La confessione

di Giampaolo Spinato

© 2016. Tutti i diritti riservati

 

 

PERSONAGGI

Don Virginio, 63 anni.
Semerari Vincenzo, 57, ispettore di polizia giudiziaria.

 

 

1

 

Una stanza. Un tavolo. Due sedie. Finestra con inferriata. Semerari Vincenzo, in piedi, racconta, eccitato, rivolgendosi spesso a se stesso. Don Virginio lo ascolta, seduto.

SEMERARI ~ Carota, mela e limone. Maronna d’o Carmine ecche brutta fine ch’hai fatto, dottor Semerari. Viciè, renditi conto. Stai seduto in un bar di fighette a mandar giù una minchia di centrifugato. Chi l’avrebbe mai detto? Macché dedizione al lavoro. Quell’asse da stiro della tua collega, la Izzo, gli è passata una pialla sul seno, quella non si sarebbe abbassata fino a ’sto punto, col suo tignosissimo metro e ottanta di peppola non sarebbe finita in un drink and food di frutta e verdura con un coglione del genere. «Il mio, invece, finocchio, cetriolo e carota» fa, come si chiama, Cataldo, Cataldi, leccandosi i baffi: «È il mio pranzo, sai, sono a dieta…» mi spiega. «E ti fai ’sti beveroni?» dico io. «Sono un po’ sovrappeso, non credi?». In effetti. In due mesi ’sto Cataldo, Cataldi, ha messo su dei bei chili. Sarà mica una checca?, mi dico. Fortuna che circola figa. «Neh, Franco, cosa vuoi che ti dica», gli faccio: «Io ho gusti diversi…». E punto la manza al bancone che ordina pompelmo e avocado: «Guarda che gnocca! Voglio dire, io a Pasqua e Natale, lo sai, mi faccio mandare una zampina dal mio paese». Gli strizzo l’occhio e accenno alla tipa: «Eh, quella pure me la farei, io, a salsiccia…». «La zampina l’ho mangiata anch’io a Sammichele di Bari!» salta su lui, entusiasta. «Non mi dire…» Chist’è scemo davvero. «Mannaggia al mio omeopata» dice il ricchione. Ma poi, chi cazz’è ’sto Cataldo, Cataldi, che va avanti e indietro da mesi? Un giornalista? Vabbuono, ha la tessera. E perché non ha scritto un articolo ancora? Ok, ha lavorato per giornali importanti, ha pubblicato dei libri, un paio di gialli. Sì, ma… Che minchia vuoi, neh, ‘Scrivano’ dei miei coglioni?, mi dico, ma intanto gli faccio: «Insomma, ’sta storia, capisci, è un rompicapo, un enigma. Cioè, non è emersa una traccia, una testimonianza. Cos’è? Un maniaco che l’ha fatta franca, un bastardo col culo grande come una casa, una merda che passava per caso, un, chennesò, muratore, idraulico, elettricista e chi più ne ha più ne metta? Chi può dirlo? La bambina camminava a malapena da sola. Camminava, capirai, zampettava, ma, allo stato, cioè, non si può escludere che si sia allontanata di sua iniziativa, cioè, voglio dire, certo che non è possibile, tecnicamente, ma chennesappiamo se ha visto qualcosa, è lì che gioca, gattona, magari qualcuno ha attirato la sua attenzione e si è incuriosita, non si sa mai, basta niente…». (Cambiando all’improvviso registro, istrionico, alludendo alla cliente citata in precedenza) Marò, ecche boccuccia, guardallà, mò che ciuccia di sguincio con la cannuccia… Chissà se m’ha visto, che dici? A proposito, oggi palestra. (Continuando a recitare sopra le righe) «Viciè, non diciamo stronzate» fa Cataldi. Ecchemaronna, mi si legge negli occhi che mi tira la ciola? – Però, un po’ di pancia la tiene davvero il ragazzo. «Neh, Franco, non c’è niente di niente, ti dico» insisto. Ma, poi, chi si crede di essere, fa le pulci ai colleghi, dice che sguazzano tutti nel torbido, che pensano all’audience e gliene fotte, a loro, della bambina, però, mi tormenta ’sta cippa dalla mattina alla sera, mi scassa la minchia perché gli smolli qualcosa. «E poi cosa vuoi che ti dica, c’è il segreto istruttorio, capisci» gli faccio. «Sì, ma tutt’e due lo sappiamo che la bambina ci porterà molto lontano…» dice lui con quell’aria, hai presente, di uno che ti fa l’oroscopo. E non molla, il veggente: «Sai, c’è già chi la piange, chi ti viene vicino e ti parla, così, per sfogarsi. Allusioni… pettegolezzi… Tutti cercano il mostro, la bestia, quello scarto di uomo, ma devi vedere in che modo. Sono andato in montagna per boschi con loro e, ti sembrerà assurdo, ma più passa il tempo e più hai l’impressione che nessuno li voglia davvero trovare, né lei, né il fetente. Perché… io e te lo sappiamo che si nasconde da qualche parte. Ma, se ci pensi, è normale, ha una logica, è umano. Dico, sperare che non tocchi a te di trovarla, capisci. Perché metti che ti ritrovi, che so io, dei sacchi dell’immondizia, così, sotto gli occhi. E metti che hai qualche sospetto, hai capito, no, cosa intendo. Davvero ti metteresti lì a rovistare con le tue mani? Ma scherzi, e se trovi dei resti? No, molli il colpo e, se hai qualche scrupolo, chiami i carabinieri» dice il Cataldo, Cataldi. Detective dei miei coglioni. E sorseggia pure il finocchio – no lui, eh, il frullato – «però!» E insiste! Lui insiste, capito? Si piega in avanti per parlarmi all’orecchio: «Viciè, qui ci sono un bel po’ di poltrone che ballano, dopo tante figure di merda, magistrati, ministri, forze dell’ordine, c’è da salvare la faccia… È questa la preoccupazione, io e te lo sappiamo». (Pausa) Hai capito, ’sto Scrivano del cazzo. «Franco, io non so cosa dirti, sono giorni, anzi, settimane che faccio le notti, certe volte insieme alla Izzo, e t’ho detto tutto, culo niente, tette anche meno. Per me, ’sti Sherlock Holmes che raccontano la rava e la fava, e indagate i parenti, e suo padre, e la stessa famiglia e, minchia come si chiamano quelli lì della cosca, magari fosse emerso qualcosa, tutte chiacchiere, supposizioni…» Oh, gli parlavo e lumavo la gnocca. Pompelmo e avocado. Minchia, e succhiava, succhiava. «Queste cose le han messe a verbale?» fa lui. Ma ha già messo a riposo gli ormoni, ’sto Cataldo, Cataldi? Come fa a non tirargli con una simile figa davanti. «Ah, Catà, ma quale verbale e verbale, che ti credi, là dentro, dove sto io, si sanno le cose. Favori, mazzette, tangenti, politici che si fan costruire villette in cambio di clientele. Fammi il piacere, lo sai come funziona, la gente ne ha da nascondere, ma io voglio dormire la notte, checcazzo. Io sono uno che, finito il lavoro, per dire, se vedo un figone, girati, cazzo, apri gli occhi, eh, come quella, hai capito, non ci penso due volte, vado lì e me la trombo! – Ma poi, scusa, cosa c’entra tutta ’sta storia della gente che chiacchiera?» «Ad alzare il coperchio e vedere il marciume?» mi dice. (Pausa) Povero pazzo furioso… lo fisso negli occhi: «Fidati, qui ognuno fa il suo lavoro». Chiuso il discorso, gli stringo la mano. «Viciè, come rimaniamo?» mi chiede. «Se vengo a sapere qualcosa t’avviso.» (Pausa) «Viciè, e tu la conosci la ricetta segreta della salsiccia del tuo paese?» «Ma che, la zampina?» «Eh», e mi insegna: «Metà carne suina, metà ovina e bovina tritata. Pecorino. Pomodoro. Pepe. Prezzemolo…». «Basilico!» lo correggo. «Più uno spiedo di ferro.» Ed esco a rimorchio della ragazza del centrifugato.

 

 

2

 

Stessa stanza, altra angolazione. Luce spiovente (dalla finestra non visibile fuori quinta). Don Virginio a torso nudo, di spalle, è piegato sopra un catino. Semerari lo osserva in disparte.

DON VIRGINIO ~ (dopo avere raccolto un po’ d’acqua nelle mani a conca ed essersi sciacquato rumorosamente la faccia) Sì!
SEMERARI ~ Cioè, scusa?! È venuto in canonica? È ’o vero?!

Silenzio.

Don Virgì, è vero?!
DON VIRGINIO ~ (c.s.) Sì.
SEMERARI ~ Ma la bambina era appena stata trovata…
DON VIRGINIO ~ E che c’entra?
SEMERARI ~ È venuto?
DON VIRGINIO ~ (asciugandosi) Sì! Sì! Sì!

Silenzio.

SEMERARI ~ E cosa ti ha detto?

Silenzio.

Cosa vi siete detti quel giorno?
DON VIRGINIO ~ L’ho fatto entrare.
SEMERARI ~ Nel tuo studio?
DON VIRGINIO ~ No, in casa.
SEMERARI ~ E poi?
DON VIRGINIO ~ Niente. Ho preparato il caffè.
SEMERARI ~ Gli hai offerto il caffè?
DON VIRGINIO ~ Sì. Non pensavo ci fosse niente di male.
SEMERARI ~ Giusto. Dove eravate?
DON VIRGINIO ~ In cucina, seduti. Di fianco ai fornelli.
SEMERARI ~ Niente di male. Giusto. In effetti.
DON VIRGINIO ~ (rivestendosi) Mi ha chiesto se conoscevo per caso uno di loro…
SEMERARI ~ Loro chi?
DON VIRGINIO ~ I gemelli.
SEMERARI ~ E cosa gli hai detto?
DON VIRGINIO ~ Niente. Che erano miei… amici.
SEMERARI ~ Erano appena stati arrestati.
DON VIRGINIO ~ Cosa c’entra? Erano sempre miei… amici.
SEMERARI ~ Maronna d’o Carmine, ohì, don Virgì, e c’era bisogno di andarlo a dire al primo coglione che viene a ficcanasare in paese, fammi capire…
DON VIRGINIO ~ Mi sembrava una persona per bene.
SEMERARI ~ Già. Un predestinato.
DON VIRGINIO ~ Non credevo potesse davvero…
SEMERARI ~ Altrimenti non avrebbe fatto la fine che ha fatto…
DON VIRGINIO ~ Mi aveva perfino regalato un suo libro, non credevo…
SEMERARI ~ È colpa sua, lascia stare…
DON VIRGINIO ~ No, davvero, io non pensavo che da solo potesse arrivare a…
SEMERARI ~ Te l’ho detto, Virgì, lascia perdere!
DON VIRGINIO ~ Erano tutti sconvolti. Eravamo. Si presenta uno da fuori…
SEMERARI ~ Ahè… Don Virgì, devi farla finita.

Si guardano. Il prete annuisce.

DON VIRGINIO ~ La bambina…

Silenzio.

Lei…

Silenzio.

(Abbottonandosi la camicia grigia da prete) La parrocchia era un porto di mare in quei giorni, c’era un sacco di gente che andava e veniva, capisci?

Silenzio.

SEMERARI ~ La bambina che cosa?
DON VIRGINIO ~ Era scomparsa da tredici giorni.
SEMERARI ~ E questo cosa vuol dire?
DON VIRGINIO ~ Lo sai. Lo sapevi. Te l’ho detto per filo e per segno in quei giorni.

Silenzio.

SEMERARI ~ Insomma, arriva da te questo Cataldi che si dà arie da grande scrittore e ci caschi.
DON VIRGINIO ~ Non ci sono cascato…
SEMERARI ~ Ci caschi, Virgì, tu ci caschi, perché solo un ingenuo, un povero idiota poteva cadere così nella trappola, caro il mio signor parroco…
DON VIRGINIO ~ Quale trappola, non c’era nessuna trappola…
SEMERARI ~ L’inganno, Virgì! Don Virginio, il tranello! Quello ti viene a trovare. Si commuove. Quasi quasi si fa confessare. Tira in ballo sua madre, che ormai non c’è più, che credeva in Dio, in Gesù Cristo, la Madonna e la Chiesa. Con quel modo suadente di farti parlare…

Don Virginio infila il colletto rigido bianco nell’apposita fessura cucita sul collo della camicia.

Fammi capire, Virgì, fumavate anche insieme?

Silenzio.

Sotto la tua verandina, col giardino davanti… Le colline in lontananza, gli alberi, i cachi, e magari gli hai offerto anche un bel limoncello… Potevi offrirgli una “zia”, eh, un Malvasia, cazzo, una pista di neve, signor parroco, perché non l’hai fatto, visto che c’eri?!

Silenzio.

Come t’è venuto di dare retta a uno sconosciuto?

Silenzio.

Di fidarti fino al punto di metterlo a parte di certi segreti?

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ Era… pulito.

Silenzio.

Era da tempo che non incontravo qualcuno così…
SEMERARI ~ Pulito?
DON VIRGINIO ~ Sì.
SEMERARI ~ E questo che c’entra?

Silenzio.

Quella che chiami persona pulita ci ha messo a me e a te nella merda!

Silenzio.

Non fosse stato per lui, don Virgì, io e te non saremmo qui adesso.

Silenzio.

A tutt’e due ci ha fottuto, hai capito, renditi conto!

Silenzio.

Fino a quando ti lasceranno indossare quel colletto da prete, Virgì?

 

 

3

 

Luce fioca. Medesima stanza. Semerari in ginocchio. Don Virginio seduto.

SEMERARI ~ Non era compito mio, don Virginio. Non spettava al sottoscritto. Io che ne sapevo? Non sono io che do gli ordini, sono loro. Loro hanno deciso. Lo sai come funziona. Ho cercato, io, di evitarglielo, fino alla fine, ho cercato. Glielo dicevo: «Sient’ammè, neh, Franco, non so comme te l’aggi’a’ricere, dammi retta una buona volta, ’uagliò… Proprio non tieni altro da fare? Devi per forza scassare i coglioni a tutto il paese? Pure il parroco, lascialo in pace». Macché, tu te lo ricordi com’era, eh, don Virgì, un caterpillar. Non c’era niente che potesse fermarlo: “verità”, “scoperchiare il marciume”, “smascherare gli ipocriti”… Ahè, ma che verità, quali ipocriti?! Che ne sai tu di quello che è vero e che è falso?! La verità, dice lui! Chill’o strunz, figlio d’androcchia! Che verità vuoi venire qui a predicare? Lasciaci in pace, lasciaci vivere come ci pare, non ti mettere in mezzo, non insistere. Me lo spieghi perché ti vuoi impelagare? Chi ti paga a te la benzina, chi ti dà da mangiare, eh?! E com’è che non scrivi, Scrivà? Com’è che non porti dei cazzo di pezzi al giornale, com’è che non vieni a raccogliere indiscrezioni da mettere in televisione, come fanno tutte le persone normali, vieni qui, ti do questo in cambio di questo, come prevede il copione e così siamo pari?! Eh?! Perché te ne stai fuori!? Perché tu saresti al di sopra di tutti?! Cosa vuoi, neh, coglione, cosa sei venuto qui a fare?! Perché ammè?! Ti devi fermare! Lo capisci?! Non sono io che comando! Sono loro! Torna a casa! Sei in cima alla lista, Scrivà! Non ti mettere in mezzo, non mi mettere in mezzo! Non farlo! Come te lo devo spiegare, Franco, ti supplico! Poi sono io che devo fare lo sporco lavoro!

Silenzio.

Era pulito, lui, sì. Don Virgì, avevi ragione. (Si guarda le mani) Me le sono trovate sporche di sangue senza neanche accorgermene… C’era solo un lampione. Si è afflosciato, ti dico, così, come niente, come la pelle, sai, di un salame, la zampina, hai presente, un budello, ma vuoto… Io… Non ci ho visto più niente. Non so cosa mi ha preso. Ero sotto pressione. La bambina. Il pm. La stampa. Gli amici nostri, Virgì… Quanto ci stavano addosso? – È tutto finito. Tutto. È finito. (Pausa) Ti rendi conto, Virgì? Cosa ci faccio, io, qui dentro? Eh? Che cosa?! Perché sono qui?! Io dovevo esser là fuori, Virgì. Tu mi conosci. Il mio mestiere è dare la caccia ai cattivi. Non so fare altro. Omicidi, rapinatori, bastardi assassini… Io li so mettere con le spalle al muro. Il magistrato mi dava la delega per interrogarli. Ero il più bravo, il migliore. Quando mi restituiranno il telefonino, Virgì, ti faccio vedere gli sms che mi mandavano i miei superiori e certi colleghi ogni volta che il mio pm chiudeva dei casi… (Disperato, supplica) Non è questo il mio posto! Non è giusto… (Piangendo) Io sono solo uno sbirro…
DON VIRGINIO ~ (cominciando a recitare la formula mentre ancora l’altro gli parla) … il perdono e la pace. E io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo…

 

 

4

 

Don Virginio, il suo volto tutto illuminato. Sullo sfondo, Semerari coricato.

DON VIRGINIO ~ Bello è bello. Con quel faccino di gomma che ride. (Pausa) Che piange. (Pausa) Le dita… piiiccole. (Pausa) Le unghiette. I piedini. Io, io non capisco più niente… La prima volta che mi è successo ero bambino. Me lo ricordo. Ero davanti al muretto con il canestro. L’avevo disegnato io stesso con un sassolino. Di quelli rossi, che ci facevi i disegni, sai, tipo gesso. Giocavo a pallacanestro da solo e, all’improvviso, quando sono saltato e ho tirato, in sospensione, come facevano i grandi campioni che vedevamo in televisione… All’improvviso, ho provato quella sensazione. Non so, mi è esplosa un’incontenibile gioia da dentro. (Pausa) Da allora in poi è sempre stato lo stesso. Ogni volta una bomba di felicità che ti deflagra nel petto e subito dopo… quella vertigine… a vederli arrossire, a sentirli piangere, urlare. (Pausa) Io… mi faceva sentire anche vergogna, sì, ma era più forte di me. Tanto che, tutte le volte che all’improvviso sentivo quel lampo di piacere e catrame crescermi dentro, mi agitavo guardandomi intorno. Avevo paura che si potesse vedere, come se qualcuno riuscisse ad accorgersene, non volevo che mi scoprissero. Mi sentivo così, trasparente, come se quel che provavo si potesse vedere alla luce del sole. Subito, presto, ho capito che questa… euforia, pura goduria che si irradia nei nervi, un istinto violento… Io, lo capivo, provavo qualcosa che… non esiste in natura, una voglia aberrante, che sapevo essere incredibilmente vicino a quello che prova un malato. Era nitido. Chiaro. Una specie di mostro… (Pausa) I maschietti, ad esempio. Così violacei, paonazzi. Il massimo era pensare di poterli sopprimere con un solo colpo ben assestato. Sfondargli il cranio, eh, la faccia, a partire dal loro sorriso sdentato, eh, eh. Mi dava un gusto speciale pensarlo. Lo stesso non si può dire di loro, eh, le femmine, delle… loro moine, le gengive alla luce del sole, gli occhioni, quel loro affidarsi totale che ti scava l’anima, ti fa sentire potente, immortale, ti guarisce da ogni tuo male, ah, e… medica il tuo dolore, ti dà nuova fiducia, consolazione, guarigione assoluta da acredine, mortificazione, vederle sorridere mentre tu le massaggi, accarezzi, mentre sfreghi coi palmi la pelle arrossata dai pianti, le parti più intime, quei genitali ipertrofici, enormi, che solo i neonati esibiscono, puri, sfrontati… e subito dopo… (alienato) entrare dentro di loro, spremergli pianto dagli occhi che gli escono ormai dalle orbite… (Ha un violento conato)

 

 

5

 

Don Virginio e Semerari mangiano, seduti, da una parte e dall’altra del tavolo.

SEMERARI ~ Te l’ho detto?
DON VIRGINIO ~ Che cosa?
SEMERARI ~ Hai parlato stanotte.
DON VIRGINIO ~ Non credo.
SEMERARI ~ Davvero.
DON VIRGINIO ~ E cosa dicevo?
SEMERARI ~ Bofonchiavi. Non ho capito.
DON VIRGINIO ~ Ecco, appunto.
SEMERARI ~ Ho capito soltanto le «femmine», «le loro moine»…

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ Mi pare un po’ poco.
SEMERARI ~ Per cosa?

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ Per sostenere che abbia detto qualcosa.
SEMERARI ~ Già.
DON VIRGINIO ~ Magari hai capito male.
SEMERARI ~ In effetti.

Silenzio.

Te l’ho raccontata la storia del mio amico, ex capo di squadra mobile, che adesso lavora ai servizi?
DON VIRGINIO ~ Non credo.
SEMERARI ~ Di quando ha arrestato quel pervertito maniaco…
DON VIRGINIO ~ No.
SEMERARI ~ Quel tipo che stuprava bambini…

Silenzio.

Scusa. – Vuoi che la smetta?
DON VIRGINIO ~ No. Se proprio ci tieni.
SEMERARI ~ Era in servizio a, non mi ricordo, Reggio, Palermo… (Gli porge il vassoio) Ancora del pollo?
DON VIRGINIO ~ No, grazie.
SEMERARI ~ Prego. – Insomma, era alle prese da un po’ con l’omicidio di un neonato, un… bambino. Di un anno, più o meno. Non camminava ancora, diceva. Non ti dico. (Avvicinando la bottiglia al bicchiere del compagno) Rabbocco?
DON VIRGINIO ~ A posto, no, grazie.
SEMERARI ~ (versandosi il vino) Una roba davvero schifosa, sai, don Virgì. Da non dire, da non potersi neanche ripetere, dico. Cioè, «abusato». Ma come si fa, io non riesco nemmeno, non so, a immaginarlo, pensarlo, tant’è merdoso, tu, sì? (Beve) Mm, e pure lui, eh, il mio amico, avevamo fatto la scuola per ufficiali negli stessi anni, poi si è trasferito, e vabbuono, come passa il tempo, è proprio vero. Minchia, non sai quante volte siamo andati a puttane, Virgì! (Ride) C’è un posto, qui vicino, sul fondovalle, sai, quello lì dove una volta ci andavano i vip, anni Settanta, anni Ottanta. Oh, io non c’ero, ma già facevan venire le troie dall’Asia, Thailandia, Malesia… – Ah, eh, scusa, Virgì, sai com’è, quando mi piglia la foga… Ma, insomma, era un anno che stavano appresso a quel caso. Il bambino era stato trovato dietro una siepe, in giardino, vicino all’immondizia. E ti dico, il padre, la madre, gli zii, tutti i parenti. Intercettazioni, interrogatori, ribaltati come calzini, fino al più invisibile pelo del buco del culo. Niente, non ne venivano a capo. Finché, un giorno, ma così, eh, Virgì, vedi a volte, la fortuna, la sorte, per un puro caso, era stato sentito questo dottore, sai, un medico, quelli lì della mutua… Un tipo, cioè, rispettabile e tutto, pulito, solo che, non so come, il mio amico gli trova un cassetto pieno, senti qua, don Virginio: di indumenti intimi. Eh. Mutandine. (Pausa) Slippini, neh, piccolini, per ragazzini, anzi, bambini! Non ti dico il mio amico. Aveva un’etica ancora. Cioè, ce l’ha sempre avuta ma, sai com’è, con il tempo, quando ti abitui a certe cose che la gente normale non riesce nemmeno a immaginare… – A quei tempi… Non ci voleva credere, sai. Non ci poteva pensare. Lui, sai, lui, no, non l’avrebbe mai fatto. Fosse stato per lui, nessuno l’avrebbe sfiorato con un solo dito il… dottore. Sennonché, sono stati i colleghi, si sono guardati negli occhi e, una sera, si son messi d’accordo con il piantone, l’hanno prelevato dalla camera di sicurezza e l’hanno portato nel seminterrato, sai, lontano da orecchi indiscreti, e… l’hanno fatto, l’hanno massacrato di botte fin quasi a fargli schizzare il cervello. Ma, almeno, un risultato l’hanno ottenuto. (Pausa) È vero, Virgì? (Pausa) L’animale ha confessato. Il mio amico, sia chiaro, non era d’accordo, non condivideva quei metodi. Ma, cosa vuoi, alla fine devi fare anche tu la tua parte, non ti puoi tirare indietro davanti a certa monnezza. Gli hanno messo sotto il naso, sai, un po’ di quello che serve e l’ha fatta anche lui la sua parte, Virgì. (Pausa) Il dottore non è più potuto andare in giro ad ammazzare altri bambini, capisci? È così. Uno è andato. Ma gli altri… Quelli almeno li hanno salvati…

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ E se ti dicessi che conosco un’altra versione della tua storia?
SEMERARI ~ ’O vero, Virgì?

Don Virginio annuisce.

E sarebbe?
DON VIRGINIO ~ Diciamo che… il tuo amico… non è quello che, prima di andare a finire nei servizi, stava in questura insieme al vicecapo della Polizia?
SEMERARI ~ No, chill’è un altro…
DON VIRGINIO ~ Ah, non è lui, mi pareva… (Con la bottiglia inclinata sul bicchiere dell’altro) Rab… bocco?
SEMERARI ~ No, grazie, già ho dato.
DON VIRGINIO ~ Perché, vedi, Viciè, quello che dico io, invece, insieme ad alcuni colleghi, s’intende, ha, sì, massacrato di botte, anzi, direi… torturato?, uno che avevano messo in cella di sicurezza, ma si trattava di quello che poi è passato per un pentito, hai presente? (Pausa) Stipendiato dallo Stato. Trasferito in un posto sicuro. Questo tuo… amico, insomma, con gli altri del gruppo, compreso il vicecapo della Polizia, hanno convinto il… ragazzo a raccontare la verità sull’attentato a un giudice, uno importante, che hanno fatto saltare, insieme a tutta la scorta, una domenica, che era andato a trovare la madre.
SEMERARI ~ Non capisco.
DON VIRGINIO ~ Non ti dico il nome. Tanto lo sai.
SEMERARI ~ Il nome?
DON VIRGINIO ~ Sì, del giudice. A che serve? – E comunque, eh, anche a me, ogni tanto qualcosa non torna, ma in questo caso le cose sono state appurate…
SEMERARI ~ Vale a dire?
DON VIRGINIO ~ Che era una menzogna. In galera per quell’attentato c’è finito chi non c’entrava… E non è stata la mafia a costruire il castello di carta, no, questa volta sono stati il tuo amico e i suoi colleghi, compreso, come ti dicevo, il vicecapo della Polizia, e infatti adesso sono tutti indagati…
SEMERARI ~ Sì, mi ricordo qualcosa.
DON VIRGINIO ~ Per dire. Io me la ricordavo così, un po’ diversa… la storia.
SEMERARI ~ Senza dottori e bambini?
DON VIRGINIO ~ Senza.
SEMERARI ~ Senza pedofili.

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ Senza, sì. Non mi consta.

Silenzio.

E, se proprio se ne deve parlare… allora ti dico che era nei patti.

Silenzio.

Fin dall’inizio lo era… (Pausa) Capisci?

 

 

6

 

Notte. Entrambi coricati.

DON VIRGINIO ~ (sussurra) Ho preso in odio la vita perché mi repelle quanto si fa sotto il sole. Ogni cosa è vanità e inseguire il vento. (Pausa) Ho preso in odio il lavoro perché dovrò lasciarlo al mio successore e chissà se costui sarà saggio o stolto. Anche questo è vanità. (Pausa) Sono giunto al punto di disperare in cuor mio perché chi ha lavorato con sapienza e con scienza dovrà lasciare i suoi beni a chi non vi ha faticato. E anche questo è vanità e grande sventura… (Pausa. Poi, dando l’impressione di tremare mentre, come risulterà più avanti, si masturba in un crescendo via via più convulso) Quale profitto per l’uomo per tutto l’affanno con cui si affatica? (Pausa) I suoi giorni non sono che pene, dolori e preoccupazioni, il suo cuore non riposa neppure di notte. Anche questo è vanità! (Pausa) Non c’è di meglio per l’uomo che mangiare e bere e godersela, ma anche questo viene dalle mani di Dio, al peccatore è data la pena di raccogliere ed ammassare per chi a Dio è gradito. Ma anche questo è vanità e inseguire il vento!

 

 

7

 

Semerari, disteso sulla schiena di don Virginio, gli stringe il collo col gomito.

SEMERARI ~ Lo vuoi?
DON VIRGINIO ~ S-sì.
SEMERARI ~ Sei sicuro di volerlo davvero?
DON VIRGINIO ~ S-sssì…
SEMERARI ~ (con rabbia, parlandogli quasi dentro un orecchio) Ero quasi arrivato. Stavo andando in pensione. Vanità delle vanità. Lo capisci, ero a un passo. Se tutto fosse andato come doveva andare, io non sarei stato qui adesso, vanità delle vanità. La fatica e lo stolto. Il tuo Scrivano pulito! Vanità delle vanità. Tu volevi finire nel libro che stava scrivendo, volevi diventare immortale. Vanità delle vanità. Lo sai, don Virginio? Sai chi è stato a ordinarmelo? Dovevi aspettartelo. Sai chi mi ha messo qui dentro a strapparti uno schifo di assenso, lo sai, vero?! Sono venuto a farti parlare, a estorcerti un’ammissione, qualcosa. La tua confessione, Virgì. «Ce la puoi fare» dicevano. «Tu ne avresti il coraggio, Viciè, tu sei abile.» Vanità delle vanità. Questa è la missione. Mi lusingano, ti rendi conto? Indennità, bonus, pensione e quant’altro. Un mercato. Ma io non sono quel tipo. Non sono una spia, don Virgì. Non mi interessano i soldi. Io sono uno sbirro. È vero o no, don Virgì?, tu lo sai. Ne abbiamo passate di cose io e te, don Virginio, da quando è cominciato tutto questo. Giornalisti da tenere a bada. Megalomani. Fessi, stronzi, bastardi. Quelli che, come Cataldi, si facevano avanti e tu m’avvisavi, mi dicevi cosa volevano, i loro sospetti, cosa cercavano. E, sopra di noi, riflettevano. Noi a raccogliere dati, qui, nella vita, nella carne e nel sangue, dentro i giorni e le notti. Loro là, a impartire lezioni, a raccogliere quello che tutti noi, cani da punta, obbedienti, infoiati, fedeli, portiamo al fienile, a trarre un senso da voci, sospetti, intercettazioni. Vanità delle vanità. Cose da fare, decisioni da prendere. Riflettevano, loro, là, in alto. Io e te nella melma, dentro il cuore pulsante di una montagna di merda sempre più alta. Vanità delle vanità. E com’è andata a finire? Lo sai com’è andata, eh, don Virgì? Sei sicuro di volerlo sapere? Giorni, mesi a fare il lavoro sporco per loro, a raccogliere prove, scambiare evidenze, parole, invertire le rotte, lasciar trapelare calunnie. Io e te, don Virgì. Sempre insieme, per loro. Vanità delle vanità. In cambio di cosa? Eh? Cos’hai ricevuto? Cos’ho ricevuto? Cos’abbiamo, noi, in cambio?! (Pausa) Che t’hanno fottuto. Ti hanno messo qui dentro con l’accusa più infame senza nemmeno uno straccio di prova. Vanità delle vanità. A quella ci avrei pensato io stesso. A farti aprir bocca. Mi hanno messo qui insieme a te per farti parlare, ecco cosa. Hai capito il progetto che avevano, il loro… piano? Mi dovevo abbassare, strisciare. Io per primo dovevo ammettere di avere ucciso il coglione, lo Scrivano, Virgì, il giornalista, perché potessero mettermi qui insieme a te, per farmiti stare vicino, per farmi toccare con te questo fondo, Virgì, e farti ammettere tutto quello che hai fatto e anche quello che non hai mai fatto. Capisci adesso? Vanità delle vanità. Lo capisci?! Te l’ho detto, io sono uno sbirro, sono solo uno sbirro, Virgì, e non ci riesco, io non ce la faccio, questo non è il mio lavoro, fidati, io non sono quello che loro si credono, non posso essere né mai diventare quello che vogliono loro…

 

 

8

 

Uno di fronte all’altro.

DON VIRGINIO ~ E ti dovrei credere?
SEMERARI ~ Hai alternative?

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ Chi è stato?
SEMERARI ~ A far cosa?
DON VIRGINIO ~ Chi ha deciso di tendermi questo tranello?
SEMERARI ~ Non te lo immagini?
DON VIRGINIO ~ I nomi.
SEMERARI ~ Li sai.
DON VIRGINIO ~ Chi è stato? Il procuratore?
SEMERARI ~ E l’aggiunto.
DON VIRGINIO ~ Quello che io e te conosciamo?
SEMERARI ~ Più lo zio che adesso sta in Corte d’Assise.
DON VIRGINIO ~ Tutti amici dei due gemelli.
SEMERARI ~ Chi non lo è?
DON VIRGINIO ~ E del colonnello.
SEMERARI ~ Hai capito.
DON VIRGINIO ~ E… Monsignore?
SEMERARI ~ Ah, quello è il tuo terreno, io non so niente.

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ I vertici.
SEMERARI ~ Unanimi.

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ E Cataldi?
SEMERARI ~ Che cosa?
DON VIRGINIO ~ Lo Scrivano…

Silenzio.

SEMERARI ~ Hai ragione. Era uno pulito. (Pausa) Povero. (Pausa) Idealista. (Pausa) Coglione.

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ Com’è andata davvero?
SEMERARI ~ Te l’ho detto, era predestinato.
DON VIRGINIO ~ Lo faranno sembrare un incidente, tranquillo.
SEMERARI ~ E tu cosa ne sai?
DON VIRGINIO ~ Me lo immagino.
SEMERARI ~ Tu non ne sai niente, eh, don Virgì?
DON VIRGINIO ~ Secondo te? Ne ho già abbastanza dei miei, non ti pare?

Silenzio.

E adesso?
SEMERARI ~ Tutto dipende da loro.
DON VIRGINIO ~ Stanno cercando un capro espiatorio.
SEMERARI ~ Può essere.
DON VIRGINIO ~ Ci incolpano di quello che loro stessi hanno ordinato.
SEMERARI ~ Gli insulsi.

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ Io e te lo sappiamo.
SEMERARI ~ Non basta, Virgì.

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ Ci hanno incastrati.
SEMERARI ~ C’è chi lo pensa.
DON VIRGINIO ~ Che vuol dire?
SEMERARI ~ Qualcuno lo pensa.
DON VIRGINIO ~ Che significa?!

Silenzio.

Come fai a sentirti ancora così sicuro? Ti hanno in pugno.
SEMERARI ~ Non è detto.
DON VIRGINIO ~ Cosa vuoi dire?
SEMERARI ~ Io e te, don Virgì…
DON VIRGINIO ~ Non avremo la forza di tirarcene fuori.
SEMERARI ~ Io dico di sì.
DON VIRGINIO ~ Perché dovrei crederti, dimmi?
SEMERARI ~ Non lo so. Vedi tu.
DON VIRGINIO ~ Non ho alternative…
SEMERARI ~ In effetti…
DON VIRGINIO ~ Hai un piano?

Silenzio.

SEMERARI ~ (abbracciandolo di slancio) L’unico piano è di non separarci, Virgì… Solo così porteremo i gemelli, monsignore, il colonnello, i suoi amici e i giudici pure a miti consigli…
DON VIRGINIO ~ Non è possibile.
SEMERARI ~ È possibile, credimi.
DON VIRGINIO ~ Come?
SEMERARI ~ Ho le prove.
DON VIRGINIO ~ Di cosa, dei soldi, delle tangenti, lo sai bene…
SEMERARI ~ Non parlo di questo.
DON VIRGINIO ~ Di cosa, allora, Vincenzo?
SEMERARI ~ Dei sacrifici, Virgì.
DON VIRGINIO ~ (terrorizzato) Le bambine?!

Silenzio. Semerari annuisce.

SEMERARI ~ Preparati, ci arriverà quello che serve per uscire di qui.
DON VIRGINIO ~ Da parte di chi?
SEMERARI ~ Qualcuno di cui ci possiamo fidare, Virgì.

 

 

9

 

I due volti, posseduti, distanti, sguardi fissi nel vuoto.

DON VIRGINIO ~ (sottovoce, veloce) Tonache, zuccotti, mimetiche, uniformi, specchiata onestà e fede, erano tutti, mi capisci, a mani alzate, punta di spillo, patto di sangue, grembiuli, tu c’eri, c’eri, sai di cosa parlo, sai del tenace amore, del ricatto che lì stringe le menti, dentro quei luoghi, i santuari dove è meglio che nessuno osi. (Pausa) Amore, amore…
SEMERARI ~ (c.s.) Amore, vieni, toccami, mi piace, vieni…
DON VIRGINIO ~ Amore, tu dov’eri?
SEMERARI ~ Ti cercavo…
DON VIRGINIO ~ E per trovarti…
SEMERARI ~ Dov’eri, amore, cercarti è già trovarti, toccami, mi piace, vieni…
DON VIRGINIO ~ No, monsignore, no, mi ascolti, ascolti me, si può fidare, è il luogotenente, lui, del colonnello, sì, la bambina è quasi pronta, nei prossimi giorni, noi dichiariamo, noi baciamo, sì, monsignore, noi sudiamo, noi ci siamo, il veggente, sì, è al suo posto, il calice anche, e… sgocciola…

Silenzio.

… Sangue…
SEMERARI ~ ’I ecche maronna… ’iecchè maronna, maronna…
DON VIRGINIO ~ Ssst, non interrompere, silenzio, non parlare, non dire, recita questa preghiera: all’assillo, a questa notte, finora mai era stata innalzata a tali altezze, a tali vertici, la brama di tutti i suoi discepoli, avari di vanti e di preziosi, in segrete stanze da sempre reclusi radunati, noi, eredi della resa dei conti, la vita terrena ed eterna davanti…
SEMERARI ~ La vita terrena ed eterna davanti…
DON VIRGINIO ~ Nel nome di santi e profeti…

Silenzio.

SEMERARI ~ Si indigneranno, Virginio…
DON VIRGINIO ~ L’indignato è un servo pronto a contrattare il prezzo della rassegnazione, solo il potere può scrivere la storia e noi, nel nostro piccolo, abbiamo il privilegio di servirlo…

Silenzio.

Tu non mi hai tradito, è vero? Hai rispettato il ruolo, hai rispettato il rango… Tu non l’hai fatto, Viciè? Non hai mai osato tanto…

Silenzio.

Vero?!

 

 

10

 

Semerari in ginocchio prostrato. Don Virginio, seduto, come su un trono.

SEMERARI ~ (nevrotico, tutto d’un fiato, guardandosi in giro, come avesse appena sniffato) E come avrei potuto tradirti. Toccami. Come avrei potuto, Virgì, pure se quelli… Dammela, toccami. Pure se me l’avessero, dico, ordinato, io mai avrei potuto. Toccami, ho detto, ti prego, ti scongiuro, Virgì, devi farlo, non è vero, nunn’è o’ vero, non sono venuto a colpirti, mai ti avrei, io, tradito, capiscimi, toccami, presto, Virgì, ne ho bisogno, devi farlo, Virgì, fidati, io mai ti avrei potuto tradire, capisci, toccami, non ti avrei dato in pasto a quei cani, a quel consesso di bestie, di zoccole obese, sotto quegli ermellini, le toghe, medaglie, noi siamo puliti, Virgì, noi non siamo, non abbiamo altra scelta, noiii, noooi, eh, Virgì, fallo ora, toccami, vieni. Ti scongiuro, battezzami, dai, adesso, portami via, ti scongiuro, ti prego, t’ho detto, tu che puoi, che hai il potere di farlo, portami lontano da chi ero, da chi sono, perdimi, portami via, lontano da tutti, tu sei un prete, sei ministro di Dio, un sacerdote, salvami, tu puoi farlo dall’alto del tuo ministero, stringimi, abbracciami, fallo, Virgì, è tutto quello che ci rimane, non c’è altro, non abbiamo futuro davanti, non c’è altro che perderci…

 

 

11

 

Don Virginio, assorto. Semerari ascolta.

DON VIRGINIO ~ «La trota è un pesce furbo, malfidente, si nasconde dietro i sassi, dove l’acqua è ossigenata, in superficie, e fa quella schiumetta bianca…» dice. (Pausa) Il Godi era perfetto. (Pausa) «Io non ho letto molto ma so che c’è uno scrittore americano, non mi ricordo il nome, che ci ha intitolato addirittura un libro.» (Pausa) Il Godi, scarmigliato, rosso in viso, con quelle guance turgide e i boccoloni lunghi. (Pausa) «È vero, sì, sono un esperto, so tutto sullo spinning, la pesca al tocco, con il morto, a galla, anche col verme, ma perché insistete?» (Pausa) Il Godi. D’improvviso è diventato paonazzo. «Calmati, Lorenzo», ho detto: «Come fa quella canzone, dai, ricantala». (Pausa) Il Godi era l’elemento giusto. (Canticchia) «Considerando che l’amore non ha prezzo, sono disposto a tutto per averne un po’…» (Pausa) Aveva gli incubi, la febbre pure certi giorni, il Godi, e le diarree… (Riflette) Era perfetto, povero Lorenzo… Lo sai perché lo chiamano così, Vincenzo, il Godi? Colpa dello zio prete che anni fa, quando era ancora un ragazzino, e lo zio faceva il parroco, portava lui e i suoi coetanei a giocare giù al fiume. Sai cosa ne è stato di tutti quei ragazzi? Per loro era soltanto un gioco che cominciava prima o dopo cena e proseguiva finché il sole tramontava e oltre. Il parroco li pascolava, nudo, acquattato nella segale, nel grano, e loro… cosa vuoi, loro… giocavano. (Pausa) Il Godi più di tutti. Ed è da lì che viene il soprannome. Perché al momento dell’orgasmo, quando lo zio lo masturbava in mezzo al grano, Lorenzo, lui… Dicono che si impennasse e che nitrisse come un cavallino. (Pausa) Capisci perché dico che Lorenzo era perfetto. Per questa storia, dico. Da darlo in pasto ai malpensanti. Andava bene. (Pausa) «Vede, commissario, cioè, scusi, che grado ha lei, signor ispettore?» diceva mentre lo interrogavano: «Vede, io ho soltanto la quinta elementare ma non sono scemo. Io la ringrazio che mi fate parlare qui liberamente insieme a don Virginio. Però, mi sono accorto che, sì, insomma, saranno settimane che io e mia moglie, per mettermi paura, voglio dire, i suoi colleghi mi hanno detto addirittura che c’è un giornalista della televisione, come si chiama, che mi fa filmare con la telecamera perché se viene fuori, figuriamoci, che sarei io il mostro, lui si è portato avanti col lavoro…». (Pausa) Non aveva torto neanche un capello alla bambina, il Godi, ma andava bene, lo si poteva dare in pasto all’opinione pubblica, famelica, ingoia tutto quello che gli danno in pasto, quella. Io c’ho provato, anch’io ero lì quel giorno: «Lorenzo, questi signori si fidano di te, puoi dire tutto, non devi aver paura. Loro per esempio sanno che curi la pista d’atletica e gli attrezzi sportivi, che sistemi gli ostacoli e i birilli dei pulcini che si allenano la sera sull’anello in tartan con la bici». «Sì, sì», ha protestato: «Ma pensano anche: guarda un po’ ’sto capellone, che non parla, diventa rosso, non alza mai lo sguardo, di sicuro avrà qualcosa da nascondere…». «No, Lorenzo, fidati, nessuno pensa male qui di te, racconta a questi signori quello che facevi al fiume con i bambini tuoi coetanei e il parroco tuo zio, che cosa succedeva, diglielo». E così ha fatto. Il Godi ha raccontato tutto, li ha portati alla radura, vicino agli alberi, e poi al capanno. C’eravamo quasi. È stato lì, quel giorno, il giorno del sopralluogo… (Pausa) L’hanno trovata, nuda, con gli occhi semispalancati, avvolta in un lerciume di coperte, stracci. (Pausa) La bambina… Era… (Pausa) Avevano finito di cercarla. (Pausa) «Puzza di foglie morte…» dice Lorenzo, il Godi: «Di pecora, hai presente il letame quando si concima?, ecco, l’odore di merda di cavallo. Sempre piaciuta, a me, la merda di cavallo. Io me ne stavo lì per conto mio, col mulinello, la mia canna, il filo “zeroventi”, e tutt’intorno erba, piante, lo sbrodolio dell’acqua, del torrente, che certe volte sembra che le nuvole puzzano uguale. Ti fa pensare, ed è stato proprio in quel momento, c’era il sole, tramontava, che ho visto la sua mamma uscire, ho fatto anche così col braccio come per salutarla, ma lei, non so se ha fatto finta, è andata via di corsa, sgattaiolava giù fra i sassi e il sentierino…». (Pausa) Ha detto tutto, il Godi, ha raccontato. Del rudere. Della bambina abbandonata dalla madre nel capanno. Dei rumori che ha sentito dentro e fuori. Di quando l’ha intravista, infagottata, a terra, e si è inginocchiato, ha allungato un braccio per afferrare un lembo del fagotto e, all’improvviso, si è tutto rattrappito, ha urlato, è uscito, ed è scappato, di corsa, a più non posso, nell’erba, le pozzanghere, nel fango, finché non mi è caduto quasi addosso e si è accasciato, supplicandomi, in ginocchio e, come in sogno, spaventato, mi ha implorato, ha urlato: «Zio!».

 

 

12

 

Rintocchi regolari, metallici, di sbarre. Dapprima da lontano, poi via via sempre più assillanti e da vicino.

DON VIRGINIO ~ Chi lo dice?
SEMERARI ~ La madre della bambina.
DON VIRGINIO ~ La madre?!

Semerari annuisce.

È pazza.
SEMERARI ~ Può essere. Eppure coincide con la testimonianza del ragazzo.
DON VIRGINIO ~ Lorenzo?
SEMERARI ~ Il Godi, sì.

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ Va bene, c’ero già stato nel capanno, ma questo non vuol dire…
SEMERARI ~ Cosa c’entra?
DON VIRGINIO ~ Non vuol dire niente.
SEMERARI ~ E chi dice il contrario?
DON VIRGINIO ~ Mi sembrava…
SEMERARI ~ Io non ho detto questo…

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ Il Godi non c’è con la testa.
SEMERARI ~ Giusto.
DON VIRGINIO ~ Non è affidabile, lo sai cosa è arrivato a dire?
SEMERARI ~ Cosa?
DON VIRGINIO ~ Che io come suo zio…
SEMERARI ~ Lo so…
DON VIRGINIO ~ Ma mente. Inventa.
SEMERARI ~ Vero.
DON VIRGINIO ~ E, di sicuro, non ero io al capanno, non quel giorno.
SEMERARI ~ Sono d’accordo.
DON VIRGINIO ~ E allora di cosa stiamo parlando?

Silenzio.

SEMERARI ~ Della madre, don Virgì.
DON VIRGINIO ~ Mai vista, Viciè. Non è mai entrata in chiesa. Quella donna.
SEMERARI ~ Questo lo so. Lo sappiamo già da prima, ricordi?
DON VIRGINIO ~ Ecco, appunto.
SEMERARI ~ Questo è quello che dicevamo all’inizio. Ma ora non basta.
DON VIRGINIO ~ Erano dei comunisti, capisci? – Una famiglia di mangiapreti. Loro non avrebbero mai messo il naso in parrocchia…
SEMERARI ~ Be’, non è detto…
DON VIRGINIO ~ Ah, certo, per chiedere dei soldi, forse…
SEMERARI ~ Ecco, vedi…
DON VIRGINIO ~ Erano poveri. Bisognosi. Disadattati…
SEMERARI ~ Per l’appunto.
DON VIRGINIO ~ Sì, ma cosa c’entra?
SEMERARI ~ Niente, Virgì. – È che non ci deve sfuggire neanche un dettaglio, capisci? Pensaci bene… Ci sarà stata una circostanza, una qualche occasione…

Silenzio.

Perché se lei, con dovizia di particolari, sostiene di averti parlato…
DON VIRGINIO ~ In confessione?!
SEMERARI ~ Ecco. In confessione.
DON VIRGINIO ~ Dice che mi avrebbe messo al corrente di tutto in confessione?
SEMERARI ~ Esattamente. In confessione.
DON VIRGINIO ~ Ma, per esempio?
SEMERARI ~ Dice che durava da anni.

Silenzio.

Quel vizio. Dice anche che provava vergogna, ma l’aveva già fatto anche con la sorella più grande, tempo addietro, anche a lei appena nata.
DON VIRGINIO ~ Questo te l’ho detto io, Viciè.
SEMERARI ~ Sei sicuro?
DON VIRGINIO ~ Sicuro.
SEMERARI ~ Non me lo ricordo.
DON VIRGINIO ~ È come ti dico.

Silenzio.

Cos’altro dice?
SEMERARI ~ Dice che ogni notte, ogni volta che erano sole, ogni volta che la cambiava, renditi conto, Virgì, la madre… e la figlia… (Pausa) L’animale che era, come sarebbe cresciuta la piccola?
DON VIRGINIO ~ La…
SEMERARI ~ Toccava.
DON VIRGINIO ~ Ci rideva, giocava…
SEMERARI ~ Finché la bambina non scoppiava in quei pianti dirotti…

Silenzio.

Capisci? (Pausa) Come doveva finire la piccola? (Pausa) Come la sorella, senza lavoro, alcolizzata, finita in mezzo a una strada.

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ E che altro?
SEMERARI ~ Dei soldi.
DON VIRGINIO ~ Ha detto dei soldi?
SEMERARI ~ Ha parlato dei soldi, sì. Tanti.
DON VIRGINIO ~ Ha detto chi glieli ha dati.
SEMERARI ~ L’ha detto.
DON VIRGINIO ~ Ha fatto il mio nome.
SEMERARI ~ L’ha fatto.

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ Erano bisognosi.
SEMERARI ~ Lo sappiamo, l’hai detto, Virgì…
DON VIRGINIO ~ Tutto qui.
SEMERARI ~ È quanto basta.
DON VIRGINIO ~ Io e te lo sappiamo chi ce li ha dati.
SEMERARI ~ Certo.
DON VIRGINIO ~ Sappiamo anche lo scopo.
SEMERARI ~ Sicuro.
DON VIRGINIO ~ Non era a noi che serviva, ma a loro.
SEMERARI ~ Lo so.
DON VIRGINIO ~ Noi lo sappiamo.

Silenzio.

È per questo che ti hanno mandato, per farmi tacere?

Silenzio.

SEMERARI ~ L’hai comprata, Virgì?

Silenzio.

L’hai pagata?

Il rumore di sbarre, assordante.

Don Virginio hai comprato tu la bambina?!

 

 

13

 

Semerari e don Virginio, vicinissimi, al centro, rivolti verso il pubblico, ciascuno punta una pistola alla tempia dell’altro.

DON VIRGINIO ~ Chi l’ha ordinato, Viciè? – Chi?!

Silenzio.

SEMERARI ~ I fratelli.

Silenzio.

DON VIRGINIO ~ Lo sapevi quando hai accettato di venire qui.
SEMERARI ~ Anche tu.
DON VIRGINIO ~ Anche io, sì.

Silenzio.

Non c’è rimedio, Viciè.
SEMERARI ~ ’O vero, non c’è alternativa.
DON VIRGINIO ~ Com’è che diceva?
SEMERARI ~ Chi.
DON VIRGINIO ~ Lo Scrivano, Viciè, il giornalista…
SEMERARI ~ «Alzare il coperchio e vedere il marciume…»
DON VIRGINIO ~ Lui… era pulito. – Com’è che diceva?
SEMERARI ~ Che cosa?
DON VIRGINIO ~ La frase, Viciè, la parola d’ordine che io e te usavamo per farci riconoscere…
SEMERARI ~ L’acqua è poca.
DON VIRGINIO ~ E la papera non galleggia.

Buio. Uno sparo.