E’ ormai un appuntamento consueto, atteso e per certi versi accuratamente scrutato alla ricerca dei segnali del nuovo teatro che sarà. Tramedautore, festival di drammaturgia contemporanea, è tornato in scena al Piccolo Teatro Grassi e Chiostro Nina Vinchi di Milano per la sua quindicesima edizione. Dopo una prima parte svolta a luglio e dedicata al teatro italiano, dall’11 al 20 settembre un focus completo è stato riservato alla Cina. Con una ricca serie di incontri e dibattiti a margine degli spettacoli, per parlare di teatro ma anche di cultura e società cinese, il cartellone delle rappresentazioni ha previsto generi diversi tra loro, uniti tuttavia dalla comune volontà di
rappresentare uno spaccato del teatro orientale dei nostri giorni. D’altra parte è questa la missione che si è data da sempre Outis, l’anima del festival sotto la direzione artistica di Angela Calicchio e Tatiana Olear ossia saper raccontare i fermenti teatrali di aree del mondo o di linguaggi specifici.
Tra gli spettacoli attraggono particolarmente i tentativi cinesi di rileggere la propria storia o di narrare il proprio presente. Così “La fuga” (18 settembre) parte dai fatti di piazza Tienanmen per ampliare lo sguardo oltre, indagando il rapporto tra gli uomini. La pièce, scritta da Gao Xingjian (1940), Premio Nobel per la Letteratura, fa incontrare in un magazzino buio uno studente, un’attrice e un intellettuale, in fuga dalle sparatorie repressive della piazza. L’attrazione, lo scontro, l’istinto di sopravvivenza e l’abbandono all’altro sono le dinamiche primordiali che ciascuno dei protagonisti vive dapprima attraverso il filtro della propria condizione sociale e del proprio ruolo. Poi l’atmosfera si fa tesa, la violenza di strada incombe, minaccia. Allora le maschere cadono e l’uomo nella sua profonda essenza, (passimisticamente) contraddittoria, mostra le dinamiche del proprio agire. La regia di Lorenzo Montanini, così essenziale, quasi scarnificata fino all’inverosimile, riesce da un lato a dilatare spazio e tempo conferendo un carattere di universalità al testo, dall’altro acuisce il senso di morbosità delle relazioni umane - tipico di Gao Xingjian – attraverso elementi tratti dal linguaggio della performance e del teatro astratto.
A conclusione del Festival (20 settembre) è collocato “Carbone attivo” di Nick Rongjun Yu, autore blasonato, assai prolifico con quasi cinquanta drammi all’attivo, oltre che appassionato Direttore dello Shanghai Dramatic Arts Centre. Il suo spettacolo racconta la società che cambia, una coppia separata riceve la visita inaspettata del padre di lei e inizia la commedia per fingere che tutto sia come forse il padre si aspetterebbe: amore coniugale, gentilezza e dedizione reciproca. Ma niente è quello che sembra, quell’anziano uomo cela un passato attraversato da un amore segreto, un gesto di meschinità abissale, un pentimento durato per tutta la vita. Il genero, inconcludente e goffo, è la chiave di volta della ricomposizione dell’identità della vita del vecchio, che rivela di essere meno all’antica del previsto, mostrando di conoscere ben più di quello che gli ex coniugi cercano di nascondere. La regia di Manuel Renga rende snella e agevole la storia, con salti nel reading scenico, nel playback e nella messinscena post-moderna.