capì in pieno quella lezione di vita... M alì per lì, se non passava il metropolitano lo strozzavo!
(La canzone che segue sarebbe bene cantarla accanto all’angolo di un muro)
Ahi! Ahi! Ahi!
Sugli spigoli ci si fa male
Ahi! Ahi! Ahi!
Vengon fuori bozzi da manuale.
Ahi! Ahi! Ahi!
Sempre meglio, credi ci si sente.
Ahi! Ahi! Ahi!
Se si scansano accuratamente.
Purtroppo lo sappiamo molto bene,
che a prendere di petto ciò che è duro,
si rischia di soffrire tante pene,
se trattasi dell’angolo di un muro.
Se trattasi di un sasso o di una roccia,
ma peggio ancora se è un’altra capoccia.
Ahi! Ahi! Ahi!
Sugli spigoli ci si fa male.
Ahi! Ahi! Ahi!
Vengon fuori bozzi da manuale.
Ahi! Ahi! Ahi!
Sempre meglio, credi ci si sente.
Ahi! Ahi! Ahi!
Se si scansano accuratamente.
E credimi non si ricava niente,
peggio che una diatriba alla tivù,
a discutere accanitamente
sul colore dei peti di Visnù;
a chiarire dalla sera alla mattina,
se è nato prima il prete o la beghina.
Ahi! Ahi! Ahi!
Sugli spigoli ci si fa male.
Ahi! Ahi! Ahi!
Vengon fuori bozzi da manuale.
Ahi! Ahi! Ahi!
Sempre meglio, credi ci si sente.
Ahi! Ahi! Ahi!
Se si scansano accuratamente.
Citazione: “Se c’è una cosa che non soffro sono le critiche!” Flash Gordon!
A proposito di critiche, dovete sapere che nell’esercito tedesco, ai tempi di quel movimento culturale che fu il Terzo Reich (Voce di Hitler) era proibito fare delle critiche. Guai a criticare non appena il fatto in questione era accaduto! Regola prima in quell’ordinato e sfortunato esercito era di dormirci sopra, perché la notte porta consiglio. Anzi! Chi criticava avventatamente, veniva passato per le armi sul posto (Raffica) E il criticato, che avesse torto o ragione (Raffica), solo il giorno dopo. Eterni dei del Walalla! Ci vorrebbe una disposizione simile nella nostra legge civile, per fare giustizia di tutti i genitori brontoloni (raffica), capiufficio arcigni (raffica), mogli bisbetiche (raffica, una voce dice “e poi” ed un’altra raffica. L’attore resta un attimo inverdetto)... Per eliminare insomma tutta la dannosa schiera dei cercatori di difetti.
Cercare i difetti significa volere dagli altri quello che gli altri non sono. E d’altronde, troppo spesso un pregio di un altro è per noi un difetto, per il semplice motivo che non lo possediamo! Abbiate quindi la giusta stima di voi stessi!
(Si mette in posizione di volo, col pugno alzato e guardando il mondo sotto di lui)
Citazione: “Criptonite a parte, io sono un dio! ” Nembo Kid!
Insomma! L’uso della favella è un’arte e come tale richiede un allenamento serio e continuo, ma questo non deve indurvi a trasporti di facondia fuori luogo!
Non parlate a vanvera!
(Un cicaleccio di uccelli sale di intensità, sale, sale fino ad assordare. Lui fa cenno tutto ad un tratto) Piano, oh!
(Il cicaleccio si stabilizza su un rumore di sottofondo, che fa pensare ad un prato in primavera. La luce cambia e passa ad un verdolino soffuso)
...Anch’io almeno una volta sono stato in un campeggio a tete a tete con la natura!
Ivi, tutto era ordine e pulizia, anche colà ove, un po’ intruppati, si compivano le obsolete funzioni biofisiche...
Accadde che un signore, che già si era dimostrato di lingua facile, il giorno prima aveva chiesto all’addetto: “Scusi! Che marca è l’acqua calda delle docce?”; accadde che costui, di fronte ad un casotto dei luoghi succitati, trovando la porta serrata, disse: “Chi c’è?” ...Una voce baritonale rispose calma: “Io!”...
Vi lascio immaginare la gamma di risposte possibili in una tale circostanza!
All’inopportuno “Chi c’è?” si poteva opporre un: “Che differenza fa?”. Oppure se dall’altra parte si fosse trovato un buontempone, la risposta avrebbe potuto essere: “Indovini un po’?” E quello di fuori giù a indovinare! “...Acqua... Acquerella... Fochino... Focherello... Fuoco! Ha indovinato! A lei di premio lo spazzolino!”
Immaginate poi se ci fosse stato di là uno suscettibile! “Porcaccio! Maialone! Guardone da quattro soldi!” E giù una litigata furibonda, con lancio di pallocche di carte igienica attraverso le fessure di sfiato!
Mamma! Che situazione tremenda!
Invece no! Quel semplice “Io!” congelò ogni possibilità di replica. E quel linguacciuto se ne andò dicendo un “Molto bene!”, cercando di mascherare l’imbarazzo con un’aria da controllore. Buon dio! Avrei volentieri abbracciato alla sua uscita quel genio della risposta!
(Sfumano gli uccellini e torna la luce normale)
Si parla tanto spesso per dar fiato alla bocca
tra tanti che ci provano nessuno che l’imbrocca!
L’avverbio più preciso, le giuste allocuzioni
che servano a non fare dei grossi strafalcioni!
Perché, comunque, quantunque, perlomeno!
Praticamente, ciononostante, almeno!
Logicamente, prima, dopo, acciocché!
Solitamente, tanto più, che imperrocché!
Parlare, miei signori, è per davvero un’arte,
eppure siamo tanti a sparlare da ogni parte!
Sappiate quindi porre, la massima attenzione,
con aggettivi e avverbi, per non dire uno sfondone!
Perché, comunque, quantunque, perlomeno.
Praticamente, ciononostante, almeno.
Logicamente, prima, dopo, acciocché!
Solitamente, tantopiù, che imperrocché!
Citazione: Catilìì! Catilìì! Cicerone!!
Se è difficile saper parlare, sapere ascoltare lo è molto di più!
Uno dei posti dove più si parla e perciò dove più si ascolta è la tavola. La tavola! Il trionfo del saper vivere! La sintesi dell’ospitalità! Ospite attivo e ospite passivo si ritrovano in pieno nei loro ruoli: uno ingozzando e l’altro facendosi ingozzare!
Siete invitati. Il vostro anfitrione vi apre la sua casa: “Van Gogue!” “Bello!” “De Chirico!” “Bello!” “Manzù!” “Bello!” “Collezione di serpenti boa!” “Vivi? “Collezione di pistole ad acqua del ‘600!” “Originale però eh?” “Collezione di saponi per corde da patibolo!”... A questo punto il pranzo ve lo siete meritato! Ma il vostro ospite, si siede a tavola da solo e vi paga il corrispettivo del vostro pranzo in moneta corrente! Lo so che molti di voi preferirebbero il “conquibus”, ma se l’ospite vorrà mostrarvi la sua ospitalità, dovrà farvi mangiare!
(Cambio di luci, che diventano più soffuse, una musica eterea ci introduce in un ambiente più di pensieri, che di parole)
“...Noi due... E questo tavolo... Mangiamo insieme... Ci stiamo così antipatici, che mangiamo insieme... Tu parli, parli, parli... Io ascolto, ascolto, ascolto... Annuisco... Ammicchi... Ammicco... Annuisci... Eppure prenderei questo bicchiere di acqua minerale e te lo tirerei in faccia! Dio come te lo tirerei bene questo bicchiere di acqua minerale!... Sarebbe tutto chiaro... Ma tu parli, parli, parli... Ed io ascolto, ascolto, ascolto... Fai il cocktail! Maneggi i liquori! Il seltz!... Mi sommer gi don le parole... Io ti sommergo col mio silenzio e tormento il mio bicchiere di acqua minerale... Tu parlerai fino in fondo? Ed io ti ascolterò fino in fondo... Dovrai parlare fino al soffocamento... A quel punto chiederai “Acqua! Acqua!” E io sciafff!... Ma parli, maneggi i liquori, il seltz... Te lo tiro? No. Resisto. Ma tu! Tu come fai a resistere? Sei proprio disposto a subirmi fino in fondo? Ma prima o poi ti tirerò quest’acqua minerale e allora... (Resta a bocca aperta, senza fiato) Mi hai scaricato addosso il sifone del seltz... (Sguardo di ira che va placandosi fino al sorriso)... Qua la mano, sei un amico!
(Le luci restano uguali, la musica cessa, un sottofondo di musica torna, ma è qualcosa simile ad uno di quei valzer lenti che accompagnano i grandi prestigiatori. Lui estrae un cilindro, mostrando che non ha niente fuori e dentro. Poi introduce una mano all’interno, fruga, cerca, ma non trova).
“Porca puttana! Mi è scappato il coniglio!”
Mandrake!
FINE DELLA PRIMA PARTE
(L’attore esce di scatto dal sipario, puntando il dito verso il pubblico)
Ora... Va bene sapere accettare i difetti degli altri, capire, sopportare, ma bisognerà pure qualche volta criticarli, no?
Il presidente Lincoln stava dettando nel suo studio privato una lettera. Ad un tratto tacque, si appropinquò alla segretaria e con uno sguardo pieno di significati: “Il vostro abito è molto carino. Le vostre scarpine vi calzano a pennello. Non ho mai visto un’acconciatura tanto aggraziata! Non c’è che dire, siete proprio una bella ragazza...”
La segretaria pronta al peggio aveva già chiuso gli occhi e si era messa in posizione, quando Lincoln riprese: “Non fatevene un vanto e la prossima volta le virgole mettetele nel foglio, invece che in quel posto che non nomino, somara!”
Oh! Quale tatto! E’ così che bisogna agire. Prima preparare, poi criticare! Forse che il barbiere non insapona il cliente prima di raderlo?
Uno ci gira intorno, infiora la cosa e poi giù! Borda! Sola! Bacchia! Castagna senza pietà!...
Uno dei motti preferiti di Abramo Lincoln era: “Una goccia di miele prende più mosche di un litro di fiele"”
Ma passiamo al pratico: sull’autobus la signora accanto a voi vi pesta il piede. Voi urlate? Mai! “Cara signora! Noto che avete fatto la spesa e che avete scelto i migliori sedani del mercato. Per non parlare delle pesche di ottima qualità... Ma togliete il vostro fottuto tacco dal mio piede, se volete rivedere i vostri cari!”
Oppure: “Questo restaurant è il migliore della contea! Il vostro servizio è ottimo, la scelta dei vini è eccezionale. Ma per la prossima volta le mosche nella minestra le voglio più al dente!”
Il resto ve lo dico cantando.
Mio caro meccanico, lei è molto bravo
ed oltre che bravo è anche pulito,
profuma ogni dì di Gillette e di Brut,
difatti non macchia per niente la tuta.
Però mi farebbe piacere,
che lei si macchiasse la tuta,
per ripararmi la macchina
e per non farmi infrociare
la prossima volta.
Mio caro impiegato, lei è sempre sereno,
sereno, tranquillo e ben riposato,
col volto disteso
con l’occhio appagato
difatti in ufficio ci viene all’una.
Però mi farebbe piacere
vederla un poco assonnato,
perché questo vorrebbe dire,
che io prenderò la pensione,
che aspetto da tanto!
Che aspetto da tanto!
Mio caro dottore, lei è molto felice,
vedendola stare seduto in poltrona,
senza i calzettoni coi piedi in tinozza
tranquillo e beato, che legge i fumetti.
Però mi farebbe piacere
che leggesse quei tomi noiosi,
mi scusi, per lei ho forse torto,
ma ora io non sarei morto!
Citazione: “Sto rifacendo la batfrizione alla batmobile!”
Batman!
Voi non avete idea di quanto sia delicata la frizione della vita! Come la stirate un po’ si brucia! Perché l’esistenza è come una camicia di seta sotto il ferro da stiro della routine! La routine è come l’andirivieni di un pendolo caricato a noia! La noia è come una nebbia nel prato adorno di fiori della fantasia! La fantasia è l’ape regina nel favo delle idee! ...Ho detto “favo”! Le idee sono le mele... Non quelle che pensate voi! Le mele dell’albero dell’intelligenza! L’intelligenza è il concime per i semi della sapienza! La sapienza è la frusta... Chi ha detto “la frusta sulle mele delle idee”?! Basta. Sono due ore che parlo e sono sicuro che non ci avete capito una mazza! Volete imparare ad essere gentili? (Urla come un ossesso) Volete imparare le buone maniere? Mi dovete proprio far prendere le paturnie! E imparate ad essere signori!..
Ma visto che siamo in tema di buone maniere, trattiamone! Torniamo al motto preferito di Lincoln: “Una goccia di fiele prende più mosche di un litro di miele”... No, non è così: “Una goccia di mosche, prende più fiele di un litro di miele”... No, nemmeno... Ah, sì! Ora ricordo: “Una mosca di miele, prende più fiele di un litro di gocce”... Ecco, ora mi sembra giusto.
Pensate dei vantaggi dell’uomo delicato!
Quale donna non gli aprirà le sue coltri?
Quale femmina non sarà compulsata dai suoi sguardi?
Un esempio per tutti. Dice il proverbio: “Il medico pietoso fa la piaga puzzolente!” Io ribadisco: “Il medico cortese ti guarisce in men di un mese!”
Lui mi accarezza quasi a raspo
con quella ruvida mano
simile a pelle di rospo
simile al dorso di un caimano!
Invano io mi ribello
a quel suo stringermi fatale
al suo dinoccolarmi il collo
e a spremer tutta la spina dorsale!
Tu mi fai, mi fai fremère vellicandomi, le...
ferite lacere curandomi, le...
mie contusioni tamponandomi: tu!
Tu mi fai, mi fai fremère vellicandomi, le...
rotule pendule attaccantomi, tu...
mi fai fremèr Dottor Kildaire!
Come serpe mi avviluppa
e mi stringe dentro le sue molle
delle mie carni fa minestra
come zuppa di cipolle!
Poi mi bacia senza alcun ritegno
e mi sugge come fossi frutta,
mi strapazza in modo indegno
e in più mi scompiglia la parrucca!
Tu mi fai, mi fai fremère vellicandomi, le...
membra sconvolte rieducandomi, le...
fratture multiple ingessandomi: tu!
Tu mi fai, mi fai fremère vellicandomi, le...
tibie percosse medicandomi, tu,
mi fai fremèr Dottor Kildaire!
Citazione: “A tutt’oggi non mi sono ancora mai scopato Della Street!”
Perry Mason!
Ed eccoci a parlare di donne! Argomento dominato dall’opinabilità. Non credo di poter dare consigli a nessuno. Io posso solo dire alcune cose che credo non si debbano fare, ma esse sono solo basate sull’esperienza personale. E poi non c’è cosa più sciocca che dare agli uomini difetti e pregi diversi da quelli delle donne. Sia uomini che donne sono egoisti, altruisti, introversi, estroversi, prepotenti o remissivi... Come al solito dipende da chi giudica.
Tuttavia una differenza in fin dei conti sussiste... Alle donne gli manca il “birinanni!” (Risata sadica)
(Una luce soffusa da night, per introdurre una canzone sullo stile da night)
E’ ovvio che se cominciate così, cominciate proprio male! Un po’ di buon gusto mi raccomando! Il buon gusto non è mai di troppo sia nei rapporti fuori casa, sia nella vita coniugale.
Un grande presidente iniziò una lettera così scrivendo: “Non c’è nessuno che non desideri un complimento...” Chi era costui?... Abramo Lincoln! Come avete indovinato?
Lincoln mi ha sempre sorpreso per l’originalità delle sue scoperte!
Infatti è proprio così. Tutti aneliamo ad avere complimenti, possibilmente sinceri, anche se troppo spesso ci piacciono anche quelli falsi... Quindi attenzione! Tutto passa di moda, meno i leccapiedi! Il leccapiedi è colui che quando ci è di fronte ha una lingua di rosolio; quando ci è di spalle essa è di carta vetrata!
Invece, l’individuo che sarà capace di lodare sinceramente le qualità altrui avrà tutti in pugno, e anche il becchino si dispiacerà della sua morte! Lincoln al suo funerale ebbe un corteo di becchini!
“Chi voglia conquistare si sappia complimentare!”... Citazione tratta da me. Mi piace citarmi, mi cito molto spesso... E’ l’unico sistema per non perdere mai una causa... E’ meglio che torniamo alla nostra lezione, vero?... Dicevamo che chi vuole conquistare si deve sapere complimentare, ma non fate come quell’aspirante amatore che, quando finalmente ebbe una donna fra le sue braccia, al suo “Oh! Caro le tue mani...” Rispose: “...I tuoi piedi...” Restò sempre un aspirante!
Il complimento è come li pepe di Cajenna: poco dà sapore, troppo dà bruciore!
Il pepe di Cajenna è quella cosa,
che fa la pappa molto saporosa,
che dà sapore al pollo ed al filetto,
purché ovviamente non ne mettiate un etto.
Il pepe di Cajenna sui risotti,
lo si mette soltanto a pizzicotti.
E anche quel pizzicotto non vi sciocca,
sempre che voi ve lo mettiate in bocca.
Capita la metafora, signori?
Compreso il macchiavello, amici cari?
La salsa tartara è così saporita,
che sulle uova fa leccar le dita,
ma se condendo non sarete furbo,
vi verrà al fegato un colicon da sturbo.
Che se le dita delle man vi leccavate,
poscia quelle dei pié vi morderete.
Capita la metafora, signori?
Compreso il macchiavello, amici cari?
La maionese c’è una pubblicità,
che ve la metterebbe qua e là:
sul pane, sulle pere e l’uovo cucco,
perfin sul muro come fosse stucco.
E voi giù, forza! A chili nella panza!
Di maionese empite ogni pietanza!
Ma poi lo sentirete che dolori!
In quelle parti ascose che bruciori!
Capita la metafora, signori?
Compreso il macchiavello, amici cari?
Citazione: E’ amara! Socrate
Provate allora ad immaginare un matrimonio senza complimenti!
Ora vi sottoporrò a scopo di esempio edificante, la stessa situazione, ma con comportamenti diversi.
La situazione è la seguente: il maritino rientra a casa dal lavoro, saluta la mogliettina ed assaggia la cena. La cena è schifosa: il maritino si mangia la mogliettina...
Primo caso!
(Azione mimica. Il primo “maritino” entra con un grugno da scimmione, fa capire alla mogliettina con gesti bruschi e bestiali di avere una fame notevole, poi indica la pentola, solleva il coperchio e annusa. Si schifa e vomita dentro la pentola. Con gli occhi iniettati di sangue, in preda al furore più nero, estrae un coltello, lo affila come un macellaio e squarta la “mogliettina”, le toglie le viscere, poi, proprio come un gorilla alle prese col cibo si apparta e si aqquatta, guardandosi intorno e le succhia)...
Secondo caso!
(Azione mimica; il “maritino” entra tutto sorridente, ha in mano un mazzolino di fiori che consegna alla “mogliettina” insieme all’accenno di un vezzoso bacino. Poi sempre col sorriso sulle labbra, che non smette mai, indica verso la pentola, va e la scoperchia con l’aria di uno che si aspetta una lieta sorpresa. Non appena ha alzato il coperchio e ha annusato, ha una smorfia di disgusto, che maschera subito con un sorriso alla mogliettina. Poi si volta e vomita fuori della pentola. Torna sulla pentola, la prende per i manici con cura, attento a non scottarsi, e la rovescia per terra, la appoggia e fa cenno di pulirsi le mani, sorridendo ineffabile alla “mogliettina”. Fa un vezzoso cenno alla “mogliettina” di avvicinarsi e nel frattempo affila una lama come fa il barbiere col rasoio, poi le afferra un braccio e lo affetta; lo prende e se lo mette sul piatto. Si siede sempre buttando un occhio soddisfatto alla “mogliettina” e si mette il tovaglio, legandoselo dietro il collo. Poi con coltello e forchetta, mangia di gusto, con la faccia un po’ di Charlie Chaplin mentre mangia la scarpa, facendo cenno alla “mogliettina” come per dire “Buono!”)
Spero vi sarete accorti della differenza di stile!
Passiamo ora ad un caso valido per le femmine!
La situazione è la seguente: la femmina rientra in casa, e compiendo uno dei gesti più usuali nella vita familiare di oggi, evira il partner...
Primo caso!
(Azione mimica. La prima donna entra con le tette scese, guarda il partner con un’espressione dura, ma più che altro seria, non aggrottata. Con un moto brusco gli apre la patta dei pantaloni, ci fruga dentro, guardando un po’ per aria, come chi cerca qualcosa al tatto. Si ferma con la mano chiusa, ha trovato. Estrae il membro virile con un gesto secco e guardando in faccia il partner con la stessa espressione gelida di prima, resta un attimo a fissarlo negli occhi, poi gli fa un cenno col capo verso il membro, come per dire “Guarda qui che roba!” ma è una cosa leggera, accennata. Da dietro tira fuori la mannaia con un gesto lento, ma senza tentennamenti e la abbatte sul membro. Si ode un tonfo sordo)
Tunf!
(La donna solleva il membro virile mozzato e rimasto tra le sue dita, lo mostra al partner dondolandolo, con un sorrisetto di scherno sulle labbra).
Secondo caso!
(Azione mimica. La seconda donna entra con le tette sostenute, è un tipino tutto pepe, ma dai modi cortesi, saluta il partner con una serie di vezzosi bacini da lontano, poi gli mostra un paio di forbicine da unghie, sempre da lontano. Gli si avvicina, gli prende il membro con la sua arietta tutto pepe e comincia a tagliarglielo un pezzo alla volta, curando di baciare ogni pezzetto che gli rimane tra le dita, prima di buttarselo dietro le spalle)
Anche qui che differenze, Vivaddio!
Già la prima è entrata con le tette scese e una donna con le tette scese si è giocata il cinquanta per cento dello stile. E poi ha preso il membro virile come un marinaio che afferra una gòmene e l’ha tagliato alla Mastro Titta! E quello sfottò finale (Lo rifà) Chissà cosa si crede di aver fatto!
Mentre che grazia la seconda!
Si è presentata con le sue tettine al vento e poi con le forbicine da unghie: via il frenulo, via il prepuzio, via il glande, eccetera, eccetera... Il tocco finale dei bacini, denota poi un’inconfondibile sensibilità!
Riflettendoci bene, però il secondo caso è più problematico per il partner... Sì, perché nel primo caso: “Tunf!” E si è levato il problema! Mentre nel secondo e “Zic” e “Zac”... E’ un po’ lunghetto... Peccato! Mi piaceva tanto quella cortesia, quella... non so come dire... Quella affettazione, ecco!
Citazione: Zac! Monsieur De Gullottini!
Abbiamo trattato molto a lungo di come conoscersi, di come convivere. E’ venuto il momento di trattare il modo di separarsi. Anche qui mi raccomando: stile! Tempra! Classe!
Tanti risolvono con un “ciao” un “arrivederci” un “addio”. A seconda che ci si separi per un’ora, un periodo o per sempre... Banali! Meglio assassini, stupratori, che banali! Ma passiamo al pratico con qualche esempio utile per edificare le vostre separazioni.
Per il primo esempio mi occorre l’aiuto di un allievo, faremo una specie di interrogazione per vedere se avete seguito! Si appropinqui un gentile signore (Non appena un uomo è salito sul palco, riprende). Primo esempio di separazione, quella tra la mamma ed il figlioletto, la sera prima della nanna, lei si sdrai, intanto io prendo il necessario. Sì, ha capito bene! Si sdrai! (Mentre l’uomo si sdraia per terra, prende un enorme orsacchiotto e glielo porge) Lo tratti bene! E’ il mio orsacchiotto personale! Ed ora faccia il bambino (Deve naturalmente insistere qualora l’uomo rida o sia riluttante, con frasi del tipo “Non faccia il bambino! Faccia il bambino!” Quando finalmente l’uomo fa il bambino, con l’orsacchiotto tra le braccia e magari il pollicione in bocca, lui gli canta carezzandolo la ninna nanna) Fate la nanna coscine di pollo, la vostra mamma v’ha fatto il gonnello...
Passiamo ad un secondo esempio. Lei resti sempre lì e faccia il bambino (Gli strappa l’orsacchiotto di mano e lo guarda intenerito) Le avevo detto di trattarlo bene! Povero Lenticchia! Che ti ha fatto quel bruto?... Secondo esempio, madre snaturata!
(In sottofondo si sente “Balocchi e profumi”. L’attore rientra con una copertaccia che sbatte in faccia all’uomo)
Dormi! Non rompere le scatole!
Ringrazio il signore che può accomodarsi. Ed ora sentirei volentieri una femminuccia! (Dopo avere invitato una donna a salire, riprende) Esempio di separazione definitiva. Ora lei, signora, dovrà dirmi “Addio!”, badando però di farsi ispirare dai miei atteggiamenti!
(L’attore esprime una serie di atteggiamenti: la supplica con gli occhi; le fa un gesto come dire “Squaglia!”; si attacca alle tende; con una smorfia di diniego le volta le spalle; e per ultimo, in ogni caso, le si butta piangente ai piedi, abbracciandola per gli stinchi. Il tutto invitandola ogni volta a rispondere “Addio!”)
Ringrazio anche la signora e la prego di accomodarsi. Ne abbiamo fatta di strada insieme, eh? Avreste mai pensato che si dovessero sapere tante cose per intraprendere i nostri rapporti sociali? Quello che spero è che adesso non ve ne andiate in giro a farmi gli scavezzacolli, perché in fin dei conti lo so che siete dei bravi ragazzi, che tirerete diritto nella vita guardando dinanzi a voi e chissà se mai un giorno vi ricorderete di questo povero, burbero brontolone di un professore, che incontrerete sulla panchina dei giardinetti, quando la palla di un vostro pargolo gli rotolerà tra i piedi: “Professore! Il mio professore di buone maniere! Voi qui?” Separazione cosiddetta... del paternalista incallito! Musica!!
Con un civil comportamento
un adeguato atteggiamento
dimostrerete al firmamento,
che non siete spento.
Di voi ciascuno avrà memento
da Bogotà fino a Sorrento,
emergerete in un momento
da tutto l’armento.
Se chiederete cinquecento
ve lo daran senza sgomento
vi daran tutto l’armamento
dai pié fino al mento!
E tutto questo a passo lento
senza né sforzo, né fermento,
senza nessuno spostamento,
nessun cedimento!
(A tempo dei tre accordi finali, lunghi e roboanti come quelli di un’opera, apre il primo sipario, poi il secondo ed appaiono come scolpiti sul monte Rushmore gli eroi nominati nelle citazioni, primo fra tutti Abramo Lincoln. Sono tutti seri e stentorei. Questa immagine su una tenda “alla veneziana”, si apre, manovrata dall’attore stesso, se la cosa deve avvenire in scena con un fare quasi di cerimoniere, ed appare di traverso la stessa immagine degli stessi eroi, ma che questa volta si sganasciano dalle risate, le quali si sentono sulla musica dell’ultimo accordo. La tenda alla veneziana gira ancora ed appare il solo Lincoln che strizza l’occhio sulla scritta “Fine”).