ALTRI MANEGGI
(omaggio a Gilberto Govi)
DUE ATTI DI
ETTORE IMPARATO
PERSONAGGI
STEFANO
GIGGIA
MATILDE
COLOMBA
CARLOTTA
CESARINO
RICCARDO
PIPPO
DON TARCISIO
MARESCIALLO GARGIULO
PENELOPE
La scena mostra la sala di una casa elegante, anche se non lussuosa; una tipica
casa piccolo borghese. Da un lato ci sono il tavolo da pranzo e una credenza,
mentre dall’altro la zona salotto è composta da un divanetto, due poltrone e un
tavolino. Alle pareti qualche quadro.
Suonano ripetutamente alla porta
Colomba, la domestica, entra in scena e va ad aprire.
Penelope, sua nipote, la segue passo passo, come un ombra.
COLOMBA: Arrivo, arrivo, un momento… arrivo…
Entrano Matilde e Carlotta. Hanno in mano dei pacchi che appoggiano sul tavolo
MATILDE: (nervosa) …Ma insomma, Colomba, quanto ci mettete ad aprire…?
COLOMBA: Volete che faccia bruciare l’arrosto… Chi la sente la signora, poi?
MATILDE: Oh, avete sempre una scusa pronta…
COLOMBA: Sarà pure una scusa… ma l’arrosto brucia lo stesso…
MATILDE: (a Carlotta) Siediti, Carlotta… (a Colomba) …E non può controllarlo
Penelope, l’arrosto…
COLOMBA: Non è ancora pratica…
MATILDE: Dov’è la mamma…?
COLOMBA: La signora è andata a vedere per le bomboniere… ma io devo andare in
cucina…
MATILDE: Adesso basta! Per l’amor del cielo andate, andate in cucina… prima che
l’arrosto bruci…
COLOMBA: (tra sé e sé, scrollando la testa)
Matti! Tutti matti, una gabbia di matti…
Colomba esce di scena, seguita da Penelope. Anche lei scrolla la testa, senza
dire niente.
MATILDE: (si siede) …Sono stanca morta…
CARLOTTA: Tranquilla, Matilde, vedrai che lo troveremo il vestito giusto. Ci
vuole solo un po’ di pazienza…
MATILDE: (spazientita) Abbiamo girato tutti i negozi di Genova e provato tutti i
vestiti da sposa…!
CARLOTTA: L’ultimo che abbiamo visto, quello con il velo lungo, ti stava molto
bene…
MATILDE: (seccata) Ma cosa dici…?! Non hai visto come mi faceva difetto…
Carlotta rimane in silenzio qualche istante, non volendo irritare oltre Matilde.
CARLOTTA: A proposito… Domani non posso accompagnarti a scegliere le scarpe…
(pausa)
…Ho promesso a Riccardo di passare la giornata con lui…
MATILDE: (sospira) Ah… Riccardo…
CARLOTTA: (sorpresa) Come…?
MATILDE: (si riprende) No… dicevo… Riccardo è tornato da Roma, vero…?
CARLOTTA: Sì, suo padre gli sta facendo fare pratica… Un giorno sarà
(orgogliosa)
…E’onorevole Riccardo Del Bello…!
MATILDE: (ancora sognante) Chi l’avrebbe detto…?
CARLOTTA: Chi l’avrebbe detto… cosa?
MATILDE: (si dà un contegno) Chi l’avrebbe detto… che ci saremmo sposati prima
io e Cesarino…
CARLOTTA: (imbarazzata) …A proposito… Riccardo mi ha chiesto se può passare a
salutare la zia…
Matilde non risponde, assorta nei suoi pensieri.
Suonano alla porta.
MATILDE: (si riprende e grida) Colombaaa… Colombaaa… ma insomma…!
Colomba entra in scena, seguita da Penelope.
COLOMBA: Un momento, un momento… vado!
Carlotta e Matilde si alzano.
CARLOTTA: Devo proprio andare, ho ancora un sacco di cose da fare
Entra Giggia, seguita da Colomba e Penelope.
GIGGIA: Oh, Carlottina, sei qui! Ti fermi per il pranzo...?
COLOMBA: Se andiamo avanti così il pranzo sarà tutto bruciato...
GIGGIA: (a Colomba) Cosa avete da borbottare...? Mandate la Penelope in cucina…
COLOMBA: Non è pratica…
CARLOTTA: Grazie, zia… ma devo proprio andare...
Carlotta sta per uscire, mentre Colomba e Penelope restano immobili.
GIGGIA: Ma Colombaaa…! Gli ospiti si accompagnano alla porta...
COLOMBA: (le fa il verso) Ma Colombaaa…! La signorina è di famiglia...
GIGGIA: (a Penelope) Accompagna la signorina Carlotta…!
PENELOPE: Non son pratica…
CARLOTTA: (uscendo) Non importa... conosco la strada...
MATILDE: (ad alta voce verso Carlotta che non sente)...Cosa mi dicevi di
Riccardo…?
GIGGIA: Riccardo…? Cosa c’entra il signor Riccardo…?
Appena Carlotta esce Matilde comincia, in piena crisi, a lamentarsi.
MATILDE: Non lo so, non lo so...! So solo che non ci arriverò al matrimonio...
Non c’è un vestito che mi vada bene e, come se non bastasse, quella stupida
della Carlotta sembra che si diverta a vedermi così... così... (non trova le
parole) e... non fa niente per aiutarmi...
GIGGIA: (a Colomba) cosa fate lì, impalata, non vedete che la bambina è
agitata...? Andate di là a prendere del caffè... deve essercene un po’ avanzato
da stamattina... le farà bene…
COLOMBA: Non sarebbe meglio una camomilla...?
MATILDE: E poi... ho preso due chili che non riesco più a buttar giù...
GIGGIA: Ma va, sciocchina, in un paio di settimane li perdi tutti…
Colomba e Penelope fanno qualche passo in avanti, mentre Giggia cerca di
consolare Matilde.
PENELOPE: Zia…
COLOMBA: Cosa...?
PENELOPE: Li perderà pure in un paio di settimane... peccato che il matrimonio è
tra una settimana...
MATILDE: (alzando la voce) E questi capelli? Guarda, guarda...
COLOMBA: Volete far dimagrire anche quelli?
GIGGIA: (a Colomba) Non fate la spiritosa! Non ce n’è proprio bisogno. Andate,
andate a prendere il caffè... e se non ce n’è abbastanza, fatelo fare alla
Penelope… ci sono anche dei biscotti...
(a Matilde) Non ti preoccupare, metteremo a posto anche quelli.
Colomba e Penelope escono
PENELOPE: Ma io non son pratica…!
MATILDE: (urlando) No, no, e poi no... Non mi posso sposare in queste
condizioni!
GIGGIA: Ma stai calma, Matilde, vedrai che tutto si sistemerà...
MATILDE: Fai in fretta a dire che tutto si sistemerà... Me la vedo già la
Carlotta tutta soddisfatta... Io con un vestito striminzito e un cespuglio senza
forma al posto dei capelli... mentre lei prepara il suo trionfo a... a...
Roma...
Matilde esce di scena seguita da Giggia, mentre suonano ripetutamente alla
porta.
GIGGIA: Colombaaaa... Colombaaa…!
COLOMBA: (entra ed esce per andare ad aprire) Vengo... vengo... Se ho detto che
vengo, vengo...
Entra Stefano. Ha in mano un giornale e un pacchetto
STEFANO: Voi mi dovete spiegare una cosa... Perché ci mettete tanto tempo per
venire ad aprire la porta...
COLOMBA: Ci metto il tempo che ci vuole...
STEFANO: Sapete perché mi porto sempre dietro il giornale...?
COLOMBA: (scrollando la testa) Sentiamo...
STEFANO: Perché quando arrivo a casa non so mai quanto devo aspettare lì
fuori... anzi... adesso faccio mettere una panchina davanti alla porta
d’ingresso, così quando aspetto mi siedo e leggo il mio giornale... è una
vergogna... è una vergogna...
COLOMBA: (sbuffando) Non si finisce mai di fare mestieri in questa casa...
STEFANO: E per cosa credete che vi paghiamo... per venire a prendere il tè?
(ironico, porgendole il pacchetto) Vi ho portato anche le paste... Scusate,
signora Colomba, visto che il tè non è ancora pronto, non vi dispiace passare un
po’ lo straccio sul pavimento...?
COLOMBA: Fate lo spiritoso. Un giorno o l’altro non mi troverete più…
Stefano si guarda intorno con gli occhi spalancati e rimane in silenzio per
qualche istante.
STEFANO: Giuratelo!!!
Entra Penelope con la tazzina, la macchinetta del caffè e i biscotti su un
vassoio che posa sul tavolo. Guarda con aria assente Stefano ed esce nuovamente.
Stefano osserva, seguendo con lo sguardo i movimenti della ragazza.
STEFANO: Vi siete sempre lamentata che in questa casa c’è troppo da fare…
COLOMBA: …E non ho finito di lamentarmi...
STEFANO: Volevate un aiuto e vi abbiamo preso la vostra cara nipotina Penelope…
ma non per passeggiare avanti e indietro per casa...
COLOMBA: La mia nipotina fa quel che può...
STEFANO: E cosa può...?
COLOMBA: … Mi viene dietro quando faccio le pulizie... mi viene dietro quando
cucino...
Stefano cerca di intervenire senza che Colomba gli dia la possibilità di farlo.
..mi viene dietro quando rammendo... mi viene dietro quando stiro... oooh...
volete che faccia la vita d’inferno che faccio io...? Non sta mica con le mani
in mano... mi viene sempre dietro...
STEFANO: Ecco... avete detto bene. Vi viene sempre dietro! Non è una
domestica...è un cane... magari un cane domestico... ma non una domestica...
COLOMBA: Oooh, non offendete la Penelope! Non è ancora pratica… adesso fatemi
andare in cucina, sennò chi la sente la padrona...
STEFANO: Finalmente si mangia qualcosa in questa casa...
COLOMBA: No, no... sto preparando per stasera e per domani... oggi arriva il
cugino della signora...
STEFANO: Oh bella... E io, per mangiare, devo aspettare che arrivi il cugino di
mia moglie... è una vergogna... è una vergogna...
COLOMBA: Vado che mi brucia tutto…
Colomba sta per prendere il vassoio per portarlo via, ma Stefano la ferma.
STEFANO: Lasciate stare!
COLOMBA: E poi chi la sente la signora, che lascio in giro tutto…?
STEFANO: Ho detto: lasciate stare...! Se non si mangia niente... almeno un caffè
me lo prendo...
COLOMBA: Fate come volete! Poi la signora , la sentite voi...
Colomba esce e Stefano si siede. Si versa un po’ di caffè e beve. Fa una smorfia
disgustata.
STEFANO: Questo non è un caffè... è la sciacquatura dei piatti... Chissà di
quali piatti... quelli della settimana scorsa... Non si mangia niente in questa
casa... non c’è mai niente di pronto... è una vergogna... è una vergogna...
Entra Giggia. Stefano assaggia un biscotto ma, disgustato, lo rimette a posto.
GIGGIA: Quella ragazza mi farà venire l’esaurimento.. Non so se ci arriverò al
matrimonio...
STEFANO: Per me può anche saltare questo matrimonio...
GIGGIA: E no, caro mio! Adesso che ho trovato uno straccio di marito per mia
figlia, non me lo lascio scappare...
STEFANO: Hai detto bene: uno straccio. Quello non è un marito è uno straccio. Va
bene giusto per levare la polvere o per lavare il pavimento. (ironico) Potevi
scegliere un lampadario o che so... un bel mobile del settecento, almeno valeva
qualcosa, no... tu vai a scegliere uno straccio e neanche dei migliori... Potevi
dire: “Ho trovato un lampadario di marito per mia figlia...” Sarebbe stato
meglio... Ma questo è uno straccio di quelli che perdono tutti i pelucchi... e
poi te li ritrovi tutti addosso; sulla giacca, sui pantaloni... Dai retta a me:
questi pelucchi non ce li togliamo più di dosso...
GIGGIA: Non fare il buffone! Sai benissimo che la questione è un’altra... E poi
ci penserà la Matilde a far diventare Cesarino un uomo di successo...
Ricordati...!
(tono solenne)
… Dietro ogni uomo di successo c’è sempre una donna...
STEFANO: (alle spalle di Giggia) Purtroppo mi sei sempre stata davanti...
GIGGIA: …A te non va giù di tirar fuori la dote per la tua bambina...
STEFANO: Altro che dote! Qui si tratta di tirar fuori il mio sangue, fino
all’ultima goccia... neanche le tasse mi chiedono tanto!
(pausa)
E poi, ce li avessi i soldi, ma non ce li ho... Devo forse vendere la casa, devo
forse andare a chiedere l’elemosina per fare la dote a mia figlia? Non avrei
difficoltà. Guarda come vado in giro: mi prendono già per un barbone...
GIGGIA: Sembri un barbone perché sei uno spilorcio! I soldi ce li hai, lo so
benissimo...
STEFANO: Già mi costa un patrimonio questo ricevimento; cosa devo fare di più?
GIGGIA: Ma se lo facciamo in villa, così non devi neanche pagare il
ristorante...
STEFANO: E cosa ci diamo da mangiare agli invitati, “in villa”, i fiori del
giardino o le foglie degli alberi? Hai ordinato tutto al ristorante così spendo
ancora di più, perché ti mandano a casa anche i camerieri... E tutto perché è
più chic così... lo fanno i signori...
GIGGIA: Sei sempre il solito! Facciamoci riconoscere, facciamo la figura dei
pezzenti...
STEFANO: Di sicuro, dopo questo matrimonio, saremo dei pezzenti... E poi, questo
matrimonio non mi va tanto giù... Gli voglio bene… certo...
GIGGIA: A chi, a Cesarino…?
STEFANO: Ma no, a mio fratello Michele… e Cesarino è suo figlio, no...?
GIGGIA: Bella scoperta…!
STEFANO: ...Non posso fargli questo torto... Se non fosse mio fratello Michele,
non sarebbe mio fratello Michele, ma è mio fratello Michele e quindi è mio
fratello Michele…
(pausa)
...però non mi va di tirar fuori tutti questi soldi da solo...
(pausa)
...anche se è mio fratello Michele…
GIGGIA: Ringrazia il cielo che la tua bambina ha trovato uno “straccio” di
marito...
Stefano “mima” l’azione di levarsi i pelucchi dalla giacca.
STEFANO: Non mi va che due cugini si sposino... non è bello… non è bello…
GIGGIA: Retrogrado! Chi ci fa più caso a queste cose?… Senza tener conto che
Cesarino… non somiglia per niente a tuo fratello Michele…
STEFANO: (si blocca, serio) Cosa vuoi dire?
GIGGIA: Niente, niente... Solo che l’Adelaide, la mia cara cognata, pace
all’anima sua, è stata sempre una donna molto... molto... disinvolta...
STEFANO: (indagatore) E allora?
GIGGIA: …E allora c’è che il buon Cesarino somiglia molto di più al maresciallo
Gargiulo che non... a tuo fratello Michele…
STEFANO: Al Maresciallo Gargiulo!! E chi sarebbe questo... Maresciallo
Gargiulo...?
GIGGIA: Il maresciallo dei carabinieri che venticinque anni fa reggeva il
comando qui, in paese...
STEFANO: Vipera! Ho una vipera in casa... ho sposato una vipera... non ho una
moglie, ho una vipera... Un giorno di questi ti prendo una di quelle belle
cassette di vetro e ti ci metto dentro... sotto una lampada, al caldo... e ogni
tanto ti do un topolino da mangiare… Che dico, un topolino? Una pantegana lunga
così ci vuole, per te! Giggia… ti dico una cosa: se ti morde una vipera... muore
la vipera...!
GIGGIA: (solenne) Mater semper certa, pater... (esita) ...No!
STEFANO: Ti sembra questo il momento di recitare il rosario...
(pausa, poi riprende)
…A proposito di tuo cugino (ironico) il prete...
GIGGIA: Cos’altro hai da ridire? Ti dà forse fastidio che mio cugino sia un
prete?
STEFANO: Nessuno è perfetto! Tu non ne hai colpa, sono d’accordo... Ma mi
chiedo: che bisogno c’era di farlo venir giù dalla montagna per fargli celebrare
il matrimonio.
GIGGIA: Non capisci niente, non puoi arrivarci a certe delicatezze!
STEFANO: Arrivo solo al fatto che il matrimonio è tra una settimana e il caro
don Tarcisio, tuo cugino, arriva oggi; così, per una settimana dobbiamo
tenercelo sul gobbo...
GIGGIA: Il solito taccagno... Se vogliamo elevarci dobbiamo cominciare da queste
cose... (con enfasi) Il matrimonio “in villa” della nostra bambina, sarà il
nostro ingresso nell’alta società.
STEFANO: Ma quale alta società...! Io so solo che l’ultima volta che siamo stati
a pranzo con Tarcisio, il tuo caro cugino, io non ho toccato neanche un
pezzettino di pane... non facevo neanche in tempo ad avvicinar mici.. eppure ho
fatto indigestione solo a guardarlo mangiare…
Entra Cesarino.
CESARINO: Buongiorno mamma, buongiorno papà...
GIGGIA: Ciao, caro...
CESARINO: Ho trovato aperto e...
STEFANO: Un momento…: ciao mamma, ciao papà... Non sono tuo padre, quindi non
chiamarmi papà. Sono forse mio fratello Michele? Se fossi mio fratello Michele,
tu saresti il figlio del maresciall... ehm... saresti mio figlio, ma siccome io
sono il fratello di mio fratello Michele, tu sei il figlio di mio fratello
Michele… Chiaro...?
CESARINO: Capisco che siete un po’ nervoso... il grande giorno si avvicina e la
vostra piccola bambina se ne andrà...
STEFANO: Non se ne andrà... non ve ne andrete... purtroppo... Dal piano di sopra
a qui c’è una rampa di scale.. di “mie “scale, come mio è l’appartamento dove
andrete a vivere.
Stefano mima nuovamente l’azione di levarsi dei pelucchi dalla giacca.
Suonano alla porta ed entra Colomba, seguita da Penelope.
COLOMBA: Suonano alla porta...
STEFANO: (spazientito) E cosa volete, l’accompagnamento...? Andate ad aprire,
no...?
Colomba e Penelope escono di scena.
STEFANO: Io ti avviso: in cantina abbiamo scorte per un mese, ma con tuo cugino
in giro per casa, non bastano mica per una settimana...!
Giggia sbuffa, mentre Colomba e Penelope rientrano. Colomba fa cenno a Penelope
di parlare. Penelope, però, indugia.
STEFANO: Il cane... non è un cane parlante... ehm... si può sapere chi c’è…?
COLOMBA: Un attimo... la ragazza sta facendo pratica…
PENELOPE: C’è di là il ragazzo del negozio...
STEFANO: Non poteva telefonare?
COLOMBA: È due mesi che ce l’hanno staccato il telefono...
STEFANO: Meglio, così risparmiamo!
(riferendosi al ragazzo)
...Cosa vuole?
PENELOPE: Non lo so. Dice che c’è bisogno di lei... Ha parlato di un vaso, di
una pianta... non ho capito...
STEFANO: Che novità! Mi meraviglierei del contrario...
(Colomba sta per dire qualcosa, ma Stefano la interrompe)
Lo so... lo so ...la ragazza non è pratica…
Stefano esce di scena brontolando, seguito da Cesarino, ultimando il dialogo.
CESARINO: Vi accompagno... “papà”!
STEFANO: E non chiamarmi papà...!
CESARINO: ...Va bene… (dopo una pausa)… papà...!
GIGGIA: È pronta la stanza per don Tarcisio?
COLOMBA: La Penelope ha messo una branda nello sgabuzzino...
GIGGIA: (arrabbiata)
Non è uno sgabuzzino! È una cameretta che usiamo come ripostiglio... c’è anche
una bella finestra...
PENELOPE: (a bassa voce, a Colomba))
...Sembra più una crepa nel muro che una finestra...
GIGGIA: Basta, tornate in cucina! Stasera arriva mio cugino.
COLOMBA: Il padrone vuole che prepari il pranzo...
GIGGIA: A pranzo stiamo leggeri, anzi, non mangiamo proprio così la mia bambina
perde qualche chilo...
COLOMBA: (tra sé e sé)
Voglio proprio vedere...
GIGGIA: Cosa?
COLOMBA: Niente... Dicevo alla Penelope di andare a vedere cosa c’è in dispensa…
GIGGIA: (sbrigativa)
Bene! Andate, andate. Non perdete tempo.
Colomba e Penelope escono di scena, borbottando tra di loro.
Entra Matilde.
MATILDE: Hai parlato con papà?
GIGGIA: Di cosa?
MATILDE: (sbuffando) Ma della dote, no...?
Matilde si siede sul divano
Il campanello suona ripetutamente senza che nessuno vada ad aprire.
GIGGIA: (urlando) Colombaaaa! Volete andare, o no, ad aprire?
COLOMBA: (fuori scena) Va bene, va bene… arrivo…
GIGGIA: (a Matilde) Ma certo! Gliene parlo continuamente, ma è cocciuto più di
un mulo... non ne vuole sapere...
MATILDE: (indispettita) Lo sapevo... lo sapevo... E adesso come faccio...?
GIGGIA: Non ti preoccupare, penserò a qualcosa... In qualche modo lo faccio su
come voglio quel trombone. Come credi che sia riuscita a farmi sposare...?
Adesso va in camera tua e riposati. Devi essere un fiore per la settimana
prossima...
....
Entra Colomba
COLOMBA: Ci sono il signor Pippo e il signor Riccardo…
GIGGIA: Il signor Pippo e il signor Riccardo…!
MATILDE: Il signor Pippo e il signor Riccardo…! Oh... santo cielo...
GIGGIA: (a Colomba) ...Fateli entrare...
Colomba esce
GIGGIA: (a Matilde) Va di là a metterti un po’ a posto e vieni quando ti chiamo…
MATILDE: Ma mamma…
GIGGIA: Ti ho detto di andare... su... su...
Matilde esce e, subito dopo, entra Colomba seguita da Riccardo e Pippo.
COLOMBA: (annuncia) Il signor Pippo e il signor Riccardo…
Colomba esce di scena.
Riccardo e Pippo si avvicinano a Giggia e la salutano con il baciamano.
RICCARDO: Signora Giggia…
GIGGIA: Ma che sorpresa... signor Riccardo… signor Pippo...
PIPPO: Signora Giggia… sempre affascinante...
GIGGIA: ...Sempre galante... signor Pippo... ma si accomodino, prego...
I tre rimangono qualche istante in silenzio, imbarazzati.
RICCARDO: Chiedo scusa, signora Giggia, se mi sono presentato in casa vostra con
così poco preavviso, ma volevo chiedervi qualcosa di molto importante...
PIPPO: Importantissimo... Pensi che lui non voleva nemmeno venire, sono stato io
a convincerlo...
GIGGIA: E avete fatto bene, signor Pippo... Ma di che si tratta...?
RICCARDO: (imbarazzato) ...Vedete, signora Giggia, non mi sarei mai permesso se
non ci fosse di mezzo la felicità mia... e di Carlotta…
GIGGIA: Ah…!
RICCARDO: Una felicità messa in forse da...
PIPPO: …E muoviti, Riccardo, falla breve... permettete signora Giggia… ve lo
spiego io quello che è successo...
GIGGIA: Prego... se il signor Riccardo è d’accordo...
PIPPO: Come sapete, Riccardo e la signorina Carlotta si dovrebbero sposarsi
esattamente tra un mese... ma questo matrimonio rischia di saltare...
GIGGIA: Oh, santo cielo, cosa è successo, la Carlotta non mi ha detto niente...
PIPPO: È successo che il papà Senatore del signor Riccardo vuol fargli
intraprendere la carriera diplomatica...
GIGGIA: Ma è una bellissima notizia... Cosa c’è che può mettere in pericolo il
vostro matrimonio...?
RICCARDO: Dovrò partire per almeno sei mesi, se non di più. Andrò lontano...
molto lontano e il matrimonio sarà rinviato al mio ritorno... forse...
GIGGIA: …E troverete la Carlotta ad aspettarvi...
RICCARDO: Credetemi, non possiamo aspettare...
PIPPO: Signora Giggia, l’unica soluzione sarebbe di fare un bel doppio
matrimonio... in villa. Già sono il testimone di Cesarino… lo faccio pure per
Riccardo e siamo tutti contenti...
GIGGIA: Ma è impossibile... ormai è già tutto organizzato... come si fa, in una
settimana a cambiare tutto…
RICCARDO: La signora Giggia ha ragione... non avrei dovuto neanche
chiederglielo...
PIPPO: Peccato! Era l’unico modo per convincere il Senatore... Chissà che figura
ci farà con il ministro e con il sottosegretario...
GIGGIA: (sorpresa) ...Un momento il Senatore... il Ministro... il
Sottosegretario... ma cosa c’entrano...
PIPPO: Volete che il Ministro e il Sottosegretario non siano tra gli ospiti del
Senatore... Si conoscono da quando erano ragazzi...
RICCARDO: Ma Pippo, non sono cose che possono interessare la signora Giggia…
GIGGIA: Volete dire che il Ministro e il Sottosegretario verrebbero in villa...?
PIPPO: E chissà quanta altra bella gente...!
GIGGIA: Ma... se vogliamo dirla tutta... in fondo... in sette giorni è stato
creato il mondo... si potrà pure organizzare un matrimonio...! Anche se
doppio...!
Giggia si alza e accompagna alla porta Riccardo e Pippo
GIGGIA: Andate... andate, devo organizzare un sacco di cose...
RICCARDO: Signora Giggia, lasciatemi spiegare nei dettagli...
GIGGIA: Domani... domani... fatemi avere solo la lista degli onorevoli
invitati...
PIPPO: Ma signora Giggia… siete sicura...?
GIGGIA: Andate... lasciate fare a me...!
Giggia rimane sola
Suonano alla porta.
GIGGIA: Colombaaa…!
Colomba entra in scena, seguita da Penelope ed esce per andare ad aprire.
COLOMBA: Vengo... vengo...
PENELOPE: ...Se ho detto che vengo... vengo...
GIGGIA: Signore, ti ringrazio! Questo matrimonio se lo ricorderanno per anni...
Entra Matilde
MATILDE: Ma... dove sono Il signor Pippo e il signor Riccardo…?
GIGGIA: Sono appena andati via...
MATILDE: Ma, mamma…! Mi hai detto di andarmi a cambiare e poi li fai andar
via...
GIGGIA: Taci, stupidina... mi ringrazierai...
MATILDE: Di cosa dovrei ringraziarti...?
GIGGIA: Un bel matrimonio. Tu con Cesarino e Riccardo con Carlotta… tutti in
villa... una sola cerimonia!
MATILDE: Cosaaa...! Il mio matrimonio con Carlotta…? Ti sei forse dimenticata
come quella... quella gatta morta, smorfiosa, mi ha portato via Riccardo…? Ed
ora mi ritrovo con... con... Cesarino…
GIGGIA: Ma su, non dire sciocchezze, che Riccardo non ci ha mai pensato a te...
Colomba entra in scena, seguita da Penelope.
COLOMBA: È arrivato vostro cugino...
GIGGIA: (a Matilde) Corri in camera tua... ti spiego dopo...
MATILDE: Io non lo so... fanno sempre tutto di testa loro...
Matilde esce stizzita
GIGGIA: (a Colomba, sorpresa) Ma non doveva arrivare stasera...?
COLOMBA: C’è il sugo per la cena sul fuoco...
PENELOPE: ...Avrà sentito l’odore...
GIGGIA: Andate di là, invece di parlare sempre senza senso...
Entra don Tarcisio e saluta affettuosamente Giggia.
Colomba e Penelope osservano la scena, facendo il verso ai due che si
abbracciano
DON TARCISIO: La mia cara Giggia…
GIGGIA: Tarcisio... quanto tempo... che piacere rivederti...
DON TARCISIO: È dal funerale del povero zio Martino che non ci vediamo...
GIGGIA: Ma no, non ti ricordi? Dopo il funerale dello zio Martino c’è stato il
funerale della zia Enrica e quello della cugina Beatrice...
DON TARCISIO: Hai ragione! Che bei funerali...! Non se ne vedono più, al giorno
d’oggi, di funerali così belli... Magari il prossimo...
Colomba e Penelope fanno altri gesti scaramantici. Si danno un contegno, alle
parole di Giggia.
Don Tarcisio si siede a tavola e comincia a mangiare con evidente “gusto” i
biscotti.
GIGGIA: (a Colomba) Cosa aspettate? Muovetevi! Preparate qualcosa per il pranzo.
COLOMBA: Ma non dovevamo stare... “leggeri”?
GIGGIA: Abbiamo ospiti... non vedete?
DON TARCISIO: Non preoccupatevi per me... Anzi, scusatemi se sono arrivato in
anticipo, ma ero così ansioso di rivedervi...
GIGGIA: ..Hai fatto bene, Tarcisio, così domani andiamo insieme... in villa. (a
Colomba) Forza, buttate la pasta...
DON TARCISIO: Se insistete...
(pausa)
Colomba e Penelope escono di scena scrollando la testa.
DON TARCISIO: (segue) …E cosa mi dici di Stefano... dei ragazzi...
GIGGIA: Quello lì è il solito testardo... un mulo! Quando si fissa su una
cosa...
DON TARCISIO: Devi avere pazienza, mia cara...
GIGGIA: Si è messo in testa di non avere abbastanza soldi per la dote...
DON TARCISIO: Starà passando un momento difficile...
GIGGIA: Ma quale momento difficile! Li tiene pure sotto il materasso, i soldi...
È tirchio, pidocchio, taccagno...
DON TARCISIO: E i ragazzi cosa dicono...?
GIGGIA: Cosa devono dire...? La Matilde, dal nervosismo, è ingrassata di due
chili e non so se riuscirà a buttarli giù... e quel povero ragazzo... fa...
(esita)
...fa quel che può...
DON TARCISIO: Ma ce l’ha una posizione...?
GIGGIA: È un bel ragazzo, distinto, bel portamento...
DON TARCISIO: Un lavoro, un’occupazione...! Cosa fa?
GIGGIA: Ah… in quel senso... Mah... sì... fa delle cose, si sta dando da fare in
giro... e poi Stefano.. potrebbe passargli il negozio... Quanto vuole andare
avanti, fino alla tomba?
DON TARCISIO: ...Sarebbe un altro bel funerale...!
(pausa)
Ho capito! Stefano ha paura del cappello.
GIGGIA: Del cappello?
DON TARCISIO: Ma sì... che il ragazzo attacchi il cappello… che si sistemi alle
sue spalle... no...?
GIGGIA: È pur sempre suo genero...!
DON TARCISIO: Non ancora...
Entra Cesarino.
CESARINO: Buongiorno, mamma! Posso fermarmi a pranzo con voi?
GIGGIA: Ma non dovevi accompagnare mio marito in negozio...?
CESARINO: Ha detto che non mi voleva tra i piedi...
(vede Don Tarcisio)
Oh... voi dovete essere Don Tarcisio...
(gli va incontro cordialmente)
...ho sentito tante cose sul vostro conto...
DON TARCISIO: Anch’io...
CESARINO: Avete sentito tante cose sul vostro conto...?
DON TARCISIO: (ironico) Certo che no! Ho sentito parlare tanto di te...
CESARINO: (tono scherzoso) Spero in maniera lusinghiera...
DON TARCISIO: (ribadisce) ...Diciamo che ho sentito parlare tanto di te...!
Entra Colomba interrompendo il clima di imbarazzo.
COLOMBA: (flemmatica) Per quanti devo apparecchiare...?
GIGGIA: (spazientita) Non vedete? Noi tre più Matilde. Quattro! Tre più uno,
quattro. È troppo difficile...
COLOMBA: (sempre più flemmatica) No, no... E il signor Stefano?
GIGGIA: Non so se mangia fuori... e se non mangia fuori si arrangerà... si
accontenterà degli avanzi... Adesso andate che è tardi.
COLOMBA: (tra sé e sé) Una gabbia di matti… una gabbia di matti…
Colomba esce di scena.
Cesarino si rivolge a Don Tarcisio cercando di darsi un contegno.
Don Tarcisio guarda il ragazzo con occhi fissi.
CESARINO: Vedete, Don Tarcisio, io sono un giovane che crede nel rinnovamento...
Giggia annuisce soddisfatta.
CESARINO: (continua) ...Nella giovane imprenditorialità... il cui scopo è quello
di svecchiare certi schemi tradizionali per evitare di cadere nella bassa
congiuntura se non, peggio, nella stagnazione o nel riflusso...
GIGGIA: Ma che bravo il mio Cesarino…
CESARINO: (continua) Per questo ho pensato che le mie doti potessero essere
messe a disposizione di papà Stefano e... del negozio...
GIGGIA: Vedrai che bel regalo che vi sto preparando... a te e alla Matilde...
Don Tarcisio è sempre immobile con gli occhi sbarrati.
CESARINO: Don Tarcisio, cosa ne pensate...? Don Tarcisio dico a voi...
GIGGIA: È rimasto colpito...
(a Tarcisio)
...Te lo dicevo che si dà da fare… (si avvicina a Don Tarcisio, sempre immobile,
e lo scuote) ...Tarcisio ...Tarcisio!
Don Tarcisio cade in avanti con la testa sul tavolo.
GIGGIA: (spaventata) Oh Dio mio! (a Cesarino) Corri! Vai a prendere un po’
d’acqua... Fa’ qualcosa.
CESARINO: Qui ci vuole l’acqua santa...!
Cesarino esce di corsa ed entra Matilde.
MATILDE: Cosa c’è da urlare?
(vede lo zio, allarmata)
Cosa è successo?
GIGGIA: Non lo so. Sta male... forse è morto... Non credevo che il prossimo
funerale sarebbe stato il suo...
MATILDE: Morto...? (attacco isterico) ...Oh, Dio mio... e io come faccio...? Non
mi posso più sposare...!
GIGGIA: Ma ti sembra questo il momento…!
(pausa)
...Ne troveremo un altro...
Entra Cesarino con un bicchiere. Colomba lo segue con una brocca d’acqua.
Colomba versa l’acqua nel bicchiere e Cesarino la beve.
GIGGIA: È per lui…!
Matilde vede Cesarino.
MATILDE: (in tono di rimprovero) Cesarino… cos’ hai combinato..?
CESARINO: (sorpreso) Ma... Matilde...!
Giggia prende la brocca e rovescia l’acqua sulla testa di Don Tarcisio che si
riprende.
GIGGIA: (con un sospiro) Oh, madonna santa, che spavento ci hai fatto
prendere...!
MATILDE: Tutto a posto, zio... Te la senti di celebrare?
COLOMBA: Sarà la fame! È quasi ora di pranzo...
GIGGIA: Appunto! Finite di preparare!
CESARINO: Vi stavo dicendo... che la giovane imprenditorialità...
GIGGIA: (insieme a Matilde) Cesarino!!!
MATILDE: (insieme a Giggia) Cesarino!!!
DON TARCISIO: Scusatemi... avrei dovuto avvertirvi...
GIGGIA: Sei sicuro di stare bene…? Ci hai fatto prendere una paura...!
DON TARCISIO: Non preoccupatevi. È un disturbo che ho da molti anni..
Ultimamente si manifesta più frequentemente... Sarà l’età!
MATILDE: Sembravi proprio morto, zio... Non corri nessun pericolo, vero? A breve
termine, almeno...
CESARINO: Preciso, preciso...
COLOMBA: Don Tarcisio che muore prima dei pasti è l’ultima cosa che mi manca di
vedere.
GIGGIA: Colombaaaa...!!!
Colomba esce di scena.
DON TARCISIO: (Dopo una breve pausa) Narcolessia...!
GIGGIA: Cosa c’entra adesso il traffico di droga...? Non ti sarai mica messo nei
guai...? Tu... un prete... un curato di campagna...!
MATILDE: Mamma, per piacere...!!! Lascia finire di parlare lo zio... potrebbe
essere qualcosa di molto grave. Non solo per lui… per tutti noi...!
DON TARCISIO: (sorride) É un disturbo del sonno... Non è grave...! In alcuni
momenti della giornata, all’improvviso, cado in un sonno così profondo... senza
poterci far nulla... è come uno svenimento...!
GIGGIA: (a Matilde) Vedi, Matilde, che non è nulla di grave... stai tranquilla,
sciocchina... (a Cesarino) Accompagnala di là, Cesarino… falla riposare un po’…
è così sensibile la mia bambina...
Cesarino prende sotto braccio Matilde e l’aiuta ad alzarsi.
CESARINO: ...Non ti preoccupare, Matilde, ci sono io...!
MATILDE: Appunto...!
Cesarino e Matilde escono di scena.
DON TARCISIO: Benedetti ragazzi...!
GIGGIA: Benedetti o no, che si sposino al più presto che io non ne posso più… Ma
dimmi, Tarcisio: Quanto durano questi svenimenti... Non si può fare niente...?
DON TARCISIO: Dipende...! A volte pochi minuti... altre volte anche qualche
ora…! Ma te lo ripeto: non preoccuparti! Pensa che al paese, nella mia
parrocchia, ci hanno fatto l’abitudine... mi conoscono così bene, che non ci
fanno più caso...
GIGGIA: Faranno pure qualcosa per aiutarti... Non ti lasceranno lì mezzo
moribondo, senza aiutarti...!
DON TARCISIO: Ma no, se mi succede mentre dico messa, per esempio, loro lo sanno
che sarò assente per un po’ di tempo e si organizzano... Si siedono e parlano
tra di loro... i bambini escono sul sagrato a giocare... Che resti tra noi... ma
mi hanno detto che alcuni tra gli ultimi nati siano stati concepiti durante
queste... pause... e non sempre tra i genitori legittimi...
Don Tarcisio si fa il segno della croce.
GIGGIA: (si fa il segno della croce anche lei) Oh, Santissimo, cosa mi racconti,
Tarcisio...? Il peccato... il peccato... nella tua parrocchia...
DON TARCISIO: Ma, dopotutto, sono sempre figli del signore...
GIGGIA: Ma fuori del matrimonio... nel peccato... illegittimi...!
Entra Stefano. È pensieroso, assorto.
Vede Don Tarcisio.
STEFANO: Mi sembrava il cane dei vicini che abbaiava, invece sei tu... Cosa hai
da urlare...
(vede Don Tarcisio e indica il piatto di biscotti vuoto)
...Ah, sei già qui... (ironico) ...giusto in tempo per il pranzo...!
DON TARCISIO: (imbarazzato) Ciao Stefano... veramente...
GIGGIA: Sempre il solito cafone! Arriva un ospite in casa e neanche lo saluti...
STEFANO: (ironico) Mi scusi, reverendo... Sia lodato Gesù Cristo...
DON TARCISIO: ...Sempre sia lodato...
GIGGIA: Fai pure lo spiritoso.. ignorante...!
STEFANO: (esausto) No, senti Giggia, non è il momento di sentire le tue
lamentele... mi sembri una zanzara... Quelle che aspettano che spegni la luce...
zzzzzzzz... per cominciare a ronzarti sull’orecchio... accendi, ma niente non la
vedi... rispegni e continua... zzzzzzzz...
GIGGIA: (brontola) Guarda Stefano che le zanzare pungono... e possono essere
molto fastidiose
STEFANO: (continua) Lo so bene… ma io, le zanzare, (batte le mani) sciack... le
schiaccio... o ci do l’insetticida...
Stefano si siede stancamente su una poltrona.
DON TARCISIO: ...Ehm... scusate... io mi ritirerei nella mia stanza... mi
rinfresco, prima di pranzo...
STEFANO: (ironico) Vai... vai, che devi essere ben riposato per mangiare…
DON TARCISIO: Come?
STEFANO: Niente... niente, dicevo di darti una bella rinfrescata...!
DON TARCISIO: Allora mi ritiro...
Don Tarcisio esce di scena.
STEFANO: (sarcastico) Quello non si ritira, anzi... (mima la mole dell’uomo) …
si sta allargando sempre di più…
GIGGIA: Ma smettila...! Piuttosto... si può sapere cosa ti è successo...? Hai
una faccia...!
STEFANO: (esitando) ...Ce l’hai presente Gaetano, il macellaio che ha il negozio
vicino al mio...?
GIGGIA: Certo! Sono quarant’anni che ha quel negozio... Lui si che è stato
furbo... Potevi aprire anche tu una macelleria...!
STEFANO: Come no? Così ci scambiavamo le visite: io andavo a comprare la carne
da lui e lui veniva da me... Sai che begli affari avremmo fatto...!
GIGGIA: Intanto lui, alla figlia gli ha lasciato in dote la casa di campagna...!
STEFANO: Con i miei soldi!
GIGGIA: Come sarebbe a dire?
STEFANO: Con tutti i soldi che mi fate spendere ogni giorno da lui, metà di
quella casa dovrebbe essere mia...
GIGGIA: Ma smettila di vaneggiare... Cosa stavi dicendo?
STEFANO: (infastidito) Se continui ad interrompermi... perdo anche il filo del
discorso... (mima il gesto di schiacciare la zanzara) ...sciack...! (si
concentra) … Dunque, dicevo che il negozio del Gaetano è lì...
GIGGIA: ...Da quarant’anni... lo sappiamo...
STEFANO: (sospira pazientemente) … E da quarant’anni c’è quel grosso vaso di
pietra, proprio sopra al balcone del negozio...
GIGGIA: Interessante! Te ne sei accorto solo adesso?
STEFANO: (continua) Neve, pioggia, vento sole... è sempre rimasto lì... Una
volta hanno cercato di portalo via, di notte, ma non ci sono riusciti...
GIGGIA: É troppo pesante! chi vuoi che riesca a smuoverlo...
STEFANO: (deciso) Io!
GIGGIA: (ride divertita) Questa è bella! Ma ti sei visto allo specchio? Al posto
dei muscoli hai le ricevute dell’ufficio “oggetti smarriti”…
STEFANO: Non raccolgo queste basse insinuazioni... Oggi ero venuto via prima dal
negozio, ci ho lasciato Gerardo... anche se è un po’ ritardato... c’era in giro
poca gente... Uscendo incontro il Gaetano... Guardo in su, verso il vaso, e gli
dico: Attento che può venir giù. E lui: “Ma va, è lì da...”
GIGGIA: Quarant’anni...!
STEFANO: Proprio! E rientra nel negozio... Il resto è storia di poco fa...
GIGGIA: … Io non ci sto capendo niente... Cosa c’entra questo col fatto che hai
spostato il vaso?
STEFANO: C’entra... c’entra... Hai visto quando, prima, la Penelope mi è venuta
a dire che Gerardo mi voleva in negozio...?
GIGGIA: E allora? Sarà stato in difficoltà con i conti... non è capace neanche
di fare due più due...
STEFANO: Nossignora! Mi ha portato davanti al negozio e c’era il Gaetano per
terra, sul marciapiede... Gli è caduto il vaso in testa...
GIGGIA: Ah!
STEFANO: Ti rendi conto? Un vaso che è sempre stato lì da...
GIGGIA: ...Quarant’anni...
STEFANO: …E io sono riuscito a farlo cadere...
GIGGIA: Oggi sei più cretino del solito! Come avresti fatto a farlo cadere?
STEFANO: Gaetano era lì con il sangue che gli usciva dalla testa e l’unica cosa
che ha detto l'ha detta a me: iellatore, menagramo... lo so che vuoi il mio
negozio...
GIGGIA: (eccitata) Vuoi dire che possiamo rilevare la macelleria...?
STEFANO: Smettila! Qui la cosa si fa seria. (serio e solenne) …Sono uno
iettatore... porto sfortuna!
GIGGIA: E lo dici a me? E da quando ti ho sposato che mi porti sfortuna...!
Entra Colomba con alcuni piatti in mano.
COLOMBA: Posso mettere questi o devo prendere quelli nuovi?
STEFANO: Attenta a non inciampare nel tappeto...
Neanche il tempo di finire la frase, e Colomba cade rompendo i piatti.
GIGGIA: (scrollando la testa)… Prendete quelli nuovi...
COLOMBA: Non sarete mica uno iettatore...?
STEFANO: Sbrigatevi a pulire e tornate in cucina sennò...
(indica il lampadario)
...Vedete quel lampadario? Ve lo faccio cadere in testa!
Colomba si rialza in tutta fretta, raccoglie i cocci e va in cucina.
Entra Don Tarcisio e si siede su una poltrona.
GIGGIA: Vado anch’io in cucina… sarà meglio... se vogliamo mangiare qualcosa...!
Giggia esce di scena.
Stefano gira intorno alla poltrona di Don Tarcisio, che è imbarazzato, senza
dire niente.
DON TARCISIO: (si dà un contegno) Una bella rinfrescata... è quello che ci
voleva...
STEFANO: (dopo una pausa) Cosa ne pensi delle superstizioni...?
DON TARCISIO: Come uomo o come prete...?
STEFANO: Che domande...? Quando ti levi la tonaca pensi in un’altra maniera...?
DON TARCISIO: Certo che no! Volevo solo dire che la posizione della chiesa è
sempre stata contro i riti pagani... anche se ci sono certi comportamenti
negativi dell’uomo che possono influenzare altri uomini...
STEFANO: Puoi parlare un po’ più semplicemente...
DON TARCISIO: In poche parole, se un gatto nero mi attraversa la strada io
tocco...
STEFANO: ...Ti tocchi...?
DON TARCISIO: ...Tocco ferro...!
STEFANO: Ah… credevo altre... parti... C’è chi tocca legno, per esempio...
DON TARCISIO: ...Faccio un gesto scaramantico, non mi costa niente, poi mi
confesso...Anche noi preti ci confessiamo, sai?
STEFANO: Cosa gli racconti al tuo confessore: quante volte ti sei toccato...
ehm... cioè... quante volte hai toccato ferro?
DON TARCISIO: Anche noi abbiamo le nostre debolezze umane...!
Entra Cesarino, in compagnia di Pippo.
CESARINO: (cordiale) Papà... zio... posso chiamarvi così, vero?
Don Tarcisio si alza e va ad abbracciare Cesarino.
DON TARCISIO: Certo, caro... ormai siamo tutti una famiglia...
Cesarino mette amichevolmente una mano sulla spalla di Pippo.
CESARINO: Questo è Pippo, mio testimone di nozze...
PIPPO: Don Tarcisio... è un piacere conoscervi... Signor Stefano... e sempre un
piacere rivedervi...
STEFANO: (ironico) ...Anche per me... ma raramente
Entra Giggia e posa una pila di piatti sulla credenza. Vede i due giovani.
GIGGIA: Cesarino, Pippo...
PIPPO: Signora Giggia… ero passato per chiedervi quando possiamo discutere i
dettagli con il signor Riccardo…
GIGGIA: Domani saremo in villa... Venite pure così parleremo di tutto…
STEFANO: Di tutto, cosa...?
GIGGIA: Niente... niente... te lo spiegherò dopo... (rivolta a Cesarino e Pippo)
...ma perché non vi fermate a mangiare con noi?
STEFANO: Ma cos’è questo: il ristorante degli scrocconi?
GIGGIA: (perentoria) Taci, tu! Vado ad avvisare la Colomba
Giggia esce di scena.
PIPPO: Se non vi fa piacere, signor Stefano, ce ne andiamo...
STEFANO: (ironico) Figuratevi! È da stamattina, quando mi sono alzato, che mi
dico: “speriamo che Cesarino e Pippo passino verso l’ora di pranzo, così li
invito a mangiare… anzi, quasi quasi telefono a mio fratello Michele e gli dico
di mandarmelo qua... perché tu sei figlio di mio fratello Michele, perché se non
fossi figlio di mio fratello Michele…
(lungo sospiro)
CESARINO: Cosa, papà...?
Alla parola “papà” Stefano ha come un gesto di stizza.
STEFANO: (continua) ...Niente... Non saresti figlio di mio fratello Michele…
(pausa)
…E non chiamarmi papà...!
Stefano mima il gesto di levarsi i pelucchi dalla giacca.
PIPPO: Una logica ferrea, non c’è che dire...!
STEFANO: (seccato) Senti... “ferrea”… siediti, che mi sembri un lampione...
Pippo va a sedersi ad una sedia del tavolo.
STEFANO: (allarmato) No! Non lì...!!!
Non finisce la frase che la sedia si rompe e Pippo finisce a terra battendo il
sedere.
Stefano si mette le mani tra i capelli e guarda verso l’alto.
STEFANO: Oh, Signore... allora è vero…?
CESARINO: (ridendo) Non vi preoccupate...! Non vi crederete mica di portare
sfortuna...?
STEFANO: (arrabbiato) Come ti viene in mente di dire una cosa del genere...?
Pippo si rialza dolorante.
CESARINO: (esitante) ...Io, veramente... non volevo...
DON TARCISIO: (conciliante) Il ragazzo non voleva essere scortese...
STEFANO: Ringrazia che sei figlio di mio fratello Michele… (sottovoce) ...almeno
credo...
PIPPO: È che oggi, mentre venivamo qua, abbiamo visto un gatto nero che
attraversava la strada alla bicicletta del garzone del lattaio...
Don Tarcisio fa per toccarsi scaramanticamente, ma si accorge di essere visto e
si fa il segno della croce.
DON TARCISIO: ...Nomine pater...
STEFANO: Cosa fai?
DON TARCISIO: Ringrazio per il pasto che, anche oggi, il signore ha voluto
concederci...
STEFANO: Non è ancora ora! …E a me non mi ringrazia nessuno...?
CESARINO: Quel poveretto è caduto e ha rotto tutte le bottiglie...
PIPPO: Ci chiedevamo solo se credere o no alla iella... Che ne dite, padre...?
DON TARCISIO: (solenne) Dico che tutte le superstizioni sono opera del
demonio...!
(pausa)
...Però, se uno si fissa, le sfortune se le attira da solo!
STEFANO: Chissà su cosa mi sono fissato quando ho sposato la Giggia…
PIPPO: A proposito… visto che la vostra gentile signora è stata così cortese da
invitarmi a pranzo, vado a prendere una bottiglia di vino di quello buono...
faccio un salto a casa...
STEFANO: Due!
PIPPO: Due salti... va bene… me la prendo comoda?
STEFANO: No, due bottiglie! (guarda Don Tarcisio) ...se bastano...
CESARINO: Se permettete, lo accompagno...
STEFANO: No, non permetto! Stai qui, voglio fare due chiacchiere con te...
PIPPO: Con permesso…
Pippo esce.
Stefano esita a parlare e guarda continuamente Don Tarcisio che non capisce che
la sua presenza non è gradita.
STEFANO: Senti che profumino che arriva dalla cucina… Mi sa che la Colomba ha
fatto il sugo di lepre...
Don Tarcisio si alza di scatto, come una molla.
DON TARCISIO: Vado a dare un’occhiata... non vorrei che si bruciasse...
Don Tarcisio esce di scena.
Dopo una breve pausa Stefano riprende.
STEFANO: Vedi, Cesarino… io ti voglio bene…
(sorridendo)
Sei figlio di mio fratello Michele, come potrei non voler bene al figlio di mio
fratello Michele… (pausa)
CESARINO: (non capisce) Eh, già...
STEFANO: (lo fissa serio)… Perché tu... sei figlio di mio fratello Michele…
vero?
CESARINO: (confuso) Come?
STEFANO: No, dicevo, vero! Sei il figlio vero di mio fratello Michele. Se non
fossi figlio di mio fratello Michele non saresti suo figlio, ma sei suo
figlio... quindi sei figlio di mio fratello Michele… Chiaro?
CESARINO: (confuso) Sssì... Ma anch’io vi voglio bene, papà..
STEFANO: …E non chiamarmi papà...
CESARINO: (prosegue indifferente)… Anche se non fossi figlio di vostro fratello
Michele…
STEFANO: (allarmato) Cosa dici!
CESARINO: Che ormai vi considero più come un padre che come uno zio...
STEFANO: (sbrigativo) Sì, sì, lascia perdere... (pausa)… Quando eri piccolo,
cosa pensavi di fare… da grande...
CESARINO: Quello che pensano di fare tutti i bambini: il dottore, l’avvocato, il
muratore, il pilota, il calciatore...
STEFANO: Basta, basta... dovevi lavorare all’ufficio di collocamento... Qualcosa
di più importante... per esempio, la carriera militare...
CESARINO: No… non ci ho mai pensato... (pausa)
Stefano, pensando al maresciallo Gargiulo, tira un sospiro di sollievo.
CESARINO: (riprende)… Cioè... mi sarebbe piaciuto fare il carabiniere... sempre
che si possa considerare carriera militare...
STEFANO: (allarmato) Certo che si può considerare carriera militare! Ma...
perché proprio il carabiniere...?
CESARINO: Quando ero piccolo, mi ricordo che in paese c’era un maresciallo… Gar…
Gargiulo mi pare si chiamasse...
STEFANO: Gargiulo, Gargiulo...!
CESARINO: Lo conoscevate?
STEFANO: Come…?… No, ma era talmente famoso...!
CESARINO: Aveva una simpatia per me... ogni volta che ero a passeggio con la
mamma, pace all’anima sua, si fermava a farmi i complimenti...
STEFANO: A te?
CESARINO: (continua) Una volta mi portò in caserma e, mentre lui prendeva il
caffè con la mamma, chiamò il brigadiere che mi fece fare il giro della caserma.
Un giro lungo, lungo...
STEFANO: Un momento… un momento, Cesarino… Io la caserma dei carabinieri la
conosco bene… L’hanno scorso ci ho passato una giornata intera, quando mi hanno
rubato in negozio... Sono quattro stanze così piccole che quando il brigadiere
apre le finestre per fare entrare aria fresca... deve uscire lui! Non lo so
io... non lo so...
CESARINO: A me sembravano tanto grandi.. (pausa) …E l’uniforme... specialmente
quella della festa... la domenica, al parco... che eleganza!
STEFANO: Ma non hai detto che eravate in caserma, cosa c’entra il parco?
CESARINO: La domenica facevamo una passeggiata al parco... dopo la messa delle
undici... e quando ci sedevamo sulla panchina, il maresciallo mi dava i soldi
per andare a prendere il gelato...
STEFANO: Ah, mi ricordo anch’io di quel gelataio del parco... era il migliore
della città...
CESARINO: No, no... vedo che anche voi vi sbagliate... Il maresciallo diceva che
il gelato migliore era quello in centro... così io andavo lì... mentre lui
faceva compagnia alla mamma… Era un po’ più lontano... e quando tornavo indietro
il gelato l’avevo già finito... ma volete mettere...?
STEFANO: Uh.... (pausa) Ma... dimmi un po’… Tuo padre, mio fratello Michele,
dov’era?
CESARINO: Mio padre non è mai stato troppo uno di chiesa...
STEFANO: Avrebbe fatto meglio ad esserlo...!
CESARINO: Come?
STEFANO: ...È sempre meglio curare lo spirito... (tra sé e sé) ...e i
marescialli... (normale)… si evitano sempre brutte sorprese...
Stefano si avvicina a Cesarino e lo fissa scrutando da vicino il suo viso.
STEFANO: Io e tuo padre, mio fratello Michele, ci somigliamo, vero?
CESARINO: Certo! Siete più uguali di due... gemelli.
STEFANO: E come mi spieghi, allora, che non somigli neanche un po’ a tuo padre,
mio fratello Michele, o a me?
CESARINO: Avrò preso tutto da mammà...
STEFANO: Lo so io cosa ha preso la mamma…
CESARINO: Non capisco...
STEFANO: Niente... dicevo che hai ragione... devi aver preso tutto dalla mamma…
Stefano cammina avanti e indietro scrollando la testa.
STEFANO: (tra sé e sé) Povero Michele… povero Michele… (pausa)… almeno non ci
sono i rapporti di parentela...
CESARINO: Che parentela...?
STEFANO: Niente... ehm... sei mio nipote e sei mio parente... diventerai mio
genero e sarai mio parente ancora di più, questi sono rapporti di parentela...
CESARINO: Certo che la povera mamma, pace all’anima sua, è stata una donna
sempre attaccata alla famiglia.
STEFANO: Fedele nei secoli! (pausa) ...Come la “Benemerita”…
Suonano alla porta.
STEFANO: Colombaaa!!!
COLOMBA: (f.c.) Sto andando... sto andando..
CESARINO: (risponde alla battuta di prima) La “Benemerita”… chi...?
STEFANO: (spazientito) Come, chi? La Benemerita, l’Arma... come li vuoi
chiamare...
Entra Colomba.
COLOMBA: I carabinieri!
STEFANO: Appunto! Lo sa anche Colomba, che non è certamente un fulmine di
guerra, che la Benemerita sono i Carabinieri.
COLOMBA: (flemmatica) I carabinieri! Ci sono i carabinieri alla porta!
STEFANO: (allarmato) I Carabinieri? Non volevo offendere nessuno... forse mio
fratello Michele… lui sì avrebbe qualche motivo di risentimento... (guarda
Cesarino) … ma io... che c’entro...
COLOMBA: Posso farlo entrare o lo devo lasciare sulla porta...
STEFANO: Ma non avete detto I Carabinieri...
COLOMBA: Si dice sempre I Carabinieri, anche quando ce n’è uno solo, come in
questo caso... Cosa volevate che dicessi: c’è il Carabiniere...
STEFANO: Smettetela, che quando volete fare un ragionamento vi fuma il cervello!
Fatelo entrare... cioè, fateli entrare... Insomma… Avanti!
Colomba esce di scena.
STEFANO: (a Cesarino) Vai a vedere se il tuo amico si è perso...
CESARINO: Certo, papà...
Cesarino esce di scena.
STEFANO: (gli urla dietro) …E non chiamarmi papà...!
Colomba e il carabiniere entrano.
Il carabiniere è un uomo di mezza età dall’aspetto aitante, reso ancor più
imponente dalla divisa. Dal dialogo (più avanti), si scoprirà che è il
Maresciallo Maggiore Gargiulo, ormai vicino alla pensione, che è tornato dove
cominciò la carriere per gli ultimi mesi di servizio.
COLOMBA: (con voce impostata) I carabinieri!
Rimangono tutti in silenzio. Colomba rimane immobile e non accenna ad andarsene.
STEFANO: (a Colomba) Volete lasciarci soli, o volete stendere il verbale
dell’interrogatorio...
Colomba esce di scena scrollando la testa.
COLOMBA: Che permaloso...! Permaloso e in malafede...
GARGIULO: (sorridendo) Nessun interrogatorio e nessun verbale. Anzi, mi scuso
dell’intrusione, ma devo indagare su una denuncia nei vostri confronti...
STEFANO: Non volevo assolutamente offendere la Benemerita... Se venite in
negozio vi faccio vedere i calendari dei Carabinieri... li prendo tutti gli
anni...
GARGIULO: È una storia talmente strampalata, ma sono costretto ad agire
ufficialmente di fronte ad una denuncia scritta...
STEFANO: La mia coscienza è pulita come... la mia casa...
Stefano fa il gesto di passare un dito sul tavolo, ma gli rimane la polvere tra
le dita.
STEFANO: (continua) ...Anche di più… (grida verso Colomba) Colombaaaa! Quante
volte ti ho detto di passare lo straccio della polvere... e non quello che
lascia i pelucchi...
GARGIULO: (prosegue il suo discorso) Conoscete tal Boldetti Gaetano?
STEFANO: Sì, è il macellaio che ha il negozio vicino al mio...
GARGIULO: Il Boldetti è rimasto vittima di un incidente...
STEFANO: (sconsolato) Lo so, lo so...
GARGIULO: ...Ed è convinto che voi siate la causa diretta del suo infortunio...
STEFANO: (tra sé e sé) ...Comincio a pensarlo anch’io...
GARGIULO: (continua) …Ma, dai primi rilievi, risulta trattarsi di una spiacevole
fatalità… riteniamo che il colpo che la vittima ha ricevuto sulla testa sia la
causa di tutti i suoi vaneggiamenti... e poi, conoscendovi, non posso credere
che siate capace di un atto criminoso...
STEFANO: Sicuramente! (si ferma a pensare) ...Mi conoscete...? Non vorrei
sembrarvi scortese... Ci si conosce un po’ tutti qui ma, sinceramente, non mi
sembra di avervi mai incontrato...
GARGIULO: Avete ragione! Sono qui da pochi giorni. Ho scelto di essere
trasferito in questa cittadina per gli ultimi mesi di sevizio, prima della
pensione... È una ragione affettiva. Ho cominciato la mia carriera qui e qui la
voglio terminare... Quando ero un giovane maresciallo, circa venticinque anni
fa, il mio primo incarico importante fu in questa splendida cittadina e, pur non
avendovi mai incontrato, ho sempre sentito parlare bene della vostra famiglia e
della vostra attività. Ho avuto modo di conoscere la vostra bella cognata e
vostra moglie... Perdonatemi se non l’ho fatto prima... mi presento...
Entra Giggia; vedendo il maresciallo lancia un urlo.
GIGGIA: Maresciallo Gargiulo...!!!
STEFANO: (con le mani tra i capelli) Santo Dio!
Entra don Tarcisio.
DON TARCISIO: ...Sempre sia lodato!
GARGIULO: Maresciallo Maggiore... da qualche anno, ormai...
GIGGIA: Che piacere! Uguale, uguale, uguale... non siete cambiato per niente.
Qualche capello d’argento che… (civettuola) ...vi rende ancora più
affascinante..
GARGIULO: Mi confondete... Anche voi siete sempre... (la guarda bene)
...sempre... uguale...
GIGGIA: Vi fermate a mangiare con noi! Abbiamo tante cose da raccontarci..
Cesarino e Pippo entrano con le bottiglie di vino.
GIGGIA: (indicando Cesarino) Vi ricorderete senz’altro di...
Stefano ferma i ragazzi prima che possano vedere il maresciallo.
STEFANO: (la interrompe) Dopo... dopo... (ai ragazzi) ...Dietro front... altre
due bottiglie, ci sono altri ospiti...
I due ragazzi escono nuovamente guardandosi perplessi.
DON TARCISIO: Bisognerà dire alla Colomba di buttare dell’altra pasta. Vado
io...
Don Tarcisio esce di scena.
STEFANO: (tra sé e sé) Ma è possibile che sono l’unico a non averlo mai visto?
(pausa)
No, l’unico, no. Scommetto che anche mio fratello Michele non l'ha mai visto...
GIGGIA: Tra mezz’ora si va in tavola... Non voglio sentire storie, caro
Maresciallo… (con enfasi) Maresciallo Maggiore...
GARGIULO: Come si può rifiutare un invito così gentile...
STEFANO: Basta dire: no, grazie!
GIGGIA: Scusate ma devo preoccuparmi di tutto in questa casa. (a Stefano) Non
stare lì impalato! Fai gli onori di casa!
Giggia esce di scena.
Stefano e il Maresciallo Gargiulo sono piuttosto imbarazzati.
Stefano cerca di rompere il ghiaccio.
STEFANO: Non state lì, in piedi, accomodatevi...
Il maresciallo si siede comincia a starnutire in maniera strana.
Stefano lo fissa incuriosito.
GARGIULO: Scusatemi...
STEFANO: Prego...
GARGIULO: ...È una specie di tic che ho da sempre... Mi succede quando sono
imbarazzato; comincio a starnutire senza motivo. Non fraintendetemi; il mio
imbarazzo è dovuto al fatto di trovarmi nei luoghi dove ho passato i più bei
momenti della mia giovinezza...
(malinconico)
...dove ho lasciato il mio cuore...
STEFANO: Siete un po’ sbadato... Mi sa tanto che ci avete lasciato dell’altro...
GARGIULO: Avete ragione, avete pienamente ragione...
STEFANO: (tra sé e sé) Si è solo dimenticato un figlio...
GARGIULO: (ignorandolo) ...Sogni... speranze... illusioni e... l’amore...
STEFANO: Ma, ditemi: chissà a quante donne avrete fatto girare la testa?
GARGIULO: Cosa volete, ho girato in lungo e in largo e ovunque ho trovato
qualche bella signora pronta ad alleviare il mio dolore...
STEFANO: Il fascino della divisa... capisco!
GARGIULO: Ho avuto le mie storie, come tutti… Tante storie..., ma una sola mi ha
segnato per tutta la vita...
STEFANO: Anche la Giggia mi ha segnato per tutta la vita...!
GARGIULO: Ho cercato di dimenticare con altre avventure.. una valdostana... una
milanese... una fiorentina...!
STEFANO: Alla fine, vi sarete messo a dieta...!
GARGIULO: (segue, senza prestare attenzione) ...Tante storie, ma nessuna
importante... Non ricordo neppure quante donne ho avuto né i loro volti...
STEFANO: Si vede che in quel momento non le guardavate in faccia...
GARGIULO: Perché, vi ricordate quante donne avete avuto?
STEFANO: Lasciatemi pensare... Direi una trentina...
GARGIULO: Complimenti!
Non vorrei offendervi, ma vedendovi... (pausa)… così... non l’avrei giudicata un
uomo capace di tante conquiste.
STEFANO: Infatti! Intendevo dire una trentina... una ragazza di Trento... Facevo
il militare…
GARGIULO: E perché ci avete pensato tanto? Come fate a dimenticarvi una sola
avventura...?
STEFANO: Non mi ricordavo se era di Trento o di un paese vicino...
GARGIULO: Comunque avevo ragione io: vi ha lasciato il segno!
STEFANO: Come, no! La prima volta che ho cercato di metterle le mani addosso, mi
ha tirato un’ombrellata in testa... Ho ancora la cicatrice qui, in fronte...
Alla Giggia ho detto che è successo durante una esercitazione militare... sempre
di manovre si tratta...
Cesarino e Pippo entrano in scena con le bottiglie di vino.
Cesarino vede il maresciallo, si ferma a fissarlo per qualche istante e lo
riconosce.
CESARINO: Maresciallo Gargiulo! Non ci posso credere, siete proprio voi…
GARGIULO: Non mi dire che tu sei Cesarino…
CESARINO: Non siete cambiato per niente...!
GARGIULO: Come sei cresciuto!
I due si abbracciano sotto lo sguardo di Stefano che nota che i due hanno la
stessa altezza.
STEFANO: (a Pippo) Stessa altezza..., eh? Strano!
PIPPO: Non mi pare.
I due cominciano a starnutire allo stesso modo.
STEFANO: Andiamo bene…!!!
(rivolto ai due)
Scusate se vi interrompo...
CESARINO: (a Stefano) Il maresciallo Gargiulo! Ne parlavamo giusto oggi, vero
papà?
STEFANO: Certo! E non chiamarmi papà!
GARGIULO: Ne sono lusingato!
STEFANO: Cesarino mi raccontava delle attenzioni che avevate nei suoi confronti
e in quelli... di mia cognata...
GARGIULO: (malinconico) Grande donna! Elegante, affascinante... unica! Ha
lasciato un grande vuoto.
STEFANO: Era la moglie di mio fratello Michele. Conoscete mio fratello Michele,
vero?
GARGIULO: No, ma... è come se lo conoscessi...
STEFANO: Me lo immagino...!
(pausa)
Avete figli?
GARGIULO: No, come avrei potuto?
STEFANO: Come tutti… la pratica non vi manca, mi pare...
Il maresciallo comincia a starnutire, seguito da Cesarino e da Pippo.
STEFANO: Oh, santo cielo, anche lui!
PIPPO: Un colpo d’aria, stanotte... mi basta poco per prendermi un
raffreddore...
CESARINO: A me, invece, capita di starnutire quando...
STEFANO: Lo so, lo so... Pare che capiti a molti la stessa cosa...
(a Pippo)
Va’ in cucina a farti dare un’aspirina dalla Colomba!
Pippo esce mentre, Giggia e Matilde entrano in scena.
GIGGIA: Caro Maresciallo, non potevo fare a meno di farvi conoscere la mia
bambina. La settimana prossima lei e Cesarino si sposano, spero che sarete dei
nostri...
STEFANO: (tra sé e sé) Tanto pago io...!
GARGIULO: Potete contarci!
(rivolto a Matilde)
Bellissima! Un giovane bocciolo che mi ricorda quel fiore della mamma di
Cesarino che conobbi tanti anni fa.
STEFANO: Il tubero... ehm... il bocciolo qui presente potrebbe somigliare a
qualcuno della famiglia... se non a me, o a mia moglie, magari a mio fratello
Michele che è il marito del fiore... vi ricordate di mio fratello Michele,
vero…?
GIGGIA: Che stupido! Non hai mai sentito parlare della simpatia?
STEFANO: Certo! È quella che ti manca completamente. Uno nasce e gli danno un
po’ di tutto: un pizzico di bellezza, un po’ di cordialità... Con te se ne sono
proprio dimenticati! Arroganza, hanno abbondato... a chili, ma quando si è
trattato di darti la simpatia... c’era sciopero totale.
GIGGIA: Non fare il buffone! La bambina ammirava tanto la zia che ne ha preso i
modi, la grazia... gli stati d’animo.... questa si chiama... simpatia...!
STEFANO: ...In ogni caso ti manca...!
MATILDE: È vero! La zia mi piaceva tanto...
GARGIULO: Anche a me...!
MATILDE: Che bello quando mi portava in giro per negozi...! E quelle volte che,
alla domenica, al parco... dopo la messa...
STEFANO: (la interrompe bruscamente) Ma quanti gelati che ha fatto vendere...
signor Maresciallo…!
GARGIULO: Anche a me è capitata una cosa simile: mio padre era medico, ma io ho
deciso di fare il carabiniere perché ammiravo tanto il maresciallo del paese...
dicevano tutti che ero arrivato addirittura a somigliargli fisicamente...
STEFANO: Buon sangue non mente!
GIGGIA: Cosa borbotti, che non si capisce niente...
STEFANO: Mente, mente... ci vorrebbero delle belle mente fresche da bere...
(a Matilde)
… Va’ in cucina a dire ad una di quelle sciagurate di preparare da bere...
Matilde esce di scena.
GARGIULO: Scusatemi, non posso trattenermi; in caserma hanno bisogno di me.
GIGGIA: (civettuola) Venga, l’accompagno...
Giggia e il maresciallo Gargiulo escono di scena.
Stefano, in silenzio, fissa Cesarino girandogli intorno.
Cesarino comincia a starnutire.
STEFANO: Brutto raffreddore...!
CESARINO: Fuori stagione... che fastidio...!
STEFANO: Sono i peggiori!
CESARINO: Scusate, ma anch’io dovrei andare... Ho tante cose ancora da
sistemare...
Cesarino esce.
STEFANO: (tra sé e sé) Vai... vai... prima che il Maresciallo attacchi questo
raffreddore anche alla Penelope…
Entra Colomba con una brocca e dei bicchieri.
COLOMBA: Ho portato da bere.
STEFANO: Non serve più, se ne sono andati tutti…
Stefano nota che Colomba, alla cintura del grembiule, ha un corno rosso.
STEFANO: Che roba è, quella?
COLOMBA: Un corno! Con tutto quello che succede in questa casa, è meglio essere
prudenti...
STEFANO: (urla) Eh, no, via!!! In questa casa non si parla di corna.
Colomba, spaventata, esce di corsa, seguita da Stefano che la rincorre.
FINE PRIMO ATTO
SECONDO ATTO
La casa di campagna dove si celebrerà il matrimonio. Mancano pochi giorni
all’evento.
Sul tavolo la macchinetta del caffè e una tazzina.
Suonano alla porta.
COLOMBA: Vengo... vengo...
Colomba entra in scena, seguita da Penelope.
Colomba si ferma a riordinare qualche oggetto rimasto sul tavolo, mentre
Penelope va ad aprire.
Penelope rientra, seguita da Riccardo e Carlotta.
PENELOPE: Ci sono il signor Riccardo e la signorina Carlotta…
CARLOTTA: Buongiorno, Colomba, c’è la zia…
COLOMBA: La signora è da stamattina in camera, con la signorina Matilde, devono
provare sei o sette vestiti... (a Penelope)… Penelope… vai a chiamarla...!
PENELOPE: Devono provare anche una decina di scarpe… non so se, per stasera,
finiscono...
COLOMBA: Scusate, ma io devo tornare in cucina… Don Tarcisio... (ironica)
...gradisce il coniglio, per pranzo...!
Colomba e Penelope escono in direzioni opposte.
Riccardo e Carlotta rimangono soli. Rimangono in silenzio qualche istante.
Riccardo si guarda attorno, per essere sicuro che non ci sia nessuno.
CARLOTTA: (ansiosa) …Ho paura che qualcosa vada storto...
RICCARDO: Vedrai che tutto si sistemerà... Pippo è stato bravissimo... Sapeva
che la signora Giggia non avrebbe resistito a fare un ricevimento con tante
personalità...
Giggia, non vista, compare alle spalle dei due e si mette in ascolto.
CARLOTTA: Che vergogna... che disonore, se venissero a sapere...
RICCARDO: Partiremo subito dopo il matrimonio... quando il bambino nascerà,
saremo lontani e nessuno potrà sospettare di niente...
Giggia si fa notare.
GIGGIA: Ma bene…! Allora è così che mi ripagate... con l’inganno... il
disonore...
RICCARDO: Vi assicuro, signora Giggia che…
CARLOTTA: Ti prego zia… non dire niente... non ci rovinare...
GIGGIA: Sappi che io certe cose non le tollero...! Venite qui... in casa mia...
ad infangare l’onore della mia Matilde... e pretendete che io faccia finta di
niente...
RICCARDO: (rassegnato) Avete ragione... Il mio è stato un tentativo maldestro
per rimediare ad un errore... Vuol dire che avviseremo tutti che il nostro
matrimonio è annullato...
GIGGIA: (allarmata, cerca di recuperare) Eh, no... cari i miei ragazzi... è
facile... troppo facile... sottrarsi alle proprie responsabilità... La cerimonia
non può essere rimandata... onorevoli, eccellenze... tutti a giudicare,
commentare... che figura... che scandalo...
CARLOTTA: Zia… che vergogna... non pensavo di...
GIGGIA: Non pensavo.. non pensavo... Ormai quello che è fatto è fatto... ma
sappi che mai... e poi mai.. approverò ciò che hai fatto.. e, adesso, andate...
Carlotta singhiozza. Riccardo la prende sottobraccio e la conduce fuori.
Entra Stefano.
STEFANO: ...Non lo so... io non lo so... non chiedo tanto... ma dieci... dieci
minuti dopo pranzo... magari nove e mezzo, neanche dieci...! Dormire nove minuti
e mezzo dopo pranzo...! Chiedo troppo…?
GIGGIA: Dormi... dormi... pensa a dormire... Intanto, se non era per me,
rischiavamo di mandare tutto a carte quarantotto... Senatori, ministri...
eccellenze... Abbiamo rischiato di mandare tutto all’aria...
STEFANO: Scusa, Giggia, forse perché dormivo... ma... mi sono perso qualche
cosa...?
GIGGIA: Il cervello... ti sei perso...! Scemo... (pausa) … d’un scemo...!
STEFANO: ...Se sono distratto, non è colpa mia...!
GIGGIA: (bruscamente) La Carlotta è incinta...!
STEFANO: (rimane in silenzio, poi, sorpreso)… Incinta...?! Dov’è il Maresciallo
Gargiulo...?!?!?
GIGGIA: (ripete, alzando la voce) La Carlotta è incinta... non capisci...?
STEFANO: Capisco... capisco...! (pausa) ...Vuol dire che si sono già
divertiti...
GIGGIA: Vuol dire che quella santarellina, tanto santarellina... non è!
STEFANO: (risoluto) Senti, Giggia, a me di santi o santarelline non importa
niente... Ma questo matrimonio lo facciamo o non lo facciamo...?
GIGGIA: Ma certo che lo facciamo...!
STEFANO: Io penso solo a mio fratello Michele… Chissà come la prenderà...
GIGGIA: Non la prenderà... perché tu non gli dirai niente...!
STEFANO: Non posso... non posso Giggia… è mio fratello Michele… (pausa) …Ma
perché sei così scandalizzata che la Carlotta è incinta...?
GIGGIA: A me non importa un bel niente...! Fosse capitato alla Matilde, allora
sì, che sarebbe stata una tragedia... ma della Carlotta…
STEFANO: ...Sei sicura di sentirti bene…?
GIGGIA: Se tuo fratello Michele viene a sapere una cosa del genere, è capace di
chiuderla in convento, la Carlotta… e addio matrimonio, addio senatore, addio
onorevoli...
STEFANO: ...Addio al tuo cervello...
GIGGIA: Te l’ho sempre detto che noi siamo destinati ad entrare nell’alta
società...!
Giggia esce di scena pronunciando la battuta.
STEFANO: Quando la Giggia comincia con i suoi ragionamenti... mi scoppia la
testa...
Entra Don Tarcisio.
DON TARCISIO: Cosa c’è, Stefano, non ti senti bene?
STEFANO: (ironico) No, no... sto canticchiando una canzone. Sono così contento
che mi vien voglia di cantare.
DON TARCISIO: Ma di cosa ti lamenti? Tua figlia si sta per sposare... devi
essere contento; in fondo è un evento che capita una volta nella vita...
STEFANO: Lo spero! Anche se non ne sono sicuro...
DON TARCISIO: Smettila di piangerti addosso...
STEFANO: …Ho una fila di conti da pagare... che mi toccherà vendere il
negozio...Gliel’ ho detto alla Giggia: conteniamoci con le spese! Già il
Senatore arriverà con mezzo Senato a questo matrimonio... e scommetto che la
Giggia dirà... “Signor Senatore... siete nostro ospite, naturalmente...” Con i
miei soldi...! Che bisogno c’è di invitare anche mezzo paese... io non lo so..
io non lo so...
DON TARCISIO: Ma se avete invitato una cinquantina di persone...!
STEFANO: In un paesino di cento abitanti, cinquanta invitati sono mezzo paese…
no? Se gli abitanti fossero stati duecento, avrei detto un quarto di paese, ma
cinquanta su cento sono la metà...
DON TARCISIO: Sicuro, sicuro...!
Don Tarcisio si siede al tavolo e si versa del caffè.
STEFANO: Come se non bastasse, tutti cominciano a pensare che porto sfortuna...
DON TARCISIO: Non far caso a tutte queste stupidaggini...
STEFANO: Saranno stupidaggini, ma l’altro giorno ho incontrato la signora Rosa e
il giorno dopo è morta, così all’improvviso...
DON TARCISIO: Ma la signora Rosa aveva pure novantacinque anni... Dai retta a
me, sono solo sciocchezze...
Don Tarcisio prende la tazzina di caffè e, sbadatamente, se la versa addosso.
DON TARCISIO: (segue) ...almeno credo...
Entra Giggia.
GIGGIA: Comincio anch’io a credere a questa storia della iella...
STEFANO: (ironico) Adesso abbiamo l’ufficialità della scienza...!
GIGGIA: ...In tanti anni che dormiamo nello stesso letto, ho riposato sempre
tranquillamente...
STEFANO: (tra sé e sé) Chi vuoi che ti insidi?
GIGGIA: ...Questa notte mi sono ritrovata per terra... sono caduta dal letto...
e sono sicura che sei tu che porti iella!
STEFANO: (verso il pubblico) La iella non c’entra! Russava come un treno, le ho
dato una spintarella ed è finita giù... Senza volerlo, s’intende...!
DON TARCISIO: Vado in cucina a mangiare qualcosa... a metà mattina faccio sempre
uno spuntino...
Don Tarcisio esce di scena sotto lo sguardo di Stefano.
STEFANO: Ma dove la mette tutta la roba che mangia... secondo me va in giro con
un cane lupo, nascosto sotto la tonaca...
GIGGIA: Smettila di dire cretinate... Piuttosto: vai a provarti il vestito, che
se non va bene lo rimandiamo dalla sarta...
STEFANO: Non potevo tenere il vestito che ho messo al nostro matrimonio...
GIGGIA: Con la giacca ci abbiamo fatto il cappotto alla bambina, quando aveva
otto anni e i pantaloni...
(lo indica)
...ce li hai addosso...
(pausa)
...da vent’anni...!
STEFANO: L’ho sempre detto: come facevano le cose una volta…
I due escono di scena in direzioni opposte.
La scena rimane vuota per qualche istante. In lontananza si sentono le risate di
Cesarino e Pippo che, poco dopo, entrano in scena.
CESARINO: Cosa ti sei perso...!
PIPPO: Lo so cosa mi sono perso, l’ho organizzato anch’io il tuo addio al
celibato... ma con quella terribile influenza non sono riuscito neanche ad
alzarmi dal letto.
CESARINO: Mi avete fatto proprio una bella sorpresa... la torta... enorme...
bellissima... ma quando, dalla torta, è uscita quella ragazza non ho capito più
niente..
PIPPO: Che c’era da capire, avrà fatto tutto lei...?
Cesarino “mima” l’azione che la ragazza ha fatto nei suoi confronti,
avvicinandosi con fare ammiccante a Pippo; lo abbraccia e simula un bacio
appassionato.
Stefano sta per entrare, ma si ferma impietrito.
CESARINO: ...Sei l’uomo dei miei sogni! Non risvegliarmi...!
Stefano fa un perentorio dietro front.
CESARINO: ...Proprio così mi ha detto: “Non risvegliarmi...!”
PIPPO: E tu cosa hai fatto?
CESARINO: Cosa volevi che facessi? Niente, Ho cominciato a starnutire...
Stefano entra in scena, rumoreggiando vistosamente per farsi sentire.
I due ragazzi sono piuttosto imbarazzati.
PIPPO: Buongiorno, signor Stefano...!
CESARINO: Buongiorno, papà...!
Stefano rimane in silenzio, gira attorno ai ragazzi fissandoli, poi si rivolge a
Cesarino.
STEFANO: E non chiamarmi, papà...!
Entra Giggia.
I ragazzi sono immobili e Stefano continua a fissarli.
GIGGIA: (ai ragazzi) Cosa fate lì impalati? Ci sono ancora un sacco di cose da
fare! Andate dal fiorista a vedere a che punto sono gli addobbi e poi
controllate che le camere degli ospiti siano pronte...
STEFANO: Un momento… dividetevi! Uno va dal fiorista e l’altro controlla le
camere...
GIGGIA: Fate come dice lui, sennò è capace di farne una questione...
I due ragazzi escono.
GIGGIA: Ti sei provato il vestito?
STEFANO: No, ma sono sicuro che non va bene, non mi piace!
GIGGIA: Deve andarti bene! Non troveremo nessuno che ti faccia un altro vestito
in due giorni...
STEFANO: Vuol dire che rimanderemo il matrimonio...
GIGGIA: Cosaaa?!?! Hai dato in pegno il cervello per pagare i conti...?
(pausa)
...Impossibile, ti avrebbero dato due lire!
STEFANO: Ho provato a chiedere se prendevano il tuo, ma dovevo pagare io...!
GIGGIA: Sei matto!?!? Quando mai avremo l’occasione di avere tante personalità a
casa nostra...? A costo di accompagnare tua figlia all’altare, in mutande,
questo matrimonio s’ha da fare… Manzoni docet…!
STEFANO: Non so chi sia questo signor Manzoni, ma non penso che bisogna dargli
tanto retta...
GIGGIA: Ignorante di un ignorante... non ti meriti una donna come me...
STEFANO: D‘accordissimo!
Entra Matilde; sta provando l’abito da sposa che non riesce a chiudere.
MATILDE: Invece di continuare a litigare, guardate che tragedia! Mancano due
giorni... non riuscirò mai ad entrarci...
STEFANO: Visto che ho ragione... Bisogna rimandare il matrimonio!
MATILDE: (esasperata) Ma cosa dici… paparino...!!!
STEFANO: (farfuglia) ...Dico solo che un matrimonio... un matrimonio che si
rispetti, intendo, dev’essere un matrimonio tra uno sposo.. “uno”… maschio, è
vero…? E una sposa… “una”… femmina... è vero…?
GIGGIA: No, bambina mia, lascia perdere i vaneggiamenti di tuo padre... vedrai
che si aggiusta tutto… È solo qui... (indica la vita) ...che va un po’
allargato...
MATILDE: (in piena crisi) Ieri l’abbiamo accorciato... oggi va allargato...… e
domani...? Domani quale altra novità... e il giorno del matrimonio...?
Sicuramente ci sarà l’orlo da rifare o chissà quale altro contrattempo. Non ne
posso più… non ne posso più non ne posso più…!
Matilde si siede, continuando a singhiozzare.
GIGGIA: (a Stefano) Contento...? Hai fatto piangere la bambina!
STEFANO: Mi ringrazierà, la “bambina”, quando saprà...
Entra Colomba, seguita da Penelope.
COLOMBA: ...Mi servono i soldi per andare a comprare qualcosa per il pranzo.
GIGGIA: Ma non l’avete fatta ieri, la spesa?
PENELOPE: Sì, ma suo cugino ha fatto uno spuntino un po’ ...abbondante...
STEFANO: Niente spesa, si digiuna! Siamo in quaresima.
GIGGIA: Ma se siamo a giugno!
STEFANO: Quest’anno la Pasqua cade un po’ alta...
GIGGIA: Ma non fare il buffone!
(a Colomba)
Va’, va’ pure, dopo passo a pagare io...
STEFANO: Con i miei soldi...
(a Colomba)
...Aspettate, che vi devo dire una cosa!
COLOMBA: Non ho tempo! Devo ancora fare le pulizie e la Penelope deve
guardare... Non è pratica…!
STEFANO: Guardate che se mi concentro, vi faccio rompere una gamba!
Colomba e Penelope si fermano immediatamente e rimangono immobili, paralizzate
dalla paura.
STEFANO: (a Matilde) Ma Cesarino ti piace proprio... sei sicura?
MATILDE: Ma che m’importa! Io voglio un marito!
GIGGIA: Brava la mia bambina, è così che si ragiona! (a Stefano) Tanto poi
diventano tutti come te!
COLOMBA: Posso muovermi?
STEFANO: Respirate pure, ma rimanete lì...!
PENELOPE: Anch’io...?
STEFANO: Se ci riesci, non respirare...!
(a Matilde)
...Lo conosci bene Cesarino, vero?
MATILDE: Certo che lo conosco bene…!
GIGGIA: Che domande idiote, solo tu puoi fare certi ragionamenti...!
STEFANO: A proposito… (imbarazzato)… tu e Cesarino non avete mai... come dire,
ehm... non siete mai stati... vicini...
GIGGIA: Oh, santo cielo... Io mi chiedo... Che domande vai a fare alla
bambina...?
COLOMBA: Posso muovermi?
STEFANO: Zitta!
PENELOPE: E io...?
STEFANO: Immobile anche tu...!
MATILDE: Ma papà... certo che siamo stati vicini!
STEFANO: Le api... i fiori… il polline... quelle cose lì...?
MATILDE: (indignata) Ma papà...!!!
GIGGIA: Ma Stefano... cosa ti viene in mente...!
STEFANO: Ma Cesarino è un uomo... un uomo vero?
GIGGIA: Cosa dovrebbe essere?
STEFANO: No, volevo dire, Cesarino è un uomo... Vero…? E un uomo vero non si
permetterebbe mai di fare certe cose prima del matrimonio... (tra sé e sé)
...almeno con una donna...
GIGGIA: Vieni Matilde, tuo padre è esaurito... sistemiamo questo vestito.
Giggia e Matilde escono di scena, mentre Colomba e Penelope sono sempre
immobili.
STEFANO: Cosa fate lì impalate, muovetevi!
COLOMBA: Non succede niente?
STEFANO: Sono disinserito...
(pausa)
...Venite qua, Colomba...
Colomba si avvicina, seguita da Penelope
STEFANO: (a Penelope) No! Tu vai di là e comincia a fare le pulizie.. così fai
pratica…!
(Penelope esce)
STEFANO: ...Ditemi un po’… Cesarino lo conoscete da quando era bambino... Era
normale... vero?
COLOMBA: (ironica) Come potete essere normali voi tutti della famiglia...
STEFANO: Guardate che mi concentro!
COLOMBA: Normale, normale...
STEFANO: Ma se non fosse della famiglia...?
COLOMBA: Come?
STEFANO: Voglio dire che, a volte, in una famiglia qualcuno si distacca dagli
altri... se il padre è un delinquente, il figlio può diventare un tutore
dell’ordine... magari un carabiniere...
COLOMBA: Boh!
STEFANO: Ma con che cosa giocava: trenini, soldatini, pistole...
COLOMBA: Con tutte queste cose, come tutti i bambini... Anche a guardie e
ladri...
STEFANO: E faceva il ladro...?
COLOMBA: Figuriamoci! Voleva sempre fare la guardia... e con che accanimento...
(pausa)…E poi le bambole...
STEFANO: Ah, lo sapevo! Doveva esserci qualcosa... giocava con le bambole!
COLOMBA: ...Prendeva quelle di una sua amichetta, le spezzava in due e poi le
seppelliva in giardino.
STEFANO: Sempre bambole erano.
COLOMBA: Posso andare?
STEFANO: Andate, andate...
COLOMBA: Sicuro!
STEFANO: Andate ho detto, sennò...
Colomba esce di scena, mentre Stefano cammina nervosamente avanti e indietro.
STEFANO: No, no... non posso, non posso... Pensavo di mettermi in casa un genero
e mi ritrovo una nuora... no... no, non è bello… non è bello… Ma a mi fratello
Michele cosa gli dico... non è bello… non è bello
Colomba fa capolino, seguita da Penelope.
COLOMBA: Non volevo disturbarvi, ma ci sono i carabinieri.
STEFANO: I carabinieri o “il carabiniere”…
COLOMBA: Eh... i carabinieri...
STEFANO: Fateli passare!
PENELOPE: ...Però ce n’è uno solo...
Penelope dice la sua battuta, seguendo Colomba, mentre esce.
Stefano rimane al centro della scena con le mani tra i capelli.
Entra il Maresciallo Gargiulo.
GARGIULO: Scusatemi per l’intrusione, ma passavo di qua e, visto che oramai
siamo un po’ in confidenza, mi sono permesso di entrare...
STEFANO: Sono colpevole, arrestatemi!
GARGIULO: Colpevole di che?
STEFANO: Non lo so, ma piuttosto che rimanere in questa bolgia, preferisco
andare in galera...
GARGIULO: Avete sempre voglia di scherzare... Piuttosto, sono passato anche per
dirvi che la denuncia contro di voi è stata archiviata. Il Boldetti si è ripreso
completamente, non ha cambiato la sua versione, ma rimane talmente inattendibile
che riteniamo di non dover procedere ulteriormente...
Stefano fissa Il Maresciallo Gargiulo in silenzio.
GARGIULO: Qualcosa non va?
STEFANO: (a bruciapelo) Siete un uomo, vero?
GARGIULO: (non capisce,stupito) Come sarebbe a dire?
STEFANO: Siete un uomo tutto d’un pezzo, intendevo...
GARGIULO: Certo! Come tutti quelli che appartengono all’Arma... Adesso devo
andare, volevo solo tranquillizzarla per quella faccenda...
Entra Don Tarcisio.
DON TARCISIO: Maresciallo, che piacere...!
GARGIULO: I miei rispetti, reverendo...
DON TARCISIO: Ci lasciate di già...
GARGIULO: Il dovere mi chiama: “...la guerre comme à la guerre…”
Il maresciallo esca di scena.
STEFANO: (storpiando “guerre”) Ci mancava solo la guêpière... È un chiodo
fisso... non pensa ad altro... (pausa)… Piuttosto... parliamo di cose serie:
bisogna annullare il matrimonio!
DON TARCISIO: Annullarlo??? Ma cosa è successo?
STEFANO: Cause di forza maggiore!
DON TARCISIO: Cioè?
STEFANO: Il vestito non mi va bene…
DON TARCISIO: (ride) Figliolo benedetto, e vuoi annullare il matrimonio per un
vestito?
STEFANO: E le scarpe. Sono strette, mi fanno male e scricchiolano... Te
l’immagini: accompagno mia figlia all’altare con un vestito che non mi piace, i
piedi che mi fanno male e le scarpe che fanno sciac, sciac, sciac...
DON TARCISIO: Hai sempre voglia di scherzare...
STEFANO: Basta, ho deciso! L’importante è trovare una scusa credibile...
(pausa)… Ci sono! Diremo che hai avuto un malore... in fondo non hai una buona
cera... e che devi rientrare al paese...
Appena Stefano finisce la frase, Don Tarcisio cade a peso morto su una poltrona,
colpito da uno dei suoi attacchi di narcolessia. Stefano crede che sia vittima
della sua iella.
STEFANO: Tarcisio! Tarcisio!
Si avvicina e cerca di rianimarlo.
STEFANO: Oh, madonna, questo è morto! Non chiedevo tanto, bastava una piccola
indigestione, un mal di pancia... con tutto quello che mangia! (urla) Giggia…
Colomba... Matilde...
Stefano esce di scena continuando a chiamare le tre donne che, invece, entrano
dalla parte opposta.
GIGGIA: Cosa c’è da urlare così...?
(vede Don Tarcisio) ...Gli è successo un’altra volta...
COLOMBA: Dormirà fino a stasera! Si è fatto uno “spuntino” che sembrava il
cenone di capodanno...
MATILDE: Papà si sarà spaventato... sembra proprio morto...!
GIGGIA: Morto... morto... Si vede lontano un miglio che dorme della grossa...
COLOMBA: Non la pensavate così, quando ve lo siete trovato davanti come uno
stoccafisso...
GIGGIA: (pensierosa) Colomba...! Forse avete ragione...
COLOMBA: Oh, Madonna Santa... sto per morire... sento che sto per morire...
MATILDE: (allarmata) Cosa c’è, vi sentite male....? Per carità, Colomba, non vi
ci mettete pure voi... Cosa vi viene in mente di morire proprio adesso...
COLOMBA: La signora mi ha dato ragione! Un solo desiderio ho espresso nella mia
vita: che, prima di morire, la signora Giggia mi desse ragione almeno una
volta... Il momento è arrivato: sto per morire!
GIGGIA: (alzando la voce) Colomba, alzatevi...! Non è questo il momento per le
vostre scemate...!
MATILDE: La mamma ha ragione! Sempre a impicciarvi di tutto e nei momenti meno
opportuni...
GIGGIA: ...Mi è venuta in mente una cosa.
Don Tarcisio si riprende.
DON TARCISIO: Mi è successo ancora... Mi ricordo che stavo parlando con
Stefano...L’avete avvertito... si sarà preso uno spavento!
GIGGIA: (decisa) No, e non lo avvertiremo...! (a Matilde)…Ho trovato il modo di
farti avere una dote che neanche avresti immaginato...
MATILDE: È già tanto se pagherà le spese del matrimonio... Me la vedo già la
Carlotta, tutta trionfante, con tutti i gioielli che le regalerà il Senatore...
È un testone... chi lo può convincere?
GIGGIA: (indicando Don Tarcisio) Lui!
DON TARCISIO: (sorridendo) Signore mio... sia lodato Gesù Cristo... ma se non si
fida di me neanche quando mi chiede che ore sono...
GIGGIA: Da vivo!
DON TARCISIO: Come: “da vivo! ”
GIGGIA: Ti crede morto? Lasciamo che continui a crederlo!
COLOMBA: (tra sé e sé) Una gabbia di matti… L’ho sempre detto: sono capitata in
una gabbia di matti…
GIGGIA: Statemi a sentire... Gli faremo credere che Tarcisio è morto!
DON TARCISIO: No, non posso prestarmi ad un inganno del genere...
COLOMBA: Figuriamoci io...! Non ne voglio sapere niente...!
MATILDE: Povero papà... va bene che è testone... burbero... molto spesso
petulante... a volte arrogante... senza pazienza… noioso... presuntuoso.. ma non
può essere ingannato così...
GIGGIA: (a don Tarcisio) Da “fantasma” potresti convincerlo a fare molte cose...
Una donazione per la tua parrocchia, per esempio...
(a Matilde)
...potrebbe convincerlo a concederti una dote molto... sostanziosa...
DON TARCISIO: Se è per una causa a fin di bene…
MATILDE: ...In fondo papà è giocoso... gioioso... spiritoso... insomma… sa stare
agli scherzi...
COLOMBA: No, no, no... io non ne voglio sapere niente...
GIGGIA: ...Potreste avere un aumento...
COLOMBA: (decisa) Ditemi cosa devo fare!
GIGGIA: Per prima cosa dobbiamo avvisare tutti di stare al gioco... Tarcisio
deve essere un vero fantasma... Faremo tutti finta di non vederlo. Matilde,
avvisa Cesarino e Pippo. Colomba, avvisate il medico che io penso al maresciallo
Gargiulo...
COLOMBA: (tra sé e sé) Speriamo di guadagnarci qualche palanca...
Colomba esce di scena.
GIGGIA: (a Colomba, mentre esce) Avvisate quella stordita di vostra nipote...
anche se non è pratica…!
(a Don Tarcisio) Tu... siediti e continua a far finta di dormire... di essere
morto... Noi cominciamo ad urlare...
Le tre donne cominciano ad urlare per richiamare l’attenzione di Stefano che
entra in scena di corsa.
STEFANO: Dove eravate...?
GIGGIA: Che disgrazia, che disgrazia...!
MATILDE: (piangendo) Papà... papà... lo zio...! Guarda in che stato è
ridotto...… oh, mamma… forse... forse... è... è… morto...!
STEFANO: Morto... morto... che paroloni ...Lo zio... non si sente troppo bene…
Calma, calma... magari è solo un malore... magari ha mangiato troppo… Stamattina
non riusciva a finire una frase perché si mangiava tutte le parole...
Stefano dà due schiaffi a Don Tarcisio che fa fatica a rimanere immobile; gli
alza un braccio che ricade pesantemente sul bracciolo della poltrona.
STEFANO: ...Un malore un po’ forte... anzi, mi sa che è un po’… morto... solo un
poco, però...!
GIGGIA: Che disgrazia, che disgrazia...! Corri a chiamare il medico... anzi, no!
Aspetta che torni la Colomba...
STEFANO: Cosa c’entra la Colomba?
GIGGIA: Niente, aspetta e basta!
STEFANO: Io aspetto, tanto...
(indica Don Tarcisio)
...di lì non si muove...
MATILDE: Come è successo?
STEFANO: Stavamo parlando... gli ho detto che non aveva una bella cera e...
GIGGIA: Lo sapevo, lo sapevo! Ha ragione il macellaio... Sei tu che porti
iella...Spero che ti perseguiti per il resto dei tuoi giorni...
MATILDE: (finge di piangere) Non posso vederlo così, non posso...
Matilde esce di scena incrociando Colomba che entra.
GIGGIA: Vi avevo detto di andare ad avvisare il dottore...
COLOMBA: L’ho trovato...
GIGGIA: Tacete! Volete avere sempre ragione...
(a Stefano)
...Vai tu...
(indica Don Tarcisio)
...non possiamo lasciarlo così...
STEFANO: ...Già come ospite cominciava a puzzare... figuriamoci così...
Stefano esce di scena. I presenti si assicurano che si allontani e, subito dopo,
Don Tarcisio si alza dalla poltrona.
GIGGIA: (a Colomba) Perché siete tornata così presto?
COLOMBA: L’ho incontrato qua fuori, il dottore. Era andato a visitare la vedova
Mariotti e stava tornando in studio.
GIGGIA: Gli avete spiegato tutto?
DON TARCISIO: Non si sarà prestato a questo gioco!
COLOMBA: Altro che! Si è fatto una risata! Ha detto che il signor Stefano ha
bisogno di simili emozioni... fanno bene al cuore, è… tetrapetico...
GIGGIA: Avrà detto terapeutico, ignorante...
COLOMBA: Per me è la stessa cosa, tanto non capisco lo stesso cosa vuol dire...
GIGGIA: Andate a preparare qualcosa da mangiare.
COLOMBA: ...Qualcosa da far resuscitare i morti.
Colomba esce di scena.
DON TARCISIO: Sei sicura che facciamo la cosa giusta?
GIGGIA: Sicurissima! Adesso ti metti sul nostro letto, dalla parte di Stefano.
Mi raccomando, immobile! Vieni, ti accompagno e ti spiego il mio piano…
I due escono e la scena rimane vuota.
Suonano alla porta, ma nessuno va ad aprire.
Entra Carlotta
CARLOTTA: È permesso…? Zia…
Si guarda intorno, ma non vede nessuno.
CARLOTTA: ...C’è nessuno...?
Carlotta sta per uscire, ma entra Matilde che la ferma.
MATILDE: (fredda) Carlottina... come mai qui...?
CARLOTTA: (imbarazzata) Cercavo la zia… Ho aperto e...
MATILDE: Te la mando a chiamare... Colombaaa…!
CARLOTTA: Non importa...
MATILDE: Tanto non mi costa niente... Colombaaa…!
CARLOTTA: (insiste) Dico sul serio...
MATILDE: Come vuoi, tanto figurati se la Colomba viene subito, quando la si
chiama...
Restano in silenzio per qualche istante.
CARLOTTA: Beh… visto che sono qui... Posso parlarti...?
MATILDE: Ma certo, sediamoci... (pausa) La mamma mi ha detto del nostro “bel”
matrimonio... (ironica) ...Che bella festa...!
CARLOTTA: È proprio di questo che volevo parlarti... (esita)… Ti devo confessare
una cosa...
MATILDE: (sorpresa) Che aria seria...! Cosa ci sarà di così importante...?
CARLOTTA: (imbarazzata) Io e Riccardo stiamo attraversando un periodo un po’… un
po’ particolare...
MATILDE: (allarmata) Non ditemi che volete rimandare il matrimonio...!
CARLOTTA: No… ma, vedi... Ti ho detto che io e Riccardo volevamo sposarci
Roma...
MATILDE: Certo... certo... La mamma mi ha già raccontato tutto… dell’incarico
all’estero di Riccardo… degli invitati... e...
CARLOTTA: (la interrompe) C’è un’altra cosa che vorrei tu sapessi...
MATILDE: (falsamente distaccata) Ah… sì...?
CARLOTTA: ...Io e Riccardo abbiamo già... (esita)…
MATILDE: Ho capito! Avete già deciso tutto… Addobbi... fiori… menù… Va bene
(risentita)… per me non è un problema...
CARLOTTA: Ma no, Matilde...! (spazientita) ...Io sono in... in... in uno
stato...
Entra Giggia
GIGGIA: ...Sei in uno stato, Carlottina mia, che non ti riconosco più…
MATILDE: Ma mamma, che dici…?
CARLOTTA: Zia… stavo dicendo a Matilde che sono...
GIGGIA: Che sei esaurita...! Chi non lo sarebbe poco prima del matrimonio...?
Guarda la Matilde...!
MATILDE: (seccata) Non sono per niente esaurita... (alzando la voce)Per
niente...!
GIGGIA: Su, Matilde... va’ in camera tua a riposarti... e tu, Carlottina... fai
una bella passeggiata... vedrai come ti rilassi...
Matilde esce stizzita
CARLOTTA: Ma, zia…
GIGGIA: Niente ma...!
Giggia accompagna Carlotta verso l’uscita, con decisione.
Stefano entra in scena brontolando.
STEFANO: Ma io dico: proprio sul mio letto dovevano metterlo... e dalla mia
parte... Non è ancora arrivato il dottore, io l’ho avvisato...
Entra Giggia.
GIGGIA: No, e non verrà! Mi ha detto sua moglie che mentre usciva di casa per
venire qui, è scivolato sulle scale e si è rotto una gamba...
Giggia guarda con insistenza Stefano.
STEFANO: Perché mi fissi, cosa c’entro io?
GIGGIA: Niente...
(pausa)
...Dovremo tenercelo qui tutta la notte. Domani mando in paese la Colomba a
chiamare qualcuno...
STEFANO: ...Bisogna avvisare gli invitati che il matrimonio non ci sarà...
GIGGIA: Neanche per sogno... il matrimonio si farà...
STEFANO: Non è mica una partita a carte che possiamo fare col... morto... E
poi... chi lo celebra questo matrimonio, io?
GIGGIA: Non dire cretinate, chiameremo don Luigi, verrà sicuramente...
STEFANO: Ho detto che questo matrimonio non si farà!
GIGGIA: ...Vedrai che ti convincerai...
STEFANO: Ma insomma: si può sapere chi comanda in questa casa?
GIGGIA: Io!
Giggia esce di scena pronunciando la sua battuta.
STEFANO: Ma se è vero che porto tanta iella, perché non funziona con quella
là...?
Stefano passeggia nervosamente avanti e indietro, in silenzio, poi riprende.
STEFANO: (segue) ...Mamma mia quanto è brutto!
Don Tarcisio entra lentamente e, non visto da Stefano, si pone alle sue spalle.
STEFANO: (segue, rivolto al pubblico) ...Non è mai stato una bellezza, ma
adesso... (mima)
...Quella faccia, quel colorito... Fa venire i brividi solo a pensarci…
Stefano si gira di scatto e si trova faccia a faccia con Don Tarcisio.
STEFANO: (urlando) Aaaah!
Stefano gira per il palco cercando di ripararsi dietro il tavolo: cerca di
parlare, ma non riesce a dire nulla.
STEFANO: Tu… tu… tu…
DON TARCISIO: Calma, non farti prendere dal panico...
STEFANO: Va bene… vvva bene! (lungo respiro) …Ho capito, c’è stato un errore!
Morte apparente. Ne ho sentito parlare...
DON TARCISIO: Già!
STEFANO: (sollevato) Meno male, credevo di aver visto un fantasma...
DON TARCISIO: Intendevo dire che anch’io ho sentito parlare della morte
apparente, ma non è questo il caso... Sono un fantasma in carne ed... ehm...
scusa… in spirito e... spirito...
STEFANO: (urla) Aaaah!
Don Tarcisio si siede sul divanetto, mentre entra Colomba con Penelope.
STEFANO: Colomba, Colomba...!
(indica il divano)
...Guardate! Guardate lì...
COLOMBA: (a Penelope) Vai tu.. così cominci a far pratica…
Penelope va verso il divano, finge di non vedere Don Tarcisio, e prende uno
straccio rimasto sul divano.
COLOMBA: Quante storie per uno straccio dimenticato. Portalo via, Penelope… Che
bisogno c’è di gridare tanto!
Penelope prende lo straccio ed esce.
STEFANO: Ma non vedete niente?
COLOMBA: In questa casa, meno vedo, meglio è!
Colomba esce flemmaticamente, mentre Stefano rimane a bocca aperta. Dopo qualche
istante si riprende.
STEFANO: Vuol dire che ti vedo solo io? Aveva ragione la Giggia: mi
perseguiti...! Non ti bastava da vivo... anche da morto, adesso!
DON TARCISIO: Mi vedi perché è la tua coscienza sporca che fa sì che tu mi veda.
Pentiti e non mi vedrai più.
STEFANO: Ma di che mi devo pentire...?
DON TARCISIO: Sei avaro, arrogante, presuntuoso... Sono qui per farti
ravvedere... Ravvediti!
STEFANO: Mi ravvedo... mi ravvedo allo specchio... tutte le mattine mi ravvedo
allo specchio... e mi do il buongiorno...
Entra Giggia.
GIGGIA: Sei diventato tutto matto? Adesso ti metti a parlare da solo?
STEFANO: Amo la buona compagnia! Mi sono così simpatico che ho deciso di
scambiarmi due parole. “Come stai Stefano? Bene Stefano, e tu? Niente male,
grazie, Stefano...
GIGGIA: Continua con le tue idiozie...! Intanto il povero Tarcisio non c’è più…
ed è colpa tua!
STEFANO: Sul fatto che non ci sia, avrei qualcosa da ridire...
GIGGIA: Ma cosa dici?
STEFANO: È talmente vivo il suo ricordo che sembra di averlo ancora qui...
GIGGIA: Hai ragione. Se penso come era felice quando rimaneva a pranzo da noi...
STEFANO: Uhhh...
GIGGIA: A proposito, vado a dire a Colomba di portare qualcosa da mangiare… Il
dolore mi mette sempre una gran fame...
STEFANO: (ironico) Chissà quanto hai sofferto... e continui a soffrire!
Giggia sta per uscire, ma Stefano la ferma.
STEFANO: (indica verso Don Tarcisio) ...Naturalmente anche tu non vedi niente...
GIGGIA: Non vedo l’ora che ti decidi a dare un po’ dei tuoi soldi a quei
ragazzi...
Giggia esce di scena.
DON TARCISIO: ...Ecco il punto! Abbandona tutto il tuo morboso attaccamento alle
cose terrene, al denaro...
STEFANO: Comunque questo matrimonio non si può fare! Con un morto in casa,
poi...! Senza offesa s’intende...
DON TARCISIO: Sono l’ultimo a voler ostacolare la felicità di quei due ragazzi,
anzi, sii generoso con loro, con la mia parrocchia e anche con quella povera
donna della Colomba... altrimenti sarai destinato a bruciare tra le fiamme
eterne...
Stefano si slaccia il colletto della camicia, si asciuga la fronte con un
fazzoletto e annusa l’aria come per individuare un odore.
STEFANO: Che caldo che fa oggi, e che puzza... le stagioni non sono più quelle
di una volta...!
DON TARCISIO: Vedi, cominci già a sentire il bruciore degli inferi e il suo
malefico odore...
STEFANO: No, questa deve essere la minestra di cavoli della Colomba. Fa una
puzza, ma una puzza...
DON TARCISIO: Devi riscattarti... questo è il tuo riscatto!
Don Tarcisio esce di scena con atteggiamento ieratico, non visto da Stefano.
STEFANO: Altro che riscatto, questo è un ricatto! Devo rimanere in braghe di
tela per non vedere più la tua brutta faccia...
(si volta e non vede Don Tarcisio)
…Ma dov’è finito...?
(si guarda intorno)…
Lo so! Quando mangio i peperoni fritti, mi vengono sempre le traveggole...
DON TARCISIO: (fuori campo) Ricordati, riscatto!
STEFANO: (riflette) Però non li ho mangiati........
Entra Colomba..
COLOMBA: Ci sono i carabinieri...
Stefano sta per spazientirsi, ma Colomba lo interrompe.
COLOMBA: Ho capito, ho capito... non dite niente! C’è il maresciallo!
STEFANO: Fatelo passare!
Colomba esce.
STEFANO: (tra sé e sé) Quello che non capisco è perché non posso scegliere a chi
portare iella e quando... Potrei trarne qualche vantaggio... Il macellaio, per
esempio; che senso può aver avuto quel vaso in testa... adesso... Dieci anni fa,
doveva cadergli addosso!!! Sai quanti soldi risparmiati e, magari, la macelleria
me la compravo io...
Entra il maresciallo Gargiulo.
GARGIULO: Scusate l’intrusione...
STEFANO: C’è un’altra denuncia?
GARGIULO: Ho cercato di smuovere le mie conoscenze, come mi ha chiesto la
signora Giggia… Domattina presto verranno a prelevarlo, in modo da poter
celebrare il matrimonio senza problemi...
Don Tarcisio entra in scena e il maresciallo sta al gioco.
Stefano parla guardando il maresciallo.
STEFANO: Allora, questo matrimonio, bisogna proprio farlo...
Don Tarcisio annuisce in silenzio.
GARGIULO: Dite a me?
STEFANO: Certo, certo. Ritenete che sia opportuno.
GARGIULO: Per quanto dolorosa, la circostanza che si è verificata, ritengo che
non si debba privare quei giovani di ciò che desiderano da tanto tempo.
DON TARCISIO: Lo penso anch’io!
GARGIULO: Don Tarcisio la penserebbe alla stesa maniera...
STEFANO: Allora lo vedete, lo sentite anche voi?
GARGIULO: Chi?
STEFANO: Volevo dire: ve lo sentite profondamente che è la cosa migliore da
fare…?
GARGIULO: Non ne ho il minimo dubbio!
Don Tarcisio annuisce nuovamente ed esce di scena.
GARGIULO: (esitante) Visto che siamo soli... vorrei chiedervi un favore...
STEFANO: Se posso, volentieri.
GARGIULO: Vorrei incontrare vostro fratello Michele…
STEFANO: Ah!
GARGIULO: Gettiamo la maschera! Parliamo da uomo a uomo...
STEFANO: Da uomo a uomo, avete detto? Non chiedo di meglio.
GARGIULO: Sono passati degli anni, sotterriamo i rancori, in memoria di
Adelaide.
STEFANO: Cosa c’entra l’Adelaide?
GARGIULO: (esitante) Beh… io conoscevo Adelaide.
STEFANO: E allora?
GARGIULO: La conoscevo bene… molto bene…
Entra Cesarino.
CESARINO: Papà!
Il maresciallo Gargiulo e Stefano si girano contemporaneamente, e dicono la loro
battuta simultaneamente.
STEFANO: / GARGIULO: Sì...
I due si guardano.
STEFANO: (lentamente, scandisce) E non chiamarmi... papà... per piacere...!
Il maresciallo Gargiulo, come in precedenza, starnutisce ritmicamente.
CESARINO: Maresciallo, i miei rispetti! (a Stefano) Don Luigi ha detto che
domani verrà lui…
STEFANO: Dopo ne parliamo. Adesso devo dire due paroline in privato al
maresciallo.
Stefano prende sotto braccio il maresciallo Gargiulo e i due escono di scena.
Cesarino rimane solo qualche istante, quindi entra Matilde..
MATILDE: Papà vuole rimandare il matrimonio... sarebbe una tragedia...
Don Tarcisio, non visto compare alle loro spalle.
CESARINO: Non ti preoccupare, vedrai che finirà tutto bene…
MATILDE: Non posso continuare a far credere che ingrasso perché mangio troppo…
(si accarezza la pancia)
...se rimandiamo di un altro mese, dovremo far credere che nostro figlio nasca
di sei mesi...
DON TARCISIO: Figlioli, figlioli benedetti, ma perché non l’avete detto prima?
I due si voltano e vedono Don Tarcisio.
Matilde scoppia a piangere.
CESARINO: Ci avrebbero sbattuto fuori di casa...
DON TARCISIO: Non dite sciocchezze! Una vita nuova va sempre accolta con gioia.
Li faccio ragionare io quei due zucconi...
MATILDE: (piangendo) Ti prego, zio, aiutaci...
DON TARCISIO: Non vi preoccupate... Piuttosto, cerchiamo di far finire in fretta
questa messinscena...
Colomba entra in scena con alcune vivande che posa sul tavolo insieme ad alcuni
piatti vuoti. Giggia la segue a breve distanza.
GIGGIA: Allora, Tarcisio, com’è andata?
DON TARCISIO: Si è convinto che sono morto... Ben presto cederà anche sul resto.
COLOMBA: E il mio aumento?
DON TARCISIO: Ci sarà! L’importante, quando saremo tutti presenti, è che
assecondiate quanto dico... Adesso andate, ho bisogno di vederlo ancora da
solo... Quando sentite un rumore forte, entrate!
MATILDE: Mi raccomando, zio... aiutaci...
GIGGIA: Ricordati... la dote!
COLOMBA: …E l’aumento!
Tutti escono tranne Don Tarcisio che si avvicina al tavolo e comincia a mangiare
qualcosa. Entra Stefano.
STEFANO: Più che un fantasma mi sembri un morto... un morto di fame!
DON TARCISIO: Sono spirito, puro spirito...
Ti sembra di vedermi mangiare perché sei rimasto legato all’immagine terrena che
hai di me...
STEFANO: Anche quei panini sono rimasti legati all’immagine terrena che hanno di
te?
DON TARCISIO: Cosa c’entrano i panini?
STEFANO: Credono di finire nel tuo stomaco...
DON TARCISIO: Telecinesi! Si chiama telecinesi. (mima l’azione) La forza dello
spirito li fa librare nell’aria e spariscono. Non nel mio presunto stomaco, ma
in un’altra dimensione.
STEFANO: Non potresti andarci anche tu in un’altra dimensione...?
DON TARCISIO: Dipende da te...! (pausa) ...Hai riflettuto?
STEFANO: Stavo pensando una cosa: tu puoi rimanere qua, tanto non mi dai mica
fastidio...
DON TARCISIO: Allora non hai capito niente! Guarda qua!
Don Tarcisio prende un piatto e lo butta per terra.
STEFANO: Telecinesi, ho capito!
DON TARCISIO: Se questa “telecinesi” la faccio passare per la iella che tu
procuri, la tua vita è finita...
Don Tarcisio rompe un altro piatto, secondo il segnale convenuto, ma non entra
nessuno.
Dopo un terzo e un quarto piatto, entrano Matilde, Cesarino e Giggia.
MATILDE: Cosa succede?
CESARINO: Vi sentite bene, papà?
STEFANO: Non chiamarmi papà!
GIGGIA: Ma cosa combini, sei diventato matto?
STEFANO: Non sono stato io. È la telecinesi.
GIGGIA: Hai rovinato il servizio cinese..!
Giggia e Matilde raccolgono i cocci, mentre Cesarino si siede sul divano.
DON TARCISIO: Vedi: qualunque cosa accadrà, o meglio, che io farò accadere, sarà
colpa tua!
STEFANO: Cosa intendi dire?
GIGGIA: (fa finta che Stefano si sia rivolto a lei) Intendo dire che adesso tiri
fuori i soldi e ne compri uno nuovo...
STEFANO: (sottovoce) Cosa intendi dire?
DON TARCISIO: Che posso agire facendomi passare per un’altra persona... guarda!
Adesso Matilde uscirà dalla stanza. Io la seguirò e quando rientrerò, tutti
crederanno di vedere lei invece di me.
Matilde segue le “istruzioni” ed esce seguita da don Tarcisio che,
immediatamente rientra come Matilde.
I presenti assecondano la situazione.
GIGGIA: Dammi una mano, Matilde, ci sono dei cocci sotto al tavolo che non
riesco a prendere
DON TARCISIO: Va bene, mamma.
STEFANO: Ma non ci sta neanche sotto il tavolo...
GIGGIA: Non mortificare la bambina; anche se è un po’ ingrassata, non è il caso
di prenderla in giro...
CESARINO: Per me è sempre la più bella ragazza del mondo!
Stefano prende per un braccio Cesarino e lo trascina vicino a Don
Tarcisio/Matilde.
STEFANO: Ah, sì... allora vieni qua... Baciala, la tua bellezza!
Cesarino esita un attimo poi, suo malgrado, abbraccia Don Tarcisio in maniera
“affettuosa”.
Entra Colomba.
COLOMBA: Oh, Gesù, Giuseppe e Maria... (si fa il segno della croce)
GIGGIA: Cosa c’è? Non avete mai visto due fidanzati abbracciarsi? Adesso basta!
Da sposati avrete tutto il tempo che volete.
COLOMBA: Oh, Madonna Santa, mi mancava solo questa...
Colomba esce scrollando la testa.
DON TARCISIO: Ci vediamo dopo, tesoro mio...
Don Tarcisio/Matilde esce di scena Cesarino, un po’ scosso, torna a sedersi,
mentre Stefano rimane a bocca aperta. Don Tarcisio rientra nelle sue normali
vesti.
DON TARCISIO: Convinto?
STEFANO: Adesso chi sei?
CESARINO: (finge) Adesso sono l’uomo più felice del mondo...
STEFANO: Taci! (sottovoce a Don Tarcisio) ...Adesso chi sei?
DON TARCISIO: Sono il fantasma di prima...
GIGGIA: Vieni, Cesarino, aiutami a buttare questa roba...
Giggia e Cesarino escono di scena.
DON TARCISIO: Fa’ un gesto che ti nobilita come uomo e come padre...
STEFANO: Non posso dare in moglie mia figlia a un... un... Li ho visti, lui e
Pippo, che si abbracciavano...
DON TARCISIO: È questo che ti preoccupa? Ma si è trattato di un equivoco!
STEFANO: Certo, e “l’equivoco” non sono certo io...!
DON TARCISIO: Il ragazzo si è confessato... L’altra sera, alla festa per l’addio
al celibato, si è lasciato un po’ andare... Cose da ragazzi...!
STEFANO: Sicuro che si tratta solo di quello? Li ho visti avvinghiati...
DON TARCISIO: Te lo assicuro!
STEFANO: Se lo dici tu...
DON TARCISIO: Scrivilo!
STEFANO: Ci credo, ci credo...
DON TARCISIO: Non fare il furbo! Scrivi della dote, della donazione alla mia
parrocchia, dell’aumento a Colomba e mettici sotto una bella firma.
STEFANO: No, l’aumento a quella sanguisuga no; piuttosto le faccio io le
pulizie.
DON TARCISIO: Telecinesi!
STEFANO: (sbuffa) E sia! Prendo un foglio e scrivo le mie volontà...
spontanee...
Don Tarcisio estrae un foglio dalla tasca e lo porge a Stefano.
DON TARCISIO: Mi sono permesso di preparare tutto io... basta una firma...
STEFANO: Ma come fa un fantasma a scrivere?
DON TARCISIO: Telecinesi, sempre telecinesi...
STEFANO: Quante cose si possono fare con questa telecinesi...! Devo prenderne un
po’ anch’io...
Stefano firma la dichiarazione mentre entra il maresciallo Gargiulo al quale
“scappa” un saluto a Don Tarcisio.
GARGIULO: Don Tarcisio...
Stefano si volta di scatto.
GARGIULO: Ehm... Don Tarcisio starà sicuramente meglio di tutti noi, sereno...
nel regno dei cieli...
Don Tarcisio prende il foglio firmato ed esce dalla stanza.
STEFANO: Ci sta andando...
GARGIULO: Come sarebbe a dire?
STEFANO: Non vorrete mica che ci arrivi subito! Anche se era un prete, le
raccomandazioni non valgono... Ve l’immaginate San Pietro: “Si accomodi, Don
Tarcisio, vi aspettavamo... prego, prego...” E, no! Si farà i suoi due –
trecento anni di coda, anche perché qualche peccatuccio dovrà confessarlo pure
lui e poi...
GARGIULO: (lo interrompe) La mia coscienza mi tormenta!
STEFANO: E fa bene!
GARGIULO: Non infierite, vi prego... Sono venticinque anni che mi tormento, ma…
ma...
(prende fiato poi, deciso)
…Cesarino è mio figlio!
STEFANO: Mi era venuto qualche sospetto...
GARGIULO: Non posso più tenere questo segreto... Circa venticinque anni fa fui
trasferito per due anni a Palermo... Quando tornai trovai l’Adelaide con un
bambino... mi disse che era il mio bambino, concepito poco prima che io
partissi...
STEFANO: E mio fratello Michele? Dico: Non ci pensavate a mio fratello Michele?
Se fosse un estraneo direi: che me ne importa! Ma mio fratello Michele è mio
fratello Michele, non Michele soltanto…
(scandisce le parole)
...Mio fratello Michele!
GARGIULO: Questo l’ho capito... Per qualche anno ho fatto quello che ho potuto,
poi un nuovo trasferimento e la decisione di sparire per sempre... fino ad
oggi...
(pausa)
...prima di confessare tutto a...
STEFANO: ...Mio fratello Michele!
GARGIULO: Prima vorrei dire tutto a Cesarino…
STEFANO: Ma voi siete matto, non se ne parla nemmeno...
Entra Cesarino.
STEFANO: (segue) ...Fate pure!
CESARINO: Maresciallo… I miei rispetti, papà...
STEFANO: E non chiamarmi...
(pausa, sospira)
...Niente, niente... Siediti, il maresciallo ti deve parlare..
CESARINO: (scherzando) Spero che non mi vogliate arrestare...?
Il maresciallo Gargiulo comincia a starnutire ritmicamente, segno di imbarazzo.
STEFANO: (a Cesarino) E tu non starnutisci...?
CESARINO: Per fortuna mi è passato, il raffreddore...
GARGIULO: Ti parlo col cuore in mano, come un padre... Prendo l’occasione dal
fatto che siamo in giugno...
STEFANO: Bella occasione...!
GARGIULO: ...Tra pochi giorni dovrebbe essere il tuo compleanno...
CESARINO: Scusate, maresciallo, ma il mio compleanno è ad Agosto...
Il maresciallo si irrigidisce.
GARGIULO: Ad Agosto?
STEFANO: Avete presente quel mese che, di solito, è tra luglio e settembre...
GARGIULO: Ma allora... tu... io... lei...
Il maresciallo Gargiulo sembra fare dei calcoli mentalmente.
GARGIULO: (continua) ...Novembre! Deve essere successo a Novembre... Non può
essere, ero a Palermo da tre mesi...
CESARINO: Bella città, Palermo. Mi piacerebbe andarci in viaggio di nozze...
GARGIULO: Allora mi sono fatto il sangue amaro per niente!
STEFANO: Vi siete divertito lo stesso, mi pare...
GARGIULO: Devo andare, scusate, ma devo andare...
CESARINO: Cosa mi volevate dire?
GARGIULO: Anche se il tuo compleanno è ad Agosto... ehm... tanti auguri!
Il maresciallo Gargiulo esce di scena felice e sorridente.
STEFANO: Allora... quegli starnuti... si trattava solo di un raffreddore
CESARINO: Certo!
STEFANO: Mi rimane un piccolo dubbio... ma sei sicuro che le donne... ti
piacciono...
Cesarino guarda stupito Stefano. Non fa in tempo a rispondere perché entrano
Giggia e Matilde.
GIGGIA: Cos’ha da ridere, il maresciallo…?
STEFANO: Si sente più leggero...
GIGGIA: (a Matilde) Vedi che lui ci è riuscito a fare la dieta!
Matilde scoppia a piangere.
MATILDE: Mamma… papà... Cesarino
STEFANO: ...Mancano Colomba e Penelope e ci hai chiamato tutti…
MATILDE: ...Non posso più nascondervelo...
GIGGIA: Non avere paura, parla, bambina mia... Non aver paura di quell’orco di
tuo padre... ci sono io ad ascoltarti e capirti...
MATILDE: (continua a piangere) Aspetto... aspetto...
STEFANO: Aspetta, aspetta... nessuno ti mette fretta...
MATILDE: ...Aspetto un... bimbo...
GIGGIA: Disgraziata, svergognata, sei il disonore della nostra famiglia...
Stefano sorride soddisfatto.
STEFANO: Alé... alé... Taci, retrograda! ...Finalmente... è la prova che
aspettavo...!
Si avvicina a Cesarino e lo abbraccia.
STEFANO: Chiamami pure papà, nonno o come ti pare...
(a Giggia)
...Abbracciala, tua figlia...! Non ti ricordi come sei riuscita a convincermi a
sposarti...? E, poi, non era neanche vero che eri incinta... sennò...
GIGGIA: ...Sennò avresti dovuto vedertela con mio padre... Lui sì che era un
uomo, mica come te! Era un uomo tutto d’un pezzo, un uomo come non ce ne sono
più… un u uomo come... come...
STEFANO: Come te!
GIGGIA: Screanzato!
(a Matilde)
… Vieni qui, sciocchina...
Giggia e Matilde si abbracciano.
CESARINO: Allora non siete arrabbiati?
STEFANO: Ma quale arrabbiati...! Ho anche deciso di lasciarvi il negozio, quando
mi ritiro, s’intende...
GIGGIA: E la dote alla bambina...?
STEFANO: Anche quella! L’unico problema è che Don Luigi, bacchettone com’è, si
rifiuti di celebrare le nozze... Possiamo anche non dirglielo...
Entra Don Tarcisio mostrando il foglio firmato da Stefano.
DON TARCISIO: Il problema non c’è perché le nozze le celebro io!
GIGGIA: Vieni, Tarcisio... abbiamo ottenuto quello che volevamo.
STEFANO: (sorpreso) Lo vedete anche voi?
CESARINO: Certo!
Entrano Colomba e Penelope.
STEFANO: (a Colomba) Lo vedete anche voi?
COLOMBA: No, non vedo nessuno.
STEFANO: (a Penelope) E tu?
PENELOPE: Non son pratica…!
GIGGIA: Ma si che lo vedono anche loro...
COLOMBA: Ditemi voi cosa devo fare… Se lo devo vedere, lo vedo; se non devo
vederlo, non lo vedo... a me basta avere il mio aumento...
Stefano sembra stupito, ma poi cambia espressione
GIGGIA: Sveglia, besugo d’un besugo... te l’abbiamo fatta!
DON TARCISIO: A fin di bene, Stefano. Volevamo solo farti capire che i ragazzi
meritano un aiuto.
STEFANO: Ma credete che io sia così stupido…? E non rispondere di sì, Giggia…
Avevo capito tutto… Volevo solo vedere fino a che punto avevate la faccia di
andare avanti… Figuratevi se non lascio la dote a Matilde che sposa Cesarino che
è figlio di mio fratello Michele…
GIGGIA: Bella scoperta… Come dire che Matilde è tua figlia!
STEFANO: Capite che se Cesarino non è… cioè, se mio fratello Michele non fosse…
o anche Matilde, insomma… se uno dei due fosse quello che non è allora non
sarebbe com’è… no?
MATILDE: Lascia perdere, papà, l’importante è che sia finito tutto bene…
Entra il maresciallo Gargiulo, sorridente.
GARGIULO: Scusate se interrompo questa bella riunione di famiglia, ma ho
dimenticato il mio cappello…
I presenti rimangono sorpresi dall’ingresso del maresciallo.
GARGIULO: (si dà un contegno) Beh… il gran giorno si avvicina… auguri a tutti…
MATILDE: Oh, mamma, sono così emozionata che… che… Eccì… eccì… eccì…
Matilde comincia a starnutire ritmicamente.
Il maresciallo si blocca, imbarazzato.
Stefano rimane impietrito qualche istante, quindi.
STEFANO: (alzando la voce) Il maresciallo… Giggia!!! Questo non me l’avevi
detto… Non è bello Giggia… non è bello…
Sul sipario che si chiude, Stefano rincorre Giggia per tutto il palco. Invano i
presenti tentano di fermarlo.
FINE