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Nel testo L’ARTE DELLE ALICI, rifletto sulla condizione di solitudine che si è venuta a creare durante la pandemia. Solitudine vissuta maggiormente dalle donne, in particolare da quelle che vivono in situazioni difficili sia dal punto di vista familiare sia

dal punto di vista lavorativo; la solitudine di fronte alle scelte difficili, come quella di una madre di fronte alla malattia della propria figlia. 
Mi interessava trattare il tema dell’eutanasia. Grazie alla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale, in Italia è possibile richiedere il suicidio medicalmente assistito, secondo alcune condizioni: la persona che ne fa richiesta deve essere pienamente capace di intendere e volere, deve avere una patologia irreversibile portatrice di gravi sofferenze fisiche o psichiche, e deve sopravvivere grazie a trattamenti di sostegno vitale. E tutti gli altri? Il testo ci spinge a riflettere sul vuoto istituzionale. 
Nella mia Ars drammaturgica cerco una parola politica, nel senso più letterale del termine, un teatro che tratti tematiche sociali e civili della nostra contemporaneità: emarginazione, legalità, immigrazione, fragilità di genere. La scrittura prende spesso la forma di narrazione e dialogo, ma come una libera espressione di un personaggio che sul palcoscenico parla al pubblico in una modalità simile a quella del flusso di coscienza. 
Il mio modello di riferimento stilistico è Thomas Bernhard, scrittore e drammaturgo austriaco la cui produzione artistica è influenzata dal sentimento della solitudine. Le opere di Bernhard, sia i testi drammatici che i romanzi, sono in genere lunghi monologhi che riflettono sulla condizione del mondo e come esso influisce sulla realtà; nel caso delle opere teatrali, il pubblico che assiste rappresenta l’altra parte di un dialogo. 
Utilizzo spesso la forma monologante per esprimere situazioni di disagio in cui si trovano i personaggi sulla scena. L’obiettivo è quello di dare voce a storie che non potrebbero venire alla luce diversamente, storie dimenticate. I testi che si sviluppano intorno alla tematica femminile pongono l’attenzione sulle problematiche delle donne, specialmente nella condizione dell’impossibilità di una reale comunicazione che spesso diventa incomprensione. 
Pur affrontando tematiche che analizzano il mondo delle donne oggi, non credo debba esistere una scrittura delle donne e una scrittura degli uomini. La scrittura è unica, una donna scrive dando voce anche al maschile che è in sé, un uomo scrive dando voce anche al suo femminile, dalla contaminazione delle voci interiori nasce la mia visione scenica. 
Credo che le donne debbano far sentire la loro parola scenica, perché purtroppo per noi ci sono pochissime opportunità, in particolare in Italia questa è una problematica su cui riflettere. 
Angela Villa 

«Dialoghi serrati e incisivi, tanto efficaci da coinvolgere lo spettatore. Il testo non si perde in banalità e luoghi comuni così frequenti quando si parla di un argomento così delicato come quello della morte volontaria. Grande prova di scrittura». 
(Dalle motivazioni del Premio di Drammaturgia CENDIC 2023)

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Angela Villa è autrice e docente. Scrive per “Dramma.it” dal 2011. Come drammaturga ha ottenuto diversi riconoscimenti. Tra gli altri ricordiamo: quello del concorso Letteratura e Ambiente vinto nel 2012 con il testo LA BALENA È UN SOGNO; il premio internazionale La Scrittura della/e Differenza/e nel 2015 con OMISSIS, tradotto e pubblicato in spagnolo per le edizioni di Metec Alegre, oltre che rappresentato nello stesso anno come reading a L’Avana (Cuba) e al Teatro Mercadante di Napoli; poi il concorso In Punta di Penna 2015 con IL VOLO DELL’ALBATROS; e, nel 2018, il Premio Anima Mundi con il dramma ALMENO UNO, che viene inoltre recitato al Chiostro del Piccolo Teatro di Milano in forma di lettura scenica. Nel 2023 scrive L’ARTE DELLE ALICI, con cui va in finale al Premio di Drammaturgia CENDIC (Centro Nazionale di Drammaturgia Italiana) classificandosi seconda. Suoi testi sono oltretutto presenti in alcune antologie, tra cui la più recente è PARTI FEMMINILI – «Monologhi di donne nel teatro contemporaneo italiano» – curata da Maria Letizia Compatangelo e uscita per Dino Audino editore nel 2019. Con Franco Ventimiglia, infine, Villa è creatrice e interprete della performance LA PAROLA CANTATA, in cui testi di teatro sociale e civile dialogano con la musica mentre il canto antico viene rilanciato nel contemporaneo. Un lavoro di teatro-canzone che nasce con l’intento di dare voce alle storie delle donne e sperimentare per voce sola i suoi scritti d’autrice.