TESTAPISMA

Dramma in due atti di

Antonio  Sapienza

 

Personaggi: 

Carmelo  Macca……………………………. Agricoltore
Peppino…………………………………….. suo figlio
Sara………………………………………… giovane bracciante
Za Ciccia…………………………………… vecchia bracciante e “mavara”
Petru……………………………………….. bracciante
Zu Tanu …………………………………… bracciante padre di Sara
Turi…………………………………………. Figlio di Carmelo
Lucia……………………………………….. figlia di Carmelo
Cola………………………………………… bracciante


La vicenda si svolge in una contrada agricola, agli inizi del 1900.

 

                                                         Atto  I

Nella scena di destra, intanto, nell’aia, ci sarà un leggero chiarore di luna, che entrerà dalla finestra a destra del magazzino, con la porta semichiusa. Musica adatta.
In scena ci sono i braccianti agricoli. Si ode un forte russare. 
Pian piano entra in  scena, scostando la porta, Peppino Macca: alto, fisico forte, baffetti all’insù. Indossa una stretta giacca a righe, e coppola calzata in testa. Egli si sforza di riconoscere una persona tra quelle che dormono. Individuatala, vi si accosta e parla sottovoce.

Pep.- Sara, Sara, svegliati. Mi senti?-
Sara- ( ragazza prosperosa sui vent’anni) Sono sveglia, ma non gridare, svegli tutti. (si ode un forte grugnito e il capociurma, Tanu Carrubba, si gira di fianco) Hai visto? a momenti svegliavi mio padre.-
Pep.- Ma non s’è svegliato. Allora, ci vieni?-
Sara- A me piacerebbe, però ci vorrei andare di giorno. Di notte ho paura.-
Pep.- Già, di giorno, ma come faresti? devi lavorare…eppoi  tuo padre potrebbe notare la tua assenza, no?-
Sara- Si, si, ma…di notte ho paura!-
Pep.- Dai Sara, l’avevi promesso…poi di notte si pesca meglio, si prendono più pesci…quelli abboccano solo di notte.-
Sara- Ma non hai detto che peschi con le nasse? Cosa c’entra allora che debbono abboccare..-
Pep.- Volevo dire che di notte sono più fessi, e si fanno prendere più facilmente. Ti basta?-
Sara- Tu la sai lunga…Stamani m’hai detto che i pesci, nelle nasse, ci entrano da soli, per mangiare l’esca…-
Pep.- Ecco, allora abboccano, no? Mangiano l’esca e abboccano…dai alzati. (si ode un altro grugnito, un forte russare e movimenti di corpi nel sonno).-
Sara- Sta’ zitto. Esci. Adesso vengo, però dobbiamo, fare in fretta, non vorrei che si svegliasse mio padre e non mi trova qui. Prometti?-
Pep.- Faremo presto, prestissimo, te lo prometto.-

Peppino esce. Sara si alza, si sistema il vestito da contadina, sta per mettersi le scarpe, quando ode la voce della zia Ciccia, una compagna di ciurma, che stava dormendo accanto a lei, e che si alza lievemente sui gomiti per parlarle.

Cic.- (sussurrato) Sara stai attenta.-
Sara- Ah! m’avete spaventata.-
Cic.- Stai attenta.-
Sara- A cosa debbo stare attenta, za’ Ciccia?-
Cic.- Ai pesci!-
Sara- Non…non capisco…io…-
Cic.- Tu hai capito benissimo...-
Sara- …e voi avete sentito benissimo.-
Cic.- Certo che ho sentito, mica sono una bestia piena di vino come tuo padre.-
Sara- Allora, se avete sentito – bene, saprete che vado a pescare...-
Cic.- …con Peppino, il figlio del Principale.-
Sara- E che male c’è?-
Cic.- A pescare non c’è niente di male. Ma andarci di notte con un giovanotto, e, perdippiù con la fama di donnaiolo, di male c’è n’è anche troppo.-
Sara- So difendermi, io.-
Cic.- Non ne dubito che sai difenderti…se vuoi. (insinuante).-
Sara- Come se voglio? Cosa intendete dire?-
Cic.- Quello che ho detto.-
Sara- Basta, za Ciccia. So benissimo quello che faccio. Eppoi se non ci credete che vado a pescare, al ritorno vi porto i pesci. (poi conciliante) Sentite zietta bella, mi fareste un  piccolo favore?-
Cic.- (burbera) Cosa vuoi?-
Sara.- Se si sveglia mio padre e mi cerca, ditegli che sono uscita per dei bisogni personali. Me lo fate questo favore?-
Cic.- Mi stai chiedendo di farti da ruffiana?-
Sara- Oh, che brutta parola… vi chiedo soltanto un po’ di solidarietà femminile.-
Cic.- Non so se te lo faccio questo favore.(finta reticenza)-
Sara.- Invece sono sicura di si. Me lo farete. (calza le scarpe ed esce socchiudendo l’uscio).-
Cic.- (fra se) Te lo farò e come se non te lo farò…vedrai cosa ti combina Ciccia Campisi, piccola oca.

Il magazzino rimane al buio ancora un po’, musica adatta per un minuto, poi da lontano s’ode il canto di un gallo, e lo zu’ Tanu si agita nel sonno. La za’ Ciccia si leva a sedere e lo controlla. Poi quando il gallo ricanta, Tanu si stiracchia e, quindi, si mette a sedere.

Tanu- Ciccia, sei già sveglia?-
Cic.- Mi sono svegliata pochi minuti fa, quando il gallo ha cantato per la prima volta.-
Tanu- Io mi sveglio sempre alla seconda volta. Quell’importuno animale non ci riesce a buttarmi giù dal letto alla prima.
Cic.- Quale letto?-
Tanu- Insomma è un modo di dire, no? E quanto sei precisina stamani. Avanti, allora, svegliamo gli altri, oggi si annunzia un’altra giornata faticosa.-
Cic.- Già.-
Tanu- Hai visto che bel raccolto, quest’anno? Questa terra è benedetta, e don Carmelo Macca è un uomo fortunato.-
Cic.- Quell’uomo non è fortunato, Tanu, egli è solo caparbio. Crede nella terra, nei suoi figli, e nei suoi uomini. E la terra lo ripaga. Quello ci mette l’anima nella cura della terra.-
Tanu- E va bene, ci metterà pure l’anima, ma è un’anima che sgancia i quattrini. E se l’annata è buona, come quest’anno, per noi sarà la manna del cielo e forse più. Poi quando la nostra ciurma lavora da lui, si mangia a sazietà…-
Cic.- … e si beve a garganelle.-
Tanu- E si beve, e anche vino buono. Poi ci ha pagato sempre bene. E’ una sicurezza lavorare per lui.  Che il signore lo benedica.-
Cic.- (sarcastica) Amen.-

Tanu, un uomo suo quarantacinque anni, ben piantato, con una pancetta, brizzolato e coi mustacchi, si alza, si aggiusta i pantaloni, indossa un logoro gilè, cerca le scarpe, poi prende un cappellaccio di paglia. Intanto nel magazzino filtra un poco di luce dell’alba.

Tanu- Sara, alzati, è ora. Sara, alzati!-
Cic.- Sara è fuori a fare un bisogno personale. ( detto senza convinzione, anzi stuzzicando il sospetto dell’uomo).-
Tanu- Bisogno personale hai detto? ( si dirige verso l’uscita del magazzino, apre tutta la porta, e guarda fuori) Sara, Sara, Sara! (poi a Ciccia) Vecchia ruffiana, il bisogno personale te lo sei inventato tu. Sara là fuori non c’è.-
Cic.- E cosa vuoi da me allora?-
Tanu- Sara fuori non c’è, e tu sai dov’è. A te non sfugge nulla, vecchia “mavara”!-
Cic.- Io non so nulla… poi chi frequenta tua figLiz lo dovresti sapere tu, che sei il padre… Certo, con tanti giovani che si sono qui attorno…(vedendo che Tanu sta reagendo alle sue parole) Oh, basta! E’ tua figLiz, non mia. E’ tua e tu devi sapere dov’è e, soprattutto, con chi è tua figLiz.-
Tanu- (riflettendo) Eppure è vero… forse so dov’è, e con chi…-
Cic.- Davvero? (beffarda) ma guarda che genio…-
Tanu- Dov’è Petru? Quello le ha messo gli occhi addosso.-
Cic.- Petru dorme lì, non lo vedi…orbo di tutti e due gli occhi.-
Tanu- Come sarebbe?-
Cic.- Sarebbe che non ci vedi o non ci vuoi vedere. E non vuoi vedere, come in questo momento…-
Tanu- Come sarebbe?-
Cic.- Ahò, non sai dire altro? (poi con calma) Ma ti sei guardato in giro? sono tre giorni che stiamo qui, e non hai visto nessuno bazzicare e ronzare attorno a…Sara?
Turi- Per la miseria! Sicuro, sicuro…certo: Da tre giorni, da quando siano qui, Peppino Macca ha gironzolato attorno a Sara. Strega, credi che non abbia occhi? Ma speravo che mia figLiz fosse abbastanza virtuosa da tenerlo a bada.-
Cic.- (ironica) Lei?-
Tanu- E che è una buttana? Bada a come parli, Ciccia!-
Cic.- Calmati, calmati…che sgualdrina e sgualdrina…e non mi riferivo poi alla sua…virtù…ma, sai la gioventù, le tentazioni…il diavolo…-
Tanu- (convincendosi sempre più) Si, sarà con lui. Anzi ne sono sicuro! E ora credo che…credo che…mannaggia, quello se la sta facendo, in qualche posto, magari non lontano da qui. Ma non ha fatto i conti con me. Con Tanu Carrubba! (prende la doppietta che teneva accanto a se ed esce dal magazzino).-
Cic.- Tanu non fare sciocchezze. Petru (a un giovane bracciante che dorme lì vicino) Petru, svegLizti, alzati, segui u zu’ Tanu. Quello oggi ammazza qualcuno! ( a bassa voce) E non deve scorrere il sangue del figlio, ma deve cadere nella polvere la dignità del padre. Disgrazia si, morte no!…(poi forte) Corri Petru!-
Pet.- (alzandosi e infilandosi le scarpe) Chi? Che cosa? Quando?-
Cic.- Imbecille, corri subito ho detto! Segui lo zu’ Tanu, quello ha preso il fucile. Quello li ammazza se li trova!-
Pet.- Trova chi?-
Cic.- Peppino e Sara.-<
Pet.- Ah…ma dove?.-
Cic.- Là fuori, Bestia!-
Pet.- Vado, vado,  vengo, vengo…vado, vado. (intanto si svegLizno gli altri braccianti: domande a soggetto. Petru esce e rientra subito) Non c’è bisogno, cca sunu, sono qua, stanno tornando (guardando fuori) Presto, venite dentro.-

Entrano, trafelati, Sara e Peppino.

Cic.- Vi ha visto?-
Pep.- Chi?-
Cic.- Suo padre, lo zu Tanu.-
Pep.- No, credo di no… io non l’ho visto.-
Sara- Si, si! L’abbiamo visto! Peppino è inutile negare…ma mio padre non ci ha visto perché ci siamo nascosti, e quando è passato oltre, siamo venuti di corsa qui.-
Cic.- Quello, se vi vedeva, v’ammazzava!-
Pep.- Bummm!-
Cic.- Bum? Dici bum? Senti giovanotto, tu sei uno sbarbatello e non conosci Tanu Carrubba. A quello, quando il sangue gli va negli occhi, niente e nessuno gli fa paura, niente e nessuno lo ferma! Hai capito?-
Sar- E’ così Peppino. Papà è un violento. Soltanto la za’ Ciccia lo sa calmare.-
Pet.- (affacciandosi) Sta arrivando, sta arrivando.-
Cic.- Sara, tu mettiti là, in fondo, insieme agli altri. Tu giovanotto senza paura, devi stare accanto a me, e fai parlare me, capito?-
Pep- Io non mi nascondo tra le gonnelle di una donna, sono un uomo…- 
Cic.- …che se non fa come dico io, sarà si un uomo, ma morto!-

Entra Tanu. E’ scuro in viso, appena vede Peppino gli punta il suo fucile.

Tanu- V’ho visto, v’ho visto! (freme)-
Cic.- (mettendosi al fianco e abbassandogli l’arma) Tanu Carrubba non ammazza a sangue freddo.-
Tanu- Sante parole, ma l’onore di mia figlia, fa eccezione!-
Cic.- (parandoglisi davanti) L’onore? Ma l’onore si recupera anche con la riparazione, non capisci ancora Tanu? Ri-pa-ra-zio-ne!-

Intanto Ciccia si avvicina a Petru e gli sussurra qualcosa all’orecchio. Petru annuisce ed esce. Fuori è già giorno.

Tanu- (che finalmente capisce) Giovanotto, sei disposto alla riparazione?-
Pep.- E cosa dovrei riparare? La pompa dell’acqua? (irrisorio).-
Tanu- Stai attento giovanotto, bada a come parli con me. Allora ti ripeto: sei disposto a riparare l’onore che hai tolto a mia figlia, e di conseguenza a me?-
Pep.- Non vi conosco! E non vi ho tolto proprio nulla! In quanto a Sara, più che a toglierle l’onore, gli ho tolto un po’ di sonno…Andate via, và.-
Tanu- (fremente) Ciccia, ma lo senti?-
Cic.- Calmati Tanu. Ci parlo io con questo giovane bell’imbusto. Senti bello, qui siamo in Sicilia, te lo sei scortato, per caso? e chi toglie l’onore a una ragazza, che ha un padre o un fratello, o se la sposa o viene ammazzato. E’ la legge dell’onore.-     
Pep.- Ma via, non abbaiamo fatto nulla…eppoi non laposso sposare…non ci amiamo…ma che sposare e sposare…-  
Tanu- Ciccia, io l’ammazzo!-  

Entra Carmelo Macca. Egli è un uomo di mezza età, forte, abbronzato, volitivo, sicuro di se. Porta grandi baffi spioventi. Indossa un giaccone e calza in testa una coppola  nera. Lo segue Petru. 

Car.- A chi ammazzi! Tanu Carrubba?- 
Tanu –(girandosi sorpreso) A vostro figlio ammazzo, don Carmelo, perché stanotte s’è portata mia figlia Sara al fiume, disonorandola.-
Car.- Peppino, è vero?-  
Pep.- Al fiume ci siamo stati. Quando a disonorarla…- 
Car.- Basta così! Tanu Carrubba, abbassa quel fucile, non serve più. Peppino farà quello che deve fare un galantuomo: sposerà tua figLiz!- 
Pep.- Papà, io non l’amo.-
Car.- Non l’ami. Non l’ami, ci dovevi pensare prima, prima di portartela al fiume. ( a Tanu) Tanu, dopo che avremo sistemato il raccolto, penseremo a questo matrimonio. Sei d’accordo?- 
Tanu – La parola di don Carmelo Macca è oro colato. D’accordo! Petru, posa stu coso (gli porge il fucile) non serve più.- 

Carmelo e Tanu si stringono la mano.

Tanu- Avanti ciurma, fuori! Il lavoro ci aspetta. Don Carmelo, se non è oggi, per domani sicuro che tutto il frumento sarà falciato. Sabbenedica (la ciurma esce, tranne Ciccia, che si aggira nel magazzino come se fosse indaffarata).
Pep.- Papà… ti prego…-
Car.- Niente preghiere. A te, col tuo comportamento, ti doveva accadere- sicuro come la morte. Chi campa come te, o prima o poi fa una brutta fine: O finisce ammazzato da qualche padre, fratello, o marito di una delle donne che vai insidiando, oppure… oppure…se e nubile finisce, nolente o volente, che se la deve sposare, chiunque essa sia. Ora, a te, in questo caso, ti è capitata la disgrazia più piccola: Ti sposerai quella ragazza, ma almeno vivrai.-
Pep.- No, meglio morto. Papà, neanche Sara mi ama. Eppoi, là, al fiume abbiamo anche parlato. A lei queste nostre usanze non piacciono. Non le sopporta. Vorrebbe vivere libera, libera di fare ciò che vuole, senza dover rendere conto delle sue azioni ad un padre o a un fratello - a nessuno. E neanche ai compagni di ciurma, al vicinato  - che considera un covo di pettegoli…-
Car.- E’ strano questo modo di pensare per una ragazza siciLizna. (scuotendo il capo) Che strane idee.-
Pep.- Eppure è così.-
Car.- Le sue idee non mi interessano. Io vivo qui e con questa gente mi ci rapporto giorno dopo giorno. Conosco le regole della società e non solo le osservo, ma anche le approvo. Ho le mie salde convinzioni. (pausa)  Peppino, hai fatto la “fesseria”, paga le conseguenze, ora te la sposi e basta!-
Pep.- Ma non ci sarebbe un altro modo…magari pagando?-
Car.- Ma allora non hai capito nulla di quanto ti ho detto? Carmelo Macca è un uomo d’onore, ricordalo! E tu, che fai? Ti comporti senza onore e vorresti disonorare pure me? Sposati e basta, e l’argomento è chiuso!-
Pep.- Io…io…pur di non sposarmi…m’ammazzo…oppure…-
Cic.- …parto lontano…( come se parlasse solo a Peppino)-
Pep.- Ecco, si, parto lontano.-
Car.- Tu la sposi.-
Pep.- Io non mi sposo! -
Car.- Disubbidisci?-
Pep.- Ma no papà, neanche ci penso.-
Car.- E allora? (ripensandosi) E allora…forse… vorresti fuggire? (Peppino annuisce) Quale onore per il figlio di don Carmelo Macca. Quale onore.  E di grazia, dove andresti? A Catania, a Palermo? Scriteriato! Quello ti verrebbe a cercare, ovunque. Quello è tosto...e se decide di sparare, spara.-
Pep.- Scusa papà, ma sono sconvolto. Certo non voglio disubbidirti, né, tanto meno, disonorarti, ma te l’ho detto: sono sconvolto. Io…io…io vorrei fare in modo da…da…no, farò così: prima la sposo quindi riparo, e poi parto. Emigro, in alta Italia, con le carte in regola, per farmi una nuova vita.
E’ permesso tutto ciò dal codice d’onore?-
Car.- Casa c’entra il codice d’onore. Tu la sposi e non parti, perché tuo padre ha deciso così…(con imbarazzo) e anche perché se tu partissi, quella, con le sue idee, alla prima occasione, si metterebbe nei guai-
Pep.- La cosa non mi interessa più di tanto.-
Car.- Ma ci potrebbe disonorare! Ora basta Peppino, questi discorsi non mi piacciono… ma insomma! Partire, e che?… lasciare il lavoro, la contrada, tutti noi…qui c’è bisogno anche di te…-
Pep.- Papà, papà, è la mia vita in ballo.-
Car.- Hai ragione…hai ragione… eppoi,  per dove partiresti, sentiamo, per dove…-
Cic.- … lontano…lontano…nell’America… -
Pep.- Vado lontano, in capo al mondo, magari…magari in America!- 
Car.- In America? Allora per me sarai morto.-
Pep.- Mi maledici, papà?-
Car.- No, no, ma so che se parti per l’America, per me morirai due volte. (ripetuto come un infausto presentimento).-             

Calano le luci, lentamente. Fermo di scena. Solamente Ciccia, come se fosse sola davanti ad un altare pagano, parlerà.

Ciccia.- Carmelo Macca, questa volta, grazie a tuo figlio, dovrai piegare la tua caparbietà e la tua alterigia. Questa volta conoscerai la mortificazione della tua figura di galantuomo, di uomo tutto d’un pezzo, che sarà spezzata, e spazzata via da tuo figlio, che la infangherà con un matrimonio vergognoso: Sposerà una semplice bracciante, figlia di un capo ciurma povero, ubriacone e violento. E con la fuga in America, tuo figlio, inesorabilmente si perderà e cadrai nella disperazione e nel dolore. E nella polvere e nell’umiLizzione ti ridurrai, perché Tanu Carrubba te ne chiederà conto, e Sara, con la sua vita sregolata, infangherà il superbo nome dei Macca, in tutta la contrada.
Sicuro, certo, umiLizzione e disperazione, come quella che conobbi io, trent’anni fa, quando ingenua ragazzina piena di sentimenti d’amore per te, fu respinta da te! (poi piano) da te, dopo che, vincendo il suo pudore, ella ti offrì il suo corpo per una notte d’amore.
Oddio che vergogna! 
Ora quella ragazzina, ormai vecchia e avvizzita, che ha atteso il suo momento con fede assoluta, quasi religiosa, istigando Sara e Tanu, ti ha colpito nel cuore e nella tua immensa superbia: gusterai la vergogna!   
Vergogna che mi ha perseguitato per tutta la vita. Una vita sprecata, vissuta solamente per la vendetta.
Vendetta che ormai giunge quasi al compimento.
Carmelo, uomo sicuro di se, anima della terra, forte come una quercia, che non crollasti quando ti morì la moglie nel partorire la tua ultima figLiz; che non ti ha abbattuto quando per due annate consecutive il raccolto è andato perduto a causa della pioggia. (ridendo sguaiatamente, poi con determinazione) Pioggia invocata, evocata, supplicata da me, Ciccia Campisi, divenuta ormai la Mavara, per tutti. Io la strega della contrada!
Sono una mavara? Ebbene mavara mi avete voluto, mavara sarò: La maledizioni, la malanova, il malocchio, si dovranno abbattere su di te, Carmelo Macca, dovrai mordere la polvere, conoscere il rifiuto!
Ed io, appagata nella mia lenta, tardiva, ma inesorabile vendetta, schiatterò di soddisfazione, e ballerò e riderò sulle spoglie della tua personalità.- 
    
Buio, tela. 


                                                           Atto  II

 

Interno della casa di Carmelo Macca, tavolo sedie, credenza, qualche ritratto appeso alle pareti, al centro una finestra, a destra la comune, a  sinistra un’altra porta che conduce nelle altre camere.
Qualche giorno dopo. Si ode bussare all’uscio. Entra in scena Lucia, la figLiz di Carmelo, una bambina di dieci anni, che va ad aprire la porta, entrerà Tanu.

Tanu- Buongiorno…è permesso? (vedendo Lucia) Ciao piccola, c’è papà?-
Lucia- Buongiorno a voi. Lo chiamo subito, entrate e sedetevi.-
Tanu- No, grazie, preferisco aspettarlo in piedi (resta davanti all’uscio con la coppola in mano).-
Lucia- (affacciandosi dall’altra porta) Papà, papà, c’è un uomo che ti vuole. (dall’interno si ode la voce di Carmelo che dice: “vengo, vengo”, quindi Lucia si rivolge a Tanu) Dice che sta venendo.-
Tanu- (entrando) Tu sei Lucia, vero?-
Lucia- Si.-
Tanu- Sei precisa tua madre, sai?-
Lucia- (illuminandosi) Avete conosciuto mia madre?-
Tanu- Si, la conobbi quando tuo padre prese questa contrada – tanti anni fa- perché fin d’allora io ero giornaliero e ho lavorato molte volte per tuo padre.-
Lucia- Che bello, avete conosciuto la mamma. (a Carmelo che è entrato) Papà, papà, quest’uomo ha conosciuto la mamma.-
Tanu- Sabbenedica don Carmelo. Ho detto a vostra figlia che ho lavorato per voi fin da quando avete preso Testapisima, e che ho avuto l’onore di conoscere vostra moglie, buonanima.-
Car.- (sbrigativo) Salutiamo. E già, ne è passato di tempo…-
Tanu- Sapete don Carmelo, mi rammento come se fosse oggi del giorno della disgrazia. Quando apprendemmo la …la mala notizia, tutta la ciurma si mise sotto la vostra finestra a pregare per donna Salvatrice, affinché le febbri maligne la lasciassero e si salvasse.-
Car.- E non la lasciarono, e non si salvò. Ma, se siete qui, vedo che avete finito prima del tempo.-
Tanu- La promessa è promessa.-
Car.- E bravi. Vi pagherò lo stesso tutta la giornata- intera. Ora fate mangiare e riposare i vostri uomini, stasera faremo la festa per il buon raccolto. Domani all’alba probabilmente trebbieremo e poi la ciurma potrà partire. Tu puoi restare per concludere quell’affare.-                                                                                                                                                 Tanu – Con comodo, don Carmelo, con comodo.-
Car.- (prendendo dal cassetto del denaro e porgendolo a Tanu) Ecco, per non perdere tempo domani, prendi ora questi soldi e dividili  con gli altri, secondo merito, poi passa dallo zu Cola e fatti dare pane, fave e vino a volontà, per te e per tutta la ciurma. Vai!-
Tanu- Grazie, grazie assai. Baciamo le mani. Buongiorno Lucia.-
Car.- Salutiamo…-

Tanu esce.

Lucia- Papà, chi è quest’uomo che conosceva la mamma?-
Car.-  E’ uno dei braccianti più vecchi della contrada. Lavora qui spesso, ecco perché conosceva tua madre.-
Lucia- E sa anche com’è morta?-
Car.- Sa quello che sappiamo tutti: cioè che subito dopo che nascesti tu, la mamma fu colpita da febbri maligne e morì.-
Lucia- Ma allora è morta per causa mia!.-
Car.- Non dire sciocchezze. La mamma è morta perché il signore l’ha voluta con se, in Paradiso.-
Lucia-  Papà, quell’uomo sa se la mamma è in Paradiso?-
Car.- No, certamente, no. Come farebbe a saperlo?-
Lucia- Così, mi è sembrato uno che sa tutto.-
Car.- Beh, non sa proprio tutto, ma sa fare bene il suo mestiere: sa della campagna, sa del tempo, sa comandare gli uomini.-
Lucia- Come te.-
Car.- Come me. Perché anche lui, come me, ha previsto un’ottima annata.-
Lucia- Cos’è un’annata?-
Car.- Per la campagna, le annate sono i cicli di produzione della terra. L’annata del grano, a Testapisima, inizia a novembre e termina ai primi di luglio dell’anno successivo, con la trebbiatura.-
Lucia- Allora quest’anno, buona annata significa molto grano?-
Car.- Molto, moltissimo grano. Questo è stato un raccolto meraviglioso. Le spighe sono piene, i covoni sono decine e decine… centinaia.(prende dei chicchi di grano dalla credenza) Guarda qua, vedi che magnificenza? Sono grossi come piselli. 
E questo si che è lavoro, che è soddisfazione. Guarda Lucia (si avviano verso la finestra), guarda che grano, guarda i covoni. Solo ogni dieci anni Testapisima ci da questa abbondanza. Le gocce del nostro sudore, le cambia in mille spighe; per ogni chicco di semenza ti da il 60 o a volte anche il 70.
Terra benedetta è questa.
Vedi, a me non importa assai del guadagno – mi basterebbe pagare l’affitto della contrada, gli operai, le semenze e quel poco per campare – quello che desidero maggiormente è vedere realizzato lo scopo delle fatiche: sia le nostre che quelle degli operai e dei braccianti, perché non sembra giusto che i sacrifici, le attese, il lavoro, non vengano ripagati da un buon raccolto. Ciò mi sembra nelle natura delle cose, come il sorgere del sole; giusto come la morte.-
Lucia- Papà abbiamo avuto cattive annate, vero?-
Car.- (facendosi serio) Si, purtroppo ne abbiamo avute. Recentemente due volte consecutive, lo scorso anno e l’anno prima…ma non per colpa della terra…-
Lucia- E di chi?-
Car.- Dell’acqua! L’acqua è vita, ma nel giusto momento e nella giusta quantità cioè: prima della semina, durante il sonno del seme, quando spuntano la prime piantine, quando crescono - poi basta. Poi diventa cattiva. Come lo fu due anni fa, quando avevano appena appena trebbiato, e l’acqua venne giù a cataratte e bagnò inesorabilmente tutto il frumento. E frumento bagnato è frumento “ammuffato”. E fummo costretti a seminare i campi con frumento riservato per i bisogni della famiglia.
L’anno scorso, invece, quando le spighe erano alte e bionde, una tempesta di acqua e di vento giunse dal mare - e lo stese al suolo. irrecuperabile. Ne salvammo poco, pochissimo, nemmeno il dieci su cento… sai, vedere quelle spighe contorte, inzuppate, infangate, fu uno spettacolo doloroso, straziante… fu una vera e propria ecatombe, una grazia di Dio – ormai inservibile.-
Lucia- Ma hai appena detto che il grano si raccoglie in luglio, allora, com’è possibile che piova in quel mese caldo, di mezza estate?-
Car.- Mah. e chi lo sa. Il tempo è capriccioso… non è più quello di una volta…forse la colpa è dell’invenzione della luce elettrica, forse delle locomotive a vapore, forse quelle navi a carbone impestano l’aria del mare, chissà…-

Entra Turi, il figlio maggiore di Carmelo Macca.

Turi- Papà, è tutto pronto, quando trebbiamo?-
Car.- Magari domani. Prenditi la “damatrice” e vai a dire a compare Scandurra che siamo pronti e che può portare la trebbiatrice all’alba.-
Turi- Papà, hai contato i covoni? Roba mai vista prima d’ora.-
Car.- Ho visto, Turi, e ti ringrazio per il tuo impegno.-
Turi- Eh, il mio impegno senza di te, sarebbe stato nullo. Allora vado da compare Scandurra.-
Lucia- Se prendi la damatrice voglio venire anch’io. Papà posso?-
Car.- Se lui ti può portare con se…-
Lucia- Dai Turi, dì di si.-
Turi – (Prendendola per le ascelle e sollevandola da terra) E certo che puoi, mi farai da dama. Ciao papà. (escono).
Car.- (guardandoli dalla finestra) Che bravi figli… e Turi è il mio braccio destro ideale: sempre pronto a intervenire, attento ai bisogni della terra e degli operai, oculato nelle spese. Ora sono sicuro che quando sarò vecchio e stanco, Testapisima continuerà a vivere e a produrre, a sostenerci. Certo anche Peppino è in grado di badare alla terra, ma è ancora testa pazza, e pensa troppo alle gonnelle. Ed ora ci ha rimesso le penne: dovrà sposare per forza quella ragazza… non c’è niente da fare perché con Tanu Carubba non si può ragionare… che peccato. In compenso, spero, che si metta la  testa a posto.-

Sulla parte destra del palco ci sarà l’aia della casa di don Carmelo Macca. L’entrata del magazzino, qualche albero e sullo sfondo dei covoni. E’ pomeriggio inoltrato. In scena, con musica adatta, ci sono dei braccianti che sistemano degli attrezzi agricoli, agli ordini di Turi. Ciccia sta seduta in disparte, intenta a rammendare degli stracci.

Turi – Ecco, così va bene. Potete “levare mani” e preparare per la festa. Andate dallo zu Cola e fatevi dare quello che serve, compreso il vino… ditegli di darvi quello buono, per l’occasione. (i braccianti rispondono a soggetto ed escono di scena)

Entra Giovanni, il carrettiere. Abbigliamento adatto, e lunga frusta in mano.

Giov.- Salutiamo Turi Macca, siamo qua.-
Turi- Oh, Giovanni, siete già arrivati?-
Giov.- Siamo in anticipo…per partecipare al festino… e chi se lo sarebbe perso? Da voi il buon vino non manca.-
Turi- In quanti siete?-
Giov.- Siamo in nove. Che dici? bastiamo?-
Turi- Eventualmente si faranno più viaggi…-

Entra Carmelo.

Giov.- Sabbenedica don Carmelo, siamo qua.-
Car.- Benarrivati, picciotti, avete sete?-
Giov.- Eh, la trazzera è polverosa e la gola è secca…-
Car.- Andate dallo zu Cola e fatevi dissetare col vino rosso.-
Giov.- Di corsa…picciotti, andiamo a bere. (rivolto ad ipotetici carrettieri).
Turi – Papà che cosa pensi di fare con Peppino? Lo potremmo aiutare in qualche modo?-
Car.- Quello ha fatto una frittata grossa così (fa cenno con le mani), come uno stupido.-
Turi- Ma papà…- 
Car.- Turi, pensa ai preparativi della festa!-
Turi- Ho capito …-
Car.-  (come per chiudere la discussione si rivolge a Ciccia) Che cosa fate voi? Non partecipate ai preparativi?-
Cic.- Mi sono sentita un poco male… ora raggiungo gli altri.-
Car.- Aspettate, io vi conosco, non vi chiamate per caso Ciccia Campisi?-
Cic.- Al vostro servizio, don Carmelo.-
Car.- A momenti non vi riconoscevo, ne sono passati di anni…-
Cic.- Certo, tanti, e si cambia, s’invecchia, ci si aggrinzisce, s’imbiancano i capelli…-
Car.- Ma và! Si va avanti cogli anni, ma la vecchiaia è un’altra cosa.-
Cic.- Magari fosse così… sentite don Carmelo, scusatemi tanto, ma avrei una domanda da farvi, posso?-
Car.- (con insofferenza) Avanti, parlate.-
Cic.- E’ vero che date vostro figlio Peppino alla figlia di Tanu Carrubba?-
Car.- (irritato) Vero, vero.-
Cic.- E’ com’è possibile che il figlio di don Carmelo Macca, sposi una bracciante figlia di bracciante?-
Car.- Nella vita tutto è possibile.-
Cic.- (provocatoria) Allora siete contento?-
Car.- Contento no, ma sa da fare.-
Cic.- Dunque l’accettate? Non v’addolora?-
Car.- Quel che è fatto è fatto! Andate con gli altri, via, raggiungeteli.-
Cic. (allontanandosi, tra se) Sangue di Giuda ladro e di Caino assassino, niente lo scalfisce. E’ duro come la roccia! Che la vendetta mi sfugga? (esce)-
 
Inizio della festa campestre: canti e balli e solenne bevute di vino. Carmelo sta impassibile seduto su una poltroncina di vimini sul bordo destro della scena. Egli è come se fosse in un'altra dimensione.
Tutto dura pochi minuti, poi man mano gli uomini e le donne escono di scena, mentre si passerà dal tramonto alla sera lunare. Quando tutti saranno fuori scena, Peppino si avvicinerà al padre e si siederà vicino a lui, su di un paniere capovolto. Ancora qualche canto campestre in lontananza, poi si udrà, in sottofondo una anonima e celebre serenata siciliana ( a scelta della regia potrebbe cantarla Peppino):

                        “ Mi votu e mi rivotu suspirannu.
                           Passu li notti interi senza sonnu,
                           Li biddizzi to’ vaiu cuntimplannu,
                           a notti finu a quannu si fa jornu.

                          Senza di tia nun pozzu cchiù campari,
                          Paci nun aiu cchiù i nta lu cori.
                          Si vo’ sapiri quannu t’aia lassari:
                          Quannu la vita mia finisci e mori.

                         …mi votu e mi rivotu suspirannu…” 

A scelta della regia, il brano potrebbe essere ripetuto in tutto o in parte. Appure inserire anche quest’altro motivo, allegro, opportunamente musicato, durante la festa campestre:

                          Picciuttedda mia, cchi siti bedda:
                          Cu ssa facciuzz’i mennula spicchiata,
                          Cu ssu nasiddu menz’a patatedda,
                          Cu ‘na ‘nzalora in vucc’appiccicata.

                          Sapiti? Lu scuru di ssi capiddi
                          E ss’occhi lattri, pronti a lampiari,
                          Fann’alla notti perdiri li stiddi,
                          E i vampi d’o focu fann’ammasciari.

                          Po’ ssu pittuzzu - forsi ‘n ci criditi?
                          Gilatu Cola da Montagna pari.
                          Ma ss’annacata di cianchi ca faciti,

                          Li muriceddi fa arrusbigghiari!
                          E “A facciazza to!” pari ca diciti,
                          A cu si fremm’anticchia a talari.  

 

 

traduzione:

                         Ragazzina mia, come siete bella,
                         col faccino di mandorla sgusciata,
                         col nasino a patatina, e quella 
                         boccuccia di sorba, zuccherata

                          Sapete? Il nero dei vostri capelli,
                          gli occhi scintillanti, d’impazzire,
                          alla notte appannano le stelle,
                          e la vampa viva fa scolorire.

                          Poi, quel seno – non ci credete?
                          Sembra un dolce pomo dell’Etna.
                          Ma… quel dondolio di fianchi che avete,

                          anche i morti fa resuscitare!
                          E pare che dica, a chi l’ammira:
                          schiatta bello! per te - niente da fare.     
  

 

Quindi silenzio e canto delle cicale.

Pep.- ( Avvicinandosi al padre, come se volesse riprendere il discorso sul matrimonio) Bella festa, vero papà.-
Car.- (freddo, che non ne vuole parlare) Bella.-
Pep.- Ed è anche una bellissima serata…(guarda il cielo). La trebbiatrice è arrivata?-
Car.- Arriverà domani all’alba, Mazzaredda ha avuto problemi per strada… Hai parlato col capitano Giacobbe per l’ora dell’imbarco?-
Pep.- Abbiamo concordato per il pomeriggio, man mano che i sacchi verranno caricati nei carri. Ci saranno da fare molti viaggi, secondo me.-
Car.- E anche secondo me. Vuol dire che Giacobbe aspetterà l’alba per salpare.-
Pep.- Sai papà, questi momenti sono gli attimi più belli della mia vita. E’ bello quando mietiamo, quando accatastiamo, quando facciamo i covoni, quando trebbiamo e riempiamo i sacchi di grano. E’ bello il festino, ma il momento più bello è questo: Una serata di quiete che precede la trebbiatura, perché domani, in quest’aia, ci sarà un formicolare di uomini. La macchina farà un rumore infernale, la pula si leverà nell’aria, gli uomini faranno viaggi dai covoni alla trebbia, mentre altri insaccheranno il grano, e altri ancora li porteranno ai carri, accatastandoli. Le donne faranno viaggi su viaggi per portare acqua agli uomini assetati. E ci sarà odore di fieno, di grano, di sudore. Si mangerà in piedi, si continuerà a lavorare fino alla fine dell’ultimo covone e alla partenza dell’ultimo carro. Poi un’ultima bevuta di vino a garganelle, direttamente dal “carateddu” e quindi lasciarsi andare per terra, sfiniti, ma felici, in attesa del pasto caldo e della notte di meritato riposo.  
Car.- Dici giusto.-
Pep – (rassegnato, alzandosi) Beh, visto che ci aspetta una lunghissima giornata di fatica, io vado a dormire. Buonanotte papà.-
Car.- Buonanotte.-
  
Entra Turi.

Turi- Papà, non vai a dormire?-
Car.- E che ci vado a fare? Tanto non dormirei…poi quella stanza è un forno. E tu non vai?-
Turi- Ho sistemato le ultime cose e mi apprestavo ad andare, quando ti ho visto. Ma ora salgo su e mi faccio qualche ora di sonno. Senti papà, non mi giudicare male se insisto, ma non si può fare proprio nulla per Peppino?-
Car.- E cosa ci sarebbe da fare? Te l’ho già detto: Solo il matrimonio sistemerà le cose. ( si alza e guarda il cielo)-
Turi- Ma se si potesse parlare con Tanu, magari dando una dote a Sara…sai ci sarebbe Petru che forse se la prenderebbe.-
Car.- Io queste schifezze non le faccio. E mi meraviglio che me li proponi tu.-
Turi- Se l’ho fatto è perchè penso che a quello interessano più i quattrini e la sistemazione per tutta la vita, che l’onore (ironico) della figlia.-
Car.- Questo lo pensi tu, perchè non conosci bene Tanu Carrrubba. Ma se lo conoscessi come lo conosco io, non parleresti così: Quello è un uomo violento, che col suo senso dell’onore rusticano, anche senza essere ubriaco di cattivo vino, è capacissimo di dare una schioppettata nella schiena a chi, secondo lui, l’ha offeso – senza pensarci due volte. Pum e fine. (scrutando ancora il cielo e annusando l’aria) E’ cambiato il tempo, c’è un leggero venticello, lo senti? (si fa più buio)-
Tanu- Lo sento. Papà, permettimi di dire un’altra cosa e poi non parlerò più: Non si potrebbe interessare qualche… qualcuno… diciamo una “persona di sostanza”, per parlare con Tanu convincerlo e sistemare la faccenda in modo diverso, ma sempre conveniente per lui?-
Car.- Tu stai diventando pazzo, pazzo da legare. Io richiedere tale intervento? Io mettermi con quella gente? Ma sei in te?-
Turi- Scusami papà, volevo solo tentare un’ultima possibilità per sistemare la faccenda senza rovinare Peppino. Ma vedo che probabilmente hai ragione tu. 
Ora vado a letto.-  
Car.- (annuendo) E fai bene, vai e santa notte.-
Turi- Santa notte anche a te, papà.-

Sta per allontanarsi quando Carmelo, che annusava l’aria, lo chiama.
Car.- Turi, Turi, la senti quest’aria?-
Turi- (Guardando in alto e annusando l’aria) E’è un’aria diversa, sembra più fresca. (calano le luci)-
Car.- (alzandosi di colpo) Turi, questa è aria di pioggia, questa è acqua! Corri, sveglia gli uomini, portate i teloni, copriamo i covoni, sangue del diavolo, forse riusciremo a salvare il raccolto.-
Turi- (esce correndo) Peppino, Cola, chiamate tutti, arriva la pioggia!-
Car.- (portandosi verso il centro della scena) Signore Iddio, non può essere, non può essere. Tre anni consecutivi? No, no! No! Ma che maledizione è mai questa? Che punizione mi è data? Perché, perché? Perché!
Signore, lo so, sono nel peccato, ma non nell’abominio! Lo so, lo so, lo so!! Gli uomini siamo tutti peccatori, lo so! Ma che la punizione di tutte le nostre colpe ricadano tutte e solo su di me, è ingiusto! Tremendamente ingiusto!  Come puoi permetterlo tu giusto per eccellenza! (cadono le prime gocce e si alza il vento) Non vuoi…o non vuoi, dimmelo! No, no! Fermati nube! Calmati vento! Passate oltre nuvole preghe d’acqua - maledette!  Andate a bagnare i monti arsi e aridi, fate rinnovare i pascoli sulle colline, abbeverate le mandrie assetate nelle pianure, fate gonfiare i fiumi, arricchite i laghi. Ma non scaricate i vostri ventri gonfi qui! Qui non vi vogliamo! Passate oltre, com’è giusto (intanto inizia le saette). E tu cielo, allargati, fammi rivedere la luna e le stelle. Hai sentito? Allargati cielo! (scoppia il temporale gli uomini, con a capo Turi e Peppino, restano basiti coi teloni in mano, e guardano Carmelo che sotto la pioggia battente impreca contro gli elementi. Lucia, intanto si fa largo e si affianca al padre, guardandolo con aria spaventata).
Dio! No! No! Ma perché non intervieni! Perché lasci libere le forze del male? Perché mi vuoi distruggere? Mi hai in così grande odio da annientarmi?
E a te, Nembo del demonio, io, Carmelo Macca lancio in faccia tutto il mio disprezzo. Non ti ho mai temuto, né ti temerò ora! Si! non ti ho mai temuto! Non ti temerò – mai! Mai! Mai! Distruggi pure il mio sudore, il mio sangue, le mie fatiche, le mie attese, i miei campi, ma non intaccherai la mia anima, la mia volontà!
Essa è più forte di te! E sarà sempre pronta a resisterti! 
Non mi abbatterai! 
Non mi piegherai e schiaccerai!
Scatena pure le tue tempeste, ma non ci riuscirai!
Non te lo permetterò! 
Mi rifarò!
Risorgerò! (gridato col le braccia al cielo)
E voi forze maligne, avete udito?
Voi forze malefiche, mi sentite?
Mi sentite! -       

Scocca un lampo, seguito da violento tuono. Carmelo cala le braccia, piega i ginocchi e cade al suolo senza vita. Vicino a lui Lucia, in camicia da notte inzuppata, le si avvicina, si abbassa e chiama:
Lucia- Papà.
Altri lampi e, poi, buio.